MOOB Magazine / Issue No.2

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perta degli inviti uguali, e del viaggio trascorso insieme sullo stesso aereo.

«Eri anche tu sul nostro aereo? Non ti abbiamo visto.» gli chiesi mentre mi asciugavo le mani con un rettangolo di carta. «Non mi avete visto perché sono entrato prima, ho comprato l’opzione Speedy Boarding, e mi sono scelto uno dei primi

posti accanto al finestrino! Odio fare le file, è più forte di me.»

«Eh eh, anche noi ce ne siamo accorti!» disse stupidamente Lorenzo, dimenticando che avevamo finto di non vederlo fino a pochi minuti prima. «Perché scusa? Mica avete assistito al mio slalom tra le file al controllo documenti?». Ci fu un attimo di trepidazione. Lorenzo abbassò lo sguardo, mentre Michele mi fissava stranito.

«Ma no, Michele. Credo che Lorenzo si riferisca a come spesso e volentieri saltavi la fila per la cassa, quando ci ritrovavamo tutti insieme alla tavola calda dell’università. Ogni volta usavi quell’assurda scusa, te la ricordi?». Neanche io avrei creduto a quella risposta, ma fu l’unico aggancio possibile che mi venne in mente. «Aaa, già! Ma certo, che indimenticabili scene! Ci cascavano sempre! Passavo davanti a tutti e andavo direttamente dietro la cassa, dicendo che ero stato mandato dal rettore dell’università in persona, e che quindi non potevo aspettare! Che memoria Ruiz, bravo!» Fortunatamente se l’era bevuta, ed avevo risparmiato a me e Lorenzo una figuraccia. «Quindi hai rispolverato le tue abilità poco fa?» aggiunsi per rincarare la dose. «Esatto! Dovevate vedermi, sono stato abilissimo! Passavo da una fila all’altra, cercando quella più veloce. Alla fine me la sono cavata in poco meno di cinque minuti.» disse fiero, mentre si abbassava la zip dei pantaloni. «Adesso datemi il tempo di una pisciata, poi andiamo tutti insieme a questa festa, guagliù. Ok?» Appena Michele entrò in bagno, guardai Lorenzo scuotendo la testa, in segno di rimprovero. Lui scoppiò a ridere. «Scusa, scusa! E grazie! Mi hai salvato con quella trovata della tavola calda!»

«Vuoi abbassare la voce? Ho rimediato una volta, la seconda sarebbe impossibile!» Dall’ultima battuta di Michele, capii che si sarebbe aggregato a noi senza fare tante domande.

Ci fermammo a prelevare del contante, poi ci dirigemmo al terminal che ospitava il collegamento della Gatwick Express. Io e Lorenzo eravamo pronti ad assistere al Michele De Caro Show, che cominciò puntuale subito dopo la partenza del treno. Michele voleva spiegarci le sue capacità imprenditoriali in pochi e significativi passaggi, per dimostrare che ci trovavamo di fronte ad un brillante professionista. Innanzitutto ci raccontò che era diventato un istruttore di tennis, e che aveva abbandonato la pratica di quello sport a livello agonistico. «Non mi portava a guadagnare niente, credetemi. Adesso insegno quattro volte a settimana, e mi scopo le belle mogli degli imprenditori napoletani. Le scelgo quasi sempre col seno rifatto!» Michele aveva anche “ereditato” in banca il posto del padre, che era andato in pensione alla veneranda età di 68 anni. «Era ora che il mio vecchio si facesse da parte. Sono figlio unico, e sono giovane, e quel posto mi spettava di diritto! I De Caro hanno fatto tanto per quella banca, soprattutto quando non era conosciuta! Sapete però cosa mi è dispiaciuto? Non aver fatto nessun tipo di colloquio, nessun confronto con un direttore, o con qualcuno delle risorse umane. Avrei voluto mettermi in gioco, esprimere le mie idee, rispondere alle loro domande pungenti, dimostrare che quell’impiego l’ho avuto meritatamente, che ho talento e che posso far carriera. Capite che intendo?» Ripensando alle dozzine di colloqui che avevo sostenuto invano in giro per l’Italia negli ultimi due anni, a sentire quelle parole mi ribollì il sangue. Oltre al lavoro in banca, De Caro senior gli aveva lasciato anche una casa di proprietà, dalla quale Michele aveva cacciato gli storici inquilini con un ordine di sfratto, senza neanche inviargli una raccomandata di preavviso.

«Li ho cacciati da un giorno all’altro, ecchepalle. Avevo compiuto 30 anni e dovevo avere quella casa, non potevo più aspettare! Ma poi che ne se ne facevano due vecchietti di una casa con la vista sul mare, guagliù? Era sprecata! Ora

invece è frequentata solo da donne di una certa classe. Anche i miei vicini hanno gradito questo cambio di residenza, credetemi… me ne accorgo dai loro apprezzamenti quando faccio colazione in terrazzo con una di loro. L’avete capita questa, eh?» Mi venne in mente quando i miei vicini mi scambiarono per il marito di Giada, mentre salivo le scale con due confezioni d’acqua ed una busta della spesa, perchè l’ascensore era rotto. I termini di paragone era lontanissimi.

«Mi definisco un single per scelta, non potrei mai condividere tutto quello che ho con una ragazza. Già quando vado a cena con una che voglio scoparmi mi sento schiavo di un sistema femminista. Chi lo stabilisce che si devono spendere tutti quei soldi per una donna prima di portarla a letto? Perché devo pagarle tutto io durante il weekend, prima di dare finalmente sfogo alle nostre reciproche attrazioni fisiche e sessuali? Allora non fanno bene quelli che pagano direttamente le escort? Pensateci bene, guagliù!»

A quella frase non riuscii a resistere e lo interruppi «Michè, Ma che cazzo dici!»

«Ruiz, credimi. E’ un ragionamento che dovresti fare anche tu, che sei un bel ragazzo, e che sicuramente avrai tante spasimanti come me. Vabbè non quanto me, non esageriamo. Ahahah!” e rise convinto di quello che stava dicendo. «Lorenzo difenditi. Non sei stato classificato come un bel ragazzo da Michele, rischi di restare single!» dissi cercando di prenderlo in giro. «Non devo preoccuparmi, per fortuna ho già una fidanzata.» rispose Lorenzo in modo disinteressato. Rimasi sorpreso. Avevamo parlato molto da quando ci eravamo incontrati, ma non mi aveva detto nulla riguardo la sua vita sentimentale. Immaginai il mio vecchio amico come un compagno fedele, che non vedeva l’ora di chiedere


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