Trick or Treat? I Racconti di Halloween 2016

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Trick or Treat? Halloween's Special I Racconti Halloween è ormai una festa che ha preso piede anche nel nostro paese da anni, al punto da entrare ormai a far parte anche della nostra cultura. Abbiamo pensato, quindi, di farvi un piccolo regalo, organizzando uno speciale di 5 puntate, che si concluderà in bellezza con questa tappa: I Racconti di Halloween 2016. Sognando Leggendo ha pensato infatti di proporvi due racconti in esclusiva scritti dal nostro Giulio Pio Dima e dalla nostra Benedetta Giovannetti. Buona lettura!

I Racconti:

- La prova di coraggio di Benedetta Giovannetti - Death or Treat di Giulio Pio Dima


La prova di coraggio di Benedetta Giovannetti

«Allora sei pronto?» chiese Vipera ad Antonio con un tono di sfida «Certo!» rispose Antonio mentendo e sapendo di mentire. In realtà Antonio non era affatto pronto, la prova di coraggio a cui Vipera aveva deciso di sottoporlo lo spaventava e molto, ma a Vipera non avrebbe mai avuto il coraggio di confessarlo per nulla al mondo. Oramai poteva solo maledirsi per avere deciso di entrare in quella banda e per aver accettato di sottoporsi a quell'assurda prova di coraggio. Ma la scelta era stata fatta e indietro non si poteva più tornare, pena l'essere additato e guardato per le strade del quartiere con disonore e disprezzo. E non erano neppure da escludere un paio di bastonate che fungessero da monito a lui e agli altri. Mai sfidare Vipera. Solo che... Solo che sua nonna gli aveva insegnato fin da piccolo a rispettare i morti e ora l'idea di spaccare il vetro del sarcofago di Padre Ambrose per impossessarsi di un pezzo della sua veste talare come prova del suo coraggio non gli sembrava affatto una cosa sensata. Perché sua nonna gli aveva detto che a disturbare il sonno eterno dei morti c'era il rischio di incappare in qualche co-sa di spiacevole, senza contare che in questo caso si tratterebbe di disturbare l'eterno riposo di un uomo di Chiesa la notte di Halloween, la notte in cui le anime dei defunti tornano sulla terra. No, non era tranquillo Antonio, il cuore gli martellava furiosamente in petto e aveva cominciato a sudare freddo.


Le parole di sua nonna sull'importanza dei rispetto del culto dei morti gli rimbombavano nella mente come la batteria di uno di quei gruppi di black metal norvegese che Vipera tan-to amava e che propinava in continuazione agli altri. «Devi aver rispetto per i morti piccino mio e loro rispetteranno te, ma compi qualche atto sprezzante e sacrilego nei loro confronti e corre-rai il rischio di incappare nella loro ira.» Come poteva Antonio alla luce di tutto questo violare il sarcofago di padre Ambrose? Di quel padre tanto amato dalla comunità e a detta di molti esperto in cose dell'occulto? Sì perché fin dal suo arrivo nel quartiere infat-ti erano circolate voci sul passato da esorcista di padre Ambrose e sul fatto che si fosse ritirato in una parrocchia più tranquilla a seguito di uno scontro con il maligno, scontro dal quale era uscito più morto che vivo, e leggermente fuori di testa. Se le voci dunque si fossero rivelate corrette la probabilità di uscire indenne da quella impresa erano assai scarse, per non dire inesistenti, padre Ambrose non si sarebbe fatto violare il suo sonno eterno senza lottare. Ma oramai la prova era stata decisa e tornare indietro forse sarebbe stato ancora più pericolo-so che violare la tomba del prete. La sera della prova, Antonio, dopo aver passa-to una settimana infernale, si sentiva se possibile ancora peggio, lo stomaco gli doleva, la testa gli pulsava, in bocca un sapore metallico di sangue arrugginito e il cuore che pompava furiosamente come se volesse esplodere. A cena aveva sorbito un poco di brodo in un inquietante silenzio e aveva sbocconcellato una fettina di carne con delle verdure, adducendo come scusa un mal di pancia appena iniziato. Chiese il permesso di uscire in tarda serata con la scusa di andare a passare Halloween a casa di un suo amico, niente di impegnativo, mentì ai suoi, giusto un film horror e qualche chiacchiera e poi sarebbe tornato a casa. Nell'attesa Antonio si mise a sfogliare una ri-vista di Metal che aveva acquistato qualche giorno prima e che non aveva ancora aperto, ma l'unica cosa che riuscì a fare fu fissare per ore una pagina che raccontava per l'ennesima volta la storia dei Mahyem, storia che oramai Antonio grazie a Vipera sapeva a memoria e che aveva iniziato a non sopportare più. La sveglia del cellulare lo riportò alla cruda realtà, era ora di andare. Si recò solo nella chiesetta dove padre Ambrose aveva scelto di riposare, la stessa che aveva amministrato per anni, attorniato da una folla di fedeli affettuosi. Con un ferro che Vipera gli aveva dato qualche giorno prima aprì la porta di legno della chiesa e con i piedi di piombo si avvicinò al sarcofago di marmo che conteneva le spoglie del sacerdote. Aprì lo sportellino al lato scusandosi in cuor suo col prete, pregando che non si arrabbiasse e con un colpo secco sfondò il vetro che consentiva di osservare il corpo all'interno e inserì la mano destra mentre con la sinistra cercava nelle tasche le forbici che si era portato e che avrebbe usato per prelevare il pezzo di stoffa,


ma ad un certo punto sentì che la mano destra all'interno veniva fermata da un qualcosa, un qualcosa di freddo, di gelido, un qualcosa che assomigliava ad un artiglio. Guardò la sua mano e se la vide avvolta da una mano ossuta, bianca, cadaverica, la mano del prete che lo tratteneva e lo strattonava... Alzò lo sguardo quel tanto che bastava per vedere il sarcofago aprirsi e da lì spuntare la sagoma di padre Ambrose... «Sei stato stolto mio piccolo amico, ti sei la-sciato convincere da quel serpente del tuo ami-co, ma invece avresti dovuto dar retta a tua nonna, si rispettano i morti se non vuoi incorre-re in qualcosa di spiacevole, ma che nei sai tu di cosa si prova nel sonno eterno? Niente vero? Ebbene Antonio, ho deciso che voglio fartelo provare, tu ora verrai con me a condividere il sonno eterno.» Antonio cominciò ad urlare, a chiedere scusa e a supplicare il padre di lasciarlo stare, ma il vecchio sembrò non sentire ragioni, prese il giovane per il collo e lo portò all'interno del sarcofago con sé, mentre la sua voce con tono gutturale intonava «L'eterno riposo dona a lui o Signore...»


Death or Treat di Giulio Pio Dima Halloween 2016. Taranto. Un gruppo di giovani ragazzi, intorno ai diciotto anni circa, erano in una casa abbandonata e trasandata... la famosa casa della contessa. Una leggenda tarantina narra che in questa casa, una villa per la precisione, vivesse, circa 100 anni fa, una contessa. La donna era bella e giovane, aveva una fila enorme ma il suo cuore apparteneva solo ad un uomo ma, per volere del padre, la contessa finì per sposare un duca, o qualcosa del genere. La contessa non volle perciò, viene narrato, si buttò dal balcone sbattendo la testa su una pietra. Ancora oggi, si dice, lo spirito della contessa vaga per la sua villa, spaventando gli stolti che si avvicinano alla sua dimora. Tornando al racconto: il gruppo era composto da cinque ragazzi, tre maschi e due femmine, erano lì, in cerchio a tenersi per mano, nel buio. A rompere il silenzio fu Nicola, un ragazzo con un piercing al labbro e pieno di anelli. Vestiva in nero e sembrava a suo agio nello stile punk. << Oh spirito della contessa, noi ti invochiamo, mostrati a noi e racconta la tua storia. Fallo ora, fallo subito. Noi siamo qui per te.>> Proferì Nicola tenendo gli occhi chiusi e stringendo le mani di Elisa, la sua ragazza, e Marco il suo migliore amico. Il silenzio tornò in quella atrio buio e polveroso. I mobili della casa erano impolverati e molto trasandati e qualche scalino era andato distrutto nel corso degli anni. <<Forse non vuole parlarci, o sta dormendo.>> Ironizzò Alessandro, un altro punk dai capelli biondi. <<Perché non sta funzionando?>> Disse Luana, l'ultima ragazza del gruppo, bella e sensuale con i capelli rossi. << Non lo so. Eppure ho rispettato tutti i passi: tenerci per mano, una notte di luna piena per di più è la notte di Halloween proprio non...>> Nemmeno il tempo di finire la frase che tutti si spaventarono nel vedere Elisa svenire. << Eli... Eli rispondimi, non farmi preoccupare ti prego. Dai Eli.>> Ma la ragazza nulla, rimase priva di sensi. Così i ragazzi si alzarono e decisero di portarla fuori dal quel luogo angusto. Nicola la prese in braccio. E si avviarono verso la porta ma, appena giunti all'ingresso, la porta si chiuse. Alessandro e Marco cercarono di aprirla ma sembrava che qualcosa glielo impedisse. Nel frattempo Elisa riaprì gli occhi facendo un sorriso malefico. <<Eli, ti sei svegliata finalmente...>> Disse Nicola preoccupato prima di cadere nel terrore. Elisa iniziò a fluttuare e guardò tutti i presenti, tutti spaventati e senza parole. << Chi è Elisa? Io sono la padrona di questa dimora e voi mi avete finalmente liberato dal mio sonno. Questo corpo è molto grazioso ma questi vestiti sono orrendi. Ora potrò divertirmi un bel po' con voi. Siete


bloccati qui.>> Disse una voce malefica proveniente dalla giovane ragazza. << Chi posso uccidere per primo? Uno di voi tre ragazzi magari, o forse la bella cortigiana che è con voi? È molto più carina di come ero io. Non so chi scegliere.>> << Mi ha dato della cortigiana? Ehi tu vecchio fantasma: cortigiana la sarai tu.>> Disse Luana mostrando il dito medio allo spirito. <<Cosa è, un insulto? Sembra di sì, è come se lo conoscessi. Sarà la mente di questo corpo che mi dà più conoscenza, anche il suo linguaggio. Comunque ho deciso. Morirai per prima, usando il vostro termine, puttanella.>> Luana venne sollevata da una forza misteriosa e venne lanciata contro i muri, ripetutamente, da una parte all'altra dell'atrio. I colpi fecero sputare sangue alla povera Luana che piangeva dal dolore e dallo spavento, una tortura che culminò quando la contessa sbatté la testa della povera ragazza a terra con una forza tale da spappolarla. I tre ragazzi urlarono e iniziarono a piangere, Marco corse verso il corpo senza vita della ragazza e scoppiò a piangere inginocchiandosi davanti a lei. << No perché, perché. Non dovevi morire, io ti amavo. Tu, brutto mostro prega qualunque divinità perché te lo giuro, troverò il modo di farti fuori.>> L'odio misto alle lacrime si rivolsero verso la contessa che si fece una grossa risata. << Allora rendiamo il tutto più interessante.>> Disse lo spirito godendo della scena. << Dovrete uccidere questo corpo, prima che io uccida voi, va bene?>> Lo spirito si fece una grassa risata mentre i tre fuggirono via. Corsero in cucina, un luogo ancora più angusto dell'atrio. Nicola e Marco erano in condizioni pessime. <<È colpa mia, è tutta colpa mia.>> <<Nico, riprenditi dobbiamo fare qualcosa. Dobbiamo trovare una via d'uscita o giocare al suo malsano gioco.>> Disse Alessandro che, riusciva ancora a ragionare. <<Dovremmo ucciderla.>> Disse con odio Marco. <<Ammazziamola così siamo salvi noi e chissà quanti altri, dobbiamo farla fuori.>> << E come?>> Disse Nicola rammaricato. << Ho un piano. Nico, Marco, dovremmo dare fuoco alla casa con lei dentro. Ma prima dobbiamo ferirla.>> <<Cosa ti fa pensare che non possa fuggire?>> Chiese Nicola all'amico. <<Ci ha chiusi qui, ciò significa, almeno secondo le leggende, che lo spirito non può lasciare la sua dimora, non riesce fisicamente, anche se di fisico non ha nulla.>> I tre si guardarono e annuirono. <<Dividiamoci e troviamo qualunque cosa possa farla esplodere. Io controllo qui, Marco tu controlla i piani alti. Nico a te tocca lo scantinato. Se riesci a far fuoriuscire il gas ci incontreremo nell'atrio, romperemo una finestra e useremo l'accendino. Mi raccomando... restate vivi.>> Così i tre si divisero. Alessandro rimase in cucina e iniziò ad accendere tutto ciò che poteva contenere del gas mentre cercava un'arma per difendersi. << Chi c'è qui?>> Lo spirito arrivò fluttuando con un macabro sorriso. << Che bello trovarti qui in cucina, potrò divertirmi a farti a fette.>> Lo spirito sollevò con i suoi poteri Alessandro che, impaurito, teneva stretto il coltello. << Cosa vuoi fare con quel coltellino?>> Iniziò a fluttuare un coltello da macellaio che tagliò, con un colpo netto, la mano del giovane. L'urlo di dolore riecheggiò per la casa mentre il sangue sporcò il volto della ragazza che, con un movimento di lingua, si pulì dal sangue. << E fuori due.>> Sbatté il ragazzo sul tavolo, il giovane piangeva dalla paura e una pioggia di coltelli, tra un urlo e un altro, iniziò a tagliarlo in parti e a fargli uscire le viscere dal corpo. << Ne restano due.>> Disse la posseduta mentre usciva dalla stanza ricoperta di sangue. Intanto Marco era nelle camere da letto. << Cosa posso usare per uccidere quel mostro? Aspetta ma quello è... oh sì.>> Il giovane prese un fucile attaccato al muro e controllò il numero di proiettili inseriti. Il fucile era vecchio di cento anni ma, grazie al cielo, aveva un colpo. << Almeno questa fortuna. Vieni troia, ti aspetto.>>>


<< Eccomi. Oh, vedo che hai trovato il fucile di mio padre. Amava quel fucile più di me. Sarebbe ironico, se questo è il senso della parola, morire per causa sua.>> Disse il corpo avvicinandosi. << Addio troia.>> Il giovane puntò il fucile verso la donna. << Già, addio.>> I poteri dello spettro fecero in modo che il fucile si posizionasse sotto il mento del giovane che premette il grilletto e si sparò in testa. Il cervello scoppiò fuori dal cranio bucato. Nicola, intanto, aveva sentito le urla e il colpo di pistola e piangente, continuava ad aprire tutte le valvole di gas. << Maledizione. Maledizione.>> Dopo aver finito tornò nell'atrio per sentire l'aria di gas, se si fosse sentita poteva procedere con il piano. << Si sente, perfetto.>> Mentre si dirigeva verso una finestra venne spinto verso il muro. << Tu sei l'ultimo. Sai perché ti ho lasciato per ultimo? Perché eri il ragazzo di questo corpo. Avrai la morte più atroce.>> Iniziò a spingerlo ovunque e ad incrinargli le costole, a rompergli le ossa. La tortura continuò finché cnon fu un fin di vita. << Ora ti decapiterò, addio.>> << Aspetta, fammi fumare un'ultima sigaretta, per favore.>> Chiese piangendo. << Così sia, solo perché sarà più bello aspettare.>> Con poche forze e il braccio che poteva muoversi a malapena prese una sigaretta e l'accendino e le sue ultime parole furono: << Ci vediamo all'Inferno bastarda.>> Appena accese l'accendino la casa esplose lasciando privi di vita la ragazza posseduta, finalmente libera e il giovane. Con questa esplosione ebbe fine, per sempre, la leggenda della contessa.

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