Focus Storia 168 - Ottobre 2020

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Storia SCOPRIRE IL PASSATO, CAPIRE IL PRESENTE

n°168

MENSILE –Austria � 9,20 - Belgio, Francia, Lussemburgo, Portogallo, Spagna � 8 - MC, Côte d’Azur € 8,10 - Germania � 12,00 - Svizzera CHF 10,80 - Svizzera Canton Ticino CHF 10,40 - USA $ 11,50

OTTOBRE

LE RITORSIONI DEI ROMANI ERANO FEROCI, QUELLE DEL RE SOLE RAFFINATE, QUELLE DEGLI ARTISTI PERFIDE

Vendetta

LE RESE DEI CONTI CHE HANNO SEGNATO LA STORIA

16 SETTEMBRE 2020 - MENSILE � 4,90 IN ITALIA

Sped. in A.P. - D.L. 353/03 art.1, comma 1, DCB Verona

IN CLASSE

COM’ERANO, E COME SONO CAMBIATI, I BANCHI DI SCUOLA

I BORBONE

NEL 1820 L’ITALIA PREUNITARIA EBBE IL SUO PRIMO PARLAMENTO

MONDO ARABO

NELL’EGITTO DI ABDEL NASSER, L’UOMO CHE SOGNAVA IN GRANDE


Ottobre 2020

focusstoria.it

Storia

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appiamo che la vendetta è un istinto primordiale. Leggi e religioni hanno sempre cercato di arginarlo e disciplinarlo, proponendo risposte più “civili” al regolamento di conti. Con risultati raramente soddisfacenti. La sete di vendetta ha alimentato guerre, faide, spedizioni militari, congiure, rappresaglie, persecuzioni, rivalse... Una resa dei conti infinita, tanto che in redazione abbiamo avuto qualche difficoltà a selezionare le storie da raccontare nel nostro dossier. Poteva mancare la furia distruttrice dei Romani contro Cartagine o contro i Germani di Arminio? E che dire della perfida manovra del Re Sole, che si accanì sul suo ministro per pura invidia? O del cerimoniere pontificio Biagio da Cesena, condannato all’inferno del Giudizio universale con un bel paio di orecchie da somaro in testa, per aver criticato il genio di Michelangelo? Ripicche piccole e grandi, più o meno violente, ma i cui effetti hanno cambiato il corso degli eventi. Emanuela Cruciano caporedattore

RUBRICHE

4 LA PAGINA DEI LETTORI

6 NOVITÀ & SCOPERTE

10 UNA GIORNATA DA... 69 C’ERAVAMO TANTO AMATI

CREDITO COPERTINA: ARCANGEL

70 DOMANDE & RISPOSTE 72 PITTORACCONTI 74 CHI L’HA INVENTATO? 97 AGENDA

THE PRINT COLLECTO/HERITAGE-IMAGES/MONDADORI PORTFOLIO

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L’assedio di Cartagine nel 146 a.C.: i Romani la rasero al suolo.

CI TROVI ANCHE SU:

In copertina: immagine simbolica della vendetta.

IN PIÙ...

12 IlANNIVERSARI primo

Parlamento

200 anni fa i Borbone concessero la prima carta costituzionale dell’Italia preunitaria.

SETTECENTO 16 Genio visionario

Giovanni Battista Piranesi, il virtuoso dell’incisione ossessionato da Roma.

LA VENDETTA 28 46

Questa me la paghi

Il desiderio di vendetta fa parte della natura umana. E in suo nome è accaduto di tutto.

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Distruggete Cartagine

Fu rasa al suolo dopo un assedio estenuante. Così la città punica pagò una volta per tutte la colpa di avere sfidato Roma.

40 Senza pietà

Come il giovane Giulio Cesare si prese gioco dei suoi rapitori, li manipolò e alla fine li fece trucidare.

42 Un’onta lavata col sangue

Dopo sette anni i Romani si vendicarono dell’onta subita a Teutoburgo causata dal tradimento di Arminio. Protagonista: Germanico.

Nessuno oscuri il Re Sole!

Nicolas Fouquet aveva una sola colpa: brillava più del suo re. E la pagò carissima.

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Farsi giustizia

La vendetta è un ottimo espediente narrativo: parola di Omero, Shakespeare, Dumas...

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Pennelli coltelli

Le rivalità fra artisti che hanno lasciato il segno: ecco i “dispetti” d’autore più creativi.

60 Resa dei conti

La lunga serie di violenze che insanguinò l’Italia dopo la fine della guerra.

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Monika Ertl

La donna coraggiosa che uccise Toto Quintanilla, l’aguzzino di Che Guevara.

SCUOLA 22 Tutti al vostro

posto!

L’evoluzione del banco scolastico, che nei secoli ha cambiato forma e dimensione.

GRANDI SCOPERTE 76 L’amico di

Colombo

Senza l’intervento di Luis de Santángel, forse Colombo non avrebbe raggiunto l’America.

84 LaGRANDEsfidaTEMAdi Nasser Il presidente egiziano che sognava una grande nazione araba.

COSTUME 92 Un applauso

vi seppellirà

La storia del gesto di consenso più antico, per acclamare attori o politici. 3

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LA PAGINA DEI LETTORI

Inviateci opinioni, idee, proposte, critiche. Pubblicheremo le più interessanti oltre a una selezione dei commenti alla nostra pagina Facebook (www.facebook.com/FocusStoria). Scrivete a Focus Storia, via Mondadori 1, 20054 Segrate o all’e-mail redazione@focusstoria.it

La regina non c’entra? Su Focus Storia n° 165 nell’articolo “Usanze da tutelare”, sul patrimonio immateriale tutelato dall’Unesco, si dice che la pizza napoletana è stata chiamata Margherita in onore della regina. C’è un’altra versione, più credibile, secondo la quale il nome “margherita” è precedente all’Unità d’Italia ed è relativo alla confezione della pizza guarnita con vari gusti disposti come i petali di una margherita. Aldo Vella

La flotta italiana a corto di carburante Nell’articolo “La guerra di Benito” pubblicato su Focus Storia n° 164, nel riquadro sulle forze italiane, si afferma che dopo la battaglia di Capo Matapan la flotta italiana sparì [...]. Ritengo questa affermazione errata, dopo la suddetta battaglia, ve ne furono altre [...]. Durante questi conflitti la presenza in mare della flotta italiana costrinse i convogli provenienti da Alessandria a rientrare alla propria base dopo aver subìto diverse perdite e quelli provenienti da Gibilterra furono decimati [...]. Solo alla fine del ’42 e nel ’43 le unità maggiori della flotta scomparvero dal mare ma a causa della mancanza di nafta, non per le offese nemiche. Virginio Trucco

pastori (io, per esempio, sono un medico e lo pratico fin dall’adolescenza). Inoltre viene affermato che il canto a tenore era una pratica in declino che è stata riscoperta grazie agli studi degli etnomusicologi [...]. Il canto a tenore non è mai stato in declino, gli etnomusicologi hanno trovato nello studio di questo canto e del contesto in cui nasce una vera miniera d’oro che risponde alle loro tematiche, ovvero la possibilità di analizzare dal vivo e nel suo ambiente più genuino una forma musicale autenticamente “etnica”, e questo da umili e semplici osservatori i quali non hanno mai minimamente tentato di influenzarne le dinamiche. Come affermò Ignazio Macchiarella, professore di Etnomusicologia dell’Università di Cagliari:

“Voi cantori dovete fare quello che sempre avete fatto, noi studiosi siamo gli ultimi arrivati, dobbiamo solo entrare in punta di piedi nel vostro mondo e osservare in silenzio senza disturbare”. Peppino Cidda, Orune (Nuoro)

Una questione di forma Vorrei fare una precisazione sull’antica città romana di Parentium. Su Focus Storia n° 165, a pagina 6, viene citata in un trafiletto con il nome slavo Porec’, che le è stato dato solo 76 anni fa. La mia famiglia che è originaria di questa zona da generazioni ama ricordarla con il nome italiano di Parenzo. Simona Pellis (Roma)

Il canto a tenore sardo Vorrei fare una puntualizzazione a proposito dell’articolo, pubblicato su Focus Storia n° 165, sul canto polifonico sardo riconosciuto come bene immateriale dell’Umanità dall’Unesco [...]. Il canto a tenore viene definito in pericolo; ma questo non è esatto, esso è presente e vivo in oltre cento comuni della Sardegna e, secondo una recente stima dell’Associazione Tenores Sardegna (“Sotziu Tenores Sardigna”), ente deputato alla tutela e salvaguardia di questa tradizione, conta circa 10mila praticanti presenti in tutta l’isola e anche fra gli emigrati sardi nel continente italiano e all’estero [...]. È un canto che nasce nelle comunità pastorali del Centro-nord Sardegna ma non è praticato solo da 4

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Uno scorcio del centro storico della città di Parenzo.


Nel 1820 i Borbone concessero obtorto collo all’Italia preunitaria la carta costituzionale più antica e un’assemblea legislativa. Ma durò poco.

MONDADORI PORTFOLIO/DE AGOSTINI PICTURE LIBRARY

ANNIVERSARI

di Gigi Di Fiore

Una conquista effimera

MONDADORI PORTFOLIO

Ferdinando I di Borbone (17511825), re di Napoli e delle Due Sicilie. Nella foto grande, il sovrano giura sulla neonata costituzione napoletana, nel 1820, una concessione che avrà vita breve.

IL PAR D

uecento anni fa veniva inaugurato a Napoli, capitale del Regno delle Due Sicilie, il primo Parlamento dell’Italia preunitaria, nata nel 1815 dal Congresso di Vienna che aveva restaurato le monarchie assolute dopo l’età napoleonica. Una riforma istituzionale pericolosissima, agli occhi delle grandi potenze europee, decise ad arginare qualsiasi potenziale stravolgimento

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PRIMO LAMENTO agli equilibri politici internazionali così faticosamente raggiunti. Intanto però il passo era fatto, e a compierlo fu un sovrano non più nel fiore degli anni: il settantenne re Ferdinando I di Borbone, che concesse la Costituzione spinto da una veloce e poco cruenta rivolta militare. All’iniziativa dei ribelli, che era partita da Nola sotto la guida dei sottotenenti Michele Morelli e Giuseppe Silvati, si era unita l’associazione

segreta dei carbonari, appoggiata dagli ex feudatari scontenti delle nuove leggi sulla proprietà delle terre.

UN BUON INIZIO. Nel luglio del 1820, re Ferdinando I giurò su un testo che riproduceva la Costituzione concessa in Spagna nel 1812. Il generale Guglielmo Pepe aveva aderito alla rivolta contribuendo a convincere l’anziano sovrano sulla necessità della riforma;

riuscì a coinvolgere anche il principe reggente Francesco I. L’ambasciatore inglese a Napoli, sir William à Court, commentò: “Un regno così florido e felice, con governi miti e non offeso dalle tasse, è crollato per una manciata di insorti”. Ma, dopo una settimana di lavori preparatori, iniziati il 22 settembre 1820 nella Gran Sala municipale di Monteoliveto, la Costituzione passò. Vennero eletti 98 deputati, anche se alle

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SCUOLA

MEMENTO/MONDADORI PORTFOLIO

Dalle affollate panche del Cinquecento fino alle sedute monoposto adottate per l’emergenza Covid-19: così, nei secoli, il banco scolastico ha cambiato forma e dimensioni, adattandosi man mano ai nuovi metodi di Biagio Picardi di insegnamento.

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TUTTI AL PROPRIO

POSTO!


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rgonomici, colorati, piccoli e adattabili. Sono i nuovi banchi scolastici, figli dell’emergenza Covid-19 e della necessità di garantire il distanziamento sociale anche nelle aule per tenere al sicuro scolari, studenti e insegnanti di tutta Italia. Ogni ordine di scuola (primaria, secondaria di primo o di secondo grado) ha sedute con caratteristiche e misure differenti, ma tutte proveranno a scrivere un nuovo capitolo di una storia plurisecolare: quella del banco scolastico, appunto.

Vicine e lontane

Le alunne di una scuola femminile inglese ritratte insieme all’insegnante nel 1905. In questa immagine i banchi non erano ancora distanziati tra loro e le allieve sedevano a gruppi di due, tre o quattro.

IL VESCOVO IN KATHÈDRA. Tutto cominciò nel XVI secolo, quando la necessità di contrastare la diffusione del protestantesimo spinse i vescovi a trasformarsi in maestri e a diffondere nelle chiese, improvvisate aule, la dottrina cristiana. Dall’alto del proprio “trono”, che prese il nome greco di kathèdra, il vescovo o il sacerdote di turno istruiva i fedeli, convincendoli della bontà del suo credo rispetto alla nuova dottrina emergente. I cristiani, così, si trasformarono in alunni, disposti a tornare in chiesa per approfondire gli argomenti trattati durante la messa. Queste lezioni, col tempo, coinvolsero sempre più i giovani, che ascoltavano il maestro seduti su semplici panche di legno da sei-otto posti, senza spalliere, poste di fronte alla kathèdra o a un leggio che sosteneva il libro, sul modello delle università medievali (XI secolo). Nelle scuole di dottrina, gli “alunni” dovevano per lo più ascoltare, quindi i primi banchi scolastici non avevano bisogno di uno scrittoio. Soltanto i più capaci, infatti, potevano esercitarsi a scrivere su un grande tavolo, in disparte. Niente in comune dunque con gli scrittoi degli amanuensi che nei monasteri, in piedi o più raramente seduti su una seggiola davanti a una piccola scrivania, ricopiavano testi e manoscritti prima dell’invenzione della stampa. Furono invece proprio le postazioni dei monaci a ispirare i primi e rari banchi “completi”, che si diffusero a partire dal Seicento. COLLETTIVO VS INDIVIDUALE. Nel Seicento, chiesa e scuola continuarono ad andare a braccetto, con l’aumento dei sacerdoti che avevano come attività collaterale quella dell’insegnamento, seppure riservato a pochi privilegiati e mai obbligatorio. 


PRIMO PIANO

QUESTA ME LA PAGHI... La vendetta fa parte della natura umana. E in suo nome, dall’alba dei tempi a oggi, è accaduto di tutto. di Maria Leonarda Leone

Che tutti vedano!

Achille trascina il corpo di Ettore sotto le mura di Troia. L’eroe greco aveva riservato questa terribile vendetta al più grande dei combattenti nemici, perché furioso per il dolore: Ettore aveva ucciso il suo amato Patroclo. 28

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BRIDGEMANART/MONDADORI PORTFOLIO

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volte basta un vicino fastidioso, un tizio che ci urta in metrò senza scusarsi o un collega che affossa la nostra promozione. Altre volte occorre di più, come un amore tradito, un’aggressione o addirittura l’uccisione di una persona cara. Prima o poi, in ogni caso, si farà sentire: il famoso cinese seduto sulla riva ad aspettare il cadavere del suo nemico. Perché il desiderio di vendetta alberga in ciascuno di noi, oggi come in passato. È “il piacere abietto di una mente abietta”, scriveva il poeta romano Giovenale nel I secolo d.C. Ma se non si trattasse solo di questo? “Il giusto gioirà, quando avrà visto la vendetta; egli laverà i suoi piedi nel sangue dell’empio”, 

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Cartagine Distruggete

ALBUM/NATIONAL GALLERY OF ART, WASHINGTON DC/MONDADORI PORTFOLIO

PRIMO PIANO

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e lacrime rigavano il volto del vincitore: il console Scipione Emiliano piangeva di fronte alle rovine ancora fumanti di Cartagine. La brezza primaverile che veniva dal mare portava odore di bruciato e di morte, lamenti di sopravvissuti e gemiti di moribondi. I Romani non si erano accontentati di sconfiggere per la terza volta i Cartaginesi: avevano voluto cancellare per sempre la loro capitale, radendo al suolo quella che allora era considerata la città più ricca del mondo. Perché tanta ferocia? Si dice che la puntura di una zanzara pruda meno quando riesci a schiacciare il ronzante insetto, ma lo storico greco Polibio, che visse gli eventi in prima persona a fianco di Emiliano, cercò di nascondere la macchia sul muro sostenendo che Cartagine fosse rimasta vittima della nemesi, la vendetta divina.

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«Polibio e, in termini più espliciti, lo storico greco Appiano addebitano la caduta di Cartagine alla punizione inferta dagli dèi, per mezzo dei nemici romani, alla città colpevole di sacrilegio», conferma Francesca Rohr, docente di Storia romana all’Università Ca’ Foscari di Venezia. «In realtà, se il tema della nemesi divina sembra essere solo un topos letterario che ricorre anche nella caduta di Atene (480 a.C. e 404 a.C.), di Roma (390 a.C.) e di Corinto (146 a.C.), il rapporto tra colpa e pena che connota la Terza guerra punica ha un solido fondamento storico».

UN LUNGO BRACCIO DI FERRO. Ma che cos’avevano combinato di tanto grave i Punici? C’era stato un tempo in cui Roma e Cartagine erano state amiche, quando entrambe erano troppo impegnate a conquistare il proprio spazio, 


di Maria Leonarda Leone

Spazzata via

La presa di Cartagine da parte di Scipione Emiliano (146 a.C.) “vista” da Giambattista Tiepolo nel Settecento e, nella pagina accanto, la città assediata in un’incisione cinquecentesca.

HERITAGE IMAGES/MONDADORI PORTFOLIO

Rasa al suolo dai Romani dopo un estenuante assedio: nel 146 a.C. fu questo il destino della capitale dei Punici. La colpa? Vecchie rivalità e qualche nuovo sgarro.


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PRIMO PIANO


FARSI

GIUSTIZIA La vendetta è un bisogno atavico previsto da molti testi antichi religiosi e celebrato in letteratura. Infatti il cammino dell’uomo è lastricato di vendette. di Claudia Giammatteo

Muori!

Orfeo ucciso dalle Baccanti (bottega di Giulio Romano, XVI secolo). Secondo il mito, il poeta viene massacrato dalle Baccanti che lo accusavano di disprezzarle: prese dalla furia, lo finirono con bastoni e pietre.

C

redevate, o cani, che non ritornassi da Troia, e intanto saccheggiavate la mia casa, stupravate le ancelle, ambivate a mia moglie, me vivo [...]. Ma venne per voi tutti la fatale ultima sera”, esplode Ulisse prima di fare strage dei Proci. Altrettanto esplosiva la furia di Medea, che per vendicarsi di Giasone aveva appena ucciso i suoi stessi figli: “Due è un numero troppo piccolo per il mio odio. Se qualche creatura si nasconde ancora nel mio grembo mi frugherò le viscere con la spada”. Mentre il capitano Achab vomita la sua rabbia contro Moby Dick persino in punto di morte: “Dal cuore dell’inferno, io ti trafiggo! In nome dell’odio, sputo il mio ultimo respiro su di te, maledetta bestia!”. Sono solo alcuni esempi tratti da una nutrita galleria di personaggi, diversi per epoche, lingua, genere ma tutti con lo stesso obiettivo: infliggere dolore per un dolore ricevuto. Che sia scatenata da follia d’amore, dovere di sangue o utopia contro il Male, la vendetta (dal latino vindicta, “liberazione”) è, da millenni, il cuore delle storie: dai miti alle fiabe, dalle tragedie alle opere liriche, dai romanzi ai fumetti.

GLI DÈI AGGUERRITI. «La vendetta è archetipo che risale alle origini della letteratura occidentale e orientale. E accomuna  dèi e uomini in tutti i miti (dal greco mythos, 51

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GRANDI SCOPERTE Non c’è dubbio che a giungere nel Nuovo Mondo fu il navigatore genovese. Ma senza un provvidenziale finanziamento le caravelle non sarebbero mai partite.

L’AMICO DI di Maurizio Corona

COLOMBO L

a scoperta dell’America da parte di Cristoforo Colombo solitamente viene associata alle due caravelle, la Niña e la Pinta, e alla cocca, la Santa Maria, che il 3 agosto 1492 salparono dal porto di Palos (Andalusia) per attraversare l’Atlantico. Oppure al sostegno accordato alla spedizione dai Re Cattolici, Ferdinando II di Aragona e Isabella I di Castiglia. O anche al grido “Tierra”, urlato a squarciagola da Rodrigo de Triana, il marinaio di vedetta sul castello di prua della Pinta, che per primo avvistò il Nuovo Mondo. Pochi sanno, invece, che la chiave di volta della spedizione navale di Colombo fu il valenciano Luis de Santángel, il cui intervento fu risolutivo per la realizzazione del progetto. Senza l’uomo che

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LUIS DE SANTÁNGEL

Nell’ombra

A destra, L’ispirazione di Cristoforo Colombo, tela del pittore messicano José María Obregón. Sopra, un ritratto di Luis de Santángel conservato al Museo Navale di Madrid.

gestiva i conti per i Re Cattolici, nemmeno tutti i venti della Terra avrebbero potuto spingere le caravelle fino al Nuovo Mondo.

IL TESORIERE DEL RE. Nato intorno al 1435, Luis de Santángel apparteneva a una benestante famiglia di origine ebraica di Valencia. In gioventù studiò a Napoli, sotto la tutela di uno zio che fu giurista del re d’Aragona Alfonso V il Magnanimo. Grazie alla posizione economica della sua famiglia, che da tempo aveva rapporti con la monarchia aragonese, nel 1460 ottenne la concessione di importanti miniere di sale. Poi, nel 1478, il re Giovanni II lo incaricò di curare gli interessi reali a Valencia. L’anno dopo, il nuovo re  Ferdinando II, in considerazione della sua


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LA SFIDA

I GRANDI TEMI SUEZ E IL NASSERISMO

DI NASSER

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er raccontare questa storia partiamo dal suo epilogo, la fine del viaggio terreno di un uomo controverso che già da vivo aveva assunto i caratteri della leggenda: il 1° ottobre 1970, cinquant’anni fa, in un oceanico corteo funebre di 10 chilometri, il popolo egiziano accompagnava le spoglie di Gamal Abdel Nasser. Quelle esequie non furono solo una questione egiziana, ma di tutto il mondo arabo, riunito per rendere omaggio a colui che, da capo del governo e da presidente, aveva esercitato un “potere ipnotico” sul Paese, come scrisse quel giorno la stampa internazionale. “Lasciatecelo portare, è nostro!”, urlava la folla, cercando di toccare il feretro del leader che nei venti anni precedenti, tra luci e ombre, aveva dominato la politica e le

Un leader

Gamal Abdel Nasser, presidente egiziano dal 1956 fino alla sua morte. Sullo sfondo, il corteo di 10 km che accompagnò il feretro del leader nelle strade del Cairo il primo ottobre 1970. 84

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Il colonnello egiziano salito al potere nel 1952 con un golpe diventò il padre-padrone di un Paese che si identificava in lui, lo amava e lo temeva. Ancora oggi molti rimpiangono. di Francesca Ghirardelli


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