Irene Cabiati, Cristina Corti, Maria R. D’Amico, Vittorio Giannella, Luca Guzzo.
In copertina Recco durante il Festival Evoè
Editoriale
Un mondo a parte o meglio il mondo in un unico luogo. Potrebbero chiamarsi così le mete toccate in questo numero-viaggio di Odisseo. Sempre alla ricerca di posti particolari, alle volte anche turistici, ma visti con un occhio diverso. Cercando e trovando il nascosto con la sua storia e le sue storie, individuando sempre qualcosa non così facile da cogliere.
Ecco un paesaggio, quello della Lomellina, che offre spunti svariatissimi, possibili da scoprire, anzi da conquistare solo con un lungo cammino. In una grande metropoli come Buenos Aires, dove ormai tutto è inglobato in grattacieli e costruzioni avveniristiche, immergersi in un quartiere o meglio in un barrio dove davvero i secoli non sembrano passati, eppure la vita c’è ed è coinvolgente.
Ma il mondo può anche essere in un unico palazzo, come succede a Berlino, dove al Gropius Bau si concentrano testimonianze, presenze, ricordi di molti Paesi. E il filo conduttore che lega e attrae non è solo il cinema e l’arte, ma anche una certa joie de vivre. O ancora tutto il fascino conquistato di una città, come l’Aquila, che rinasce e splende più che mai dopo il dramma vissuto. E infine gli abissi marini con segreti inesplorati e le piscine specializzate dove la profondità oltre che una sfida intima o sportiva diventa un gioco non soltanto per esperti.
Luisa Espanet Direttore Odisseo
Sulla via Francigena
di Cristina Corti, fotografie dell’autrice
basso la chiesa di S.Giorgio a Gropello Cairoli. Nella pagina accanto, le indicazioni lungo il cammino. Nella doppia pagina seguente, i canali d’ irrigazione delle risaie.
Alcune vie di pellegrini hanno trovato una vocazione turistica, una di queste è la Via Francigena, che dal Nord Europa, si dirigeva verso Roma lungo una delle più importanti vie di comunicazione del Medioevo.
È un percorso emozionante la Via Francigena, attraversa luoghi cardine della storia d’Italia e d’Europa, immerso nella natura, tra campi coltivati, canali irrigui e antichi borghi. L’itinerario che da Vercelli conduce a Pavia si snoda in sessanta chilometri di pianura nella regione chiamata Lomellina.
Partendo da Vercelli, il cammino s’inoltra subito nella pianura, attraversando le distese di risaie e i numerosi pioppeti che caratterizzano il paesaggio. Dopo aver superato il fiume Sesia, si entra in Lombardia, dove la rete di rogge e canali svelano un territorio modellato dall’acqua e dalla sapiente opera dell’uomo nel corso dei secoli. Uno dei primi borghi che s’incontrano è Palestro, luogo di antiche battaglie risorgimentali, seguito da Robbio, con la superba chiesa romanica di San Pietro, un tempo punto di sosta per i pellegrini. Altro gioiello romanico della zona è l’Abbazia di San Valeriano, con le sue absidi e la facciata in cotto. Durante la nostra sosta in una fattoria di coltivatori di riso, tra una cena genuina e una notte immersa nella quiete delle risaie, abbiamo imparato molto sulla coltivazione, la lavorazione e le tradizioni che rendono il riso un prodotto d’eccellenza
della Lomellina. Il sistema d’irrigazione delle risaie, basato su una rete di canali derivati dai fiumi Ticino, Po e Sesia, garantisce un apporto idrico costante e sostenibile, favorendo la crescita del riso in un ambiente allagato che migliora la fertilità del suolo e limita la competizione con le infestanti.
Il cammino prosegue verso Mortara, cuore della Lomellina, nota per la sua storia legata ai monaci benedettini e per la tradizione gastronomica del salame d’oca. Il nome pare derivi dal latino “Mortis Ara”, cioè “altare dei morti”: qui, infatti, avvenne una delle battaglie più sanguinose della storia fra l’esercito longobardo di
re Desiderio e quello dei Franchi di Carlo Magno, nel 773 d.C. Da Mortara c’è il tempo per una gita in treno a Vigevano, per ammirare la Piazza Ducale considerata una delle più belle d’Italia. E’ il primo esempio di piazza rinascimentale ed è stata modello per le più celebri piazze italiane ed europee. Lasciate Vigevano e Mortara, il percorso continua tra cascine e filari di pioppi. Si raggiungono così Tromello e poi Garlasco, con il santuario della Madonna della Bozzola, meta di pellegrinaggi locali. Da qui, il paesaggio comincia a cambiare, avvicinandosi progressivamente al Ticino e alle sue sponde alberate.
a sinistra il pioppeto lungo l’argine del Sesia, nei pressi di Vercelli.
A destra, il Ponte Coperto, simbolo della città di Pavia, che attraversa il Ticino.
Odisseo
Camminando sui sentieri del meraviglioso Parco del Ticino, giungiamo al Ponte Coperto che attraversa il fiume e porta direttamente nel centro storico di Pavia, antica capitale longobarda, dove si conclude la quarta tappa. Qui tra studenti universitari, negozi eleganti, chiese antiche, ci godiamo un momento di relax seduti a
uno dei tavolini degli innumerevoli locali, prima di riprendere il treno per tornare a casa.
La bellezza dell’Italia è anche all’interno delle sue regioni, da percorrere e scoprire con calma, passo a passo. E la Lomellina attraverso la Via Francigena è una di queste.
Nella pagina accanto il Parco del Ticino. In questa pagina, particolari delle risaie.
Il parco del Ticino.
Per saperne di più
Dove dormire e mangiare
I tappa Vercelli-Robbio 18 km: Cascina Bosco Farnesina, per cenare, dormire e chiacchierare di agricoltura ma non solo.
II tappa Robbio-Mortara 14 km: Albergo Bottala, con ottimo ristorante e gestione familiare molto cordiale.
III tappa Mortara-Garlasco 21 km: B&B La casa dei frutti di Bosco per dormire; Ristorante Il Cortile per cenare.
IV tappa Garlasco-Pavia 24,5 km.
Da leggere
La Via Francigena.1.000 km a piedi dal Gran San Bernardo a Roma, Terre di Mezzo Editore
Umberto De Agostino, Lomellina medievale. Le abbazie di Mortara e Breme, i conti Palatini di Lomello e i Lomellini, potenti dogi di Genova, Lomellibro Editore
Le risaie della Lomellina Orientale.
San Telmo, l’ultimo barrio
di Luca Guzzo, fotografie dell’autore
Come tutte le metropoli, Buenos Aires cambia velocemente, soprattutto nel suo cuore pulsante. Edifici sempre più alti stanno lentamente cancellando l’identità dei “barrio”, ma uno resiste: San Telmo.
Mentre antiche case coloniali e palazzi in stile francese sono ormai soffocate da nuove costruzioni, San Telmo si conserva immutato. A soli sei isolati da Plaza de Mayo, custodisce l’anima autentica e coloniale della capitale argentina, lontana dal traffico caotico e dalle sedi del potere. Scopriamolo insieme con questo itinerario a piedi.
Partiamo da Plaza de Mayo e imbocchiamo Calle Defensa, attraversando il quartiere di Montserrat. Qui meritano una sosta la Basilica di San Francesco d’Assisi e, poco più avanti, la Basilica Nuestra Señora del Rosario.
Mentre ci addentriamo, lentamente, nell’ultimo quartiere che conserva la memoria di un passato glorioso, il nostro viaggio ci porta in un angolo iconico: l’in-
A destra, musicista di strada a Plaza Dorrego. In basso, l’interno del mercato di San Telmo e un murales in calle S. Lorenzo.
contro con Mafalda, la celebre creazione del fumettista argentino Quino. Qui, la simpatica bambina riccia si fa fotografare insieme agli altri protagonisti del fumetto, un’occasione perfetta per scattare un ricordo divertente e originale. Poco più avanti, merita una visita El Zanjon de Granados, un luogo archeologico sotterraneo che ci porta a scoprire le origini della città. Il suo intricato labirinto di tunnel sotto un palazzo del XIX secolo è una testimonianza unica della storia di Buenos Aires. Con un piccolo supplemento, è possibile visitare anche la Casa Mínima, la più stretta di Buenos Aires, che misura appena 2,30 metri di larghezza. Le visite sono guidate, in spagnolo o inglese, e l’esperienza è davvero intrigante.
Proseguendo il nostro cammino per Defensa, arriviamo finalmente al Mercado de San Telmo, inaugurato nel 1897 per soddisfare i bisogni alimentari dei numerosi immigrati europei. Oggi, questo mercato è un vivace punto d’incontro per chi vuole assaporare la cucina argentina, oltre che un vero e proprio emblema culturale. Non lasciatevi tentare troppo, però: siete appena all’inizio dell’esplorazione del barrio. Una pausa con un caffè e una medialuna (cornetto argentino) è l’ideale.
Proseguendo lungo Defensa, in pochi
passi raggiungiamo la storica Plaza Dorrego, una delle piazze più suggestive di Buenos Aires, dove l’atmosfera coloniale resiste sotto l’ombra degli alberi. Qui, il suono del tango accompagna i passanti e tra i tavolini dei caffè e le bancarelle artigianali e artistiche si assiste a esibizioni dal vivo di tango o milonga. Non dimenticate di fermarvi, magari per un pranzo, e godervi le performance dei ballerini, tutti ottimi professionisti.
Un’ottima scelta è il Todo Mundo Club, storico locale che ha tavolini anche sulla piazza.
Riprendendo il nostro Tour non si può fare a meno di visitare, sempre su Plaza Dorrego, la Galería Solar de French, elegante edificio degli anni ‘30 in stile neocoloniale, che conserva al suo interno negozi e atélier artigianali. Poco più avanti, la Casa Ezeiza, dimora storica in stile italiano, che ora ospita piccole botteghe artigianali.
All’uscita ritornate per Plaza Dorrego e svoltate a destra su Humberto 1°, e poco dopo a sinistra su Balcarce: qui troverete la Galería del Viejo Hotel, un angolo in cui il tempo sembra essersi fermato. Ha ospitato immigrati, per poi diventare ospedale durante l’epidemia di febbre gialla e infine una pensione. Oggi è una galleria d’arte che espone creazioni locali, un affascinante viaggio nel passato.
A sinistra il Pasaje la Defensa. Nelle pagine seguenti, a sinistra, casa decorata in Calle Bolivar. A destra, locale in Plaza Dorrego.
E come se non bastasse, San Telmo ha anche numerosi Musei. Alcuni piccoli e gratuiti come il grazioso Museo de la Historia del Traje, che ospita antichi costumi, e celebra la sartoria argentina. Di tutt’altra dimensione è il Museo Moderno, ospitato nella ex manifattura tabacchi Nobleza Piccardo al limite del quartiere. Al suo interno ci sono più di 7mila opere d’arte di artisti argentini e internazionali dal 1920 a oggi. Un museo, quindi, per gli amanti dell’arte moderna e contemporanea, che comunque sorprende per le dimensioni e l’ottimo allestimento delle mostre temporanee.
Se il nostro tour non ci ha ancora sfiancati, possiamo proseguire alla scoperta di
San Telmo, un quartiere che ha davvero tanto da offrire. Merita davvero girovagare tra le Calle e le Avenide, senza timore di perdersi.
E tornando verso Plaza de Mayo, percorrendo la parallela Calle Bolívar, si può fare un’ultima sosta al celebre Perón Perón Vivo, un locale che celebra l’epoca iconica del presidente argentino Juan Perón e della sua leggendaria moglie, Evita. Un’atmosfera unica, arricchita dalla musica folkloristica argentina dal vivo, che rende l’esperienza ancora più speciale. Anche se la giornata volge al termine, il cuore di San Telmo batte forte, ed è un quartiere che continua a sorprendere in ogni angolo, in ogni incontro.
Nelle pagine precedenti, l’interno del locale Peròn Peròn. A sinistra, ballerini in Plaza Dorrego. In questa pagina, in alto, Galeria del Viejo Hotel, in basso Galeria Solar de French.
Per saperne di più
Da vedere
La panchina di Mafalda, Defensa 700
El Zanjon de Granados, Defensa 755
Casa Minima, San Lorenzo 380
Galeria Solar de French, Defensa 1066
Casa Ezeiza, Defensa 1179
Galeria del Viejo Hotel, Balcarce 1053
Dove mangiare e non solo
Mercado de San Telmo, Defensa 963
Todo Mundo Club, Don Anselmo Aieta 1095
Perón Perón Vivo, Bolivar 813
Musei
Museo de la Historia del Traje, Chile 832
Museo Moderno (MAMBA), Av. San Juan 350
Il gioco del calcio alla pallina in un viale di Asmara.
La panchina di Mafalda in Defensa
In giro per il mondo al Gropius Bau
Di Maria R. D’Amico, Fotografie dell’autrice
In basso un particolare del Gropius Bau. Nella pagina accanto, costruzioni oltre Potsdamer Platz.
“Se viaggi, si vede”, “Se sai vedere, sai viaggiare”. Può quindi capitare di trovarsi davanti al Gropius Bau a Berlino e scoprire che è un palazzo che “contiene moltitudini”.
Come direbbe il poeta Walt Whitman, quando entri in un luogo come il Gropius Bau ti senti come un esploratore curioso alla scoperta del mondo. A metà febbraio, per esempio, c’è sempre l’EFM, l’European Film Market, durante la Berlinale, e la grande hall del Gropius Bau si trasforma in una full immersion cinematografica tra i Paesi più interessanti in questo momento, frequentata da più di seicento produttori internazionali. L’atmosfera è un mix di energia, curiosità, scambi culturali. Ma c’è anche il business insieme ai panel di discussione con gli esperti del settore, che si confrontano con le nuove frontiere delle immagini, dalle piattaforme di streaming all’Intelligenza Artificiale. E poi ci sono i film e i documentari che ti portano in mondi diversi e che spesso risvegliano la voglia di partire e di andare via. Il Brasile in un angolo accogliente del
maestoso primo piano del Gropius Bau, tra una caipirinha e una chiacchiera allegra, sponsorizza vari film girati nelle regioni più incredibili e sconosciute. A cominciare da O Ultimo Azul di Gabriel Mascaro, che ha vinto l’Orso d’argento Gran Premio della Giuria. Racconta un lungo viaggio at-
Cattedrale Metropolitana, nel centro città
A sinistra , l’ingresso del Gropius Bau durante il Festival del Cinema. In questa pagina, la torre di Renzo Piano a Potsdamer Platz.
A destra, un’installazione all’interno del Hyatt Hotel a Potsdamer Platz. Nelle pagine seguenti, l’interno del Ristorante Weilands . Mongolfiera davanti al Gropius Bau. Scultura in ferro dietro il Palazzo del Cinema.
traverso i fiumi e gli affluenti nascosti dell’Amazzonia, su una barca guidata da due donne ultrasettantenni,in fuga dagli stereotipi dell’anzianità, verso una libertà autentica e lontana dai ruoli sociali normalmente riservati alle donne non più giovanissime. Un film magico, dove protagonista è anche la natura con i suoi misteri, le sue oscurità ma pure le sue sorprese divertenti.
La Cina, presente all’ultima Berlinale con più di sei titoli, e Orso d’argento per la miglior regia con Living the Land di Huo Meng, propone la vita di campagna di un villaggio sperduto, Bawangtai, dove niente sembra essere cambiato nei secoli. Dove anche nel 1991 il tempo viene ancora misurato con il calendario della luna e il progresso è visto come una minaccia che preannuncia l’invasione della freddezza della burocrazia e del progresso a tutti i costi.
La Norvegia, che ha ricevuto l’Orso d’oro con Dreams di Hag Johan Haugerud, mostra una Oslo inedita, luminosa e inquietante che fa da sfondo al sogno d’amore di una 17enne innamorata della sua insegnante di francese. Insieme agli altri due film, tutti girati nella capitale, fa venire voglia di riscoprire questo Paese silenzioso e un po’ dimenticato.
E durante il resto dell’anno? Il Gropius Bau si reinventa continuamente, attirando nuovi artisti e ospitando re-
golarmente mostre d’arte moderna, di fotografia e di architettura. Le esposizioni sono spesso caratterizzate da un approccio interdisciplinare, in cui vengono esplorate anche le connessioni tra arte, politica, e cultura. Dall’11 aprile fino al 31 agosto quest’anno è in programma una grande personale di Yoko
Ono, organizzata dalla Tate Modern di Londra. Con oltre duecento oggetti esposti, tra cui fotografie, partiture, installazioni di videoarte e ovviamente la musica.
La domanda a questo punto arriva spontanea: ma perché il Gropius Bau è diventato un punto di riferimento internazionale? Forse perché ha una storia e un’evoluzione complessa, che caratterizza da sempre tutta la città e va oltre il suo nome e la connessione con l’architettura degli ultimi due secoli. Progettato tra il 1877 e il 1881 da Martin Gropius (prozio del modernista Walter il fondatore del Bauhaus, molto diverso dal Movimento Brutalista), è in stile neorinascimentale con un’impronta grandiosa e solenne. La facciata principale ha colonne corinzie, e sopra l’ingresso spicca una grande finestra a tutto tondo, tipica delle architetture dell’Ottocento, così come i mosaici con allegorie di epoche diverse e gli stemmi delle città tedesche. Bombardato e distrutto nelle ultime due settimane della Seconda Guerra Mondiale, la sua demolizione sembrava inevitabile. In quel
periodo l’edificio, come tutta la città, era pervaso da una grande angoscia e un’infinita sconsolatezza, ma grazie all’intervento decisivo del pronipote Walter, il Gropius Bau è stato ricostruito, pezzo per pezzo. E, durante il periodo della Guerra Fredda, trovandosi a breve distanza dal Muro di Berlino,
costruito il 13 agosto 1961, che si può ancora vedere, esattamente così com’ era, era diventato uno dei simboli della separazione tra le due Berlino. Con la caduta del Muro, è arrivata l’ultima rinascita che ha introdotto le funzionalità e le nuove visioni che possiamo sperimentare in questi ultimi anni.
Per saperne di più
Da vedere
Il Gropius Bau si trova nel quartiere Kreuzberg in Niederkirchner Strasse 7, telefono +4930254860. Accanto al Gropius Bau una mostra documenta la storia delle istituzioni naziste delle SS e della Gestapo che avevano sede in questo quartiere.
Checkpoint Charlie. Uno dei più noti punti di passaggio tra Berlino Est e Berlino Ovest, durante la Guerra Fredda. Oggi è un museo che racconta le storie delle fughe più clamorose e del Muro di Berlino.
Potsdamer Platz, non luogo durante la divisione della città, oggi è un centro vitale con negozi, ristoranti, gallerie d’arte, dove ogni anno tutti si danno appuntamento al festival del cinema.
Quartiere Kreuzberg. Storico quartiere multiculturale, molto esteso e centro di gallerie sperimentali, di street art, vita notturna, locali creativi e caffè. Con il mitico Admiralbrucke, il ponte Admiral, il più antico ponte di ferro battuto sul canale Landwehr, costruito tra il 1880 e il 1888.
Dove mangiare
The Playce, ex Potsdamer Platz Arkaden, è una galleria di novanta negozi e un centro shopping consigliato per Manifesto, l’ampia area di food, con una ricca selezione di cibi multietnici a ottimo prezzo. Da Caffè e Gelato si parla italiano e si trova la qualità del vero gelato artigianale italiano con i migliori ingredienti naturali, più alcune proposte di alta pasticceria.
Weilands, in Eichhornstrasse, offre una cucina tipica medio orientale e fusion di alta qualità a prezzi ragionevoli. Servizio rapido, efficiente, in un’atmosfera elegante e allegra. Non importa cosa si ordina, tutto è buonissimo. L’arredamento è colorato e luminoso e ospita interessanti installazioni di arte contemporanea.
Una Trabant trasformata in finta macchina della polizia, davanti a una delle entrate di The Playce.
L’Aquila torna a volare
di Vittorio Giannella, fotografie dell’autore
In basso un’installazione nel Museo Maxxi. Nella pagina accanto, Colonna nel vuoto, installazione permanente di Ettore Spalletti al Maxxi.
Marianna e Stefano mi raccontano la loro città rinata, svelandomi una a una le carte vincenti per il suo rilancio. Le stesse che hanno convinto a promuoverla Capitale della Cultura italiana nel 2026.
Il cielo mattutino è minaccioso, plumbeo, carico di pioggia. Cerchiamo un riparo e non è uno qualsiasi, ma la chiesa di Santa Maria di Collemaggio, eretta nel 1275, dichiarata monumento nazionale nel 1902. Qui riposano le spoglie di Celestino V, il Papa del gran rifiuto, l’eremita monaco che visse in grotte sulla Maiella alla ricerca di Dio, in una vita contemplativa e di penitenza a beneficio del prossimo. Colpisce per la sua facciata di basole bianche e rosa e i tre portali finemente scolpiti, sovrastati da rosoni del XIV secolo, capolavori dell’arte gotica. L’interno con tre navate è spartano, in fondo a destra la cappella sepolcro con le spoglie di Celestino V. Sul lato sinistro la Porta Santa aperta solo in occasione della “Perdonanza” il 28 e 29 agosto, la più importante festa popolare e spirituale della città. E’ il documento con il quale Celestino V donò nel 1294, l’indulgenza plenaria da tutti i pecca-
ti, ai pentiti e confessati nei due giorni d’agosto nella chiesa di Santa Maria di Collemaggio. Luogo di preghiera nei secoli, oggi luogo di speranza e di riflessione. Piazza Duomo è stata riaperta da poco. Qui la chiesa di Santa Maria del Suffragio, con la cupola progettata dal Valadier, si affaccia sulla grande spianata con le fontane e le sculture in bronzo di Nicola D’Antino. Venire all’Aquila vuol
La chiesa di Santa Maria Collemaggio, in perfetto stile abruzzese.
dire godere di un patrimonio storico, religioso, paesaggistico che lascia spazio a meraviglia e scoperta, curiosità e conoscenza, ma anche riscoprire, a pochi minuti dal centro, un piccolo mondo antico che rivive nei borghi del circondario, autentici gioielli, all’ombra del Gran Sasso, il monte più alto dell’Appennino. Corso Vittorio Emanuele II pulsa di vita, angoli incantati con qualche ferita profonda lasciata da quel sussulto del 2009. Così L’Aquila con le cicatrici che si stanno ricomponendo diventa sempre più unica. Proseguiamo lungo Corso Vittorio Emanuele II fino a una deviazione necessaria a destra, in via San Bernardino, lungo un porticato. Ci si ritrova davanti alla chiesa omonima, con l’elegante facciata e la scalinata che d’estate diventa il palcoscenico di appuntamenti culturali, spettacoli, musica de “I cantieri dell’immaginario”. “Alla ricostruzione estetica deve seguire anche quella interiore ed è importante riportare le nuove generazioni in centro” spiega Leonardo De Amicis, direttore artistico della manifestazione. Una lunga discesa ci porta al MuNDA, il museo nazionale d’Abruzzo, negli anni ‘50 ospitato nel castello spagnolo, dal 2015 nell’ex mattatoio comunale, in sette grandi sale con i capolavori di artisti abruzzesi, reperti archeologici, sculture, e un’ eccezionale collezione di Madon-
ne lignee(1100-1200). Uno spazio concepito per riflettere, dialogare, ispirare, che testimonia l’identità e la vitalità della cultura della regione. Usciti con gli occhi pieni di meraviglia dal MuNDA ci si ritrova davanti alla fontana delle 99 cannelle, che evoca le origini della città. L’Aquila, infatti, era sorta dall’iniziativa dei signori che abitavano nei 99 castelli sparsi nel territorio. Da quel lontano 1272, da 752 anni, i getti d’acqua riempiono le grandi vasche di pietra appoggiate alle pareti. Un bel portale dà accesso al MAXXI, il museo nazionale delle arti creato nel palazzo settecentesco Ardinghelli, sede di numerosi eventi. Si sviluppa su due piani con uno scalone sovrastato da preziosi affreschi. Per immergersi in epoche remote bisogna raggiungere il Castello spagnolo e trovarsi davanti “Piero”, il mastodontico Mammut meridionalis. L’unico posto disponibile dove collocarlo, in quanto alto 4 metri e lungo 7, è stato trovato nella sala più grande del Castello. Lo scheletro, tra i più completi ritrovati in Europa, fu scoperto in perfetto stato nel 1954 a Scoppito, in una cava di argilla. Pascolava in questa conca aquilana un milione e trecentomila anni fa, quando la catena del Gran Sasso era punteggiata da estesi ghiacciai. Più in alto il Castello spagnolo (XVI sec.) con le possenti mura e i poderosi torrioni, perfettamente
Nella pagina accanto, la Fontana Luminosa opera dell’artista Nicola D’Antino, a due passi dal castello.
A destra ritratto di Rita, presidentessa dell’Associazione Miracolo Bianco, la scuola di tombolo aquilano. Particolari della lavorazione al tombolo, uno spettacolo musicale, il sepolcro di Celestino V.
integri, sembra sprofondato nel fossato che lo protegge. Bisogna aspettare le ultime luci per godere dei colori della Fontana Luminosa, poco distante, opera dello scultore D’Antino del 1934. Due donne in bronzo sorreggono la “conca”, il classico contenitore per l’acqua fresca usato anticamente in queste zone. Si riprende Corso Vittorio Emanuele II per tornare in centro, amalgamandosi con lo “struscio”
e assaporare l’atmosfera serale del salotto cittadino che incornicia splendidi palazzi. Piazza del Nettuno è il luogo prediletto dai giovani per aperitivi e dopocena. “A molti abitanti mancavano le luci calde accese dietro le finestre del centro storico, e le ombre delle persone che camminavano all’interno delle case, ora con la rinascita della città questa quotidianità non è più un ricordo” mi confessa Stefano.
Per saperne di più
Dove dormire
Hotel Ginevra Boutique, in pieno centro storico. tel. 0862 172009, www.ginevraboutiquerooms.com
Hotel Federico II, in prossimità del centro. tel. 0862 21191 www.hotelfedericosecondo.it
Hotel L’Aquila in un edificio del XVIII secolo nel centro storico, tel. 0862 581237 www.hotellaquila.aq.it
Dove mangiare
Ristorante Rever, elegante, con ottimi piatti del territorio rivisitati e scelta vini interessante. Via Bominaco 24 tel. 0862 1911400 Makkaroni, cucina abruzzese con paste fatte a mano, zafferano e carne locale. A 20 metri dal Maxxi. Piazza Santa Maria Pagaica 3. tel. 327 8963681
Ristorante Palazzo Micheletti dello chef William Zonfa, location meravigliosa, si cena sotto le stelle in pieno centro. Materie prime di filiera corta scelte con cura maniacale: zafferano dell’Aquila, pesce dell’Adriatico, formaggi di pascoli montani. Via dei Torreggiani 3 tel. 0862 1960900 www.williamzonfaristorante.it
Da leggere
Gianni Berengo Gardin, L’Aquila, Edizioni La Lanterna Magica, 1995
Enrico Centofanti, La festa crudele, Gte 2003 Alessandro Clementi, Storia dell’Aquila , Editori Laterza 1997
Come arrivare
In auto da Roma autostrada A24 Roma-Teramo, uscita L’Aquila ovest. Da Bologna autostrada A14 uscita Giulianova-Teramo e proseguire sulla A24. Con bus dalla stazione di Roma Tiburtina autolinee TUA/ Flixbus/ Gaspari bus. In treno www.trenitalia.com
Siti importanti MuNDA, museo nazionale www. museonazionaledabruzzo.cultura.gov..it www.comune.laquila.it www.santamariadicollemaggio.it www.quilaquila.it
Il Duomo da poco restituito ai fedeli, dopo anni di restauri per i danni del terremoto.
Con il fiato sospeso
di Irene Cabiati
L’architettura della piscina termale Y-40 di Montegrotto, ideata da Emanuele Boaretto. Fotografie di S.Jeranko e O.Morin.
Il profondo blu sembra non essere più esclusivo di mari e oceani, ma si può trovare anche in straordinarie piscine.
Vanno su è giù impassibili, composti ed eleganti. Il surreale via vai viene ogni tanto interrotto da altri nuotatori e nuotatrici che disegnano incantevoli coreografie. Lo spettacolo si ripete da più di dieci anni a Montegrotto (Padova) a Deep Joy Y40, la piscina termale più profonda al mondo (42,15m). La liquida palestra ha accolto più di un milione di appassionati e atleti di nuoto subacqueo (con e senza bombole) di tutte le età, oltre che ricercatori universitari, artisti, operatori del soccorso e della sicurezza. Ideata dall’architetto Emanuele Boaretto, affiancato dal recordman Umberto Pelizzari come testimonial, la piscina dispone di vari livelli di profondità oltre che di un percorso in una grotta artificiale di 60 metri. Il pubblico può ammirare le evoluzioni da una galleria trasparente sospesa in acqua. Tra qualche mese sarà inaugurata Phi 12 una seconda piscina termale (profonda 30m) destinata alla ricerca scientifica e set cinematografico.
The Deep Joy Y40 fa parte del centro termale Millepini, uno dei punti di riferimento delle Terre Euganee apprezzati per la qualità dei fanghi, il paesaggio, l’enogastronomia e il benessere. Il record di profondità assoluta di Montegrotto, è stato superato dalla piscina Deepspot a Varsavia (profonda 45,47m) e successivamente da Deep Dive a Dubai.
Un dhoni ancorato a Guraidhoo.
Con una capienza di 14 milioni di litri di acqua dolce, l’immenso parco giochi subacqueo dell’emirato riproduce una città fantasma dove si fanno partite a scacchi e si va in bicicletta mentre, nella fossa centrale, si può scendere fino a 60 metri. E’ spaventosamente profonda, ricordo che il record di profondità in apnea è di Herbert Nitsch che nel mare di Santorini ha toccato i 253m.
Il nuoto subacqueo con le sue specialità ha una lunga storia scritta dal lavoro di pescatori di perle e spugne, cacciatori di tesori, ricercatori, militari e tecnici aerospaziali. In primo piano si muove incessantemente la schiera di sportivi armati di pinne, maschera e autorespiratori dalla tecnologia sempre più sofisticata. Ostinati esploratori del profondo blu, migrano dalle piscine alle coste del Mediterraneo alle isole dei mari tropicali sognando di affacciarsi sulle vertiginose voragini oceaniche (i buchi blu) come il Great Blue Hole (Caraibi, 124m), il Dragon Hole nel Mar Cinese meridionale (300m) o il Taam Ja’ Blue Hole nella baia di Chetumal (Messico) profondo 420m.
Accaniti ricercatori di primati personali e di emozioni inconsuete, conoscono i prodigi di celebri campioni come Maiorca, Mayol, Pipin e Pelizzari, Bandini, Genoni e Zecchini. Tra i tuffi più originali, quello di Stefano Makula che, a 52
anni, era sceso fino a 48 metri, nel Pozzo del Merro (Sant’Angelo Romano) la cavità carsica di almeno 392 m, una delle più profonde al mondo.Tutto nasce dall’inarrestabile impegno di scuole e associazioni che incentivano questa passione anche con attività ricreative e nelle molteplici specialità dell’agonismo. Tra le iniziative più originali sott’acqua, segnalo il rito invernale dell’associazione Futura Sub di Ivrea che da 15 anni organizza il tuffo nel lago di Lod a 2019m. di altezza, a Chamois (il comune alpino che non ammette le automobili ed è raggiungibile solo a piedi o in funivia) con partecipanti da tutt’Italia: la profondità è di 5 m, ma tanto basta, tra un brivido e l’altro, per godersi, da sotto, lo spettacolo del ghiaccio trafitto dal sole.
Nel mistero della profondità, dove la concentrazione mentale è la forza determinante, si accendono sensazioni intime e indescrivibili. Questo, per me che frequento corsi di apnea (con A.D.S.S.P e ora con EridaniaSub), è l’approdo in un abbraccio amniotico dove finalmente nessuno parla. È il dono del silenzio, rassicurante, interrotto soltanto da nuvole di bolle emesse dagli erogatori delle bombole.
Perle d’argento mi avvolgono, mi fanno solletico e rido.
Nella pagina accanto la città subacquea del Deep Dive Dubai.
L’immersione invernale nel lago di Chamois, fotografie E. Accotto, l’esterno del parco subacqueo di Dubai, il Blue Hole Belize, fotografie Terra Amara e apneisti nel Blue Hole Mar Rosso, fotografie Sheerman Chase
Per saperne di più
Da leggere
Umberto Pelizzari, Con la forza del respiro, Sperling & Kupfer. Il viaggio intimo e le sfide che l’atleta ha affrontato nel profondo blu: record mondiali di apnea, ma anche la determinazione di cercare le risposte a paura, ambizioni, ostacoli apparentemente insormontabili.
Stefano Makula, Fino all’ultimo respiro, Nutrimenti. Si è confrontato con Enzo Maiorca e Jacques Mayol sorpassando i record della stagione pionieristica e offrendo informazioni tecniche e mediche utili agli atleti della neonata disciplina sportiva. Una storia di umiltà e tenacia. Scrive «E’ difficile tornare su da quella profondità: si è tentati di restare e di fondersi con l’acqua».
Enzo Maiorca, Sotto il segno di Tanit, Mursia. Un romanzo nel mare dei tonnaroti. Enzo s’immerge con gli amici alla ricerca del segreto di Tanit, la divinità adorata dai Fenici: «Regina, matrona, voluttuosa, fertile». Si esplora uno dei tanti misteri protetti dal mare dove i record non contano.