Issu al tempo dei tempi

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AL TEMPO DEI TEMPI… FIABE E LEGGENDE DEI MONTI DI SICILIA

Emma Perodi Firenze 1850 – Palermo 1918 con i disegni del pittore Carlo Chiostri

a cura di Concetta Muscato Daidone

CmdEdizioni


NOTA DELL’EDITORE

Negli anni delle raccolte di novellistica locale dell’Imbriani e del Pitrè, tra i più impegnati cultori della letteratura popolare1, sulla scia di quanto accadeva in Europa a partire dall’opera filologica e linguistica dei fratelli Grimm, noti per aver raccolto e rielaborato le fiabe della tradizione popolare tedesca2, emerge la figura di Emma Perodi, abile narratrice, con il suo mondo incantato popolato da Re e Regine, costellato di manieri con alte torri e ponti levatoi dove si svolgono tornei, giostre e sontuosi banchetti, ma abitato anche da angeli, stregoni e santi, diavoli e mostri dalle tante teste e lingue di fuoco. Nella sua opera Al tempo dei tempi...: fiabe e leggende dei monti di Sicilia, con i disegni del pittore Carlo Chiostri3, undici fiabe-leggende Cfr. V. IMBRIANI, La novellaja fiorentina: fiabe e novelline stenografate in Firenze dal dettato popolare: ristampa accresciuta di molte novelle inedite, di numerosi riscontri e di note, nelle quali è accolta integralmente La novellaja milanese dello stesso raccoglitore, Livorno, F. Vigo, 1877; G. PITRÉ, Novelle popolari toscane, Firenze, G. Barbèra, 1885 e Sessanta novelle popolari Montalesi, Firenze, Le Monnier, 1880. 2 Jacob Ludwig Karl Grimm (Hanau 1785 – Berlino1863) e Wilhelm Karl Grimm (Hanau 1786 – Berlino 1859), ricordati come i padri fondatori della germanistica, al di fuori del loro Paese divennero noti per le due opere contenenti favole e saghe tedesche Kinder-und Hausmärchen e Deutsche Sagen. Fra le fiabe più celebri da loro pubblicate ricordiamo Biancaneve, Cappuccetto Rosso, Cenerentola, Hänsel e Gretel e Il principe ranocchio. 3 L’opera Al tempo dei tempi... : fiabe e leggende dei mari, dei monti, del mare e delle città di Sicilia, con i disegni del pittore Carlo Chiostri, inizialmente era stata 1


nate alle pendici del vulcano siciliano e alle falde dei monti di Sicilia, compaiono anche emiri, tesori dalle monete d’oro e d’argento e dalle mille pietre preziose, stelle “centomila volte più lucenti di quelle che brillano nel cielo”, angeli “con le ali bianche e con una spada di fuoco in mano”, sotterranei profondissimi e palazzi circondati da drappi neri, veri e propri arsenali di armi, scheletri, teschi, becchini e feretri che puzzano e la stessa personificazione della morte. La dimensione fantastica, ultraterrena e soprannaturale, sempre presente nelle novelle della Perodi, non le impedisce però la presenza di un contesto storico e, in diverse novelle, l’accurato disegno dei luoghi e della topografia. Così nella leggenda La Regina e il Castello del Monte delle Rose, il cavaliere che deve chiedere la mano di Bianca, figlia del re Ferdinando, per il sovrano di Catalogna, sbarca a Trapani per poi cavalcare verso Palermo. La Principessa, che deve recarsi a Trapani per imbarcarsi, passa le notti in vari castelli che fanno a gara per offrirle ospitalità, tra cui il Castello del Monte delle Rose, vicino – afferma la Perodi – ad Alcamo e Portopalo. La località è qui ben definita dalla scrittrice: infatti esiste in Sicilia il Monte delle stampata a Firenze dalla Salani tra il 1909 e il 1910 e comprendeva tre volumi. Dopo la morte della Perodi (1918) nel 1921 e nel 1925, venne ristampato, sempre dalla Salani, solo il volume relativo alle leggende dei monti di Sicilia. Non ne conosciamo la ragione, ma probabilmente perché accolto meglio dal pubblico e dalla critica. Il libro relativo alle “leggende di Sicilia” Al tempo dei tempi... : fiabe e leggende delle città di Sicilia; disegni del pittore Carlo Chiostri, è stato ristampato nel 1988. In Sicilia della prima edizione abbiamo solo tre copie e, precisamente, la prima nella Biblioteca Etnografica Giuseppe Pitré di Palermo, la seconda nella Biblioteca centrale della Regione siciliana Alberto Bombace sempre della stessa città, la terza nella Biblioteca regionale universitaria di Catania. Delle edizioni della Salani del 1921 e 1925 non esiste alcuna copia in Sicilia ad eccezione di quella del 1925, di proprietà della CmdEdizioni, che abbiamo scelto come testo di riferimento.

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VII LA POVERA AGATINA

Al tempo dei tempi viveva in una capannuccia di paglia, a ridosso di una gran rupe, su un monte, una ragazza orfana di padre e orfana di madre. Questa ragazza, che si chiamava Agatina, non aveva altro che una pecora che aveva trovata ferita e sanguinante sul monte, una pentolina per cuocersi un po’ di minestra e una rocca che gliel’aveva lasciata la sua nonna. Con la lana della pecorina si faceva le calze e i vestiti per ripararsi dal freddo e con la rocca filava per le donne di un casolare lontano, giù alla pianura, che la pagavano con una grembiulata di fave o di ceci. Agatina s’era tanto affezionata alla pecorina e questa a lei. Appena giorno, la ragazza usciva per condurre a pascere la pecorina e intanto filava e cantava. Molte volte nell’inverno pioveva a dirotto, tirava un vento da portar via o nevicava, ma Agatina usciva lo stesso per non far soffrire la sua pecorina, e spesso si levava il pan dalla bocca per darlo alla sua compagna. Quando la solitudine le pareva più penosa, Agatina cingeva con le braccia il collo della bestiola e con la bocca sull’orecchio le domandava: – Credi che nel mondo ci sia una ragazza più infelice di me? Ecco qui: son sola sola e abbandonata e non ho alcuno che mi voglia bene!


Questo bando fatto dagli araldi a cavallo, in tre lingue: arabo, greco e siciliano, meravigliò tutti e la gente accorreva a sentirlo vociare dagli araldi e tutti domandavano: – Come sarà mai questa scarpetta trovata dal Re? Chi sarà la fortunata che possiede l’altra compagna?

Questo bando fatto dagli araldi a cavallo, in tre lingue: arabo, greco e siciliano, meravigliò tutti…

Nonostante il bando, nessuno si presentò al palazzo e il Re, in mezzo alla sua Corte, sdegnava tutti i divertimenti, rifiutava il cibo e non poteva prender sonno neppure al mormorìo delle fontane e nei soffici letti delle fresche sue stanze. 103


Giunta alle porte di Palermo si fece insegnare il palazzo reale…

Cantava la ragazza, e a furia di gomiti si fece largo e si allontanò con la sua compagna, senza sentir più né stanchezza né fame e per tutta la strada continuò a cantare: Oggi Agatina Domani Regina!

Giunta alle porte di Palermo si fece insegnare il palazzo reale, ma, quando con Zita si presentò alle guardie e chiese di es-

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ser condotta dal Re, la squadrarono da capo a piedi, squadrarono l’altra ragazza e dettero in una gran risata. – Così sudicia dal Re! Così stracciata dal Re! Sei matta! – Non sono matta. Voglio parlare col Re e subito. Vengo per la scarpetta e se non mi fate passare, mi metterò a urlare e farò il finimondo. Basta, le guardie avevano ordine di ammettere alla presenza del Re qualunque fanciulla venisse per la scarpetta, e la fecero entrare. Il Re era nel giardino seduto, pallido e sfinito. Accanto a lui, sotto una campana di cristallo era posata la scarpetta d’oro. – Sai chi possiede la compagna? – domandò il Re appena vide Agatina. – Maestà, la possiedo io! – Tu? – Io, e se Vostra Maestà ne vuole un altro paio, son pronta a darglielo. Nel dir questo posò in terra il fagotto, lo svolse e cavò fuori le tre scarpette preziose. Il Re fu colpito dalla generosità della poveretta. La guardò allora attentamente, vide che aveva gli occhi come due stelle, una carnagione di latte e sangue, certi capelli così neri che luccicavano e una bocca come un boccio di rosa. E poi parlava disinvolta e senza smorfie. Il Re volle sapere com’era venuta in possesso delle tre scarpette preziose e Agatina gli raccontò tutto per filo e per segno, anche l’incontro con Zita, e più il Re la guardava e la sentiva parlare e più gli piaceva. A farla corta in capo a poche ore le aveva promesso di farla sua sposa e la incitava a chiedergli una grazia. – Che Zita sia la mia dama di Corte – disse Agatina. – Non desidero altro.

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A questo rifiuto le tre donne cavarono tre pugnali e tutte e tre s’avventarono contro Beppe…

Vedendo che Beppe era ostinato, prendono il lume in tre e si mettono a camminare per il palazzo e lo conducono in stanze che lui non conosceva neppure. Giunti che furono in una stanza, gli dissero: – Apri quella porta! – Mi potete ammazzare, non l’apro! A questo rifiuto reciso, le tre donne l’aprirono da sé e penetrarono in una bella stanza, ma così piena di ragnateli che scen-

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devano dal soffitto fino a terra e si attaccavano al viso di chi camminava. In fondo a quella stanza c’era un’altra porta e le tre donne invitarono Beppe ad aprirla, e Beppe, al solito, si rifiutò e dovettero aprirla da sé. In mezzo alla seconda stanza c’era una pietra. – Alza quella pietra! – ordinarono a Beppe le tre donne. – Io, devo alzare quella pietra? Ma neppur per sogno! Se volete che sia alzata, tiratela su voi – rispose. – Se non l’alzi t’ammazzo! – urlarono tutte e tre le donne a una voce. – Ammazzatemi pure, io non la tiro su. A questo rifiuto le tre donne cavarono tre pugnali e tutte e tre s’avventarono contro Beppe per ferirlo al cuore, ma lui le disarmò tutte e tre. Allora esse stesero il dito mignolo, lo infilarono nell’anello di ferro che era nella pietra e l’alzarono come se fosse una piuma. Alzata la pietra si vide che nascondeva una scala e le tre donne presero a scenderla e Beppe dietro. Quella scala metteva in una bella stanza dove erano tre casse. Quando le donne furono giunte nel mezzo della stanza, circondarono Beppe e tutte e tre nel medesimo tempo lo abbracciarono e lo baciarono, e gli dissero: – Non aver più paura: siamo tornate vive per te, perché ci avevano fatto un incantesimo e non potevamo ritornar come prima, se un giovane non superava tutte le prove che tu hai superato senza spaventarsi. Quanti entrarono in questo palazzo prima di te, morirono tutti, perché non ebbero coraggio. Ora avrai il premio del tuo valore. Qui ci sono tre casse: una è piena di brillanti ed è per te; quella là è piena di monete d’oro ed è per il padrone del palazzo che lo deve far demolire e deve far benedire da un prete il terreno su cui sorge; la terza è piena di doppie d’oro ed è destinata a far dire tante messe per l’anima di chi le lasciò. Ora va’ pure a dormire tranquillo, perché l’incan158


Della stessa collana: 1. CESARE BECCARIA La Regina Bianca in Sicilia 2. GIOVANNI MELI Favuli morali 3. DOMENICO BERTI Il giovane Camillo conte di Cavour 4. PROFESSORE DI STORIA P. F. Cronologia dei Re d’Italia: da Odoacre a Umberto I 5. GIUSEPPE GARIBALDI Storia della sua vita narrata al popolo da un ufficiale garibaldino 6. SILVIO PELLICO Le mie prigioni: memorie di Silvio Pellico 7. Lettere inedite de’ Principi di Savoja 8. PIERO COCCOLUTO FERRIGNI Giostre e Tornei 1313-1883


9. GUGLIEMO ROSCOE Lorenzo de’ Medici detto il Magnifico La sua vita – Le sue opere 10. LUIGI CAPUANA Nel Paese della zàgara Novelle siciliane 11. DOMENICO SCINÀ Memorie sulla vita e filosofia d’Empedocle gergentino 12. VINCENZO MORTILLARO Dizionario geografico-statistico siciliano-italiano-latino dell’isola di Sicilia e delle sue adjacenze 13. GIUSEPPE PITRÈ Il Pesce d’Aprile 14. SALVATORE SALOMONE MARINO I Siciliani nelle guerre contro gl’Infedeli nel secolo XVI 15. PADRE PIETRO SANFILIPPO Vita di Santa Rosalia 16. GINA SOBREO (MANTÈA) Le Buone usanze


Al tempo dei tempi... Fiabe e leggende dei Monti di Sicilia Emma Perodi Firenze 1850-Palermo 1918 Questo volume è stato stampato nel Gennaio 2017 da Universal Book via S. Botticelli, 22 – Rende (CS) per conto della CmdEdizioni via Tucidide 34 – Siracusa

Stampato in Italia – Printed in Italy


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