Arte e storia delle Madonie. Studi per Nico Marino, Voll. IV-V

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nino Cuccia2 né si discosta Antonino Giuseppe Marchese che, con concorde giudizio, la propone come intagliata dalla sgorbia di Antonino Ferraro da Giuliana 3. Allineandomi a tal parere richiamavo i due Autori a proposito della Santa Lucia siracusana (1598-1600) capolavoro dell‟argentiere palermitano Pietro Rizzo, ritenendo la monrealese uscita forse qualche anno prima dalla bottega di un abile e colto intagliatore sensibile a linguaggi di derivazione buonarrotiana4 già rilevati dal Cuccia che, rimarcando i nessi tra questa splendida scultura e l‟ambiente gaginiano ne evidenziava gli innovativi aspetti. Gemma Salvo Barcellona descriveva la statua monrealese come ripetitiva dei moduli del Guercio (Gaspare), di Carlo D‟Aprile. Simile -scrive l‟Autrice- l‟eleganza la liricità del collo, la sensibilità delle mani che li apparenta si alle immagini gaginesche, ma fa della Santa l‟esaltazione della femminilità terrena, messa in risalto dal ricco drappeggio 5. La sorvegliata, delicata modellazione dei drappi della tunica, ed in particolare del mantello ma, soprattutto, la liricità del collo, il bel volto cui dà espressività il disegno delle piccole, dischiuse, carnose labbra e la leggera torsione verso l‟alto accentuata dalla direzione perdutamente estatica degli occhi, la sensibilità appunto delle mani, avvicinano questa delicata figura a certe leggerezze del Gagini più maturo, alla cui compostezza concettualmente si ispirano i due scultori e nonostante la sinuosità dell‟asse su cui è costruita la figura non si emancipa del tutto dalla ieraticità delle statue processionali qui sottolineata prospetticamente, appunto, dalla frontalità del piano della ricca raggiera. Per quel fare che è proprio dei bronzisti -e degli stuccatori- nella modellazione di figura che realizzano “per via di porre” (d‟obbligo il richiamo a Giancola Viviano) e che profittano della duttilità della materia; per quel “panneggiare” minuto e preciso, quasi veristico che, in taluni casi, aderendo alle membra esalta lo slancio della figura dalle proporzioni lievemente allungate, la Santa Lucia di Monreale sembra trovare lontana eco nella splendida Assunta di Tusa [Fig. 2] che il primo marzo del 1639 Scipione Li Volsi si obbligava ad eseguire per quella Matrice e che Camillo Filangeri descrive come immagine dai lineamenti 2

A. Cuccia scheda n.16 sez. scultura lignea, in Splendori di Sicilia: arti decorative dal Rinascimento al Barocco, a c. di Maria Concetta Di Natale, Milano, Charta 2001, pp. 525-526. 3 A. G. Marchese, Antonino Ferraro e la statuaria lignea del ‟500 a Corleone, Palermo, ilaPalma, 2009, pp.56-57. 4 Arturo Anzelmo, “La statua argentea di Santa Lucia in Siracusa: inventio ed opus di Pietro Rizzo da Palermo (documenti 1598-1600)” in A. G. Marchese (a c. di), Manierismo siciliano..., cit. vol. I, pp.479-502. L‟opera, apprezzata dal Di Marzo e poi dall‟Accascina (ivi cit.) che presuppone per l‟argentiere pregressa apprezzata attività, ancorché rimanga nella scia della produzione gaginiana, rompendo i profili chiusi del disegno della figura è già pervasa dai segni forti di quel “declinare del gusto” che il colto abate palermitano deprecava. 5 Gemma Salvo Barcellona, Scultori e pittori nel Cassaro, Palermo, Brotto, 1992, p.83. Il pezzo che vi si riporta, “Marmi legni e acque: perimetro plastico...,” è tratto da, L‟anno di Guglielmo. 1189-1989. Monreale, percorsi tra arte e cultura. Palermo, Dorica 1989.

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