Focus Storia 224 Propaganda

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SEGNALI DI SEDUZIONE

Conquistare il cuore (e le grazie) dell’amata? Un vero lavoro, con codici e regole

LA MEGLIO GIOVENTÙ

I Futuristi credevano nella guerra. Molti partirono volontari, pochi tornarono

SAN PAOLO L’apostolo agitatore che fu vittima di un tortuoso iter giudiziario

focusstoria.it

Storia

Cosa c’entra la tipica colazione americana – uova e pancetta –con la propaganda? Chi ha inventato l’idea di “opinione pubblica” ?

Perché Hitler e Mussolini erano abilissimi a trascinare le piazze? Questo numero, dedicato ai pionieri della propaganda, ci ha messo di fronte a una quantità infinita di informazioni, spesso più legate all’ambito delle scienze sociali che a quello della grande Storia. Eppure esplorando questo mondo parallelo abbiamo individuato un punto di vista diverso sui grandi eventi del Novecento, oltre a una chiave di lettura utile anche oggi per capire i fenomeni della polarizzazione, degli hater sui social, delle aggressive strategie comunicative di Donald Trump . Le leggi della persuasione sono state codificate a cominciare dall’800, il secolo che ha scoperto la forza (e l’identità) delle masse, ma anche la psicologia sociale. Fra gli studiosi che se ne sono occupati ci siamo concentrati su Gustave Le Bon, autore del best seller caro a Mussolini Psicologia delle folle (1895); e su Edward Bernays, pubblicitario e spin doctor (uno dei primi) capace tanto di preparare il terreno a un colpo di Stato quanto di raddoppiare i fatturati dei suoi clienti. Buona lettura!

Emanuela Cruciano caporedattrice

Roma 1934, la facciata di Palazzo Braschi con il volto di Mussolini.

PROPAGANDA E MANIPOLAZIONE

30

L’antica arte della persuasione

Anche secoli fa i potenti usavano le strategie di comunicazione.

34

Dentro la mente “comune”

Filosofi e antropologi hanno spiegato i comportamenti delle masse.

38

Il cattivo maestro

Gustave Le Bon spiegò la psicologia delle folle in un celebre libro.

44 Il burattinaio

Edward Bernays, l’inventore delle pubbliche relazioni.

50

In mano ai dittatori

La via per il potere passa dal consenso, e quindi dalla propaganda.

56

Tutta un’altra Storia

La manipolazione e la riscrittura del passato datano dai tempi antichi.

60

Come pesci nella rete

In copertina: Hitler nel 1933 a Dortmund.

E oggi? Stessi meccanismi, ma i messaggi sono più veloci e pervasivi. IN PIÙ...

18 COSTUME E SOCIETÀ

Le leggi del desiderio

Sguardi, sfioramenti, baci, fino al moderno dating... Così è cambiato il corteggiamento.

24 GRANDI PROCESSI San Paolo sedizioso

L’apostolo fu accusato di essere un agitatore e processato, ma non si conosce la sentenza.

70 AMERICA

Lo voglio, lo prendo

Le mire di Trump rievocano le conquiste dei predecessori.

75 RELIGIONE

Messa a fuoco

Ignoranza, abuso del latino, superstizione... Il rapporto fra fedeli e Chiesa non è stato sempre rose e fiori.

82 ANTICHITÀ

Baia e l’ozio vista mare I Romani si davano all’otium nelle loro ville sul litorale campano.

87 ARTE E GUERRA Futurismo in trincea

Guidati da Marinetti, i futuristi usarono la loro arte per sostenere l’interventismo, si arruolarono e alcuni morirono sul campo di battaglia.

92 ARTE

Casorati: realismo e magia

Maestro della pittura del primo ’900, Felice Casorati riuscì a trasmettere questa passione ai suoi allievi. In mostra a Milano.

Giugno 2025

Dopo la fortunata serie

Tredici presidenti per raccontare l’America, il prof. Mario Del Pero (docente di Storia Internazionale presso SciencesPo, a Parigi) e Riccardo Alcaro (coordinatore delle ricerche e responsabile del Programma attori globali

dello IAI) tornano con una nuova serie di puntate per Storia in podcast, dal titolo Conversazioni sull’America. Le conversazioni si concentreranno su fatti di cronaca politica americana attuali, partendo dal tema dei dazi e delle tariffe doganali, per cercare

Parigi verde

Che peccato che, come avete scritto su Focus Storia n° 221, nel dossier dedicato alla Belle Époque, la Parigi medievale non sia sopravvissuta alla rivoluzione urbanistica del barone Haussmann!

Sandra D.

Risponde Lidia Di Simone

Georges Eugène Haussmann (18091891) attuò sulla capitale francese una vera e propria rivoluzione urbanistica modellando un paesaggio cittadino da cui finirono per sparire le stradine strette e mal illuminate, le vecchie casupole e le torri medievali. Teniamo presente che nel Medioevo la Ville Lumière era assai poco “lumière”. Per esempio, nel XII secolo di luci ce n’erano poche, ma in compenso c’erano ancora parecchie paludi sparse per quello che oggi è il territorio urbano. Nel XIII secolo al posto delle fogne c’erano i “fossati del re”, canali dove scorrevano le acque nere. La pavimentazione in grosse lastre di arenaria divenne apprezzabile solo nel XV secolo, quando in città si visse però una vera crisi economica, demografica e, di conseguenza, anche urbanistica:

paralleli storici, mettendo in luce le continuità col passato ma anche le differenze dell’oggi.

Buon ascolto! Per ascoltare i nostri podcast (le puntate online sono ormai quasi 600 e vanno dalle biografie di personaggi agli approfondimenti sui grandi

infatti, negli anni Trenta del Quattrocento i proprietari abbandonavano gli edifici che non riuscivano più a mantenere. Lasciate incustodite, le case di Parigi venivano rastrellate all’asta dagli speculatori, che le sfruttavano “vampirizzandole” un pezzo alla volta come cave di materiali edilizi. Insomma, l’idea di un Medioevo romantico in una città di queste dimensioni è abbastanza lontana dalla realtà. Per cui, quando il barone Haussmann, prefetto della Senna dal 1853 al 1870, mise mano alla fitta rete di strade maleodoranti, fra ruderi e catapecchie si fece un po’ di luce. Il gentiluomo ordinò la piantumazione di alberi lungo i nuovi viali, che apriva man mano demolendo il vecchio tessuto urbano, fece creare una ventina di piazze e piazzò due boschi e diversi parchi. I parigini apprezzarono in fretta questi luoghi di passeggio, grazie ai quali i bambini potevano prendere il sole, correre e crescere finalmente senza la piaga del rachitismo. Il Bois de Boulogne, ispirato a Hyde Park, che il futuro imperatore Napoleone III aveva frequentato durante il suo esilio a Londra, si estendeva su 845 ettari, e fu progettato con due laghi scavati a quote diverse. Il bosco venne sistemato all’inglese con una grande cascata che richiese il trasporto di rocce da Fointainebleau. In mezzo al bois furono piazzati chalet (una ventina), chioschi, ristoranti e bar, poi furono completati il Jardin d’acclimatation (1860), l’ippodromo di Longchamp (1857) e il Pré-Catelan (1860), un pratone di 40 ettari con attrazioni, latteria e teatro all’aperto. Nel 1868 fu inaugurato il Parc des Buttes-Chaumont e a seguire il Parc Montsouris (sopra, L’Après-midi au parc Montsouris di Ludovic Vallée del 1919),un

eventi storici), basta collegarsi al sito della nostra audioteca storiainpodcast.focus.it.

Gli episodi, che sono disponibili gratuitamente anche sulle principali piattaforme online di podcast, sono a cura del giornalista Francesco De Leo.

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Focus Storia n° 000, pBusci officae ptumquatem dolut este andit quas volorum que mo qui doles dolest, officim ererovitatem aperovit p

trapezio di quindici ettari con l’anello della ferrovia,che ospita un grande specchio d’acqua alimentato dall’acquedotto fatto costruire da Maria de’ Medici nel XVII secolo. Questo posto era una vera delizia per gli abitanti dei quartieri circostanti, che fino a quel momento erano rimasti isolati dal centro della città. Insomma, al barone Haussmann si deve molto.

Dentro la me

nte “comune”

Rivolta popolare Jacquerie a Meaux (Belgio) nel 1358. Le jacqueries erano rivolte contadine, chiamate così da Jacques, nome diffuso nelle campagne e usato come nomignolo per indicare i contadini.

Ecco come filosofi, antropologi e criminologi hanno spiegato i comportamenti delle MASSE.

Scioperi, bombe anarchiche, manifestazioni di piazza: a cavallo tra il XIX e il XX secolo le masse fecero il loro prepotente ingresso nella storia europea, non più da soggetti passivi com’era avvenuto nel passato, ma da protagonisti in grado di condizionare la politica occidentale. Per le élite al potere erano una minaccia da osservare al microscopio, come un virus. E così accadde. In un clima di grande fiducia nel progresso, che avrebbe gettato le premesse per la creazione delle scienze sociali, filosofi, studiosi e criminologi di quella che oggi gli storici chiamano “società di massa” analizzarono i comportamenti collettivi diffusi nelle grandi metropoli industriali e negli imperi delle potenze coloniali. Il risultato fu un mix di idee innovative, ma anche la teorizzazione di pregiudizi pseudoscientifici e di metodi repressivi.

UNA NUOVA SOCIETÀ. Già nell’antica Roma gli imperatori dovevano tenere sotto controllo le rivolte della plebe. E nel Medioevo i contadini insorgevano periodicamente contro i feudatari, come nella sanguinosa jacquerie del 1358 in Francia (queste sollevazioni erano chiamate così perché il nome Jacques, diffuso in campagna, divenne sinonimo di contadino). Ma fu con la Rivoluzione industriale che l’ordine politico venne sconvolto dalla mobilitazione organizzata delle masse. La svolta arrivò nel XVIII secolo, quando macchine a vapore, telai meccanici e

fabbriche trasformarono il volto delle principali città europee. L’imponente aumento demografico costrinse milioni di contadini a riversarsi dalle campagne alla città, diventando “classe operaia” legata al salario e non più alla terra. Manchester, Londra, Lione e Parigi crebbero a dismisura e le condizioni disumane delle periferie urbane, con orari massacranti, salari da fame e abitazioni malsane, divennero il fertile terreno del malcontento generando una coscienza collettiva inedita e opposta a quella della borghesia dominante.

RIVOLTA E REPRESSIONE. Se nella Roma antica la plebe chiedeva pane e leggi agrarie, gli operai reclamavano diritti tra cui orari di lavoro dignitosi, abolizione dello sfruttamento minorile e suffragio universale. In tale contesto, Karl Marx e Friedrich Engels, con il Manifesto del Partito comunista (1848), teorizzarono il conflitto di classe, mentre il nascente movimento anarchico, ispirato da figure come quella del russo Michail Bakunin (1814-1876) optava per la “propaganda del fatto”, organizzando attentati come l’assassinio dello zar Alessandro II (1881), del presidente francese Sadi Carnot (1894) e del re d’Italia Umberto I (1900), oltre ad attacchi contro industriali e personaggi di potere. Nella primavera del 1871, a preoccupare le classi dirigenti europee fu la nascita della Comune di Parigi: per due mesi, proletari e rivoluzionari governarono la capitale francese, sperimentando la prima forma di autogestione di stampo socialista.

Ne seguì una repressione sanguinosa da parte del governo francese, che lasciò per strada circa 20mila morti, alimentando altro malcontento.

In Italia, le tensioni esplosero con i Fasci siciliani (1893-1894), movimento di braccianti e operai che reclamavano terre e diritti, represso con arresti di massa e fucilate. A Milano, nel 1898, la protesta per il pane fu zittita dal generale Bava Beccaris a colpi di cannone sulla folla, facendo 80 vittime.

PREGIUDIZI E PROGRESSO.

Mentre i proletari infiammavano le città, sul piano scientifico si andava affermando il Positivismo, una nuova mentalità che avrebbe fatto della razionalità e dell’osservazione empirica i cardini del sapere, alimentando la fiducia nella scienza come strumento per emancipare l’uomo dalla superstizione, esaltando il progresso. A finire sotto gli occhi attenti degli studiosi furono anche fenomeni sociali e comportamenti umani. Nacquero allora l’antropologia e la psicologia sociale. Intente a spartirsi l’Africa e l’Asia, le potenze coloniali europee usarono le nuove discipline per giustificare le proprie azioni: studiosi come Herbert Spencer (1820-1903) interpretarono in modo distorto i meccanismi della selezione naturale spiegati da Charles Darwin applicandoli ai gruppi umani. Era nato il “darwinismo sociale”, secondo il quale i popoli colonizzati erano naturalmente destinati alla sottomissione.

Nel corso delle spedizioni coloniali, si raccoglievano metodicamente dati sulle caratteristiche etniche delle regioni occupate, in modo da costruire gerarchie razziali e suddivisioni inesistenti, per giustificare l’imperialismo con un linguaggio pseudoscientifico.

Lo stesso avvenne nelle metropoli, dove i poveri venivano descritti come una “razza a parte”, afflitta da alcolismo e degenerazione morale. In Francia, la riflessione sulle folle si intrecciò con l’emergente antropologia culturale. Studiosi come Gabriel Tarde – magistrato e sociologo – sostenevano che alla base di ogni gruppo umano c’era l’imitazione, un processo sociale che agisce come una “risonanza ipnotica”, plasmando comportamenti e idee. Tarde distinse due realtà: la folla, un aggregato fisico e impulsivo dominato da pulsioni violente, e

La vendetta Inglesi contrari alla meccanizzazione (i luddisti), attaccano

James Hargreaves, inventore nel 1764

della spinning jenny, la filatrice meccanica. Nell’altra pagina, i Fasci siciliani (1894).

il pubblico, legato a idee condivise grazie alla stampa, più razionale e stabile. Pur riconoscendo che le folle potevano essere anche festose o pacifiche, e sfatando lo stereotipo della massa come minaccia, Tarde sosteneva l’“inferiorità morale” della folla rispetto ai singoli: le invenzioni, sosteneva, nascono sempre da individui, mai da gruppi, perché la folla regredisce a istinti “puerili”.

PATOLOGIA DI MASSA. Anche gli intellettuali italiani si davano da fare, intrecciando criminologia e psicologia collettiva. Tra i pionieri di questo approccio spicca Cesare

Lombroso, medico piemontese celebre per L’uomo delinquente (1876), opera nella quale sosteneva che i criminali fossero riconoscibili da tratti fisici “anomali”, come mascelle prominenti o arcate sopraccigliari accentuate: segni, a suo dire, di un atavismo, cioè un ritorno a stadi evolutivi primitivi, identificato grazie a misurazioni anatomiche. Sebbene oggi molte delle sue teorie siano considerate pseudoscienza, Lombroso ebbe il merito di studiare i detenuti in modo sistematico, inaugurando un approccio che, pur viziato da pregiudizi, contribuì a fondare l’antropologia criminale moderna.

Bridgeman
Images

Sulla scia lombrosiana, l’attenzione si spostò verso la psicologia collettiva, cercando di cogliere i comportamenti “patologici” delle masse. In un articolo del 1889, Giuseppe Sergi, collaboratore di Lombroso, descriveva le rivolte operaie come una “malattia psichica collettiva”, paragonandone la diffusione a un’epidemia. Studiare le “condizioni normali” che precedevano il “morbo” sociale, a suo dire, avrebbe permesso di attuare “presidi di vigilanza”. Enrico Ferri (1856-1929) –giurista, criminologo, esponente del Partito socialista e poi approdato al fascismo – cercò di spiegare i conflitti sociali integrando biologia, economia e ambiente. Nel saggio Sociologia criminale (1892) affermò che i comportamenti “balordi” erano il risultato dell’eredità biologica e dell’ambiente sociale e familiare. Perciò lo Stato aveva il compito prevenire la delinquenza con le riforme sociali, l’istituzione di scuole e la riduzione dell’orario di lavoro.

FOLLE DELINQUENTI. Uno dei più influenti studiosi sul tema fu il giurista e sociologo Scipio Sighele (1868-1913), che considerava la folla una “collettività eminentemente barbara ed atavica”. Per lui, l’essere umano, inserito in un contesto di gruppo, “perde il suo autocontrollo razionale lasciando entrare in gioco

la sua natura crudele e i suoi istinti criminali”. La sua opera di maggior successo, La folla delinquente (1891), fece il giro d’Europa e fu tradotta in francese, tedesco e inglese, alimentando un acceso dibattito internazionale. Sighele arrivò a denunciare il sociologo francese Gustave Le Bon (18411931) per aver plagiato le sue tesi nel saggio best seller Psicologia delle folle (1895), dove usava i concetti di “contagio emotivo” e regressione primitiva delle masse, ma senza citarlo.

Fisiognomica

Cesare Lombroso intento alle sue misurazioni fisiognomiche.

Rivalità accademiche a parte, le teorie positiviste crearono un’onda che avrebbe condizionato anche il pensiero politico e scientifico dei decenni a venire. E se da un lato contribuirono a introdurre metodi empirici nello studio dei fenomeni sociali, dall’altro divennero strumenti per il controllo autoritario e per l’introduzione di pratiche eugenetiche e discriminatorie. Un’eredità ambigua, che avrebbe contribuito a scrivere alcune tra le pagine più buie del Novecento. •

Teorie pseudoscientifiche fornirono il pretesto per nuove politiche repressive
Razzismo “scientifico” all’italiana

Oltre ad analizzare le “folle delinquenti” delle città industriali, alcuni tra gli allievi di Lombroso rivolsero la loro attenzione al Mezzogiorno, confermando pregiudizi tali da condizionare l’immaginario collettivo nazionale e fornire le basi pseudoscientifiche per repressioni e discriminazioni sistematiche. Autore di opere controverse come L’Italia barbara contemporanea (1898) e La delinquenza in Sardegna (1897), il criminologo Alfredo Niceforo, diventato presidente della Società

italiana di antropologia e della Società italiana di criminologia, arrivò nei suoi scritti a definire i meridionali “razza maledetta”, che “dovrebbe essere trattata ugualmente col ferro e col fuoco”. In modo simile, Giuseppe Sergi teorizzò la divisione della Penisola in due “razze” biologicamente distinte: il Nord “ariano”, laborioso e progredito, contrapposto al Sud “africano”, violento e superstizioso. E dire che erano entrambi meridionali: il primo era infatti nato a Castiglione di Sicilia, il secondo a Messina.

Memento

TUTTA UN’AL

Scomparsi

Lenin parla alle truppe dell’Armata Rossa dirette al fronte polacco, in piazza Sverdlov a Mosca, il 5 maggio 1920. Nell’altra pagina, lo stesso evento, ma senza Trotzkij e Kamenev, “cancellati” dal regime stalinista negli Anni ‘30.

La manipolazione di alcuni eventi in proprio favore è una pratica che è sempre stata usata da sovrani e potenti, spesso convinti che per controllare il presente sia necessario alterare il passato, magari cancellando quello che potrebbe provocare delusione o disapprovazione, enfatizzando - anche inventando - quello che invece potrebbe suscitare orgoglio e consenso popolare. È una regola aurea della manipolazione della Storia che affonda le sue radici nella mitologia.

LGa. Et fuga. Edigeni quod maione vent reritature es raecullabo. Ebist, unt volutatibus, verat porporro omnimod itiberit quam

TRA STORIA

Già Omero nell’Iliade narra della Guerra di Troia come di uno scontro epico condotto dai Greci per lavare l’onta inflitta loro dal troiano Paride con il rapimento di Elena. Tuttavia, secondo diversi studiosi, fa riferimento a qualcosa di molto meno dignitoso: una serie di spedizioni militari a fine di razzia. Un espediente letterario che servì però per nobilitare le origini dei Greci facendoli discendere da eroi come Achille e Aiace anziché da discutibili predoni come fu nella realtà.

Insieme a scrittori e poeti anche i potenti, fin dall’antichità, seppero quanto il passato potesse essere utile alla propaganda politica e bellica. Più di 3mila anni fa il faraone Ramses II, per esempio, si fece immortalare in un gigantesco rilievo nel Tempio di Abu Simbel sul suo carro da guerra mentre travolgeva gli Ittiti durante la battaglia di Qadesh del 1274 a.C. Per la vittoria del faraone fu addirittura composto un poema epico, un vero e proprio falso storico dato che a Qadesh tra Egizi e

Ittiti finì sostanzialmente in pareggio e i due imperi firmarono un trattato senza vinti, né vincitori.

ARTE ANTICA. Celebrare trionfi di fatto inesistenti divenne una vera abitudine per l’Impero romano, soprattutto quando cominciò la sua parabola discendente. Gli imperatori amavano definirsi vincitori dei Parti o dei Germani anche quando si trattava di semplici scaramucce oppure quando avevano comprato la pace a peso

I miti fornivano antenati leggendari a popoli, dinastie e sovrani

d’oro. D’altronde è proprio al mondo romano che appartengono due grandi maestri della manipolazione storica: Giulio Cesare e Ottaviano Augusto. Cesare scrisse i suoi capolavori, De Bello Gallico e De Bello Civili, per mostrare ai concittadini e ai posteri che le sue azioni non erano mosse da ambizione, ma dalla necessità di difendere Roma dai nemici esterni e interni. Su tutte, la conquista della Gallia, presentata come guerra preventiva contro i popoli del Nord, fu il caso perfetto. La guerra contro Pompeo e il Senato, invece, venne giustificata come la giusta lotta per restituire il potere al popolo.

Ottaviano Augusto imparò la lezione da Cesare e per questo nelle città dell’impero fece affiggere un resoconto delle sue imprese, intitolato con enfasi Le imprese del divino Augusto, in cui si presentava come colui che aveva operato per restituire la pace ai Romani e ristabilire il buon funzionamento dello Stato. Nessuna menzione della guerra civile con Antonio e della sconfitta a Teutoburgo per mano dei Germani.

Falsi nemici

Attività “sotto falsa bandiera”: così si definiscono le false flags, operazioni militari condotte da uno Stato in modo che la colpa ricada su un nemico, creando un casus belli. Di esempi, anche curiosi, ce ne sono molti nel passato remoto e recente. Eccone alcuni. Nel 1788, il re di Svezia Gustavo III fece travestire suoi soldati da russi per simulare un attacco alla fortezza svedese di Puumala. Il finto assalto gli valse l’appoggio popolare per dichiarare guerra alla Russia.

La notte del 18 settembre del 1931 l’esercito giapponese fece esplodere un tratto della propria ferrovia in Manciuria (incidente di Mukden) per accusare i cinesi dell’attentato e avere così il pretesto per invadere la regione e occupare il territorio.

L’attacco nazista alla Polonia del 1° settembre 1939, che fu il casus belli

CAVALIERI EROICI. Le cose non cambiarono nel Medioevo. Un evento molto sbandierato fu il ruolo dei Franchi di Carlo Martello nella battaglia di Poitiers contro gli Arabi, nel 732. In realtà, l’avanzata araba si era già fermata sui Pirenei, ma il mito – nato

della Seconda guerra mondiale, fu preceduto dall’Operazione Himmler (o Operazione Konserve), una serie di falsi attacchi attribuiti ai polacchi. I nazisti usarono cadaveri di detenuti, uccisi con iniezioni, travestiti da soldati, per inscenare finti assalti alle postazioni tedesche.

Tra Urss e Usa. L’invasione sovietica della Finlandia nel 1939 fu preceduta dal bombardamento del villaggio russo di Mainila, attribuito ai finlandesi. In realtà, l’attacco fu inscenato dai servizi segreti sovietici, come rivelato da alcuni documenti russi declassificati nel 1999. L’intervento degli Stati Uniti in Vietnam nel 1964 fu giustificato da presunti attacchi nordvietnamiti contro navi da guerra americane nel Golfo del Tonchino. Almeno uno di questi attacchi, quello del 4 agosto, in realtà non avvenne mai.

successivamente, in età carolingia (IX secolo) – fece della vittoria di Poitiers la battaglia che salvò l’Europa cristiana dall’avanzata islamica, rafforzando il ruolo della dinastia di Carlo Martello (la stessa di Carlo Magno) come paladina della fede.

Stessa cosa successe con la battaglia di Roncisvalle. Nella Chanson de Roland, si racconta della stoica resistenza contro i Saraceni, della retroguardia dell’esercito di Carlo Magno, guidata da Orlando (Roland). In realtà a Roncisvalle, il 15 agosto 778, ad attaccare i cavalieri franchi non furono i Saraceni ma i montanari baschi, ostili a ogni ingerenza esterna e decisi a difendere la propria autonomia sui valichi dei Pirenei. Riaggiustare l’episodio servì per creare il mito: la Chanson de Roland appartiene al genere delle chansons de geste, poemi epici in francese antico che dal XI secolo si diffusero per promuovere le leggendarie gesta dei cavalieri della cristianità contro gli Arabi di Spagna.

FALSI TRIONFI. Quando non bastavano i testi scritti si ricorreva alle immagini, molto efficaci in epoche di analfabetismo. Basti pensare ai ritratti di Luigi XIV in trionfo durante

le sue campagne militari. Noi oggi sappiamo invece che le battaglie del Re Sole, pagate a caro prezzo, furono fallimentari. E che dire dell’uso spregiudicato della stampa e dell’arte da parte di Napoleone Bonaparte? L’imperatore, di fatto un dittatore, si

I fake storici

A eterna memoria Vercingetorige, condottiero gallico, si arrende a Cesare dopo la sconfitta ad Alesia (52 a.C.).

Cesare narrò quella resa in modo che il suo trionfo rimanesse immortale.

presentava come l’erede degli ideali di libertà, uguaglianza e fraternità della Rivoluzione francese.

RITOCCHINI. La manipolazione della Storia si è fatta più raffinata con l’invenzione della fotografia. Se da un

Nel corso dei secoli alcuni importanti documenti si sono rivelati completamente falsi. L’esempio più famoso è la Donazione di Costantino, il documento con cui, secondo la tradizione, l’imperatore romano donò l’autorità spirituale e temporale su Roma e sull’Impero al papa Silvestro I (a destra, la donazione resa simbolicamente in una miniatura del X-XI secolo). Il documento fu alla base del potere temporale della Chiesa durante il Medioevo, ma fu contestato nel ’400 da Lorenzo Valla. Analizzando la lingua usata nel testo, l’umanista dimostrò che il testo era stato redatto nell’VIII secolo e non nel IV, quando visse Costantino. Un altro falso spregiudicato fu il “dispaccio di Ems”, un telegramma del re di Prussia Guglielmo I all’imperatore di Francia Napoleone III. Il cancelliere tedesco Bismarck infatti lo modificò in modo che risultasse provocatorio per portare i francesi allo scontro con i prussiani. E ci riuscì: il risultato fu la Guerra franco-prussiana del 1870, con la sconfitta francese. Movente politico. Ci sono poi i cosiddetti Protocolli dei Savi di Sion, il presunto resoconto di alcune sedute segrete che si sarebbero tenute durante il congresso sionista del 1897, nelle quali sarebbe stato elaborato un piano di dominio mondiale da parte degli ebrei attraverso l’alta finanza e l’azione terroristica.

lato, infatti, con la fotografia la realtà può essere riportata fedelmente senza mediatori, dall’altra anche questa può essere falsificata, rendendo ancora più verosimile la “bugia”. Maestro di questa arte fu Stalin: in diverse foto, per sua volontà, politici e rivoluzionari della prima ora – amici poi diventati personaggi scomodi – sparirono con tecniche applicate durante lo sviluppo delle copie dell’originale o intervenendo direttamente sui negativi. Un esempio: uno scatto del 5 maggio 1920, immortala Lenin a Mosca durante un discorso alle truppe, con Lev Trotzkij e Lev Kamenev accanto a lui. Negli Anni ’30 i due, dichiarati nemici della Rivoluzione, furono cancellati (e anche uccisi) per ordine di Stalin.

COME IERI. Qualcuno potrebbe pensare che sono vicende del passato, ma non è così. Basta ascoltare i resoconti sulla guerra in Ucraina per rendersi conto di come la propaganda funzioni ancora, a Kyiv come a Mosca. Ma non agisce solo in guerra. Nel 2020 a Nantes, in Francia, era in programma una mostra su Gengis Khan, in collaborazione con enti cinesi. Le autorità della Repubblica popolare chiesero di modificarne i contenuti, tentando di “cinesizzare” la figura del fondatore dell’Impero mongolo. Per tutta risposta il museo francese, che non voleva ingerenze, cancellò l’evento. L’esposizione è stato poi allestita nel 2023 in modo indipendente.

Nel 1921 venne dimostrato che il testo era stato redatto in Russia dalla polizia zarista nel 1903, per giustificare i pogrom contro gli ebrei, ma i Protocolli continuarono a essere considerati autentici dagli antisemiti.

Degli Anni ’20 è invece il “memoriale Tanaka” (dal nome del ministro degli Esteri giapponese). Il testo che avrebbe rivelato presunte mire espansionistiche del Giappone, alimentò la diffidenza internazionale verso i giapponesi. Studi recenti però hanno dimostrato che il testo appositamente divulgato era un falso realizzato in Cina, in quel periodo in aperto conflitto con il Giappone per il controllo della Manciuria.

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