Il lungo cammino della riforma

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13.2. Parola d’ordine: coprogettare L’efficacia della politica sociale dipenderà dall’esistenza di un quadro stabile di concertazione e l’efficienza della Pubblica Amministrazione dalla capacità di far collaborare in rete le strutture pubbliche con quelle della società civile, garantendo un coordinamento efficace tra aspetti gerarchici, collaborativi e di progettazione. Nel prossimo triennio, inizierà un processo di accreditamento sostanziale dei soggetti non istituzionali. Ma la nascita di un sistema di programmazione concertata dei servizi sociali, che interessi anche quei territori dove tale prassi risulta quasi completamente assente, andrà pienamente a regime, nelle procedure e nei ruoli, solo dopo il 2005. Le difficoltà maggiori saranno nella mancanza di abitudine a lavorare in équipe e nell’assenza di una cultura ed un linguaggio comune della progettazione e gestione degli interventi. Emergeranno, in particolare, pericoli di confusione tra programmazione e concertazione, tra programmazione e coprogettazione. Per fronteggiare questo rischio, si lavorerà alle forme di incontro e di successivo coinvolgimento delle organizzazioni del terzo settore. Per queste ultime, la concertazione rappresenterà una reale opportunità per passare da interventi episodici e frammentari alla progettazione/programmazione dei servizi, con attenzione alla qualità delle prestazioni. In questa direzione, il terzo settore sarà spinto a dotarsi di rappresentanze fortemente e chiaramente legittimate. Ma continuerà lo stesso a presentarsi ai tavoli di progettazione in modo frammentato, senza capacità di coordinamento e di autorevole rappresentatività. L’insufficiente capacità di auto-rappresentanza, pienamente legittimata, del terzo settore dipenderà dall’assenza di un processo di consolidamento delle proprie rappresentanze condiviso da tutte le organizzazioni che operano al suo interno e dal fatto che non sempre ed in ugual misura esse vedranno riconosciuto il proprio peso politico da parte delle PP.AA.. Ciò costituirà un ostacolo alla concertazione tra il pubblico ed il privato sociale, tanto che il confronto propedeutico alla programmazione partecipata tra i soggetti del terzo settore e le Istituzioni avverrà proprio sul tema delle rappresentanze dei soggetti che prenderanno parte alla concertazione. 13.3. Binari di collaborazione Il modo in cui evolverà il rapporto fra Enti pubblici e soggetti non istituzionali dipenderà dalla volontà dei primi di “mettersi in gioco”, in una prospettiva di collaborazione ed integrazione con i soggetti non istituzionali, e dalla capacità dei secondi di tenere distinto il piano della concertazione e collaborazione sugli obiettivi, da quello dell’eventuale ruolo di erogatori dei servizi sociali per conto del sistema pubblico. La promozione di partnership tra il pubblico ed il privato sociale si scontrerà infatti con la persistente diffidenza da parte di molte Amministrazioni nei confronti di un terzo settore giudicato “interessato” più alla gestione che alla pianificazione degli interventi sociali. Nel complesso, il rapporto fra Enti pubblici e soggetti non istituzionali evolverà in modo collaborativo e non sarà di tipo clientelare. L’attuazione della riforma assistenziale determinerà un salto di qualità nella capacità dei sindacati e dei soggetti del terzo settore di confrontarsi con le Istituzioni. Tuttavia, permarrà la difficoltà degli Enti pubblici ad entrare in contatto con le organizzazioni di volontariato ed a lavorare con esse alla realizzazione di progetti di intervento sociale. Il dibattito tra soggetti pubblici e soggetti non istituzionali si incentrerà sulle forme di gestione. E riguarderà, in particolare: - il ruolo del terzo settore; - l’acquisto diretto delle prestazioni da parte dei cittadini; - l’esternalizzazione dei servizi, con finanziamento da parte dell’Ente pubblico. 13.3.1. Attriti ed Accordi Nel breve periodo, non mancheranno punti di attrito nella programmazione dei servizi sociali tra Enti pubblici e soggetti non istituzionali. In particolare, una forte identità ed omogeneità di vedute si realizzerà nelle visioni ideali, sul piano degli orientamenti progettuali, ma non nel concreto, al momento della realizzazione dei diversi tipi di intervento. Così, mentre si verificherà un accordo sostanziale sulle parole-chiave e sugli obiettivi generali, problemi emergeranno invece nella declinazione di questi obiettivi nelle diverse politiche e nell’individuazione degli strumenti e dei mezzi più idonei al loro raggiungimento. I punti di disaccordo fra Enti pubblici e soggetti non istituzionali interesseranno, nello specifico, le forme di aggiudicazione, i criteri di accreditamento dei soggetti gestori e le regole di affidamento dei servizi alla persona. Gli ambiti di conflittualità riguarderanno motivazioni, procedure, tempi ed itinerari metodologici, nonché la necessità di investimenti consistenti per la continuità e la stabilità dei servizi, da fornire con strutture ed attrezzature idonee e personale qualificato. Sul tema delle risorse umane, l’accordo tra Enti pubblici e soggetti del terzo settore si realizzerà sulla formazione del personale, ma non sulla gestione equa e qualitativa delle risorse. Motivo di divergenza sarà inoltre la resistenza delle PP.AA. al cambiamento e a condividere il ruolo di indirizzo e controllo del sistema integrato di interventi e servizi sociali.

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