Arte italiana nel mondo

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2.12 Fiorenzo di Lorenzo Fiorenzo di Lorenzo di Cecco: Perugia, 1440 circa - prima del 1525 San Gerolamo penitente New Haven (Connecticut), Yale University Art Gallery © 2007. Yale University Art Gallery/Art Resource, NY/Scala, Firenze L’autore, fratello di Bernardino di Lorenzo anche lui impegnato in pittura e miniatura, è una delle figure più problematiche del panorama artistico rinascimentale a Perugia, in cui dovette svolgere un ruolo fondamentale, come risulta dalle carte d’archivio, che lo vedono ricoprire cariche importanti e ricevere commesse di prestigio, non ultima il disegno degli elementi decorativi del palazzo perugino dell’Università Vecchia, in Piazza del Sopramuro, ora Giacomo Matteotti, tuttora visibili. Se si riflette, che il committente dell’elegante edificio era il papa Sisto IV, è chiaro il credito di cui godeva l’artista. Purtroppo, mentre un tempo Fiorenzo aveva un catalogo considerevole, le revisioni attributive, dovute agli studi degli ultimi trenta anni, hanno salvato solo un piccolo nucleo di opere certe, fra cui la Madonna dei raccomandati, affresco staccato dall’Ospedale di Sant’Egidio in Porta Sant’Angelo, ora nella Galleria Nazionale dell’Umbria, fortunatamente firmato, datato 1476 e con l’indicazione del committente. Le opere certe o attribuite con largo consenso sono però insufficienti a delineare con precisione una personalità artistica, che dovette operare per un periodo molto lungo, se negli anni Sessanta del Quattrocento risulta già iscritto alla Matricola dei Pittori per il rione perugino di Porta Santa Susanna; d’altra parte è noto che morì attorno alla metà degli anni Venti del Cinquecento. Varrebbero ricerche approfondite i legami con il giovane Pinturicchio, il massimo pittore veramente perugino, con il quale Fiorenzo si trova spesso in confusione attributiva, cosa che autorizza l’ipotesi che il Pinturicchio potrebbe aver mosso i primi passi come apprendista nella bottega di Fiorenzo. Al riguardo è di particolare interesse la Madonna con il Bambino in trono fra i santi Cristoforo e Sebastiano (Frankfurt, Städelsches Kunstinstitut), probabile lavoro comune di maestro e allievo. Quanto al San Gerolamo in un paesaggio della Yale University Art Gallery, va osservato che il tema doveva essere particolarmente gradito al pittore o ai suoi committenti, se lo rielaborò approdando ad almeno tre varianti note: questa a New Haven, un’altra a New York in collezione privata e una terza a Bergamo nell’Accademia Carrara. Del resto, il padre della Chiesa è molto rappresentato nella pittura italiana ed europea; a Perugia infine, nei secoli passati godeva d’una venerazione particolare, perché patrono della cappella del collegio universitario, detta Sapienza Nuova. San Gerolamo, notoriamente, compare nei dipinti in due formule iconografiche distinte. Una lo rappresenta come Dottore della Chiesa, connotato dalla porpora cardinalizia, qualche volta con un modellino di chiesa in mano, a simboleggiare il sostegno dato al Cristianesimo con la sua eccezionale cultura e la sua opera di traduttore delle Scritture. L’altra lo raffigura penitente in un paesaggio disabitato, nudo e coperto soltanto da un drappo attorno ai fianchi, nell’atto di percuotersi il petto con una pietra, di regola con un leone vicino. Nel Rinascimento il rinnovato interesse per la raffigurazione della natura contribuì a diffondere 100

Patrimonio artistico umbro nel mondo

questa seconda soluzione, che comunque continuò a convivere con la prima. L’opera del museo statunitense presenta innegabili elementi che permettono di attribuirla a Fiorenzo di Lorenzo. Uno è il fisico del santo, magro e asciutto, quasi metallico nella durezza dei profili, particolarità che richiama la pittura toscana e soprattutto lo stile di Andrea del Verrocchio, nella cui bottega sembra che Fiorenzo abbia soggiornato. È noto che il Verrocchio era anche scultore, circostanza che spiega l’impressione metallica provocata dalle sue figure. L’altro elemento è il paesaggio, strano e innaturale, con rocce elevate ad altezze paradossali, come a volere sottolineare la fragilità dell’uomo di fronte alle forze della natura. È un paesaggio chiaramente dedotto più da schemi mentali, che dall’osservazione diretta della realtà, convenzionale quindi e con precedenti individuabili. Le rocce soprattutto quelle in basso a sinistra regolari e allineate, fino a costruire una scansione geometrica, ricordano molto da vicino soluzioni analoghe del Beato Angelico. Il frate domenicano, attivo soprattutto a Firenze e a Roma, ebbe anche una produzione umbra, quando a Orvieto nella cattedrale affrescò la parte alta della Cappella di San Brizio. Anche a Perugia però c’erano e ci sono tuttora testimonianze della sua arte. Il polittico ora visibile nella Galleria Nazionale dell’Umbria in origine era nella Cappella Guidalotti o di San Nicola nella Chiesa di San Domenico, dove Fiorenzo di Lorenzo deve averlo guardato più volte con attenzione. Nelle storiette della predella, la scena della nave miracolosamente colma di grano, dopo l’atto di generosità del capitano, presenta lungo le coste rocce molto simili a quelle che circa venti anni dopo avrebbe dipinto Fiorenzo di Lorenzo. Il Beato Angelico era scomparso a Roma nel 1455, ma l’alone di eccezionale prestigio che lo aveva accompagnato in vita, esisteva ancora negli anni Settanta, quando Fiorenzo realizzò il suo San Gerolamo Penitente. Nel dipinto l’aspetto che colpisce maggiormente è l’esasperato verticalismo, riconducibile al gusto gotico fortemente radicato nella cultura figurativa umbra e soprattutto a Perugia, che porta l’artista a spezzare gli equilibri in favore della dimensione verticale: atteggiamento mentale destinato a ripresentarsi, anche se in forme leggermente attenuate, nei dipinti del Pinturicchio, che in Fiorenzo ebbe uno dei punti di riferimento nel suo percorso giovanile. Il dipinto con il Dottore della Chiesa in penitenza, eseguito a tempera su tavola (87,6 x 80,7 cm), risulta fino dal 1860 in proprietà di James Jackson Jarves, una singolare figura poliedrica di mecenate, da cui l’Università di Yale l’acquistò nel 1871. Qualche anno dopo nel 1876 gran parte della Collezione Jarves fu esposta alla galleria di Yale, di cui tuttora costituisce uno degli assi portanti, che divenne una delle prime grandi concentrazioni d’arte accessibili al pubblico negli Stati Uniti.


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