Ccomemagazine n28

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ABRUZZESE IN UN FREEPRESS

ANNO 5 - NUMERO 28 -APRILE / LUGLIO 2013

LA CULTURA ENOGASTRONOMICA

c come

Inserto Vinitaly 2013

Speciale Giallo

Ezio Gizzi

Le persone, i vini, i riconoscimenti

Miele, olio e formaggio: istruzioni per il consumatore

A Pescocostanzo un gioiello di ristorazione


PA S S I O N E

I TA L I A N A

Fabbrica Sedie, Tavoli e Sofà 65013 CITTÀ S. ANGELO (PE) ITALIA TEL: +39 085 95201 - FAX: +39 085 9500288 - www.fabercsa.com - info@fabercsa.com


c come inserto / Vinitaly 2013

Alla Fiera del vino e dell’olio Qualità, cultura e un grande potenziale. L’Abruzzo dei vini, con 380 tra le migliori etichette di vini docg, doc e igt, si afferma sempre più come un’eccellenza nazionale ed ha chiuso il Vinitaly 2013 con un bilancio positivo per tutti: operatori, commerciali e opinion leader di settore.

COMUNICAZIONE ISTITUZIONALE / FOTO MODIV


c come inserto / Vinitaly 2013 I dati forniti dalla Regione parlano di una produzione annua superiore ai 2,5 milioni di ettolitri, con l’Abruzzo tra le prime cinque regioni vinicole italiane. Nell’ambito delle tipologie i vini rossi (compresi i rosati) costituiscono il 62-63% della produzione totale mentre i bianchi il 35-36%, in linea con le tendenze nazionali degli ultimi anni. La scelta dell’assessorato regionale alle politiche agricole e dei Consorzi di Tutela abruzzesi è stata

raccontare il vino non solo attraverso il bicchiere, ma giungere ad esso attraversando l’universo culturale chiara:

di un territorio ricco di varietà storiche e climatiche che dal Gran Sasso all’Adriatico garantiscono ad ogni vitigno una propria identità.

Attore co-protagonista del Padiglione 11 è stato anche Slow Food, il cui direttore editoriale Marco Bolasco ha presentato il libro intitolato “Montepulciano d’Abruzzo: un grande vino”: della prefazione si è occupato il fondatore dell’associazione Carlo Petrini. Si tratta della seconda monografia dedicata ad


c come inserto / Vinitaly 2013 17° International Packaging Competition: Ausonia e Spazio Di Paolo

un vitigno autoctono da Slow Food, che dopo il Barolo ha scelto proprio la vite a bacche rosse d’Abruzzo. «L’edizione 2013 della Fiera di settore più importante al mondo si è chiusa con premi, apprezzamenti di critici e pubblico e la consapevolezza di una sempre maggiore diffusione e la voglia di proseguire un percorso iniziato un anno fa», ha sottolineato il presidente del Consorzio di Tutela dei Vini d’Abruzzo Tonino Verna. Soddisfatto anche Alessandro Nicodemi, presidente del Consorzio di tutela Montepulciano d’Abruzzo Colline Teramane, per cui «il “Sole” della nostra docg inizia ad essere un brand riconosciuto e, anche in una

congiuntura economica non sicuramente favorevole, il nostro vino riesce a conquistare quote di mercato. Abbiamo rafforzato l’identità di un territorio». I premi. Nel corso della 47esima edizione del Vinitaly, la “farfalla” della Cantina Ausonia, studiata dallo Spazio Di Paolo, ha ricevuto due medaglie d’oro, una di bronzo e un premio speciale per il “17° International Packaging Competition”, mentre l’enologo Riccardo Brighigna ha ricevuto la Medaglia Cangrande - Benemerito della Vitivinicoltura 2013 per la regione Abruzzo: uno dei più importanti riconoscimenti della


c come inserto / Vinitaly 2013

manifestazione. La mostra. Il binomio tra cultura ed enologia ha spinto l’Abruzzo a portare per la prima volta in fiera non soltanto bottiglie, ma anche arte e storia.

Durante la quattro giorni della kermesse è rimasta aperta in corrispondenza dell’enoteca regionale l’esposizione fotografica dedicata a Mario Giacomelli

(Senigallia 1925-2000) “Scanno. La serie completa”: 26 stampe di colui che tutt’oggi è considerato uno dei grandi maestri della fotografia mondiale, le cui opere sono state esposte al Museum of Modern Art, al Metropolitan Museum di New York e a Bruxelles. L’inaugurazione è avvenuta con il collegamento in diretta su Radio 24 ad opera del “Gastronauta” Davide Paolini, che ha presentato il reportage dedicato al piccolo borgo d’Abruzzo, realizzato alla fine degli anni ‘50 dal fotografo, nato a Senigallia nel 1925. Le immagini realizzate a Scanno presentano un paese violato, smontato e ricostruito dall’occhio meccanico di Giacomelli, in un’esperienza che lui stesso raccontò così: «(Sono andato a Scanno) perché avevo voglia di fare cose diverse da quelle che facevo allora e perché

a Scanno sono andati tutti i fotografi del mondo. È stata un’esperienza meravigliosa perché proprio a Scanno è nata l’idea di usare la tecnica del bruciato, procedimento di cui sono fiero. Odio le immagini che rimangono così come la macchina le vede. Riprendere un soggetto senza però modificare niente è come avere sprecato tempo (…) tutto ciò che per me è stato godimento fotografico nasce a Scanno. La prima volta venivo da Pescara. Una volta arrivato sono sceso dall’automobile a precipizio e mi sono anche fatto male, emozionato com’ero nel vedere per la prima volta queste figure nere, le mucche nere, le galline. Tutte a spasso per il corso». Le degustazioni Il Vinitaly 2013 è stato aperto dalla presentazione della delegazione abruzzese dell’associazione nazionale “Le donne del vino”, fresca di cambio al vertice e presieduta da quest’anno da Valentina Di Camillo, che succede a Katia Masci. Una verticale dei due cavalli di battaglia della Fattoria La Valentina, “Binomio” e “Bellovedere” è stata condotta alla presenza dei proprietari Sabatino Di Properzio e Stefano Inama e dell’enologo Luca D’Attoma. Le altre degustazioni sono state intitolate agli autoctoni della Tenuta Ulisse e alla Cantina Monti, mentre sono stati presentati al pubblico i “Sei giganti delle Colline Teramane” del 2012, ovvero i sei vini dell’omonimo Consorzio di tutela che nel corso dell’anno hanno portato i risultati maggiori in termini di mercato: le Cantine Montori, Tenuta Torretta, Marozzi, Cordoni, Di


c come inserto / Vinitaly 2013 L’Assessore Mauro Febbo e Riccardo Brighigna con il Cangrande

Protagonista indiscussa del Padiglione 11 nell’edizione 2013 del Vinitaly è stata la doc Montepulciano d’Abruzzo, a cui Slow Food ha dedicato una monografia. Le Donne del Vino Abruzzo


c come inserto / Vinitaly 2013

La presentazione di “Invazione” presso la Cascina del Colle a Villamagna

organolettiche che ne costituiscono la Alessandro Bocchetti, «sebbene in profonda identità». ognuno si ritrovino la Presso lo stand del consorzio di tutela del forza e l’intensità tipica Montepulciano Colline Teramane, ogni giorno di pranzo i ristoratori dell’associazione “del Montepulciano all’ora “Qualità Abruzzo” hanno distribuito finger d’Abruzzo”, ciascuno food per l’iniziativa “Cucina e Vini delle Colline di loro è capace di Teramane”. al giornalista Alessandro Bocchetti hanno raccontare il territorio di Oltre presentato le degustazioni anche i sommelier provenienza attraverso Luca Gardini e la sommelier Adua Villa, c a r a t t e r i s t i c h e come nel caso dei consigli su come cavalcare il Giovanpietro e Nicodemi. Come sottolineato più volte dal giornalista enogastronomico


c come inserto / Vinitaly 2013 Tonino Verna, presidente Consorzio di Tutela dei Vini d’Abruzzo

«Trasmettere l’immagine unitaria di una

realtà è fondamentale per dare valori di accoglienza e di amore per un territorio» Adua Villa con Fausto Albanesi (Torre dei Beati)


c come inserto / Vinitaly 2013


c come inserto / Vinitaly 2013 Luca Gardini

trend dei social network per raggiungere quei mercati globali che l’Abruzzo può conquistare. Identificarsi con il territorio sì, dunque, ma sapendo portare quei gusti tutti abruzzesi fin dall’altra parte del mondo andando a conquistare il mercato cinese, «quello del futuro», come ha spiegato il blogger Massimo Ceccarelli, il primo a raccontare l’Italia del vino ai cinesi. Sul multimediale ha puntato anche la campagna di comunicazione voluta dai due consorzi e curata dalla Pomilio Blumm, che, come ha dichiarato Renato Mannheimer, tra novembre 2012 e

aprile 2013 ha accresciuto del 2% la conoscenza degli italiani del Montepulciano d’Abruzzo. Il primo anno di campagna di rilancio del Montepulciano d’Abruzzo si è concluso a giugno con la Fiera di Bordeaux dove, tra l’altro, in occasione del Challenge International du Vin, il Pecorino 2012 di Cantina Tollo ha vinto la medaglia d’oro. Della stessa Cantina, anche il Cagiòlo, un vino già al vertice di numerosi concorsi internazionali e premiato con i Tre Bicchieri 2013 dal Gambero Rosso, al concorso di Bordeaux ha ricevuto medaglia


c come inserto / Vinitaly 2013

di bronzo. In particolare, Cantina Tollo si è resa protagonista dell’edizione 2013 del Vinitaly anche in occasione della visita di Paolo De Castro, presidente della Commissione Agricoltura al Parlamento Europeo a cui è

stato fatto degustare e il nuovo Sei%, il vino con un basso contenuto alcolico ideale per cocktail e aperitivi. Il Vinitaly è stato anche l’occasione di presentare, sulle note della cantante jazz Diana Torto, il rinnovo della partnership, che l’anno


c come inserto / Vinitaly 2013 scorso si è rivelata fondamentale, tra Cantina Tollo e il Pescara Jazz Festival, che lo scorso luglio ha spento la 41esima candelina a Pescara. L’azienda vinicola Pasetti ha ospitato il Parco nazionale del Gran Sasso per evidenziare, attraverso specifico materiale informativo, il territorio di provenienza del vino, anche grazie

ai vigneti ricadenti nelle aree protette. È stata presentata anche la prima bottiglia della nuova doc Villamagna, realizzata dall’azienda di Villamagna “La Cascina del colle”, mostrata in anteprima alla stampa abruzzese con la collaborazione della Cantina sociale di Villamagna. Con la bottiglia di “Invasione”,

Sei giganti della docg Colline Teramane sono stati presentati al pubblico italiano e straniero. Alessandro Nicodemi (presidente del Consorzio Colline teramane) con Alessandro Bocchetti


c come inserto / Vinitaly 2013 realizzata da un vigneto di Montepulciano d’Abruzzo impiantato nel 1999, la famiglia D’Onofrio corona un piccolo sogno e compie un doveroso omaggio al territorio. Agrifood e Sol d’Oro L’11esima edizione del Sol d’Oro, la manifestazione che insieme ad Agrifood affianca il Vinitaly e che nel 2013 ha visto in competizione oltre 200 campioni di 9 Paesi (Italia, Argentina, Cile, Uruguay, Libano, Grecia, Portogallo, Spagna, Slovenia e Croazia) ha premiato anche due olii extravergine d’oliva abruzzesi. Si tratta di un primo e un secondo posto nella

categoria del fruttato leggero, che ha premiato con il Sol d’oro l’azienda agricola Tommaso Masciantonio di Casoli (Chieti) e con il Sol d’argento l’azienda agricola De Antoniis Adele di Garrufo (Teramo). L’Italia si è aggiudicata 13 medaglie sulle 15 disponibili, confermando la straordinaria qualità e varietà delle proprie produzioni olivicole. Nel padiglione dell’agroalimentare c’erano anche produttori abruzzesi come il salumificio Fracassa di Sant’Egidio alla Vibrata (Te), famoso per la sua ventricina, e l’azienda selezionatrice di formaggi e salumi Taberna Imperiale, di Gianni Faieta.


c come inserto / Vinitaly 2013

Due oli extravergine d’oliva sono stati premiati da Agrifood e Sol.


c come fondi REDAZIONALE

Agroalimentare, il tesoro d’Abruzzo

Sappiamo tutti che per stare bene c’è bisogno di una “sana e robusta costituzione”. Non si possono avere un cuore funzionante perfettamente e i polmoni in pessimo stato. Se consideriamo l’Europa come un corpo umano e l’Abruzzo come un suo organo, possiamo immaginare che sia interesse dell’Unione Europea, in quanto cervello, aver cura di noi così come di ogni altra piccola regione del vecchio Continente. Allo stesso modo, ogni regione deve fare la propria parte per garantire quel benessere collettivo che ci porta a crescere e a stare bene. Cosa fa per noi l’Unione Europea? E noi in Abruzzo, che cosa possiamo fare? Nel 2014 inizierà il nuovo periodo di programmazione dei fondi comunitari e l’Abruzzo avrà una importante dotazione finanziaria che, se bene utilizzata, potrà sicuramente aiutarci a rilanciare la nostra economia. Spendere bene queste risorse è una sfida ambiziosa e competitiva. Dobbiamo puntare ad un utilizzo totale e sinergico dei vari fondi europei a disposizione e per

poter cogliere al meglio le opportunità che ci vengono offerte dall’Unione Europea occorre soprattutto una buona programmazione. In tal senso l’Assessorato alle Politiche Agricole della Regione Abruzzo sta ottenendo soddisfacenti risultati nella distribuzione sul territorio delle risorse del Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale disponibili per l’attuale Programma di Sviluppo Rurale (PSR) 2007-2013, che ammontano a circa 400 milioni di euro di contributo pubblico. Nel frattempo, l’amministrazione regionale ha avviato la fase di preparazione del nuovo Programma di Sviluppo Rurale per il periodo 2014-2020. I Programmi di Sviluppo Rurale, attuale e futuro, prevedono interventi mirati a favore delle aziende agricole e agroalimentari con l’obiettivo di insediare giovani nel settore e ammodernare le aziende, per la creazione di filiere, per la valorizzazione dei prodotti e della loro qualità. La grave crisi mondiale e questo periodo di incertezza che colpiscono tutti i settori ci devono far riflettere e scegliere


L’assessore regionale alle politiche agricole Mauro Febbo

con attenzione su cosa puntare. Nei prossimi anni, il settore agricolo europeo dovrà affrontare nuove realtà in termini di evoluzione dei mercati, norme commerciali internazionali, preferenze dei consumatori, in aggiunta all’aumento della richiesta di prodotti alimentari dovuta alla crescita demografica che ci porterà, nel 2020, ad avere un miliardo in più di persone da sfamare. La nuova politica di sviluppo rurale dell’Unione punta a creare un contesto coerente e sostenibile per il futuro delle zone agricole, che per sopravvivere devono ridurre lo spopolamento, rafforzare la loro competitività e mantenere l’occupazione. A questo scopo, l’intervento strutturale favorisce la diversificazione e l’allargamento del tessuto economico nelle zone rurali. Esso tende a sfruttare il potenziale endogeno di queste zone per creare nuovi posti di lavoro o dar vita a nuove fonti di reddito supplementari, contribuendo in tal modo a stabilizzare la popolazione. Per la stesura del prossimo Programma si parte

da un’approfondita analisi socioeconomica del settore, delle tipologie di consumo, delle tendenze e delle criticità per definire una strategia vincente. Per il nostro Abruzzo, il settore agroalimentare è un tesoro inestimabile e rappresenta una grande opportunità di sviluppo. Oggi l’agroalimentare non è più solo produzione e trasformazione di prodotti, ma è un comparto in forte evoluzione, con costanti segnali di crescita, che deve competere sui mercati globali contribuendo al tempo stesso a rispettare il proprio territorio e le sue risorse. Vogliamo portare le nostre eccellenze agroalimentari ad essere sempre più richieste a livello mondiale e ad attirare sempre più curiosi a visitare i meravigliosi luoghi in cui esse si producono. Questo, per rendere gli straordinari prodotti abruzzesi riconosciuti e riconoscibili. Il macro obiettivo è di arrivare nel 2020 ad avere un’Europa, un’Italia e un Abruzzo in ottima salute e garantire così un sereno futuro a noi e alle nostre future generazione.



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LA CULTURA ENOGASTRONOMICA

ABRUZZESE IN UN FREEPRESS

>> Editore Modiv s.n.c. Sede legale: Viale Matrino 36, 65013 Marina di Città Sant’Angelo (Pe) Tel/fax 085.959746 - cell. 388.7960830 www.modiv.it - info@modiv.it. C come magazine è un freepress di cultura enogastronomica abruzzese a distribuzione gratuita. Registrazione presso il Tribunale di Pescara n° 7/08 del 31/03/2008. >> Direttore responsabile Cristina Mosca (non fumatrice) redazione@ccomemagazine.it

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>> Stampa AGP Arti Grafiche Picene - Maltignano (Ap) >> Ufficio fotografico Modiv >> Fotografie di: Mario Sabatini. Ringraziamo per la gentile concessione: associazione Giovanna Lamolinara, Associazione Pizzerie Italiane, Letizia De Antoniis, Piergiorgio Greco, Alessio Iacovanelli, Pasquale Pace, Marco Palantrani, Roberto Parisio. Foto copertina: Mario Sabatini. >> Per il numero 28 di C come magazine hanno partecipato, sognato, assaggiato, addolcito, giocato, spiluccato, sudato insieme a noi Monica Andreucci, Roberto Ardizzi, Nicola Casolani, Angelo Cichelli, Letizia De Antoniis, Massimo Giuliano, Piergiorgio Greco, Pasquale Pace, Marco Palantrani, Roberto Parisio, Ludovica Persichitti, Luciano Pollastri, Francesco e Leonardo Seghetti, Angelo Tarquinio e i cuochi Giuseppe Corsillo, Concezio Gizzi, Alex Ferretti, Lorenzo Pace e Marcello Spadone.

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>> Abbonamenti C come magazine è una rivista a distribuzione gratuita ma si può ricevere anche direttamente a casa in abbonamento postale al prezzo di 30 euro per un anno (6 numeri). Il pagamento può essere effettuato tramite bollettino postale al c/c 96585500 intestato a Modiv Snc e deve essere spedito a: Modiv s.n.c. Viale Matrino 36,65013 Città Sant’Angelo (Pe). Per informazioni info@ccomemagazine.it



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c comeMagazine Sommario

Inserto: Vinitaly 2013

c come rubriche

05 Editoriale / 07 Informazione / 08 Fotoreportage / 18 Food design / 62 News / 64 Controeditoriale

c come speciale giallo 36 Allegria / 38 Api / 44 Non solo miele / 50 Formaggio / 54 Olio 56 Frodi alimentari

c come vi consigliamo 20 Fattoria La Valentina / 32 Il paniere dei prodotti tipici

c come abruzzo 24 Ezio Gizzi /28 Investimenti / 30 Agroalimentare / 60 Ricette

PAG 3 / SOMMARIO


I nostri più affezionati clienti.

La prima azienda mangimistica italiana con sistemi certificati di gestione per la qualità e per l’ambiente. Dal 1981 la SAGeM produce e fornisce mangime di prima qualità per i propri clienti, senza trascurare le necessarie garanzie per i nostri produttori. Il ciclo di produzione, denominato Natura Ciclo Completo, avviene con un controllo attento e costante delle fasi di semina e raccolto. Qualità e rispetto processi di etto dei naturali p nutrimento sono i principi che guidano lavoro. no il nostro lavo oro. L L’accurata selezione delle materie prime rende il nostro mangime di qualità superiore. e.

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c come editoriale

DI CRISTINA MOSCA - DIRETTORE RESPONSABILE C COME MAGAZINE

Tu chiamale, se vuoi, osterie «Scusa, mi sai consigliare una buona osteria?», mi chiede lui. «Cosa vuoi mangiare?», gli chiedo io. «Arrosticini», mi fa lui. Vale a dire: grandi quantità, possibilmente a poco prezzo. Io rimango interdetta. La parola osteria mi aveva fatto venire in mente tutt’altro: luoghi di recupero delle origini, con la ricerca di materie prime e uno zelante rispetto del prodotto, che spesso sono l’appendice “meno costosa” o addirittura il core business di uno chef stellato. Poi mi informo. Mi confronto. Chiedo a colleghi di settore, accademici della cucina, esperti e studiosi di enogastronomia, cuochi. Infine, capisco: nell’immaginario collettivo c’è un po’ confusione. Dal punto di vista del marketing della ristorazione, sulla scia del successo delle osterie del Nord Italia il concetto di osteria richiama la semplicità, la genuinità, il “si stava meglio quando si stava peggio”. Rievoca quindi una nostalgia di sapori autentici, quando tutto era meno fashion, glamour, trendy (insomma, anglofono) e molto più chiaro e riconoscibile. È su questa emozione che punta, negli ultimi vent’anni, chi si appella al nome Osteria. Badiamo bene, però, che la generazione più recente di titolari di osteria, per fare ricerca in nome del recupero della tradizione, con la materia prima di qualità certificata, con la carne di maialino allevato all’aperto o l’erba spontanea raccolta a mano all’alba, giustamente si

fa pagare. Tutt’altro, quindi, rispetto all’idea di porzioni abbondanti a poco prezzo: oggi la nostalgia è diventata cara. L’osteria in sé, di fatto, tecnicamente, non esiste più: oggi la chiamiamo pub, o wine bar, un luogo insomma dove innanzitutto si beve e in più si spizzica qualcosa. Il nome più appropriato per indicare un luogo dove si mangia, e che con l’avvento del menu si è guadagnato il nome di ristorante, si chiama trattoria. Se prendiamo l’elenco telefonico, però, ci accorgiamo che sono ben poche insegne con questo appellativo. Perché? Perché la trattoria “puzza di povero”, mi dice, senza mezzi termini, un collega. La definizione più appropriata per i luoghi di ricerca, chiarissima in aspettativa di prezzi e di contenuto, secondo noi potrebbe essere bistrot: è vero, è poco italiana e quindi un po’ più coraggiosa. Ma dopotutto, cosa vi è in un nome? Anche Shakespeare lo dice: quella che noi chiamiamo bruschetta, anche con un altro nome avrebbe lo stesso sapore. (Sì sì, diceva proprio così). P.s. I nostri amici di Abruzzoweb, quotidiano telematico diretto da Berardo Santilli, hanno deciso di aprire un blog tutto per noi per dare spazio ad amenità e questioni esistenziali eno/gastro/culinarie come questa. Da oggi, quindi, potete leggerci anche in C come blog, su www. abruzzoweb.it .

«Fare ricerca in nome del recupero della tradizione, con la materia prima di qualità certificata, con la carne di maialino allevato all’aria aperta o l’erba spontanea raccolta a mano all’alba, è un lavoro che si deve far pagare.» PAG 5 / C COME EDITORIALE



c come informazione DI ROBERTO ARDIZZI, CONSULENTE SGQ

Dalla crisi all’opportunità

Il 2013 era stato presentato come l’anno della ripresa, il momento di uscita dal tunnel e di riavvio del sistema Italia. Appena fatto l’annuncio sono arrivate immediate le smentite…. Ci vorrà ancora un anno o forse 2 se non di più. Le organizzazioni, tuttavia, non possono più attendere e – per quelle che hanno chiara la loro vision – anche questa crisi rappresenta un opportunità. È stato questo l’argomento dell’ultimo seminario che ho tenuto personalmente lo scorso 10 maggio in Confindustria Pescara alla presenza di manager, imprenditori, consulenti e liberi professionisti senza distinzione di provenienza merceologica (settore primario, secondario e terziario, di tutte le dimensioni): “Il superamento della crisi ed il raggiungimento del miglioramento continuo attraverso l’adozione di modelli di gestione aziendali”. La crisi è molto democratica: non risparmia né fa sconti a nessuno. Lo stesso discorso riguarda però anche i modelli gestionali, che sono applicabili ad ogni tipologia di organizzazione, indipendentemente dalla sua grandezza. Molte strutture hanno piegato la crisi alle proprie necessità, traendone risultati e raggiungendo obiettivi: in pratica hanno messo in atto il concetto di Gestione Sistemica, riducendo i centri di costo (e non gli investimenti!!!!!) ed ottimizzando i processi di lavoro, nel rispetto di organigrammi e mansionari operativi.

La crisi, da questo punto di vista, ha messo gli imprenditori di fronte ad una scelta: o mi organizzo meglio o chiudo. I più “visionari” (o realisti e preparati…) hanno deciso di fare delle scelte strategiche ed operative, mentre i più statici sono stati spazzati via non dalla crisi, bensì dalla velocità e flessibilità dei loro competitor visionari. Molti si sono mascherati dietro la crisi come se non ci fossero scelte o alternative, o solo che queste fossero estremamente onerose. Sfatiamo un mito: non è cosi! Un’organizzazione si basa su una serie di modelli gestionali che possono essere attivati anche con investimenti estremamente ridotti o addirittura a “costo zero”: la gestione della sicurezza sul lavoro e la gestione dei dati del cliente (che tra l’altro sono obblighi di legge), la gestione dei processi in ottica di Qualità (sistema ISO ancora pseudo-volontario), il controllo di gestione e l’analisi dei flussi. Un (vero) imprenditore sa benissimo che – crisi o non crisi – questi fattori vanno alimentati. Come è stato spiegato al seminario con tabelle e report statistici, se un’organizzazione non è ben gestita, si consente ancora più facilmente ai competitor di guadagnare strada. Questo discorso vale ancora di più nel settore dei servizi, caratterizzato tra l’altro da mille e mille variabili in più. Le onde non si subiscono, si cavalcano e si domano…. A buon intenditore (…o imprenditore), poche parole.

«La crisi è molto democratica: non risparmia né fa sconti a nessuno. Lo stesso discorso riguarda però anche i modelli gestionali» PAG 7 / C COME INFORMAZIONE


c come fotoreportage

Concorso Le Virtù Finale regionale di pizza Il Salone dei prodotti tipici dei Parchi

Concorso Le Virtù

La terza edizione del concorso gastronomico “Le virtù” che si è svolta il 3 maggio 2013 a Teramo presso il Ristorante “I Tigli” ha visto salire sul podio le concorrenti Annamaria Polidori (primo posto), Adele Di Pasquale Jacone e Gigliola D’Ascani, classificando quarte ex aequo Alessandra Catalano, Dosolina Censori e Maria Ciappina. L’evento è stato organizzato dall’associazione culturale Giovanna Lamolinara, guidata da Peppino Forcella, Antonietta Mazzeo ed Eleonora Lope, con la collaborazione della Confederazione Provinciale degli Agricoltori, dell’Associazione Italiana Sommelier (delegazione di Teramo) ed il contributo della Camera di Commercio di Teramo. La competizione aveva come scopo riscoprire e valorizzare le fedeli ricette della tradizione, senza le contaminazioni moderne bensì attraverso il ricordo e gli insegnamenti tramandati e anche in funzione della disponibilità degli ingredienti presenti sul territorio. Sono intervenute Rosita D’Antonio e Alessandra Gasparroni e i piatti sono stati accompagnati da: vino Abruzzo doc Montonico Santapupa di La Quercia; il formaggio Pecorino di Farindola del Consorzio di Tutela del Pecorino di Farindola; l’olio extravergine di oliva prodotto dalla LA.DI. di Elisabetta Di Berardino & C., ottenuto con olive delle varietà leccino, frantoio e gentile; la ventricina dell’azienda agricola Fracassa di Sant’Egidio alla Vibrata; e i mostarelli di Casalbordino della Valentino Tiberio e accompagnati dal vino cotto in fiasco dell’azienda Giuseppe Forcella. La concorrente prima classificata è stata premiato con il piatto commemorativo appositamente realizzato per l’evento dal ceramista Simonetti Giovanni di Castelli (Te), mentre a tutti gli altri partecipanti sono stati consegnati il consueto piatto ricordo dell’evento e una bottiglia del Cerasuolo d’Abruzzo della Cantina Faraone. (Foto: associazione Giovanna Lamolinara)


Finale regionale di pizza

C’eravamo anche noi di C come magazine nella giuria della finale regionale dei migliori pizzaioli Api Gruppo Abruzzo, svoltasi presso il Ristorante La Sirenetta di Pescara lo scorso maggio. I vincitori sono stati Valerio D’Arcangelo per le bianche, Marco Ricciuti per le rosse. Sono stati ammessi alla finale nazionale del XIII campionato italiano assoluto di pizza a Fiumicino nello stesso mese di maggio. Selezionati in svariati campionati nazionali di pizza dal delegato A.P.I. Abruzzo, Nicola Salvatore, D’Arcangelo e Ricciuti sono già saliti sul gradino più alto del Campionato nazionale di pizza allo zafferano: Valerio è giunto secondo all’edizione 2013, mentre Marco si è classificato addirittura al primo posto. (M. Giuliano - Foto: Api)

Il Salone dei prodotti tipici dei Parchi

C’è sete, a L’Aquila, di manifestazioni che celebrino il territorio e che raccontino i segreti dell’enogastronomia. La quattro giorni della prima ambiziosa e faticosa kermesse del Salone dei Prodotti tipici dei parchi d’Italia, che si è svolta nel nucleo industriale di Pile, ha registrato 30mila presenze che hanno fatto letteralmente piazza pulita fra i 150 produttori provenienti dalle quattro province abruzzesi, dal Lazio, dalla Campania e dalla Basilicata. Sono stati d’effetto gli show cooking diretti da Carlo Cambi, enogastronomo e collaboratore de “La prova del cuoco”, che hanno visto come protagonisti la promotrice dei prodotti abruzzesi in America Rosanna Di Michele, dell’associazione Abruzzo in tavola; menu ciociari; e lo stellato Michelin William Zonfa. Il programma, a cura di Federparchi-Europarc Italia e Symbola, Fondazione per le Qualità Italiane, non può che migliorare, in vista della seconda edizione, concentrandosi stavolta sulla valorizzazione dei legami tra i Parchi d’Italia e i prodotti che sono in vendita, promuovendone le caratteristiche e diffondendone la cultura di appartenenza. (C.M.)

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c come fotoreportage DI DANIELE DI VITTORIO / FOTO_MODIV

Forum Aic Open Wine Festival della ventricina

Forum Aic

Tra le interessanti informazioni divulgate nell’ambito del Forum nazionale dell’Accademia Italiana della Cucina, organizzato quest’anno dalla delegazione di Chieti il 4 e il 5 maggio 2013 nell’Shotel di San Giovanni Teatino, sono emerse anche alcune anticipazioni su uno studio in corso di divulgazione sull’evoluzione della cucina italiana. Sono circa 700 i ricettari pubblicati ogni anno, e almeno 8 famiglie su 10 possiedono almeno un libro di cucina. Le ricette sono piano piano destinate sempre meno alle famiglie di 4 persone e sempre più a nuclei composti da 1 a 3 membri (una media di 2,8 per l’esattezza). Il nuovo punto di riferimento in cucina sembra non essere più lo strumento bensì l’orologio: il tempo medio dedicato alla cucina è d 62 minuti al giorno in quelli feriali, nei festivi 78. Il momento di aggregazione non è più il pranzo ma la cena e per l’84% degli Italiani è ancora la donna a cucinare. Il Forum si è concluso la mattina del secondo giorno con una trasversale di prime colazioni da tutto il mondo, dall’italiana all’europea all’africana. Il medico Ezio Di Flaviano, specializzato in Scienze dell’alimentazione, ha ribadito quanto la quantità di cibo riservata alla colazione debba tenere in considerazione anche la temperatura dell’ambiente in cui si vive (se fa caldo si dovrà pensare all’idratazione più che all’apporto calorico) e l’attività che si va a fare. Il forum e la cena, organizzata in onore del presidente nazionale Giovanni Ballarini, sono stati diretti dal delegato di Chieti Mimmo D’Alessio.

PAG 10 / C COME FOTOREPORTAGE


Open Wine

La rassegna del vino di qualità Open Wine, ideata da Partesa Adriatico e giunta alla IX edizione, si è svolta all’insegna di un incredibile afflusso di operatori del settore. Presso l’Aurum di Pescara nel pomeriggio di lunedì 6 maggio 2013 circa 900 addetti al settore Ho. Re. Ca., provenienti da diverse regioni dell’Italia, hanno degustato più di 350 etichette di 43 Cantine in 6 ore di affluenza ininterrotta. L’Abruzzo è stato rappresentato da: Chiusa Grande (Nocciano, Pe), Nicodemi (Notaresco, Te) e Praesidium (Prezza, Aq). Hanno partecipato anche il birrificio artigianale Maiella, Casoli (CH) e i produttori locali di eccellenze gastronomiche: Fracassa Roberto, di S. Egidio alla Vibrata (Te); Bio-agriturismo Valle Scannese, di Scanno (Aq); e Caprafico, di Guardiagrele (Ch).

Festival della ventricina

Gustose passeggiate per 2 mila persone a metà luglio a Carunchio, in provincia di Chieti: si è svolta la seconda edizione del Festival della Ventricina promosso dal Comune di Carunchio, la Pro Loco Carunchio, il salumificio “La Genuina” e l’azienda agricola Il Biancospino, con il contributo dell’assessorato all’Agricoltura della Regione Abruzzo, il patrocinio della Provincia di Chieti e la partnership dell’associazione enogastronomica Molise Gourmet. A Carunchio erano presenti i migliori produttori del territorio a cavallo fra Trigno e Sinello, che annovera anche Roccaspinalveti, Guilmi, Palmoli. Gli appuntamenti principali sono stati il convegno “La Ventricina Vastese: opportunità di sviluppo economico e sociale del territorio montano” e il corso di cucina tenuto dallo chef Mauro Inglese, dell’associazione Molise Gourmet. (Foto: Piergiorgio Greco)

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c come fotoreportage DI ROBERTO PARISIO / FOTO_MODIV

Life care al Villa Maria Forty e gentili Del Verde e l’estero

Life care al Villa Maria

All’inizio di luglio è stato presentato alla stampa il progetto Life Care, che segnerà il nuovo percorso filosofico dell’hotel Villa Maria di Francavilla. «La strategia attinge alle più aggiornate conoscenze medico-scientifiche in ambito nutrizionale, come la nutrigenomica”, spiega Camillo Ezio di Flaviano, primario di Riabilitazione nutrizionale Gruppo policlinico Abano Terme, che insieme al nutrizionista Agostino Grassi e lo chef bistellato Niko Romito porterà avanti un vero e proprio “rehab” alimentare – Questa disciplina studia l’interazione tra gli alimenti e il nostro DNA: il cibo non è un semplice mezzo per apportare calorie, ma uno strumento in grado di influenzare la qualità e la durata della nostra vita. Da qui abbiamo delineato alcune regole fondamentali, come l’impiego di cibi a basso indice glicemico, la preferenza per i grassi insaturi, il giusto apporto di vitamine e minerali, la riduzione del sale. L’obiettivo finale della Filosofia LC è quello di far raggiungere all’ospite il suo ‘peso salutare’ e di insegnargli a mantenerlo, continuando ad assumere il ‘cibo-medicina’ che contribuisce a prevenire le malattie cronico-degenerative, ad aumentare l’efficienza dell’organismo e a contrastare l’invecchiamento»

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Forty e gentili

Un compleanno che dura un anno: la cooperativa Citra ha festeggiato le sue 40 primavere di attività in due sessioni stagionali. Nella prima, il 26 marzo, è stata ripercorsa la storia della Cantina con il convegno moderato da Marco Sabellico del Gambero Rosso “Citra: insieme da 40 anni, insieme per il futuro dei vini d’Abruzzo” e un buffet in bottaia, preparato dai cuochi di Villa Santa Maria. La sessione estiva dei festeggiamenti, all’inizio di agosto, è stata dedicata a tutti i soci ed è stata all’insegna del relax e della musica, con il gruppo Le terre del Sud e la conduzione di Gianluca Marchesani. All’interno della Cantina è stato possibile visitare la mostra “40 anni di vini”.

Del Verde e l’estero

Delverde estende le sue mire sulla Russia (oltre 140 milioni di potenziali consumatori e un ceto medio in sistematica espansione) con una serie di investimenti mirati. I nuovi progetti del pastificio di Fara San Martino sono stati illustrati a giugno nella foresteria aziendale, in presenza di una piccola delegazione di rappresentanti della rete commerciale russa. In particolare, il sostegno a supporto della presenza in Russia arriverà con investimenti in attività di comunicazione. Oltre alla presentazione della nuova versione del sito Delverde e dei principali social network (Facebook e Twitter) in lingua russa, che in sole due settimane hanno già raggiunto livelli di interazione altissima, è stata annunciata anche una campagna stampa di un anno su “Condè nast” Russia partita nel mese di luglio. A maggio la Del Verde ha collaborato all’annuale incontro di formazione riservato a tutti gli chef del gruppo Iberostar, con oltre 100 hotel a 4 e 5 stelle nelle principali località turistiche di Spagna, Mediterraneo e Caraibi, che si è svolto a Tenerife. L’incontro ha visto la partecipazione dello chef stellato Peppino Tinari del ristorante Villa Maiella di Guardiagrele.

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c come fotoreportage

L’Abruzzo in giapponese Le corone Vinibuoni d’Italia 2013 Arriva il nuovo Malandrino Naturale, ma l’emozione non basta

L’Abruzzo in giapponese

La sera del 15 luglio il presidente del Consiglio regionale Nazario Pagano ha organizzato una serata sul Trabocco di Punta Cavalluccio in onore di due ospiti giapponesi: la scrittrice Yàsuko Ishikawa, autrice del primo libro in giapponese che parla della nostra regione (“Abruzzo Misterioso”) e Tetsuya Wakuda, famoso chef 3 stelle Michelin. Laureata in medicina, Yàsuko Ishikawa è appassionata di letteratura e arte ed è rimasta folgorata da una visita in Abruzzo, incuriosita da Chieti, città di provenienza di Padre Alessandro Valignano, che nel XVI secolo portò il Vangelo in Giappone. «Il Guerriero di Capestrano e Rocca Calascio mi hanno affascinata molto – ci ha raccontato – e poi gli arrosticini mi hanno ricordato gli spiedini di pollo giapponesi, gli yakitori». Naturalmente il libro si sfoglia al contrario, partendo da quella che per noi è l’ultima pagina, ed è arricchito dalle immagini del fotografo di Pineto Mauro Cantoro. Descrive il nostro Abruzzo in maniera tutta orientale: un viaggio romantico e poetico, quasi mistico, con numerosi spunti sulla cucina tradizionale. Tetsuya Wakuda ha un famoso ristorante a Sydney e uno a Singapore. In suo onore sono stati invitati produttori di vino e agroalimentari abruzzesi, dalla Cantina Chiusa Grande al pastificio Verrigni, dagli oli extravergini di oliva di Francesco Paolo Valentini e Sandro Di Giacomo, ai cercatori di tartufo Abruzzo Truffles, passando per la dolciaria Falcone e la Cantina di Vasto Tenimenti del Grifone. «I prodotti agroalimentari sarebbero un ottimo traino per il marchio Abruzzo – ha commentato lo chef, che ha scelto il pescarese Francesco Barbuscia come nuovo collaboratore – la qualità delle vostre materie prime merita di puntare tutto sull’identificazione con il territorio» (Foto e testo di Letizia De Antoniis)

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Le corone Vinibuoni d’Italia 2014

Sono state ufficializzate il 27 luglio 2013 le corone della guida Vinibuoni d’Italia 2014 edita da Touring Club. Per l’Abruzzo tanti bei risultati: Pecorino “Giocheremo con i fiori” 2012 di Torre dei Beati; Cerasuolo d’Abruzzo doc 2012 di Cataldi Madonna; Cerasuolo d’Abruzzo doc 2012 e Trebbiano d’Abruzzo doc 2011 di Valentini; Cerasuolo d’Abruzzo doc Superiore 2012 di De Angelis Corvi; Montepulciano d’Abruzzo Colline Teramane docg “Amato” Riserva 2008 di Lidia e Amato; Montepulciano d’Abruzzo Colline Teramane docg “Neromoro” riserva 2009 di Nicodemi; Montepulciano d’Abruzzo Colline Teramane Docg “Senior” 2008 di Monti; Montepulciano d’Abruzzo doc 2010 di Fontefico; Montepulciano d’Abruzzo doc 2010 di La Quercia; Montepulciano d’Abruzzo doc “Don Giovanni 2010” di Buccicatino Vini; Montepulciano d’Abruzzo doc “I Vasari” 2010 di Barba; Montepulciano d’Abruzzo doc “Prologo” 2010 di De Fermo; Montepulciano d’Abruzzo doc “Spelt” 2009 di Fattoria La Valentina; Montepulciano d’Abruzzo doc “Terre di Casauria - Fonte Dei” 2007 di Lorenzo Filomusi Guelfi. (Nelle foto: la presentazione delle 21 Corone 2013 di Abruzzo e Molise avvenuta presso l’azienda Fontefico a Vasto a marzo, alla presenza dei coordinatori Andrea De Palma e Franco Santini e le degustazioni casearie di Taberna Imperiale e i salumi Fracassa)

Arriva il nuovo Malandrino

Con una piccola festa estiva organizzata nel bellissimo scenario della Cantina di Ofena, lo storico produttore Luigi Cataldi Madonna ha presentato alla fine di giugno il nuovo “Malandrino”, facendo degustare già l’anno 2012: un Montepulciano d’Abruzzo coltivato in località Cona, a 400 metri sul livello del mare, che non matura più in barrique per 12 mesi bensì in vasche di cemento. Il risultato è più armonico e meno invadente: una buona bevibilità, supportata da una bella forza. «Il nome nasce da una poesia che mi dedicò il geometra Baldo quando avevo 9 anni – spiega Luigi Cataldi Madonna, divertito – e che iniziava “Oh! Luigi birichino, cha fai sempre il malandrino…”». (Foto e testo di Pasquale Pace)

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Naturale, ma l’emozione non basta

Navelli: “Naturale”, la fiera del vino artigianale è giunta quest’anno alla seconda edizione grazie all’associazione culturale “DinamicheBio”, ideatrice e organizzatrice. Oltre 50 sono state le aziende vitivinicole presenti, migliaia i visitatori, tre giorni di maggio dedicati alla promozione della sostenibilità e del consumo consapevole. Il filo conduttore dell’evento è stato il naturale, che coincide con il rifiuto di usare prodotti chimici di sintesi e l’intervento nel lavoro di cantina con pratiche enologiche invasive, pur non sottoponendosi necessariamente ad una certificazione. Il programma della tre giorni è stato arricchito anche da degustazioni guidate abbinate a seminari di approfondimento sul vino e sul cibo. Uno di questi ha avuto come relatori d’eccezione l’enogastronomo Alessandro Bocchetti e il professor Francesco Sabatini, uno dei più importanti linguisti italiani, presidente onorario dell’Accademia della Crusca. Il tema del seminario è stato il cibo, inteso come strumento di identità culturale. Sabatini, che ha natali abruzzesi (è originario di Pescocostanzo), ha parlato in particolare del rapporto fra tradizione e modelli alimentari globalizzati: le tradizioni alimentari non restano mai uguali a se stesse ma cambiano nel tempo, modificandosi al contatto con tradizioni diverse. Si respirava un aria ancestrale che catapultava lontano dalla frenesia del quotidiano; tanta gente, tanti profumi, tanti sapori del nostro amato Abruzzo. Eppure sono mancati i protagonisti più importanti, quelli che fanno la differenza per questo tipo di manifestazione: gli operatori del settore. Pochi, troppo pochi. Questo territorio è lento nel cambiamento ma (ed è qui che irrompe il futuro) dobbiamo cambiare, informarci, condividere proiettarci verso nuove prospettive per far si che questa regione risplenda… naturalmente!! (foto e testo: Marco Palantrani)

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c come food design

DI LUDOVICA PERSICHITTI - LUDOVICA.ARCHITETTURA@GMAIL.COM

Cibo e musica binomio perfetto

Quante volte abbiamo aspettato l’ordinazione tamburellando le dita sul tavolo? Quante volte abbiamo fatto tintinnare i bicchieri a ritmo di musica? O ancora, abbiamo usato piatti e posate improvvisandoci percussionisti? Food e musica sono un binomio perfetto, basti immaginare il piacere di una degustazione col sottofondo musicale appropriato. E perché non suonare direttamente il cibo? Probabilmente a questo si sono ispirati Raphaël Pluvinage e Marianne Cauvard nell’ideare Noisy Jelly, un kit per realizzare gelatine “suonanti”. Un’idea fortissima: prima cucinare e poi suonare quello che si è preparato! È tutto racchiuso in una scatola con l’occorrente per comporre coloratissime gelatine di forme differenti: basta versare acqua, colori e pochi grammi di agar-agar negli stampi in dotazione. Una volta pronta, la gelatina va sistemata su una tavoletta e se la si tocca con le dita riproduce suoni elettronici modificabili a seconda dei colpi. Stupefacente! Il principio sta nel sensore presente nella tavoletta, che è in grado di rilevare le variazioni di forma delle gelatine, la loro concentrazione di sale, la distanza e la pressione del tocco, trasformando questi input in suoni.

Avreste mai immaginato di suonare coni e cubetti di gelatina? Vi consiglio allora la visione del video su www.mariannecauvard.fr! Se invece, al contrario, fossero gli oggetti musicali a diventare commestibili? Questo è il progetto di alcuni musicisti scozzesi che, in collaborazione con i pasticceri della Fisher & Donaldson, hanno pensato di incidere dei pezzi su dischi in cioccolato, assolutamente ascoltabili e poi… divorabili. Al contrario, c’è chi ha pensato di portare in cucina, tra cibi e bevande, icone e oggetti legati al mondo musicale. “Non sarebbe male mangiare sul vinile”: questa è stata la riflessione che ha messo in moto l’intraprendenza di due creativi esperti nella comunicazione di brand, Martino Lapini e Domenico Montemurro. Insieme hanno sviluppato il progetto Longplate (www.longplate.com). I loro prodotti sembrano pronti per essere posizionati sul giradischi, ma in realtà non sono dischi in vinile. Si tratta di piatti in porcellana che riprendono esattamente forma, colore e grafica di un 45 giri. Ideali per una serata tra amici stile vintage, ma anche per le attività di ristorazione che puntino su un’esperienza sensoriale del cibo legata all’accompagnamento musicale.

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REDAZIONALE / FOTO_MARIO SABATINI

Fattoria La Valentina

Via Torretta, 52 – 65010 Spoltore (Pe) Tel. e fax: 085/4478158 www.fattorialavalentina.it

Vento di novità

Sopravvissuta indomita alle bizze atmosferiche di inizio estate, Fattoria La Valentina presenta soddisfatta la novità del 2013. La gamma Spelt, dedicata al territorio di Spoltore sin dal nome (“spelt” è il modo in cui i Longobardi chiamavano il farro, e che presumibilmente ha dato origine al nome del Comune pescarese), va a completarsi e affianca il Cerasuolo d’Abruzzo doc Superiore al Montepulciano d’Abruzzo doc e al Trebbiano d’Abruzzo doc Superiore. La gamma è nata nel 1987 con la sua prima vinificazione e viene sempre prodotta dalla scelta delle migliori uve dei vigneti, puntando sempre alla qualità. Non è un caso se è stata pluripremiata dalla stampa nazionale ed internazionale di settore (Wine Advocate, Veronelli, AIS) negli ultimi 5 anni. Una tradizione iniziata già dal Montepulciano d’Abruzzo doc Spelt 2005, che ha ricevuto tre Bicchieri Gambero Rosso, rinnovati anche per lo Spelt 2007 e lo Spelt 2008. Ad integrare la squadra delle doc Spelt è arrivato quindi il Cerasuolo d’Abruzzo doc, prodotto da uve Montepulciano d’Abruzzo allevate a Spoltore, in

vigneti di circa 35 anni, disposte a tendone. Viene messa da parte l’etichetta “Effe” dalla linea terroir e ci si concentra, dall’annata 2012, a viaggiare uniti in prima linea sullo stesso fronte. «L’idea – spiega Sabatino Di Properzio, titolare de La Valentina – è di fare un Cerasuolo che si distingua da quelli classici: gli interventi enologici sono ridotti ai minimi termini, ad esempio è un vino non filtrato, non chiarificato e stabilizzato naturalmente. I profumi vengono lasciati liberi di concentrarsi, la ricchezza del territorio viene fatta sprigionare: è un’ulteriore operazione di onestà nei confronti della natura, così come piace a noi». Un bel derby è stato preparato per il pubblico di operatori, giornalisti ed importatori del settore per la prima giornata del Vinitaly 2013, ad aprile. La degustazione ha messo a confronto i Montepulciano d’Abruzzo doc Binomio e Bellovedere. Il primo è realizzato in società tra La Valentina e Stefano Inama attraverso l’azienda agricola Binomio; il secondo è prodotto da La Valentina. Al Vinitaly è stato

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c come vi consigliamo

Pappardelle farcite di pecorino con genovese d’anatra di Marcello Spadone, La Bandiera (Civitella Casanova, PE)

Ingredienti per 4 persone: per la pasta: 8 – 10 uova, 1 kg. Di farina “00”, 1 cucchiaino di olio extra vergine d’oliva, 1 pizzico di sale. Per la farcitura: 200 g di pecorino fresco, 50 g di latte, 5 g di colla di pesce. Per la salsa: 1 papera muta, 5 scalogni, 2 coste di sedano, 1 carota, olio extravergine d’oliva, vino bianco, timo, prezzemolo, ½ bicchiere di brodo di gallina, 1 mazzetto di erbe aromatiche, parmigiano reggiano, 1 noce di burro, sale q.b., pepe q.b. Per la pasta: disporre la farina a fontana e impastare tutti gli ingredienti fino ad ottenere un composto morbido ed elastico; fare riposare per un ora in frigo, tirare la sfoglia e con un sacchetto da pasticcere ricavare delle pappardelle farcite. Per la farcitura: portare a bollore a il latte ed i formaggi, fare raffreddare ad una temperatura di 50 gradi aggiungere la colla di pesce e passare il tutto ad un setaccio a maglie fini. Fare raffreddare in frigo. Per la salsa: disossare l’anatra e metterla a cuocere in una casseruola con l’olio e tutte le ossa; farla rosolare a fiamma bassa per 20 min. poi aggiungere il vino bianco e gli scalogni e la carota e il sedano tagliati a cubetti; far cuocere per altre 2 ore a fiamma bassa con coperchio. Aggiungere le erbe aromatiche, far cuocere per altri 20 min. Cuocere le pappardelle in abbondante acqua salata per 3 min. e saltarla con il ragù d’anatra e il parmigiano. Servire con Cerasuolo d’Abruzzo Spelt! PAG 22 / C COME VI CONSIGLIAMO / FATTORIA LA VALENTINA


c come vi consigliamo compiuto un bel viaggio lungo le annate del 2001, 2005 e 2007, espressioni di due poli del territorio pescarese: il vigneto quasi quarantenne del “clone Africa” a San Valentino in Abruzzo Citeriore (a Sud della provincia) nel caso di Binomio, un vigneto di 35 anni di Montepulciano d’Abruzzo a Spoltore (a Nord della provincia) nel caso di Bellovedere. Il risultato, come evidenziato al Vinitaly dal giornalista enogastronomico Alessandro Bocchetti, è una longevità sorprendente che conferma la capacità di tenuta in freschezza e in colore del vitigno Montepulciano. «Si è trattato di un evento unico – spiega Sabatino Di Properzio – perché le annate del 2001 e del 2005 non sono più sul mercato: è stata un’occasione imperdibile anche per noi, che abbiamo potuto riscoprirle e

constatarne l’evoluzione». Il vento di novità annunciato dal Cerasuolo Spelt è corroborato da una new entry: 2 ettari di vigneto nuovo, piantato a Pecorino, a Spoltore, proprio ai piedi dell’azienda, orientato a Sud Ovest, di fronte ai più bei tramonti sulla Majella. In autunno andrà ad integrare il vino Pecorino già esistente, su cui l’azienda punta molto in qualità di autoctono del territorio. «Abbiamo provato un altro sistema di allevamento, già in utilizzo per il Montepulciano d’Abruzzo di Binomio – racconta Sabatino Di Properzio – Si tratta di un tendone modificato in maniera da dare maggiore densità per ettaro, senza perdere le caratteristiche della pergola abruzzese: i filari corrono alla stessa distanza tra di loro, ma sono più densi»

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Mandorla, liquirizia e caffè


c come Ezio Gizzi DI CRISTINA MOSCA / FOTO_MARIO SABATINI

Un piatto buono è per sempre

La storia di Concezio Gizzi a La Corniola inizia nel 2006, verso la fine di circa 8 anni di formazione tra esperienze da autodidatta e corsi, tra cui anche uno stage da Caino. Inizia nel 2006 perché è in quell’anno che ha avuto l’occasione di aprire, nello stesso palazzo del 5 stelle Relais Ducale di Pescocostanzo, un ristorante tutto suo in cui oggi dirige la cucina insieme a sua sorella maggiore Lucia, fresca di maternità. Taciturno e concentrato, come ogni spirito riflessivo Concezio ha un sogno: fare qualcosa di nuovo. «All’inizio abbiamo creduto di aver sbagliato tutto – racconta, insieme alla sua fidanzata Barbara Di Geronimo, manager di sala – Il gourmet non trova sempre riscontro subito e facilmente. Il tempo, poi, ci ha dato ragione, specie da quando abbiamo cominciato a concentrarci di più sul territorio, personalizzando la materia prima ma sempre all’insegna del pieno rispetto e di una fascia alta di qualità. Ci interessa innanzitutto riqualificare e valorizzare quello che ci è più vicino». La cura e la semplicità custodite nei piatti sono le testimoni dell’amore che Ezio mette nella cucina, sin da piccolo: «Mi piace riuscire a fare qualcosa che non avrei mai pensato, o scoprire che due prodotti stanno bene insieme, contro ogni aspettativa». Usare l’olio extravergine di oliva come base per dolci o gelati, proporre spaghettoni con cipollotti, caciocavallo e ventricina o suo cavallo di battaglia, il pecorino in tempura, sono tentativi ben riusciti di meravigliare a tavola; ma la verità è che lui i sapori li vuole accompagnare, non reinventare, e farlo senza artifici, con i tempi dell’artigiano. Nati e cresciuti a Pescocostanzo, i fratelli Gizzi e Barbara Di Geronimo hanno deciso di giocare le loro carte in questo paese medievale di 1400 anime, che nei picchi di stagione quasi raddoppiano: per questo hanno scelto di vincere con dolcezza le normali diffidenze e fanno appello a tutta la loro creatività per recuperare la tradizione, compresi prodotti passati di moda come gli orapi, cicerchie, farina di solina e i piselli selvatici. Già il nome del ristorante in sé affonda con un pizzico di romanticismo il suo segreto nei riti pescolani: la corniola è una pietra povera che viene incastonata nella fede nuziale. Come dire: un piatto fatto bene è per sempre. PAG 25 / C COME EZIO GIZZI


Mandorla, liquirizia e caffè

Ingredienti - Per il gelato alla mandorla: 80 gr di pasta di mandorla, 25 gr di zucchero, 40 gr di glucosio, 200 ml di latte, 50 ml di panna; per la salsa di liquirizia: 4 gr di liquirizia in polvere, 100 gr di zucchero, 4 gr di cacao in polvere, 20 gr di glucosio; per la granita al caffè: 350 ml di caffè espresso, 15 gr di zucchero, 180 ml di acqua Per il gelato: mescolare lo zucchero, il glucosio e la pasta di mandorle; unire i liquidi, scaldare e amalgamare bene. Lasciar raffreddare, filtrare e passare in gelatiera. Per la salsa alla liquirizia: caramellare lo zucchero e il glucosio e unire il cacao e la liquirizia, mescolare con 50 ml di acqua. Per la granita al caffè: mescolare tutti gli ingredienti e riporre in freezer. Una volta congelato, tritare il tutto. Disporre la salsa alla liquirizia nel fondo di un piatto; adagiare una palla di gelato alla mandorla e su un lato mettere un cucchiaio di granita al caffè.

C COME FRATELLI DI TILLIO


Tortello ripieno di melanzane con crema di ricotta, basilico e pomodorini canditi Ingredienti per 4 persone - Per i ravioli: 2 uova, 120 gr di farina 00, 120 gr di semola di grano duro, 1 cucchiaio di olio extra vergine, un pizzico di sale; per il ripieno: 200 gr di melanzane, uno spicchio di aglio, un rametto di rosmarino, olio extra vergine di oliva; per la salsa: 200 gr di ricotta fresca, 4/5 foglie di basilico, olio e sale, 4 filetti di pomodorini canditi Impastare le uova con le farine, il sale e l’olio. Lasciare riposare l’impasto, avvolto con la pellicola, in frigo per 2 ore. Per il ripieno: dividere le melanzane a metà incidendo l’interno, condirle con l’olio, l’aglio e il rosmarino, sale e pepe, e infornarle a 170 gradi per due ore. Una volta cotte, prendere solo la polpa e farle asciugare e riposare in un recipiente. Frullare il tutto e aggiustare di sale. L’impasto ottenuto non dovrà risultare troppo morbido. Tirare la sfoglia e con un coppa pasta ricavare dei cerchi di 6 cm di diametro; porre al centro di ognuno il ripieno e chiudere formando dei tortelli. Per la salsa: frullare la ricotta con le foglie di basilico, un filo di olio, sale; se la salsa dovesse risultare troppo densa, aggiungere mezzo bicchiere di latte. Al momento di servire, sbollentare la pasta in acqua salata, versare nei piatti la salsa di ricotta e basilico e adagiare i tortelli con un pezzettino di pomodorino candito nei piatti. Rifinire con un filo d’olio extra vergine di oliva. PAG 27 / C COME EZIO GIZZI


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c come investimenti

DI DANIELE DI VITTORIO / FOTO_MODIV

Col vento in poppa

Il pastificio De Cecco ha presentato ad aprile il risultato di investimenti in reazione alla crisi: due nuove linee di impianti attivi nello stabilimento di Ortona, una per i formati lunghi e l’altra per i corti, che aumenteranno la capacità produttiva di 2000 quintali in ventiquattro ore, portandola a 1 milione e 200omila annui. «Potenziamo la nostra capacità produttiva, che era satura, con uno sguardo al futuro e ai mercati esteri – ha spiegato il presidente Filippo Antonio De Cecco – L’aumento della produttività sarà rispettoso delle caratteristiche qualitative e organolettiche della tradizione aziendale: le impastatrici sono di dimensioni molto più grandi, ma restano invariati i tempi di impasto e di essiccazione». L’investimento ammonta a 30 milioni di euro, con un contributo del 7% della Regione. Nel 2012 la De Cecco ha prodotto 2 milioni di quintali di pasta, diventando così il terzo gruppo pastaio nel mondo: il fatturato estero ha raggiunto ormai quello dell’intera Italia (200 milioni di euro contro 230). L’inaugurazione delle nuove linee produttive a Ortona arriva 18 mesi dopo l’acquisizione del gruppo russo della pasta Pmk, che con i suoi 600 addetti negli stabilimenti di Mosca, Smolensk e San Pietroburgo produce circa 1 milione di quintali di

pasta l’anno. Per festeggiare, nello stesso giorno nei tre siti di Fara San Martino, Ortona e Pescara è stato offerto a dipendenti e ospiti un pranzo cucinato rispettivamente da Gennaro Esposito, Mauro Uliassi e Heinz Beck. Sempre in tema di investimenti, anche se stavolta si tratta di risorse umane, la collaborazione con l’associazione Chic (Charming italian chef) ha portato l’educational tour della De Cecco nell’Ipssar Filippo De Cecco di Pescara, diretto da Alfredina Trivelli. Gli studenti hanno partecipato a uno show cooking tenuto da Davide Pezzuto, chef del ristorante Les Paillotes. L’iniziativa ha già toccato altri importanti istituti alberghieri d’Italia, tra cui quelli di Stresa, Brera e Monfalcone, e ha lo scopo di «promuovere la conoscenza del prodotto a coloro che un domani saranno gli ambasciatori della cucina italiana nel mondo», come ha spiegato Valerio Taraborelli, tecnologo dell’unità produttiva di Ortona. Sono prima state illustrate le varie fasi del processo produttivo della pasta De Cecco (dalla scelta del grano all’impasto con acqua fredda, dalla trafilatura in bronzo all’essicazione lenta) e poi sono state realizzate alcune ricette che hanno dimostrato la tenuta nella cottura e la capacità della pasta amalgamarsi e di esaltare i condimenti.

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c come agroalimentare

FOTO E TESTO DI MASSIMO GIULIANO

Il settore è in crescita

L’evento sulla qualità e l’innovazione nell’agroalimentare abruzzese tenutosi a Francavilla il 23 aprile 2013 ha messo in chiaro alcune cose: innanzitutto, il fatturato del settore è cresciuto del 6% negli ultimi tre anni (attestandosi sui 2,4 miliardi di euro), e questo è un dato in controtendenza rispetto alla crisi attuale. E poi l’occupazione è tutt’altro che in fase calante, visto che le grandi imprese hanno fatto registrare un aumento del 19,7%. Insomma, il primo “Meeting dell’agroalimentare d’Abruzzo” è servito anche per far prendere una boccata d’aria agli addetti ai lavori, evidentemente rinfrancati da quanto emerso. Il Polo di innovazione Agire ha stilato un rapporto sull’agroalimentare regionale insieme all’Università di Teramo e all’Inea. L’amministratore delegato Donatantonio De Falcis è soddisfatto: «In Abruzzo le imprese agroalimentari sono circa 2.300, distribuite nelle quattro province. Poche sono di capitali, la maggior parte di persone fisiche e piccole. Quindi esiste un margine di manovra molto alto». La parte del leone la fa il Chietino, con 794 aziende. Seguono Pescara (508), L’Aquila (502) e Teramo (480). Vanno forte soprattutto i prodotti da forno e i farinacei, a conferma dell’estrema attenzione che le mani operose d’Abruzzo ripongono ancora oggi nella qualità, anche e soprattutto per quanto riguarda le

materie prime. Buona anche la performance dell’export, con un giro d’affari pari a 500 milioni di euro: in crescita vino e pasta, preferiti soprattutto dalla Germania. Ma come può essere competitiva, oggi, una piccola impresa sul mercato globale? Chiara Ciavolich, presidente della Federazione provinciale Coldiretti di Pescara, un’idea ce l’ha: «L’approccio con l’estero è molto importante. Io, ad esempio, sono in contatto con l’America già dal 2004 (gli Usa sono tra i Paesi che scelgono di più l’Abruzzo a tavola, ndr). Bisogna puntare sull’internazionalizzazione, ma anche sulla rete di imprese». Tommaso Chiappa, in rappresentanza dell’azienda Amadori, ha illustrato in che maniera il gruppo ha affrontato la crisi attuando vari interventi nel campo dell’innovazione. Un caso esplicativo su tutti? Le monoporzioni dei petti di pollo: «In questa maniera – ha spiegato Chiappa – siamo andati incontro alle esigenze del consumatore, che chiedeva confezioni più pratiche da utilizzare. E naturalmente non abbiamo dimenticato l’attenzione rivolta alla qualità dei nostri prodotti». Le conclusioni sono state affidate al vicepresidente della Regione Alfredo Castiglione: «Attorno al discorso dei Poli si costruirà il futuro della regione. E Agire è uno dei Poli più attivi».

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C COME VI CONSIGLIAMO


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REDAZIONALE / FOTO_PIERGIORGIO GRECO/MODIV

Il paniere dei prodotti tipici

Una vetrina, un’opportunità, una mostra-mercato: la manifestazione organizzata dalla Fondazione Santa Caterina “A scuola nel parco” è stata l’occasione perfetta per presentare al pubblico il progetto della “Promozione delle produzioni tipiche delle Terre Pescaresi”. L’appuntamento con l’happening è stato dal 13 al 16 giugno 2013 nel Parco Villa De Riseis in via Puccini a Pescara, dalle 18 alle 22, e lo spazio del Paniere è stato voluto dall’assessore provinciale allo sviluppo territoriale, agricoltura e innovazione Angelo D’Ottavio e dal presidente della Provincia di Pescara Guerino Testa, e realizzato grazie al vicepresidente della Regione Abruzzo Alfredo Castiglione. Nella cornice allegra e festosa dei laboratori creativi per i bambini, e delle occasioni di confronto tra le famiglie e

le istituzioni, la seconda edizione di “A scuola nel parco” ha dato ogni sera l’occasione di visionare ed acquistare una carrellata di prodotti presentati direttamente dalle aziende pescaresi. Ad artigiani del legno e dell’arte si sono affiancati piccoli coltivatori e produttori, tra cui alcuni appartenenti ai circuiti Campagna Amica e Donne in Campo: per l’occasione, la famosa “Spesa in campagna” di cui queste ultime sono promotrici insieme alla Cia si è spostata in città. Formaggi, sia freschi e stagionati, olio extravergine di oliva, pane, legumi, cereali, dolci, vino e tanto altro sono stati tutti a portata di mano con un solo scopo: riavvicinare le persone al valore insostituibile dei prodotti locali, contraddistinti da una riconoscibilità e da un genuino aggancio al territorio pescarese.

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Come anche immortalato in un video di undici minuti realizzato per conto della Provincia, il paniere comprende una campionatura dei prodotti offerti dalle terre pescaresi, dagli ortaggi ai vini, dagli olii ai formaggi, passando per legumi, farine autoctone, cereali e pani, fino ad arrivare, perché no, all’oggettistica frutto della creatività dei giovani talenti della regione. Le prime aziende a corrispondere ai prerequisiti di selezione sono prevalentemente a gestione famigliare, in cui la pratica agricola è condotta come prima attività di sostentamento e che sono ascrivibili nella categoria di microimprese, ossia dall’organico di non più di 10 dipendenti. I prodotti promossi rispettano la regionalità abruzzese in ogni passaggio di filiera: dalla coltivazione/allevamento alla trasformazione, fino al confezionamento/imbottigliamento. La materia prima utilizzata dalle aziende comprese nel paniere è legata al territorio secondo criteri socio-culturali, storici, ambientali e di tipicità; le sue caratteristiche

organolettiche sono preservate, e la lavorazione a cui viene sottoposta è artigianale e certificata, utilizzando una quantità minima di conservanti. I prodotti promossi nel paniere non sono distribuiti a livello nazionale in grandi magazzini e GDO, anzi preferibilmente commercializzati o in vendita diretta o, al limite, nei negozi specializzati. All’happening sono stati presentati i formaggi di Christian Savini e Luisa Di Nicola (Vicoli), Simonetta Vadini (Elice) e La Coccinella di Cinzia del Grammastro (Civitaquana); il pane e i biscotti de La Pagnotta Snc (San Valentino in A.C.); l’arte della scultura in pietra della Majella di “Majarte” (San Valentino in A.C.); i salumi di Pierluigi Di Mascio (Loreto Aprutino); il vino e l’olio delle aziende Lampato (Castellana di Pianella) e D’Alesio (Città Sant’Angelo); gli accessori di Soe Filande (Montesilvano), Fabijoux (Elice) e Vijolcenne (Villanova di Cepagatti); e i prodotti agricoli della sezione provinciale dell’associazione Donne in Campo – Cia a cui è stata dedicata la serata di venerdì.

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c come allegria

DI MONICA ANDREUCCI / FOTO_MARIO SABATINI

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Una ricarica per l’umore Perché nei disegni dei bimbi il sole è immancabilmente colorato di giallo? A ben vedere, la naturale luminosità, il calore, l’abbagliamento, l’allegria che trasmette la nostra stella, all’occhio appaiono bianchissimi… Di nuovo in viaggio nel significato dei colori:come per il viola dello scorso ‘C come magazine’, stavolta dipingiamo tutto con il giallo. Si tratta di una tinta primaria, cioè un pittore o ce l’ha o non potrà ottenerla mescolandone altri: rappresenta uno dei pilastri della vita come la conosciamo. I cibi gialli, infatti, sono essenziali in quanto stimolano e rigenerano, disintossicano fegato e cistifellea depurando così tutto l’organismo. A dare il colore antitristezza per eccellenza sono leutina e zeaxantina, sostanze antiossidanti che rinforzano in particolare la vista e la memoria visiva. Limone, uva bianca, melone, ananas, mais, germogli, patata, banana, susina, peperone, burro e olio hanno tutti un contenuto blandamente acido che mantiene in efficienza il sistema digerente. Alimenti di un certo colore permettono alla nostra energia vitale di trarre profondi vantaggi non solo attraverso i principi nutritivi ma anche influendo, con la vibrazione ottica, sullo stato fisio-psicologico. In cromoterapia, per esempio, l’applicazione prolungata sul

tratto intestinale di luce gialla ha perfino effetto lassativo. Non è un caso quindi, se quando ci sentiamo stanchi o apatici siamo istintivamente attratti da cibi di colore arancione o giallo: le lunghezze d’onda di quest’ultimo, in particolare, sono come quelle dei raggi solari (i piccoli artisti è da lì che traggono ispirazione!) e trasportano correnti magnetiche di polarità positiva in grado di rafforzare i nervi, far bene al cervello, stimolare l’attività motoria e attivare il sistema linfatico. In Oriente è colore della fertilità e della regalità, nel Buddismo simboleggia la saggezza mentre, nel pragmatico Occidente, è la tinta che si riconosce meglio da lontano (ecco perché sono così molti taxi). Corrisponde, guarda un po’, al terzo Chakra, la porta corpo-spirito che si trova sul plesso pelvico e governa l’attività sessuale. Chi indossa il giallo si sente bene con sé stesso, infatti il colore viene associato al senso di identità, all’immaginazione, all’estroversione, denotando così una forte personalità. Lo sceglie chi va alla ricerca del nuovo, del cambiamento, della liberazione dagli schemi, chi ha molte aspettative sul futuro e fiducia nei propri mezzi eppure cerca l’approvazione altrui e soffre la solitudine, ma sa ricaricarsi intellettivamente e fisicamente grazie, appunto, al “suo” colore.

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Ingegnandosi per superare un ostacolo naturale, i tornarecciani hanno rivoluzionato il modo di allevare le api in Italia.

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c come api

TESTO E FOTO DI PIERGIORGIO GRECO

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Il nomadismo è cominciato proprio qui

“La rambalupina è come una cambiale: scade il 31 maggio. E non puoi fare niente”. C’è chi usa ancora il termine dialettale per individuare la sulla, quell’erba spontanea di cui l’Abruzzo è ricco e che, con l’inizio dell’estate, sfiorisce inesorabilmente. Un processo naturale che, a Tornareccio e nella zona, è conosciuto da tutti. E da sempre: qui il miele è nel dna delle famiglie. Sin dal passato, infatti, alle pendici di Monte Pallano non c’era nucleo che non avesse presso la propria dimora qualche bugno villico, quel rozzo tronco cavo al cui interno le api producevano miele. Del resto, l’uso quotidiano dello zucchero è conquista piuttosto recente, ed era proprio il “nettare degli dei” ad essere utilizzato come dolcificante per la preparazione di dolci, come rimedio per mal di gola o, soprattutto, come merce di scambio con grano e olio. PAG 39 / SPECIALE GIALLO / C COME API


Su oltre sessanta tipi di mieli censiti dall’associazione Le Città del Miele una buona metà vengono prodotti da apicoltori di questa zona.

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Quella che da sempre era una produzione di mera sussistenza, confinata a poche settimane nell’anno, a Tornareccio è diventata impresa capace di dare ricchezza e benessere a intere famiglie e far conoscere in tutto il mondo un comprensorio che abbraccia anche Atessa e la Val di Sangro: un vero distretto dell’apicoltura, cresciuto anche grazie a tanti che, più di recente, si sono avvicinati al mondo delle api. La sulla termina a fine maggio? Ecco la grande intuizione: per aumentare la raccolta non c’è altra strada che andare alla ricerca di altre fioriture più tardive, spostando gli alveari dal cortile di casa. Nasce a Tornareccio quella modalità produttiva che rappresenta il superamento dell’apicoltura stanziale: il nomadismo. Così, ingegnandosi per superare un ostacolo naturale, i tornarecciani hanno rivoluzionato il modo di allevare le api in Italia, rendendo possibile l’incremento della produzione e contribuendo ad emancipare il miele da semplice dolcificante indifferenziato a prodotto dalle mille sfumature, a seconda del fiore dal quale nasce. Oggi in Italia gli apicoltori nomadi sono la maggior parte, ma i “lapari” di Tornareccio lo sono diventati prima di tutti. Se, come testimonia Egidio Iacovanelli, il primo spostamento di un apiario fuori dal comune risale al 1940, quando alcune arnie vennero portate a Castiglione Messer Marino, fu nel dopoguerra che avvenne il grande salto fuori regione. Un altro Iacovanelli, Emilio, racconta questa epopea: «La mia famiglia viveva in affitto presso un compaesano stabilitosi a Gubbio, in Umbria: Peppino Finocchio, anch’egli apicoltore. Ogni anno, venendo a riscuotere la pigione in occasione delle feste di agosto, chiedeva a mio padre Amedeo come fosse andata la raccolta. Rimanendo incredulo per le piccole quantità prodotte, raccontava che a Gubbio le produzioni di miele di erba medica erano ben più significative, e andavano avanti fino a luglio inoltrato. Fu così che ci suggerì di portare gli alveari in Umbria». Amedeo Iacovanelli non se lo lasciò dire due volte: «Un giorno di luglio del 1959 mio padre e mio nonno Emilio caricarono cento alveari su due camion, e si misero in marcia in piena notte. Arrivarono a Gubbio alle 9 del mattino dove, purtroppo, le ultime venti cassette scaricate andarono perse: per il caldo

terribile, le api erano tutte morte». Ma quell’avventura fu un successo: ogni alveare produsse almeno il triplo del miele raccolto mediamente nella terra natia. Dall’anno successivo, i viaggi verso l’Umbria iniziarono ad essere più affollati: altri apicoltori locali si aggiunsero ai pionieri. Era stata aperta una strada. Dopo Gubbio, Latina. La prima “spedizione” nell’agro pontino risale al 1965: i tornarecciani portarono le loro arnie presso le leggendarie piante di eucalipto su suggerimento di un tecnico originario di Roma, che conobbero nel 1962 a Moscufo in occasione dell’“ammasso” di miele, la raccolta della sovraproduzione ad opera di un consorzio. Dopo il Lazio, il sud Italia venne progressivamente “colonizzato” negli anni successivi: Molise, Puglia, Basilicata, Calabria. In anni recenti c’è chi si è avventurato addirittura in Sardegna, e non manca chi si spinge verso il Centro-Nord. Grazie a questa sorta di “transumanza del terzo millennio”, la quantità di miele prodotta era diventata inevitabilmente superiore alle necessità del paese, e si sono aperti nuovi mercati: venivano a comprare il “miele di Tornareccio” commercianti del Vastese e rappresentanti di storici marchi come Ambrosoli, Perugina, Strega, pronti a pagarlo profumatamente. Quando negli anni Settanta il mercato iniziò a chiedere non più un generico miele, ma quello di sulla, eucalipto, girasole, arancio e così via, sull’onda della notorietà del famoso erborista Maurice Messegue che fece scoprire i benefici delle tante varietà floreali, il borgo alle pendici di Monte Pallano stava già un passo avanti. Oggi come allora, su oltre sessanta tipi di mieli censiti dall’associazione Le Città del Miele - di cui Tornareccio è socio fondatore -, una buona metà vengono prodotti da apicoltori di questa zona. Come si è visto, Iacovanelli è un nome ricorrente nella storia dell’apicoltura di Tornareccio e del comprensorio. Dal capostipite Giuseppeantonio, che intraprese l’arte nel 1898, ai giorni nostri, diversi discendenti sono a capo di aziende importanti, attive in paese e nella valle del Sangro, con propri marchi e con produzioni significative esportate in tutta Italia e anche all’estero, fino al Giappone: Piero e Fabio (figli di Dario), Pasquale, Antonio e Luigi (figli di Egidio), e Emilio, Aminta e Giulio (figli di Amedeo).

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Nell’alveare

L’ape regina comanda la famiglia, depone le uova ed ha una durata media di vita di circa 3/5 anni. La produzione di nuovi sciami passa tipicamente per l’introduzione di api regine che vengono acquistate nel periodo primaverile/estivo affinché, dopo l’adattamento con le api operaie, possano deporre le uova per la nascita delle nuove api. Il prezzo medio di un’ape regina si aggira intorno ai 12 euro ed i mercati di approvvigionamento risiedono soprattutto al Nord (Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia). Le api operaie producono il miele mentre il ruolo principale del fuco è relegato a quello della ventilazione dell’arnia. Al termine della produzione le api operaie eliminano gran parte dei fuchi attraverso il loro pungiglione, senza però perderlo, al contrario di quanto accade quando pungono un essere umano. Un’ape operaia ha una durata media di vita pari a circa 20/ 30 giorni nel pieno dell’attività produttiva, mentre nel periodo invernale è di circa sei mesi. L’ape è l’unico essere esistente in natura che può decidere il sesso del nascituro e tale capacità viene sviluppata in modo semplicissimo: cambiando l’alimentazione. L’uovo di quella che sarà l’ape regina viene alimentato dalle api operaie con una miscellanea di miele, polline e pappa reale. Anche la cella dove alloggerà l’ape regina sarà certamente più alta e più larga. L’alimentazione delle api operaie è invece costituita da solo miele e l’incavo della cella assume dimensioni tradizionali. I criteri di scelta operati dalle api operaie per individuare la regina sono ancora oggetto di approfondimento da parte degli studiosi. L’apicoltore indossa una tuta bianco o gialla poiché le api non sopportano i colori forti (come il rosso o il nero), oltre alla maschera protettiva e i guanti. Usa il soffietto, una sorta di canna che emette del fumo, avvertito con pericolo dalle api operaie che, come reazione, tendono a bottinarsi, cioè a riempirsi di miele per la fuga, distogliendo così l’attenzione dal miele depositato nell’arnia e consentendo all’apicoltore un prelievo in condizioni di migliore sicurezza. (Roberto Parisio)

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In qualche modo connessi con la famiglia Iacovanelli perché imparentati o perché da loro hanno acquistato gli alveari - sono altri produttori tornarecciani di successo: le aziende Finocchio (Luca, da un lato, e i fratelli Carmine e Vincenzo, dall’altro), Fioriti (Gennaro e i fratelli Rolando e Ignazio) e Lemme Enzo, negli anni hanno seguito strade proprie diventando realtà di primissimo piano. Accanto a loro, non mancano nomi emersi autonomamente in un ambiente vocato all’apicoltura. La famiglia Tieri produce miele a Tornareccio sin dagli anni Trenta, quando il capostipite Argito Di Vincenzo riportò in paese un sacco di liuta pieno di api acquistate a Termoli: oggi è una delle imprese più grandi e note. Da parte loro, Nello, Americo e Carlo Carbonetti si diedero all’apicoltura in paese nel 1971 su suggerimento di altri

due fratelli, Nicola e Giuseppe, produttori in Argentina: quella storia è continuata dai discendenti Nicolantonio e Piero. Come quella Carbonetti, a Tornareccio altre famiglie continuano a produrre miele senza una propria etichetta: Pili, Finocchio, Di Vincenzo, Marchetti, Costantini, Di Croce, Carozza, Fioriti, Petrucci, Sorge, Ferrante. Si tratta di produzioni più limitate, ma di assoluta qualità. Nel solco della grande storia della capitale abruzzese del miele.

Le foto gentilmente concesse da Piergiorgio Greco sono state esposte nella mostra fotografica personale “Là dove scorre latte e miele”

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La produzione di miele è legata alla fioritura e quindi risente delle stagioni floreali: nascono così le varietà al mandorlo e al rosmarino, al ciliegio, all’arancio, poi sulla e lupinella, girasole, melata ed edera.


c come non solo miele DI ROBERTO PARISIO / FOTO_ALESSIO IACOVANELLI

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A caccia di propoli, polline e pappa reale

Il miele è sempre stato considerato il “cibo degli dei”. Gli antichi popoli ne sfruttavano tutte le numerose proprietà: lo impiegavano con scopo curativo o nella cosmesi (come crema, unito all’argilla, all’acqua e alle foglie di cedro) e ne facevano largo uso in cucina. L’espressione tipica “luna di miele” nasce appunto dalla particolare bevanda chiamata idromele, formata da miele, lievito e acqua, che nell’antichità veniva fatta bere agli sposi come augurio per propiziare l’arrivo di un figlio maschio. Ho conosciuto Giulio Iacovanelli anni fa nelle fiere agroalimentari organizzate dalla Camera di Commercio di Pescara ed ora, nella sua azienda agricola “L’ape e l’arnia” ad Altino (CH), cerco di fargli svelare tutti i segreti di un mestiere che si perde nella notte dei tempi. PAG 45 / SPECIALE GIALLO / C COME NON SOLO MIELE


Per produrre un chilo di miele occorrono circa 3 milioni fiori. In un alveare dimorano, nel periodo di fioritura, circa 100.000 api.

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La produzione di miele è legata alla fioritura e quindi risente delle stagioni floreali, così che in febbraio/marzo abbiamo il miele al mandorlo e al rosmarino, tra marzo ed aprile quello al ciliegio, tra aprile e maggio all’arancio, a maggio la sulla e la lupinella, a giugno il girasole, a luglio/ agosto la melata ed a settembre /ottobre all’edera. Durante il periodo di fermo si fa “riproduzione di nuovi sciami”, cioè di nuove famiglie di api, poiché durante la stagione della fioritura c’è una notevole migrazione di api, fino all’abbandono di grossa parte dello sciame originario. «Le api “sviluppano” il miele perché prelevano il nettare dai fiori, lo incamerano nelle loro sacche ghiandolari e lo rigurgitano nel favo posto all’interno dell’arnia collocata dall’apicoltore nelle zone di produzione – spiega Giulio Iacovanelli – Al termine della fioritura, che in genera dura dalle tre alle quattro settimane, si estraggono le melaie, una sorta di telai a cornice in legno che contengono tante cellette in cera, per la loro successiva lavorazione in stabilimento». In azienda i telai vengono disopercolati attraverso la tecnica di separazione della cera, con cui sono stati ricoperti dalle api per proteggere il miele dall’umidità, dai favi, e vengono centrifugati in un apposito macchinario. Con la centrifugazione, il miele viene estratto, posto in decantazione in apposite cisterne (mediamente per circa due settimane) e “ripulito” delle impurità che affiorano grazie al diverso peso specifico del miele. Dopo la ripulitura, il prodotto viene imbarattolato, etichettato e distribuito per vendita. «La melata è l’unico miele – precisa Giulio – che non proviene dai fiori ma da una resina, la cosiddetta manna, che si deposita sulle foglie delle piante e che l’ape assimila nella sacca ghiandolare». In un alveare dimorano nel periodo di fioritura circa 100.000 api, numero che scende a circa 10.000 nei periodi di non produzione. Il 95% è composto da api operaie, il rimanente 5 % da fuchi. Per produrre un Kg di miele occorrono circa 3 milioni fiori. Ma quali sono i prodotti delle api ? Ovviamente il miele, estratto dal nettare dei fiori, ma anche il polline, la pappa reale e la propoli. Il miele è formato quasi esclusivamente da zuccheri

e detiene un’alta concentrazione di fruttosio. Tra le sostanze dolci, è l’unico che deve tutte le sue caratteristiche alla natura (piante e api) poiché non subisce alcuna manipolazione da parte dell’uomo. Il suo grande vantaggio è poter fornire all’organismo calorie prontamente disponibili e non dannose: ecco perché può essere consumato in tranquillità da persone sane e meno sane, ma soprattutto dagli atleti. Fa bene al cervello e al sistema nervoso, essendo in grado di “controllare” e aiutare l’efficienza mentale. Nelle persone anziane, inappetenti o malate, le proprietà del miele diventano molto più preziose: quando un malato non è in grado di nutrirsi a sufficienza, una piccola quantità di miele sciolto in un po’ d’acqua può restituire energia prontamente. Per questi motivi, il miele è adatto a tutti, tranne per le persone che hanno problemi di diabete o che vogliono intraprendere una dieta ipocalorica. Il suo apporto energetico è di circa 320 Kcal per 100 grammi di prodotto. L’utilizzo di miele produce effetti benefici per la cura della tosse, come antibiotico naturale, come antinfiammatorio, antiossidante e curativo dell’acne. Il polline è una polvere che si deposita ai piedi delle api formando delle palline che dall’uomo vengono trattenute in una cassetta di legno, facendo passare le api in una trappola a maglia lamellare. Vengono poi essiccate o congelate perché svolgono un’azione stimolante di tutte le funzioni vitali principali: correggono e regolano gli squilibri endocrini. Quando gli stati di stress e affaticamento psicofisico, a cui andiamo soggetti, esauriscono tutte le nostre energie, provocando astenia, calo della libido, ansia e depressione, il polline è estremamente efficace per ridare energia vitalità e vigore e per risvegliare i sensi. Si presenta sottoforma di granuli morbidi e malleabili e con un profumo ed un sapore fiorito, dolce, simile al miele grezzo. La pappa reale è una miscela di miele e polline formata dalle api operaie e costituisce l’alimentazione dell’ape regina nei primi giorni di vita. È prodotta dalle api operaie e viene chiamata pappa reale perché le api nutrici la somministrano come alimento essenziale all’ape regina. Durante i primi tre giorni di vita viene anche fornita alle giovani larve che, da adulte, diventeranno operaie o fuchi.

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«L’utilizzo di diserbanti ha generato il recente fenomeno della moria delle api, perchè assimilano la brina delle foglie contaminate»

Si presenta gelatinosa con colore bianco paglierino, sapore aromatico e gusto acido; viene raccolta dagli alveari tramite la raschiatura con attrezzi non metallici o attraverso la suzione con un tubo di vetro, quindi filtrata per rimuovere le impurità e può essere consumata sia fresca che liofilizzata. È consigliata per le epatiti croniche, gli stati di immunodeficienza, i leggeri stati depressivi e di ansietà, le neuroastenie, la senescenza ed i processi arteriosclerotici. La propoli (dal latino pro polis) è una resina posta dalle api operaie a protezione dell’arnia, come un calce interna per chiudere le fessure, ed è raccolta dalle api che la prelevano dalla corteccia degli alberi. Le sue principali proprietà salutari sono relative alle funzioni anti batteriostatica e battericida, antimicotica, antivirale, anestetica locale, cicatrizzante, vaso protettiva, anticarie ed antitumorale. La legge prescrive una durata pari a cinque anni, anche se la prassi dei produttori è quella di indicare un periodo di scadenza pari a due o tre anni. Il mercato del miele è caratterizzato da un livello di concorrenza elevato ed i volumi di produzione dipendono sostanzialmente da fattori climatici, poiché la presenza di sole favorisce la fioritura. La qualità della produzione è in funzione della presenza di monofioriture sul territorio. Giulio mi dice che «in Abruzzo si contano circa 300 produttori di miele e la produzione regionale del 2012 è stata inferiore a quella del 2011 di circa il 30%, mentre il confronto tra il dato a maggio 2013 e quello al maggio 2011 registra un calo di circa il 50%. Il prezzo medio all’ingrosso del miele (dati al settembre 2012) è stato di circa 4,5 euro/ Kg, ma il prezzo puntuale dipende dalle caratteristiche floreali del miele». Il calo della produzione

è addebitabile principalmente a fattori climatici, anche se una parte non marginale di tale andamento è dipesa dalla diffusione dell’acaro varroa che attacca le api dentro la covata all’interno dell’arnia. «L’utilizzo di diserbanti nei grandi aranceti del Sud Italia e negli appezzamenti di granturco al Nord ha generato il recente fenomeno della moria delle api, poiché queste ultime assimilano la brina dalle foglie contaminate». Per risolvere il problema, il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali (MIPAF) ha vietato dall’anno 2012 l’utilizzo di neocotinoidi. Identico provvedimento è in procinto di essere emanato per l’anno 2013. «Sul piano nazionale - afferma Iacovanelli – circa un terzo del consumo di miele proviene dall’estero, con Paesi come la Cina, l’Ungheria e l’Argentina che detengono quote importanti dei flussi commerciali. Il miglior miele al mondo è però quello italiano, sia per la straordinaria multi varietà floreale, sia per le tecniche di allevamento e produzione». Oltre il 70 % del consumo di miele passa per la grande distribuzione organizzata, settore distributivo solitamente non presidiato dai piccoli produttori locali. All’interno della produzione tipica, è importante sottolineare che i nostri allevatori hanno incominciato a produrre polline, segmento detenuto fino a pochi anni fa dagli apicoltori spagnoli con una quota di mercato superiore al 95%. La forte salita di prezzo ha indotto molti produttori italiani a specializzarsi su questa fascia di prodotto. Oggi gli abruzzesi si tengono al terzo posto, con una quota del 17/18% circa sul piano della produzione nazionale dopo Emilia Romagna e Sicilia (rispettivamente al primo e al secondo posto). A livello europeo l’Italia è al secondo posto, tra la Spagna e la Francia.

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Principali tipi di miele e relative proprietà Acacia Castagno

Miele chiaro, quasi trasparente, liquido

Disintossica il fegato, disinfiamma la gola, lassativo

Millefiori

Ambrato, molto scuro, liquido trasparente Dal bianco all’ambrato, di norma cristallizza

Disinfetta vie urinarie, favorisce la circolazione, consigliato in casi di anemia

Da ambrato chiaro a scuro, cristallizzato fine

Calmante della tosse, sedativo, lievemente diuretico

Chiaro, quasi lucido, cristallizza in vari modi

Sedativo, utile per l’insonnia, ricco di vitamine e di calcio.

Tiglio Rododendro Agrumi Eucalipto

Miele chiaro e cristallizzato omogeneo

Ambrato, cristallizzato fine e compatto

Rosmarino Tarassaco

Miele bianco e cristallizzato molto fine

Girasole Melata

Giallo paglierino vivo, cristallizzato fine

Lavanda

Antinfiammatorio per la gola, tonificante

Utile per curare bronchiti, ricostituente, combatte l’artrite

Calmante della tosse, cura il raffreddore, anticatarrale e antibiotico Cura il fegato e la colite, utile in caso di affaticamento

Giallo vivo tendente al beige, cristallizzato fine

Indicato per sportivi, depura le vie urinarie e protegge il fegato

Molto scuro, quasi nero, solitamente liquido

Utile per bronchiti e faringiti, antisettico delle vie respiratorie

Chiaro e ambrato, cristallizzato molto fine

Ricalcificante delle ossa, combatte il colesterolo

Utile contro l’insonnia, digestivo, analgesico, calma le punture d’insetto

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c come formaggio

DI ANGELO TARQUINIO, ENOGASTRONOMO / FOTO_MARIO SABATINI

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Le vie del latte

sono abruzzesi Cinquemila anni fa, il pastore mesopotamico che per primo si rese conto che il latte contenuto nella sua ghirba era diventato solido non immaginò affatto che con quella scoperta avrebbe dato il via alla produzione di uno dei prodotti di gastronomia più apprezzati al mondo. Neanche il legionario romano concepì, con la fantasia, che il cacio che portava nella sua bisaccia e che lui usava, oltre che come alimento, come vera e propria barretta energetica, sarebbe stato un piccolo seme di biodiversità per le contrade d’Europa. L’Abruzzo solcato dai tratturi si presta a questa nascita e lega la sua gente a questo prodotto. Nell’Aquilano, terra di caciofiore, marcetti e canestrati nascono e dialogano con i migliori pecorini pugliesi attraverso i tratturi. L’interazione fra queste due regioni, tenuta viva dal lungo cordone ombelicale che si snoda dalle montagne abruzzesi fino al Tavoliere, dà origine al “Canestrato di Castel del Monte” prodotto nei territori di quell’area: un formaggio a latte crudo che porta in sé l’essenza dei prati e dei suoi fiori. PAG 51 / SPECIALE GIALLO / C COME FORMAGGIO


Il Marcetto ora è una semplice crema di formaggio ma fino a qualche tempo fa era prodotto, come da tradizione, lasciando campo libero alla Piophila casei, la mosca che inseriva le sue uova attraverso le spaccature della crosta. Le larve del dittero agiscono da veri agenti proteolitici e creano un formaggio cremoso e piccante che solletica, ancora adesso e in barba a tutte le leggi sanitarie, il palato di molti estimatori. A Castel del Monte viene servito con del pane fritto bagnato all’uovo da un lato su cui si può spalmare il formaggio. Un buon Montepulciano cerasuolo è il compagno ideale per quest’antica ghiottoneria: un vino strutturato in grado di gareggiare con un alimento così intenso e piccante, fresco come solo un cerasuolo riesce ad essere per contrastare l’untuosità e la succulenza del pane fritto. L’evoluzione avviata dai nostri avi non si è fermata, e a quelle classiche si aggiungono nuove tipologie. A Scanno il mitico Gregorio ha creato il “Gregoriano”, uno stracchinato a latte di pecora unico al mondo, e all’antica ricotta di stazzo ha affiancato la ricotta scorza nera e quella affumicata al ginepro. Sul lago di Campotosto l’azienda “La Mascionara” aggiunge alla vasta gamma di pecorini tipici alcuni prodotti che, senza discostarsi dalle tradizioni, le rafforzano e le danno nuovo vigore e hanno portato quest’azienda ad essere una delle ditte più premiate nei concorsi di settore. La parte aquilana e del Vastese montano a confine con il Molise riportano l’influsso di quella terra dedita alla produzione di caciocavallo e scamorze. Nell’alto Vastese, con latte ottenuto dalla mucca bruna alpina, pezzata nera e pezzata rossa, si preparano questi latticini che sono esclusivi nel panorama della caseificazione abruzzese. Le forme migliori di caciocavallo, scelte dal casaro, vengono affinate in grotte o cantine in pietra anche per due anni: in questo caso il sapore dolce che il prodotto ha in gioventù lascia il posto ad un gusto piccante e deciso. Un “fermentato” – così chiamano il Montepulciano d’Abruzzo fermentato a lungo con le bucce in quest’area – è il vino ideale per quest’unione. Proprio in quest’area si produce il “Conte di bordino” della Cantina Madonna dei Miracoli di Casalbordino: longevo, morbido e di carattere.

Le terre produttive e agricole dalla stessa area hanno creato tradizioni tutte riconducibili al latte bovino, in genere caciotte vaccine che vengono consumate fresche o incerate. Si aggiungono ricotte, formaggi primo sale e giuncate: questi latticini freschi si abbinano in modo armonioso con il mosto cotto dell’azienda agrobiologica Centofanti di Giuliano Teatino. Con gli stessi, possono stare bene una delicata marmellata di pere o di mele brindate con un vino cotto non troppo vecchio. Bisogna arrivare in territorio vestino nei paesi di Farindola, Penne, Montebello di Bertona, Villa Celiera per ritrovare un formaggio audace e da affinamento. Il pecorino di Farindola è prodotto con il caglio fatto in casa ottenuto con lo stomaco del maiale. Questo formaggio, a latte crudo e di animali all’alpeggio, è una vera ricercatezza per gli appassionati di questo nobile alimento. È caratterizzato da piccantezza e sapidità che ruzzolano e si rincorrono nei profumi delle erbe e dei fiori che gli animali hanno mangiato in montagna e che si stabilizzano nel formaggio ottenuto. La salatura è a secco e la stagionatura avviene nelle madie in legno o su apposite scaffalature con frequenti rivoltamenti. Durante la maturazione viene unto con olio extravergine di oliva e aceto. Chissà come sarebbe contento oggi Plinio il Vecchio ad avere a disposizione in quantità illimitate un caglio che dà origine a formaggi piccanti. Plinio, da grande scienziato quale era, nella sua “Naturalis historia” faceva già la differenza fra i vari cagli e attribuiva a quello ottenuto dallo stomaco della lepre quelle caratteristiche di piccantezza per ottenere un formaggio di carattere. Nell’area di produzione, il pecorino di Farindola viene consumato anche, appena incerato, fritto in pastella: un piatto che risale sicuramente alla cucina monacale sviluppatasi in quell’area nel tardo Medioevo. Se i cinquecento monaci dell’abbazia di Santa Maria di Casanova di Villa Celiera aggiungevano zucchero e acqua di rose al loro Migliaccio, che molto probabilmente è l’antenato del nostro cacio “allazzato e fritto”, a noi nessuno vieta di mangiarla con una buona gelatina di vino Montepulciano. Il pecorino di Farindola, nella sua forma più stagionata, di temperamento ne ha da vendere, e se poi viene affinato in cantina in un contenitore di

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terracotta, lesinando l’aria, dà origine a un prodotto che racconta storie antiche e ci mette in comunicazione con i nostri avi. Questo altezzoso formaggio, nella sua forma più stagionata e nobile, pretende per accompagnarsi un vino orgoglioso, intenso, nobile e morbido che gli faccia da cuscino nel suo viaggio. Un Montepulciano docg delle colline teramane “Zoe 2005” dell’azienda agricola biologica Vaddinelli di Atri può assolvere in modo nobile un compito così delicato. Nel Teramano troviamo il Pecorino di Atri che, in deroga alla tradizione abruzzese dei pecorini a latte crudo, ha una pasta semi-cotta. Questo processo gli conferisce un garbatissimo sapore di nocciole e burro che viene accentuato con la stagionatura che, in casi estremi, può raggiungere i due anni. Anche in questo caso, in abbinamento non trovo di meglio che un Montepulciano d’Abruzzo colline teramane, come un Farnese docg 2008. Nelle forme estreme, quando l’eccessiva maturazione l’ha resto piuttosto asciutto, una gelatina di birra la riporta all’antica masticabilità e solubilità senza alterarne eccessivamente il sapore. Sebbene poca evoluta, l’arte casearia legata al latte di

capra ci regala a Tocco Casauria un’autentica nicchia di pregevolezza. L’azienda “La Gatta” produce caprini che danno lustro all’intera regione: forme che superano i venti chilogrammi, prodotte con stagionature di oltre due anni che affinano questo formaggio a tal punto da non farci rimpiangere il nostro gusto legato al pecorino, con il vantaggio di un contenuto in grasso pari alla metà. Una birra artigianale Almond “Grand cru” o “Blanche de Valerie” può essere la compagnia giusta per un prodotto così audace e lontano dai nostri gusti abituali. A Casalincontrada il mio amico Alessandro ha perso il lavoro ed è tornato alla sua antica passione di allevatore: ha acquistato dieci capre e ha iniziato a sperimentare formaggi. Dopo solo tre mesi di prove e di verifiche, oggi produce robiole fresche e stagionate. Il panel di valutazione che ho riunito le ha definite perfette e da far invidia alle migliori robiole piemontesi. Le vie del latte e del formaggio sono infinite e percorribili per chi ha inventiva e iniziativa: possono essere, in questo periodo di crisi economica, un’alternativa valida per gente intrepida e creativa.

Perché il segreto è nel caglio di maiale di Nicola Casolani, PhD in Scienze degli Alimenti.

Il Pecorino di Farindola vanta un’antica tradizione sul nostro territorio. La sua produzione prevede l’impiego di un elemento che conferisce delle caratteristiche peculiari al prodotto: il caglio di maiale. Il latte deve essere ottenuto da ovini allevati nell’area tipica di produzione. Questi fattori, unitamente all’alimentazione animale, influenzano in maniera significativa le caratteristiche chimico-sensoriali del formaggio. Recenti studi merceologici pongono in evidenza il particolare profilo degli amminoacidi, degli acidi grassi e delle sostanze che conferiscono caratteristiche distintive al prodotto. Un’analisi effettuata da un panel di assaggiatori esperti, ha rivelato che il formaggio prodotto con caglio di maiale è meno piccante e più dolce rispetto al formaggio prodotto con caglio di vitello nelle stesse condizioni. Negli ultimi anni è nato un Consorzio di Tutela per la difesa del Pecorino di Farindola, che è inoltre incluso nell’elenco dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali (P.A.T.) predisposto dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali.

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Area olivicola peligna.

In particolare gli oli prodotti in tale areale, per lo più ottenuti da olivaggi delle varietà Rustica e Gentile dell’Aquila, si caratterizzano per avere un fruttato di media intensità, con note verdi, fresche, accompagnate da leggeri e/o medi sentori di erba e pomodoro. Le sensazioni gustative e retro olfattive presentano una leggera sensazione di amaro e una più intensa di piccante, con avvolgenti note di pomodoro ed erba. Sono degli oli ben distinguibili per questi profili sensoriali fortemente caratterizzati.

Regno incontrastato della varietà di olive “Dritta”, si produce un olio con note aromatiche di carciofo e di mandorla verde, giustamente piccante ed amaro in bocca. In questo areale spicca la produzione D.O.P. “Aprutino Pescarese” che, come prevista dal disciplinare di produzione, è ottenuta in gran parte dalla composizione varietale che vede la presenza prevalente di olive delle varietà Dritta e Leccino. Sempre ricompresa nel territorio tipico di produzione della DOP Aprutino Pescarese è anche l’olivicoltura del comune di Tocco Casauria, caratterizzata dalla presenza della varietà locale “Toccolana o Police”, pianta di particolare valore paesaggistico e dalle cui olive si estrae un olio particolarmente apprezzato per le note erbacee e sentori di pomodoro

Aree olivicole frentana e vastese.

Area olivicola teramana.

Area olivicola vestina.

Rappresenta la zona forse più famosa di produzione dell’olio extravergine regionale, annoverando al suo interno il famoso “triangolo d’oro” della olivicoltura abruzzese ovvero i comuni di Loreto Aprutino, Pianella e Moscufo.

note di mandorla fresca ed amara, tipici di olivaggi ricchi di Frantoio e Carboncella. Da queste stesse varietà nasce anche l’olio D.O.P “Pretuziano delle Colline Teramane” contraddistinto da note per lo più mandorlate, con piccante ed amaro spesso piacevolmente presenti proprio per il ricco contenuto di sostanze fenoliche apportate dalla presenza più o meno rilevante delle olive di Tortiglione.

Rappresenta la realtà olivicola più diversificata per la presenza numerosa di varietà di olivo sia strettamente locali come ad esempio la Castiglionese, la Tortiglione e la Carboncella, sia di introduzione, tra le quali le più diffuse sono le piante di Leccino, Frantoio, Moraiolo, Maurino, Pendolino. Da ciò discende anche una notevole differenziazione in termini di profumi e caratteristiche degli oli ottenuti, andando da oli leggeri e morbidi al palato con note di mandorla dolce, nel caso delle moliture di olive Leccino, fino a oli fruttati, verdi erbacei con

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Insieme, vanno a costituire circa la metà dell’intera produzione olivicola ed olearia abruzzese, riconoscendo alle varietà locali Gentile di Chieti ed Intosso, ed alle importate Leccino e Moraiolo, il primato nella costituzione dell’olivaggio dell’area. La D.O.P. di riferimento per queste aree è denominata “Colline Teatine“ con le sue due sottozone “Frentana” e “Vastese”. Nella Frentana prevale la varietà Gentile di Chieti, alla quale si accompagnano il Leccino, l’Olivastro e l’Intosso; quella Vastese è caratterizzata dal Moraiolo e dal Leccino, e da una interessante presenza della varietà locale Nebbio. Parallelamente si evincono profumi e sapori diversi negli oli, con note erbacee più presenti nella Frentana ancorché sentori di erba tagliata intensi quando prevale l’Intosso. Nella zona vastese gli oli sono più mandorlati e generalmente più morbidi in bocca.


c come olio

DI LUCIANO POLLASTRI, AGRONOMO

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E tu di che

zona sei?

L’olivicoltura è un settore importante dell’economia agricola abruzzese e condivide con la viticoltura l’interesse delle aziende volte sempre più a distinguersi per le produzioni di qualità e di tipicità. L’Abruzzo olivicolo si presenta come una scacchiera di luoghi, colori e profumi, dove l’olivo rimane testimone dell’evoluzione del tempo e della vita di quelle popolazioni che hanno fatto, di questa pianta, storia e cultura. Gli oli extravergini di oliva sono espressione di questo territorio abruzzese, e sono il frutto anche di una selezione, in parte operata dall’uomo ma anche molto frutto della natura, che ha contribuito ad affermare in ogni ambiente quelle varietà di olivo che, per caratteristiche comportamentali, sono riuscite ad adattarsi alle condizioni pedoclimatiche della zona, ottenendo migliori risultati produttivi e qualitativi. L’olivicoltura abruzzese ha mostrato, negli ultimi anni, un progressivo e costante processo di miglioramento della qualità, grazie ad un più attento controllo dei processi produttivi ed alla valorizzazione di tutte quelle varietà locali alla base di una vera e riconosciuta “tipicità”. Queste pregevoli caratteristiche organolettiche, testimoniate da numerosi studi, sono frutto soprattutto

di una base varietale caratterizzata dalla presenza di interessanti cultivar locali quali la Dritta, molto diffusa nella provincia di Pescara, la Gentile di Chieti presente nell’omonima zona, e di numerose altre varietà minori, tra le quali ci piace ricordare la Castiglionese e la Tortiglione, varietà entrambe teramane; la Toccolana, varietà indigena del comune di Tocco da Casauria; la Rustica e la Gentile dell’Aquila, tipiche varietà di olive dell’areale peligno. Proprio per la sua origine (l’oliva) e per l’essenzialità e semplicità del processo di estrazione (frantoio), l’olio è ritenuto una vera e propria spremuta di frutta che esalta le differenti caratteristiche organolettiche delle componenti monovarietali. Alla degustazione, infatti, i nostri sensi percepiranno aromi e sapori originali e distinguibili, oscillando dal fruttato erbaceo al lieve sentore di frutta matura ed accompagnandosi a positive note di amaro e di piccante, che testimoniano la presenza di una buon contenuto di quelle componenti fenoliche così importanti in sede nutrizionale e salutistica. Gli oli cosiddetti monovarietali sono ancor più distinguibili, in sede gustativa ed olfattiva, e fortemente identificabili con la loro area di provenienza.

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c come frodi alimentari DI LEONARDO E FRANCESCO SEGHETTI

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Combattere adulterazioni, sofisticazioni

e contraffazioni fraudolente

Le frodi alimentari esistono da quando esiste il commercio alimentare, e non sempre gli organi preposti al controllo e verifica della qualità degli alimenti riescono nella loro missione di tutela della sicurezza alimentare. Il consumatore può e deve difendersi da tutto questo attraverso un’attenzione maggiore al momento della spesa (leggere e capire un’etichetta è importantissimo!) e soprattutto nel consumo: in nessun posto, come da noi, l’alimento è cultura. È giusto e doveroso assaporare ogni cibo attraverso una piacevole analisi sensoriale, la quale oltre a restituirci la bellezza del mangiare aiuterà a tenerci alla larga da tutto quanto è stato appena descritto. Le frodi da sempre hanno rappresentato un tarlo per la società, e in maniera particolare al giorno d’oggi, dove la superficialità ed il conseguente bisogno di apparire hanno raggiunto un livello allarmante. Basti pensare alle frodi nel campo dell’abbigliamento, dove giornalmente sono sotto i nostri occhi copie di famose griffe. PAG 57 / SPECIALE GIALLO / C COME FRODI ALIMENTARI


Di peggio avviene nell’alimentare, dove per di più c’è di mezzo la salute del consumatore. Nel settore alimentare le frodi possono essere distinte in adulterazioni e sofisticazioni, ambedue operazioni fraudolente compiute al fine di realizzare un maggior profitto, con danno per la qualità e per il valore alimentare dei prodotti. È evidente che i due termini sono strettamente legati da un filo sottile, in quanto molto spesso si accavallano. Generalmente, per sofisticazioni si intendono quelle operazioni, consentite e non dalla legge, che hanno lo scopo di migliorare l’aspetto degli alimenti o nascondendo dei difetti o esaltando alcune caratteristiche immaginifiche della mente dell’uomo (ad esempio il succo alla mela verde, che naturalmente non è verde, così come la menta). Per adulterazioni si intendono invece le manipolazioni che modificano più o meno profondamente la composizione degli alimenti. L’adulterazione può consistere nell’impiego di mezzi destinati ad aumentare il peso o il volume degli alimenti, nella sostituzione parziale di un prodotto con un altro di minore valore commerciale, nella sottrazione di un principio alimentare venduto a parte a condizioni più vantaggiose… Esempi di adulterazioni sono l’annacquamento del latte (che porta ovviamente ad uno scadimento qualitativo del prodotto), annacquamento del vino per ottenere una maggiore quantità di prodotto, l’aggiunta di margarina al burro con forte decadimento delle note olfattive specie se il burro proviene da crema di affioramento, così come l’aggiunta di olio di semi all’olio di oliva extravergine. Tutti questi esempi hanno come obiettivo un incremento fraudolento del reale valore del prodotto, con modifiche sostanziali delle composizioni: la sottrazione della materia grassa al latte, ad esempio, permette di destinarla a produzioni di altri prodotti con maggiore valore. Le frodi, cioè le adulterazioni e le sofisticazioni, sono proibite e punite dalla legge.

Purtroppo per il consumatore, alcune operazioni tecnologiche aventi lo scopo di migliorare o conservare gli alimenti sono consentite entro limiti, stabiliti e non (in alcuni casi la legge, in riferimento alla quantità di additivi alimentari da aggiungere, si limita ad un “quanto basta”), come l’uso di additivi alimentari o l’aggiunta di altri componenti per la produzioni di alimenti funzionali. Le frodi comuni. Esempi di sofisticazioni sono l’aggiunta, non consentita, del colorante sudan III per esaltare il colore rosso del pomodoro (passata) e dei peperoncini tritati o in polvere, oppure la presenza di ITX (derivante dal colore stampato sulla confezione) nel latte per l’alimentazione dei bambini (in questo caso parliamo di sofisticazione accidentale). Nel caso dell’industria lattiero casearia, una sofisticazione importante riguarda i formaggi ottenuti con latte in polvere ricostituito (consentito in alcuni Paesi), pecorini contenenti percentuali più o meno elevate di latte vaccino o mozzarelle di bufala contenenti percentuali più o meno elevate di latte vaccino. In quest’ultimo caso, il filo è sottile e spesso si confonde con il quotidiano, dove per il normale consumatore la mozzarella è rappresentata dal “fior di latte”. Nel caso della contraffazione e frode commerciale dell’industria lattiero casearia, ricordiamo l’attribuzione della designazione di formaggio doc a formaggi comuni o la vendita di formaggi di provenienza diversa, magari estera, con la definizione di tipici o a denominazione di origine. Nel caso specifico del latte, una frode comune riguarda il tenore in grasso, che è differente rispetto al dichiarato: ad esempio nel latte intero il tenore di grasso non deve essere inferiore al 3,5%, nel latte parzialmente scremato è compreso tra l’1,5 e l’1,8%.). Possono esserci anche trattamenti di risanamento non consentiti, o denominazione di “latte fresco” ottenuto invece da latte precedentemente pastorizzato o dalla ricostituzione del latte in polvere. Nel caso del burro, le frodi più comuni riguardano il prodotto con minore contenuto di grasso

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Le frodi alimentari possono essere ulteriormente distinte in:

- Contraffazione: azione fraudolenta finalizzata a far apparire un prodotto diverso da quello che è in realtà - Frode commerciale: riportare indicazioni errate in etichetta (ad esempio la mancata segnalazione di cibi surgelati nei menù preparati, anche a livello di ristorazione quotidiana) - Frode sanitaria: nel caso in cui il prodotto sia reso nocivo (il caso del vino al metanolo che nel 1986 ha provocato oltre venti morti, oppure l’aggiunta dell’antigelo del 1991 per rendere più “morbidi e stabili” alcune tipologie di vino).

e maggiore contenuto di acqua (ad eccezione di alcuni prodotti definiti light) o peggio l’aggiunta di grassi vegetali come la margarina, di minor valore commerciale. Nel caso del miele, uno dei prodotti millenari più naturali che arriva nelle nostre case grazie al lavoro instancabile delle api (per produrre 1 kg di miele, 1000 api devono bottinare e passare 5000 fiori), le frodi più comuni sono l’aggiunta di zuccheri di altra origine, la vendita di un miele di una origine botanica diversa da quella dichiarata (un consumatore attento può riconoscere, attraverso la degustazione, la provenienza dell’essenza mellifera) o la vendita di mieli extracomunitari spacciati per mieli italiani. Parliamo infine dell’olio extravergine di oliva, che è ancora oggi uno degli alimenti più frodati, nonostante l’attento controllo degli organi competenti. Il metodo analitico per scoprire tale frode è stato messo a punto nell’ex laboratorio chimico provinciale, diretto dal prof. Antonio Montefredine e dal suo collaboratore prof. Luciano Laporta. La frode più importante degli anni Sessanta del Novecento ha riguardato l’aggiunta di oli semi (minor valore commerciale e diminuito valore alimentare); successivamente si è passati all’aggiunta di olio di oliva raffinato. Sempre dello stesso periodo è l’aggiunta di oli esterificati, di verdone o di olio di

sansa (un ruolo importante qui fu svolto dai ricercatori dell’Istituto Sperimentale per la Elaiotecnica di Città S.Angelo – Pescara). Ad oggi, le frodi più ricorrenti riguardano le miscele con oli i cui tenori analitici non sono rispondenti ai requisiti previsti dai regolamenti comunitari (olio di provenienza Argentina), l’aggiunta di oli deodorati – anche tal quali – o l’aggiunta di olio di nocciola. Un capitolo a parte meritano poi tutti quegli escamotage pubblicitari atti a confondere o mal percepire la reale qualità del prodotto. Etichette, date di scadenza, provenienza del prodotto e composizione sono tutti parametri che un consumatore deve analizzare con attenzione. Non approfondiremo il discorso puramente promozionale, dove è facile portare il caso dell’olio: a partire dal vecchio e famoso carosello televisivo “la pancia non c’è più”, tesa a sponsorizzare olio di oliva, siamo arrivati alle varie diciture “gentile al palato” o “sapore leggero”, quasi come ad indicare che sia preferibile un olio poco profumato e/o saporito. Ovviamente queste non sono frodi, anzi c’è da chiedersi se la colpa è di chi vende questi prodotti, o di chi li acquista senza un minimo di cultura alimentare.

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c come ricette

A CURA DELL’UNIONE CUOCHI ABRUZZESI

Brodetto alla silvarola del cuoco Alex Ferretti - Silvi (Te) Primo classificato XXIII “Lu Carrature d’Ore” (Associazione provinciale Cuochi di Pescara, marzo 2013)

Ingredienti per 6 persone: 4 Kg di pesce (razza, scorfano, pescatrice, sogliola, ragnolo, San Pietro, seppia, totano, polipetti, cozze, vongole, scampi, mazzancolle, panocchie), 80 g d’olio extravergine d’oliva, 1 spicchio d’aglio, sale q.b. Per la salsa: 1 kg di pomodori, 100 g d’olio extravergine d’oliva, 1 spicchio d’aglio, 1 peperone secco “ferfellone”, 1 pezzetto di peperoncino, sale q.b. Per la guarnizione: 12 fettine di pane avvolte a cannolo e tostate, 10 g di clorofilla di prezzemolo, 20 g di olio extravergine d’oliva emulsionato con il fumetto. Eviscerare e sfilettare i pesci. Sgusciare e decapitare i crostacei e pulire le seppie e i totani. Appassire in metà olio l’aglio, aggiungere le cozze lavate, lasciarle aprire, sgusciarle e conservare il liquido di cottura. Fare la stessa cosa con le vongole. Per il fumetto: in una pentola mettere le teste e le spine, lasciare rosolare, aggiungere del ghiaccio e coprire con l’acqua; salare, lasciare sobbollire fino ad ottenere un brodo ristretto e filtrare. Per la salsa: rosolare nell’olio l’aglio e le teste dei crostacei, bagnare con l’acqua delle cozze e delle vongole, lasciare evaporare, aggiungere il ferfellone, il peperoncino, il pomodoro e salare. Lasciare cuocere e passare allo chinois schiacciando bene le teste dei crostacei. Sobbollire il fumetto, mettere all’interno in sequenza a seconda della loro consistenza i filetti di pesce iniziando dalle seppie e totani e lasciare cuocere. Presentazione: Mettere nei piatti fondi la salsa di pomodoro, sistemarvi sopra i pesci e completare con le fettine di pane, un filo di emulsione di olio extravergine d’oliva e clorofilla di prezzemolo. PAG 60 / C COME RICETTE


Confetto goloso del cuoco Giuseppe Corsillo, Campobasso Primo classificato “Lu carrature d’ore” nella sessione dolci “Lu Buccunotte d’Ore”

Ingredienti per 6 persone: Per il cremoso al confetto: 500 g latte, 100 g tuorlo d’uovo, 80 g zucchero semolato, 5 g colla di pesce, 100 g di confetti di Sulmona frullati, 200 g panna fresca. Per il crumble di Solina: 40 g farina di grano tenero“00”, 40 g farina di Solina, 40 g zucchero semolato, 40 g burro, 25 g di tuorli d’uovo, 1 g buccia di limone grattugiata. Per la marmellata di arancia: 500 g di polpa di arance della Costa dei Trabocchi, 100 g zucchero semolato, 6 g pectina. Per la marmellata di arance: bollire le arance con lo zucchero fino alla consistenza di una marmellata, aggiungere la pectina e far raffreddare. Per il cremoso al confetto: reidratare la colla di pesce. Bollire il latte, montare i tuorli con lo zucchero, il latte e portare a 85°C. Amalgamare la colla di pesce strizzata, la polvere di confetto e lasciare raffreddare. Alla temperatura di 30°C aggiungere la panna semi montata. Per il crumble di Solina: miscelare le farine con la buccia di limone. Montare lo zucchero con il burro, aggiungere il tuorlo e montare ancora. Unire le farine, impastare avvolgere il panetto nella pellicola e lasciare riposare in frigorifero 1 ora. Passare la pasta in un setaccio a maglie grandi formando dei piccoli pezzi di biscotto, metterli in una teglia con carta da forno e cuocere in forno a 170° per 15’. Presentazione: Nei barattolini di vetro mettere alla base la marmellata, sopra sistemate il crumble, su di esso il cremoso e completare con del confetto frullato.

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c come news Elodia Di Giacobbe è Cuoca eccellente 2013

Il 10 aprile 2013 l’Unione Cuochi Abruzzesi ha assegnato l’annuale riconoscimento di “Cuoca Eccellente alla chef Elodia Di Giacobbe, che ha fondato il noto ristorante “Elodia” di Camarda dell’Aquila quasi 40 anni fa e tuttora lo porta avanti con i suoi figli Antonello, Nadia e Vilma Moscardi. L’occasione è stata il convegno “Gusto, Territorio e Storia” organizzato dall’Istituto alberghiero di Pescara, in cui il professore Massimo Montanari, docente di storia e cultura dell’alimentazione presso l’università di Bologna, ha tenuto un seminario sui prodotti agroalimentari europei nel Medioevo. Il Premio è stato ideato due anni fa dal presidente dell’Uca Andrea Di Felice per riconoscere il valore delle cuoche professioniste che «dirigono le cucine di prestigiosi ristoranti della regione con impegno e passione, esaltando le virtù della gastronomia abruzzese», ed è stato assegnato a Maddalena Mazzaufo del ristorante Beccaceci di Giulianova e ad Angela Di Crescenzo del ristorante Villa Maiella di Guardiagrele.

Oscar del vino per Valle Reale

Lo scorso giugno il Trebbiano della Cantina Valle Reale di Popoli è salito sul podio dell’Oscar internazionale del vino, organizzato dall’associazione Italiana sommelier all’Hilton Cavalieri di Roma. Duecento ospiti si sono ritrovati all’interno del prestigioso salone per assistere alla premiazione dei 16 Oscar del vino made in Italy. Il Trebbiano d’Abruzzo Vigna di Capestrano 2010 dell’azienda Valle Reale, a fermentazione spontanea e non filtrato si è aggiudicato l’Oscar come migliore etichetta. A ritirare il premio è stato Leonardo Pizzolo, titolare dell’azienda che già nel mese di aprile aveva ottenuto delle belle soddisfazioni vedendo premiare il Montepulciano d’Abruzzo San Calisto 2009 e lo stesso Trebbiano d’Abruzzo Vigna di Capestrano 2010 con oltre 90 punti dal giornalista Robert Parker, esperto di vini.

Il calendario stellato de Les Paillotes

Dura fino al primo settembre 2013 il calendario di cene stellate al Café Les Paillotes di Pescara. Si avvicenderanno dei veri e propri eventi che vedranno protagonisti chef stellati in workshop di cucina la mattina (max 25 persone, costo 40 euro, pranzo a buffet compreso) e a cena la sera (costo medio 90 euro + vini). Una concentrazione di stellati così, a cadenza così vicina, forse nel centro Italia non si era mai vista. Il calendario è stato allestito su da Luigi Cremona e per il mese di agosto prevede venerdì 2 Chicco Cerea, chef del ristorante Da Vittorio a Brusaporto; venerdì 9 agosto Lorenzo Cogo, giovanissimo ma già pluripremiato, dal ristorante El Coq a Marano Vicentino; venerdì 16 agosto PAG 62 / C COME NEWS

giocherà in casa Davide Pezzuto (nella foto); venerdì 23 agosto allieterà gli ospiti Salvatore Tassa, di Colline Ciociare ad Acuto; venerdì 30 Mauro Uliassi, chef dell’omonimo Uliassi Senigallia e infine, domenica 1° settembre Gran Finale con Heinz Beck e Davide Pezzuto, che prepareranno una indimenticabile cena a quattro mani. Info e prenotazioni: lidodellesirene.it.

I vincitori dell’Oscar Green

È un’agricoltura che guarda al futuro ma non dimentica il passato la protagonista dell’edizione 2013 di Oscar Green, il concorso sull’innovazione promosso da Coldiretti Giovani Impresa che, nella selezione regionale, lo scorso giugno ha premiato sei giovani imprenditori agricoli e un Comune, quello di San Giovanni Teatino, che si è distinto per la comprensione del progetto di filiera agricola italiana. Giovanni D’Alesio (nella foto), di Città Sant’Angelo, 31 anni, titolare dell’azienda agricola D’Alesio insieme al cugino Mario, ha ritirato per il secondo anno il premio per la categoria “Stile e cultura di Impresa” grazie alla singolare invenzione dell’olio extravergine spray. Pier Carmine Tilli, 27 anni, enologo, ha vinto nella categoria “Esportare il territorio” per il lavoro che sta facendo per l’azienda vitivinicola ereditata dal nonno. Melania Chiappini, 44 anni, di Pianella, titolare di un birrificio agricolo che produce birra a chilometro zero, ha vinto nella categoria “In filiera”. Massimo Aceto, 34 anni, titolare dell’agriturismo Al Regio Tratturo di Manoppello, ha puntato su un baby


agri-park ed è stato premiato per la categoria “Non solo agricoltura”. Roberto Travaglini, 26 anni, di Casoli, è il vincitore della categoria rivolta alle aziende con meno di due anni di attività per la categoria “Ideando”. Rosita Lorenzetti, 24 anni, di L’Aquila, è stata premiata per avere creduto per prima in Abruzzo al concetto di Bottega di Campagna amica, che lei stessa ha aperto a L’Aquila con grande soddisfazioni.

“Di che gusto sei”, i premiati del gelato

Sono state oltre 20.000 le presenze registrate alla prima edizione di “Di che gusto sei”, il Festival del gelato e pasticceria d’Abruzzo che si è svolto al porto turistico di Pescara dal 31 maggio al 2 giugno 2013. Sono state coinvolte oltre 100 aziende, tra cui le gelaterie dalle quattro province d’Abruzzo, grandi aziende del mercato dolciario, tipicità abruzzesi e brand di spessore. La manifestazione si è conclusa con alcuni premi: una giuria di esperti ha premiato come miglior gusto il bocconotto di Castelfrentano de La Bocconotteria di Castelfrentano (Ch), assegnando il secondo posto al cioccolato fondente puro 70% con arancia e cannella della gelateria Dolce Bio di Pescara e il terzo al nocciola di Gelatobar 900 di Marina di Montenero di Bisaccia (Cb). Il premio Pino Scaringella per il gusto creativo è andato all’amaretto d’Abruzzo della gelateria Golini di Vittorito (AQ). La giuria popolare ha decretato vincitrice la gelateria “Pasticceria Napoletana” di Francavilla al mare (Ch) (nella foto) con il gusto “Terra Sicula”; sul

podio il croccante all’amarena della gelateria “A modo mio” di Cappelle sul Tavo (PE) e il celebre gusto Franca della gelateria “Franca” di Santa Teresa di Spoltore (PE)

Il “Ridolfi” vince “Bacco e Minerva”

Lo scorso maggio l’Istituto Tecnico Agrario “Cosimo Ridolfi” di Scerni (Ch) ha ottenuto il primo premio nella categoria dei vini rossi con il “Montepulciano” doc e nella categoria dei vini bianchi igt con il “Pecorino”, al XII concorso enologico “Bacco e Minerva”, al quale hanno partecipato le scuole agrarie di tutta Italia. Il Cerasuolo doc e l’Aglianico igt, inoltre, hanno ricevuto ciascuno il terzo premio al concorso bandito dal MIUR che si è svolto a Marsala. Il “Ridolfi” di Scerni, diretto da Silvana Marcucci, possiede una cantina annessa dal 1985 ed ha impiantato una vasta gamma varietale di vitigni. In base al regolamento, l’Itagr “Ridolfi” vincitore, organizzerà l’edizione 2014 del concorso.

Guida ai ristoranti d’Abruzzo

Dal 25 luglio 2013 è nelle edicole abruzzesi e romane la prima edizione della guida ai ristoranti d’Abruzzo edita da La Repubblica. La guida censisce ristoranti, prodotti, gastronomie e anche stazioni sciistiche, dando PAG 63 / C COME NEWS

un quadro generale del territorio, ed è stata presentata presso l’ex Cofa in collaborazione con la Camera di Commercio di Pescara, alla presenza del vicepresidente vicario CCIAA Carmine Salce e con l’intervento del presidente del consiglio regionale Nazario Pagano, il Governatore Gianni Chiodi e il sindaco di Pescara Luigi Albore Mascia. Sono stati tanti i ristoratori e i produttori che da ogni provincia hanno tenuto ad essere presenti, nonostante fosse orario di servizio. Alla stesura della guida hanno contribuito dall’Abruzzo i giornalisti pescaresi Monica Di Fabio e Francesca Piccioli, il teramano Gennaro Della Monica e, da Roma, l’aquilano Marco Ciaffone.

Nuovo marchio per Casal Thaulero

Casal Thaulero e l’Università Europea del Design di Montesilvano hanno collaborato insieme per definire il restyling della Cantina, fondata nel 1961 in provincia di Teramo e prima in regione ad imbottigliare vini a Denominazione di Origine Controllata. Casal Thaulero ha devoluto una cifra pari a 3.000 euro all’Istituto, che è stata distribuita anche sotto forma di premi ai ragazzi più meritevoli tra gli allievi del terzo anno del corso di grafica che, insieme alla docente coordinatrice Federica Femminella, hanno lavorato per l’intero anno accademico sulla case history di Casal Thaulero proponendo nuove idee di marchio, di corporate e di etichette. L’idea vincente è stata quella di Rino Leonio, marsicano di 23 anni, che ha addolcito l’immagine del casale presente nel logo da rinnovare.


c come controeditoriale

DI ANGELO CICHELLI, ORDINARIO DI MERCEOLOGIA UNIVERSITÀ D’ANNUNZIO

Doc, dop, igt: quale appeal? Nell’ultimo trentennio l’Abruzzo ha lavorato molto per tutelare le sue tipicità nella produzione agroalimentare con la ratifica di doc, dop e igt come risposta alla globalizzazione. All’indiscussa qualità tecnica, però, ricordiamoci che deve corrispondere un’effettiva capacità gestionale e di marketing, che si traduca in numeri significativi, elementi da traino e di richiamo per l’intera filiera. Nel 2013 contiamo, solo nei vini, 8 igt (Colli Aprutini, Colli del Sangro, Colline Frentane, Colline Pescaresi, Colline Teatine, del Vastese/Histonium, Terre Aquilane / Terre de L’Aquila, Terre di Chieti) e 9 dop, distinte a loro volta in 1 docg (Montepulciano d’Abruzzo Colline teramane) e 8 doc (Abruzzo, Cerasuolo d’Abruzzo, Controguerra, Montepulciano d’Abruzzo, Ortona, Trebbiano d’Abruzzo, Terre Tollesi / Tullum, e Villamagna). La polverizzazione di un elemento di forza può dare concretamente un valore aggiunto? Su una produzione totale abruzzese di circa 4 milioni di hl di vino all’anno, la percentuale di vino “marcato” non arriva al 30%, e il restante viene commercializzato allo stato sfuso indifferenziato. Anche il Trentino Alto Adige presenta 8 dop nel settore enologico, sia pure con quantità inferiori: ma queste corrispondono, si badi bene, all’80% della

produzione. Di 200mila quintali di olio extravergine di oliva che ogni anno vengono prodotti in regione, inoltre, solo 5-6mila sono di dop, divisi inoltre fra tre Consorzi di tutela (Aprutino pescarese, Pretuziano Colline teramane e Colline teatine). Solo il 2,7% della produzione regionale è dop Aprutino Pescarese, e solo il 2,2% Colline Teatine. Quale forza può rappresentare? L’unica, vera risposta alla globalizzazione, è far raggiungere a tutte le nostre produzioni tipiche certificate almeno il 50- 60% della produzione regionale. Alcune realtà imprenditoriali private stanno fortunatamente entrando in questa logica di specificità territoriale e stanno investendo sulla riconoscibilità del marchio Abruzzo. Superato ormai il pericolo contraffazione e sofisticazione che in parte ci condizionarono a tutelarci diversi anni fa, avendo affermato una tipicità selettiva di qualità in molte filiere, siamo probabilmente pronti per fare massa critica con le nostre dop per estendere la produzione certificata a segmenti più vasti di territorio. Anche i produttori si esporrebbero di più, nonostante le incertezze attuali, se rafforzassimo la nostra presenza sul mercato e ne perfezionassimo la comunicazione.

«All’indiscussa qualità tecnica deve corrispondere un’effettiva capacità gestionale e di marketing, che si traduca in numeri significativi ed elementi da traino. L’unica, vera risposta alla globalizzazione, è far raggiungere alle nostre dop almeno il 50, il 60% della produzione regionale.»




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