Arte e storia delle Madonie. Studi per Nico Marino, Vol. VI

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Indubbia è quindi la paternità di Domenico Gagini per le due statue cefaludesi, a cui si arriva non solo attraverso il documento ora citato, ma anche attraverso il confronto con altre sue opere di questi stessi anni. La figura dell’Angelo (fig. 10), qualitativamente rilevante nella delicatezza dei tratti e nel frastagliato rifrangersi luministico del panneggio tanto da potersi avvicinare al San Giuliano di Salemi (fig. 11), presenta anche accentuati goticismi, la cui connotazione risulta aumentata dall’inusuale posizione delle ali rivolte all’insù. Ma come si è visto, le ali dell’angelo erano state eseguite separatamente dal corpo e nel 1485 Giorgio da Milano, nella nuova collocazione dietro l’altare, doveva modificarne la posizione in modo da non dare fastidio al passaggio dei ministri verso la custodia eucaristica31; credo che il cambiamento posto in atto da Giorgio sia consistito nell’invertire l’andamento delle ali, rigirandole verso l’alto. Più debole appare la figura dell’Annunziata, che forse per la fretta dettata dagli stretti tempi di consegna risulta racchiusa entro il forzoso volume piramidale creato dal pesante manto che la avvolge per intero nascondendone la figura. Eppure anche qui emergono alcuni particolari di qualità, come l’ovale del viso circoscritto da una delicata capigliatura che si adagia sulle spalle (fig. 12), oppure il magnifico decoro a girali floreali del cuscino (fig. 13) su cui è inginocchiata la Vergine; tutti elementi rapportabili, ad esempio, alla lastra tombale di Antonio Speciale (fig. 14), uno dei capolavori assoluti di Domenico32. Riamane da chiarire la primitiva collocazione delle due statue, che dovevano occupare un posto rilevante e non usuale, se lo stesso Domenico prima di realizzare le sculture doveva recarsi personalmente a Cefalù “ad videndum locum in quo debeant ponere dictas figuras”. In mancanza di altri riferimenti propongo il loro posizionamento originario sui plutei del muro divisorio medievale fra la grande aula della navata e il coro dei canonici nel transetto, ai lati cioè della grande Croce dipinta opistografa, realizzata appena qualche anno prima, ante 146833. L’allestimento della cappella dell’Eucarestia fatta realizzare dal vescovo Preconio nel diaconycon dura appena un decennio, presto trasformata in cappella delle reliquie dai suoi successori. In particolare appaiono davvero rivoluzionari i lavori promossi dal presule mantovano Francesco Gonzaga, a partire dal 1588. Per capirne appieno la portata di rottura con il passato, condotta con lo spirito della riforma cattolica posttridentina, basta leggere la descrizione del nuovo altare maggiore scritta dal giureconsulto Bartolomeo Carandino, mantovano anch’egli, nel 1592:

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Cfr. supra. Cfr. da ultimo A. MIGLIORATO, Domenico Gagini e l'origine... cit., pp. 493-502, con bibliografia precedente. Sulla Croce di Cefalù, dipinta quasi certamente da Guglielmo de Pisaro cfr. G. BRESC BAUTIER, Guglielmo Pesaro (1430-1487). Le Peintre de la croix de Cefalù et du Polyptyque de Corleone?, in “Mélanges de l'Ècole française de Rome. Moyen age temps modernes”, 86, 1, 1974, p. 218.

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