Musica Jazz Weekly - The Jazz Tabloid - Speciale Top Jazz

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THE JAZZ TABLOID

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W E E K LY

FRANCO D’ANDREA

MUSICISTA DELL’ANNO GRUPPO DELL’ANNO

t op jazz 20

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MILANO 13 FEBBRAIO 2015 Teatro Leonardo ore 21.00

D’A NDREA STEFANO BOLLANI ARTCHIPEL ORCHESTRA XY QUARTET ENRICO PIERANUNZI ELISABETTA ANTONINI CLAUDIO FASOLI SAMADHI QUARTET FRANCO

...E ANCORA MOLTO ALTRO DA LEGGERE SU WWW.MUSICAJAZZ.IT


2 DISCO DELL’ANNO

quintetto tutto nuovo: hai composto i brani pensando espressamente ai musicisti? Sì, e nessuno di loro conosceva i brani prima di entrare in studio. Avrei potuto mostrare i pezzi, nei giorni precedenti, a Jesper Bodilsen e Morten Lund, con i quali c’è ovviamente una maggiore familiarità sotto il profilo umano e musicale. Ma non l’ho fatto. Forse inconsciamente, avendo pensato a questo quintetto come a un gruppo a se stante, non a un trio più due ospiti. Li volevo tutti alla pari, al nastro di partenza. Hanno suonato senza poter ragionare troppo, d’istinto, come nelle incisioni di una volta.

■ E il risultato è stato davvero eccellente, perché il quintetto dimostra una forte coesione.

Be’, con musicisti del genere è facile! Mark Turner suona in maniera davvero favolosa, con un suono cool di rara bellezza e fare un disco con Bill Frisell ha rappresentato per me il coronamento di un’aspirazione a lungo attesa.

■ In effetti Frisell ha ripagato l'attesa, con una prestazione di grande qualità e varietà.

I sogni nel cassetto a volte son più colorati se vi restano chiusi dentro: uscendo, sbiadiscono. Ma qui è andato tutto per il meglio. Bill è tutta la vita che scappa dalla noia, inventando musiche sempre differenti, quindi non mi stupisce affatto la qualità e intensità della sua performance. Debbo dire poi che ho pensato per lui a tutta una serie di dettagli (soprattutto armonici) che sapevo avrebbero incontrato il suo gusto e gli avrebbero offerto della possibilità. Mi sembra che le abbia sfruttate.

■ E su Mark Turner cosa puoi dirci? Ci siamo incontrati nel disco «New York Days»,

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FEBBRAIO

TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI Milano ore 21.00 - da 20 euro via dell’Innovazione, 20 Tel. 02 641142200 www.teatroarcimboldi.it

con Rava. Mark è un signore silenzioso ma perennemente in ascolto, soprattutto durante i propri assoli, quando utilizza qualsiasi spunto, qualsiasi accordo del pianoforte, qualsiasi passaggio del basso per integrarlo nel discorso che sta facendo e renderlo un punto di forza e di ispirazione.

■ Qualcuno ha voluto sottolineare l’ambivalenza del titolo. Volevi porre l’accento di più sulla gioia o piuttosto su tutto il resto? Il titolo, in realtà, è una citazione: la frase è dello scrittore Tom Robbins. E volevo porre l’accento di più sulla gioia. Faccio mia volentieri anche la famosa frase di Einstein secondo cui «è meglio essere ottimisti ed avere torto piuttosto che pessimisti ed avere ragione». Avremmo tutti un gran bisogno di svegliarci e «guardare» oltre la cappa vibrazionale fatta dei problemi di cui ci circondiamo giornalmente, tutti autoindotti. La felicità è qualcosa da conquistare, ma una volta raggiunta può diventare anche una condizione permanente. Invece ci facciamo ipnotizzare

dalle manipolazioni psicologiche che subiamo sin dalla nascita. La foto di copertina trae in inganno. È stata scattata da Valentina Cenni sulla spiaggia di Riccione e quelle che si vedono cadere non sono bombe, bensì fuochi d’artificio e le due persone della foto sono vestite da Babbo Natale perché la situazione era del tutto scherzosa, una festa. Ma il cervello, condizionato, la interpreta subito come «scena di guerra a Bagdad» (perché quando pensiamo alla guerra è sempre a Bagdad…). Il mood di certi brani come Las hortensias, ispirato da un racconto di Felisberto Hernandez, è «pensoso», ma non «triste», perché triste è un’altra cosa! r

GIAMPAOLO SOLITRO

■ In «Joy In Spite Of Everything», sei alla testa di un

Sandro Cerini

DANIELA CREVENA

Stefano Bollani

SPECIALE TOP JAZZ FEBBRAIO 2015

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MUSICA

■ Il tuo si può definire un modo di fare i conti con un concetto esteso di tradizione (da New Orleans a Ellington, da Monk a Tristano)?

Dai venti ai quarant’anni ho praticato un po’ tutti gli stili del jazz, perché mi ero innamorato del jazz in quanto tale. L’idea del jazz per me era veramente una. A diciassette anni, nel 1958, ero innamorato del dixieland e ascoltavo Louis Armstrong, Bix Beiderbecke e tutti gli altri eroi di quel genere. Era il periodo del revival del jazz tradizionale, di cui mi appassionai: in particolare agli All Stars di Armstrong. Il primo disco che avevo ascoltato era una versione di Basin Street Blues degli All Stars con Barney Bigard, Trummy Young, Billy Kyle. Così cominciai a suonare da autodidatta prima la tromba e poi il clarinetto e

il soprano. Con il passar del tempo mi accorsi che esisteva anche altro, grazie ad amici che mi portavano da Monaco dischi di Horace Silver, Cannonball Adderley, John Coltrane. Non capivo molto bene quello che succedeva armonicamente: allora misi le mani sul pianoforte e diventai pianista, passando dal tradizionale alle novità che ascoltavo in quel periodo. Cominciai a lavorare in contesti molto diversi: Gato Barbieri, Modern Art Trio, Perigeo. Alla fine, però, non sapevo chi fossi. Ero un musicista che si era innamorato di tanti stili e aveva fatto esperienze molto diverse ma non aveva ancora deciso in quale direzione muoversi. In concomitanza con lo scioglimento del Perigeo, arrivai alla frutta e mi ammalai di una malattia psicosomatica. Avevo bisogno di una sintesi che mi aiutasse da un punto di vista sia psicologico sia musicale, cosa che finalmente avvenne negli anni Ottanta, quando cominciai a essere me stesso. Gli ultimi trenta sono stati anni di sintesi. ■ E ti sei avvalso di musicisti che conoscono bene la tradizione, come Mauro Ottolini.

PINO NINFA

E come Daniele D’Agaro, probabilmente influenzato dall’eclettismo della scena olandese (che ha frequentato a lungo), i cui protagonisti sono profondi conoscitori del jazz tradizionale. Oltre che sassofonista, è anche clarinettista e su quello strumento del jazz tradizionale ho puntato. Volevo avere quel cordone ombelicale, un suono sì tradizionale ma anche tipico di Ellington, che non vi aveva mai rinunciato, facendo-

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FEBBRAIO

TEATRO LEONARDO Milano ore 21.00 - via Ampère, 1 Biglietto intero 20 euro Biglietto con Area-M Card 10 euro Tel. 02 95409482 www.teatroleonardo.it

MUSICISTA DELL’ANNO GRUPPO DELL’ANNO ne un marchio di fabbrica: nella sua sezione ance i sassofonisti dovevano suonare anche il clarinetto. Mettendo insieme Armstrong, Ellington e jungle style, ho così ripescato anche le mie origini. Ecco allora che questo disco giunge come una conseguenza logica e come il grado estremo di quella sintesi. ■ In alcuni brani Ottolini e D’Agaro si uniscono al quartetto…

… formando il sestetto che costituisce la tappa successiva del percorso, nonostante la difficoltà di proporre un gruppo di quel genere. Sfruttiamo le poche occasioni concertistiche usando un sistema che ho sempre applicato: registrare i concerti e riascoltarli con calma perché ognuno si faccia un’idea della propria posizione all’interno del collettivo. Ormai da un bel po’ la mia musica si sviluppa in una sorta di collettivo permanente, che poi però si articola in situazioni diverse dove magari uno strumento può emergere secondo una logica ben precisa. Da una decina d’anni, poi, cerchiamo di creare la forma sul palco. La sequenza e la durata dei brani sono decise sul momento. Molto spesso è il solista a proporre il brano da eseguire, cosa che è successa anche nel concerto registrato a Villa Lagarina – il primo del sestetto – con risultati talmente soddisfacenti da indurmi a pubblicare un doppio cd. Ai tre musicisti della front line avevo raccomandato di pensare agli All Stars, così come al free o ad altre esperienze collettive, e di trovare una loro posizione in quel contesto. E alcune situazioni sono nate lì sul palco. Enzo Boddi

ROBERTO CIFARELLI

Franco D'Andrea

WEEKLY

SPECIALE TOP JAZZ FEBBRAIO 2015

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Elisabetta Antonini Dal desiderio di rendere omaggio a una poesia e a una prosa sublimi, molto vicine al jazz e allo spirito di libertà che ispira e alimenta questa musica. E dalla voglia di rileggere Kerouac, Ginsberg, Corso, Burroughs, Ferlinghetti, di prendere in prestito il potere evocativo delle loro parole e attraverso la musica richiamare alla mente immagini, luci, atmosfere di quel particolare modo di raccontarsi. L’idea è nata con una serata dedicata a Fernanda Pivano, alla sua figura di intellettuale fuori dal comune. In quel concerto cercai di evocarne la complessità e lo spessore accostando parti letterarie alla musica, e approfondendo il più possibile la conoscenza della sua opera. Al termine mi fu naturale, anzi necessario, soffermarmi sulla storia di quei poeti che lei aveva tradotto e incontrato, approfondire la conoscenza di testi che già conoscevo e poi decidere di articolare un progetto musicale su di essi. ■ Poesie, romanzi, migliaia di parole: un la-

scito imponente. Come trasferirlo in musica senza scadere nel luogo comune?

Al centro doveva esserci la Beat Generation, un mondo ancora capace di catturare con la forza delle parole, della poesia. Sapevo che il progetto avrebbe avuto senso solo se avessi impiegato il materiale letterario ma volevo andare oltre il facile abbinamento di poesia e musica: volevo raccontare e descrivere il viaggio attraverso gli scenari e le atmosfere immaginate leggendo quelle parole. L’idea aveva una forma precisa. Rimaneva solo il problema del come arrivarci,

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FEBBRAIO

quali passaggi estrapolare dal tanto materiale disponibile, se procedere adattando in italiano le loro opere o se usarle nella lingua originale, se inserire parti recitate e se, in tal caso, dovessi recitarle io o un attore. All’improvviso mi è stato tutto chiaro: ho cominciato a scrivere musiche originali sulle loro parole e ho sentito la necessità di usare anche le loro voci (selezionando e rimaneggiando registrazioni audio d’epoca) perché arrivassero ancora più potenti. I Beats erano soliti fare readings: ho deciso di seguire la stessa strada per spingermi più avanti. Ho ripensato e amplificato il senso delle loro parole quasi creando nuove poesie e trasformando quelle voci in uno strumento tra gli strumenti, che a tratti si fa rap, poi voce fuori campo, racconto, preghiera e urlo. A quel punto avevo bisogno trovare compagni di viaggio adatti. Musicisti creativi, interessati a un lavoro che andasse oltre l’aspetto musicale e che, caso mai, proprio attraverso il linguaggio jazzistico cercasse di suggerire un’immagine, una sensazione, uno scenario. Trovarli è stato per me l’aspetto più facile nella realizzazione di questo disco. Coinvolgendo Luca Mannutza al pianoforte, Paolino Dalla Porta al contrabbasso, Marcello Di Leonardo alla batteria, Francesco Bearzatti al sax tenore e al clarinetto sapevo di poter contare su musicisti solidi nel mainstream, cioè nel formulario stilistico più tipico del jazz, necessario in questo progetto dal momento che i Beats erano appassionati di bebop, oggi jazz «classico» ma allora musica d’avanguardia. E sapevo anche di poter ottenere una serie aggiuntiva di sfumature e sfaccettature espressive che si accordassero ai

TEATRO LEONARDO Milano ore 21.00 - via Ampère, 1 Biglietto intero 20 euro Biglietto con Area-M Card 10 euro Tel. 02 95409482 www.teatroleonardo.it

temi della Beat Generation qui scelti: la frenesia del viaggio, l’estasi procurata dagli stati allucinatori, il misticismo contemplativo, l’esaltazione data dal jazz e dai suoi protagonisti, solo per citarne alcuni. Sapevo che la loro sensibilità avrebbe fatto sì che la musica non sovrastasse mai il senso delle parole, già ricche di suono e di ritmo, e che il progetto nel suo insieme potesse mantenere, nonostante la varietà del materiale da me scritto, una coerenza e un’omogeneicità: i brani sono ispirati tanto dall’iperbole bebop quanto dalla melodicità West Coast, dalla coralità degli antichi elogi funebri, dalla vertigine percettiva dell’acido. Ringrazio questi artisti per i momenti di grande lirismo e per i passaggi febbrili e furiosi con cui hanno arricchito questo mio lavoro. Paolo Odello

DANIELA CREVENA

■ Come nasce «The Beat Goes On»?

LUCA D’AGOSTINO / PHOCUS

MIGLIOR NUOVO TALENTO

SPECIALE TOP JAZZ FEBBRAIO 2015

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MUSICA

WEEKLY

UNA VITA PER IL JAZZ

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ANDREA BOCCALINI

l signore qui a fianco, ritratto in una splendida foto di Andrea Boccalini, è ovviamente Enrico Pieranunzi, uno dei grandi maestri del jazz italiano ma anche uno dei maggiori rappresentanti del pianoforte jazz sulla scena internazionale. Pieranunzi è notissimo agli appassionati e alla critica fin dalla metà degli anni Settanta. Ha inciso una gran quantità di dischi, molti dei quali in trio (una delle sue predilette modalità espressive) ma anche in piano solo; ha suonato con personaggi del calibro di Chet Baker, Frank Rosolino, Charlie Haden, Billy Higgins, Lee Konitz, Paul Motian, Enrico Rava, Joey Baron, Phil Woods, Kenny Wheeler e centinaia di altri; si è esibito in tutto il mondo e – cosa non banalissima per un jazzista italiano – ha saputo conquistare (e mantenere) gli apprezzamenti di un pubblico navigato ed esigente come quello newyorkese; ha composto brani magnifici, ha svolto una regolare e feconda attività didattica, ha scritto libri importanti (memorabile la sua monografia su Bill Evans) e mille altre cose ancora. Tutto questo per dire che pochi mesi fa, quando abbiamo deciso di istituire, nell’ambito del Top Jazz, il premio «Una vita per il jazz» de-

PINO NINFA

dicandolo al ricordo del fondatore di Musica Jazz Gian Carlo Testoni (del quale proprio nel 2015 ricorre il cinquantenario della scomparsa), il nome del pianista romano è stato tra i primi a venirci in mente. Certo, Pieranunzi non è l’unico grande maestro del jazz suonato e prodotto in Italia: ciascuno di

noi, ma anche dei nostri colleghi e dei nostri lettori, ha senza dubbio la sua rosa di candidati altrettanto meritevoli di un riconoscimento per così dire «ufficiale», e nelle prossime edizioni non mancheremo di celebrare anche gli altri importantissimi musicisti che hanno dato un contributo fondamentale al jazz che si fa nel nostro Paese. «Una vita per il jazz», come dicevamo, vuole essere anche la testimonianza del grande affetto e della riconoscenza che la nostra rivista deve al suo fondatore Gian Carlo Testoni, che era nato a Bologna nel 1912 e che nell’estate 1945, sul modello della storica Jazz Hot creata dieci anni prima a Parigi dal suo vecchio amico Charles Delaunay, decise di lanciarsi in un’avventura inaudita per quegli anni di guerra, aggregando una redazione di impetuosi appassionati tra i quali figurava Arrigo Polillo, che gli succederà alla direzione di Musica Jazz e che porterà la testata alla riconosciuta autorevolezza nazionale e internazionale. Forse neanche Testoni, in quei mesi di tragedia ma anche di sogni, avrebbe potuto immaginare che dopo settant’anni la sua creatura prediletta sarebbe stata ancora viva e vegeta, pronta come ogni mese a entrare nelle case degli italiani. Luca Conti

SPECIALE TOP JAZZ FEBBRAIO 2015

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Artchipel Orchestra ■ «Era sperimentale eppure melodiosa; ti

«Never Odd Or Even»?

catturava il cervello ma anche il corpo; era

Dopo una vita da musicista autodidatta ho frequentato il conservatorio e al momento della tesi ho deciso di approfondire Platterback, una pièce in musica di Mike Westbrook che anni prima, a teatro, mi aveva folgorato. Gli ho scritto e ho cominciato a lavorare sul vocal score dell’opera. Ho recuperato anche alcune composizioni di Alan Gowen, Fred Frith e Dave Stewart originariamente per piccole e medie formazioni: c’è voluto quasi un anno per districarmi tra arrangiamenti e trascrizioni. Mi è persino venuta una tendinite alla spalla. La prima volta che abbiamo provato con l’orchestra ero emozionato. Le reazioni dei musicisti e le loro osservazioni sono stati essenziali: ho aggiunto qualche piccola correzione ma l’impianto funzionava. L’idea era di portare un po’ di aria nuova e di entusiasmo, di coinvolgere un gruppo in un progetto un po’ sperimentale. Mi pare che sia riuscita e questo conta. Dopo il concerto del maggio 2011 alla Fonderia napoleonica di Milano, abbiamo pensato a un’incisione. Il disco è stato registrato nel novembre dello stesso anno in uno studio di Bergamo, in appena sei ore: un piccolo miracolo di Paolo Filippi, che ha curato il suono.

complessa ma anche affabile e accessibile;

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non si sapeva mai come potesse proseguire; qualche volta pareva musica classica suonata da un gruppo pop; qualche altra, jazz suonato da un complesso da camera»: così scrive Jonathan Coe nelle note di copertina a proposito della «scuola di Canterbury». Perché sei tornato a quella musica?

Quella scena riuniva musicisti di spiccata originalità, che componevano melodie di grande raffinatezza armonica con riferimenti a Schönberg, Stravinskij, Eisler. Erano sperimentazioni d’avanguardia, che rimanevano al di fuori del circuito commerciale. Quel tipo di musica fa parte del mio vissuto: alla fine degli anni Settanta frequentavo l’Orchestra, una cooperativa di gruppi e singoli musicisti dell’area milanese; tra i fondatori vi erano gli Stormy Six e Moni Ovadia ed era attiva nel campo della produzione discografica, dell’organizzazione di concerti, della didattica mu-

TEATRO LEONARDO Milano ore 21.00 - via Ampère, 1 Biglietto intero 20 euro Biglietto con Area-M Card 10 euro Tel. 02 95409482 www.teatroleonardo.it

sicale, della ricerca. Erano i tempi del collettivo Rock In Opposition. Ricordo un concerto a Lubiana nel 1980 in cui suonai con i Mamma non Piangere, uno dei gruppi dell’Orchestra, prima che salissero sul palco gli Univers Zero, il cui batterista, Daniel Denis, componeva una musica atipica, con accenti spiccatamente cameristici e strumenti come oboe, fagotto, violino assieme a quelli elettrici del rock. Per me fu una sorta di imprinting. Ho sempre pensato a quelle sonorità e a quell’atmosfera musicale, anche suonando mainstream jazz. ■ Come ti senti nel ruolo di direttore?

Parola grossa: faccio un po’ il vigile… Conosco bene le partiture e sottolineo soprattutto l’aspetto espressivo, l’intensità ritmica. Nella band ci sono musicisti di età diverse, personalità eccezionali che suonano con passione. Cerco di assecondare il loro groove. Fisicamente è impegnativo, forse più di suonare la batteria. Però sono in una posizione privilegiata: mi godo tutto il suono dell’orchestra che arriva come un’onda di energia.

FOTOGRAFIE ALESSANDRO ACHILLI

■ Ferdinando Faraò, come nasce l’idea di

Renata Storaci

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SPECIALE TOP JAZZ FEBBRAIO 2015

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MUSICA

WEEKLY

XY Quartet

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o XY Quartet torna dopo l’ottimo «Idea F», con atmosfere non molto diverse: dinamicamente intense e cangianti, con andamento ipnotico grazie agli strani incroci delle linee del contralto di Nicola Fazzini con le pulsazioni del basso acustico di Alessandro Fedrigo. Diversi invece i riferimenti ideali: non più l’avanguardia musicale del Novecento, bensì ispirazioni extramusicali che si trasformano in strutture sonore. Ne è esempio H2O, giocato sull’iniziale «effetto goccia» del sax di Fazzini, che poi - inclusi gli altri - si amplia a sorgente di note, si cangia in sviluppo ritmico e armonico liberamente musicale, per tornare, in fine, allo «sgocciolamento». In generale, XY Quartet esibisce la propria idea musicale, fatta di strutture quasi geometriche – frutto delle taglienti linee del contralto e del supporto rigoroso del basso – che inizialmente paiono persino un po’ rigide, ma poi si allargano zigzagando e aprono inattesi spazi e cambi di scenario grazie allo scardinamento operato timbricamente da Saverio Tasca al vibrafono e Luca Colussi alla batteria. Nitidi i suoni, personale la cifra, «XY» conferma il quartetto come una delle realtà più interessanti della scena italiana, come sempre documentata in dettaglio, oltre che acquistabile in cd, sul sito nusica.org. Neri Pollastri

(Claudio Fasoli, SIAE) (Fasoli, SIAE) (Fasoli, SIAE) (Fasoli, SIAE) (Fasoli, SIAE) (Fasoli, SIAE) (Fasoli, SIAE) (Fasoli, SIAE) (Fasoli, SIAE) (Fasoli, SIAE) (Fasoli, SIAE) (Fasoli, SIAE) (Fasoli, SIAE)

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te l’accuratezza di una costruzione protrattasi negli anni, certamente non casuale. Come fai a mantenerlo? E quali le tue influenze formative?

Il lavoro dedicato al suono è lavoro sulla personalizzazione del suono: ho sentito questo suono dentro di me prima di riconoscerlo, quando ho iniziato a realizzarlo. Non è tanto un fatto tecnico quanto un pensiero e la sua consapevolezza: l’emissione ne deriva come conseguenza. Ecco: l’emissione era un mio problema quando sono passato dal contralto al tenore, mantenendo il soprano. Ho dovuto fare questo passaggio perché suonavo il contralto come fosse un tenore e quindi improvvisamente ho deciso questo rischioso cambiamento: quando, un giorno, ho tolto la pressione dei denti dal bocchino e ho soffiato il più naturalmente possibile, soltanto allora ho riconosciuto immediatamente il mio suono, quel suono che avevo in mente. Da allora non l’ho più lasciato: è un po’ come la mia voce. Le mie esperienze formative personali sono state l’ascolto dei modelli maggiori: partendo da Konitz, poi McLean sul contralto per arrivare a Coltrane, Shorter e Liebman al tenore. Ma non assomiglio a nessuno di loro: li ho tutti dentro. Infatti uno tra i luoghi comuni più rimasticati e noiosi, al mio riguardo, è l’attribuirmi una devozione specifica e acritica verso Shorter. Vorrei definitivamente chiarire che la mia devozione va a ogni musicista che abbia saputo portare qualcosa di nuovo, diverso, interessante e imprevedibile nel linguaggio del jazz quanto a suono e patrimonio armonico. Sandro Cerini

CLAUDIO FASOLI

AUDITORIUM THE BROOKLYN OPTION Milano ore 21.00 - via Valvassor Peroni, 56 Biglietto intero 10 euro Biglietto con Area-M Card 5 euro Tel. 02 95409482 www.area-m.it

Ralph Alessi: TROMBA Claudio Fasoli: SASSOFONO SOPRANO E TENORE Matt Mitchell: PIANOFORTE Drew Gress: CONTRABBASSO Nasheet Waits: BATTERIA

1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13.

Brooklyn Bridge, part 1 Brooklyn Bridge, part 2 Brooklyn Bridge, part 3 Carroll Gardens Bay Parkway BAM Mapletone Boerum Hill Neptune Avenue 7005 Shore Road Avenue M Dumbo Gowanus

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Registrato il 16 e 17 novembre 2014, Studio Artesuono, Cavalicco (Udine). TECNICO DEL SUONO: Stefano Amerio

Mariagrazia Giove

S.I.A.E

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2015 MJCD 1289

MUSICA

MJCD 1289

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OPTION THE BROOKLYN

foto di copertina:

PRODOTTO DA Claudio Fasoli e Luca Conti claudiofasoli.com – musicajazz.it

LI CLAUDIO FASO

THE BROOKLYN OPTION

FEBBRAIO

Brooklyn Bridge, part 1 Brooklyn Bridge, part 2 Brooklyn Bridge, part 3 Carroll Gardens Bay Parkway BAM Mapletone Boerum Hill Neptune Avenue 7005 Shore Road Avenue M Dumbo Gowanus

■ Il tuo suono è sempre molto bello. Vi si avver-

CLAUDIO FASOLI

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■ Quale pensi che sia lo stato di salute complessivo del jazz? Sono decenni che qualcuno si premura di comunicare che il jazz è morto, ma non mi sembra che questa affermazione corrisponda alla realtà. È vero che i grandi di riferimento sono quasi tutti scomparsi, a eccezione di Konitz, Rollins, Shorter e pochi altri. Molti altri musicisti comunque suonano e, anche se forse non sono tutti necessariamente geniali, certamente il linguaggio procede e cambia e si arricchisce. Per quanto riguarda il termine «jazz», penso che possa ospitare tante musiche, tutte legittime e a volte affascinanti, piacciano o no. Il jazz è un linguaggio molto specifico (come ogni linguaggio, anche verbale) e credo che le sue tipicità possano facilmente essere identificate: concetto di suono, concetto di pronuncia, inflessioni, atteggiamento mentale ritmico, estemporaneità, improvvisazione (all’interno o all’esterno di strutture armoniche), armonia peculiare con suono peculiare (voicings)... Possiamo fermarci qui ma potremmo anche continuare. Il jazz è un’opportunità eccezionale per chi lo suona e per chi lo ascolta; è una musica unica al mondo, largamente incompresa e non riconosciuta per quel che vale, quasi sempre costretta a lasciare il posto nei grandi palcoscenici radiotelevisivi a musiche d’intrattenimento di secoli fa o ad altre assai degradate.

MARIAGRAZIA GIOVE

FOTOGRAFIE XY CLAUDIO SICHEL

Claudio Fasoli

CD INEDITO ALLEGATO AL NUMERO DI FEBBRAIO DI MUSICA JAZZ, IN EDICOLA A 9 €

HEET WAITS CHELL DREW GRESS NAS RALPH ALESSI MATT MIT

SPECIALE TOP JAZZ FEBBRAIO 2015

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Franco D’Andrea Trio

con Mauro Ottolini (Top Jazz 2012) e Daniele D’Agaro

Elisabetta Antonini con Luca Mannutza e Paolino Dalla Porta

t op jazz

Artchipel Orchestra

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(Top Jazz 2012)

14 Biglietto intero 20 € Biglietto con Area-M Card 10 € Tel. 02 95409482 www.musicajazz.it

O CONCERTVO ESCLUSI

Milano 13 febbraio 2015 Teatro Leonardo via Ampère, 1 ore 21.00

MILANO 13 FEBBRAIO 2015 Teatro Leonardo ore 21.00

Il ricavato, dedotte le spese, verrà devoluto a favore di Amnesty International In collaborazione con

FEBBRAIO MARTEDÌ 10 FEBBRAIO ORE 18.30 > UPCYCLE CAFÉ VIA AMPÈRE 59

John Bramley Miz Trio GIOVEDÌ 12 FEBBRAIO

SABATO 14 FEBBRAIO

GIOVEDÌ 19 FEBBRAIO

MARTEDÌ 24 FEBBRAIO

ORE 20.30 > TEATRO MENOTTI

ORE 18.30 > UPCYCLE CAFÉ

VIA DEGLI OROMBELLI 18

VIA CIRO MENOTTI 11

VIA AMPÈRE 59

Piergiorgio Elia e Francesco Meles Quartet

Le cattive strade

“About Jackie” Andrea Ciceri Crossing Quintet

MARTEDÌ 17 FEBBRAIO ORE 20.30 > TEATRO MENOTTI VIA CIRO MENOTTI 11

ORE 21.00 > AUDITORIUM

MILANO 12 FEBBRAIO 2015

VIA VALVASSORI PERONI 56

Claudio Fasoli Quartet XY Quartet Biglietto intero € 10,00 Biglietto con Area M Card € 5,00*

Area M

ORE 21.30 > OSTERIA LAMBRATE

Ingresso gratuito con consumazione

Ingresso gratuito con consumazione

i www.area-m.it @ info@area-m.it

Una storia per nulla sbagliata, quella di Fabrizio De André con Andrea Scanzi e Giulio Casale Ingresso a pagamento (20% di sconto per titolari Area M Card - fino ad esaurimento posti). In scena fino al 01/03/

GIOVEDÌ 19 FEBBRAIO

No, tu no

ORE 21.00 > AUDITORIUM

Omaggio a Enzo Jannacci

VIA VALVASSORI PERONI 56

con Egidia Bruno e Alessandro Nidi PRIMA NAZIONALE Ingresso a pagamento (20% di sconto per titolari Area M Card - fino ad esaurimento posti). In scena fino al 18/02/2014

Allayali Orchestra di Via Padova presenta: Musiche dal mondo arabo Biglietto intero € 10,00 Biglietto con Area M Card € 5,00

VENERDÌ 13 FEBBRAIO

Ingresso gratuito con consumazione

GIOVEDÌ 26 FEBBRAIO ORE 21.00 > AUDITORIUM VIA VALVASSORI PERONI 56

Giovanni Falzone Dixband

tipiblu.com

A MILANO IL QUARTIERE DELLA MUSICA

Biglietto intero € 12,00 Biglietto con Area M Card € 6,00

SABATO 28 FEBBRAIO ORE 21.30 > OSTERIA LAMBRATE VIA DEGLI OROMBELLI 18

Daniele Pozzi Easy

ORE 21.00 > TEATRO LEONARDO

Ingresso gratuito con consumazione

#AreaM

VIA AMPÈRE 1

Top Jazz 2014 Franco D’Andrea Trio con Mauro Ottolini e Daniele D’Agaro / Elisabetta Antonini con Luca Mannutza / Ferdinando Faraò e Artchipel Orchestra

AUDITORIUM DI VIA VALVASSORI PERONI 56 - ore 21.00 Biglietto intero € 20,00 Biglietto con Area M Card € 10,00*

*Il ricavato dei concerti del 12 e del 13 Febbraio sarà devoluta, desunte le spese organizzative, ad Amnesty International

CON IL PATROCINIO DI

MEDIA PARTNER

CON IL SOSTEGNO DI

PROMOSSO DA

CLAUDIO FASOLI QUARTET + XY QUARTET IN COLLABORAZIONE CON

Biglietto intero 10 € Biglietto con Area-M Card 5 € Tel. 02 95409482

ESERCIZI COMMERCIALI CONVENZIONATI CON AREA-M

Il ricavato, dedotte le spese, verrà devoluto a favore di Amnesty International In collaborazione con A MILANO IL QUARTIERE DELLA MUSICA

FEBBRAIO MARTEDÌ 10 FEBBRAIO ORE 18.30 > UPCYCLE CAFÉ VIA AMPÈRE 59

John Bramley Miz Trio

i www.area-m.it @ info@area-m.it Area M

SABATO 14 FEBBRAIO

GIOVEDÌ 19 FEBBRAIO

MARTEDÌ 24 FEBBRAIO

ORE 21.30 > OSTERIA LAMBRATE

ORE 20.30 > TEATRO MENOTTI

ORE 18.30 > UPCYCLE CAFÉ

VIA DEGLI OROMBELLI 18

VIA CIRO MENOTTI 11

VIA AMPÈRE 59

Piergiorgio Elia e Francesco Meles Quartet

Le cattive strade

“About Jackie” Andrea Ciceri Crossing Quintet

Ingresso gratuito con consumazione

Una storia per nulla sbagliata, quella di Fabrizio De André con Andrea Scanzi e Giulio Casale Ingresso a pagamento

Ingresso gratuito con consumazione


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