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Måra Traumane La linea comune dei comunicatori visivi

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Date un’occhiata da vicino al progetto della mostra “la Riga” e vi accorgerete di qualcosa di molto insolito nella scena dell’arte contemporanea: è la mostra di una certa scuola di artisti. Significa che, proprio come nel Medioevo o durante il Rinascimento, i protagonisti dell’esposizione non utilizzano solamente lo stesso medium, il DV in questo caso, ma pure la stessa formazione scolastica e la medesima interpretazione dei princìpi guida dei processi di produzione dell’arte. Quasi tutti i partecipanti de “la Riga” hanno studiato al Dipartimento di comunicazione visiva (VKN) dell’Accademia d’arte lettone che, a partire da metà degli anni novanta, è divenuto un autorevole e indipendente centro di istruzione creativa. Oggi, se andassimo a sbirciare le biografie degli artisti della generazione più giovane, il VKN sarebbe la voce più comune nei titoli di studio. Essendo in qualche modo una sorta di workshop, il VKN è stato in accademia il primo dipartimento a introdurre un corso sistematico di computer e a invitare come docenti di arte e media un certo numero di importanti artisti lettoni: Kristaps Ìelzis, Raitis Ímits e altri. Visitando la sede del VKN ci si potrebbe imbattere in un oggetto di colore arancio ad ogni angolo (che sia un appendiabiti o una web camera, non importa): sono le prove dell’appartenenza di questo territorio al regno incontrastato del capo dipartimento, l’artista Ojårs Pétersons. Comunque non è ancora precisamente definito ciò che potrebbe essere in realtà la comunicazione visiva. Pétersons talvolta dichiara che non è escluso che un giorno potrebbero essere istituiti anche un Dipartimento di verità virtuale o una Scuola di comunicazione manuale. La stessa idea di scuola è anche un concetto molto poetico, se riferito al contesto della relazione tra un certo punto geografico (Riga) e un dato tempo (la fine degli anni novanta e l’inizio del nuovo millennio). Sembra molto indicativo il fatto che i primi studenti del VKN a utilizzare il DV (i futuri membri di F5) lo fecero nel 1997 durante la partecipazione a un workshop sul multimedia, dove gli esperimenti di generazione e di trasmissione dei suoni erano altrettanto importanti quanto quelli di creare immagini in movimento. Il debutto in ambito multimediale pare che abbia dato l’avvio a un vero e proprio nuovo movimento tra i giovani artisti di Riga dediti a processi collocati al di fuori dei confini convenzionali dell’arte visiva: il suono, il web, il cityscape. Ci sono nuovi aspetti di cui tenere conto – la varietà e l’apertura delle realtà associative, la rapida crescita della rete e il nuovo gergo delle tecnologie dove, per esempio, “capturing”, “mixing” e “looping” sono elementi comuni sia del lessico di uno studente d’arte che del linguaggio di un musicista contemporaneo. Gli effetti del suono, l’estetica delle sottoculture e le idee dei nuovi media possono essere osservati in diversi progetti artistici: in “99% svaigs” (Linards Kulless, Voldemars Johansons), nel progetto di radio in rete “Rigasound” (www.xxx), nella produzione VJ degli F5 (Lîga Marcinkeviça, Ieva Rubeze, Martins Ratniks, Ervîns Broks, RenarsKrümiñß, Felikss Zîders), nella loro pubblicazione video “Time to Jack”, dedicata alla tape-art e alla house music, o nelle numerose citazioni di elementi di cultura urbana (break, hip-hop). Nello stesso modo, in lavori individuali come quello dei passanti aggrovigliati nel ritmo della musica in “Outskirts” di Katrina Neiburga o quello intriso di linguaggio industrial dei film di Ìirts Korps. L’interesse verso lo spazio al di fuori dell’arte ha causato non solo un cambiamento di strumenti e di estetica, ma anche l’adozione di nuovi metodi e soggetti, come dimostrato nel progetto “Teashroom” (aperto; Katrîna Neiburga, Péteris imelis). Un altrettanto spassoso e penetrante studio ha luogo anche nel successivo lavoro di Katrîna Neiburga, “What’s in the Girls’ Handbags”. Per altri aspetti, questi artisti sono uniti dal medium. Il DV con la sua principale caratteristica, la comodità (e convenienza) ha infine messo in atto il principio del medium come messaggio invece della qualità per se. “La Riga” e il gruppo del VKN differiscono dai predecessori e dalla scena video-cinematografica contemporanea a prevalenza narrativa. La nostalgica materialità del film, i suoi cliché negli effetti di luce e di colore sono esclusi dai loro fotogrammi. Le opere di questi artisti sono caratterizzate da una spesso concentrata qualità concettuale, in cui ciò che si sta filmando è più importante del come. Questo codice può essere individuato in alcuni video di Lîga Marcinkeviça, Kristîne Kursißa, Félikss Zîders, Renårs Krümiñß, Monika Pormale. Altre volte, tuttavia, le capacità formali del DV si svelano attraverso l’uso di computer o di attrezzature cinematografiche (“And Others” di Ieva Rubeze, i lavori di Ervins Broks e F5, “1 second-24 frames” di Renars Krümiñß, “Face to Face With the Enemy” di Dace DΩeriña). L’idea che sta dietro queste opere è probabilmente un aspetto caratteristico non solo della scuola, ma anche di un’intera generazione. La capacità di registrare rapidamente e facilmente permette loro di catturare il momento, ma li grava anche della necessità di un messaggio concettuale. A un estraneo sentir parlare di generazioni dentro “la Riga” potrebbe sembrare uno scherzo, ma pare che le generazioni del VKN possano essere separate solo da un anno o due. La fine degli anni novanta appare ora come storia leggendaria, l’invito della prima generazione (F5) alla 25ª Biennale di San Paolo – benché inatteso – sembra naturale. Se il confine tra uno studente e un artista sia tangibile, spetta al visitatore de “la Riga” giudicare. Ma c’è un conflitto generazionale in questo caso? Apparentemente no.


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