DOSSIER SANT'APOLLINARE 2015

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Si deve all’intuizione e all’imprenditorialità di Italo Mastrobiso la rinascita della spiaggia nel dopoguerra. L’idea di un lido attrezzato maturò nella mente del ragioniere brindisino durante le sue passeggiate sul lungomare del porto e si concretizzò grazie all’aiuto di altri sette concittadini (tra i quali i rappresentanti più in vista delle famiglie Titi e Tarantini e i cugini don Ugo e don Vitantonio Guadalupi). L’accordo fu ufficializzato con la costituzione d’una Società. Probabilmente non ci sarebbe stato bisogno nemmeno di una Società, visti i tempi che correvano e i galantuomini chiamati a costituirla. Primo tra tutti il ragioniere Mastrobiso (foto a lato). Una figura che, a giudicare dall’aspetto, appariva come un personaggio d’inizio Novecento approdato chissà come sulle rive di una Sant’Apollinare degli anni Cinquanta. Fin dal primo momento il Mastrobiso non si ritenne solo un imprenditore. Comprese infatti che, a causa della frequentazione di una clientela che travalicava i confini provinciali e - grazie a un eccezionale flusso turistico - anche quelli nazionali, la nascita e poi la gestione della struttura lo investiva d’una sorta di funzione istituzionale. Questo spiega, in aggiunta all’innata riservatezza del carattere, quel suo abbigliamento certamente anomalo per un luogo vacanziero. Il ragioniere girava infatti per la “sua” spiaggia con una candida camicia bianca su cui spiccavano le inseparabili bretelle. Non di rado indossava disinvoltamente anche giacca e cravatta! L’unica eccentricità era costituita dalle scarpe (non sandali!) prive di calze. In tal modo, al riparo del fresco panama e degli occhiali scuri, seduto sulla poltroncina di vimini, dalla rotonda spingeva lo sguardo su quel mare che, come l’arenile, considerava un po’ suo. E mentre fantasticava progetti ancora più grandi, a tenergli buona compagnia c’era il vocio gioioso dei “suoi” bagnanti che, come una musica, si levava nel cielo di una Brindisi a quel tempo magica. Il progetto del lido, redatto dall’ing. Casamassima, prevedeva la costruzione di una rotonda centrale e due semicerchi di cabine che dal Canale Pigonati arrivassero fin sotto la villa Monticelli. Approvato dal Demanio e ottenuta la concessione dalla Capitaneria di Porto, già nel 1946 i lavori furono avviati e conclusi con l’inaugurazione dell’ala a ovest della rotonda: complessivamente 110 cabine con veranda fronte mare e 50 cabine sul lato retrostante. L’anno successivo fu completato anche il versante orientale, in direzione della villa Monticelli. Al centro della spiaggia, quasi prospiciente la rotonda, fu realizzato un pontile in legno per l’attracco delle barche e dei vaporetti. L’ottima gestione della spiaggia è rimasta per quasi trent’anni in mano alla famiglia Mastrobiso. Il traghettamento Per recarsi allo stabilimento balneare era necessario raggiungere la banchina - carichi di tutto il necessario per trascorrervi un’intera giornata! - nei pressi dei giardinetti di Piazza Vittorio Emanuele. Da qui, infatti, partivano le barche dirette alla spiaggia. Così Domenico Faraselli ricorda i preparativi e il “viaggio” fino a Santa Pulinara: “Mia madre era solita alzarsi prima delle cinque per preparare il pranzo da portare in spiaggia: melanzane ripiene, riso patate e cozze, la "tajedda" e tutto ciò che la meravigliosa cucina brindisina sapeva offrire. Non mancavano "li piscuètti", "li cacchitieddi cu lu pepi o cu lu finucchieddu". Verso le sette si usciva da casa per prendere la corriera di Moretto che da Via Sicilia (rione Commenda) portava “abbasciu alla marina", ovvero al capolinea accanto alla Capitaneria di Porto. Da qui si sceglieva l’imbarcazione che, in pochi minuti, ci trasportava fino al pontile della spiaggia”. Le motobarche, o vaporetti, erano le più numerose, veloci ma talmente “fumose” che si giungeva in spiaggia con i polmoni saturi degli effluvi della nafta. Il costo della corsa era di 10 lire. “La più grande, distinguibile per la poppa tonda - ricorda Roberto Aiello - era la Sant’Antonio, di proprietà della famiglia De Simone. Le imbarcazioni, con più fermate, raggiungevano, nell’ ordine, le spiagge di Sant’Apollinare, della Pineta (proprio sotto la villa Monticelli) e di Fiume Piccolo, la spiaggia più economica posta poco oltre il promontorio di Punta delle Terrare”. C’erano poi le motobarche che, nel tempo, sono appartenute a Vicienzi Guadalupi (detto “Vicienzi di Luca”), tutte intestate alle sue figliole: Jole, Giuseppina, Antonietta… Non aveva problemi il buon Vicienzi a dare alle sue barche il nome delle figlie, visto che ne aveva avute sedici (quelle dichiarate…). E nessun figlio maschio!

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