Arte e storia delle Madonie. Studi per Nico Marino, Voll. VII-VIII

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quando Giacomo Vanella si dichiarava erede del padre – andava infine collocato l‘anno di morte dell‘artista.12 A queste notizie il Di Marzo aggiungeva un altro documento riguardante il Vanella, stavolta assieme al suo ben più celebrato collega, Andrea Mancino. Quest‘ultimo, infatti, il 17 giugno 1499, anche per conto del suo socio Antonio Vanella, dichiarava di avere ricevuto 16 onze dal procuratore della chiesa madre di San Nicolò a Nicosia, per un lavoro in marmo, che lo studioso ritenne plausibilmente di poter identificare con la custodia marmorea ancora esistente in quella chiesa, datata 1500. Probabilmente essa era stata commissionata ai due artisti in sostituzione di quella che gli scultori Gabriele di Battista e Giovan Domenico Pellegrino avevano appena realizzato (1497-99) per la stessa chiesa, ma era stata requisita dal pretore e dai giurati palermitani, per essere collocata nella chiesa parrocchiale di San Nicolò all‘Albergheria, a Palermo. Ma di quest‘opera, particolarmente gradita ai palermitani di fine Quattrocento, tanto da indurli a non permettere che si esportasse fuori dalle mura urbiche – così come anni prima era successo alla statua della Madonna Libera Inferni di Francesco Laurana, che era stata sottratta ai committenti ericini e per la quale era stata approntata una cappella nella cattedrale – già nell‘Ottocento non rimaneva più traccia. L‘identificazione dell‘opera documentata nel 1499 con la custodia di Nicosia è stata accolta unanimemente dagli studiosi successivi, anche sulla base di argomentazioni stilistiche; essa pertanto, con buon margine di sicurezza, può annoverarsi fra quelle del nostro Antonio, seppure realizzata a quattro mani, insieme col suo socio Andrea Mancino13 (Fig. 6). A questo sparuto gruppo di opere documentate, nel 1903 il Mauceri,14 smentendo in qualche modo le supposizioni del Di Marzo, poteva aggiungere un paio di statue, una firmata e l‘altra documentata. La prima di esse è la Madonna col Bambino della chiesa di San Giovanni Evangelista a Petralia Soprana, commissionata da quello stesso Giovanni Macaluso15 che nel 12

G. Di Marzo, I Gagini, cit., vol. 1, p. 244. Per un evidente refuso, S. La Barbera, La scultura marmorea dell‟Abbazia, in ―L‘eredità di Angelo Sinisio. L‘Abbazia di San Martino delle Scale dal XIV al XX secolo‖, Palermo 1997, p. 260 nota 9, sostituisce il nome di Andrea Mancino, correttamente trascritto dal Di Marzo, con quello di Gabriele di Battista, autore invece, in collaborazione col Pellegrino, della prima custodia destinata a Nicosia e poi requisita per collocarsi nella chiesa palermitana di San Nicolò. Va osservato però, che nei tardi anni ‗90 del ‗400, mentre è chiara la consociazione tra Andrea Mancino e Antonio Vanella, non altrettanto può dirsi di un proseguimento del rapporto di collaborazione tra Andrea Mancino e Gabriele di Battista, come ha invece ipotizzato la studiosa; eadem, p. 247. La collaborazione tra il Mancino e il di Battista è attestata negli anni 1489-1490; quella del Mancino con Giovannello Gagini negli anni 1492-1493; M. Accascina, Sculptores, cit., p. 302. 14 E. Mauceri, Nuovi documenti intorno a Domenico Gagini e ad altri scultori del suo tempo, in ―Rassegna bibliografica dell‘arte italiana‖, VI, 11-12, 1903, pp. 171-173. 15 L‘iscrizione apposta sulla base della statua recita: ―M. ANTON DE VANELO FECIT ISTA JOANNI MACALOS FECIT‖; G. Macaluso, Petralia Soprana, Guida alla storia e all‟arte, Palermo 1986, p. 87. La statua è menzionata col titolo di Madonna del Carmelo nella chiesa madre di Petralia Soprana da S. La Barbera, La scultura. Le botteghe dei capolavori, in Arte del „400 e „500 nella provincia di Palermo, supplemento al n. 3 di ―Kalòs‖, anno 10, maggio-giugno 1998, p. 26, che, proponendo una datazione al 1508-09, vi riscontra affinità col monumento funerario di Vincenzo Notarbartolo della chiesa madre di Polizzi Generosa (assegnata dalla stessa studiosa a Bartolomeo Berrettaro con una datazione 13

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