variabili — il catalogo più ricco esistente ai suoi tempi. Ma se Henrietta Leavitt si fosse limitata a ese guire con scrupolo il compito ripetitivo che le era stato assegnato, oggi sarebbe solo una delle tante anonime e dimenticate calcolatrici umane dell’astronomia ottocentesca. La passione e la cu riosità la spinsero invece a cercare di estrarre in formazioni più profonde, a stabilire legami e rela zioni matematiche tra le quantità che leggeva nelle lastre. Così, si accorse che per una classe partico lare di stelle variabili, chiamate Cefeidi, esisteva una precisa relazione tra il periodo di variazione e la luminosità. Più lenta era la variazione, più luminosa era la stella. Era una scoperta formida bile, perché conoscere la luminosità di una stella equivale a conoscere la sua distanza. Da quel mo mento in poi, il segnale pulsante di una Cefeide in una galassia lontana sarebbe stato come una targa chilometrica lasciata lì per noi dalla natura. Emily Dickinson, dalla sua stanzetta di Am herst, passò la vita a immaginare l’infinito. Hen