Knife n. 3

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Turismo macabro.

Quando la follia ispira una gita di Alessandro Girola

Probabilmente il fenomeno esiste da sempre. Basti pensare a quanti in passato si recavano in visita sui luoghi delle grandi battaglie o dei martirii dei Santi. In molti casi si trattava di rispetto e devozione, ma in altri era pura e semplice morbosità. Chi, come me, è nato negli anni ‘70, ricorderà il disastro di Chernobyl, ma anche la nascita di piccole agenzie turistiche specializzate nell’organizzare viaggi sul luogo della tragedia, a dispetto del rischio radioattivo tuttora non ancora scomparso. Inutile negare che l’essere umano, capace di grandi gesti di generosità, coraggio e pietà, è anche portatore latente di un lato oscuro. Quel lato che ci spinge a rallentare quando vediamo un incidente in autostrada, o che ci porta a cercare il video dell’impiccagione di Saddam Hussein su YouTube. Negli ultimi dieci anni, in Italia, si sta affermando un nuovo sottegenere giornalistico, specializzato nell’indagare, enfatizzare e spettacolizzare alcuni delitti, quasi tutti commessi in ambito familiare. La macabra curiosità dello spettatore medio viene irresistibilmente attratta da storie di efferati omicidi. Più sangue scorre, più la tragedia pare inspiegabile e drammatica, più il caso fa notizia. I nomi di certi luoghi – i luoghi del delitto – sono oramai entrati nel lessico comune. Cogne, Garlasco, Avetrana, Erba, Perugia. Piccoli paesi o città di provincia che per mesi sono stati assediati da telecamere, cronisti, curiosi, mitomani. Attraverso ricostruzioni tridimensionali di cattivo gusto, talk show con ospiti spesso improvvisati e del tutto privi della competenza per argomentare in modo sereno, noi tutti siamo entrati in questi posti, imparando a conoscerne ogni dettaglio.

Per alcuni però vederli in televisione non è abbastanza. Ed è così che il fenomeno del turismo macabro si è affermato ancora una volta. Il delitto di Cogne, risalente al 2002, è stato commesso in uno chalet isolato. Il piccolo Samuele fu ucciso barbaramente e, dopo lughissime indagini e dibattimenti, il colpevole fu riconosciuto nella madre, Annamaria Franzoni. Lasciando da parte i vari colpi di scena che hanno caratterizzato il processo, concentriamoci invece sull’ondata di “gitanti” che per anni hanno organizzato vere e proprie scampagnate per fotografare lo chalet, ovviamente condendo il tutto con illazioni e infinite chiacchiere sul delitto avvenuto tra quelle belle montagne. La villetta di Garlasco, dove nell’agosto del 2007 venne uccisa Chiara Poggi, è tutt’oggi abitata dai genitori della ragazza. Ciò non impedisce a molti curiosi di recarsi sul luogo per immortalare la casa in cui la ventiseienne Chiara fu trovata morta, tra l’altro senza conoscere ancora oggi il nome dell’assassino. Olindo e Rosa sono i due artefici di un’assurda strage condominiale, uno dei più inspiegabili raptus di follia e di violenza domestica degli ultimi anni. Entrambi vivevano nella tranquilla cittadina di Erba, che mai si sarebbe sognata di diventare una delle “capitali dell’orrore” del nostro paese. Nella vera e propria strage compiuta dai coniugi Ro-

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