Speciale Festa di Sant’Efisio (2025)

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Festa di Sant’Efisio Speciale

Supplemento della testata giornalistica Cagliaripad

Origine e storie dell’Alter Nos e del Terzo Guardiano SANT’EFISIO

Le parole di Massimo Zedda e di Alessandra Todde IL SALUTO

Sant’Efisio oltre Tirreno: il culto pisano

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Viale Marconi, angolo

L’emozione e il ricordo della Festa di Sant’Efisio

di Simone Spada Direttore Cagliaripad.it

Quali sono i ricordi che ci legano a Sant’Efisio?

Ho deciso di prendermi per mano per fare un breve viaggio nella memoria di chi la Festa l’ha sempre vissuta da non cagliaritano. Però affascinato dai riti, dai colori e dalla solennità di una tradizione che quest’anno giunge alla 369esima edizione. Ricordo una televisione accesa. Mio padre e mia madre che seguono la processione, cercano di riconoscere i gruppi folk, commentano gli eleganti abiti. Di tanto in tanto scende la lacrima, perché dopo tutto Sant’Efisio emoziona. Anche da lontano. Poi la festa vissuta dal vivo, in mezzo a migliaia di persone. L’attesa, i sorrisi dei partecipanti, sa ramadura sul percorso della Via Roma. E poi lui, Efisio. Accompagnato nell’incidere dalle traccas

decorate a festa, dall’omaggio dei tantissimi che lo seguono. Questo ricordo accompagna la seconda edizione del supplemento cartaceo di Cagliaripad dedicato alla Festa. Nato da una idea degli editori Massimo Lai e Claudia Erdas. Quest’anno abbiamo voluto concentrare lo speciale sulle tradizioni, sui ricordi personali e sul percorso che Efisio compie ogni anno dall’1 al 4 maggio, concentrando momenti unici di raccolta, preghiera, condivisione, relazione umana.

Potrete immergervi così nella Festa da tanti punti di vista, scoprendo luoghi, usi, costumi e le figure che rappresentano la celebrazione. Tutto questo grazie al lavoro di Maria Laura Scifo, Giacomo Dessì e Emanuele Olla che insieme al sottoscritto hanno lavorato per contribuire a mantenere traccia viva e autentica della Storia. Col proposito di fare cosa gradita ai nostri lettori.

Buona Festa di Sant’Efis a tutti! •

SOMMARIO

4 Festa di Sant’Efisio

L’Alter Nos e il Terzo Guardiano due storiche figure di Sant’Efisio

6 L’omaggio

Sant’Efisio a Giorgino, tappa simbolo di umiltà

8 Cagliari

Sant’Efisio, il martire guerriero che protesse i sardi

12 La storia di Sant’Efisio

Sant’Efisio oltre i Tirreno: il mistero del culto pisano

14 La tradizione

Le “traccas” di Sant’Efisio, storia di devozione e cultura

16 Graziano Milia

Il Sindaco di Quartu Sant’Elena racconta il suo rapporto con la Festa

18 Il cibo della festa

Moddizzosu: il “pane di Sant’Efisio” tra casa, fede e identità

Speciale Festa di Sant’Efisio

Supplemento a cura della testata giornalistica

Testata registrata, autorizzazione del Tribunale di Cagliari 15/11 del 6/09/2011

Editore I Direttore Editoriale

Massimo Lai

Editrice I Responsabile Amministrativo

Claudia Erdas

Direttore Responsabile

Simone Spada

Articoli I Desk

Emanuele Olla

Articoli I Desk

Giacomo Dessì

Articoli I Desk

Maria Laura Scifo

Società editrice

New Publisher

Stampa

Arti Grafiche Merella

FESTA DI SANT’EFISIO

Sant’Efisio, origine e storie delle figure di

Alter Nos e Terzo Guardiano

L’Alter Nos e il Terzo Guardiano rappresentano due storiche figure di Sant’Efisio giunta alla sua 369a edizione

Nel cuore pulsante della secolare devozione cagliaritana a Sant’Efisio, accanto alla maestosità del simulacro e al fervore dei fedeli, operano figure meno appariscenti ma di fondamentale importanza: l’Alter Nos e il Terzo Guardiano. Incarnazioni di una tradizione radicata nell’Arciconfraternita del Gonfalone, essi rappresentano la continuità, il supporto e la meticolosa organizzazione che gestiscono la grandiosa processione.

L’Alter Nos, espressione latina che evoca un “altro sé”, incarna il principio di resilienza e previdenza. La sua esistenza è legata alla figura dell’Arciconfraternita, il Primo Guardiano. Come suggerisce il nome, l’Alter Nos è designato per subentrare pienamente nelle funzioni e nelle responsabilità del Primo Guardiano in caso di sua assenza, malattia o altro impedimento.

Questa designazione non è meramente formale, ma rappresenta una garanzia di stabilità e di ininterrotto fluire dell’organizzazione della festa. In un evento complesso come la processione di Sant’Efisio, che si snoda attraverso giorni e coinvolge innumerevoli aspetti logistici e cerimoniali, la presenza di una figura pronta a colmare un vuoto di leadership è fondamentale. L’Alter Nos, spesso scelto tra i membri più esperti e devoti dell’Arciconfraternita, incarna la saggezza e la conoscenza necessarie per guidare la macchina organizzativa senza soluzione di continuità. La sua nomina può anche essere interpretata come un periodo di affiancamento e preparazione, un’opportunità per apprendere i delicati meccanismi della gestione della festa sotto la guida del Primo Guardiano, pronto a raccoglierne l’eredità in futuro. La sua presenza discreta ma vigile assicura

che l’omaggio al Santo Patrono non sia mai compromesso da eventi imprevisti, testimoniando la lungimiranza e la dedizione dell’Arciconfraternita. Accanto all’Alter Nos, il Terzo Guardiano completa un triumvirato di responsabilità all’interno del direttivo dell’Arciconfraternita. Insieme al Primo e al Secondo Guardiano, egli costituisce il nucleo operativo incaricato di orchestrare ogni dettaglio della festa. La sua figura risponde a un’esigenza di suddivisione del lavoro e di specializzazione dei compiti. Pur non rivestendo la centralità del Primo Guardiano, il Terzo Guardiano svolge funzioni specifiche e vitali per la riuscita dell’evento.

Queste mansioni possono variare a seconda delle esigenze del momento e delle competenze individuali, ma spesso riguardano il coordinamento di particolari segmenti della processione, la gestione dei rapporti con i numerosi

gruppi partecipanti (dai “miliziani” alle traccas, dai gruppi folk ai rappresentanti delle comunità), o la supervisione di aspetti logistici cruciali come la sicurezza o l’allestimento dei percorsi. La sua presenza alleggerisce il carico di responsabilità gravante sul Primo Guardiano e permette una gestione più capillare e attenta dei molteplici aspetti della festa. Il Terzo Guardiano, con la sua dedizione e il suo impegno silenzioso, è un ingranaggio fondamentale di una macchina organizzativa complessa e rodata nel tempo. Egli incarna lo spirito di collaborazione e la consapevolezza che solo attraverso un impegno corale è possibile onorare degnamente Sant’Efisio. La sua figura, pur meno esposta mediaticamente, è un pilastro imprescindibile della tradizione, un custode di saperi e di pratiche tramandate di generazione in generazione all'interno dell’Arciconfraternita. In definitiva, l’Alter Nos e il Terzo Guardiano rappresentano due facce della stessa medaglia: la solida struttura organizzativa e la profonda dedizione che animano l’Arciconfraternita del Gonfalone nella sua missione di onorare Sant’Efisio.

Lungi dall’essere semplici figure di contorno, essi sono elementi essenziali per la continuità, l’efficienza e la ricchezza di una tradizione secolare, contribuendo silenziosamente ma in modo determinante al fascino e alla sacralità della festa più importante per la città di Cagliari e per l’intera Sardegna. La loro opera, spesso celata agli occhi del grande pubblico, è un prezioso esempio di come la passione e l’impegno discreto siano il vero motore di eventi di tale portata spirituale e culturale.

Per quanto riguarda la 369ª edizione della festa di Sant’Efisio, il ruolo di Alter Nos sarà ricoperto dalla consigliera e vice presidente del consiglio comunale, Marzia Cilloccu, sotto nomina del sindaco Massimo Zedda. «Per me sarà un grande onore rappresentare il sindaco Massimo Zedda e tutta la città per la Festa di Sant’Efisio, in un ruolo così importante e prestigioso. Un’emozione unica che vivo con grande entusiasmo e onore perché questa è una festa per le cagliaritane e i cagliaritani ma anche per tutti i sardi visto che parliamo di un evento molto sentito che non si limita alla sola giornata del 1 ° maggio» ha dichiarato la Cilloccu. •

Sant’Efisio: Massimo Zedda e Alessandra Todde celebrano la festa

Quella del 1 ° maggio sarà una giornata unica. Che unirà un popolo intero. E accoglierà i tanti turisti che parteciperanno alla celebrazione. Seguendo passo dopo passo le tappe di Sant’Efisio. Il sindaco Massimo Zedda ha voluto lasciare un pensiero sulla festa: «Il mio ringraziamento, in questa giornata di festa, va a tutte le persone che lavorano e che sono impegnate nell'organizzazione di un evento tanto caro alla città. Il messaggio universale di Sant’Efisio è quello di un martire guerriero che guarda agli oppressi, agli ultimi e alle loro difficoltà, e in cui trovano conforto anche i laici. Una storia da cui trarre ispirazione anche oggi per costruire un futuro di pace e rispetto tra le persone».

L’ha invece vissuta per la prima volta da Presidente un anno fa, Alessandra Todde. Aveva solcato la soglia di viale Trento da meno di un mese e l'impatto con la celebrazione fu notevole. «La festa di Sant’Efisio è il risveglio dell’anima di questa città. Un evento unico, che ogni anno si rinnova in forma diversa, che in tanti ci invidiano. Un evento fatto di emozioni, di passioni forti, di momenti intensi, colorati, gioiosi. Una devozione religiosa e popolare assieme per il santo venuto dal mare. Efisio è un esempio di virtù, forza e determinazione. Per me presenziare alla festa e omaggiare il santo e i cagliaritani è un onore. Auguro a tutte e a tutti di vivere ancora una volta una bellissima esperienza di popolo» •

L’OMAGGIO

Sant’Efisio a Giorgino, tappa simbolo di umiltà

Il “cambio d’abito” rappresenta un rituale imprescindibile del cammino

Un luogo dove da secoli la festa di Sant’Efisio si ferma per una tappa importantissima. È la piccola corte di Giorgino, dove il Martire compie la sua prima importante sosta durante il viaggio verso Nora. Qui, tra le mura della chiesetta custodita dalla famiglia dei Conti Ballero, si rinnova un rito antichissimo: il cambio d’abito del Santo. A Giorgino, l’aureola e la palma d’oro vengono sostituite da versioni in argento, i preziosi gioielli vengono ri-

posti, e perfino il sontuoso cocchio barocco lascia spazio al più essenziale “cocchio di campagna”, un carro robusto del Settecento integralmente restaurato dai devoti.

Non è solo un gesto simbolico, ma una tradizione radicata che riprende le esigenze pratiche di un tempo, ovvero quella di proteggere gli ori e le vesti preziose del Santo durante il lungo tragitto verso la chiesetta di Nora. La storia narra che fu il conte Michele Ciarella a consolidare questo rito nel

1816, dopo aver perso in mare la moglie e i figli. Da allora, la promessa di accogliere ogni anno Sant’Efisio a Giorgino è stata mantenuta senza interruzioni dai suoi discendenti, oggi la nota famiglia Ballero.

Nel percorso inverso del Santo, il 4 maggio, tutto torna al suo posto: le vesti, i gioielli, il cocchio sontuoso. Sant’Efisio è pronto a rientrare a Cagliari, accolto da una città che non ha mai smesso di sciogliere il suo voto di gratitudine. •

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CAGLIARI

Sant’Efisio, il martire guerriero che protesse i sardi

I festeggiamenti in suo onore si tengono due volte all’anno: il 15 gennaio e il primo maggio per la “festa grande”

Sant’Efisio, compatrono di Cagliari, è nato attorno al 250 d.C. ad Aelia Capitolina, l’odierna Gerusalemme. Prima soldato per Diocleziano e poi convertitosi al cristianesimo, venne condannato a morte per decapitazione. Il tragico epilogo avvenne a Nora. Prima dell’esecuzione, il soldato pregò il Signore affinché proteggesse il popolo sardo.

I festeggiamenti in suo onore si tengono due volte all’anno. La prima celebrazione avviene il 15 gennaio, giorno in cui la Chiesa cattolica ha fissato sul calendario la Memoria Liturgica. La

seconda, invece, il primo maggio, per la “festa grande”. In questa occasione, la statua del santo viene portata in processione fino a Nora per sciogliere un voto fattogli dalla municipalità nel 1656 affinché liberasse Cagliari dalla peste.

In altre due occasioni, il simulacro di Sant’Efisio viene portato in processione per le vie cittadine. La sera del giovedì santo, nella tradizionale visita alle sette chiese storiche. E il giorno di Pasquetta, quando la statua viene portata sino alla cattedrale per sciogliere un altro voto, quello del 1793, quando la città venne risparmiata dai

bombardamenti delle navi da guerra della Francia rivoluzionaria. Al termine di quest’ultima processione viene solennemente benedetto il giogo dei buoi che trainerà il cocchio del santo durante la processione del primo maggio. Si tratta di una tra le processioni a piedi più lunghe d’Europa. Dal capoluogo sardo, la statua del santo viene trasportata verso Pula passando per Capoterra, Sarroch e Villa San Pietro. Dopo due giorni di preghiere, la statua riparte alla volta di Cagliari accompagnata in processione dai fedeli dopo aver percorso a piedi circa 80 chilometri. •

LA STORIA DI SANT’EFISIO

Sant’Efisio oltre Tirreno: il mistero del culto pisano

La Sardegna non è l’unico luogo in cui si celebra il martire: da diversi secoli Efisio viene venerato anche a Pisa

Il nome di Sant’Efisio porta la mente a pensare a Cagliari e alla Sardegna. La festa dedicata al Santo è uno dei più grandi punti di incontro tra storia, tradizione, fede e folklore per l’Isola e ogni anno coinvolge non solo i sardi, ma anche tanti turisti che arrivano appositamente per l’occasione. Tuttavia, la Sardegna non è l’unico luogo in cui si celebra il martire: da diversi secoli Efisio viene venerato anche a Pisa. Di fatto l’unico centro, oltre al capoluogo sardo, in cui gli si rende omaggio. Apparentemente, questa devozione

potrebbe sembrare scontata se si tiene in conto la presenza pisana nell’Isola, che lascerebbe pensare ad un culto ereditato nel tempo. In realtà però, la cronologia degli eventi suscita una serie di interrogativi rimasti irrisolti. La presenza pisana in Sardegna si consolida nel corso del XII secolo, ma stando a quanto riportato dalle fonti, le reliquie del Santo a quel punto erano già state trasferite dalla chiesa di Nora alla città toscana insieme a quelle del suo “gemello” San Potito.

Tale movimento, di cui parla anche

Francesco Alziator, avvenne nel 1088 e segna l’avvio del culto pisano del Santo. D’altra parte, perché avvenne tale traslazione? Le ipotesi avanzate dagli storici sono principalmente due e diametralmente opposte. Alcuni ritengono che le reliquie siano state portate a Pisa per essere protette, presumibilmente dalle incursioni arabe che afflissero la Sardegna durante l’XI secolo. A difesa dell’Isola, infatti, intervennero proprio pisani e genovesi, senza mettere da parte le loro mire espansionistiche. In quegli anni, inoltre, si verificarono numerose

donazioni di carattere ecclesiastico e perciò non è da escludere che i resti di Sant’Efisio fossero all’interno di tali movimenti. La seconda ipotesi, invece, evidenzia la possibilità che i pisani abbiano acquisito con la forza i resti del Santo: un modo per sottolineare la loro supremazia.

Nel corso dei secoli la devozione nei confronti del Santo crebbe come testimoniato dagli Statuti e dalla realizzazione di opere scultoree e pittoriche. Secondo le fonti, la festa dedicata a Efisio e Potito veniva celebrata il 13 novembre ed è stata conservata una bozza del discorso che l’arcivescovo Federico Visconti avrebbe pronunciato per l’occasione in un anno tra il 1253 e il 1256. Per quanto concerne le testimonianze pittoriche, tra il 1391 e il 1392 Spinello Aretino realizzò degli affreschi nel Camposanto di Pisa. Si trattò della prima opera visuale che narrava la storia di Efisio. Più tardi vennero realizzate delle statue raffiguranti i due santi martiri, che trovarono posto nella Cattedrale, all’interno di nicchie ai lati di un altare che ai tempi era stato intitolato a loro: a sinistra Sant’Efisio, opera del 1592 di Giovanni Battista Lorenzi, e a destra San Potito, completata nel 1616 da Paolo Borghesi Guidotti. A coronamento della devozione pisana, nel 1711 l’arcivescovo Francesco Fortini fece edificare nel palazzo arcivescovile una cappella dedicata ai due santi. Dal 1800 in poi il culto di Sant’Efisio nella città toscana si è notevolmente affievolito.

Al contrario, è ben noto che a Cagliari e in Sardegna abbia ripreso vigore a partire dal XVII secolo. Per questo motivo, nel 1886 le due arcidiocesi stipularono un accordo che avrebbe riportato nell’Isola una parte delle reliquie di Sant’Efisio e in Toscana quelle del patrono pisano San Ranieri, a cui oggi è dedicato quello stesso altare all’interno della Cattedrale che in passato aveva portato invece il nome di Sant’Efisio. Resta tuttavia il mistero del perché le reliquie del Santo siano state portate a Pisa, dando così origine ad un culto dimenticato da molti ma di cui restano ancora evidenti testimonianze. •

LA TRADIZIONE

Le “traccas” di Sant’Efisio, storia di devozione e cultura

I carri trainati dei buoi diventano delle vere e proprie opere d’arte mobili, simbolo della profonda devozione popolare verso il santo

Al centro della festa di Sant'Efisio a Cagliari, tra il fragore dei tamburi, il canto dei fedeli e il profumo degli incensi, emergono maestose e colorate: le traccas. Questi carri trainati da buoi, sono più che semplici mezzi di trasporto, si trasformano per l’occasione in autentiche opere d'arte mobili. Le traccas sono l’espressione più viva del legame indissolubile tra la comunità e il suo Santo Patrono. Nascono come mo-

desti carri agricoli, strumenti di lavoro legati alla terra e al ciclo delle stagioni, divengono icone sacre attraverso un processo di trasformazione che coinvolge intere comunità. Per settimane, prima della processione, abili mani si dedicano con passione alla loro decorazione sfarzosa. Fiori freschi di ogni specie e colore, intrecciati in ghirlande e disegni complessi, rivestono interamente la struttura del carro, creando una diffusione di profumi e colori. Tes-

suti pregiati come velluti, sete e broccati drappeggiano le fiancate e il baldacchino, conferendo regalità e solennità. I tappeti sardi, con i loro motivi geometrici ancestrali aggiungono un tocco di profondo radicamento nel territorio. In passato, ma spesso tutt’oggi, la frutta e verdura venivano utilizzate come offerta, simbolo di abbondanza e prosperità propiziate dal Santo. Non mancano, infine, oggetti sacri e simbolici, come immagini di Sant’Efisio, croci e altri simboli religiosi, a ribadire la natura spirituale del carro. La pariglia di buoi, anch’essa parte integrante dello spettacolo, viene accuratamente scelta e preparata per l’occasione. Ogni tracca rappresenta una specifica comunità, un quartiere storico di Cagliari, un paese dell’hinterland o un’associazione di devoti. Gli abitanti di queste località si sentono profondamente legati al “loro” carro e partecipano attivamente a tutte le fasi della sua preparazione e del suo accompagnamento durante la processione. •

GRAZIANO MILIA

«La Festa di Sant’Efisio è una emozione enorme»

Il sindaco di Quartu Sant’Elena racconta il suo rapporto con la Festa, ed in particolare la prima volta che l’ha vissuta personalmente

La Festa di Sant’Efisio è una festa di popolo. Che non riguarda solo Cagliari, ma tutti i luoghi legati Santo. Quartu Sant’Elena però ha stabilito un legame profondo, importante, sentito. Come dimostra il sindaco Graziano Milia.

«Sono arrivato a Cagliari nel novembre del 1969. Nella primavera del 70 ho avuto due fortune, che mi hanno emozionato tantissimo. La prima è che sono andato allo stadio per la prima volta il giorno in cui il Cagliari ha vinto lo scudetto. E la seconda è stata la sfilata di sant’Efisio. Mi colpì tantissimo. Vedere tutta questa gente, i colori, i costumi.

La cosa che mi impressionò di più fu vedere le traccas. Conservo un bel ricordo».

Invece da rappresentante delle istituzioni e da adulto, la Festa si vive diversamente.

«Da rappresentante delle istituzioni non ho mai partecipato alle cerimonie ufficiali. Da civile, però, una cosa che ho fatto e faccio spesso è quello di salire su alla chiesetta e seguire tutte le fasi della partenza. È una cosa che mi ha sempre colpito molto. Dal mio punto di vista personale, trovo che quello sia il momento più intenso, più vivo, più autentico. Non ho vissuto altri

momenti, sicuramente sono molto significativi. Ma il mio momento è quello».

In ultimo un pensiero a chi non ha mai vissuto la celebrazione. Quale potrebbe essere il consiglio migliore?

«Consiglierei di andare a vederlo, punto e basta. Sant’Efisio è una cosa per occhi esterni, per chi viene da fuori è una cosa bella. Anche per noi, sia chiaro. Ma noi ci siamo abituati. Vederla la prima volta credo sia una emozione enorme. Sant’Efisio è una manifestazione di popolo che lascia affascinati. È il popolo che si riconosce nella giornata». •

Basilica di Sant’Elena Imperatrice l Nuraghe Diana l Parco Naturale Molentargius Saline l Ex Convento dei Cappuccini l Le Traccas di Sant’Efisio
Mari Pintau l Murale in viale Colombo l La Patrona Sant’Elena Imperatrice
Casa Museo Sa Dom’e Farra
Sala dell’Affresco l Gioielli quartesi

Moddizzosu: il “pane di Sant’Efisio” tra casa, fede e identità

Una specialità culinaria sarda legatissima al Martire

Preparare il moddizzosu è molto più che cucinare: è portare a tavola un frammento di storia. È pane che racconta di fatica, viaggio e condivisione. Ed è durante la festa di Sant’Efisio, quando il profumo del moddizzosu si mescola a quello dei fiori e delle candele, che quel semplice impasto d i semola, farina di patate e strutto diventa un piccolo miracolo quotidiano, che sa di fede e identità.

Il moddizzosu, conosciuto anche come il “pane di Sant’Efisio”, è un pane rustico, genuino, dalla crosta scura e croccante, ma con un cuore morbido, capace di resistere nei giorni, proprio

come vuole la tradizione.

Ingredienti per il moddizzosu sardo:

500 g di semola di grano duro; 500 g di farina di patate; 25 g di lievito fresco; 50 g di strutto; 1 cucchiaio di miele; 200 g di patate lesse e schiacciate; 300 ml di acqua tiepida (circa, da regolare durante l’impasto).

Come si prepara il moddizzosu: in una ciotola si mescolano la semola e la farina di patate. Poi si uniscono il lievito, lo strutto, il miele e le patate schiacciate. Si inizia a impastare versando poco per volta l’acqua tiepida, lavorando l’impasto per almeno 15 minuti, fino a renderlo elastico e morbido. Si copre l’impasto con un canovaccio

o pellicola e lo si lascia riposare al caldo per 4 ore, fino al raddoppio del volume. Dopo la lievitazione, si fanno delle pieghe di rinforzo, lasciando ogni volta riposare l’impasto 5 minuti. Si divide poi in panetti da 250-300 g, formando delle pagnotte tonde. Le pagnotte si adagiano su un telo spolverato di semola e si lasciano lievitare per altre 2 ore.

Il forno va preriscaldato a 20 0 ° C e un trucco è quello di mettere all’interno un pentolino d’acqua per creare umidità. Dopo aver infornato, si abbassa la temperatura a 190 °C e si cuoce per 15-20 minuti, fino a doratura. •

Foto credit: Go Oristano

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