RED SHOES MAGAZINE | Febbraio 2021

FEBBRAIO 2020

La Coppa Italia è NOSTRA! L’INTERVISTA GIGI DATOME

LA STORIA DEL NUMERO 15 REDSHOESMAGAZINE

OLIMPIA BIG GAMES 1

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4 SPECIALE Coppa Italia 2021

16 L’intervista Gigi Datome 22 Olimpia Insider

28 Le grandi partite di Milano 29 Olimpia Numbers REDSHOESMAGAZINE

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SETTEB

La settima vittoria in Coppa Italia d modo perentorio, brillante attravers E’ stata la decima affermazione d Kyle Hines sotto canestro, palla in mano. Ha appena strappato un rimbalzo d’attacco, ma l’ombrello difensivo avversario si è chiuso.

Non può tirare. Non può palleggiare. Deve obbligatoriamente passare la palla, ma deve farlo in fretta e dalla posizione che occupa la visuale è limitata. Sarebbe una palla persa in attesa di concretizzarsi.

Ma in quell’istante arriva un urlo, da dietro, la voce di Gigi Datome.

Ha eseguito il taglio giusto, nell’angolo alle spalle del compagno. Hines non deve neanche guardare, perché riconosce la situazione.

Scarica la palla obbligandola a percorrere l’unico percorso che potrebbe percorrere. Al termine di

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EBELLO

dell’Olimpia è stata conquistata in so tre grandi prestazioni di squadra. dell’era firmata da Giorgio Armani quel percorso c’è Gigi Datome, appunto. Ricezione e tiro. Canestro da tre punti.

La sequenza risale alla gara vinta con Pesaro, la finale di Coppa Italia, e non sarebbe importante perché nessun momento lo è stato sul serio della settima vittoria dell’Olimpia in questa competizione. Sono state tutte vittorie larghe, mai meno dei 28 punti del quarto di finale con Reggio Emilia. Non sono serviti eroismi, non sono servite prodezze, ma solo tanta solidità e l’apporto di tutti. Gigi Datome è stato l’MVP, ma altri avrebbero potuto esserlo. Ad esempio Kyle Hines.

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me è stato il primo Ma la sequenza è A prima vista poMVP italiano nella indicativa perché trebbe sembrare storia dell’Olimpia, spiega una vita perfettaparticoma è un particolare mente cosa quella intenlare, unica, secondario. E’ stada Datome di unGigi ragazzo che ta davvero la vittoquando attribuicresce in una famiria del gruppo, che sce il suo glia in cui ilsuccespadre ha digerito assenso non personale è solo un alla atze (Vlado Micov e squadra.

Quella leta professionista, Jeff Brooks erano frase chevera sembra ma una leginfortunati), innesti scontata, un po’ genda, un All-Amedell’ultimo minubanale, i comparica al college, un to (Jakub Wojciegni chenella ti mettoAll-pro NFL, chowski), le insidie no posizione un nella Hall-of-Famer del turnover (Miideale per avere alla fine della prochael Roll e Kaleb successo. pria carriera.Udita Ma Tarczewski erano tante volte innon quenella realtà è pronti a intervenista stagione.

Hines proprio così. “E’ re, se ci fosse staha messo Datol’unica situazione Ettore Messina, 8 Coppe Italia to bisogno di loro me nella posizione che ho conosciuto, sarebbero stati pronti come tante giusta per quel dopo un po’segnare ti abitui, da chetre tuoinpadre altre volte hanno fatto) e anche possesso; Datome nel d’affaposto sia un contabile, unera uomo un paio di partenze rallentate. Nel giusto per permettere ad Hines di ri, un idraulico, alla fine sai cosa quarto di finale con Reggio Emilia, avere un assist sta facendo.

Nonanziché ho mai una vistopalla nulCoach Messina ha speso il primo persa.

Questo significa essere una la di differente”, racconta Shavon time-out prima del secondo minusquadra.

Shields dell’ombra enorme proietto; contro Venezia in semifinale, tata da Will Shields, uno dei più l’Olimpia è andata sotto di 12 nel L’Olimpia ha vinto il secondo trograndi uomini di linea nella storia quarto iniziale. Ma da quel mofeo stagionale.

Aveva vinto la Sudel football americano.

Shields semento in avanti, non ha più avuto percoppa assicurandosi partinior si è ritirato nel 2007: otto nel 1993, bisogno di guardarsi le spalle. te su otto e afferrandola infine in scelto al terzo giro, entrò dalla pantrasferta, Bologna.

Ha vinto la china nellaa sua prima partita NFL. La vittoria conseguita contro PeCoppa Italia vincendo gare in Dalla seconda in avanti tre ha giocato saro in finale, è stata la 52° partiquattro giorni, tutte nettamente, da titolare 223 gare su 223. Non ta disputata dall’Olimpia in questa questa volta a Milano.

Nonfootball vincene ha mai saltata una. Nel stagione, contando solo le gare ufva quel trofeo dal 2017.

Nel 2016 è un’impresa incredibile. E’ quindi ficiali. Non è possibile mantenere aveva doppietta delle copchiaro fatto cosalaabbia insegnato Will un simile ruolino di marcia senza pe. Quest’anno si è ripetuta. Dato6

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Gigi Datome è stato nominato MVP delle Final Eight

Shavon Shields ha giocato REDSHOESMAGAZINE una Coppa Italia da perfetto jolly

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un roster profondecisi, la difesa ci do, che lavora, nel ha tenuto incollati”, quale i ruoli sono ha detto Messina), rispettati e condiviHines ha forzato si. “E’ bello allenala sua indole e sere questa squadra, gnato canestri fonnon perché facciadamentali per sumo canestro, ma perare l’impasse. per come il gruppo In quella partita ha lavora ogni giorno. segnato 14 punti Un conto è sapere in 18 minuti, oltre che Kyle Hines, o a catturare 10 rimSergio Rodriguez balzi. Mitchell Watt, l’anno prima, sia il dinamico cenuna persona di tro mancino della spessore e un altro Reyer, che aveva è riscontrarlo tutti segnato 12 punti i giorni”, ha detto nel primo quarto ne Coach Ettore Mes- Riccardo Moraschini, il tuttofare ha segnati sei nel sina alla fine della resto della partita. kermesse del Mediolanum Forum.

Un’altra qualità è quella di saper I veterani della squadra, i giocaprendere le misure all’avversario tori che hanno vinto e proprio per fino a controllarlo. O ancora di porquesto vengono osservati da tutti tare palla da consumato regista gli altri, sono stati determinanti nel disorientando l’avversario proteso guidare il gruppo. “Guardo Kyle ad anticipare il playmaker per toHines e cerco di essere una spugliergli la palla dalle mani. “E’ un’egna, assorbire tutto quello che fa e voluzione del basket di oggi – ha come lo fa”, dice Zach LeDay, che spiegato Coach Messina – le difese sarebbe stato anche lui un candiche cambiano su tutto per toglierti dato MVP. Nelle tre gare è sempre il tiro da tre rendono vitale avere andato in doppia cifra ed è stato giocatori in grado di attaccare i cloin campo 74 minuti complessise-out e tirare dalla media; così è vi. Hines ha sviluppato negli anni importante avere più ball-handler un’enorme capacità di comprenche possano gestire la palla”. Hidere la partita. Contro Venezia, nes lo fa spesso. C’è stata un’altra di fronte alle sofferenze offensive spettacolare sequenza nella sedei primi minuti (“Siamo partiti inmifinale con Venezia. Con tre se8

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Kyle Hines ha la capacità straordinaria di leggere le partite e agire di conseguenza

Kevin Punter è normalmente il miglior realizzatore della squadra

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condi da giocare, il limitatore di giri. alla fine del primo Dopo la semifinale, quarto, la Reyer richiesto di un paera protesa ad evirere sulla corsa al tare che un giocatitolo di MVP della tore veloce con tre competizione, dipalleggi arrivasse a ceva che “non mi prendersi un buon interessa, come tiro da tre. Quando non mi interessahanno visto la palno i record, sono la nelle mani di Hitutte cose che non nes – non più una contano se poi non novità – da dietro vinci e io sono qui qualcuno ha urlato per vincere”. Che è “hand-off, handun po’ il mantra di off”. Il sospetto era Malcolm Delaney che Hines portasse che nella tre giorpalla per poi eseni del Mediolanum guire un passaggio Paul Biligha ha retto il fortino dietro Hines Forum ha giocato corto, consegnato, quasi da speciaad un tiratore. Invece lui ha colto lista difensivo. Ha segnato poco tutti di sorpresa andando fino al rispetto a standard e talento, ma canestro alla velocità della luce difeso molto, è passato sopra i per schiacciare! blocchi e sulle linee di passaggio.

Ha avuto sette palle rubate in tre Sergio Rodriguez ha giocato sempartite, contro cinque palle perse, pre contro Venezia a livelli estremi. e la combinazione Rodriguez-DeIl Chacho ha questa capacità di laney ha funzionato. “Venire qui trasmettere entusiasmo: gioca diè stata la miglior scelta della mia vertendosi e si vede. Ma contro la vita”, ha commentato.

Reyer in certi momenti è sembrato irreale, mixando tiri da tre, penetraQuanto a Gigi Datome ha già dizioni e assist. Gli assist sono stati mostrato a Milano di essere uomo 26 in tre partite, anche consideranda grandi partite. Era venuto per do che contro Pesaro ha giocato vincere, ma non perché gli altri lo nonostante un fastidio accusato la portassero al successo. Nella fisera prima, quindi con il motore – nale di Supercoppa a Bologna – il suo è sempre al massimo – con dove Malcolm Delaney fu MVP – 10

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Sergio Rodriguez ha distribuito 26 assist in tre partite

Andrea Cinciarini ha vinto il nono trofeo all’Olimpia

minare tre battitori, Gigi ha segnato 17 e chiudere la partipunti, nella finale di ta per la sua squaCoppa Italia a Midra. A Punter pialano ne ha segnati ce la definizione, 15 in 16 minuti. La perché è cresciuto sera prima erano a 10 minuti dallo stati 13 contro la Yankee Stadium, Reyer. Datome è nel Bronx, e il suo fondamentale nello idolo era Mariano scacchiere biancoRivera, il più granrosso perché può de “closer” della occupare due ruostoria. Ma in Coppa li, fare l’ala forte Italia non ha avuto che apre il campo bisogno di chiudere o l’ala piccola che alcuna partita, perusa statura, bracché il vantaggio era cia per tirare in già stato costruito “fade-away” sopra in precedenza. la testa dell’avverDavide Moretti sario. Il suo gioco Per capire Shavon Shields bisogna spalle a canestro è diventato proinvece comprendere il raggio di inverbiale. fluenza che esercita su una partita. In Coppa Italia l’ha dimostrato: A Kevin Punter piace essere concontro Reggio Emilia ha catturato siderato per quello che è. “Hanno nove rimbalzi, lui che gioca ala picdetto per anni che segnavo tanto a cola e marca giocatori perimetrali; livello basso, ma io segnavo tancontro Venezia, ha giocato 30 mito al livello in cui mi permettevano nuti – più di tutti – e segnato 12 di giocare, non sono sorpreso di punti; contro Pesaro, ha dato via quello che sto facendo quest’anquattro assist. In America definino. Ma è vero che sono migliorato scono questo tipo di giocatore un come difensore”, spiega. Punter “jack-of-all-trades”, un tuttofare, ha sofferto al tiro nella semifinale, dai mille usi. Shields per l’Olimpia ma fatto 6/9 da tre nelle altre due è questo. partite. In EuroLeague si è costruito una reputazione come “closer”.

Ma non è tutto: quando Hines, ha Il “closer” nel baseball è il lanciatoavuto problemi di falli Paul Bilire che entra per l’ultimo inning, eli12

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Malcolm Delaney, una Coppa Italia da grande difensore

Zach LeDay tre gare di Coppa Italia sempre in doppia cifra

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che fossimo più cigha ha retto il fornici nello sfruttare tino; quando Jakub i mismatch oppure Wojciechowski ha utilizzare il lavoro dovuto dare una difensivo per svimano l’ha fatto (è luppare più caneandato in doppia stri in contropiede. cifra nel quarto di Ma sto cercando il finale); quando Anpelo nell’uovo, mi drea Cinciarini ha basterebbe essedovuto sostenere re sostenuto dalla la regia di Rodrisalute quando verguez o Delaney rà il momento di l’ha fatto; Ricky decidere i prossimi Moraschini è un obiettivi”, ha spiealtro jolly che sa gato Coach Mesgiocare in regia sina che ha vinto o magari creare la sua Coppa Italia dalla posizione di numero otto. “Molti post basso; Davide Jakub Wojciechowski di noi sono qui perMoretti si è tolto la ché c’è lui – chiosa Datome – Non soddisfazione di entrare in finale e è una situazione facile, ma è quella segnare cinque punti in un attimo. che ti porta a giocare a questi livelLa vittoria in Coppa Italia è stata la li”. Rodriguez ha sottolineato come decima vittoria dell’Olimpia nell’ei cinque giorni vissuti da sepolti ra Armani. Al sesto anno è arrivasotto la neve abbiano cementato il to il primo successo, lo scudetto gruppo, oltre il campo, davanti ad del 2014, poi ne sono arrivati altri un bicchiere di vino iberico e cene due, oltre a quattro Supercoppe interminabili per far trascorrere e tre Coppe Italia. E’ la seconda il tempo. Ma la verità è che ogni volta che le due coppe italiane episodio singolo ha reso il gruppo sono state conquistate nella stespiù forte, la leadership dei veterani sa stagione, anche se l’obiettivo più solida. La Coppa Italia è una primario resta il campionato e intappa intermedia nell’arco di una tanto c’è un’EuroLeague da comstagione lunga 11 mesi. “Ma quanpletare. “Se guardo alla squadra do fatica e sacrifici sono ripagati abbiamo tanti margini di migliorada un trofeo è giusto goderselo e mento, vorrei che palleggiassimo celebrare”. Parola di Gigi Datome. un po’ meno qualche volta, vorrei 14

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“Ascolto, imparo, cerco di essere utile all’Olimpia”

“La pressione si percepisce, ma aiuta a stare concentrati” REDSHOESMAGAZINE

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L’INTERVISTA

GIGI DATOME

“Ho avuto fortuna, ho vestito la maglia dei Celtics e per un appassionato come me ha un valore romantico. Al Fenerbahce ho ricevuto affetto e restituito la mentalità che avevamo. A Milano cerco vittorie da protagonista in Italia. Quello che non avevo avuto fino a questo momento” - Gigi Datome, quando hai capito che saresti diventato un professionista e anche di un certo livello?

“Quando ero a Siena ho avuto la sensazione che ce l’avrei fatta, perché dividevo il campo con dei professionisti come Galanda o Chiacig che ero abituato a vedere in Nazionale. Lì ho capito che potevo almeno provarci. Poi ho sentito di trovarmi a mio agio in allenamento, anche in qualche partita, attorno ai 18 anni. In quel momento ho realizzato che potevo davvero fare il giocatore”.

- Hai superato le tue stesse aspettative?

“Avevo ben chiari quali fossero i miei limiti, cosa avrei dovuto fare per migliorare, però sono sempre stato molto sicuro di me stesso. Sapevo che se avessi avuto la giusta opportunità, nel giusto contesto, avrei potuto far vedere quanto valevo. Poi 16

ammetto che la ricerca del contesto giusto è stata molto difficile, è durata anni.

Però alla fine, ho trovato la situazione giusta. Ora sono contento di tutto quello che è successo”.

- Hai avuto dubbi su te stesso?

“Sì, i dubbi c’erano, ci sono stati, anche nel mio ultimo anno a Siena quando facevo davvero fatica a trovare minuti in campo, poi a Scafati e pure a Roma ci sono stati anni in cui non avevo lo spazio che avrei voluto avere. Anche in Nazionale, è successo. Però mi sono sempre rifugiato in palestra, ho cercato di uscirne fuori attraverso il lavoro. E’ sempre stato il mio mantra, quello che mi ha aiutato a superare i momenti di difficoltà. A Roma e in Nazionale poi, quando ho finalmente vissuto bei momenti, ho dimenticato anche i periodi difficili”.

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- Cos’è scattato a Roma?

“Sono cresciuto molto fisicamente, ho lavorato sul mio corpo, oltre che tecnicamente, soprattutto nelle estati di preparazione, e anche in Nazionale. Poi ho avuto più minuti, quelli ti permettono di stare in campo, aumentare la fiducia in quello che stai facendo. Quando non esci per un tiro sbagliato prendi fiducia, e questo crea consapevolezza. Sentire maggiore responsabilità sulle spalle, avere un ruolo importante in squadra, automaticamente ti responsabilizza”.

ce scettico circa il mio potenziale a quel livello. E’ stata un’esperienza formativa, che mi ha rafforzato mentalmente. Per fortuna c’è stata la parentesi di Boston durante la quale mi sono divertito, ho avuto la possibilità di stare in campo e di sentirmi davvero un giocatore NBA. Aver visto quel mondo dall’interno, per due anni, è stato pazzesco. Sono felice di aver maturato questa esperienza, nonostante le frustrazioni siano state superiori alle soddisfazioni.

Però Datome e il suo tiro da tre mi sono divertito e, nel mio piccolo, aver fatto certe cose a Detroit e ancora di più a Boston, ha un valore anche romantico. Lo dico da ap- Quanto sei cambiato rispetto a passionato”. quando hai lasciato l’Italia?

“Sono passati sette anni, che per un - Cosa significa giocare nei Celtics? atleta sono tantissimi, sono successe “E’ figo, avere la canotta dei Celtics tra molte cose sul piano personale. Spero quelle indossate nel corso della mia di essere un giocatore migliore, di essecarriera è unico. Quando torno a casa, re anche una persona migliore. Di sicuro un’occhiata alle mie maglie non manca sono una persona più ricca dentro, gramai. Anche quella di Detroit è una belzie a tutte le esperienze maturate, i posti la maglia, però quella di Boston è speche ho visto, la gente che ho conosciuciale, poi è rimasta abbastanza uguale to. Non sono la stessa persona, il tentaa quella storica dei tempi di Larry Bird. tivo è sempre quello di essere migliori, Aver giocato nei Celtics, in quel palazzo, ma non sta a me dire se è proprio così”. aver vissuto a Boston da giocatore dei Celtics con i vantaggi conseguenti che il - Com’è stata l’esperienza nella NBA? ruolo comporta dal punto di vista socia“E’ stata pazzesca, molto intensa, mi ha le, è stato davvero bello. Vedere il nome messo a dura prova, soprattutto dovedella mia famiglia su quella maglia è stavo avere fiducia in me stesso quando to impagabile, ha ripagato l’esperienza”. tutto l’ambiente attorno a me era inve18

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“L’obiettivo è costruire una mentalità, non solo vittorie”

“Vincere in Italia da protagonista è qualcosa che non avevo fatto” REDSHOESMAGAZINE

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- Poi ci sono stati sono contento perché cinque anni al Fenerci sto riuscendo. L’obahce. biettivo come abbiamo “Tanto dell’affetto che detto è cercare di creho ricevuto in quegli scere anche in Europa, anni è stato una conperò vincere in Italia seguenza dei succesda giocatore utile alla si che abbiamo concausa è qualcosa che seguito, ma anche di mi mancava, qualcosa quello che abbiamo con cui vorrei complefatto vedere in camtare la mia carriera. po. Penso sia staQuando lavori tanto e to un gruppo che ha sei ripagato dai trofei, reso i tifosi orgogliosi è giusto festeggiare. della nostra mentaliNoi finora abbiamo potà. Eravamo molto letuto farlo. E’ quello che gati al Fenerbahce, a volevo”.

Istanbul, alla Turchia, tanto che molti di noi - L’obiettivo oltre si sono fermati, hanno alle vittorie è costrufatto nascere lì i loro ire una cultura, una figli, si sono trovati vementalità?

Datome e il suo fade-away ramente bene, si sono “E’ quello che ci avevasentiti a casa. Non è stato facile entrare no chiesto quando sono arrivato al Fenel cuore dei tifosi. So che all’inizio eranerbahce. Credo che molti di noi siano no un po’ scettici perché ero arrivato a nel posto giusto al momento giusto della rimpiazzare Nemanja Bjelica che era loro carriera. Si tratta di metterci assiestato MVP di EuroLeague, anche se io me, lavorare bene ogni giorno, però l’oho giocato più da 3 che da 4, il suo ruobiettivo è bello, stimolante. Penso ci sialo. Con il tempo, ho ricevuto un affetto e no le persone giuste, dallo staff tecnico un amore pazzeschi. Ancora oggi i tifosi ai giocatori per creare questa mentalità e mi scrivono, nonostante abbia cambiato poter crescere in futuro”. maglia. Ovviamente è stato un capitolo importante della mia vita, sono felice di - E’ vero che l’ultima cosa che fai priaverlo vissuto”. ma di andare in campo è leggere un libro?

- Cosa ti aspetti dall’esperienza di Mi“Succede prima della riunione tecnica, lano? prima che il Coach parli, mi isolo per cer“Nella mia carriera ho avuto la fortuna care di staccare con la testa. Non mi piadi vincere tanti titoli importanti, ma mi ce pensare troppo alla partita, perché a mancavano quelli vinti in Italia da giocaquel punto hai già la consapevolezza di tore vero. Nel palmares c’è qualcosa dei cosa devi fare. Quello è il momento per tempi di Siena, ma a quei tempi non ero rilassarsi un attimo, staccare, e quando un giocatore importante. Invece ci tengo chiudo il libro di fatto inizia la partita”. ad essere importante nei titoli di Milano, 20

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“Vestire la maglia dei Boston Celtics è stato qualcosa di unico”

“Credo che molti di noi siano al posto giusto nel momento giusto”

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INSIDER

Bob McAdoo

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LA STORIA SPECIALE DEL

NUMERO 15 Dal primo possessore, Bill Bradley all’ultimo, Kaleb Tarczewski, ma attraverso figure leggendarie tra cui Bob McAdoo, Joe Barry Carroll, John Gianelli e anche Cedric Henderson La storia del numero 15 dell’Olimpia è una storia speciale. Storicamente è sempre stato un numero per americani. Sarà un caso, ma il primo 15 della storia dell’Olimpia faceva l’americano di Coppa, cioè giocava solo nella competizione internazionale dove i due stranieri erano consentiti. Arrivò nell’estate del 1965, fresco di laurea a Princeton, prima scelta dei New York Knicks, olimpionico a Tokyo 1964 e oro alle Universiadi di Budapest 1965. Proprio in Ungheria venne convinto a fare il pendolare da Oxford a Milano per le partite di Coppa. Si chiamava Bill Bradley.

Avrebbe vinto con l’Olimpia alla Coppa dei Campioni di Bologna nel 1966, da grande protagonista e perfettamente inserito nel contesto di squadra. Bradley ha poi giocato tutta la sua carriera nella NBA a New York vincendo due titoli NBA e conquistando il pass per la Hall of Fame. Una curiosità su Bill Bradley: i suoi 26.5 punti di media nella Coppa dei Campioni del 1965/66 sono ancora la media più alta di un giocatore dell’Olimpia nella massima competizione europea davan-

ti ai 25.8 di Bob McAdoo spalmati però su tre stagioni e un numero triplo di presenze.

Via Bradley, l’anno seguente il numero venne indossato sempre da Steve Chubin, newyokese di Forest Hills, uscito nel 1966 dall’università del Rhode Island. Chubin giocò una memorabile finale di Coppa dei Campioni a Madrid contro il Real segnando 34 punti. La sconfitta del Simmenthal ha relegato nell’ombra dei ricordi una prova fantastica e non l’unica, tanto che ebbe 22.5 punti per gara in Coppa. A fine stagione lasciò Milano (vinse lo scudetto con 20.8 di media, primo scorer di squadra) per andare a sfondare nella ABA, prima ad Anaheim poi in altre squadre inclusi i New York Nets e gli Indiana Pacers. A fine carriera spese un ulteriore anno all’estero, al Maccabi Tel Aviv e tornò a Milano in Coppa delle Coppe da avversario.

Il successivo grande 15 dell’Olimpia fu Mike Sylvester. Il leone di Cincinnati rappresentò per l’Olimpia una figura centrale perché di

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fatto arrivò a Milano sulle ceneri della grande squadra dei primi anni ’70 che non esisteva più. Da oriundo fece tutta la trafila che lo avrebbe portato a giocare da italiano. Nel 1975 giocò solo da straniero di Antoine Carr coppa e aiutò la squadra a vincere la Coppa delle Coppe nello stesso anno in cui la squadra senza di lui retrocesse. Poi vinse la A2, fu membro della Banda Bassotti che riportò Milano in finale scudetto e venne ceduto a Pesaro nel 1980.

Ironicamente, giocò una finale proprio contro Milano nel 1982 e fu stoppato nel tiro della potenziale vittoria a San Siro da John Gianelli. E Gianelli indossava… il 15.

Gianelli arrivò a Milano quasi casualmente.

Nell’estate del 1980, Dan Peterson sognava il colpo Kevin McHale che non aveva l’accordo con i Boston Celtics e venne a Milano a trattare con il Billy. Quando McHale stava per firmare, i Celtics cedettero e lo accontentarono. Con il via alle porte, Milano ripiegò su Gianelli, che era nella parte finale di una carriera in cui aveva vinto anche il titolo del 1973 a New York. Per un po’ fu criticato a Milano perché l’atteggiamento posato, che non tradiva emozioni, veniva scambiato per indifferenza. Invece Gianelli era giocatore di rara intelligenza, un lungo bianco che giocava due ruoli, difendeva come uno scienziato e usava le mani per fare il playmaker aggiunto e il tiratore dalla media. Timbrò la stoppata-scudetto su Sylvester nel 1982. Dan Peterson ricorda che, convocato d’urgenza al suo arrivo perché gli venissero mostrati gli schemi della squadra, “John anticipava ogni movimento successivo perché capiva cosa avremmo fatto”. Gianelli fu anche l’uni-

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co probabilmente a giocare bene la finale di Coppa dei Campioni del 1983, quella persa contro Cantù e che ancora oggi turba le notti di Dino Meneghin. Restò tre anni a Milano.

Il 15 passò direttamente da Gianelli a Earl Cureton nella stagione 1983/84. La storia di Cureton – che tornò poi a fine carriera ma con minor successo – è una delle più misteriose nella storia dell’Olimpia. Cureton, che veniva dalla NBA e aveva vinto il titolo con Philadelphia pochi mesi prima, era stato portato in Italia da Pesaro. Ma aveva mostrato problemi di adattamento, aveva un carattere difficile: la Scavolini lo tagliò per non correre rischi. Milano non aveva ancora scelto il suo americano, si sentiva forte e decise di prenderlo. Cureton non era un talento, ma rese la difesa impenetrabile e a rimbalzo era incontenibile. Con lui, la Simac vinse tutte le partite, ma non arrivò oltre metà novembre. Una mattina Cureton scappò da via Caltanissetta e salì sul volo per gli Stati Uniti debuttando poche ore con Detroit. L’Olimpia rispose prendendo il rookie che i Pistons non erano riusciti a firmare, Antoine Carr. Carr indossò il 15 come Cureton, ebbe una stagione spettacolare prima di diventare un eccellente giocatore NBA (due finali a Utah), migliore di Cureton. Ma nel 1984 era un ragazzino di 22 anni. Milano quell’anno perse la finale scudetto contro la Virtus Bologna e la finale di Coppa delle Coppe contro il Real Madrid, giocandola però senza Carr (a quei tempi in coppa non era permesso cambiare il roster durante la stagione).

Dopo Carr, il 15 finì sulle spalle di Joe Barry Carroll, addirittura. Era il 1984, e il colpo si materializzò

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John Gianelli

a stagione iniziata, sfruttando i problemi che Carroll aveva con i Golden State Warriors circa il rinnovo del contratto.

Era stato la prima scelta assoluta del draft del 1980, da Purdue, e giocò come tale.

Era visto con Cedric Henderson ammirazione per il talento e tanti dubbi caratteriali, ma con il tempo Carroll – che aveva solo 26 anni quando firmò con l’Olimpia – diventò assolutamente irresistibile e la Simac con lui vinse lo scudetto imbattuta, prima squadra italiana a realizzare l’impresa. La singola stagione di Carroll è stata forse la migliore di sempre per un giocatore del campionato italiano. Carroll segnò 643 punti in 25 partite di campionato, 24.9 di media, aggiungendovi 11.1 rimbalzi a partita. Contro Torino, in semifinale ad un certo punto mise nove tiri di fila improvvisando un clinic di movimenti in post basso, tiri dalla media, ganci spettacolari. Ovviamente, a fine anno tornò a segnare oltre venti punti di media nella NBA. L’estate seguente, ancora alle prese con qualche difficoltà di mercato, l’Olimpia scelse un giovanissimo atleta multidimensionale di nome Cedric Henderson che quando arrivò a Milano non aveva ancora 20 anni ed ereditò il numero 15. Fu una decisione un minimo avventurosa: Henderson non aveva grande pedigree, oltre che un solo anno trascorso all’Università della Georgia ed era molto immaturo. In prestagione venne tagliato, ma ripreso dopo qualche settimana. L’esplosione avvenne nel corso della stagione e soprattutto nei playoffs. Non aveva un ruolo definito ma era il giocatore più atletico della squadra che non riuscì a imporsi nella Coppa dei Campioni del 1986, ma sconfisse netta-

mente ambedue le finaliste, Cibona Zagabria e Zalgiris Kaunas. Era un difensore strepitoso grazie alla mobilità laterale e un rimbalzista irreale. Quando entrò dentro la squadra e comprese sistema di gioco, arbitri, maturò un minimo di esperienza giocò playoffs straordinari, inclusa la finale scudetto vinta contro la Caserta di Oscar Schmidt e Tato Lopez.

Nel 1986 il 15 si posò sulle spalle di Bob McAdoo. La storia è nota: McAdoo nella NBA aveva giocato sempre e solo con il numero 11, ma l’11 a Milano era un numero intoccabile, quello di Dino Meneghin. McAdoo era perplesso, ma accettò il cambiamento. Era disponibile il 15 e il 15 fu. McAdoo l’ha indossato per quattro anni vincendo due scudetti e due Coppe dei Campioni, più una Coppa Intercontinentale. Ha segnato 1.292 punti in Coppa dei Campioni, primo di sempre in maglia Olimpia mischiando la competizione FIBA con l’EuroLeague (25.8 punti di media in 50 presenze).

Ma la leggenda del numero 15 non finisce qui: nel 1995/96, il numero fu indossato da Rolando Blackman. La guardia di Brooklyn giocò un solo anno a Milano, ma vinse lo scudetto, la Coppa Italia e portò la Stefanel alla finale di Coppa Korac. Un’altra stagione stellare. Successivamente, hanno giocato con il 15 altri giocatori apprezzati, Joseph Blair con il quale l’Olimpia tornò a giocare una finale scudetto nel 2005 contro la Fortitudo, Ioannis Bourousis che ebbe due stagioni importanti tra il 2011 e il 2013 e adesso appartiene a Kaleb Ta r c z e w s k i che ebbe Blair come allenatore all’università dell’Arizona.

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Joe Barry Carroll

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K C O L E D U O ANDREW G

Olimpia Milano 26

to 90

91 - Aquila Tren

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THE BLOCK

OLIMPIA BIG GAMES - 9 Il 28° scudetto l’Olimpia l’ha vinto il 15 giugno 2018, a Trento, ma la partita chiave è stata la quinta, vinta 91-90, emozionante, rocambolesca e anche spettacolare. Con la stoppata decisiva di un MVP noto per altre qualità In tutte le prime quattro partite della serie finale del 2018, il fattore campo era stato rispettato. Sul 2-2, con Trento che aveva vinto le due gare precedenti, la finale era arrivata al momento decisivo in un’infuocata gara 5. L’Olimpia andò avanti di 11 nel primo quarto e di nuovo all’inizio del secondo periodo in un Mediolanum Forum gremito. Ma Trento, durissima a morire, non solo riuscì a rimontare: alla fine del secondo quarto con una tripla di Dominique Sutton andò avanti 50-48. Sutton chiuse quella stagione con il 25.0% da tre, ma quel giorno ne mise due nel primo tempo e Trento fece 11/26 dall’arco, oltre il 42%. Il secondo tempo non fu tanto differente: Trento andò avanti di sei, l’Olimpia rispose colpo su colpo, trascinata da Andrea Cinciarini (15 punti e quattro assist) e Mindaugas Kuzminskas (19 punti). Un fade-away di Vlado Micov sulla sirena del terzo quarto scavò cinque punti di margine per Milano, 71-66.

A 9:34 dalla fine, arrivò il quarto fallo di Shavon Shields. Il coach di Trento, Maurizio Buscaglia, per proteggerlo gli fece fare un passaggio in panchina. L’Olimpia ne approfittò per schizzare di nuovo a più otto, ma solo per un attimo e con sette minuti da giocare. A cinque minuti dalla fine, Shields – che fino a quel momento aveva segnato 10 punti – rientrò in campo per l’assalto conclusivo. A meno quattro minuti, su un errore dall’angolo di Andrew Goudelock, Curtis Jerrells a rimbalzo – non certo la sua specialità – firmò ancora otto punti di margine per l’Olimpia. Poteva essere la fuga decisiva, invece servì solo a preparare la volata.

13 GIUGNO 2018

Andiamo in diretta con il play-by-play. Shields, tripla frontale da otto metri, ricuce a meno cinque.

E’ il primo canestro da tre della sua partita. Jerrells prova a rispondere dall’arco senza riuscirci, sulla transizione Shields prende fallo da Goudelock e mette due liberi. Nel giro di 40 secondi il vantaggio dell’Olimpia è ridotto a tre punti. A 2:40 dopo un errore di Goudelock da tre, Cinciarini “ruba” un rimbalzo d’attacco e poi sul possesso conseguente segna in acrobazia appoggiando al

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tabellone. Di nuovo più cinque Olimpia. Nemmeno il tempo di gioire che Shields palleggia per la lunghezza del campo, si arresta sull’arco e segna ancora da tre. Micov serve Gudaitis dentro l’area sfruttando il mismatch contro Sutton. Finalmente, Milano riesce a togliere la palla dalle mani di Shields. Beto Gomes prova a imitarlo da tre, ma sbaglia. E dall’altra parte, l’Olimpia gioca ancora per Gudaitis. Il lituano sbaglia il suo unico tiro libero della serata. Ma il secondo riapre cinque punti per Milano con 1:29 da giocare. A 1:19, fa 1 /2 anche Dustin Hogue, ma il rimbalzo sull’errore non viene controllato. La rimessa è di Trento in zona d’attacco. La palla va subito in angolo a Shields, viene raddoppiato, scappa via, non guarda i compagni in attesa di uno spiraglio di luce per scagliare il tiro da tre. Solo rete. A 1:11 è 85-84 Milano. A 52 secondi dalla fine, Gomes spende il fallo su Gudaitis. Questa volta fa 2/2. 87-84 Olimpia. Sulla rimessa, Cinciarini tenta di anticipare Shields, tocca la palla, ma gli viene sanzionato il quinto fallo. Ritorna Jerrells, ma Shields va in lunetta. Il secondo libero è sbagliato, ma anche questa volta il rimbalzo non è controllato. Così è nuova rimessa per Trento. Shields si libera con un taglio ricciolo in angolo, riceve e tira in un singolo movimento. E’ un jumper da due punti che significa parità: 87-87. A 26 secondi, Goudelock attacca dal palleggio proprio Shields, torna indietro una volta, due, alla fine si arresta dalla media e centra il bersaglio: per lui sono 16 punti (5/5 da due). Milano è ancora avanti di due. Buscaglia spende il time-out. La palla va presto nelle mani di Shields, Jerrells gli sta incollato addosso, ma Shields è più alto, esegue una finta, si libera, e carica ancora il jumper da tre. Solo rete: Trento avanti 90-89. Shields ha segnato 17 degli ultimi 18 punti di Trento, tutti negli ultimi cinque minuti di partita, senza errori dal campo.

Però Milano, dopo il time-out, ha ancora 16 secondi. Goudelock riceve la rimessa da Micov, attacca Sutton, ma non riesce a batterlo. L’avversario lo “accompagna” fuori dall’area in palleggio. Non ci sono spiragli, Goudelock capisce che deve liberarsi della palla. Trova Jerrells, che attacca e batte Shields dal palleggio, arriva al ferro e subisce il fallo da dietro dello stesso Shields.

Mancano sei secondi. Shields esce per falli, Jerrells dalla lunetta fa 2/2. L’Olimpia è avanti 91-90.

E qui avviene “The Block”, uno dei grandi gesti che hanno lastricato la storia delle vittorie dell’Olimpia.

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Jorge Gutierrez, il playmaker messicano di Trento, che ha giocato nella NBA, va in palleggio per tutto il campo. Jerrells lo marca, evitando anche il blocco che piazza Hogue a metà campo. Con il centro di Trento molto lontano, Gudaitis difende di contenimento attendendo la penetrazione di Gutierrez. Ma Kuzminskas, preoccupato del coast-to-coast, occupa una posizione neutra. Quando Gutierrez con un palleggio dietro la schiena cambia direzione dirigendosi verso il centro, Gudaitis va a sbarrargli la strada, ma Kuzminskas fa lo stesso, lo va a raddoppiare ignorando completamente Sutton. Gutierrez non può più arrivare al ferro, ma vede il taglio di Sutton e lo manda a canestro con un passaggio perfetto.

Andrew Goudelock non è mai stato un difensore, ma in gara 6 nel quarto periodo aveva già intercettato un passaggio. In quella situazione si era curato di marcare Gomes, in angolo, eliminando la possibilità di un passaggio di Gutierrez per il portoghese. Ma nel momento del taglio di Sutton, ha la presenza mentale di capire che è necessario un intervento in extremis per salvare la partita.

Sutton riceve, si gira e deve solo appoggiare il lay-up più facile della carriera. In quel momento Goudelock ha già fatto il movimento richiesto, gli è addosso e con scelta di tempo perfetta, dieci centimetri più basso dell’avversario, arriva sul pallone eseguendo la stoppata della vita. E’ il 13 giugno 2018. Il 15 giugno, l’Olimpia vincerà lo scudetto numero 28 e Goudelock sarà meritatamente MVP della serie.

IL TABELLINO Olimpia Milano 91 Aquila Trento 90 Olimpia: Goudelock 16, Micov 4, Bortolani, Pascolo, Tarczewski 2, Kuzminskas 19, Cinciarini 15, Cusin, Abass, Bertans 8, Jerrells 8, Gudaitis 19. All. Pianigiani.

Aquila: Franke 3, Sutton 15, Silins 6, Forray 4, Gutierrez 9, Gomes 12, Hogue 14, Lechthaler, Shields 17. All. Buscaglia

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NUMBERS

I record di Tarczewski e Hines Kaleb Tarczewski è diventato il primo giocatore nella storia dell’Olimpia a superare quota 100 presenze in campo (quindi non semplicemente a referto) in EuroLeague. Non era mai successo nemmeno considerando la vecchia Coppa dei Campioni, ovviamente perché allora non si giocava un numero paragonabile di partite. In ogni caso il record rimane. Tarczewski è arrivato a Milano nel 2017, ma in quel momento l’EuroLeague era già finita. Quindi ha debuttato nella stagione 2017/18. Questa è la sua quarta stagione. Da notare che al momento di scrivere vanta 92 presenze in quintetto, quasi sempre.

debuttato tanto presto accumulando presenze in giovane età. Quindi quella di Hines è un’impresa. Tra i primi 50 di sempre per presenze figurano appena cinque americani: dopo Hines, ci sono Jaycee Carroll, James Gist, Mike Batiste e Bryant Dunston. Volendo si potrebbe allargare il campo a David Andersen, che è australiano, e a Nick Cakathes che è greco ma è cresciuto in America e di fatto ha seguito il percorso statunitense sia al college che da professionista. Sette, al massimo quindi.

Negli stessi giorni, Kyle Hines ha giocato la sua partita numero 300. Il senso dei due traguardi è differente. Quello di Tarczewski ha valore per il club. Non giochi così a lungo in una squadra se non ti sei fatto apprezzare dentro e fuori del campo. A sua volta dell’Olimpia, Tarczewski è adesso una sorta di “founding father” di certi valori. Il traguardo tagliato da Hines ha un significato soprattutto per lui, di longevità. Hines ha debuttato in EuroLeague nel 2010 a Bamberg e da quel momento non l’ha più abbandonata. Questa è la sua undicesima stagione. Al CSKA Mosca ha giocato addirittura oltre 200 partite di EuroLeague.

Hines è stato il settimo giocatore a raggiungere le 300 presenze, poi è stato seguito da Sergio Llull, l’ottavo a riuscirci, ma è il primo americano a farlo. Non è una considerazione di poco conto. Gli americani non provengono dai settori giovanili europei, non hanno mai

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