Ski-alper 80

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alessanDRo foti testo: Enrico Marta foto: Enrico Marta

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lessandro oti borsa o montagna, non cambia

L’amministratore delegato di Fineco Bank è abituato a destreggiarsi tra salite e discesa, non fa differenza che si tratti di alta finanza o di pendii innevati

A

lessandro Foti? Non sapevo nulla di lui come scialpinista: è uscito così, dal cappello a cilindro del nostro collaboratore Flavio Saltarelli, che da buon avvocato riesce sempre a escogitarne qualcuna. E così un giorno salta fuori con una proposta: «Sai Enrico, ho un amico che è un pezzo da novanta nella finanza ed è appassionato di scialpinismo, un tipo in gamba…». Potrebbe certamente rientrare nello Ski-alp people, perché non organizzare un’uscita tutti insieme e fare un’intervista direttamente sulla neve? Detto fatto: dopo un paio di mesi l’appuntamento è perfezionato. La località prescelta è Ceresole Reale e la meta è lasciata alla mia scelta.

Della combriccola fanno parte, oltre al personaggio in questione, Flavio e due amici emiliani con i quali è solito effettuare le sue escursioni con le pelli. Appuntamento alle sei davanti all’Aquila Alpina - un alberghetto gestito da un amico di gioventù - per sfruttare al meglio le prime ore in cui la neve dovrebbe tenere. Alessandro Foti mi si para davanti come una persona normale, uno ski-alper vestito con capi Montura: tutto qui. Un po’ riservato ma dai modi semplici e affabili, nulla del grande manager che in realtà è nella vita di tutti i giorni. Ci diamo subito del tu: «Allora, tu Alessandro sali con me, anche Flavio. Gli altri con la seconda auto.» La strada che da Ceresole porta al Serrù a queste ore del mattino è un fuggi fuggi di marmotte che si stanno appostando per osservare il passaggio dei turisti nel weekend. Sui piazzali della diga ci troviamo con qualche decina di scialpinisti che stanno già armeggiando con le pelli: sono i ‘locals’, i super appassionati del Carro, capaci di salirlo anche 8 volte in una sola primavera. Qualcuno punta verso la Basei con salita dal fortino, ma la maggior parte segue la nostra direzione. Superiamo la casa dei guardiani della diga con gli sci nello zaino, ma dopo pochi metri possiamo calzarli. Flavio cinguetta in continuazione, Alessandro è concentrato sulla salita, il pediatra segue a poca distanza, il capotreno ormai viaggia per conto suo mimetizzato fra la

moltitudine di gruppi impegnati nello stesso pendio. Dopo i primi assaggi sulla morena della Capra ci troviamo alla base del canale del Palo così lo chiamiamo noi ‘locals’ per la presenza di un paletto di legno in cima - e tutto intorno è uno sferragliare di coltelli. Il loro suono è particolare: alluminio, lega leggera… Lo riconosceresti a cinquecento metri di distanza, anche il rumore che fanno sotto gli sci è particolare. Delle decine di persone che stanno affrontando questo tratto a non avere montato i rampant siamo in cinque: una pattuglia reduce dal Mezzalama, Alessandro e io… La sicurezza nelle inversioni e la tenuta delle pelli sono indice di grande padronanza del mezzo: il nostro top manager si muove molto bene qui a 40° di pendenza, altrettanto bene di come si muove fra bilanci e investimenti. Al palo lo guardo ammirato. Adesso la salita non presenta più tratti estremi. Saliamo tranquilli gustandoci l’ampiezza di questo ghiacciaio. In vetta, fra una nuvola e l’altra, ci godiamo il panorama su queste fantastiche montagne. Si scherza: l’avvocato è sempre della partita. Un amico bergamasco, a Torino per lavoro, si aggrega alla nostra squadra. Ė il momento delle foto: due battute ancora con i presenti e poi giù: la neve non è difficile anche se fa un po’ di attrito sotto gli sci. Curve ampie, curve strette, ripido, medio, giù… Alessandro ci dà con impegno, inanellando una bella sequenza di serpentine: ancora


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