Arte e storia delle Madonie. Studi per Nico Marino, Vol. VI

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Nuove ricerche documentarie, recentemente condotte dagli scriventi, hanno portato alla scoperta di un altro esempio: l’utilizzo nel XVII secolo dell’ardesiato come sottotegola, nell’edificio più rappresentativo della cittadina demaniale siciliana, vale a dire il palazzo civico o senatorio. Gli “Atti dei Giurati della Splendidissima e Fedele città di Termini”, nell’anno indizionale 1623-2487 documentano inconfutabilmente quest’uso, della “pietra di Lavagna”. Tra i lavori eseguiti in detto anno nella “Casa di Città”, cioè nella sede comunale, tra i quali biancheggiare «la facciata (sul lato) della piazza sicome (sic) già è stata fatta co(n) soi (sic) pilastri», si fa menzione di «murare li canali (tegole) del tetto e metterlj li balati di genoa (sic)». La tecnica adottata nella realizzazione del manto ardesiaco ricoprente il tetto del palazzo senatorio della cittadina imerese, rientra nella modalità delle coperture discontinue, ottenute impiegando unità di piccole dimensioni, parzialmente sovrapposte le une sulle altre. Le lastre di ardesia, opportunamente sagomate (generalmente quadrangolari) oppure con i margini grezzi (a spacco di cava), erano sovrapposte, partendo dal basso (lastre di gronda), sino a ricoprire uniformemente il tetto dell’edificio. La documentazione archivistica, purtroppo, non c’illumina sulla modalità di sovrapposizione delle lastre di ardesia. Le tecniche classiche andavano da quella semplice a squame a quella più complessa come la tripla genovese. Il manto ardesiaco era ottenuto fissando le lastre alle capriate tramite chiodatura, oppure al tavolato ligneo sottostante, saldandole con calce grassa. Le tegole in cotto erano poi fissate alla base direttamente all’ardesiato con apposite malte cementizie. Questa tecnica di rivestimento dei tetti con l’ardesia, ben documentata in Liguria88, sia a cielo aperto sia come sottotegola, fu impiegata proficuamente anche in Toscana, a Pisa89. L’impiego di lastre di ardesia sottotegola permette, del resto, una buona impermeabilizzazione della copertura, impedendo dannose infiltrazioni legate agli agenti atmosferici, ed offrendo una buona resistenza all’aggressione chimica, una buona resistenza meccanica, un buon isolamento termico e, non ultima, un’ottimale microventilazione sottotegola90. In Liguria la detta tecnica edilizia è stata ben affinata da parecchi secoli di utilizzo, mentre in Sicilia, per quanto ci risulta, il caso di Termini Imerese è sinora un vero e proprio unicum.

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Cfr. Ms. BLT, ai segni III 10 b 2, 1623-24, f. 134 e segg. Cfr. V. G. GALLIANI, G. MOR, Manuale del recupero di Genova antica, Tipografia del Genio Civile, Genova 2006, 480 pp. + CD-Rom allegato. Per l’uso dell’ardesia come materiale edile si veda il cap. 11 del detto volume. Nella struttura originaria dell’arsenale di Pisa (fine Duecento o inizi del Trecento), è documentata la copertura in ardesia, realizzata a doppio spiovente, con chiodatura delle lastre alle capriate lignee, cfr. P. MAZZONI, Le strutture architettoniche dell’Arsenale. In: AA. VV, Livorno e Pisa: due città e un territorio nella politica dei Medici, Pisa 1980, pp. 191-197. Questa tecnica, negli ultimi anni ha avuto un nuovo impulso non solo in Liguria, ma in buona parte dell’Italia centro-settentrionale, sia per il restauro, sia per l’uso di tecniche di bioarchitettura, recuperando metodi e materiali a basso impatto ambientale.

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