RED SHOES MAGAZINE | Agosto 2021

AGOSTO 2021

TROY DANIELS PRESENTAZIONE DELLA SUPERCOPPA

EUROLEAGUE ANALISI IL CALENDARIO REDSHOESMAGAZINE

BIG PLAYERS BOB McADOO 1

KYLE HINES

OLIMPIAMILANO.COM

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4 Euroleague analisi il calendario 10 La presentazione della Supercoppa 14 Olimpiadi 18 Olimpia Profile Troy Daniels 22 L’intervista Devon Hall 26 Olimpia Big Players Bob McAdoo REDSHOESMAGAZINE

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TORNANO LE NOTTI MAGICHE Si parte il 30 settembre al Mediolanum Forum contro il CSKA Mosca. Debutto in casa per la prima volta dopo tre esordi esterni. Sei delle prime otto sono in casa, ma contro avversarie del primo livello. Tutti i temi della stagione europea che si concluderà a Berlino

Come inizio non c’è male. La prima partita stagionale della nuova EuroLeague sarà identica all’ultima. A maggio, Olimpia e CSKA Mosca si sono incontrate alle Final Four di Colonia, il prossimo 30 settembre cominceranno la nuova stagione, al Mediolanum Forum. E’ l’ottava volta che l’Olimpia comincia la sua stagione europea a Milano, ma la prima dopo tre esordi esterni consecutivi. E’ la quarta volta che il primo avversario è il CSKA, ma i precedenti sono tutti relativi a partite esterne (1-2 il bilancio). E’ una gara piena di intrecci, perché da una parte c’è Daniel Hackett, dall’altra due

ex prestigiosi come Sergio Rodriguez e Kyle Hines, oltre a Coach Ettore Messina. E’ solo la prima partita di un avvio di stagione che vedrà l’Olimpia di scena al Mediolanum Forum in sei delle prime otto gare, ma contro avversarie di altissimo livello DOPPI TURNI - La “Superweek” che comprende Round 3 e 4, tutta a Milano, vedrà di scena il Maccabi Tel Aviv, avversario storico che tra l’altro ha riportato in Europa l’ex James Nunnally oltre ad aver potenziato l’attacco con Derrick Williams (alla quarta squadra di EuroLeague in quattro

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anni) e la fisicità interna con Jalen Reynolds, avversario dell’Olimpia nei playoff quando giocava al Bayern, e poi i Campioni d’Europa in carica dell’Anadolu Efes Istanbul (con un altro ex, Kruno Simon) che hanno confermato gran parte del roster. E’ il primo doppio turno dei sette previsti durante l’anno. Il successivo doppio sarà nel Round 6 e 7 (prima a Monaco di Baviera e poi a Milano contro la Stella Rossa). I Round 10 e 11 vedranno l’Olimpia in Russia per una settimana per affrontare l’Unics Kazan, rientrante in EuroLeague, e lo Zenit San Pietroburgo (con Arturas Gudaitis e Mindaugas Kuzminskas) che ha perso il leader Kevin Pangos, ma aggiunto l’ex NBA, Shabazz Napier in regia, oltre a giocatori di esperienza europea come Jordan Loyd e Jordan Mickey. Nuova “Superweek” casalinga per i Round 15 e 16, contro Panathinaikos (prima di Dinos Mitoglou contro la sua ex squadra), che avrà ancora Nemanja Nedovic, e contro il Real Madrid rinforzatissimo nonostante la perdita per la NBA di Usman Garuba. Il Real ha preso da Barcellona l’ala Adam Hanga, da Villeurbanne l’ala forte Guerschon Yabusele, poi sono arrivati Thomas Heurtel, argento olimpico, e Nigel Williams-Goss.

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Nei Round 20 e 21, l’Olimpia avrà prima il Barcellona fuori e poi Kazan in casa. Il Barcellona, finalista l’anno passato dopo la risicata vittoria in semifinale sull’Olimpia, ha preso da Kaunas la prima scelta Rokas Jokubaitis, dai campioni dell’Efes il centro Serta Sanli e dal Real Madrid il playmaker Nicolas Laprovittola. Nei Round 24 e 25, prima trasferta a Belgrado e poi al Mediolanum Forum supersfida con il Fenerbahce, che ha cambiato molto tra cui ha aggiunto Achille Polonara.

Durissimo il doppio turno 31-32, con prima tappa a Tel Aviv e seconda a Istanbul contro l’Efes.

LE RIVINCITE - L’Olimpia tornerà a Monaco per affrontare il Bayern per la prima volta dopo le cinque battaglie della stagione scorsa nel Round 6 (martedì 26 ottobre).

Tra i tedeschi non c’è più Wade Baldwin, la guardia che è stato stoppato da Kyle Hines nell’azione decisiva di Gara 5, inoltre sono andati via anche Jalen Reynolds e DJ Seeley, ma sono arrivati Darrun Hilliard, Corey Walden e Othello Hunter. La gara di ritorno, a Milano sarà venerdì 18 marzo, in piena volata playoff. La rivincita della semifinale di EuroLeague con il Barcellona sarà prima a Milano, giovedì 4 novembre, mentre

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Shavon Shields al tiro contro il Bayern Monaco

Malcolm Delaney contro la sua ex squadra, il Barcellona REDSHOESMAGAZINE

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al Palau Blaugrana si giocherà martedì 11 gennaio 2022.

LE TRASFERTE - Lo scorso anno, l’Olimpia ha costruito la sua classifica vincendo 10 volte in trasferta. Quest’anno il primo viaggio sarà a Vitoria per affrontare il Baskonia che avrà Wade Baldwin (playmaker del Bayern nell’ultima stagione, affrontato sette volte) e l’ex Simone Fontecchio. Il 10 dicembre, l’Olimpia andrà nel Principato di Monaco (in realtà giocherà ad Antibes) contro l’AS Monaco, qualificatosi vincendo l’Eurocup nella passata stagione.

E’ la prima volta in una gara ufficiale. L’altra squadra francese, l’Asvel Villeurbanne, verrà affrontata fuori casa nell’ultimo impegno della regular season.

NOTTI MAGICHE - Il 12 novembre a Istanbul contro il Fenerbahce Gigi Datome e Nicolò Melli giocheranno contro la loro ex squadra. Per Melli è una prima volta dopo il volo nella NBA, Datome l’ha già fatto ma quando è andato a Istanbul l’ultima volta si giocava a porte chiuse. L’11 gennaio, a Barcellona, ritorna Malcolm Delaney; il 21 gennaio a Mosca verranno riaccolti Ettore Messina, Sergio Rodriguez e Kyle Hines; il 4 marzo, Dinos Mitoglou 8

giocherà ad Atene contro la sua ex squadra il Panathinaikos, ma in Grecia tornerà già la settimana precedente per affrontare l’Olympiacos, il club storico del general manager Christos Stavropoulos.

Il 29 marzo, a Madrid, torna Sergio Rodriguez, ex indimenticabile.

MOMENTI CRUCIALI - L’Olimpia gioca sei delle prime otto gare in casa, ma ha poi tre trasferte consecutive e di fatto gioca cinque gare su sei in trasferta. Il girone di andata finisce il 22 dicembre a Kaunas, dove è tornato Mantas Kalnietis. A quel punto gioca tre delle prime quattro del ritorno sempre in casa. Lo snodo delicatissimo è rappresentato dalle tre trasferte consecutive, le due di Atene e quella di Madrid, tra il Round 27 e il Round 29. Anche qui c’è una sequenza di cinque trasferte su sei partite e tre delle ultime quattro, spezzate dalla chiusura casalinga con Monaco.

PLAYOFF E FINAL FOUR - La formula non è cambiata, i playoff cominceranno il 19 aprile (al meglio delle cinque gare) per chiudersi entro il 4 maggio. Le Final Four saranno ancora in Germania, ma questa volta a Berlino, dal 27 al 29 maggio.

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Sergio Rodriguez nella sua ultima apparizione a Madrid contro il Real

Gigi Datome premiato da Melih Mamatoglou a Istanbul l’anno passato

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L’OLIMPIA C

Dopo aver vinto le ultime quatt Milano tenta di imporsi nonostante il fattor Formula allargata, con 10

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CI RIPROVA!

tro edizioni cui ha partecipato, re campo sfavorevole (si gioca a Bologna).

Final Eight conclusive REDSHOESMAGAZINE

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Anche quest’anno, la Supercoppa italiana avrà una formula differente. Tradizionalmente riservata alle squadre che hanno vinto durante la stagione precedente (per questo nel 2019, pur essendo detentrice del trofeo, l’Olimpia non ha potuto partecipare), lo scorso anno era stata allargata a tutte le formazioni di Serie A, come segnale della ripresa. Quest’anno, partecipano ancora tutte le 16 di Serie A, ma con una variante: le quattro che avrebbero avuto diritto a giocare un’eventuale Final Four (Milano e Pesaro come finaliste della Coppa Italia; Virtus e Milano, di conseguenza sostituita da Brindisi, come finaliste dei playoff) sono state ammesse direttamente ai quarti di finale dove verranno “raggiunte” dalle vincitrici dei quattro gironi eliminatori.

L’Olimpia ha vinto le ultime quattro edizioni della Supercoppa cui ha partecipato e ha raggiunto la finale nelle ultime sei. Nel 2016 ha vinto la competizione per la prima volta, a Milano, sconfiggendo Cremona in semifinale e Avellino in finale 90-72 (15 punti di Ricky Hickman e 11 di Zoran Dragic). In quell’occasione Kruno Simon è stato nominato MVP della competizione, dopo i 25 punti segnati nella gara decisiva. Nel 2017 ha vinto a Forlì sconfiggendo Trento in semifinale e poi Venezia in finale (82-77). Jordan Theodore è stato nominato MVP della competizione grazie ai 29 punti segnati in 12

finale (12 punti e 8 rimbalzi per Arturas Gudaitis; 14 per Andrew Goudelock). Nel 2018, l’Olimpia ha vinto a Brescia, battendo la stessa Brescia in semifinale 81-59 e poi Torino in finale 82-71, con Vlado Micov MVP della competizione (17 punti). Lo scorso anno, a Bologna, l’Olimpia ha vinto battendo prima la Reyer Venezia in semifinale 76-67 con 19 punti di Malcolm Delaney, e poi la squadra di casa, la Virtus Bologna 75-68 con 17 punti di Gigi Datome. Delaney è stato nominato MVP. L’Olimpia ha giocato la finale anche nel 2014 a Sassari (battuta Brindisi in semifinale, poi venne sconfitta da Sassari in finale) e nel 2015 a Torino (battuta Venezia in semifinale poi venne battuta a sua volta da Reggio Emilia), oltre alla gara unica del 1996, persa con Verona. In tutto è 10-3 a livello di Final Four, 16-3 contando tutte le partite valide per la Supercoppa, 4-3 in finale.

Quest’anno la formula prevede una Final Eight, con tutte le gare dei quarti di finale in programma sabato 18, poi un giorno di sosta, e quindi semifinali e finali, il che ricalca molto da vicino il formato della Coppa Italia, anche se qui a nessuno capiterà di dover giocare tre partite in tre giorni. Si giocherà all’Unipol Arena di Bologna, che non è la stessa sede della passata edizione, ma l’arena di Casalecchio di Reno che la stagione passata ha ospitato le gare casalinghe di Fortitudo e Reggio Emilia.

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Malcolm Delaney, MVP della Supercoppa nel 2020

Riccardo Moraschini durante la finale della Supercoppa 2020

DA TOKYO È TUTTO! Un pizzico di Olimpia era presente nella vittoria americana ai Giochi di Tokyo. Molta Olimpia nella Nazionale italiana, Sergio Rodriguez in quella spagnola e infine la quinta apparizione di Luis Scola

C’è stata una piccola parte di Olimpia nella vittoria americana, quarto oro consecutivo, alle Olimpiadi di Tokyo: Jerami Grant, uno dei membri della squadra a stelle e strisce, è il fratello di Jerian Grant; Devin Booker, arrivato all’ultimo momento dalla Finale NBA, è il figlio di Melvin Booker, playmaker dell’Olimpia in due diversi momenti della sua carriera; ovviamente il Coach americano, Gregg Popovich, è stato per cinque stagioni il capo di Ettore Messina a San Antonio.

Gli USA hanno vinto l’oro battendo in finale la Francia, unica sconfitta della squadra transalpina che a sua volta aveva eliminato nei quarti di finale proprio l’Italia, che allineava tre giocatori dell’Olimpia, il Capitano azzurro Nik Melli, il nuovo arrivato Pippo Ricci e Ricky Moraschini.

L’Italia ha realizzato la propria impresa vincendo il torneo preolimpico a Belgrado, con un’impresa nella finale dominata sulla Serbia sostanzialmente inattesa. Alle Olimpiadi, ha vinto due delle tre partite del girone eliminatorio, contro Germania e Ni-

geria, perdendo quella con l’Australia che poi è salita sul podio.

Il secondo posto ha generato l’accoppiamento con la Francia, una gara difficile in cui l’Italia è stata in parità per l’ultima volta a 2:52 dalla fine. Una resa onorevole. Melli ha giocato tutte le partite in quintetto, ha ancorato la difesa, vestito i panni del playmaker aggiunto in attacco e disputato una grande partita anche offensiva contro la Nigeria, una gara pericolosa perché l’Italia “ballava” tra qualificazione ed eliminazione. Ricci è stato in sostanza il quarto lungo della squadra dietro Melli, Polonara e Gallinari, che ha giocato quasi sempre da 4 e mai da ala piccola. Ricci ha avuto minuti limitati ma di impatto, con energia, difesa e qualche tiro da tre. Contro la Francia, è stato in campo nel quintetto della rimonta fino alla già citata parità con meno di tre minuti da giocare. Moraschini è stato un prezioso cambio degli esterni: Tonut e Fontecchio erano i titolari, lui e Michele Vitali i cambi. Ha fatto quello che doveva, in difesa e occasionalmente utile anche in fase offensiva.

Il quarto giocatore dell’Olimpia,

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Sergio Rodriguez, ha disputato la sua terza Olimpiade. La partita migliore è stata l’ultima, contro gli USA, che alla fine è stata quella più sofferta dalla squadra americana nella fase ad eliminazione diretta, anche più probabilmente della finale con la Francia. Rodriguez è sempre partito dalla panchina, alle spalle di Ricky Rubio e qualche volta ha giocato con lui.

La Spagna è stata eliminata nei quarti dalla formazione che ha vinto. Ha pagato la sconfitta nel girone eliminatorio in volata con la Slovenia che l’ha esposta ad un sorteggio insidioso, che poi l’ha portata ad affrontare troppo presto gli USA. Luis Scola, l’ex Olimpia, ha giocato la sua quinta Olimpiade con l’Argentina, che è stata eliminata nei quarti di finale dall’Australia. Scola ha vinto l’Olimpiade del 2004 ad Atene e poi ha partecipato alle quattro successive vincendo un bronzo, nel 2012. Un cammino incredibile. Ha segnato 591 punti olimpici, quarto di sempre dopo Oscar Schmidt, Andrew Gaze e Pau Gasol.

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Sergio Rodriguez, tre Olimpiadi

Nik Melli, Capitano azzurro

Pippo Ricci, prezioso cambio

Riccardo Moraschini e la sua gioia

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TROY DANIELS Ha fatto una Final Four NCAA, ha giocato sette anni nella NBA, segnato canestri importanti. La sua storia di giocatore è la storia di uno dei tiratori più costanti delle ultime stagioni. L’uomo dei “Three Bullets” Tre dita che puntano la tempia tre volte. Il rituale si chiama “Three Bullets”. Troy Daniels lo esegue ogni volta che centra un tiro da tre punti, il che in carriera gli è riuscito spesso, 569 volte nella NBA giocando la metà delle partite, 240 volte nella G-League, 251 volte al college.

Fanno 1.060 triple segnate. Ma ci sono triple e triple, ci sono canestri che hanno un impatto maggiore di altri. “Undrafted” all’uscita dal college, Daniels ha trascorso il suo primo anno ai Rio Grande Vipers, della G-League, squadra affiliata a Houston. Nel febbraio del 2014 ha firmato il suo primo contratto NBA, a marzo ha giocato la sua prima partita NBA, ma poi è tornato a Rio Grande, richiamato per i playoff. In

Gara 3, a Portland, Rockets sotto 2-0, con problemi di falli, Coach Kevin McHale decise di mandare in campo un giocatore mai utilizzato nelle prime due partite. Con il numero 30 Troy Daniels appunto.

“Quello che ho visto in lui – disse nel dopo partita McHale – è un ragazzo duro, senza paura”. Nel tempo supplementare, Houston era ancora sotto di due, quando James Harden ha perso il controllo della palla. Jeremy Lin l’ha raccolta prima che il disastro fosse completo. Dopo un paio di palleggi in qualche modo ha scaricato la palla alla prima maglia rossa che ha attraversato la sua visuale. Troy Daniels è un tiratore.

In quel momento era in ritmo, molto

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ha segnato 24 punti con otto triple. Il 29 dicembre, proseguendo nel suo periodo magico, ha stabilito il record di conference con nove triple, contro Fairleigh Dickinson. Quella sera disse che il record sarebbe durato a lungo. E invece…

Troy Daniels in maglia Lakers

distante dal canestro, ma in ritmo.

Non ha esitato. Un attimo dopo, segnato il canestro della vittoria, si è trovato travolto dall’abbraccio dei compagni. Il primo di loro è stato, a fine carriera, il leggendario Tracy McGrady. E’ stato il più grande canestro della sua carriera.

Ma di canestri ne ha segnati tanti altri. Cresciuto in Virginia, a Roanoke, ha frequentato Virginia Commonwealth negli anni d’oro firmati da Coach Shaka Smart con cui ha raggiunto una Final Four NCAA sia pure da comprimario. Daniels è esploso nell’ultimo anno. In particolare, la data chiave è il 7 dicembre 2012, contro Old Dominion, quando 20

Invece, quattro giorni dopo, in trasferta a East Tennessee State, Daniels ha fatto 11/20 da tre. Record battuto. Alle Final Four NCAA venne convocato per disputare la gara del tiro da tre, vincendola. In finale, ha sbagliato i primi sette tiri, poi si è messo in ritmo e ha finito dominando. “Il miglio tiratore che abbia mai allenato è Troy Daniels”, ha detto Shaka Smart che successivamente è passato ad allenare Texas e Marquette.

Ma i record nel tiro da tre, il titolo di conference e due turni nel Torneo NCAA non sono stati sufficienti per garantire a Daniels una chiamata nei draft NBA. Ma a Houston il general manager Daryl Morey stava cercando giocatori adatti alla pallacanestro che il suo club stava cercando di imporre e propose a Daniels di giocare a Rio Grande nella G-League e dimostrare che la sua precisione era replicabile anche da professionista. “Potete dire quello che volete della G-League, ma mi ha preparato per questo momento”, disse Daniels dopo il canestro della vittoria dei Rockets a Portland. In-

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fatti, a Rio Grande, Daniels ha segnato 240 triple – record per la lega – segnando 21.5 punti a partita. Di conseguenza, la prima chiamata dai Rockets, il ritorno a Rio Grande e l’approdo definitivo nella NBA prima dei playoff.

Negli anni successivi, Daniels ha faticato a trovare un posto stabile (“Sono arrivato da undrafted, nella NBA ci sono solo 450 posti e io per sette anni ne ho avuto uno, non mi sembra male”, ha detto lo scorso anno quando passò dai Lakers ai Denver Nuggets), ma si è costruito una fama di tiratore incredibile.

Quand’era a Charlotte ha segnato ad esempio otto triple in una partita, contro Sacramento, incluso il canestro della vittoria. Quando è passato a Memphis ha segnato anche 22 punti in un solo quarto. Nei due anni trascorsi a Phoenix, è stato anche il 18° nella classifica dei canestri da tre punti segnati pur giocando solo 21 minuti per gara. Ha avuto una striscia di 32 gare con almeno una tripla e una prova da sei triple in un solo quarto. Nel 2019, ha firmato per i Los Angeles Lakers, ma è stato rilasciato prima dell’interruzione della stagione – e quindi dei playoff – per fare largo ad un giocatore più esperto come JR Smith. In ogni caso, ha fatto parte della squadra che ha vinto il titolo NBA anche se poi nei playoff non solo ha giocato a Denver, ma ha anche incrociato i

Lakers nei playoff.

In sette anni, ha avuto la soddisfazione non solo di giocare nella NBA, ma di farlo come compagno di squadra di giocatori come James Harden e Dwight Howard a Houston; di LeBron James e Anthony Davis ai Lakers; di Nikola Jokic e Jamal Murray a Denver. Il top. “Ogni squadra NBA sa chi sia Troy Daniels – ha detto il suo ultimo allenatore NBA, Michael Malone – Quando è in campo si guadagnerà il rispetto di tutte le difese perché è un tiratore da tre punti letale. Se hai bisogno di un canestro da tre o di aprire il campo, da lui lo avrai”. L’Olimpia l’ha voluto esattamente per questo.

Troy Daniels in maglia Suns

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L’INTERVISTA

DEVON

HALL

“Quando puoi fare tante cose e giocare in più ruoli hai un vantaggio, perché in qualunque situazione puoi trovarti in campo e aiutare la squadra a vincere” Devon Hall dice che la cosa più importante, la prima, per lui è vincere. Non è una frase di comodo, perché Hall ha giocato nei Virginia Cavaliers, uno dei migliori programmi d’America nel college basketball, accanto a giocatori vincenti, che sono andati nella NBA o hanno avuto successo in Europa, per un allenatore tra i più quotati (Tony Bennett), che mette la difesa al top delle proprie richieste e il miglioramento dei giocatori al secondo. Hall è stato scelto nei draft NBA, ha giocato brevemente a Oklahoma City, ha avuto una valida esperienza d’esordio in Europa, a Bamberg.

- Quanto sono stati importanti, Devon, gli anni di Virginia?

“Sono stati determinanti. Ho giocato per Tony Bennett, che è uno degli allenatori di maggior successo a livello di college, 22

le sue idee tattiche, il modo in cui guida la squadra, come insegna, sono tutte cose che mi hanno aiutato tantissimo nelle stagioni seguenti, ha avuto un impatto estremo sulla mia carriera”.

- Quello di Virginia è un programma speciale?

“Sì, lo è. Penso sia così per le persone, le persone e i giocatori che reclutano. Inevitabilmente lì tendi a migliorare. Chiunque arrivi ha lo stesso tipo di approccio, tutti vogliono migliorare e vogliono farlo ogni anno. Ovviamente, stanno facendo un grande lavoro: lo vedi dai nomi dei giocatori che sono nella NBA o stanno producendo carriere di successo in Europa”.

-Essere scelto da Oklahoma City, nei draft NBA, è stato emozionante?

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“Quando sei un bambino è quello che sogni, tutti vogliono giocare nella NBA, molti vogliono diventare professionisti.

E’ stato speciale per me e per la mia famiglia. Era quello per cui avevo lavorato nel corso della mia intera vita sportiva.

E sentire il mio nome chiamato, vederlo apparire sullo schermo della tv, stringere la mano al Commissioner Adam Silver, è stato speciale, per me e per la mia famiglia”.

era il mio compito in squadra. Era importante che lo facessi ed ho provato a farlo al meglio”.

- Difesa e versatilità sono le qualità che ti contraddistinguono.

“Sono una parte importante del mio repertorio, penso che essere in grado di difendere su tanti giocatori di ruoli differenti e in attacco di giocare diversi ruoli, ti dia un vantaggio, perché puoi essere in campo praticamente in ogni momento. Essere versatile su ambedue le estremità del campo di sicuro mi sta aiutando”.

- In questa stagione debutterai in EuroLeague.

“E’ la miglior lega d’Europa, al mondo c’è la NBA e poi c’è l’EuroLeague. Qualcuno dice che segnare in EuroLeague è più difficile di quanto lo sia nella NBA, ma la vivo come una sfida che ho accettato. Sono felice di essere qui, mi sento fortunato qui”.

- Quali sono le differenze tra lo stile di gioco americano ed europeo?

“Penso che in America i giocatori siano un po’ più dotati di qualità tecniche, ma qui la durezza, la grinta che hanno, la fisicità del gioco è completamente differente. E c’è maggiore attenzione all’aspetto collettivo, che mi piace, così devi imparare a seguire il flusso del gioco e leggere le situazioni. Quando arrivi qui e capisci quanto il gioco sia fisico può essere choccante perché è completamente diverso da quello cui siamo abituati negli States”.

- Puoi descriverti come giocatore?

“Sono un giocatore versatile, posso occupare tanti ruoli, creare gioco è una parte importante di ciò che faccio, posso anche difendere su diverse tipologie di giocatore, ma soprattutto voglio vincere e questo viene sempre prima di tutto”.

- Quali sono le aspettative?

“Ovviamente arrivo in un programma che ha avuto grande successo storicamente e ancora la stagione scorsa, quindi arrivo per imparare, migliorare, aiutare la squadra a vincere. Questo è il mio obiettivo, continuare a vincere e a migliorare”.

- Arrivi all’Olimpia e troverai grandi campioni che hanno fatto la storia del basket europeo.

“Arrivo per ascoltare e imparare, sarò aperto ai cambiamenti, cercherò di apprendere il più possibile da giocatori che hanno dimostrato di avere successo a questo livello, da Coach Messina, ov- Che ruolo avevi a Bamberg? viamente, che è un allenatore di gran“Dovevo giocare in diverse posizioni, de esperienza. Ascolterò e sarò aperto essere in grado di segnare, passare la di fronte a persone che sono già state palla, creare opportunità per i miei comattraverso tutto questo e possono trapagni ed essere un playmaker, questo smettermi tanto”.

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“Posso giocare in ruoli diversi, fare cose differenti, questo mi aiuta a stare in campo”

“Il livello di talento in America è più alto, ma qui il gioco è più fisico” REDSHOESMAGAZINE

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O D A c M B BO

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OLIMPIA BIG PLAYERS - 3 Dopo una carriera avventurosa nella NBA, in cui è stato anche MVP oltre che capocannoniere, due titoli vinti con i Lakers, venne a spendere a Milano la parte finale della sua storia. Che è diventata la più esaltante. Anche per lui Robert Allen McAdoo nacque nel 1971 a Greensboro nel North Carolina. Cominciò a fare canestro a quattro anni ed era una promessa già alla David Jones Elementary School dove la mamma Vandalia ha insegnato per tutta la vita. Quando arrivò all’età del liceo, Bob decise di prendere il bus tutti i giorni per sperimentare il concetto di integrazione razziale nel sud degli Stati Uniti. Si iscrisse quindi alla Smith High anziché alla Dudley che era di fatto riservata ai neri.

Il padre Robert sr, che lavorava come custode a North Carolina A&T, un college minore frequentato solo da ragazzi di colore, gli cantava le gesta di Al Attles che poi avrebbe avuto una buona carriera NBA a Golden State successivamente anche come allenatore e manager. Nel suo ultimo anno di liceo McAdoo portò Smith High alla semifinale del torneo dello stato e vinse il titolo di salto in alto valicando i 2.02. Un altro giocatore di basket, il bianco Bobby Jones, finì secondo.

Il suo sogno era giocare in un college della ACC visto che da qualche anno Dean Smith aveva infranto la barriera del colore portando a North Carolina il grande Charlie Scott.

Ma McAdoo non aveva i voti e dovette spendere due anni in un junior college dell’Indiana, Vincennes. Vinse il titolo al primo anno segnando 27 punti in finale. Lo voleva John Wooden a UCLA ma lui voleva giocare a casa. Il padre non stava bene e da sempre sognava di vederlo giocare al college. “Dean Smith mi spiegò cosa avrebbe significato giocare a UNC senza garantirmi un ruolo o

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uno spazio. Era quello che volevo”, raccontò McAdoo al funerale del suo grande maestro.

North Carolina arrivò alla semifinale per il titolo NCAA. A quei tempi nessuno lasciava il college in anticipo e nessuno l’aveva mai fatto a UNC. Fu Smith a decidere per lui. Aveva la possibilità di guadagnare troppo bene perché rinunciasse.

Incredibilmente, venne scelto prima di lui Larue Martin. Con il 2 McAdoo andò ai Buffalo Braves, upstate New York dove dominava nel football addirittura OJ Simpson. Il primo anno McAdoo venne utilizzato da ala, qualche volta ala piccola. La squadra era una tragedia. Insisteva per giocare centro ma sarebbe successo solo a fine stagione.

Nondimeno fu rookie dell’anno. Il nuovo allenatore dei Braves era Jack Ramsay, moderno, pieno di energia e idee. Lo trasformò nel miglior “shooting center” della Lega. 30.6, 34.5, 31.1 le sue medie punti in tre stagioni consecutive. Nel 1974 finì secondo nella classifica dell’MVP e si indignò. Nel 1975 fu MVP e basta.

Buffalo con Ramsay in panchina e McAdoo in campo diventò una delle migliori squadre

della Lega: 42, 49 e 46 vittorie in tre anni con altrettante partecipazioni ai playoffs. Ma qualcosa si ruppe e per McAdoo fu l’inizio della parte buia, enigmatica, misteriosa della sua carriera. Si sentiva sottopagato e cominciò a farlo sapere. Venne accusato di aver ingigantito le dimensioni di un infortunio. Un affronto. Il 9 dicembre del 1976 fu scambiato ai New York Knicks, ansiosi di tornare al vertice, come al solito attratti dalle grandi star.

I Knicks avevano talento, McAdoo, Spencer Haywood, Micheal Ray Richardson, Ray Williams ma erano tutte star problematiche.

Ironicamente per avere McAdoo, i Knicks mandarono a Buffalo un certo John Gianelli che l’avrebbe preceduto a Milano. Giocò 171 partite a New York con 26.1 punti e 12.0 rimbalzi di media. I Knicks fecero i playoffs solo nel 1978. Nel febbraio del 1979 venne ceduto a Boston e sette mesi dopo si ritrovò a Detroit. I Celtics firmarono ML Carr come free-agent. A quei tempi si doveva compensare: i club si incontrarono e i Pistons accettarono di ricevere McAdoo girando ai Celtics (una rapina!) due prime scelte del 1980.

Quelle due scelte sarebbero servite ai Celtics per avere da Golden State Kevin McHale e Robert Parish. I Warriors le usarono per Joe Barry Carroll e Rickey Brown. L’Olimpia nel destino.

Ancora.

Bob McAdoo ha vinto due volte il titolo europeo a Milano 28

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A Detroit andò peggio, venne tagliato, firmato dai Nets dove rimase fino al Natale del 1984 quando Bill Sharman, il general manager dei Lakers, decise di acquistarlo per il suo squadrone.

Con questa pessima reputazione, approdò ai Lakers dello Showtime: ingoiò

per il bene comune l’onta della panchina ovvero un ruolo da sesto uomo che però gli calzava a pennello. Pat Riley usava il muscolare Kurt Rambis in quintetto e McAdoo nella seconda unità poteva sprigionare il suo talento offensivo. “Abbiamo preso McAdoo – disse Riley – valutando tutti i pro e i contro, abbiamo una squadra troppo forte per esIl classico tiro libero “in sospensione” di McAdoo sere rovinata da un giocatore”. In pratito a proteggersi da Albert King, che gli corca, McAdoo sapeva di non poter sgarrare e re accanto alla sua sinistra, si volta senza non lo fece. Vinse due titoli prima di ritrovarsi capire come abbia fatto la palla a sfuggirgli a Philadelphia, ma ormai a fine carriera, e di mano. In quel momento, come un siluro, finalmente a Milano. In Italia si sarebbe riMcAdoo completa il tuffo tra le braccia di costruito tutto, anche oltre i quattro anni di operatori tv, fotografi e tifosi appollaiati tutti Milano in cui vinse tutto, “vivendo i suoi anni sulla linea di fondo. “So che se ne parla anmigliori” come dice sempre Mike D’Antoni. I cora – dice McAdoo – fu una giocata atipica Sixers lo chiamarono di nuovo quando aveperché ammetto che in tanti anni di NBA non va già firmato per Milano, ma non trovarono avevo mai fatto nulla di simile. Non so cosa terreno fertile. Bob era un uomo di parola. sia scattato”. “Eravamo abituati alle sue In quattro anni a Milano, McAdoo vinse due Coppe dei Campioni (la seconda nel 1988 con Franco Casalini in panchina al posto di Dan Peterson), due scudetti, una Coppa Italia. L’ultimo scudetto fu quello della bolgia di Livorno.

In gara 5, sull’80-72 per Milano, Livorno tornò a meno tre e aveva Alberto Tonut in contropiede dopo una palla persa da D’Antoni. Nessuno in quel momento realizzò che il tuffo con cui McAdoo gli deviò la palla oltre la linea laterale sarebbe diventato probabilmente il singolo atto più famoso nella storia dell’Olimpia o dell’intero basket italiano. La bellezza del gesto è indescrivibile, il cuore ancora di più. La sorpresa è di Tonut: inten-

gesta, a cose incredibili, lo vedevamo tutti i giorni in allenamento quindi sul momento l’ho archiviato come un’altra grande giocata di Bob, per quanto inusuale per lui – dice Casalini – E’ dopo, a mente fredda, che resti basito”.

Dopo Milano, McAdoo avrebbe giocato a Forlì e poi addirittura due partite a Fabriano a carriera finita. Nel 1991 perse la moglie Charlina, un’ex Laker Girl che aveva fondato il “Dance Team” dell’Olimpia, il primo, assieme a Laurel D’Antoni. A Forlì avrebbe poi conosciuto e sposato Patrizia che con lui sarebbe rientrata negli Stati Uniti dove ha avuto una buona carriera da assistente allenatore dei Miami Heat, voluto ancora da Pat Riley, una storia che continua ancora oggi.

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