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Edittoriale
stiamo preparando seriamente?
L’intelligenza artificiale (AI) è oramai diventata un elemento che le aziende non possono ignorare. Anzi, possiamo affermare che l’argomento deve essere posto sotto osservazione al fine di definire, al più presto, una strategia aziendale articolata su come e cosa cambiare in azienda. E, soprattutto, come impiegare questa opportunità tecnologica in termini di vantaggio competitivo e di baluardo contro attacchi informatici indesiderati.
Siamo nel 2024 e le aziende dovrebbero aver imparato da esperienze precedenti che questa è una situazione in cui non si può andare traino, né, tantomeno, rimanere agnostici e quindi fermi. Per cui da subito un caldo invito ad un’azione concreta e strutturata in cui siano coinvolte le menti manageriali. Per comprendere cosa accadrebbe suggerisco di leggere un libro semplice e conciso (si legge al massimo in un fine settimana) scritto da Spencer Johnson dal titolo profetico che invita all’azione: Chi ha spostato il mio formaggio.
Infatti, la sicurezza è un fattore essenziale nell’implementazione dell’AI in azienda anche perché è cruciale proteggersi contro minacce condotte da malintenzionati che utilizzano l’AI per generare attacchi informatici sempre più persavisi.
Molte aziende hanno migrato i propri sistemi on-premise al cloud per facilitare la gestione dei dati. Hanno inoltre interconnesso sistemi separati per creare archivi comuni, consentendo ai dipendenti di massimizzare l’uso delle informazioni accumulate. Pensando che la competitività passa per un utilizzo intelligente (umano o artificiale) di grosse moli di dati, le aziende devono essere in grado di utilizzare i dati nel momento in cui vengono generati per alimentare algoritmi predittivi e migliorare l’automazione dei processi e delle operation in generale.
Il dominio è vasto, le tecnologie importanti… ma quanto e come l’azienda in cui operiamo ha investito in nuove competenze di Cybersecurity, nella gestione dei dati e le modalità di accesso ad essi. Ma soprattutto c’è un manager di talento posto a sovraintendere a tale sfida?
La posta in gioco non è banale. Rimanere indietro, tranne casi eccezionali, ha un solo risultato… AI-Cybersecurity, automazione dei processi: ci
Massimo FUCCI
Direttore Responsabile
massimo.fucci@pentaconsulting.it
In un contesto complesso le imprese devono ripensare le loro metodologie di gestione dei dati e sicurezza informatica.
Sommario
03
Focus E dittoriale
Ontologia, la sconosciuta del ciclo di vita dei prodotti (PLM)
EDITORE
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AI-Cybersecurity, automazione dei processi: ci stiamo preparando seriamente?
L’Intelligenza Artificiale che serve alle imprese 22 Innovazione
Direttore Responsabile
Massimo Fucci massimo.fucci@pentaconsulting.it
Segreteria di Redazione
Arianna Bertotto arianna.bertotto@pentaconsulting.it
Progetto Grafico mcquadro studio creativo campanagrafica@gmail.com
Mindup magazine
n. 09 giugno 2024 - anno IV supplemento a www.newsimpresa.it diffusione gratuita
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ClubIBE
L’Entaglement, la Globalizzazione, il Diritto.
Finanza
C’è un elefante nella stanza 10
28 Innovazione
Digitalizzazione dell’industria lombarda: il grado di adozione dei sistemi digitali
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L’implementazione di un modello SMART per il ciclo di vita delle riunioni Organizzazione
Richiedi l’approfondimento degli argomenti
ClubIBE
L’Entaglement, la Globalizzazione, il Diritto.
di MARCO MAIOCCHI
Politecnico di Milano
Un inquietante fenomeno della fisica quantistica è noto come paradosso EPR (Einstein-Podolsky-Rosen). Banalizzando e semplificando, si supponga un sistema di due particelle unite, una carica positivamente e l’altra negativamente, una con spin destro (grossolanamente, rotazione su se stessa) e l’altra sinistro.
Il sistema è elettricamente e meccanicamente neutro.
Se, colpite da qualche corpuscolo, le particelle si separano e vengono spedite agli estremi opposti dell’universo, al verificarsi di un evento che “blocchi” la rotazione di una delle due, l’altra “simultaneamente”, si arresta. Cioè, il sistema resta un sistema unico. Di difficile interpretazione sulla base delle nostre intuizioni esperienziali, un esperimento ne ha dimostrato la correttezza dell’impianto teorico.
ClubIBE
A questo punto, il nostro povero cervello deve pensare che aveva ragione Kant: spazio e tempo non sono entità reali, ma forme a priori della nostra mente, attraverso cui noi cerchiamo di rappresentare la realtà esterna a noi (se esiste).
Facciamo un salto. Sealand è uno stato sovrano di pochi metri quadrati: si tratta di una piattaforma artificiale creata dalla Gran Bretagna durante la Seconda guerra mondiale, come postazione di difesa antiaerea, appena fuori dalle acque territoriali, e occupata nel 1967 da un privato che, sulla base delle leggi internazionali marine, la dichiarò Principato con sovranità indipendente.
Ancora un salto. Google aveva posto la sua sede legale in Irlanda. Obiettivo era quello di ridurre la tassazione degli utili: aveva infatti concordato col governo irlandese il riconoscimento del fatto che i proventi della società derivassero non da redditi d’impresa, ma da risultati dell’applicazione opera
d’ingegno, e quindi tassanti con aliquote di gran lunga inferiori. Nel 2020 la società riportò la sede in USA, grazie ad accordi ipervantaggiosi con l’allora presidente Donald Trump. Insomma, una società privata discute con controparti che sono stati sovrani.
Tre storie diverse che hanno a che fare con lo “spazio”.
La prima lo nega.
La seconda lo afferma, ma afferma anche diritti che stupiscono un mondo globalizzato e iperorganizzato.
La terza afferma che lo spazio non è entità fisica, ma concetto giuridico, e la sede di una società può essere collocata in uno spazio parallelo, le cui caratteristiche fisiche non si misurano col metro, ma con valuta pregiata.
Nel contempo, mentre tutto il mondo litiga su norme antinquinamento per ridurre il fenomeno del riscaldamento globale, Google, Amazon e Facebook realizzano tre colossali centri di calcolo,
a pochi chilometri di distanza, in North Carolina (rispettivamente a Lenoir/Caldwell County, Maiden e Rutherfordton, Forest City).
Perché lì? Perché l’area è poco distante da miniere di carbone a ciel aperto sui monti Appalachiani, cosa che riduce i costi di estrazione del materiale che alimenta le centrali elettriche necessarie al fabbisogno energetico dei centri. Poco importa se la mortalità nella popolazione è del 10 % superiore a quella degli altri stati USA.
In fondo la storia di questi tre big non è diversa da quanto noi facciamo ogni giorno: acquistiamo auto elettriche, per ripulire le nostre città dall’inquinamento, ben sapendo che la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili è molto scarsa, e che di fatto importiamo energia elettrica che “sporca” altri paesi. E che c’importa? Tanto loro sono “poveri”…
Supponiamo che un cittadino della North Carolina voglia denunciare me in quanto forte utente di ricerche Google, e conseguen -
Insomma, gli interessi economici sono in grado di determinare cosa è giusto e cosa no, o meglio, cosa si può fare (giusto o sbagliato che sia) e cosa no.
temente forte avvelenatore della sua aria… Troverà una strada nel diritto internazionale per poter far valere le sue ragioni, visto che io uso consapevolmente Google e conosco i fatti?
Supponiamo che una legge europea vieti l’uso di combustibili fossili: il diritto internazionale sarà in grado di vietare l’uso di Google in quanto la libera circolazione di inquinanti nell’atmosfera travalicherà i confini della North Carolina e raggiungerà le nostre nazioni?
Insomma, gli interessi economici sono in grado di determinare cosa è giusto e cosa no, o meglio, cosa si può fare (giusto o sbagliato che sia) e cosa no. E ciò non sulla base di un Diritto Internazionale (Dove sono i tribunali? E se li potessimo istituire, in quale spazio verrebbero collocati? E abbiamo presente che la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo dell’ONU del 1948 non è condivisa da numerose nazioni, come molte dell’est asiatico che in tal senso si è pronunciata la Dichiarazione di
Bangkok del 1993? E che lo stesso problema è presente con la Dichiarazione islamica dei diritti dell’uomo del 1981).
Insomma, non è chiaro se lo spazio esiste, ma certamente non esiste il diritto!
E la legge del più forte (economicamente) regna indisturbata.
Forse abbiamo bisogno di una sana educazione e di una solida cultura per fare delle scelte giuste… e nel frattempo, cerchiamo qualche scoglio fuori dalle acque territoriali di qualunque nazione, e proclamiamo le nostre leggi, soprattutto “vendendo” qualche vantaggio a Google, ad Apple, a Facebook…
C’è un elefante nella stanza Finanza
Lo Smart Working può essere vantaggioso e positivo a patto che vi sia un’organizzazione disponibile a introdurre i cambiamenti necessari perché il lavoro possa essere realmente distribuito, di nome e di fatto.
Alcune tendenze socio-economiche negative, in atto da tempo nel paese, si stanno pericolosamente aggravando.
Significa affrontare questioni che riguardano automomia, indipendenza, fiducia, flessibilità.
Da questo muove l’invito a investire cinque minuti della vostra preziosa attenzione. Condivideremo dati e riflessioni sull’impatto che tali andamenti avranno a livello nazionale.
Se non si affrontano e si risolvono questi aspetti il rischio è essere travolti dalla sindrome del criceto. Stai lì dentro alla ruota, corri, corri, corri, perché la ruota si muove e perché fermo non sai stare, o perché ti hanno detto di fare così, o ancora perché non sapresti fare altro che quello: correre senza pensare che stai facendo solo quello!
Più ancora, proveremo a tracciare il percorso che, attraversando un ponte ideale, ci conduca dai problemi generali ad una possibile soluzione personale.
Finanza
Facciamo una prima considerazione a partire da un dato statistico certo.
Sarà che non vogliamo rinunciare alla nostra ottima cucina ma, giustamente, non abbiamo alcuna voglia di andarcene e così, nel 2023, l’aspettativa di vita alla nascita è salita di sei mesi fino alla media di 83,1 anni. (81,1 uomini / 85,2 donne)
Ma, il paese invecchia anche perché, da tempo, riempiamo più le cucce che le culle.
In un recente convegno il Prof. A. Rosina (demografo Università Cattolica) ha ricordato: che nel 2023, per ogni mille abitanti, ci sono state 6 nascite e 11 decessi e che, in dieci anni, abbiamo perso quasi 2 milioni di connazionali
La demografia piange e il mondo del lavoro, per non essere da meno, si commuove.
La forza lavoro, dal 2019 al 2023, nella fascia d’età 25-49 anni, ha perso tra occupati e aspiranti tali 1.642.000 unità. Inoltre, siamo l’unico paese occidentale in cui, negli ultimi 10 anni, le retribuzioni reali, invece di crescere, hanno registrato una riduzione del potere d’acquisto del 4,5%.
Così, il recente aumento degli occupati maschera la tragedia dei “working poor”: i tanti, soprattutto giovani, che hanno retribuzioni misere e carriere discontinue.
Quindi, mentre l’invecchiamento dilata le esigenze sanitarie e pensionistiche, l’impoverimento del mercato del lavoro riduce la disponibilità di risorse.
Questi andamenti, previsti in ulteriore peggioramento, (Rapporto ISTAT 2023) avranno impatto negativo: sui consumi di base e, più in generale, sulla crescita economica; sul mercato immobiliare; sulle prestazioni sanitarie e pensionistiche.
Ma, individualmente, avendone la possibilità, quanto ci stiamo preparando per non subire passivamente i danni derivanti da questi mutamenti in atto?
Non molto, secondo l’ultimo rapporto CENSIS sulla situazione sociale italiana che ci descrive, con
un titolo alquanto drastico i sonnambuli: ciechi dinanzi ai presagi.
C’è dunque la necessità di riflettere su come pianificare, finanziare e proteggere, un buon tenore di vita per l’età post lavorativa, perché sia serena e godibile, il più a lungo possibile.
Per realizzare questa legittima aspirazione bisogna fare in modo di assicurarsi di non sopravvivere alle risorse finanziarie accumulate e di non abbandonare, in balia dei capricci dei mercati, il valore delle entrate periodiche.
Possiamo pensare ad immobili messi a reddito o alle cedole di prodotti finanziari?
Molti lo fanno ma, in certe circostanze, potrebbe accadere che l’immobile resti sfitto oppure che, il crollo dei mercati o la riduzione dei tassi d’interesse, rendano insufficienti o assenti le entrate su cui facevamo conto.
Una valida alternativa potrebbe essere quella di cavalcare, in fase di accumulo, l’ondivaga potenzialità dei mercati finanziari a lungo termine, mentre, per la fase di fruizione (decumulo), optare per le entrate certe e regolari,
Proviamo a tracciare il percorso che, attraversando un ponte ideale, ci conduca ad una possibile soluzione personale.
che solo un servizio assicurativo può garantire.
Se poi, a tutto questo aggiungiamo anche un risparmio fiscale in fase di accumulo e uno sconto d’imposta per la fase di decumulo, allora approdiamo al sistema di previdenza privata, che vanta quasi 20 anni, di cui molti hanno sentito parlare ma solo pochi conoscono in concreto i fondamentali che lo contraddistinguono:
La Previdenza Complementare! Inizio con una nota: “L’iscritto ad una Cassa di Previdenza NON ha diritto all’intangibilità del trattamento pensionistico vigente al momento in cui ebbe inizio l’iscrizione. Al legislatore, infatti, non è interdetto modificare in senso sfavorevole... omissis”. Corte Costituzionale: Sentenza n° 390 del 26/7/1995
Quindi, fatto salvo chi andrà in pensione domani, è inutile fare conto su qualsivoglia prestazione certa. Perché, le proiezioni INPS, e delle altre casse di previdenza, sono valide solo fino alla prossima modifica.
Il fondamento economico e giuridico di tale sentenza, e di altre in materia, si fonda su un dato di fatto: il nostro è un sistema a ripartizione. Il denaro che versiamo, non viene accantonato, sul nostro conto e investito, in attesa del giorno in cui ci verrà restituito sotto forma di pensione. Certo, la riforma Dini del 1995, sancì il passaggio progressivo dal metodo Retributivo a quello Contributivo ma si trattò solo di un diverso modo di calcolale le future prestazioni.
Perché abbiamo il sistema a Ripartizione?
In conseguenza della Seconda guerra mondiale, il valore della lira crollò e, con il sistema a Capitalizzazione, non c’erano più le risorse per pagare le pensioni. In conseguenza, si passò necessariamente a quello a Ripartizione. In tale sistema, versiamo i contributi in una sorta di scolapasta dove si mescolano con quelli di altri e, subito dopo, ne escono frazionati in tanti rivoli che costituiscono le pensioni in fase di erogazione.
Nonostante i diversi inasprimenti già attuati, con il rapporto entrate/ uscite che continua a peggiorare, niente potrà garantirci la pensione che avevamo ipotizzato.
Abbiamo un Elefante nella stanza?
Elephant in the room è una tipica espressione inglese che indica una verità che, pur essendo molto appariscente e vicina, finisce per essere minimizzata se non del tutto ignorata.
Sembrerebbe di sì visto che il 95% degli italiani è consapevole di dover integrare la pensione ma, solo 11% conosce, in maniera accettabile, gli strumenti che sono a disposizione per farlo.
Conseguentemente, anche dispo-
giugno 2024 n. 09
nendo delle risorse economiche, facciamo poco e lo facciamo tardi. Invece il tempo, è una risorsa non rinnovabile, è il principale alleato di cui disponiamo per realizzare risultati adeguati e vantaggiosi.
Dieci anni dopo la riforma Dini, il D.lgs n° 252 del 5/12/2005 instituì un sistema a capitalizzazione “privato” definito Previdenza Complementare, che riassumo: la Previdenza Complementare è basata su un sistema di forme pensionistiche private incaricate di raccogliere il risparmio previdenziale mediante il quale, al termine della vita lavorativa, si potrà beneficiare di una Pensione Integrativa.
Destinatari sono: lavoratori dipendenti privati e pubblici; soci di cooperative; lavoratori autonomi e liberi professionisti; lavoratori a progetto e occasionali; coloro che svolgono lavoro non retribuito in relazione a responsabilità familiari; minori fiscalmente a carico.
Le tre forme pensionistiche previste dalla norma sono: Fondi Chiusi, detti Negoziali, perché costituiti a seguito di accordi, settoriali o aziendali, tra rappresentanze degli imprenditori e quelle dei lavora-
tori. Fondi Aperti e Piani Individuali Previdenza (PIP) istituiti da intermediari finanziari e assicurativi autorizzati. Le tre forme citate sono assoggettate alla stessa disciplina e vigilanza; danno diritto agli stessi vantaggi civilistici e fiscali; offrono più linee d’investimento diversificante.
Il finanziamento della Previdenza Complementare è a carico del lavoratore che sarà destinatario della prestazione e, in caso di lavoratore dipendente, in parte a carico del datore di lavoro. I lavoratori dipendenti possono scegliere di far confluire, come ulteriore contribuzione, gli importi che di norma vengono trattenuti dal datore di lavoro come quota del TFR. I contributi a favore di minorenni, possono essere versati da chi li ha fiscalmente a carico, che li potrà dedurre dal proprio reddito, se non ha già utilizzato totalmente per se stesso tale facoltà.
Il diritto alla prestazione di Rendita Vitalizia, della Previdenza Complementare, si acquisisce nello stesso momento della maturazione dei requisiti per la Cassa di Previdenza Obbligatoria di appartenenza (Inps-Enasarco-Empam etc).
A tale data il titolare potrà esercitare scelte diverse: opzione 100% in rendita (vitalizia-certa-reversibile); opzione di parte in rendita e parte in capitale; nessuna opzione, per lasciare in successione il capitale rivalutato, senza erodere la quota di franchigia ed in totale esenzione dalla relativa imposta.
In Italia, com’è noto, le imposte non vantano molti simpatizzanti o followers anzi, troppo spesso, mentre cerchiamo modi complicati e talvolta illeciti per ridurle, ignoriamo o conosciamo poco, quelli perfettamente legali. Per esempio, quando si accenna ai vantaggi fiscali della Previdenza Complementare, l’italiano medio si illumina d’immenso e dichiara: “Questa la so! I versamenti sono detraibili”. Ma la risposta è quantomeno inesatta, e quindi è meglio riassumere sinteticamente l’argomento.
Ad essere “Detraibili”, con aliquota 19%, sono i pagamenti per le polizze che coprono i danni alla persona: vita, invalidità, infortuni, lunga degenza, etc.
Invece, i contributi versati alla Previdenza Complementare sono “Deducibili” dalla propria dichiarazione annuale dei redditi, fino
Le tre forme pensionistiche previste dalla norma sono: Fondi
Chiusi, Fondi Aperti e Piani Individuali
Previdenza (PIP)
all’importo massimo di € 5.164,57. A tale limite concorre, se esiste, anche il contributo versato dal datore di lavoro ma, ne è esclusa l’eventuale quota del TFR. Ne deriva che, in base alle aliquote previste per il 2024, sull’importo versato si godrà di uno sconto d’imposta da un minimo del 23% ad un massimo del 43%.
Inoltre, a differenza di altri investimenti, le posizioni detenute in queste forme di previdenza non vanno indicate in DSU ed ISEE.
Quasi totalmente sconosciuti sono inoltre i vantaggi fiscali concessi durante il periodo di gestione dei contributi e quelli previsti per la fase di erogazione delle prestazioni.
In fase di versamento: i lavoratori con prima occupazione successiva al gennaio 2007, hanno diritto ad aumentare da 5.164,57 a 7.746,86, il limite di deducibilità dei versamenti dal 6° a 25° anno di iscrizione alla Previdenza Complementa-
re; le plusvalenze da investimenti in Titoli di Stato sono tassate, come di consueto al 12,5%, mentre è ridotta dal 26 al 20% la tassazione di quelle prodotte da tutti gli altri impieghi.
In fase di erogazione, le prestazioni generate dal totale dei versamenti, comprese le eventuali quote di TFR, fiscalmente dedotti dalle dichiarazioni dei redditi, sono soggette ad imposta sostitutiva con aliquota del 15% che, si riduce dello 0,30 ogni annuo di adesione dopo il quindicesimo, fino al minimo del 9%.>>
In conclusione; la maggiore lunghezza del periodo di partecipazione si traduce in maggiori benefici finanziari, perché nel lungo termine si può scegliere di investire, con più serenità, anche in comparti più volatili ma più redditizi; per l’effetto di accrescimento, derivante dalla capitalizzazione composta; per la maggior deduzione fiscale e la minore tassazione delle prestazioni al termine, ivi comprese le eventuali quote di TFR versate che, se lasciate in azienda, saranno poi soggette a tassazione separata con aliquota media sicuramente superiore.
Tutto ciò concorrerà ad accumulare somme più consistenti, che genereranno una rendita integrativa vitalizia: certa; non soggetta alla fluttuazione dei mercati e dei saliscendi dei tassi d’interesse; più elevata; meno tassata.
La contribuzione è totalmente libera: l’aderente può versare quando e quanto vuole; può aderire con un piano di accumulo; può decidere di aprire una posizione effettuando un primo versamento, anche di modesta entità.
Può farlo chiunque non lo abbia ancora fatto: per sé stesso, per i figli, per i nipoti.
Sarà infatti da quella data, che inizierà il conteggio degli anni di adesione che possono dar diritto ad una maggiore deducibilità ed alla ulteriore riduzione dal 15 al 9% delle aliquote fiscali sulle prestazioni.
In sintesi, prima si comincia e meglio è!
giugno 2024 n. 09 Torna al Sommario
Ontologia, la sconosciuta del ciclo di vita dei prodotti (PLM)
di MASSIMO FUCCI
L’ontologia è un termine che si usa in due campi principali: la filosofia e l’informatica e, sebbene abbiano alcune somiglianze, ci sono anche differenze significative. Alcuni ricercatori stanno verificando se si tratta di
un elemento pertinente all’implementazione di soluzioni PLM in ambito aziendale e, soprattutto, quali possono i benefici ottenibili
Un’area ancora poco conosciuta su cui sarebbe opportuno effettuare un approfondimento.
Il termine ‘ontologia’ è stato utilizzato in modo estremamente generico per contraddistinguere un qualunque schema concettuale di classificazione. L’ontologia, nella filosofia, è lo studio dell’essere. In altre parole, si occupa di capire cosa significa esistere e quali tipi di cose esistono nel mondo. Questo campo di studio si interroga su questioni fondamentali come “Che cos’è la realtà?”. In concreto si tratta di definire quali sono le categorie fondamentali dell’essere e in che modo le cose che esistono sono correlate tra loro. L’ontologia, in estrema sintesi cerca di identificare e descrivere le entità di base che compongono il mondo e come queste entità possono essere categorizzate e collegate.
ONTOLOGIA IN INFORMATICA
In informatica, l’ontologia ha un significato leggermente diverso ma correlato alla sua definizione generale. Un’ontologia in questo contesto è una rappresentazione formale di un insieme di concetti all’interno di un dominio e delle relazioni tra questi concetti, questa rappresentazione è usata per modellare
la conoscenza di un determinato campo di interesse.
Le ontologie informatiche sono importanti perché con una opportuna attività di programmazione permettono ai computer di comprendere e elaborare le informazioni in modo simile a come farebbero gli esseri umani. Secondo alcuni esperti di ontologia computazionale una vera ontologia non deve limitarsi ad una gerarchia di concetti organizzati ma deve includere anche altre relazioni semantiche che descrivono in che modo i concetti sono interrelati. Le ontologie sono già utilizzate in vari ambiti, come, ad esempio la ricerca sul Web, laddove aiutano i motori di ricerca a capire meglio il significato delle query degli utenti; i sistemi di gestione della conoscenza che permettono alle organizzazioni di organizzare e recuperare
Lle informazioni in modo più efficiente; l’Intelligenza Artificiale e il Machine Learning dove forniscono una struttura per rappresentare la conoscenza in modo che i sistemi di IA possano utilizzarla per fare inferenze e prendere decisioni.
VANTAGGI DELLE ONTOLOGIE
L’uso delle ontologie in informatica porta a numerosi vantaggi:
In primis l’affidabilità, in quanto forniscono una base chiara e condivisa per la comprensione e l’elaborazione delle informazioni, migliorando la precisione delle operazioni automatizzate.
A seguire l’interoperabilità, poiché consentono a sistemi diversi di scambiare e comprendere informazioni in modo coerente. Questo è particolarmente importante in ambienti eterogenei come il web semantico, dove dati provenienti da diverse fonti devono essere integrati e utilizzati insieme.
e ontologie forniscono un linguaggio comune che standardizza i termini utilizzati in tutta l’organizzazione. Questo riduce le ambiguità e facilita la comunicazione tra dipartimenti.
Di notevole importanza la riutilizzabilità, infatti le ontologie possono essere utilizzate in vari contesti senza bisogno di creare
nuovi modelli di conoscenza da zero. Questo fa risparmiare tempo e risorse, favorendo la standardizzazione.
Una migliore scalabilità poiché possono essere estese e adattate facilmente per includere nuovi concetti e relazioni man mano che il dominio di interesse evolve.
Infine, favoriscono il ragionamento automatizzato, in quanto consentono l’uso di algoritmi di ragionamento che possono inferire nuove conoscenze basate sulle informazioni esistenti, migliorando l’intelligenza e la capacità decisionale dei sistemi informaticiIn definitiva, l’ontologia informatica è quindi un pilastro fondamentale nella rappresentazione e gestione delle conoscenze. Fornisce una struttura chiara e condivisa che permette la comprensione, l’integrazione e l’utilizzo efficiente delle informazioni in vari domini. L’ontologia è diventata uno strumento indispensabile nell’era digitale, supportando una vasta gamma di applicazioni e funziona da attivo dell’innovazione tecnologica.
IMPATTO DELL’ONTOLOGIA
SUI SISTEMI PLM: I BIG 5
Quando l’Ontologia è applicata ai sistemi di gestione del ciclo di vita del prodotto (Product Lifecycle Management, PLM), può trasformare radicalmente il modo in cui le aziende gestiscono e ottimizzano l’intero ciclo di vita dei loro prodotti
Diversi sono gli impatti già verificati sul campo. In primis troviamo la standardizzazione della conoscenza: le ontologie forniscono un linguaggio comune che standardizza i termini e le definizioni utilizzati in tutta l’organizzazione. Questo riduce le ambiguità e facilita la
comunicazione tra i diversi dipartimenti e sistemi. La standardizzazione aiuta a integrare dati provenienti da diverse fonti, migliorando la coerenza e l’affidabilità delle informazioni. Un’ontologia ben definita permette ai team di diverse discipline di collaborare più efficacemente, poiché tutti hanno una comprensione chiara e condivisa dei termini e dei concetti chiave.
Facilita la condivisione delle conoscenze e delle migliori pratiche, promuovendo l’innovazione e la risoluzione dei problemi in modo collaborativo.
Un altro elemento di impatto riguarda l’integrazione dei sistemi: le ontologie consentono l’integrazione di vari sistemi informativi aziendali (ERP, CAD, CAM, etc.), creando un ecosistema digitale coeso che supporta tutte le fasi del ciclo di vita del prodotto. Questa integrazione riduce i silos informativi e migliora il flusso di dati tra i diversi sistemi, aumentando l’efficienza e riducendo gli errori.
Un notevole apporto si ha nell’automazione dei processi infatti, la
Focus
rappresentazione formale della conoscenza tramite ontologie facilita l’automazione dei processi aziendali riducendo la necessità di interventi manuali e aumentando la velocità e l’accuratezza delle operazioni. Ad esempio, le ontologie possono essere utilizzate per automatizzare il flusso di lavoro di approvazione dei cambiamenti progettuali, garantendo che tutte le modifiche siano tracciate e conformi agli standard aziendali.
Ultimo ma non ultimo, un elemento fondamentale per il Management è il supporto alla decisione: le ontologie forniscono una base strutturata per l’analisi dei dati e il supporto alla decisione. Con dati coerenti e ben organizzati, i manager possono prendere decisioni più informate e basate su dati concreti. Permettono l’uso di algoritmi di intelligenza artificiale e machine learning per identificare pattern, prevedere trend e ottimizzare i processi produttivi.
BENEFICI ASSOCIATI
ALL’ONTOLOGIA NEI
SISTEMI PLM
In tale contesto è possibile identificare tutta una serie di benefici a partire da un miglioramento
Con dati coerenti e organizzati si possono prendere decisioni più informate e basate su dati concreti. Le ontologie permettono l’uso di algoritmi di AI e machine learning per identificare pattern, prevedere trend e ottimizzare i processi produttivi.
dell’Efficienza Operativa. Infatti, l’integrazione e la standardizzazione dei dati migliorano l’efficienza operativa, riducendo i tempi di sviluppo e i costi associati a errori e ritardi. Un accesso più rapido e accurato alle informazioni necessarie permette ai team di lavorare in modo più efficiente e produttivo.
A ciò va aggiunto un miglioramento della qualità del prodotto. Le ontologie aiutano a garantire che tutti i requisiti di qualità siano soddisfatti durante tutto il ciclo di vita del prodotto. La tracciabilità delle modifiche e dei requisiti assicura che non vengano trascurati dettagli importanti.
Un ulteriore beneficio riguarda la riduzione dei costi: l’automazione e l’efficienza migliorata portano a una significativa riduzione dei costi operativi. La riduzione degli errori e dei ritardi si traduce in minori costi di rework e meno sprechi. L’integrazione dei sistemi riduce i costi legati alla gestione di dati duplicati e incoerenti.
Notevoli i miglioramenti nel Timeto-Market: l’uso delle ontologie accelera il processo di sviluppo del prodotto, riducendo il time-tomarket. Con processi più efficienti e una migliore gestione delle infor-
mazioni, i prodotti possono essere lanciati sul mercato più rapidamente. Infine, i benefici riguardano anche Conformità e Sicurezza: le ontologie facilitano la conformità alle normative, fornendo una documentazione chiara e tracciabile di tutti i processi e le decisioni prese durante il ciclo di vita del prodotto.
In conclusione, l’applicazione delle ontologie nei sistemi PLM offre numerosi benefici che migliorano significativamente l’efficienza operativa, la qualità del prodotto e la conformità normativa. Integrando le conoscenze e standardizzando i processi, le aziende possono ottimizzare il ciclo di vita dei prodotti, riducendo i costi e accelerando il time-to-market.
In estrema sintesi, le ontologie rappresentano un elemento chiave per le aziende che cercano di rimanere competitive in un mercato sempre più complesso e dinamico.
ESEMPI DI APPLICAZIONE
Diversi sono i campi di applicazione, in sintesi si forniscono alcune pillole per Industry
Industria Automobilistica
Le case automobilistiche utilizzano ontologie per gestire la complessità dei loro prodotti, che comprendono migliaia di componenti e varianti. Le ontologie aiutano a garantire che tutti i componenti siano correttamente integrati e che le modifiche siano tracciabili e documentate.
Industria Farmaceutica
Le aziende farmaceutiche utilizzano ontologie per gestire i dati di ricerca e sviluppo, assicurando che tutte le informazioni siano coerenti e facilmente accessibili. Aiuta a garantire che i processi di produzione siano conformi alle normative e che i prodotti siano sicuri ed efficaci.
Industria Aerospaziale
Nel settore aerospaziale, la tracciabilità e la conformità sono cruciali. Le ontologie permettono di mantenere un registro dettagliato di tutte le parti e dei processi, garantendo la conformità alle rigorose normative di sicurezza. Facilita la gestione dei dati di manutenzione e la programmazione delle ispezioni e delle riparazioni.
L’Intelligenza Artificiale che serve alle imprese
L’Intelligenza Artificiale viene sempre più utilizzata in soluzioni concrete dalle imprese, soprattutto
nella sua versione specializzata (narrow artificial intelligence) e basata su apprendimento automatico (machine learning o ML).
Per trarne vantaggi occorre però conoscere le principali peculiarità del ciclo di vita dell’IA.
Una conoscenza ben presente presso il Cefriel, centro di innovazione digitale di riferimento per le imprese e la pubblica amministrazione.
Innovazione
Oramai lo abbiamo compreso, l’utilizzo dell’IA è strettamente legato all’identificazione dei dati o, meglio, delle informazioni che possono rispondere alle domande di business dell’azienda. Un modello di IA è costituito essenzialmente di dati “distillati” nei valori dei parametri del modello al termine dell’addestramento. Si pensi che Llama 2, l’ultimo modello linguistico rilasciato da Meta, è fatto di circa 500 righe di codice scritte in linguaggio C e 70 miliardi di parametri memorizzati in uno spazio di 140 GigaByte.
Nella nostra esperienza, l’approccio più efficace per perimetrare la base informativa necessaria si basa su sessioni di lavoro strutturato, che riuniscono rappresentanti del business e dell’IT, per identificare le sorgenti di dati e organizzarle in un modello di alto livello che evidenzi le relazioni e verifichi se il contenuto informativo è adeguato.
Diego Ragazzi, Data Strategy Lead Cefriel
La preparazione dei dati è spesso la fase più lunga e dispendiosa: secondo alcune fonti - quali per esempio il white paper Anaconda - le percentuali di tempo impiegate in questa fase arrivano a coprire fino al 70% o 80% del tempo totale di progetto.
Le aziende che desiderano passare da una fase di sperimentazione a una di ingegnerizzazione di soluzioni basate su IA devono considerare, oltre alla centralità dei dati, anche alcune specificità del processo di sviluppo, che a tratti si discosta dallo sviluppo software tradizionale e che cercheremo di riassumere per sommi capi.
Prima di fornire qualche rapido cenno sul processo di sviluppo, tuttavia, vale la pena ricordare altri due aspetti: la conformità normativa e la trasparenza. La prima può essere particolarmente insidiosa, data la diversa situazione dei quadri regolatori, l’abbondanza di principi vaghi e la rapidità del cambiamento che caratterizzano questo momento storico. Una chiara definizione degli obiettivi sia di business che di conformità etica e normativa è essenziale per soppesare gli inevitabili compromessi.
Anche il tema dell’interpretabilità o
trasparenza dell’IA (explainable AI o XAI) è sempre più nel mirino della normativa. Per affrontarla, esistono oggi diverse opzioni: scegliere in partenza un modello intrinsecamente interpretabile, utilizzare metodi “estrinseci” che operano sull’output del modello, oppure progettare sistemi decisionali misti basati sulla collaborazione uomomacchina (human in the loop).
PROCESSO DI SVILUPPO E ADDESTRAMENTO DEI MODELLI
Lo sviluppo di modelli di Intelligenza Artificiale è ancora intrinsecamente fatto di tentativi ed errori, per lo meno nella fase iniziale. Non è raro che il team debba sviluppare molti modelli diversi per raggiungere l’obiettivo, e la scelta dei modelli appropriati è ancora
largamente basata sull’esperienza. La crescente disponibilità di componenti software e persino modelli pre-addestrati rende sempre più efficiente lo sviluppo di nuove applicazioni e, proprio per questo, la scelta dei modelli assume un ruolo cruciale che può richiedere il contributo di esperti in ambiti diversi.
Se lo sviluppo software tradizionale è basato su algoritmi che producono risposte in linea di principio ripetibili, i modelli di IA generano una risposta probabilistica. Anche per questa ragione, la fase di test assume una estrema importanza. La scelta delle metriche per valutare le prestazioni può essere delicata, in quanto le metriche più conosciute (come per esempio accuratezza, precisione, sensitività o tasso di richiamo (recall), errore quadratico medio, errore assoluto) sono spesso di poca utilità nei casi d’uso reali, dove la
Nella nostra esperienza, l’approccio più efficace per perimetrare la base informativa necessaria si basa su sessioni di lavoro strutturato, che riuniscono rappresentanti del business e dell’IT.
complessità da gestire richiede l’uso di formule più articolate.
Nel caso di applicazioni ad alto rischio o con alto impatto sociale è inoltre consigliabile aggiungere un test di conformità etica e normativa, come previsto anche dal recente AI Act approvato dal Parlamento europeo.
L’addestramento dei modelli richiede spesso grandi risorse di memoria e di calcolo per tempi limitati e questo aspetto non può essere sottovalutato se pensiamo all’impatto ecologico dell’IA, in particolare dovuto all’elevato consumo energetico dei modelli più complessi e potenti. Se si chiama in causa il tema della sostenibilità, occorre un più ampio approfondimento, ma possiamo limitarci a osservare che, nella maggior parte delle applicazioni concrete, servono risorse di calcolo e memoria addizionali solo
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Sper periodi di tempo molto limitati. Sarà quindi necessario dotarsi delle opportune risorse tecnologiche, che ormai non possono prescindere dai servizi offerti dalle maggiori piattaforme in cloud.
Una volta rilasciato, il sistema deve essere monitorato per prevenire un possibile degrado, le cui cause vanno attentamente analizzate. Diagnosticare la causa degli errori, infatti, e definire l’approccio migliore per risolverli richiede competenze diverse da quelle tipicamente presenti nei team di supporto tecnico di secondo o terzo livello.
QUALCHE ESEMPIO DI SVILUPPO DI AI
L’approccio fin qui descritto viene applicato ai progetti che Cefriel realizza affiancando le diverse organizzazioni pubbliche e private con cui collabora.
e lo sviluppo software tradizionale è basato su algoritmi che producono risposte in linea di principio ripetibili, i modelli di IA generano una risposta probabilistica.
Una esperienza interessante è stata realizzata insieme a una startup slovena, SeaVision, per il progetto VisionAnchor, che utilizza l’AI per analizzare i fondali marini tramite boe
dotate di telecamere e algoritmi di intelligenza artificiale. L’obiettivo, in questo caso, è quello di sfruttare la potenza dell’Intelligenza Artificiale per identificare punti sicuri per l’ancoraggio delle barche, mappare l’inquinamento e individuare relitti, contribuendo così alla tutela dell’ambiente marino.
In Fameccanica, importante azienda produttrice di macchine industriali l’AI viene utilizzata per innovare il modello di business: Cefriel ha sviluppato uno strumento software che permette agli operatori di interagire con le mac-
chine, riducendo i tempi di fermo e migliorando l’efficienza produttiva. Inoltre, modelli di apprendimento automatico predittivo ottimizzano la configurazione iniziale dei macchinari, riducendo il tempo di setup.
Altro interessante progetto di impatto quello sviluppato da Cefriel insieme a Sacco System, storico gruppo di produzione di probiotici in cui l’IA e il machine learning sono stati impiegati per ottimizzare il processo di produzione dei probiotici. Analizzando milioni di dataset, sono stati identificati i fattori chiave
che influenzano la qualità del prodotto. I modelli di machine learning sviluppati permettono di prevedere l’impatto di diverse variabili sul processo di produzione dei probiotici, migliorando così la qualità dei prodotti e riducendo gli sprechi.
Il percorso di Cefriel nello sviluppo di applicazioni ed ambienti a supporto dell’AI continua, in particolare ci si focalizza sui grandi modelli di linguaggio per i settori automotive e trasporto.
Digitalizzazione dell’industria lombarda: il grado di adozione dei sistemi digitali
di MANUEL ASTUTO
Il mondo industriale è in continua evoluzione, spinto dall’incessante marcia del progresso tecnologico e dal perseguimento di obiettivi di sostenibilità.
In tale contesto, il grado di maturità digitale dei sistemi IT e il livello di adozione delle tecnologie rappresenta un indicatore chiave
della capacità di un’azienda di stare al passo con i tempi e di cogliere le opportunità offerte da un ambiente in costante cambiamento.
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In questo contesto DIH Lombardia ha effettuato un proprio survey dal quale è emerso un quadro caratterizzato da luci e ombre. Iniziamo da un aprima considerazione: l’adozione e l’integrazione di sistemi come l’Enterprise Resource Planning (ERP), il Manufacturing Execution System (MES), il Warehouse Management System (WMS), il Customer Relationship Management (CRM) così come l’implementazione di piattaforme di interazione con clienti e fornitori sono fondamentali per le aziende per mantenere e rafforzare il proprio vantaggio competitivo. Questi sistemi, se supportati da una struttura organizzativa ed esecutiva adeguata, permettono di ottimizzare i processi migliorando la qualità dei prodotti, riducendo i costi e accelerando il time-tomarket. Nessun processo è escluso dall’impatto dei trend tecnologici che stanno rivoluzionando il modo in cui le imprese gestiscono le proprie operations, dall’automazione dei processi produttivi alla gestione
Analyst
efficiente della supply chain e alla raccolta di dati per l’analisi e la presa di decisioni.
Nel panorama lombardo definito grazie ad attività su un campione di circa 500 aziende, l’ERP si è affermato tra gli strumenti maggiormente consolidati, con il 65% delle aziende che lo adotta anche all’interno del processo produttivo in almeno una tra le attività di pianificazione, rischedulazione, gestione e dispatching degli ordini di lavoro, controllo dei flussi e reporting. Inoltre, di questo 65%, circa il 23% del campione completo cerca di ottimizzare le performance integrando all’ERP un sistema MES, tassello fondamentale per il controllo in tempo reale della produzione. Un ulteriore 14% del totale ha implemetato un applicativo dedicato che, seppur non corrisponda ad un vero e proprio ERP, viene utilizzato con le medesime finalità. Nonostante risultati certamente positivi, è importante evidenziare
come il 21% del campione lombardo svolga ancora le attività in produzione esclusivamente tramite supporto cartaceo e/o strumenti Office. Questo risultato è indice del fatto che anche uno strumento di cruciale importanza come l’ERP non è ancora stato fatto completamente proprio dal tessuto industriale lombardo.
La strada verso una completa trasformazione digitale è ancora lunga e presenta sfide significative, coinvolgendo molteplici risorse e funzioni aziendali. In Progettazione e Ingegneria, tool di simulazione avanzata come Digital Twin e Virtual Commissioning (VC) sono solo sporadicamente presenti e integati (Figura 1, a). Anche soluzioni come PLM (Product Lifecycle Management) non sono sempre sfruttate. In Manutenzione, il CMMS (Computerized Maintenance Management System), molto utile non solo per facilitare la gestione delle tradizionali attività
manutentive ma anche per implementare pratiche di manutenzione predittiva, è presente solo nel 10% dei casi e, più in generale, sistemi di monitoraggio delle condizioni (CMS) sono implementati in 23 imprese su 100 (Figura 1, b). Il WMS è invece essenziale per la gestione ottimizzata dei magazzini e delle scorte ed è adottato da circa la metà del campione (46%), seppur solo 31 aziende su 100 hanno già provveduto ad integrarlo con il proprio sistema gestionale (Figura 1, c). Infine, nella gestione del rapporto con i clienti il CRM non ha ancora ottenuto un grado di implementazione elevato (Figura 1, d).
Figura 1, Distribuzione delle imprese lombarde riguardzqo l’implementazione e l’integrazione di diversi sistemi
Strumenti a supporto dell’attività di simulazione
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A quanto descritto sopra si aggiungono ulteriori considerazioni riguardo tool di Data Analytics e Data Visualization. I dati di qualità sono spesso archiviati in sistemi locali e solo parzialmente automatizzati e la frequenza e la rapidità delle analisi non sono sempre ottimali. In aggiunta, strumenti di Business Intelligence per interpretare i dati ed estrarre insight strategici sono scarsamente diffusi e per l’elaborazione delle analitiche e della reportistica prevale ancora l’utilizzo di Office.
La panoramica realizzata dal DIH Lombardia sui principali sistemi IT implementati dal tessuto industriale lombardo tratta anche la presenza di piattaforme
di interconnessione con gli altri attori della supply chain. In questo caso, l’integrazione con clienti e fornitori risulta spesso limitata e collegamenti elettronici dedicati per migliorare la collaborazione e l’efficienza operativa sono adottati solo parzialmente (Figura 2).
Questa analisi non deve distogliere dal fatto che investire nella digitalizzazione non significhi solamente acquistare ed implementare nuove tecnologie. È infatti fondamentale integrarle in modo strategico all’interno dei propri processi ed è necessario un approccio olistico che consideri l’intera catena del valore e che promuova una cultura
aziendale orientata al cambiamento e all’innovazione. La digitalizzazione risulta infatti una vera e propria leva strategica che può portare a un rinnovamento culturale e organizzativo. Le imprese che comprendono l’importanza di questo cambiamento sono quelle che riescono a innovare, a creare nuovi modelli di business e a rispondere con agilità alle sfide del mercato. Non deve essere sottovalutata l’importanza della formazione e dello sviluppo delle competenze, con investimenti in programmi di formazione continua e in iniziative di miglioramento delle competenze (upskilling e reskilling). In questo viaggio, la collaborazione tra imprese, istituzioni e centri di ricerca potrebbe
Èrappresentare un vero e proprio motore per l’innovazione, permettendo di condividere conoscenze, esperienze e best practices. Inoltre, attraverso partnership strategiche, le imprese potranno avere accesso a nuove conoscenze, tecnologie e mercati, accelerando il proprio percorso di digitalizzazione.
In conclusione, nonostante il grado di adozione dei sistemi tecnologici sia ancora limitato, la panoramica non deve essere considerata completamente in ottica negativa. Infatti, da una lato è importante evidenziare come ci siano realtà aziendali che hanno perseguito con determinazione il percorso di digitalizzazione e che hanno già adottato soluzioni innovative e
migliorato la propria competitività; dall’altro, sempre più aziende stanno riconoscendo l’importanza della digitalizzazione e stanno realizzando passi concreti per integrare queste tecnologie nei loro processi operativi (in particolare nei processi di R&D, produzione e qualità). Di conseguenza, gli ampi margini di miglioramento evidenziati dall’analisi realizzata dal DIH Lombardia devono essere uno stimolo per perseguire con decisione il percorso verso una digitalizzazione integrata. Solo grazie a sistemi interconnessi ed intelligenti in grado di ottimizzare le performance di flessibilità, efficienza e sostenibilità sarà possibile rispondere al meglio alle mutevoli esigenze del mercato.
infatti fondamentale integrarle in modo strategico all’interno dei propri processi ed è necessario un approccio olistico che consideri l’intera catena del valore e che promuova una cultura aziendale orientata al cambiamento e all’innovazione.
L’implementazione di un modello SMART per il ciclo di vita delle riunioni
È
In un contesto dinamico in cui ci sembra di non avere abbastanza tempo per riuscire a fare tutto è importante eliminare le situazioni che tendono a far perdere dell’altro tempo. In questo dominio rientrano le riunioni e le azioni informali che si auto generano dopo gli incontri tra manager e collaboratori.
totale responsabilità del management intervenire affinché le riunioni e tutte le attività post riunione si tengano in un regime di massima efficacia ed efficienza.
E, allo stesso tempo, si evitino il chiacchiericcio e le lamentale che, non solo tolgono tempo utile, ma hanno anche un’influenza negativa sull’energia positiva che ci deve necessariamente essere per continuare a competere con successo.
Organizzazione
Il tema delle riunioni efficaci è decisamente orizzontale e riguarda tutte le organizzazioni indipendentemente dalla loro dimensione, struttura e mercato di riferimento.
La mia esperienza ultratrentennale nel supporto all’efficienza delle organizzazioni mi porta ad affermare che le riunioni ed il post riunione spesso rappresentano un gran serbatoio di costi nascosti (non contabilizzati). In primis perché i partecipanti (il management) hanno un costo specifico non trascurabile ed il loro tempo deve essere sempre utilizzato al meglio. Ma non solo, sono anche l’origine da cui nascono le inefficienze nell’operatività quotidiana e, se mal gestite in termini culturali, rappresentano un forte orpello nel perseguire situazioni di medio periodo, visto l’impatto considerevole sui tempi di risposta del sistema azienda.
Le aziende, quindi, devono porre particolare attenzione al tema riunioni considerando tutto il ciclo di vita di questo elemento essenziale allo sviluppo delle attività: programmazione, esecuzione e, non ultimo, il post riunione.
QVa sempre rammentato che le riunioni, visto il contesto interdisciplinare e collaborativo in cui bisogna muoversi e la palese non perseguibilità dell’ipotesi di auto orientamento corretto delle risorse umane, rappresentano un asset strategico irrinunciabile per l’implementazione della vita aziendale. Come tali andrebbero trattate.
ui è necessaria per il Management un’attenta riflessione sull’interruttore principale: lo scopo della riunione.
Sé è una riunione informativa: va valutato se non sia il caso di sostituirla con una comunicazione scritta.
PROGRAMMAZIONE PREPARAZIONE
In particolare, la fase di preparazione deve essere posta al centro. Anche in questo a caso è importante far riferimento al noto adagio: chi ben comincia è già a metà dell’opera. Questa è la fase più importante e forse anche la meno considerata. Infatti, il ritmo frenetico scandito dalle e-mail consente convocazioni in tempo reale, poco importa se si è agito di istinto (o peggio costretti perché si è in perenne ritardo) per cui parteciperanno persone che non conoscono in tempo utile su cosa devono essere preparate in merito a obiettivi e scopo della riunione.
Se la è riunione decisionale allora è necessario mettere a fattor comune le diverse competenze e conoscenze per costruire una base informativa robusta e poter addivenire ad una decisione corretta.
Qui è necessaria per il Management un’attenta riflessione sull’interruttore principale: lo scopo della riunione.
Sé è una riunione informativa: va valutato se non sia il caso di sostituirla con una comunicazione scritta. Se si decide di mantenerla comunque, allora deve essere chiaro a tutti. Ci si riunisce e si ascolta il messaggio: un vocale in presenza in cui va valutata la necessità/funzionalità di aggiungere del tempo -razionale in termini di durata- in merito ad una sessione di domande e risposte. Non è sempre detto che le decisioni necessitino di un dibattito uno a molti.
A tal proposito, di seguito, alcuni
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Organizzazione
esempi reali da me vissuti da evitare assolutamente:
Un manager apicale di un importante azienda ha definito una riorganizzazione dipartimentale ed ha indetto una riunione di 30 minuti. Ha passato 25 minuti a spiegare la riorganizzazione e la sintesi delle logiche da lui adottate e ha concluso con questa frase: “Ho solo cinque minuti per le vostre domande.”
Un responsabile di un grande Dipartimento aziendale ha condiviso una nuova politica di smart working con il suo gruppo. Dopo una prima dissertazione in merito alla decisione presa, ha concluso la riunione affermando: “ sarete tutti d’accordo che questo nuovo approccio che ho sviluppato in collaborazione con le risorse umane, è esattamente quello che meglio si configura per gli obiettivi del nostro team”.
Un Direttore Commerciale ha illustrato una nuova linea di prodotti e le articolate politiche di pricing ai collaboratori dei reparti di Marketing e Vendite incaricati di commercializzarla. Dopo la sua dissertazione di oltre un’ora ha concluso la presentazione con un lampo di genio: “Se avete domande o suggerimenti, per favore mandatemi un’e-mail. Vi risponderò appena possibile”.
Inutile spiegare l’efficacia di queste riunioni ed il livello di chiacchiericcio di sottofondo nonché l’energia negativa che queste hanno generato…
Se invece è una riunione decisionale allora è necessario mettere a fattor comune le diverse competenze e conoscenze distribuite nei e tra i reparti, al fine di costruire una base informativa sufficientemente robusta per poter addive-
nire ad una decisione corretta. In questo caso massima attenzione va riposta da parte dell’organizzatore non solo ad una intelligente definizione dei partecipanti ma anche – e soprattutto- alle richieste in merito al loro contributo atteso. Inoltre, per facilitare tutti è importante condividere materiali di supporto alla riunione in maniera tale da omogeneizzare il più possibile il livello di conoscenza dei diversi partecipanti.
Certo, ci si deve dedicare del tempo, ma in definitiva risulta essere un investimento che ritorna con dei buoni interessi. Più si è precisi, meno sono le aree grigie, più si alza la probabilità di raggiungere gli obiettivi della riunione e sostanzialmente di quasi azzerare i chiacchiericci improduttivi post riunione.
LA CONDUZIONE DELLA RIUNIONE
Se si è ben espletata la fase organizzativa allora è lecito aspettarsi che i partecipanti siano preparati in merito a quanto a loro già richiesto. La conduzione riguarda il mantenimento di un dibattito rispettoso, inerente sia ai toni, sia, e soprattutto, al tema pre-definito ed alla tempistica ipotizzata. Ricordiamo che il management deve sempre operare secondo linee che lo vedano on time on budget
Durante la riunione è importante riconoscere e gestire le preoccupazioni e le emozioni per ridurre le discussioni emotive post-riunione e vanno incoraggiati il dibattito e la condivisione, nonché le decisioni prese. Ricordiamoci altresì che verbalizzare le riunioni non è cosa di poco conto ed è di cruciale importanza prestare molta attenzione alla definizione della lista delle azioni decise.
Il verbale deve essere molto chiaro in merito alla lista delle azioni concordate: un action list completa e strutturata deve contenere: cosa, chi, entro quando, come ed eventualmente il formato di output e dove devono essere messi a disposizione i risultati.
Il verbale va poi distribuito in tempo utile (breve) ai partecipanti.
POST RIUNIONE
Il post riunione è una fase altrettanto delicata. Innanzitutto, va fatta una lettura completa all’action list da parte dei partecipanti. Le azioni assegnate vanno messe –dai destinatari- nel proprio sistema di pianificazione e monitoraggio. In definitiva nella propria agenda operativa. Il responsabile della riunione dovrà a sua volta mettere dei paletti di monitoraggio e remind per assicurarsi corretti tempi di risposta ed esecuzione.
Organizzazione
Ancora una volta va sottolineato che la cultura di management va trattata come un asset strategico, solo cambiando la cultura si riesce ad agire sulle fasi operative.
È inevitabile che ci siano speculazioni e opinioni post-riunione. Tuttavia, se le tre fasi sono ben gestite, nel post riunione si possono anche minimizzare i problemi influenzando positivamente i dialoghi su iniziative, performance e clima lavorativo. Le discussioni informali post-riunione sono spesso più libere e sono produttive se sono orientate a comprendere meglio le questioni non chiarite durante la riunione formale.
Non va dimenticato che una non gestione strutturata inevitabilmente porta alla generazione di lamentele e critiche, che, portate all’estremo, possono erodere l’energia positiva dell’ambiente di lavoro, legittimando - di fatto - il brontolio improduttivo.
L’IMPLEMENTAZIONE DI UN MODELLO SMART PER IL CICLO DI VITA DELLE RIUNIONI
La ricetta (la best practice) per riuscire ad avere riunioni altamente produttive si basa ancora una volta su alcuni fondamentali per lo più noti anche se spesso mal o, peggio, non applicati. Quello che viene fatto prima, durante e dopo la
riunione formale influenza molto le dinamiche e le operation aziendali. Un buon risultato non si ottiene in modo casuale ma è frutto di un lavoro costante nel tempo.
L’esperienza mi ha insegnato che il primo aspetto da migliorare è quello culturale. Non ci sono alternative, le aziende devono implementare piani di rinnovo della cultura di management in modalità sistematica e predittiva. Va puntualizzato che tali percorsi non sono indirizzati a singoli ma devono essere organizzati per tutti i livelli di management, nessuno escluso. A ciò va aggiunta la definizione di un metodo di riferimento per una implementazione strutturata di una comunicazione aziendale efficace. Un passo che deve veder presenti hard e soft skills. Le capacità tecniche sono necessarie ma non sufficienti ad ottenere i migliori risultati, va insegnata la gestione delle emozioni per sviluppare il giusto livello di empatia.
Ancora una volta va sottolineato che la cultura di management va trattata come un asset strategico, solo cambiando la cultura si riesce ad agire sulle fasi operative. Va chiaramente detto che il cambiamento difficilmente è autoc-
tono, in quanto ci sono troppe comfort zone da smontare. Nella mia esperienza sul campo non ho mai trovato Manager contrari a fasi di innovazione e cambiamento. I primi problemi escono quando ci si accorge che il cambiamento non riguarda solo gli altri ma anche e soprattutto sè stessi. Allora potrebbe scattare la strategia di remare contro… rimanendo fermi, magari continuando a procrastinare le attività concordate.
Per sviluppare IL CAMBIAMENTO,
un ausilio esterno fatto da un mix di formazione e coach per la messa a regime è sostanzialmente inevitabile se si vogliono ottenere risultati concreti e permanenti.
Il commento di un Amministratore Delegato da me raccolto è estremamente esplicativo. Rivolgendosi ai manager di primo livello (i suoi riporti) ha affermato con un tono di voce deciso. “da molto tempo ci dicevamo e concordavamo azioni che per tutti erano da implementa-
re. Ma con pochi e scarsi risultati. Il dato di fatto è che ci siamo riusciti solo quando abbiamo inserito un mostro Cerbero (il consulente direzionale) che continua insistere fino a che la cosa non si realizza e non ve la fa toccare con mano”.
I risultati si ottengono solo grazie ad un lavoro continuo e strutturato. I paliativi rimangono tali: per aspera ad astra.
Organizzazione
Massimo Fucci, laureato in Fisica Cibernetica, fondatore di MindUp®Pentaconsulting, negli ultimi dieci anni si è dedicato alla riorganizzazione efficiente delle aziende ed allo sviluppo della capacità manageriali.
A supporto di questa attività, ha sviluppato la metodologia MindUp® - basata sulle mappe mentali e depositata come opera di ingegno presso SIAE. Tale metodologia assicura una governance efficiente a partire dal Management apicale, passando per i vari livelli di management operativo, fino alle operations gestite dai collaboratori. Una base congrua cha da un lato assicura il corretto orientamento di tutta l’azienda verso gli obiettivi predefiniti, e dall’altro costituisce
Massimo FUCCI Direttore Responsabile
un riferimento metodologico e razionale alla implementazione di sistemi premianti oggettivi, basati su obiettivi e relativa valutazione.
Convinto assertore della necessità di investire nel cambiamento della cultura aziendale e di quella manageriale è l’ideatore e gestore di: MindUp®Organizzazione MindUp®Formazione e MindUp®Cultura d’Impresa. Quest’ultima è un iniziativa rivolta al management d’azienda ed è costituita dalla rivista digitocartacea MindUp®Magazine e dal convegno annuale Industry Big Event (IBE®), con l’obiettivo di fornire gli elementi affinchè si riesca a formulare le giuste domande a se stessi ed agli altri.
Una serie di percorsi personalizzabili basati sulle Mappe Mentali per una migliore Governance aziendale con l’obiettivo di: Ridurre del 35% il tempo medio di riunione
Ridurre del 70% i costi nascosti
Sviluppare la sinergia tra manager
Migliorare la collaborazione aziendale