Ebook ita la pista di sabbia

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Andrea Camilleri La pista di sabbia Sellerio editore Palermo 2007 © Selleria editore via Siracusa 50 Palermo e-mail: info@sellerìo.it www.sellerio.it 2007 maggio sesta edizione La pista di sabbia Uno Raprì l'occhi e di subito li richiuì. Da tempo gli accapitava 'sta specie di rifiuto del-l'arrisbiglio, che non era per prolungare qualichi sogno piacevole che oramà gli capitava di fari sempri cchiii raramenti, no, era pura e semprici gana di restare ancora tanticchia dintra al pozzo scuro, profunno e cà-vudo del sonno, ammucciato propio in funno in fun-no, indove sarebbi stato impossibile che qualichiduno l'attrovasse. Ma sapiva d'essiri irrimediabilmente vigilante. Allura, sempre con l'occhi 'nserrati, si misi ad ascutari il rumore del mare. Quella marina era una rumorata leggia leggia, squa-si un fruscio di foglie, che s'arripitiva sempri uguali, signo che la risacca nel so avanti e narrè mantiniva un respiro tranquillo. Epperciò la jornata doviva essiri bona, senza vento. Raprì l'occhi, taliò il ralogio. Le sette. Pici per susi-risi e in quel momento gli tornò a mente che aviva fatto un sogno del quale arricordava sulo come delle immagini confuse e staccate tra loro. Una magnifica scusa per ritardare tanticchia la susuta. Si stinnicchiò novamenti e richiuì l'occhi, tentando di mettiri in sequenza quei fotogrammi sparpagliati. La pirsona che gli stava allato in una speci di grannissima spianata erbosa era 'na fìmmina, ora capiva che era Livia ma non era Livia, in quanto aviva la facci di Livia, ma il corpo era troppo grosso, sformato da un paro di natiche tanto enormi che la fìmmina faticava a caminare. Del resto macari lui si sintiva stanco come doppo 'na longa passiata, per quanto non s'arricordava da quanto tempo erano 'n camino. AUura le spiò: «Ci vuole molto?». «Ti sei già stancato? Nemmeno un bambino si stancherebbe così presto! Siamo quasi arrivati». La voci non era quella di Livia, era sgraziata e troppo acuta. Ficiro ancora un centinaro di passi e s'attrovaro davanti a un cancello di ferro battuto, aperto. Oltre il cancello continuava lo spiazzo erboso. Che ci stava a fari quel cancello se a perdita d'occhio non si vidiva né una strata né 'na casa? Lo voliva spiare alla fìmmina, ma non lo fici per non risintiri la so voci. L'assurdità di passari attraverso a un cancello che non sirviva a nenti e non portava a nisciun posto gli parse talmente riddicola che fici un passo di lato per aggirarlo. «No!» gridò la fìmmina. «Che fai? Non è permesso! I signori si possono irritare!». 10 La voci fu accussì acuta che a momenti gli spirtusava i timpani. Ma di quali signori parlava ? Comunque obbedì. Appena passato il cancello, il paesaggio cangiò, addivintanno un campo di corse, un ippodromo con la pista. Ma non c'era manco uno spettatore, le tribune erano vacanti. AUura s'addunò che aviva gli stivali con gli speroni al posto delle scarpe e che era vistuto priciso 'ntifico come un fantino. Sutta il vrazzo aviva macari un frustino. Matre santa, che volivano da lui? Mai, in vita so, era acchianato supra a un cavaddro! O forse sì, quanno aviva deci anni e so zio l'aviva portato in una campagna indove... «Montami» disse la voci sgraziata. Si voltò a taliare la fìmmina.


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