NIP #17 Novembre 2013

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Periodico bimestrale, Registro Tribunale di Pisa n° 612/2012, 7/12 “Network in Progress” #17 Novembre/Dicembre2013


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Enrico Falqui_ enricofalqui@nipmagazine.it Direttore Responsabile

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Valerio Massaro_valeriomassaro@nipmagazine.it Direttore Creativo

Francesca Calamita_ francescacalamita@nipmagazine.it Responsabile eventi, attività culturali e tirocini

Paola Pavoni_ paolapavoni@nipmagazine.it Responsabile network culturale

Vanessa Lastrucci_ vanessalastrucci@nipmagazine.it Responsabile Social Networks Hanno collaborato con NIP: Ludovica Marinaro, Luca Casarano

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Casa Editrice: ETS, P.za Carrara 16/19, Pisa Legale rappresentante Casa Editrice: Mirella Mannucci Borghini

Network in Progress Iscritta al Registro della stampa al Tribunale di Pisa n° 612/2012, periodico bimestrale, 7/12 “Network in Progress” ISSN 2281-1176

UpperStudio Anno: 2013 http://www.upperstudio.it/ Editing and graphics: Valerio Massaro Vanessa Lastrucci


Editoriale GIOVENTÙ BRUCIATA

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uando, nel 1975, tenni la mia prima lezione, presso la Facoltà di Architettura di Firenze, avevo il tempo di suonare in un gruppo rock, manifestare davanti alle “Officine Galileo” (storica fabbrica fiorentina), occupare S. Orsola (edificio ancora oggi dismesso nel cuore di Firenze), scrivere racconti di dubbia qualità e mai pubblicati; come la maggior parte dei giovani “aspiranti” alla carriera universitaria, avevamo tutti la sensazione di poter vivere tranquillamente, a condizione di non passare da qualche bevuta tra ami-

ci nei locali del quartiere di S. Croce, alle droghe pesanti che già circolavano con assidua e quotidiana pericolosità nei circuiti giovanili dell’epoca.

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vevo anche un lavoro estivo (presso il mercato di S. Lorenzo) e guadagnavo quanto mio padre.

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hi ha quasi trent’anni oggi, come io avevo nel 1975, guarda il futuro dal “buco” della serratura, al di là della quale vi è un buio assoluto, che nessuna luce riuscirà a illuminare.

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on una disoccupazione giovanile che ri-

guarda ormai un giovane su tre ed un’inoccupazione che sfiora il 50% della popolazione giovanile, chi può, fugge dall’Italia, verso Inghilterra, Germania, Svezia, Danimarca, dove più alte sono le possibilità di soddisfare il sogno di farsi un futuro degno di essere vissuto, in modo libero e indipendente.

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n Italia, accade anche che la fascia d’età tra i 16-30 anni che, alla fine della Prima Repubblica (1991) contava circa 15 milioni e mezzo di persone, sia passata a poco più di 9 milioni; mentre, la fascia d’età 60-74 anni, che nel 1991 arrivava a poco più


di 8 milioni, sia passata a oltre 10 milioni. Secondo un docente della Bocconi di Milano, Alessandro Rosina, questo rapporto tra le due classi di età (giovanile, anziana) ha un peso relativo tra i più bassi del Mondo e costituisce una delle cause fondamentali del declino del nostro paese. La condizione giovanile, se si analizzano le statistiche che oggi vengono utilizzate per manipolare il consenso della pubblica opinione, è indifferente alla maggioranza della popolazione e a chi la governa, perché è un’assoluta minoranza, che incide marginalmente nella costruzione del consenso

elettorale per chi intenda governare questo Paese. Solo una classe politica lungimarante (che in Italia, al momento, non esiste più) avrebbe la capacità di comprendere che, invece, è proprio su questa minoranza che dovrebbero essere tarati gli investimenti per la ricerca, per l’innovazione tecnologica, per la sburocratizzazione dello Stato, per la creazione di un’economia che produce qualità nei prodotti, nei consumi, nel territorio e nelle città dove abitiamo.

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eppe Severgnini, giornalista milanese che ha vissuto molti anni in Inghilterra e negli Stati Uniti,

ci avverte che va cambiata la concezione del lavoro, nella società globalizzata in cui viviamo.

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a qualità del prodotto del lavoro umano, nella società contemporanea, ha bisogno di conoscenze e saperi, anche nelle attività della Pubblica Amministrazione e dell’Industria; in Italia, invece, la “bassa qualificazione” professionale permette ancora di svolgere lavori che, nella maggior parte dei paesi europei,vengono svolti solo da laureati o da tecnici diplomati.

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on basta più, come si ascolta dai mille Solo-


ni che sproloquiano sugli schermi televisivi pressoché quotidianamente, rimettere al centro della Politica, il Lavoro; bisogna avere il coraggio anche di dire che ci vogliono nuove figure professionali, nuove qualificazioni per svolgere certe mansioni nell’industria e nella pubblica amministrazione, senza le quali la produttività di questo Lavoro rimarrà bassa e incapace di competere con gli altri Paesi. Così come bisogna avere il coraggio di dire che sono stati buttati al vento le risorse attribuite per vent’anni dall’UE alle Regioni per la formazione professionale, che, oggi in

Italia, serve solo a dare occupazione a chi insegna, senza aver elevato di un millimetro il patrimonio di conoscenze necessarie non solo a chi deve essere riconvertito a un altro lavoro, quanto soprattutto a chi deve essere aggiornato costantemente per essere all’altezza dei rapidissimi cambiamenti imposti all’economia nell’uso delle nuove tecnologie.

tarie e non) non servono. Dare lavoro ai capaci e meritevoli, significa anche disboscare quella giungla di attività che, a causa di questo ritardo culturale della nostra società nel capire che il mondo è cambiato, continuano a produrre servizi, merci, consumi, modelli culturali di infima qualità, distruggendo le basi future dello sviluppo di questo Paese.

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olti giovani fuggono dall’Italia anche per questi motivi, non solo perché manca lavoro ma soprattutto, guardando in prospettiva, perché in Italia le loro qualificazioni professionali (universi-

a i giovani di oggi, che usano le tecnologie informatiche e della comunicazione, stanno imparando a fare da sé dentro la società reale che è loro ostile. Così come hanno creato dal nulla for-


me di protesta innovative, molti di loro stanno creando forme di commercio, letteratura e arte che si sviluppano all’ombra della contrazione del Pil e della crisi del debito.

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ossono acquisire rapidamente un livello di conoscenza che le precedenti generazioni raggiungevano soltanto al termine di un lungo processo educativo e di esperienza di vita. Ora tutto ciò di cui hanno bisogno è un modello economico che sappia sfruttare il potenziale umano creato dalle tecnologie e che, esaurito il ciclo economico-culturale del 900, favorisca le

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politiche di sviluppo fondate sulla sostenibilità del territorio e sul rinnovamento radicale della qualità urbana nelle città in cui viviamo, sradicando quella cattiva coscienza di una civiltà in declino, che ha bloccato l’Italia per 25 anni, il tempo di una generazione.

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orrei che ci fosse un solo giorno, in cui io non debba sentirmi così confuso e non debba provare la sensazione di vergognarmi di tutto, così dice ai suoi amici ribelli James Dean nel celebre film di Nicholas Ray (1956), incitandoli a prendere coscienza che un mondo era

finito e che loro avevano il diritto di prendere nelle loro mani il proprio destino. Da allora, nel Mondo, tutto cambiò. Enrico Falqui


Contents

#17 RUBRICHE

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La lunga strada di sabbia a cura di Enrico Falqui

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Architettura che ci piace p Una piazza per tutti a cura di Sociolab

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FOCUS ON

La pratica della partecipazione di Elena Mortola INTERVISTA

perduta e la città informale 35 L’identità Viaggio attraverso gli Italian Slum

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intevista a ZaLab a cura di Vanessa Lastrucci

47 I paesaggi partecipati

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IL PROGETTO

Un impegno di tantotempofa per tantotempoancora! di Giorgio Pizziolo e Rita Micarelli

architecture workshop 57 KAD_Travelling Architecture for kids with kids CREATIVITÀ URBANA

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di Simona Paplauskaite

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Il crowdfounding civico a supporto di progetti urbani partecipati di Romina Peritore LE RECENSIONI

_il libro_ Terracarne Viaggio nei paesi invisibili e nei paesi giganti del sud Italia di Ludovica Marinaro

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Copertina originale a cura di

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Enrico Falqui Direttore responsabile di Network in Progress, docente presso l’Università degli Studi di Firenze, Direttore del laboratorio di ricerca in Architettura ed Ecologia del paesaggio (Lab AEP), DIDA, Dipartimento di Architettura dell’Università degli Studi di Firenze


La lunga strada di Sabbia a cura di Enrico Falqui

“ll vangelo è e sarà l'occasione per riparlare di cosa sta accadendo in questo nostro amato mediterraneo, in questa solinga e assolata Puglia.” La lunga strada di sabbia 1957 Pasolini 11


Gravina “Al di là del ponte si trova il centro della città, una piazza affollata verso sera come in un giorno di Festa. E una calca di uomini vestiti di nero e ragazzi disegnati con il diamante e il carbone. Attorno a questa piazza si aggrovigliano, come viscere i vicoli e le stradine scoscese, attraverso cui si regrediscono fino nel cuore del tempo. Il puro medioevo, intorno.” Pierpaolo Pasolini 1957, La lunga strada di Sabbia.



Architettura che ci piace/ non ci piace

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egli ultimi anni Scandicci ha dimostrato di essere una delle realtà più dinamiche dell’area fiorentina, dal punto di vista sia socio economico sia urbanistico. Molti sono stati gli interventi realizzati ed in corso di realizzazione nel Comune, dal nuovo Centro Rogers, alla riqualificazione di spazi come Piazza Matteotti fino alla nuova tramvia che ha contribuito a spostare verso Scandicci molte nuove famiglie in cerca di prezzi più bassi per l’abitare e una maggiore qualità della vita.

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n questo contesto si inquadra la scelta dell’Amministrazione di avviare un percorso di partecipazione volto a riqualificare Piazza Togliatti, la piazza del mercato di Scandicci, storicamente pun-

to d’incontro nevralgico del centro seppur attualmente percepita come area in decadenza. Grazie al finanziamento della legge regionale 69/07 il Comune di Scandicci ha incaricato Sociolab, cooperativa fiorentina esperta in partecipazione, di ascoltare cittadini e portatori di interesse per individuare linee guida e raccomandazioni volte alla futura riqualificazione della piazza. Così è nato il percorso “La città in piazza”, inserito nella fase embrionale della progettazione con l’obiettivo, non di partorire una nuova progettazione della piazza ma di avviare una discussione e una condivisione di obiettivi che aiutino l’Amministrazione e i professionisti che lavoreranno nella futura riqualificazione della piazza, a fare scelte e a prendere decisioni migliori,


Architettura che ci piace/ non ci piace sia per la “forma” che per le “funzioni” che assumerà la futura piazza. er questo sono stati organizzati laboraP tori che si sono susseguiti da giugno a settembre, impiegando metodi diversi -

dal workshop, al focus group, al planning for real - che sono riusciti a far emergere attraverso momenti di lavoro strutturato volto al confronto tra cittadini e stakeholder, soluzioni in grado di coniugare la riqualificazione degli spazi con le diverse esigenze di accessibilità e soprattutto con le numerose funzioni che la piazza ha ospitato e dovrà accogliere nel futuro: dal mercato al centro giovani fino alle nuove funzioni per l’aggregazione e il gioco dei più piccoli.

cittadini, che hanno preso parte al perIPiazza corso di partecipazione, pensano che Togliatti sia un luogo con grandi

potenzialità, ma con la necessità di una riqualificazione accurata. Riorganizzare la distribuzione delle funzioni nella piazza e incoraggiare la socializzazione e l’incontro tra i diversi frequentatori farebbe di piazza Togliatti una piazza per tutti. Sulla base degli esiti delle attività di partecipazione, è stato possibile individuare tre livelli di raccomandazioni. Da un lato, i cittadini hanno formulato criteri in grado di guidare una progettazione tecnica che sia anche “a misura di cittadino”, quali l’inserimen-

to armonico nella pianificazione della città; la massima accessibilità; la convivenza pacifica tra le diverse funzioni e i diversi frequentatori; l’incoraggiamento alla socializzazione e all’aggregazione nell’uso degli spazi pubblici. Dall’altro sono state indicate priorità per l’uso degli spazi e delle funzioni, quali la particolare attenzione all’ampliamento e all’arricchimento delle aree verdi e la volontà di tutelare e riorganizzare importanti funzioni esistenti, quali il mercato, e affiancandole a spazi e momenti in grado di facilitare l’aggregazione cittadina. i può dire che La città in piazza è stata S una grande scommessa vinta, non solo per il numero di partecipanti (circa 300 tra

luglio e settembre) e il consolidamento del rapporto stretto fra amministrati e amministratori, entrambi aspetti considerevoli in un momento difficile per la politica, ma anche per la qualità stessa della discussione, per la capacità critica e la consapevolezza con la quale gli abitanti, i commercianti della zona, i cittadini di aree limitrofe, i giovani e gli anziani sono riusciti ad elaborare, grazie ad un metodo innovativo che favorisce il dialogo e l’ascolto reciproco, proposte concernenti scelte pubbliche precise e condivise.

a cura di

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www.sociolab.it


Alberobello “Cosa c'è di più bello della danza che vibra nei paesaggi mediterranei, che si modella delle armonie delle case bianche e delle viuzze sinuose tra i capperi...” Pierpaolo Pasolini 1957, La lunga strada di Sabbia.



ELENA MORTOLA Ha insegnato Metodologia Progettuale e CAAD presso l’Università di Roma La Sapienza (1883-1992). Dal 1993 insegna Progettazione Architettonica Assistita dal Computer nell’Università Roma Tre, dove ha coordinato il Master internazionale di II livello Progettazione Interattiva Sostenibile e Multimedialità (PISM). Ha collaborato con molte Università italiane e straniere e ha svolto numerose ricerche ed esperienze professionali nel campo della progettazione partecipata.


LA PRATICA DELLA PARTECIPAZIONE di Elena Mortola

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LE RADICI DELLA PARTECIPAZIONE E URBAN DESIGN

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hiamiamo per semplicità partecipazione1 quel filo conduttore che, nelle attività di studio e progettazione della città degli ultimi cento anni, evidenzia chiaramente l’interesse e l’importanza di mettere al centro le esigenze dell’uomo in continua evoluzione ma profondamente radicate nella storia. Se non collegassimo esplicitamente il concetto di partecipazione a quello di città, intesa come spazio di vita dell’uomo, rischieremmo di circoscrivere il discorso a un elenco di metodi e procedure (vedi allegato A) che cercano di rendere i cittadini protagonisti della trasformazione urbana senza renderli di fatto consapevoli dei processi di crescita della città e dei suoi valori. Nel libro Partecipazione e ICT2 si illustra il percorso di conoscenza di alcuni urbanisti e studiosi del secolo scorso che, considerando la progettazione urbana come attività al servizio del benessere dell’uomo, hanno cercato di individuare concretamente qualche via

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efficace per dare vita ad azioni plurali e cooperative, concentrando l’attenzione sulla capacità effettiva di governare i processi con regole e progetti immediatamente pertinenti ed efficaci, dove la partecipazione diretta dei cittadini svolge spesso un ruolo fondamentale. Si segnalano i precursori: Patrik Geddes e Lewis Mumford e l’Advocacy Planning. Nel dopoguerra tra gli esponenti dell’urban design che si occupano (o si sono occupati) di partecipazione possiamo citare Gordon Cullen, Jan Gehl, Christopher Alexander, Kevin Lynch, Giancarlo de Carlo, il Team 10, Peter Calthorpe e Andres Duany. Dalla fine degli anni ’80 le tematiche della partecipazione s’intrecciano con l’interesse per la salvaguardia dell’ambiente naturale e per uno sviluppo sostenibile. Possiamo citare Ian L. McHarg, N. John Habraken e Lucien Kroll. New Urbanism, che nasce nel 1970, è un movimento di progettazione urbana che promuove quartieri a misura di pedone, è strettamente re-


lazionato al regionalismo, all’ambientalismo e al concetto di smart growth. Il Collaborative Planning è nato negli Stati Uniti nel 1995 come risposta alle inadeguate tecniche di partecipazione tradizionali e per offrire reali opportunità agli abitanti di partecipare alle decisioni.

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n Italia le prime esperienze di progettazione partecipata risalgono alla fine degli anni ’80. Queste esperienze sono diverse per importanza e natura: alcune sono state promosse da amministrazioni locali (più spesso Comuni, meno frequentemente Provincie e Regioni), altre da associazioni ed enti, pubblici e privati (Università, INU, WWF, Italia Nostra, ecc.); altre ancora da associazioni o comitati di quartiere. Le città dove sono state sviluppate le esperienze più significative, soprattutto negli anni ’90 e all’inizio del nuovo secolo sono Torino, Milano, Firenze, Roma, Napoli e Bari.

Non è possibile elencare o descrivere in questa sede queste esperienze: nei testi seguenti è possibile trovare la descrizione di una parte di esse: Sclavi, 2002; Ferraresi, 1994; Balducci 1991,1996; Paba, 1998; Magnaghi, 1998, 2007, 2010; Giangrande, 1998, Giangrande e Mortola 2005; Laino, 2000; Pizziolo e Micarelli, 2003; Borri, 2000; Crosta, 1990; Lorenzo, 1998. Un esempio interessante di progettazione partecipata è quello effettuato da due degli autori di questo libro (Giangrande e Mortola, coordinatore), in quanto membri del gruppo di progettazione che ha vinto la seconda edizione del Concorso Nazionale di Progettazione Partecipata e Comunicativa promosso da INU, WWF, Ministero dei Lavori Pubblici e Ministero dell’Ambiente, per il caso di studio riguardante la riqualificazione del quartiere di Centocelle vecchia.

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IL METODO DI PROGETTAZIONE INTERATTIVA ISPIRATO ALLE TEORIE DI ALEXANDER

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upponiamo di aver condotto un'indagine/ascolto con l'aiuto di alcuni degli approcci considerati nell’Allegato A, e che abbiamo individuato un numero significativo di parti interessate (stakeholders) o anche semplici persone che vogliono lavorare utilizzando procedure di progettazione partecipata. Gli approcci che devono essere utilizzati per questo scopo sono essenzialmente diversi da quelli già descritti nell’Allegato A. Questi approcci facilitano la partecipazione degli abitanti in un processo il cui obiettivo non è quello di acquisire più informazioni e promuovere la partecipazione attiva degli attori locali, ma piuttosto di progettare nuovi spazi o recuperare spazi esistenti. Il metodo messo a punto da A. Giangrande e E. Mortola (Giangrande, Mortola 2000a, 2000b, 2000c, 2005, 2009, 2011, 2012), ispirato alle teorie di Christopher Alexander inizia con un forum. Dopo aver esaminato il programma progettuale preliminare e la documentazione già acquisita dal forum, i membri del gruppo di lavoro effettuano assieme agli abitanti un sopralluogo accurato dell’ambito per individuare e rappresentare su una mappa tutti gli elementi della ‘wholeness’ - la struttura profonda

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che caratterizza ogni luogo e contribuisce a renderlo ‘vivente’. L’attività successiva consiste nella costruzione del visioning, dello scenario futuro dinamico (SFD) che prefigura i cambiamenti che gli attori territoriali interessati desiderano per i loro spazi di vita. Questa prefigurazione non si riferisce a uno specifico orizzonte temporale, ma è una ‘visione’ genericamente orientata a un futuro lontano che può sempre essere aggiornata in funzione della mutata situazione del contesto. La fase conclusiva del processo consiste nella procedura di unfolding - intesa come processo che trasforma un contesto conservandone la struttura originaria profonda (vedi C. Alexander). In pratica, nell’elaborare il progetto, il gruppo di lavoro dovrà tenere conto sia degli elementi rappresentati della mappa della wholeness, sia delle prefigurazioni dello scenario condiviso. Il gruppo di lavoro pubblica e aggiorna periodicamente sul blog i risultati parziali del processo progettuale. I membri del forum e tutti gli altri cittadini possono in ogni momento accedere al blog per inviare i loro commenti: il gruppo dovrà leggerli per fare tesoro delle critiche ragionevoli e utilizzare i suggerimenti validi per migliorare il progetto.


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RECUPERO URBANO A ROMA: SCELTE STRATEGICHE E IL METODO DI PROGETTAZIONE INTERATTIVA

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stata applicata per il caso di Centocelle vecchia una procedura continua, partecipativa e incrementale che unisce tre approcci ciclicamente collegati: Visioning, Strategic Choice (SC) e A Pattern Language. Secondo i due autori questa procedura completa SC come procedura di pianificazione e progettazione. Come membri di un gruppo che ha vinto un concorso nazionale di progettazione, gli autori hanno utilizzato questa procedura per lo sviluppo di alcune pro-

poste di pianificazione e progettazione per il recupero di Centocelle Vecchia. Come conseguenza di questo successo, il comune di Roma ha dato al gruppo l’incarico di realizzare il progetto preliminare per la riqualificazione del quartiere. Nelle figure 1-5 alcuni elaborati illustrativi. Questo lavoro è ancora in corso. Ultimamente è stato presentato il progetto esecutivo del recupero di via Tor de’Schiavi, la strada principale del quartiere.

Esposizione del quartiere di Centocelle Vecchia

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Spazi pubblici e interventi di moderazione del traffico


Strade verdi e riorganizzazione della sosta

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Recupero edilizio


Guida per gli amministratori e gli abitanti

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Allegato A Ascolto passivo (passive listening) è una delle tecniche per rilevare le esigenze o le aspettative di una popolazione. Ad esempio, il questionario, uno strumento utile anche se a volte è imperfetto.

Passeggiata di quartiere (walks in the neighbourhood). La passeggiata è uno strumento che consente ai tecnici e ai residenti di condividere le informazioni che si trovano nel proprio quartiere.

Ascolto attivo (active listening) è uno strumento formalizzato dagli antropologi che è in grado di favorire la reciproca comprensione tra persone provenienti da diversi background culturali.

Punti di riferimento Sono sportelli aperti al pubblico ubicati all’interno di un’area urbana in fase di trasformazione, con particolare riferimento a progetti complessi che mirano ad una riqualificazione sia fisica sia sociale dell’area stessa. Il termine “punto” fa riferimento sia all’idea di luogo fisico ben identificato, sia alla funzione di “fare il punto” insieme agli abitanti.

Outreach (sensibilizzazione) è un termine generico per una serie di attività che hanno l'obiettivo finale di promuovere le scienze (sia applicate che naturali) al grande pubblico. Animazione sociale (social animation) significa la capacità di diffondere la conoscenza del territorio e le procedure di pianificazione attraverso l’interazione sociale, in accordo con una procedura bottom-up. Animazione territoriale è utilizzata soprattutto nei progetti di sviluppo locale concertati (patti territoriali, progetti integrati, ecc). Con il termine animazione territoriale (o animazione sociale) si intende comunemente tutto ciò che va ad incrementare il grado di sensibilizzazione e di interesse degli attori locali intorno a problemi e strategie che interessano i luoghi di appartenenza. Ricerca-azione o ricerca-azione partecipativa (action research or participatory action research) è una tecnica molto simile a quella di animazione sociale; il suo obiettivo consiste nella partecipazione delle parti interessate in un’analisi dei problemi e nella ricerca di un'azione pratica. 28

I PRINCIPALI METODI PARTECIPATIVI

Tecniche per la costruzione di scenari Hanno lo scopo di facilitare le riflessioni strutturate sui possibili futuri sviluppi di un contesto - ambientale, urbano, sociale, ecc. - da parte di individui che ne fanno parte. La costruzione di scenari è legata al futuro, quando gli interessi particolari e i conflitti hanno perso un po' della loro importanza. L’EASW (European Awareness Scenario Workshop) è nato in Danimarca per trovare un accordo tra le varie parti interessate (stakeholder) all'interno di un ambito locale oppure per l’accordo consensuale a scala più vasta ed è stato adottato ufficialmente nel 1994 dall’ Environment Directorate of the European Commission nel quadro delle politiche volte a promuovere l'innovazione sostenibile in Europa. Action Planning - Piano d’azione - è un metodo che permette di identificare i bisogni e definire i problemi in un contesto locale attraverso il contributo diretto della comunità locale, e di formulare li-


nee guida con coloro che conoscono i problemi, perché si trovano ad affrontarli ogni giorno.

svolge un ruolo centrale, a tutti è permesso di esprimersi.

Planning for Real – PfR (pianificare per davvero) è un metodo che è stato sviluppato negli anni '70 da ricercatori dell'Università di Nottingham (GB), sotto la guida del prof. Tony Gibson (1984). Tutti, anche senza specifiche conoscenze tecniche, possono partecipare direttamente al processo di decisione e di pianificazione. La comunicazione

Open Space Technology, sviluppato da Harrison Owen (2008), è una metodologia che permette, all'interno di qualsiasi tipo di organizzazione, di creare gruppi di lavoro (workshop) e incontri (riunioni) particolarmente ispirati e produttivi.

Note 1 Nei processi di progettazione questo termine indica il coinvolgimento di un numero più o meno ampio di soggetti interessati alla soluzione dei problemi di uno specifico contesto urbano e territoriale. I soggetti possono parte-

cipare con la propria adesione, con l’interessamento diretto o recando un effettivo contributo al compiersi dell’attività progettuale. Autori A.Caperna, A.Giangrande, P.Mirabelli, E.Mortola, casa ed. Gangemi, 2013 2

Bibliografia •Commissione Europea (2004) Il manuale della Commissione Europea sulla metodologia EASW •Faludi A. (1994), "Rule and Order. Dutch Planning Doctrine in the Twentieth Century", Kluwer, Dordrecht. •Friend J.K., Hickling A. (1987/1997), Planning under Pressure: The Strategic Choice Approach", Pergamon Press, Oxford. •Friend J.K., Jessops W.N. (1968), “Local Government and Strategic Choice", Pergamon Press, Oxford. •Giangrande A., Mortola E. (2000a) Manuale di autoprogettazione per piccoli interventi di riqualificazione dell’ambiente urbano, Assessorati alla Partecipazione, alle Politiche educative, all’Ambiente, ai Lavori pubblici e alla Mobilità del Comune di Roma. •Giangrande A., Mortola E. (a cura di) (2000b) Architettura, Comunità e Partecipazione: quale linguaggio?, Seminario internazionale, Università degli Studi Roma Tre, 4-5 aprile. •Giangrande A,, Mortola E., Spada M. (2000c) Progettare con la comunità, Seminario internazionale, Comune di Roma e Università degli Studi Roma Tre, 13-14 aprile. •Giangrande A., Mortola E. (2005) Neighbourhood renewal in Rome: combining Strategic Choice with other design methods, in Planning under Pressure (J. Friend and A. Hickling eds.), 3.th ed., Elsevier, Oxford. •Giangrande A., Guidetti G.,Mortola E. (2009) Spazi didattici all’aperto: un processo di progettazione partecipata , Gangemi editore •Giangrande A. ,Mortola E., ,2011, PROGETTAZIONE PARTECIPATA: il caso dell’Angelo Mai nel rione Monti a Roma (2011) Gangemi editore •Mortola E., Mecarelli F. (2012a) Cohousing e progettazione partecipata nei centri storici, 2012, Gangemi editore •Mastop J.M. (1984), Besluitvorming, handelen en nomeren; Een methodologische studie naar aanleiding van het streekplanwerk •Mortola E. (a cura di) (2012b) Quaderno n.1 OpenPISM-PSP, “Scenari futuri per l’ex-deposito Atac Vittoria”, Aracne, Roma, 2012 •Gibson T. (1984), Counterweight. The Neighbourhood Option, Country Planning Association & Education for Neighbourhood Change, Nottingham. •Lewin K. (1946) Action research and minority problems. J Soc. Issues 2(4): 34-46 •Owen H. (2008) "Open Space Technology: A User's Guide", (3rd ed.). Berrett-Koehler.

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Ostuni dentro e fuori di sé “Ostuni è la città del silenzio del sud...volo per la costa meno nota d'Italia; mi trascina una gioia tale di vedere che quasi son cieco” Pierpaolo Pasolini 1957, La lunga strada di Sabbia.



Antica Masseria Brancati, Ostuni “il segreto della felicitĂ sta nel guardare tutte le meraviglie del mondo e non dimenticarsi mai delle due gocce di olio nel cucchiainoâ€? Paulo Cohelo L'Alchimista.



ZaLab produce laboratori di video partecipativo e documentari in contesti interculturali e in situazioni di marginalità geografica e sociale. I documentari di ZaLab raccontano vite ignorate e segnate dai conflitti di oggi, con il desiderio di farne storie per tutti. Maddalena Grechi è socia di ZaLAb. Coordina la comunicazione del progetto “ZaLab, la comunicazione che cambia” realizzato grazie al supporto di Open Society Foundations. Carlo Lo Giudice è regista, dal 1990 ha scritto e diretto film di finzione e documentari che hanno ottenuto riconoscimenti in diversi festival nazionali ed internazionali. Attualmente insegna all’Accademia di Belle Arti di Catania. Importanti per la sua formazione i viaggi di lavoro in diversi paesi: Bosnia, Portogallo, Grecia, Palestina, Egitto.

Vanessa Lastrucci architetto, Responsabile social media per NIP magazine.


L’IDENTITÀ PERDUTA E LA CITTÀ INFORMALE Viaggio attraverso gli Italian Slums foto di Rosanna Petralia & ZaLab

a cura di Vanessa Lastrucci

La città informale: le baraccopoli, gli slum, le favelas e le case abusive. È la città dove vive la maggioranza della popolazione mondiale. Una città non pianificata che cresce con le proprie regole insediative; indipendentemente e velocemente affianca la città istituzionale appropriandosi degli spazi vuoti che lascia dentro di sé ed intorno a sé. Pensiamo che il fenomeno della città informale sia prerogativa esclusiva dei paesi poveri. Forse anche l’Italia è un paese che contiene condizioni di povertà, se scopre di avere nelle sue città altrettante città parallele più o meno nascoste ed ignote. Abbiamo intervistato Maddalena Grechi di ZaLab ed il regista Carlo Lo Giudice che hanno intrapreso un viaggio attraverso una baraccopoli italiana. 35


Rabat (Marocco)

Maddalena: Italian Slum ha l’intento di fondo di lanciare una campagna provocatoria d’informazione su temi trascurati in Italia; si pensa che riguardino il terzo mondo ed invece tocca la nostra realtà, le nostre periferie e non soltanto le comunità straniere. Descrivete ai nostri lettori di che cosa si occupa ZaLab. M: ZaLab è un’associazione culturale che si occupa di produzione e distribuzione di video documentari, lavoriamo in contesti di marginalità sociale e geografica in Italia e all’estero; abbiamo realizzato dei video documentari sulle oasi nel deserto tra Libia e Tunisia, sulle comunità palestinesi che vivono a ridosso del muro, o nei quartieri popolari di Barcellona, tutti contesti di marginalità geografica. In Italia ci siamo rivolti a soggetti di marginalità meno fisica e più sociale. Abbiamo lavorato nella realizzazione di documentari e di video partecipativi con “immigrati” di seconda generazione e rifugiati richiedenti asilo, abbiamo fatto anche azioni di pressing politico sulle tematiche dei respingimenti dei migranti: un filone della nostra produzione si è mosso in questa direzione per anni, toccando le tematiche legate all’immigrazione e alla violazione dei diritti dei migranti; abbiamo iniziato con documentari come Un uomo sulla terra, Mare chiuso, Sangue verde.

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Il video è il vostro linguaggio distintivo? M: Il video è uno strumento duplice: estetico, di indagine sociale, e di esplorazione della realtà che ha un linguaggio specifico e che porta ad approfondire questioni che con altri tipi di ricerca si perderebbero, soprattutto per quanto


Napoli

riguarda gli aspetti umani che sono il nostro principale interesse. La forza sta nel contatto empatico: toglie i soggetti dall’anonimità e rende centralità alla persona; garantisce una vicinanza emozionale che ci fa arrivare ad una comunicazione più completa ed umana per restituire umanità e dignità alla persona, particolarmente quando i soggetti sono emarginati. Dal lato dei soggetti, noi abbiamo formato delle persone che definiamo “occhi non accreditati”: abbiamo fatto percorsi di video partecipativi per far diventare i protagonisti della comunicazione che li riguarda quelli che sono normalmente oggetto del video, e questo aumenta il senso di identificazione dello spettatore. Siete nati con l’intento di denuncia sociale? M: Sì e per farlo abbiamo scelto il mezzo della comunicazione video, ma senza mai rinunciare alla qualità estetica del prodotto: abbiamo cercato di coniugare la qualità cinematografica, la pulizia, l’attenzione per gli effetti artistici con quelli della denuncia. Così i video riescono ad avere una grossa rete di distribuzione nelle sale ed una ancor più fitta rete di distribuzione, che ci siamo costruiti negli anni, per così dire “civile” composta da circa 300 realtà associative d’Italia; associazioni di per sé non deputate alla visione cinematografica, che in queste occasioni diventano luoghi di visione e di discussione. L’input alla discussione su certi temi a livello di comunità allargata è il nostro obiettivo. Avete nuovi progetti in elaborazione? M: Quest’anno abbiamo iniziato un nuovo progetto di documentari brevi pensati per il web per ampliare la distribuzione civile; la rete è un canale da esplorare, ma il

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web ha i suoi formati per questo abbiamo pensato ad una forma video breve che abbiamo chiamato Schegge di Za. Per noi Za sta per Zavattini, Schegge perché devono entrare sotto la pelle e dare fastidio: finché non te la sei tolta non puoi smettere di pensarci. Vogliamo ampliare il pubblico potenziale sulle tematiche che per noi sono prioritarie: integrazione delle comunità straniere, violazione dei diritti dei migranti. Le Schegge sono accompagnate da mini campagne di comunicazione su alcuni temi, in questo caso la campagna è Italian Slum. L’idea di Italian Slum è di Carlo che è di Catania, conosceva già questa realtà. Carlo: Sono sempre stato interessato allo spazio urbano, ed in particolare all’uso indisciplinato delle metropoli. Ho girato alcuni film sul rapporto con il sentire lo spazio urbano, sulla lettura dei luoghi, sul perdersi negli spazi urbani. Da questa esperienza è nata la possibilità di fare un corto con ZaLab. La storia della città è emblematica; può sembrare provinciale ritenere la propria città un “caso” di significato nazionale ma Catania è sempre stata un laboratorio politico urbano, nel bene e nel male: possiede gli aspetti più estremi e gli aspetti più sperimentali dell’abuso della cosa pubblica e adesso sto realizzando un film su questo argomento. Raccontaci la storia delle voragini di S. Berillo, un buco enorme nel centro di Catania. Vuoi spiegarci che cosa sono? C: Le voragini sono il “deposito” di ciò che rimane dello sventramento di un quartiere, che era il quartiere storico

Catania

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di Catania, S. Berillo, il cuore della città dove era localizzata la maggior parte delle attività e si affacciava sul mare, per questo era un quartiere che racchiudeva l’identità della città. Identità che si è scelto di radere al suolo, dopo vari rinvii, negli anni ‘50. Lo sventramento doveva creare un grande boulevard catanese, la zona malsana e vecchia fu abbattuta ma fu ricostruito solo un palazzo di traverso che interrompe il viale a metà, noi lo chiamiamo “il palazzo della vergogna”, per cui si è andata a creare una nuova geografia definita da al di là, dove si trovano banche e centri commerciali, e al di qua del palazzo, le voragini. La situazione nasce da un antichissimo problema che la città che si porta dietro dal ‘600 quando fu distrutta dal terremoto ed iniziò l’appropriazione dei terreni e degli spazi pubblici da parte dei privati. Le trentamila persone che vivevano lì furono “deportate” ai margini della città in un quartiere costruito ex novo, privo di servizi e collegamenti con la città. Questi cittadini persero tutte le loro attività economiche; in questo modo il tessuto sociale del Centro storico fu distrutto. Non è solo un fatto fisico ma un vero e proprio sradicamento dell’identità. Tornando alle voragini, la società che si fece carico dell’onere dello sventramento acquisì anche i terreni, ma nel ‘69 cambiò la legge urbanistica che abbassò la quota edificabile per cui la società fece causa al Comune che da allora paga ingenti penali di multa, il cui onere grava sulla collettività. Negli anni 2000 il processo riqualificazione delle voragini ebbe un’ennesima battuta d’arresto a causa del mancato accordo tra parte pubblica e parte privata. La situazione è divenuta, nel tempo, talmente intricata che i proprietari stessi preferiscono lasciare tutto così.

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Solitamente le baraccopoli sono ai “margini” delle città, in aree nascoste e dimenticate. Al contrario, a Catania si trovano nel centro storico. M: Questo è il motivo che ci ha portato ad interessarci al lavoro di Carlo. In altre situazione di occupazione ci si trova sempre in luoghi marginali o molto esterni alla città. A Catania invece è proprio la loro centralità che rende più emblematico il rifiuto della gente ad interagire con quella realtà. Quando tali situazioni stanno nelle zone marginali sono meno visibili, c’è un senso di volersi nascondere; invece in questo caso c’è un muro intorno ma l’essere talmente al centro della città lo rende un caso emblematico. Non si tratta dell’unico slum in Italia. Di quali altri casi siete a conoscenza e quali state studiando? Avete idea di quale sia la situazione nel resto d’Europa? M: Io che ho curato la campagna di comunicazione sono partita da un dato che mi ha sconvolto: da un rapporto dell’ONU, recentemente pubblicato, risulta che una persona su 6 vive in baraccopoli; in Europa sono 34 milioni, in Italia non si sa. L’obiettivo della campagna è muovere una discussione ed invogliare il progredire della ricerca perché è preoccupante che in Italia non ci siano dati certi sulla popolazione che vive in questi spazi dimenticati delle nostre città. Noi abbiamo dato lo spunto e sollevato il tema, ora passiamo la palla e ci auguriamo che il lavoro sia portato avanti con una ricerca sociale approfondita da chi ne ha gli strumenti e le competenze. Noi siamo documentaristi.

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Forse il paragone è azzardato, ma una baraccopoli è quanto di più vicino esista alla città medievale: ognuno costruisce spontaneamente con i mezzi che ha, ed ogni volta che può apporta delle modifiche e dei miglioramenti alla propria abitazione rispettando un regolamento di vicinato. Lo slum funziona nello stesso modo? Esistono delle regole insediative? E delle regole di comunità? C: Le voragini sono composte di 3 buchi abitati da 3 etnie diverse, bulgari, romeni e polacchi; le differenze di abitazione erano notevoli. I polacchi erano molto puliti, dignitosi, organizzati, c’erano meno atti di violenza; la città aveva vie dritte, era divisa a scacchiera e le case fatte in lamiere pulite, con le poltrone sistemate fuori. La città dei romeni era invece affastellata, rumorosa, sporca, caotica ma collettiva. Nel loro buco sono successi fatti spiacevoli e delitti gravi. Poi c’era una certa ingerenza della mala vita locale che affittava le baracche, quindi le dovevano anche pagare ma c’era una certa organizzazione.


L’ultima voragine era occupata dai bulgari che avevano costruito una città anarchica nel senso che ognuno era indipendente, si occupava solo del suo spazio formato da una casa a terra con il terreno davanti, come erano abituati nel loro paese. Si vedeva proprio come vivessero in modo diverso e questo è rappresentativo degli aspetti culturali. Nel 2005 sono stati sgomberati per la prima volta in maniera violenta, approfittando della notte e utilizzando i caterpillar per distruggere gli insediamenti provvisori realizzati. Ma sono tornati, bulgari in prevalenza. Durante la seconda occupazione c’era una maggiore anarchia, ognuno pensava per sé ed organizzava il suo spazio.

Una città parallela, isolata, chiusa; una zona off limits che non ha nessun rapporto con l’altra città, quella istituzionale; oppure viceversa esiste un qualche tipo di interazione? C: Gli abitanti del perimetro si sono lamentati moltissimo, e si preoccupano soprattutto dell’aspetto igienico perché ci sono bagni a cielo aperto, topi, serpenti e prostitute che portano là i clienti. Quelli che abitano i buchi non vogliono essere aiutati, non vogliono ingerenze perché l’ingerenza crea problemi. Entrarvi non è facile: stavano sulla difensiva dalla telecamera perché alcuni avevano paura di perdere il lavoro. Io sono riuscito ad entrare solo quando hanno saputo che stavano per essere buttati fuori e non avevano più niente da perdere. A me non hanno fatto l’impressione di una

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Messina

comunità che cercasse l’integrazione con la popolazione esterna alle voragini; S. Berillo è una riserva indiana e chi lo abita ci tiene che rimanga tale perché sanno che se si mettono in relazione con la città rischiano. È un posto dove entri dentro e scompari, e questa è la loro salvezza e la loro rovina: i muri che li chiudono definiscono un perimetro talmente netto che è solo per via di questa separazione fisica che gli abitanti del quartiere riescono a tollerarlo. Mi interessa l’aspetto antropologico: ciò che trovo più inquietante è la rimozione fatta dalla cittadinanza dell’esistenza del problema. Paradossalmente è la rimozione dei catanesi che fa sì che si mantenga questo spazio di libertà per persone che hanno cercato di tamponare una situazione di emergenza. Andrete avanti con il progetto Italian Slum? C e M: Il progetto è finito perché si occupava specificatamente delle voragini di S. Berillo, ma con Italian Slum collaboriamo con tutte le realtà coinvolte nelle interviste, consapevoli che non possiamo risolvere da soli l’emergenza sociale presente in queste realtà. Il nostro lavoro continuerà con un cortometraggio su un campo di Roma e sull’anomalia italiana dei campi attrezzati che, oltre alla ghettizzazione sociale, nascondono gli interessi più abietti della speculazione edilizia. NdR: Container158, il film sui campi Roma; presentato la scorsa settimana al Festival Internazionale del Film di Roma, è appena uscito. 42


Castel del monte “...qui infatti tutto minaccia di non essere; la costa piatta, i paesi arabo normanni (arabi nella parte umile normanni nella parte eletta), il mare. Tutto è come bevuto, frastornato dalla luce.â€? Pierpaolo Pasolini 1957, La lunga strada di Sabbia.



“Guardare indietro alle sue cose è il mezzo per poter tornare a guardare avanti.” Pierpaolo Pasolini 1957, La lunga strada di Sabbia.


Giorgio Pizziolo Già Professore ordinario di Analisi e Pianificazione Territoriale, incaricato di Architettura del Paesaggio presso la Facoltà di Architettura di Firenze. Professore presso the International Institute for Advanced Studies in System Research and Cybernetics, University of Windsor, Ontario, Canada. Rita Micarelli Già professoressa a Contratto di Ecologia sociale e Tecnologia dell’Architettura press il Politecnico di Milano Bovisa, Professore presso the International Institute for Advanced Studies in System Research and Cybernetics, University of Windsor, Ontario, Canada.


I PAESAGGI PARTECIPATI

Un impegno continuo di #Tantotempofa per #Tantotempoancora! di Giorgio Pizziolo e Rita Micarelli 47


Progetto europeo Ruralmed 2004-06 la mobilità relazionale non solo trasporti e orari ma relazioni e ritmi ambientali/sociali nel quotidiano, nel turismo, nell’apprendimento, nella circolazione di persone e di idee

Gli anni ’80 Allora non si parlava di partecipazione ma già si sviluppavano i temi dell’ecologia considerando il contesto della natura, aperto alle Relazioni tra uomo/società/ambiente: sulle tracce di Gregory Bateson che abbiamo ritrovate con Enzo Tiezzi, Marcello Cini, Laura Conti e tanti amici cari con i quali abbiamo avviato un processo di apprendimento e approfondimento aperto alla dimensione sociale e alla sperimentazione sui luoghi e i territori.

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Le nostre esperienze di quegli anni si possono ritrovare a Vagli nelle Alpi Apuane, a Bagno a Ripoli, nell’hinterland fiorentino, a Matera nei Sassi, e in molte altre sperimentazioni, condotte sempre in stretto rapporto con le popolazioni e le comunità locali, scoprendo mondi, culture e progettualità, spesso impreviste e straordinarie che emerge-

vano da uno scambio amichevole con i partecipanti e venivano verificate con le istituzioni locali per diventare Programmi e progetti, e per svilupparsi seguendo itinerari e processi amministrativi e sociali. Tutto questo continuerà per tutti gli anni ’90, verso la formulazione di progetti complessi e innovativi in urbanistica, quali i progetti Territoriali Integrati, fino alla Bioregione Urbana, che non furono compresi ma che oggi ancora vengono ripresentati, come se costituissero delle ‘novità’.

Gli anni 2000 Si firma a Firenze la Convenzione Europea del Paesaggio che determina una svolta nella concezione consueta (anche accademica) del Paesaggio, che viene definito nei termini nuovi della Percezione Sociale e dell’appartenenza all’Ambiente di Vita da parte delle popolazioni. In quella occasione ci siamo ritrovati sem-


pre più vicini ad alcuni degli estensori della Convenzione, con i quali continuiamo a collaborare e a scambiare idee ed esperienze. La partecipazione, così riconosciuta dalla Convenzione, è per noi divenuta un fenomeno intrinseco all’Ambiente di Vita/Paesaggio, e dunque una componente fondamentale di ogni progetto o processo che si voglia stabilire nei contesti reali dei territori europei. Ma tra il rinnovamento dell’impostazione della Convenzione e le realtà economiche e amministrative -dalla dimensione nazionale a quella locale– si è manifestato un divario spesso incolmabile. È divenuto perciò indispensabile sviluppare la dimensione esperienziale sull’ambiente di vita, la sola che può ricostruire rapporti e relazioni dirette e profonde tra le Comunità, i propri Ambienti e le loro Amministrazioni territoriali. La dimensione esperienziale è però tanto necessaria quanto difficoltosa e richiede un approccio

partecipativo molteplice e complesso da ritrovare oltre le pratiche tradizionali o i protocolli standard del consenso e delle pratiche sociali chiuse in se stesse. L’approccio che abbiamo sviluppato tende infatti a praticare la partecipazione attraverso il rapporto con gli Ambienti di Vita contemporanei, e tende a riscoprire il loro Genius Loci tramite pratiche di percezione sociale e di valutazione esperienziale che le persone delle diverse comunità praticano in un contesto di apprendimento reciproco, in un clima di scambio paritario e di discussione amichevole che si stabilisce tra gli esperti e i partecipanti ad ogni passo delle esperienze intraprese. Gli Amministratori locali vengono coinvolti in questi processi con nuove modalità e nuove funzioni, dirette o di supporto, mentre il processo si svolge in un intreccio di scambi, proposte, valutazioni, assunzioni di responsabilità e atti amministrativi originali.

Il progetto ambientale tra Firenze e la piana La bio-regione urbana, 1992 Parametro n.242 Faenza editrice

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a sinistra: Roccandagia e Campocatino Vagli negli anni ‘80 in alto: Gruppo di lavoro Rizoma, contratto di fiume Medio Panaro. Schizzo di lavoro

Dai Progetti Pilota ai Contratti di Paesaggio

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Le attività descritte si sono concretizzate nella messa a punto di modelli di Governance Partecipata (denominati Contratto di Fiume-Paesaggio o Patto di Paesaggio) che hanno aperto la strada a modalità urbanistiche programmatiche innovative applicabili su ambiti e territori di area vasta riconosciuti e definiti nel corso dei processi partecipativi. I nuovi percorsi di ricerca e di esperienza vanno oltre la ricerca/ azione concepita nel significato corrente (talvolta banalizzato come uno slogan) e trovano nuovi spazi di democrazia praticata e verificata attraverso un interscambio paritario tra Comunità, Persone, Amministratori, Esperti, che valutano le modalità di gestione, tutela e promozione degli Ambienti di Vita che vanno a costituire gli Ambiti dei Contratti o Patti di Paesaggio e le progettualità che in essi possono svilupparsi. I Contratti/Patti divengono così Strumenti di Governance e di garanzie (reciproche e molteplici) tra

Amministrazioni e cittadini, con il continuo supporto tecnico–scientifico necessario ad assicurare la coerenza dei processi (in atto e di nuova introduzione) rispetto alle strutture statutarie di Contratto. Tutti gli itinerari e i processi descritti sono stati proposti in contesti diversi hanno trovato accoglienza e risposte adeguate da parte e delle comunità che hanno partecipato direttamente alla loro costruzione, coinvolgendovi gli operatori economici, le istituzioni sociali e culturali che operano sui loro territori e che le hanno, con i cittadini, e con le Amministrazioni locali, ratificate. Troppo spesso però queste iniziative vengono ostacolate proprio dalle stesse Amministrazioni che le hanno sostenute e non trovano sostegni per svilupparsi adeguatamente. Tuttavia, nonostante le difficoltà, i processi restano aperti e i gruppi sociali continuano a presidiare i territori, tutelando i loro valori riconosciuti e promuovendone la gestione partecipata.


in alto: gruppo di lavoro Rizoma; contratto di fiume Medio Panaro; il team al lavoro. a destra: Vagli, 1984. I luoghi e il ciclo delle stagioni e della vita nella gestione tradizionale della montagna

Gli anni recenti , dal 2010 a oggi La crisi investe il territorio, il paesaggio, e le stesse relazioni uomo/società/ ambiente, che sono profondamente alterate tanto a livello globale che in ogni realtà del Mediterraneo. La problematicità della condizione attuale porta alla lacerazione e alla schizofrenia che ormai si manifestano in tutti i contesti viventi e nei loro ambienti di riferimento. Nel nostro caso il territorio è profondamente dissestato, sovra sfruttato o abbandonato e comunque in continua alterazione, l’economia è subordinata

alla finanza e le ricadute sociali sono pesantissime. La percezione delle persone è inoltre modificata da tecnologie fuori del controllo sociale, mentre l’apprendimento -in quanto prerogativa di ogni contesto vivente- è in progressiva difficoltà. Tutti gli elementi relazionali che costituiscono l’Ambiente di VitaPaesaggio sono dunque alterati, ed esso stesso è in una condizione di degrado e di perdita di autonomia. Le conseguenze di questo stato di cose sono disastrose per il territorio e la nostra stessa sopravvivenza, tanto che le stesse basi etiche su cui si erano fondate la politica

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e la convivenza sociale sono a rischio. Dunque anche le stesse pratiche della partecipazione sono messe in discussione o travisate, proprio quando sarebbero più necessarie. Per affrontare queste problematiche è necessario fare un salto di processo e di strategia, rivolgendo l’impegno a sviluppare progettualità nuove e ancora più articolate che tengano conto dei fondamenti etici, che possono essere ricostruiti in termini nuovi anche

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nell’ambito del progettare. I Contratti di Paesaggio possono così evolvere verso la prospettiva dei Beni Comuni. Come definito da Elinor Ostrom, i Beni Comuni riguardano i territori e i patrimoni storicamente acquisti dalle comunità locali, ma anche i sistemi ambientali nel loro complesso e le acquisizioni culturali e tecnologiche delle diverse società umane, comprese l’Informazione e le Reti. Questa dimensione di Bene Comune


non è ovvia né scontata e ancor meno è praticata socialmente, ma la direzione è evidente anche se molto è ancora da fare. Il contributo che i Paesaggi Partecipati e gli Ambienti di Vita condivisi e creativi possono dare in questo senso è significativo ad ogni livello: da quello materiale a quello etico culturale. Questa nuova prospettiva per la partecipazione delle comunità e dei luoghi è tanto difficile quanto esaltante.

nella pagina precedente, in alto: il Progetto di ricomposizione del paesaggio fluviale nella pagina precedente, in basso: il fiume Medio Panaro in basso Vagli , 1984 I luoghi e il ciclo delle stagioni e della vita nella gestione tradizionale della montagna

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Minervino Murgie “Se solo si prendesse coscienza di quanta ricchezza possediamo se ne potrebbe fare la prima risorsa per questo paese.� PierPaolo Pasolini 1957, Viaggio in Puglia



Architecture [kids] fund is a voluntary Architecture Fund initiative that creates and realizes various architecture education programs for children. Their goal is to stimulate self - consciousness, creativity and increase personal citizen responsibility towards the public matters. Keliaujancios Architekturos dirbtuves (KAD) – Travelling architecture workshop - is a project launched at 2013 that is focused on drawing the society’s (especially children and youth) attention to the quality of everyday used living space. By creating projects with only using local left over materials, this project became a proof that it is possible to influence the public space without huge material resources, but with collective mind and work https://www.facebook.com/ArchitekturosVaikuFondas http://www.archfondas.lt/en/children .


KAD

Traveling Architecture Workshop

Architecture for kids with kids Text by Sigita Simona Paplauskaite Traduzione a cura di Luca Casarano

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work in progress

GAMES & TOOLS The idea for 'Keliaujancios Architekturos Dirbtuves', KAD (eng. 'Traveling Architecture Workshop') project organized by Architecture Kids Fund, rose up from the urge to pay more attention to the environment of small towns in Lithuania. The project is based on strong educational vision of enabling people to make positive changes in their surroundings by themselves, instead of avoiding personal responsibilities and depending only on municipal decisions. Often initiatives that seek to improve the neighbourhood living are welcomed by an apathy where people and communities assume their interests are addressed by ‘higher people’ (i.e., politicians). There is therefore little desire for certain groups of people to get themselves involved. That is we chose teenagers as a target group. We believe that young people have the needed energy, courage, creativity to make changes and more important - they are sincere about their needs and disappointments. 58

GAMES & TOOLS L'idea di KAD (Keliaujancios Architekturos Dirbtuves, ita. Laboratorio di architettura di viaggio) progetto organizzato dal fondo per l’architettura infantile, nasce dall'urgenza di rivolgere più attenzione allo sviluppo di piccole realtà urbane in Lituania. Il progetto è basato su una decisa convinzione educativa secondo cui le persone sono capaci di condurre scelte positive nel proprio ambiente con le proprie forze invece di demandare tali responsalibilità, a causa della propria inerzia, ai soli interventi amministrativi. Spesso le iniziative che tendono al recupero del quartiere sono affiancate da una apatia in cui membri e comunità ritengono che i propri interessi siano tutelati dalle politiche locali. Vi è pertanto una piccola aspirazione per una parte di persone a farsi coinvolgere. Per questo si è preso come riferimento i teenagers. Noi si crede che le giovani generazioni abbiano l'energia sufficiente, il coraggio, la freschezza per prendere decisoni e soprattutto si approcciano in modo sincero con i propri bisogni e disagi.


The plan The workshop tutors team always consisted of volunteers from various professions - architects, designers, engineers, educators, sociologists, but all together we came not as teachers. We chose to guide and inspire. Organizing the work was a tough task, considering that you work in average 30 persons group, which age varies from 4 to 40 years old. Our solution was enrolling the smallest children into cleaning up and painting, while the rest of work division followed the rule. Having children of different age, interest and strength can also easily turn into conflicts between themselves. That is why it is important to pay very personal and sensitive attention to each child and involve him as much as possible in activities he is good at or is really curious about.

Il progetto La squadra dei responsabili del laboratorio è sempre composta da volontari provenienti da differenti ordini professionali tra cui architetti, designers, ingegneri, educatori, sociologi che tuttavia non partecipano in veste di insegnanti. Si è scelto infatti di orientare e ispirare. È stato un compito non semplice organizzare il lavoro, considerando che si lavorava in una media di 30 persone per gruppo, le cui età variavano dai 4 ai 40 anni. Nostra soluzione è stata quella di coinvolgere i bambini più piccoli nella pulizia e nella pittura, mentre il resto del gruppo di lavoro rispettava i passaggi. Avendo bambini di differente età, era facile che potessero succedere dei conflitti fra questi per gli interessi e l'impeto. Perciò è stato importante rivolgere una personale e delicata attenzione per ogni bambino e coinvolgerlo il più possibile in attività di cui era interessato o per cui provava una profonda curiosità. after

building up the tent

before all together

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learning about tools and materials

thinking

Imagination and decisions Many wild things can happen when you empower the young mind and let them use the ideas and tools that regular adults never let them use. One girl got an idea to create a bench and a table in one object, other boy in Skirsnemune made a concept of swings for many people, a group of teenagers turned a huge cable spool into a sports element. Besides receiving these great ideas, we often found our paint used for smiley face graffiti' s, we discovered that drills are more fun when they act as musical instruments; so we quickly learned to keep an eye on all material.

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We always held a discussion - when do we accept children ideas and when do we say 'no'? In any case, whenever children carelessly played with materials and tools creating random things, we chose not to directly forbid, but discuss about it with them as with equivalent partners. For example, talking about that real aesthetic comes with intentions, not accidents. When somebody splashed the black paint spots over the red colour, children proposed to

new game field

Immaginazione e decisioni Molte cose spontanee possono succedere quando si sollecita l'intelletto infantile e giovane e gli si permette di ricorrere ad idee e strumenti di cui regolarmente gli adulti non si interessano. Una bambina ha avuto l'idea di trasformare una panchina ed un tavolo in un solo oggetto, un altro bambino a Skirsnemune ha pensato a delle altalene per più persone, un gruppo di persone ha convertito un enorme cavo di bobine in attrezzatura sportiva. Dietro la ricezione di queste grandi idee, si è spesso trovato bello disegnare una faccia sorridente coi graffiti, si è scoperto che i trapani sono molto più divertenti se utilizzati come strumenti musicali; da questo momento così si è affinata la vista per ogni tipo di materiale. Si è sempre tenuta una discussione sia quando si accettavano le proposte dei bambini, sia quando gli era detto “no”. In nessun caso, ogni volta che i bambini giocavano incautamente con materiali e strumenti, creando oggetti improvvisati, si è deciso di non impedirlo direttamente, ma di confrontarsi con loro


spread the black paint over all or turn these dots into flowers, but by talking to them about artistic taste in creation, we finally decided together that it is better just to repaint the bench in red. This follows another important detail - being careful with promises and planning the work. Design stage might me exciting and endless, but when it comes to real work, you must decide what is possible with the present material and power conditions. You must make sure that the project is done by the whole workshop team, not only by children, or by the tutors. We often accepted the children ideas about the project location, because local people know the space relevance and problems the best. We also voted collectively for deciding what objects we will create. Perhaps, that is why most of our realized projects included various playgrounds, as it was the top issue for children. On the other hand, many young workshop participants often thought about their families too. In a town Visakio Ruda children proposed to improve the bus station, because their parents and grandparents did not have proper space to wait for buses, so we came to an idea of building a group of seats. a new place for lunch

come fossero dei colleghi. Per esempio, discutere di aspetti puramente estetici è stato intenzionale e non casuale. Quando qualcuno buttava una macchia di vernice nera sul rosso, i bambini proponevano di distribuire il nero su tutto oppure di trasformare questi puntini in fiori, ma parlando loro riguardo al bello artistico nel momento creativo, si è finalmente deciso insieme che fosse meglio ridipingere tutta la panchina di rosso. Questo comporta un altro dettaglio importante ossia mostrare attenzione alle promesse e predisporre il lavoro. La fase di progettazione potrebbe essere divertente ed eccitante, ma quando si concretizza nel lavoro reale, si deve decidere cosa sia possibile fare con i materiali a disposizione e le condizioni potenziali. Si deve fare in modo che il progetto sicuramente sia portato avanti dall' intera squadra di lavoro, non solo dai bambini, o dai tutors. Si è spesso accettato le idee dei bambini sui progetti locali, perchè sono proprio le persone del luogo a conoscere al meglio l'importanza o i problemi di uno spazio. Si è anche ricorsi al voto per decidere quali oggetti creare. Probabilmente, è questo il motivo per cui molti dei nostri progetti realizzati includevano parchi da gioco, la principale esigenza rilevata dai bambini. Dall'altra parte, molti giovani partecipanti spesso pensavano anche alle loro famiglie. Nella città di Visakio Ruda i bambini hanno proposto di intervenire sulla stazione degli autobus, dal momento che i loro genitori e nonni non avevano spazi appropriati per l'attesa degli autobus, di conseguenza abbiamo pensato di costruire un gruppo di sedute.

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discussion

bef

excursion with children

Fun fun fun

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afte

Fun fun fun

There might be bad weather conditions for work, but there ain`t no bad weather for playing games. We were flexible in dividing the tasks in time, because work with no fun is completely impossible. You should never hesitate on playing basketball, tennis or hide and seek together. As well, you should never underestimate the power of a meal. Making a break, sitting by the same table and sharing food always makes you tie stronger and feel like one family.

Ci potrà essere stato cattivo tempo per il lavoro, ma mai troppo per giocare. Siamo stati flessibili nello spartire i compiti in tempo, perchè il lavoro senza divertimento è praticamente impossibile. Non si sarebbe mai rinunciato a giocare a basket, a tennis o a nascondino. Allo stesso modo non si dovrebbe mai sottovalutare il potere di un pasto. Prendersi una pausa, sedendo allo stesso tavolo e condividendo il cibo, ti fa sentire più al sicuro quasi come in una famiglia.

In general, only true informal relationship can lead you to knowing the local community. By visiting many towns, we understood that it is more important to give priority for spending

Nel complesso, soltanto le vere e sincere relazioni possono condurre a conoscere la comunità locale. Dall’analisi di molte realtà urbane, si è capito che è stato molto più importante trascor-


before

before

after after

fore

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the team

preparing the planks

before

after

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thoughtful time with kids, rather then desperate wish to complete the design works. Each time we arrived in a new town children guided us through their daily routes, telling their personal stories and experiences, they took us to places they like, they brought us through the paths they use or avoid. We could feel that such contact is leading to much broader understanding of the location and its needs, so often we organized big team works on cleaning or fixing public spaces in order to have a chance to continue the discussion with children. Actually, it was the most successful process leading towards huge projects. For instance, we created a magnificent access to the river by cutting out bushes and wild grasses in Panemunelio G. St and create a nice coast, we managed to pick up weeds and trash from a huge abandoned sports stadium in Vieciunai and install a skatepark there.

rere tempo spensierato con i bambini, piuttosto che scongiurare il rischio di non portare a compimento il lavoro di progettazione. Ogni volta che siamo arrivati in un nuovo luogo i bambini ci hanno accompagnato lungo i loro percorsi quotidiani, raccontandoci le loro storie ed aneddoti, ci hanno portato nei posti che gli piacevano, ci hanno condotto infine per i sentieri che erano soliti fare o evitare. Si è potuto percepire che gran parte della relazione era stimolata molto più efficacemente dalla conoscenza del sito e dei suoi bisogni, così spesso abbiamo organizzato grandi squadre di lavoro specializzate nella pulizia o sistemazione degli spazi pubblici in modo da avere la possibilità di un confronto con i bambini. Per esempio, si è ricavato un incantevole accesso al fiume, tagliando i cespugli e le erbacce a Panemunelio G. St e dando vita ad una graziosa riva, e ci siamo organizzati per raccogliere erbaccia e rifiuti da un enorme spazio sportivo dismesso a Vieciunai per installarvi uno skatepark.

cleaning up the basketball court

the work starts

second day of workshop

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The result Finally, 'Traveling Architecture Workshop' graduated in organizing 16 workshops, where we helped children to create 16 unique projects. We managed to improve abandoned spaces by creating attractive objects that encourage people to meet, play, speak together. And yet I still believe that the process, learning and raising awareness about the environment itself is the major goal of it. KAD helped the youngsters start the changes within their living environment, meanwhile we learned that the community is a really great power. Any small positive intervention can help to restore community relationships and community pride, setting the stage for bigger improvements.

L'esito Infine, “Travelling Architecture Workshop” è stato suddiviso in 16 laboratori, dove si è aiutato i bambini a creare 16 progetti unici e singolari. Si è fatto in modo di trasformare gli spazi, dapprima dismessi, in oggetti di attrazione che possano incoraggiare le persone ad incontrarsi, giocare e dialogare. Ed ancora io credo che il metodo, basato sull’apprendimento e la sensibilizzazione ai temi dell’ambiente, sia stato il successo più rilevante. KAD ha aiutato i ragazzi a cominciare a compiere delle scelte nel loro ambiente, nel frattempo ha rilevato che dentro la comunità risiede il più grande potenziale. Ogni piccolo intervento positivo può aiutare a recuperare il senso di comunità in quanto tale e le relazioni fra i membri, gettando le basi per più efficaci miglioramenti.

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testing the structures


Santa Maria di Collemaggio “La bellezza esiste. Non vederla anche se abbiamo gli occhi aperti, significa non voler guardare le cose che accadono, rinunciare a vedere.” PierPaolo Pasolini da “L'occhio è l'unico che può accorgersi della bellezza”, 1962.



L'Aquila “L'italia sta marcendo in un benessere che è egoismo, stupidità, incultura, pettegolezzo, moralismo, coazione, conformismo; prestarsi in qualche modo a contribuire a questa marcescenza è, ora, il fascismo.” La lunga strada di sabbia, 1957 Pierpaolo Pasolini.



Romina Peritore Architetto urbanista, docente universitario di Valutazione economica dei piani urbanistici e territoriali, Phd in “Politiche territoriali e progetto locale” (Università degli Studi Roma Tre), svolge attività di ricerca e professionale nel campo della pianificazione urbana e territoriale, dello sviluppo locale e dell’urbanistica partecipata. rperitore@gmail.com


Il crowdfunding civico a supporto di

progetti urbani partecipati

di Romina Peritore

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ell’ottica dello sviluppo di un’altra economia basata sulla cooperazione, la fiducia e il coinvolgimento attivo dei cittadini, il crowdfunding civico, pratica di finanziamento collettivo dal basso, si è velocemente diffuso negli ultimi anni tramite piattaforme come Kickstarter e IndieGoGo. In Italia esistono alcune piattaforme di raccolta fondi come Eppela, ShinyNote, SiamoSoci o la neonata Starteed. Il crowdfunding non è solamente un modello di finanziamento dal basso, ma è anche e, soprattutto, un processo di co-creazione, condivisione e co-partecipazione di iniziative collettive per la riqualificazione degli spazi urbani, per lo sviluppo economico locale, per la diffusione della cultura. Una delle piattaforme europee orientate preva-

In alto: Citizeninvestor, piattaforma di crowdfunding civico, fonte: http://www.citizinvestor.com/ 72

lentemente al crowdfunding civico, che mette le comunità al centro del processo di pianificazione è Spacehive, sito di project management, che consente di lanciare un progetto legato alla cultura, all’ambiente, all’arte, agli spazi pubblici, impegnando volontari nella ricerca di finanziamenti e nella realizzazione del progetto. Anche Citizeninvestor è una piattaforma di crowdfunding civico, che promuove campagne di finanziamento riguardanti vari settori: ambientale, dei trasporti, dell’energia, ecc. e promuove la presa in carico di progetti comunitari.

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ltre esperienze significative di progetti urbani partecipati realizzati con il crowdfunding sono “I Make Rotterdam” in Olanda, Franklin

Pagina a fianco: Il progetto “I Make Rotterdam”, fonte: Luchtsingel in Crowdfunding Architecture 2013, Massolution e The American Institute of Architects (AIA)


Park Coalition e the Rebuild the Joplin Mosque project. Queste tre campagne di crowdfunding hanno utilizzato con successo il modello basato sulla donazione per coinvolgere la comunità locale a sostenere la causa di fondo della campagna. Il progetto “I Make Rotterdam” ha l’obiettivo di riqualificare il centro della città di Rotterdam, sviluppando aree e percorsi pedonali, capaci di ricucire parti di città gravate dal traffico pesante e da centri commerciali di grande impatto. In particolare, si è realizzato un ponte pedonale di legno (Luchtsingel), lungo 350 metri, che connette il centro di Rotterdam a Hofbogen. Luchtsingel è un progetto proposto da ZUS (Zones Urbaines Sensibles) in collaborazione con Hofbogen B.V. Luchtsingel. Il gruppo Luchtsingel nel fare la campagna di crowdfund

online, con il fine di realizzare un ponte pedonale nel centro della città, ha scelto il seguente slogan: “the more you donate, the longer the bridge.”1

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’iniziativa I Make Rotterdam di Rotterdam, lanciata l’11 ottobre del 2011 è un perfetto esempio di come una campagna di crowdfunding può servire a diversi scopi: l’iniziativa ha raccolto i fondi per completare il ponte pedonale, riuscendo ad avere anche finanziamenti pubblici. Essa si è basata sul modello della donazione in cambio di un premio (Reward-based crowdfunding), ossia ogni donatore aveva il proprio nome scritto su una parte del ponte. Alla cifra raccolta, si è aggiunto un premio di 4.000.000 di euro assegnato dal governo.

1 Maggiori informazioni: Progetto “I Make Rotterdam” http://www.luchtsingel.org/ Crowdfunding Architecture, Massolution e The American Institute of Architects http://www.aia. org/aiaucmp/groups/aia/documents/pdf/aiab097668.pdf

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a “Franklin Park Coalition” si è occupata di trovare fondi per la manutenzione del parco Franklin a Boston, attraverso Razoo, una piattaforma di crowdfunding basata su donazioni con cifre specifiche, che hanno finanziato per esempio un campo di pallacanestro, un ristorante costruito in legno, il lavoro di promozione di un graphic designer per realizzare la documentazione conoscitiva del parco2, ecc.

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n altro caso di successo è la ricostruzione della Moschea di Joplin in Missouri (USA), rasa al suolo da eventi catastrofici nel 2011. Un gruppo indipendente locale ha avviato la sua ricostruzione tramite una campagna di crowdfunding intitolata “Rebuild Joplin Mosque” sulla piattaforma IndieGoGo, chiedendo 250.000 dollari, che sono stati raggiunti in una settimana. A questi si sono aggiunti ulteriori fondi per finanziare la sicurezza, l’espansione della struttura originaria e le strade di accesso. Per questa iniziativa sono stati raccolti in tutto più di 400.000 dollari. Inoltre, chi donava più di 250 dollari poteva avere una targa all’interno della moschea, ma solo 400 degli oltre 3000 donatori hanno voluto ciò.

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l limite del crowdfunding, è costituito dalla dimensione del problema economico, infatti, spesso le cifre raccolte non coprono tutta la cifra occorrente per la riqualificazione di un parco, di aree pubbliche, di edifici dismessi o di una strada. Quindi, in aggiunta alle cifre raccolte con il crowdfunding, si dovrebbero attivare altri sistemi di finanziamento pubblicoprivato delle opere da realizzare anche in visione della gestione delle stesse e tramite il sostegno delle amministrazioni locali e nazionali.

2 Maggiori informazioni su “Franklin Park Coalition”: http://www.razoo.com/story/ Fpcmarathoncharityteam A lato: Visione del ponte pedonale (“I Make Rotterdam”), fonte: The iMakeRotterdam project, https:// www.facebook.com/pages/Imakerotterdam/222523761150794 74


a fianco: “Franklin Park Coalition”, campagna di crowdfunding promossa su Razoo, fonte: “Franklin Park Coalition”, http://www.razoo.com/story/ Fpcmarathoncharityteam In basso: Ricostruzione della Moschea di Joplin in Missouri (crowdfunding sulla piattaforma IndieGoGo), fonte: “Rebuild Joplin Mosque” http://www.indiegogo. com/projects/rebuild-the-joplinmosque?c=gallery

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ei processi di riqualificazione degli spazi urbani e degli edifici non utilizzati il soggetto pubblico potrebbe essere in grado di mantenere la proprietà pubblica del patrimonio grazie anche a forme di finanziamento locale promosse dal basso, come il crowdfunding civico, a patto che voglia sperimentare forme nuove di fattibilità economico-finanziaria e di gestione come quelle indicate. Anche i soggetti privati, proprietari di immobili dismessi, potrebbero avviare campagne di crowdfunding civico per fornire servizi pubblici di tipo culturale e ricreativo alla collettività.

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Bibliografia Angeloni L., Giangrande A., Mortola E., Peritore R. (2013), “ Scenari di trasformazione e prove di fattibilità nel percorso partecipato per il recupero e il riuso dell’ex deposito ATAC Vittoria a Roma”, 2.a Biennale dello spazio pubblico, INU, Roma. Sitografia Partenariato pubblico privato (PPP) http://www.utfp.it/ Piattaforme di Civic Crowdfunding http://www.urenio.org/2012/09/04/fiv-platforms-for-crowdfunding-civic-projects/ Crowdfunding Italia http://www.crowdfundingitalia.com/ Progetto “I Make Rotterdam” http://en.imakerotterdam.nl/2011/11/u-kuntnu-meedoen/ Crowdfunding Architecture 2013, Massolution e The American Institute of Architects (AIA) http://www.aia.org/aiaucmp/groups/aia/documents/pdf/aiab097668.pdf

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La fonte della verità (99 Cannelle) “Tanti giovani guardano al passato perchè nel presente c'è poco da cercare.” Pierpaolo Pasolini, 1964.


il libro

Ludovica Marinaro Architetto, Phd student in Architettura del Paesaggio

Terracarne Viaggio nei paesi invisibili e nei paesi giganti del Sud Italia Franco Arminio Mondadori, 2012 78


Le recensioni di

Terracarne

Viaggio nei paesi invisibili e nei paesi giganti del Sud Italia di Ludovica Marinaro

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il libro

i parla di paesaggio. Anzi si può dire che Franco Arminio parli solo di paesaggio, come egli stesso afferma, “fino ad ora non lo abbiamo mai considerato ed oggi invece si impone come unica dimensione di confronto possibile”. Terracarne è un’istantanea. Si pone al lettore nella sua forma tentativa, che intreccia dimensione intima dell’autore e dimensione corale nel dare corpo al paesaggio del meridione. Ci restituisce la geografia di un Sud dopo il diluvio della modernizzazione come summa di quei teatri delle rimanenze che sono diventati i paesi, che non hanno creduto alla pagliacciata del progresso. “A un certo punto è come se mi fossi accorto che sono rimasti solo i luoghi. E li vado a vedere, sapendo che stanno sparendo.” È così che Franco Arminio inventa “la paesologia” e ne parla al presente perchè è una scienza a tempo, che non esisteva 100 anni fa e non potrà esistere tra 100 anni, giorno in cui i paesi “non avranno più questo crepuscolo che li rende così particolari”. A un anno dalla pubblicazione Terracarne è un esperimento aperto che ha innescato nuove esperienze come la Scuola di Paesologia. Si tratta di un vero corpo a corpo con il paesaggio, questo attraversarlo e lasciarsi attraversare adottando un punto di osservazione dimesso, randagio, senza arroganza come quello del cane. In questa metafora sta il senso della pratica immersiva di Arminio, la sua poetica, che accoglie la dimensione dolorosa dell’incertezza nel pieno ascolto quasi rasoterra. “È semplicemente la scrittura che viene dopo aver bagnato il corpo nella luce di un luogo.” Da Bisaccia e a Bisaccia, il paese natio cui sempre ritorna, Terracarne consacra la letteratura dei dintorni, racconta il paesaggio dell’Irpinia, della Daunia con i suoi paesi invisibili, viaggia sulle strade della Lucania, fino ai paesi giganti, al Cilento, al Salento e sconfina anche al nord. La paesologia non è metodo rigoroso ma una scienza arresa, se la si volesse impugnare come un arnese sarebbe inafferrabile perchè è una disposizione

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il libro 80

“una strada sul crinale, a metà tra una nuova forma di impegno e una cerimonia religiosa” e questo libro è un viatico esistenziale di prosa e poesia, un intero di frammenti, fluttuante, come la nuova attenzione di cui carica i luoghi che narra. Ha l’ambizione di ritrarre la trasformazione, il tempo penultimo che stanno vivendo i paesi del meridione e i loro abitanti “attraversati come da una slavina silenziosa”. Oggi che non ci divertiamo più, “banchieri del rancore” siamo vittime di quello che lui definisce “autismo corale”: “incapaci di passare il tempo in compagnia e in lietezza”, viviamo un dramma condiviso in cui solo il viaggio e la scrittura, per l’autore, rispondono all’esigenza pressante, irrinunciabile di risolvere la desolazione che affligge i paesi, minuscoli e giganti, con un’osservazione partecipe e terapeutica. “La desolazione per me non è un epilogo, ma un punto di partenza (...) una nuova postura. Ciò che io invoco è una nuova etica, un umanesimo delle montagne. Abbiamo bisogno di luoghi in cui ognuno inciampa dalla mattina alla sera”. Arminio apre una prospettiva nuova di abitare il paesaggio,in cui i paesi,portatori di varietà nei loro anfratti e fuoriscala, sono una cura, a dispetto di ogni oltraggio e tentativo che la livella della modernità ha operato. “Oggi per volere bene all’Italia bisogna trovare i luoghi in cui è diversa e averne cura”, risignificare, sposare le differenze, defluire da quell’unica città invisibile della malinconia e della globalità, ai paesi come forma abitata, come terra scritta. Al cadere dell’illusione dell’urbanesimo, Arminio in Terracarne con una narrazione sempre in bilico tra l’ansia e la leggerezza, porta nel cuore rivoluzione ed utopia, restituendo l’orizzonte di una Terra possibile alla nostra Carne. “Io posso tranquillamente continuare a raccontare le malattie dei paesi e dei paesani, prima o poi sarò inevitabilmente raggiunto dalla loro salute.”


Rodi Garganico “Cammino per la piccola spiaggia deserta, ai piedi del paese. E nel silenzio che c'è fuori e dentro di me, sento come un lungo, afono crollo. L'intera costa pugliese si sfa in qusta quiete, dopo aver infuriato ai miei occhi ai miei orecchi, per mattinate e meriggi di caos preumano, sottoumano.â€? La lunga strada di sabbia, 1957 Pierpaolo Pasolini


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