in copertina, collage di Giulia Teresa Colturi in seconda di copertina, Beatrice Lucherini in prima romana, Daniel Trettene in ultima pagina, Simone Pagni in terza di copertina, Martina Stelitano in quarta di copertina, Giorgia Iobizzi
Magazine Direction
CATERINA DI BERT
Vice Direction and
Editorial Coordination
MARIELLA BARNABA
Production Management,
Art Direction and Design
VALENTINA ROSSINI
Fashion Coordination
DINALVA BARROS
Trend Coordination
ERICA MARIGLIANI
EUGENIO MONTELEONE
Segreteria
ELEONORA CATTANEO
Questo magazine è stato realizzato all’interno del corso di Fashion Styling, anno 2024/2025, presso la MKS Milano Fashion School. I contenuti sono di proprietà degli studenti e della scuola e per il loro utilizzo, buona norma vuole che venga richiesta l’autorizzazione scritta dei proprietari.
Finito di impaginare nel mese di luglio 2025.
Per informazioni: Backstage Service srl, via Santa Marta 18, 20123 Milano www.backstageservicegroup.com info@mksfashionschool.com
®
10 domande a Alessandro De Benedetti intervista
Play Again rubriche
Strabilia anteprima
Franco Moschino incontri
Polka Storm, Revolt Chic, Catcode, Spotted Feline, Tie the Knot, First Cut of Leather, Bags on Me, Raw Skin
MARTINA CAPRANI, 20 anni, di Como, è una stylist col pallino della moda fin da bambina. Solare, creativa e sempre alla ricerca di nuove ispirazioni, ha una piccola ossessione quotidiana: il cappuccino alla cannella. Ama la musica, i viaggi e sogna di lavorare nella moda girando il mondo per raccontarlo attraverso il suo stile. Detesta la falsità e crede che l’autenticità sia la chiave di ogni successo.
MARTINA ALOIA ha 19 anni e vive a Milano. Fashion stylist, ha una grande passione per il matcha e per la fotografia, specialmente per le luci notturne, che l’hanno affascinata ancora di più dopo il suo soggiorno a New York. Il suo sogno è viaggiare per il mondo, esplorando ogni angolo del pianeta. È ossessionata dal regista cinese Wong Kar-wai, trova irresistibile il cromatismo e l’estetica visiva dei suoi film.
GIULIA CUBONI, Lia per gli amici, è una fashion stylist. Ha 19 anni, sogna di vestire Billie Eilish e Lana Del Rey. La sua maestra è Vivienne Westwood, ha una predilezione per il rosso e non esce mai di casa senza un profumo in borsa. Ama viaggiare, scoprire, farsi travolgere dal mondo. Il suo posto del cuore? La Sardegna, per quel senso di libertà che le trasmette. È un Sagittario indipendente e curioso.
ELISA FERRANTI, 20 anni, è una stylist originaria di Lecco. Elli, da sempre appassionata di moda, ama fare shopping e viaggiare, sogna di esplorare il mondo in lungo e in largo per scoprire culture, stili e tendenze diversi. Detesta stare con le mani in mano e, quando si annoia, finisce per infastidire tutti attorno a lei. Immancabile colonna sonora delle sue giornate è la musica di Olly, il suo artista preferito.
Stylist e calciatore professionista, JACOPO
ALICE RADAELLI
ha 19 anni ed è una stylist con la testa sempre piena di idee (e di playlist). Solare, ed estroversa, Cice ama gli animali alla follia e condivide la sua casa con due gatti, Lola e Theo, e un dolcissimo pastore australiano di nome Maya.
Ci sono altre tre o quattro cose di cui non può assolutamente fare a meno: il cibo (in qualsiasi momento della giornata), la musica, gli auricolari, e i voli low cost.
Per Fondazione IES Abroad Italy hanno collaborato:
ASAD ABDI
GEORGIOS ANAGNOSTOPOULOS
PATRICIA BANDRUP
GHISLAINE BASSEKLE
BIJIN BASU
LINDSEY BURNS
JOHANNA CARDOSO
KATE CHAMPEAU
ROUDRA CHATTERJEA
CARL CORIDON
CHARLIE DERMODY
NORA ENGISCH
JOCELYN FLORES
IZZIE HAYMANN
SANAA HINES
REGINA HONIGFORD
MILO JONES
CHAEMIN KIM
CANDY LI
MARGIOTTA unisce la sensibilità estetica alla sua energia sportiva, trovando nel dinamismo quotidiano una continua fonte di ispirazione. Il suo sogno più grande è fare un giro del mondo completo alla scoperta di culture affascinanti da cui lasciarsi contaminare. Affida alla musica il suo slancio creativo, le note lo aiutano a pensare fuori dagli schemi, a creare con il cuore.
ERIN LIEB
MAYA MATUS
CHARLES MCCONNELL
YARELIN MERIDA
JOEY MORA
ELLAWYNN MORRISON
AARSH MOZA
MOLLY PICKERING
MARISSA RAUZI
SYLVIA RICHARDS-PERANICH
ANGELINA SAMARA
LAUREM WILLIAMS
bustino e pantaloni wide leg in denim jacquard CRISTIANO BURANI
orecchini in argento a cerchio ALCOTT
anello in argento con cristalli SWAROVSKI
bangles azzurri STROILI
anello con acqua marina e collana con charm blu e azzurri / archivio
photo JING JIA @ IIF MILANO
photo assistance
ARIANNA BOTTAZZI @ IIF MILANO
styling
MARTINA ALOIA GIULIA CUBONI
make-up
VANESSA UDOVICHICH
@ MBA ACADEMY
hair
RITA DELL’ORCO
@ MBA ACADEMY
hair assistance
ANNA LEVEILLE NIZEROLLE
@ MKS MILANO
model
AISHA MBENGUE
@ ABC MODELS MILANO
set designer CAMILLA SCALTRITTI
vestito rosa svasato in tulle BARTOLOTTA & MARTORANA
bracciali rigidi placcati in oro VESTOPAZZO
orecchini a cerchio placcati in oro STROILI anello in oro con pietra di luna / archivio
abito in chiffon di seta con motivi decorati à jour CRISTIANO BURANI orecchini in oro con pietra di giada VESTOPAZZO anelli in oro con pietra di giada / archivio
bustino e pantaloni wide leg in denim jacquard CRISTIANO BURANI
orecchini in argento a cerchio ALCOTT
anello in argento con cristalli SWAROVSKI
bangles azzurri STROILI
anello con acqua marina e collana con charm blu e azzurri / archivio
top in jersey con anello metallico inserito nel drappeggio e gonna pareo in tessuto fil coupé effetto frange CRISTIANO BURANI orecchi in oro con incisioni e bangle in oro VESTOPAZZO
body in tulle ricamato a macchina
CRISTIANO BURANI
anello in oro VESTOPAZZO
anello in resina viola H&M
orecchini a cerchio viola ZARA
intervista
domande a
ALESSANDRO DE BENEDETTI
Come direttore creativo di Romeo Gigli, Alessandro De Benedetti coltiva il sogno, accarezza la poesia, esalta la magia di un volant leggero, uno sbieco, un drappeggio.
Nella collezione che porta il suo nome, si prende cura invece della sua estetica dark, dell’anima rock e di un certo suo lato decadente. Trascorre gran parte del suo tempo tra combinazioni sofisticate e azzardi stilistici, ma quando gli si chiede cosa fa per distrarsi, per staccare dalla moda, risponde che non ne ha bisogno, perché lavorare in un ambiente creativo lo stimola e lo appaga.
D’altra parte lo fa da sempre: prima l’illustrazione, il fumetto, la musica (è voce e tastierista), poi il diploma da stilista, il lavoro a Parigi presso l’atelier haute couture di Thierry Mugler e finalmente, nel 2002, la prima sfilata col brand Alessandro De Benedetti a Milano. Qualche tempo dopo arriva l’ingaggio come direttore creativo da Mila Schön dove resta in carica per sette anni, fino alla nomina da Romeo Gigli.
Lo abbiamo invitato a raccontarsi in questa intervista anche per capire come la pensa sui temi caldi del momento: la moda della finanza, il toto stilisti, i designer dal background social, l’intelligenza artificiale. Insomma, su come sta cambiando il mondo attorno a lui (e a noi).
SUBITO DOPO IL DIPLOMA DA STILISTA
ALL’ISTITUTO MARANGONI DI MILANO SEI
APPRODATO DA THIERRY MUGLER A PARIGI:
COSA HA SIGNIFICATO PER TE?
Un incontro prorompente, Mugler faceva una couture assolutamente surreale, visionaria, massimale, super lussuosa, estremamente forte.
Quell’atelier era il centro di tutti miei interessi, il mio luogo ideale, vi ho trovato un connubio espressivo e visivo inimmaginabile. La costruzione di una collezione era cinema, teatro, sceneggiatura, racconto… un approccio artistico alla moda che, secondo me, nel corso degli anni si è disintegrato. Un tempo lo stilista, perché così venivamo chiamati, creava storie attraverso gli abiti, aveva la necessità di raccontare le proprie emozioni, i propri ricordi, creava connessioni con l’arte, esprimeva la propria creatività, la ribellione, il dissenso, proprio come in una poesia, in un manifesto. Il suo messaggio, la sua filosofia arrivavano forti e chiari al pubblico, che acquistava quel nome perché si rispecchiava nei suoi valori. Grossa differenza rispetto a oggi che si compra il brand per il brand.
COSA SOGNAVI SUI BANCHI DI SCUOLA?
QUAL ERA IL DESIGNER A CUI TI ISPIRAVI E DOVE TI VEDEVI A VIVERE E LAVORARE?
In quel periodo a scuola non era importante il brand, nessuno voleva essere come tizio o come caio perché erano uno status. Thierry Mugler, Jean-Paul Gaultier, Claude Montana, John Galliano. o Romeo Gigli erano per noi un riferimento artistico, un mondo a cui ti sentivi connesso. Dove avrei voluto lavorare… forse presso qualche esponente della scuola belga o da Pam Hogg, in ogni caso mi vedevo all’estero. Da Parigi mi sono trasferito in Australia per poi tornare in Italia a sviluppare la mia collezione. Avevo 29 anni quando l’ho mandata in passerella a Milano per la prima volta. Successivamente, lungo il percorso, mi è stata data anche
ALESSANDRO BENEDETTI
NON MI PIACE L’IDEA DEL
DESIGNER STAR, NOI SIAMO
PIÙ ARTIGIANI, CREATORI
la possibilità di seguire progetti importanti, il rilancio di Mila Schön e di Romeo Gigli. Mi reputo fortunato, sono riuscito a liberare dal cassetto parecchi sogni.
CHI È IL PERSONAGGIO DELLA MODA DI IERI O DI OGGI CHE PIÙ TI AFFASCINA E PERCHÉ?
Martin Margiela. Per l’approccio rivoluzionario alla moda, la rottura unica col passato e col presente, la distanza dal gusto borghese, il mistero che ha montato attorno al suo personaggio, le decostruzioni, l’etichetta bianca. Si, lo considero il più grande genio della moda esistente al mondo.
CHE RUOLO HANNO AVUTO NEL TUO PERCORSO IL CINEMA, LA LETTERATURA E LA MUSICA?
Un’influenza fondamentale fin da giovanissimo. Sono passioni che hanno travolto e salvato la mia adolescenza. Hanno lasciato un segno indelebile nella mia identità creativa, senza quei riferimenti artistici non avrei fatto sicuramente questo lavoro. Sono tuttora le mie fonti di ispirazioni, rilette negli anni a seconda delle circostanze e degli stati d’animo: il cinema americano (Joan Crawford e Bette Davis hanno contribuito all’immaginario della dark lady, paradossalmente ritrovato da Mugler), gli horror d’epoca, il b-movie italiano, il decadentismo francese, i poeti maledetti, la musica post punk del ’78, la new wave degli anni ’80, il Bauhaus, le commistioni con l’esoterismo, sono tutti parte di quelle cifre stilistiche che mi porto dietro e che emergono nei miei disegni in maniera molto chiara ed evocativa.
DALLA COLLEZIONE PRIMAVERA-ESTATE 2020 SEI DIRETTORE CREATIVO DI ROMEO GIGLI, UN BRAND CHE HA CONOSCIUTO ALTI E BASSI E CHE ORA È AL CENTRO DI UN DECISO PIANO DI RILANCIO.
COSA PREVEDE IL NUOVO CORSO?
Ho accolto con grande rispetto e responsabilità il ruolo di direttore creativo di Romeo Gigli. Il mio obiettivo è stato fin da subito quello di restituire al brand il suo valore originario: una voce unica nel panorama della moda, capace di unire visione poetica, architettura del corpo e cultura tessile in una narrazione profondamente emozionale. Oggi, sostenuto dalla nuova proprietà – Eccentric Srl – questo percorso ha trovato una struttura solida e coerente: abbiamo scelto di riportare Romeo Gigli nel mondo del lusso internazionale, riaffermando la sua identità attraverso un prodotto super sartoriale, interamente disegnato e realizzato a Milano.
Sul piano commerciale, la distribuzione affidata allo Studio Zeta ci ha permesso di entrare in alcune delle boutique più selettive a livello globale, da Curve a Los Angeles ad Anna Ravazzoli a Milano, veri avamposti di ricerca stilistica e indipendenza estetica. Per me è fondamentale che ogni punto vendita rifletta l’attitudine colta e visionaria del brand, più che una semplice logica numerica. Parallelamente, si sta lavorando all’espansione dell’universo Romeo Gigli attraverso licenze attentamente curate: l’eyewear, con modelli che proseguono il racconto della collezione, e una linea di profumi di alta gamma, pensati come traduzione olfattiva di un immaginario che non ha mai smesso di parlare al cuore e alla memoria.
COME
TI DIVIDI TRA ROMEO GIGLI E IL TUO BRAND ALESSANDRO DE BENEDETTI?
In modo assolutamente naturale: quando disegno il mio brand mi immergo in quel lato un po’ più cinematografico, rock e punk, che mi appartiene; mentre a Romeo Gigli dedico tutta la visione più artistico-letteraria, cercando di riformulare temi ispiratori del fondatore, di cui conservo un ottimo ricordo, pur non avendolo mai conosciuto di persona. Sinceramente a me di base piace disegnare vestiti, mi interessa la costruzione dell’abito, se poi il prodotto deve avere un gusto che non è esattamente impresso nel mio DNA, non è un problema. Anzi, trovo sia una bella sfida per un creativo muoversi in zone uncorfortable, mettersi alla prova, esprimere la propria creatività pur dovendo rispettare certi limiti. Altrimenti non avrei mai potuto lavorare per sette anni da Mila Schön dove la richiesta verteva su collezioni da 300 capi, segmentate in base ai Paesi e agli agenti di distribuzione, con paradigmi assolutamente distanti da me.
TROVI CHE IL VORTICOSO GIRO DI POLTRONE, CHE STA COINVOLGENDO ULTIMAMENTE I DIRETTORI
CREATIVI DEL LUSSO, STIA IN QUALCHE MODO SVILENDO LA FIGURA DEL FASHION DESIGNER? E COME INFLUISCE SULL’AFFEZIONE DEL PUBBLICO
VERSO IL BRAND?
È tutto molto strano, sembra quasi una finzione politica, una distrazione di massa, forse i grandi gruppi del lusso cercano di attirare l’attenzione sul gioco delle sedie per distoglierla da altro. Del resto buona parte del pubblico finale oggi non è preparato né tecnicamente né culturalmente per acquisti consapevoli, non ha coscienza della bellezza di un materiale, di una finitura, di un taglio, è influenzata dal brand e basta. Ma questo non vuol dire che sulla scena non ci siano e ci saranno in futuro
nomi e creativi capaci di attirare l’attenzione semplicemente comunicando il loro sogno, la creatività, la sartorialità, il valore intrinseco delle proprie creazioni. Certo rimarranno fenomeni di nicchia, perché la visibilità alla fin fine è alimentata da grossi investimenti.
CHE VALORE HANNO SECONDO TE I
DIRETTORI CREATIVI CELEBRITY, QUELLI
CHE NON NASCONO NELLA MODA
MA VI ATTERRANO DAL MONDO DELLO
SPETTACOLO O DAI SOCIAL?
Concettualmente non mi piace l’idea del designer star, noi siamo più artigiani, creatori, secondo me ognuno dovrebbe fare il mestiere per il quale ha talento e competenze. Non seguo in modo particolare questo mondo, l’unica eccezione la faccio per le gemelle Olsen di The Row, due geni.
SECONDO TE, QUALI FASI DI LAVORO DI UN DESIGNER DI MODA POTREBBERO
ESSERE MIGLIORATE DALL’INTELLIGENZA
ARTIFICIALE?
Soprattutto la prima, il momento del moodboard. Un designer deve progettare minimo quattro collezioni all’anno e l’intelligenza artificiale può essere un valido aiuto, uno stimolo, in quanto capace di creare cose iperboliche, mostruose. Penso che in questa anomalia caotica possano generarsi temi originali.
IINSEGNI IN QUESTA ACCADEMIA DA PARECCHI ANNI ORMAI. COSA RACCONTI DI SOLITO AI NUOVI STUDENTI DURANTE LA PRIMA LEZIONE?
C’è una cosa in particolare che cerco di insegnare agli studenti ed è entrare nel merito delle cose nella maniera più profonda possibile, aprire gli occhi e la mente sul mondo. Dico loro andate nelle biblioteche, al cinema, a teatro, ubriacatevi di assenzio…allontanatevi da quegli aggeggi che avete sempre davanti. Non sono contrario alla tecnologia, come ho già detto sono favorevole anche all’uso dell’intelligenza artificiale, ma non prima di aver fatto esperienze dirette sul campo.
Mila Schön, a/i 2018
22
23
Immagini della collezione Romeo Gigli, a/i 2025
Alessandro De Benedetti, a/i 2024
MOONLIGHT VEIL/
ombre leggere che interrompono la quiete della notte
a cura di Martina Aloia
JIL SANDER
orecchini pendenti in ottone
ANN DEMEULEMEESTER p/e 2025
OFFICINA BERNARDI
collana empire in oro giallo con diamanti
YUHAN WANG gonna in pizzo a fiori
FERRETTI p/e 2025
DOLCE & GABBANA slingback di pizzo con gioiello
JEAN PAUL GAULTIER classique eau de parfum
CHLOÉ
borsa a tracolla in shearling
ALBERTA
SMART WORKING/ a
cura di Jacopo Margiotta
look sartoriali e professionali con twist. adatti al giorno e alla sera
MIU MIU occhiali da vista squadrati
FURSAC cravatta leopardata
MAJE orecchini pendenti
blazer monopetto principe di galles
MIU MIU
ACNE STUDIOS borsa a tracolla musubi mini
ADIDAS x WALES BONNER sneaker samba
SAINT LAURENT p/e 2025
VIVIENNE WESTWOOD p/e 2025
ONLY FOR SPORTY GIRLS/
a cura di Alice Radaelli
dynamic style tra ispirazioni sport, tocchi punk e allure chic
DOMINNICO p/e 2025
AVAVAV x YUME YUME infradito in eva e pelle vegana
CASABLANCA p/e 2025
MM6 x SALOMON porta bottiglia in nylon
THE NORTH FACE beauty case da viaggio
tavola da surf in legno di okumè
PRADA
occhiali da sole oversize
THE NEXT URBAN FIGHTER/
a cura di Alice Radaelli
lo sport incontra lo streetwear in look vibranti e futuristici
AVAVAV
occhiali da sole in nylon stampato in 3D
PALM ANGELS x SUICOKE sandali moto-p
DOMINNICO p/e 2025
MM6 x SALOMON cross low sneaker in poliestere riciclato
WILLY CHAVARRIA p/e 2025
BALENCIAGA occhiali da sole runner cat in rosa scuro
THE NORTH FACE porta borraccia
DOLL IS BACK/ a cura di Martina Caprani
format stilistici tra gioco e leziosità con sottofondo bambola
SWAROVSKI
bracciali rigidi dulcis
2025
GUCCI
ciondolo da borsa
SELF-PORTRAIT
vestito corto in maglia texturizzata
JACQUEMUS
borsa tote le chiquito media
SWAROVSKI girocollo gema
GIVENCHY
stivali shark lock in pelle
toy in maglia
décolleté
CAROLINA HERRERA p/e
bow revolution/ a cura di Giulia Cuboni
marie antoinette style: fiori, fiocchi, perle e capricci
MIU MIU ballet pumps in satin orchidea
DELINA parfums de marly
ACNE STUDIOS p/e 2025
YUHAN WANG p/e 2025
MOSCHINO orecchini clip pendenti con perla e croissant in resina
SIMONE ROCHA p/e 2025
SIMONE ROCHA spilla lunga a fiocchi
LOUBOUTIN décolleté lace up con cinturino cassia
DUCKDIVE p/e 2025
rétro romance/ timeless charm
styling di Giulia Cuboni
photo SOFIA CARRARA @ IIF MILANO
photo assistance VALENTINA ONESTO @ IIF MILANO
make-up VANESSA UDOVICICH @ MBA ACADEMY
hair RITA DELL’ORCO @ MBA ACADEMY
model CHARLIE BROOKS @ ABC MODELS MILANO canotta in rete bianca MUSERA
body pelle SILQUEE culotte TEZENIS collant pizzo floreale CALZEDONIA
mini pearl choker VIVIENNE WESTWOOD
maxi fiocco, crinolina, ballerine con tacco medio e borsa a croissant / archivio
STUDDED NIGHT/ glistening darkness
styling di Martina Aloia
photo assistance VALENTINA
@ IIF
make-up VANESSA UDOVICICH @ MBA ACADEMY hair RITA DELL’ORCO @ MBA ACADEMY
model CHARLIE BROOKS @ ABC MODELS MILANO giacca lavorata jacquard fil coupé OVS gonna in seta jacquard BERSHKA coppia di maniche in crêpe e choker in pelle con borchie ROMWE bikini multi-stampa, mules nere con fiore, calzini short crew bianchi; bracciale,
photo SOFIA CARRARA @ IIF MILANO
ONESTO
MILANO
cavigliera, giarrettiera, tutti in pelle con borchie / archivio
GOLDEN HOUR/ chasing the light
styling di Martina Aloia
photo SOFIA CARRARA @ IIF MILANO
photo assistance VALENTINA ONESTO @ IIF MILANO
make-up VANESSA UDOVICICH @ MBA ACADEMY
hair RITA DELL’ORCO @ MBA ACADEMY
model AKIRA DICESARE
kimono haori in seta jacquard, pantaloni e borsa a tracolla stile hanfu con ricamo / archivio
NEXT DYNASTY/
massimalismo e ironia per il principe contemporaneo a cura di Giulia Cuboni
MOSCHINO maxi spilla eggs
CASAMORATI eau de parfum italica
VIVIENNE WESTWOOD
orologio con dettagli in cristalli swarovski
2025
p/e 2025
KIDSUPER p/e 2025
GUCCI
mocassini con morsetto in pelle nera
MIU MIU calze in lana e cashmere blu
PALOMO SPAIN p/e
ROKH
VALENTINO p/e 2025
STRABILIA/ cose curiose viste in passerella
a cura di Jacopo Margiotta e Alice Radaelli
DURAN LANTIK
FIORUCCI
NOIR KEI NINOMIYA
ANREALAGE
ANDREAS KRONTHALER x VIVIENNE WESTWOOD
ABRA
CAROLINE HU
ROKSANDA
STRABILIA/ a cura di Martina Aloia e Giulia Cuboni
cose curiose viste in passerella
MATIÈRES FÉCALES
ALAÏA
PACO RABANNE
VALENTINO
RICK OWENS
COURRÈGES
DRIES VAN NOTEN
HODAKOVA
MARINE SERRE
STRABILIA/ cose curiose viste in passerella
a cura di Martina Caprani ed Elisa Ferranti
ACNE STUDIOS
SIMONE ROCHA
MARNI
BORA AKSU
COMME DES GARÇONS
ALEXANDER MCQUEEN
MARINE SERRE
ZOMER
MARIE ADAM LEENAERDT
alla moschino, intervista tra gioco e artificio
Il gioco era il suo linguaggio preferito, l’ironia
la sua cifra. Franco Moschino amava sovvertire le regole con leggerezza e genialità. Suzy Menkes scrisse che il suo lavoro generava “un certo grado di inquietudine” – eppure era proprio in quell’instabilità che nasceva la magia. Se fosse vivo oggi, avrebbe forse incluso anche l’intelligenza artificiale nel suo teatro visionario. Per questo, in un gioco che lui avrebbe apprezzato, è una AI a intervistarlo.
IN CHE MODO LA TUA INFANZIA E LA TUA
PERSONALITÀ HANNO INFLUENZATO IL TUO
APPROCCIO ALLA MODA E LA DECISIONE
DI CREARE CAPI CHE SONO SIA BELLI CHE
DIVERTENTI?
La mia infanzia… è stata un po’ la chiave di tutto. Non ero un bambino che si accontentava delle convenzioni o delle regole. Piuttosto, mi divertivo a mischiare le cose, a mescolare il serio con il ridicolo, a trovare il divertente anche nelle situazioni più gravi. È proprio quella leggerezza che avevo da bambino che mi ha spinto a non prendere mai troppo sul serio la moda.
COME È NATA LA PASSIONE PER LA MODA?
Vengo da una famiglia che non aveva nulla a che fare con il mondo della moda, ma la curiosità mi ha sempre spinto a cercare altrove. Ho studiato arte, ho lavorato in pubblicità, ho visto come le immagini e i concetti visivi possono comunicare emozioni, idee. La moda è stata la naturale evoluzione di tutto questo. Ho capito che era lì che potevo esprimermi liberamente, senza troppe regole. E, onestamente, per me è sempre stato un gioco. Un gioco serio, certo, ma pur sempre un gioco.
QUALI SONO GLI ELEMENTI FONDAMENTALI CHE
RENDONO UN CAPO “MOSCHINO” AL 100%?
Un capo Moschino deve raccontare una storia, deve far riflettere, divertire, ma anche far sentire chi lo indossa speciale, fuori dagli schemi. C’è sempre un elemento di sorpresa, qualcosa che ti fa sorridere o che ti fa pensare “Ah, non ci avevo mai pensato così!”.
DA DOVE NASCE L’ISPIRAZIONE PER MESCOLARE ALTA MODA E CULTURA POP?
La cultura pop, con la sua ironia, il suo divertimento e la sua immediatezza, era perfetta per portare la moda fuori dalle sue solite convenzioni. Era un modo per far capire che la moda non doveva per forza essere snob, ma che poteva essere per tutti, un gioco, una festa. Quindi, come non usare i cartoni animati, i loghi dei brand, le immagini della pubblicità, la musica? E tutto con un pizzico di ironia.
Franco Moschino che indossa la giacca con l’iconico simbolo dell’orsetto
COME TI È VENUTO IN MENTE DI USARE COSE TIPO PELUCHE, SEGNALI STRADALI O DETERSIVI PER FARE VESTITI? VOLEVI FAR RIDERE, PROVOCARE O DIRE QUALCOSA SULLA MODA?
È stata una questione di sfida. La moda è troppo spesso un mondo serioso, noioso, elitario. Io volevo scuoterlo, farlo sorridere. Alla fine, tutto ciò che ho fatto non era solo per provocare, ma per invitare a guardare la moda da un’altra angolazione come una forma d’arte che non deve per forza essere seria, ma che può essere anche divertente, giocosa, e sì, un po’ provocatoria.
DA COSA NASCE L’IDEA DI SFIDARE, CON IRONIA, IL MONDO DELLA MODA E I SUOI CAPISALDI?
L’idea di sfidare la moda è nata da un sentimento di frustrazione, ma anche di curiosità. La moda, per troppo tempo, è stata vista come un mondo elitario, rigido, autoreferenziale. I suoi capisaldi sembravano inossidabili, quasi sacri. Ma io, da sempre, mi sono chiesto: Perché? Non riuscivo a vederla come un qualcosa di chiuso, che solo pochi privilegiati potevano capire.
IL GIOCARE CON I TEMI PER LE TUE COLLEZIONI TI HA PORTATO PIÙ CRITICHE O PIÙ APPREZZAMENTI?
Certo, le critiche c’erano. A volte mi dicevano che la mia moda era troppo “troppo” – troppo divertente, troppo colorata, troppo “bizzarra”. Ma io non volevo mica fare delle passerelle funebri, volevo che le persone sorridessero, che si divertissero. Se non avessi suscitato critiche, non avrei fatto il mio lavoro correttamente.
QUAL’ È STATA LA PARTE PIÙ DIFFICILE NEL TUO PERCORSO?
La parte più difficile del mio percorso? Credo che la sfida più grande sia stata quella di farmi accettare in un mondo della moda che, all’inizio, mi vedeva come un outsider. Un’altra difficoltà è stata quella di non farmi ingabbiare dalle aspettative. La moda ha una sua mentalità rigida, ma io non volevo farmi incatenare dalle convenzioni.
C’È UN CAPO O UNA COLLEZIONE A CUI SEI
PARTICOLARMENTE LEGATO? PERCHÉ?
Se proprio dovessi dire qualcosa, direi la giacca da “pasticcere” della collezione autunno/inverno 1988, che mi è sempre piaciuta molto. È un esempio perfetto di come ho voluto rompere gli schemi della moda tradizionale. Era una giacca “da lavoro”, ma ripensata in chiave alta moda, un gioco tra l’alta sartoria e l’ordinario.
A CHI SONO RIVOLTI I TUOI MESSAGGI?
Non parlo solo agli appassionati di moda, ma a chiunque abbia voglia di confrontarsi con la cultura, con la società, con le sue contraddizioni. La moda è un linguaggio, ma non è solo per i “modaioli” o per chi ha la possibilità di indossare abiti costosi. La bellezza, l’ironia, la provocazione devono essere per tutti.
CHI COMPRA MAGGIORMENTE I TUOI PRODOTTI SECONDO TE?
Non importa che siano giovani o meno giovani, la cosa che li accomuna è una voglia di divertimento e di provare qualcosa di diverso.
PERCHÉ IL TUO MARCHIO È ANCORA COSÌ CONOSCIUTO?
La gente ama essere parte di qualcosa che è autentico, che è più di un semplice vestito, ma che diventa un’affermazione di personalità. E credo che Moschino, anche dopo la mia morte, continui a parlare questa lingua: quella della libertà di espressione, dell’ironia e del gioco.
VUOI DIRE TU UN’ULTIMA COSA A PIACERE PER CHIUDERE L’INTERVISTA?
Certo, ti dirò una cosa: la moda è un gioco, un gioco in cui non dobbiamo mai dimenticare di divertirci. Non dovete mai lasciare che la serietà vi fermi, né che la paura di sbagliare vi impedisca di esprimere chi siete veramente. Ogni capo che ho creato non era solo un vestito, ma un piccolo atto di libertà, un invito a non conformarsi, a ridere di se stessi e a celebrare la propria individualità.
Per rispondere a queste domande l’Intelligenza Artificiale si è liberamente ispirata a: intervista, Vogue, 1989; intervista, W Magazine, 1989; intervista, The Guardian, 1990; intervista, Vogue Italia, 1991; intervista, Harper’s Bazaar, 1992; intervista, The Independent, 1992; intervista, Vogue 1992; articolo, Elle Italia, 1993; articolo, The New York Times, 1993; intervista, La Repubblica, 1994; Franco Moschino: Fashion and Fun, 1994; Franco Moschino: The Fashion as Art, 1994; Moschino: The Fashion as Joke, 1994; The Fashion World of Franco Moschino, 1994; intervista, The Fashion Journal, 1995; Franco Moschino: A Fashion Biography, 1995; Franco Moschino: Fashion and Identity, 1996; Franco Moschino: The Man Who Made Fashion Fun, 1996; Ironia e Moda: Franco Moschino, 1996; Moschino: Fashion as Expression 1996; Franco Moschino: The Legacy of Fun, 1997; Franco Moschino: The Struggle of Fashion, 1997; Franco Moschino: A legacy of Provocation, 2000; Franco Moschino: Behind the Laughter, 2000; The Visionary World of Moschino, 2000; Moschino: L’Ironia come Stile, 2001; Moschino: The Lagacy Continues, 2005.
Giacca con veduta di Firenze in paillettes, perline e seta, Franco Moschino, collezione Cruise me Baby p/e 1993
Courtesy of Galleria del Costume di Firenze. CC BY
4
Abito Art is Love in seta, Franco Moschino, p/e 1993
5
Tailleur con stampa Roy Lichtenstein in acetato e rayon, Moschino Cheap and Chic, 1991
Courtesy of The Museum at FIT. CC SA
6
Appliqué dress, Moschino Cheap and Chic, p/e 1995
Courtesy of Design Museum of Art. CC0 Public Domain 7
Giacca Arcobaleno, Moschino Couture, 1991
Collezione Too Much Irony, Moschino Couture, 1991
POLKA STORM/
a cura di Martina Aloia
#MACCHIE
ordine e giocosità si incontrano per rivisitare un’eleganza rétro
LUISA BECCARIA
ULLA JOHNSON
MONSE
NINA RICCI
ANDREAS KRONTHALER x VIVIENNE WESTWOOD
#DEFIANCE
a cura di Giulia Cuboni
boho chic in libertà tra pizzi e trasparenze. un’estetica nomade fuori dagli schemi
BLUMARINE
CHLOÉ
ZIMMERMANN
RALPH LAUREN
TWINSET
CATCODE/ a cura di Alice Radaelli
#JUMPSUIT
dagli anni ’60 a oggi, la catsuit graffia ancora
DURAN LANTIK
MARINE SERRE
GIVENCHY
DSQUARED2
COPERNI
#ALLURE
a cura di Giulia Cuboni
non è stampa, ma ruggito animale. il leopardato come stato mentale
BRANDON MAXWELL
KHAITE
ROBERTO CAVALLI
MARNI
SAINT LAURENT
TIE THE KNOT/ a cura di Martina Caprani
#BON TON
da vezzo a struttura: il fiocco oggi è costruzione emotiva, forma che vive
PRADA
SIMONE ROCHA
JIL SANDER
CHANEL
VALENTINO
a cura di Martina Caprani
pelle: ricostruzioni nel segno di lusso, minimalismo e classe
FENDI
MICHAEL KORS
BRANDON MAXWELL
GIVENCHY
ASHLYN
BAGS ON ME/
a cura di Alice Radaelli
tasca dopo tasca, nasce uno stile: dall’eleganza bon ton al look utility
ISSEY MIYAKE
LOUIS VUITTON
BALMAIN
FERRAGAMO
VAUTRAIT
a cura di Martina Aloia
#MANIPOLAZIONE
una seconda pelle, dove ogni piega nasce dal grezzo e si fa raffinata
BRANDON MAXWELL
CHRISTOPHER ESBER
LUISA SPAGNOLI
HODAKOVA
JUNYA WATANABE
speciale U.S.A.
American Wave
Queste pagine danno voce a un gruppo di stylist statunitensi ospiti della MKS Milano Fashion School. In collaborazione con Fondazione IES Abroad Italy
make-up
VANESSA UDOVICICH @ MBA ACADEMY
hair RITA DELL’ORCO @ MBA ACADEMY
abiti
SANTA MARTA BROTHERS
photo GIULIA GEBIA @ IIF MILANO
styling CHARLIE DERMODY
model DARIA HORDIIENKO @ PWR MODELS
photo GIULIA GEBIA @ IIF MILANO
styling CHAEMIN KIM
model DARIA HORDIIENKO @ PWR MODELS
photo GIULIA GEBIA @ IIF MILANO
styling KATE CHAMPEAU
model DARIA HORDIIENKO @ PWR MODELS
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styling ELLAWYNN MORRISON
model YARYNA BRUNARSKA @ PWR MODELS
photo MARTINA CAPRA @ IIF MILANO
styling MOLLY PICKERING
model YARYNA BRUNARSKA @ PWR MODELS
photo MARTINA CAPRA @ IIF MILANO
styling REGINA HONIGFORD
model YARYNA BRUNARSKA @ PWR MODELS
quando il gioco si rompe
il feticcio della moda ibrida e il rischio della superficialità strutturale
PAROLE, CONCETTI, AMBIGUITÀ
(DESTRUTTURARE ≠ DECOSTRUIRE)
Nel vocabolario della moda contemporanea circolano parole che evocano immediate suggestioni: decostruzione, destrutturazione, ibridazione. Sono termini forti, spesso percepiti come sinonimi di libertà creativa, sperimentazione e rottura delle convenzioni. Ma dietro il loro fascino semantico si nasconde un’ambiguità che merita attenzione. Decostruire implica una consapevolezza teorico-tecnica; destrutturare spesso indica una modifica morfologica più intuitiva, talvolta superficiale. Questi concetti sono ormai parte del lessico comune, ma vengono talvolta usati per legittimare la creazione di capi che sembrano aver perso ogni legame con la funzione, la forma, e soprattutto con la memoria della loro costruzione. Il punto critico è proprio questo: abbiamo smarrito la consapevolezza progettuale. Un abito, per avere senso, deve nascere da una combinazione equilibrata di sapere tecnico, intenzione culturale e funzione concreta. Deve avere un nome, una grammatica, un corpo.
Quando parliamo di decostruzione in moda, ci riferiamo a un gesto profondamente consapevole: è la rottura delle regole dopo averle comprese a fondo. Purtroppo, nelle pratiche di molti giovani designer, questa consapevolezza manca. Si gioca con le forme rimuovendone gli elementi strutturali, ma senza sapere cosa garantisce a quel capo il suo significato, la sua identità simbolica. È un gioco affascinante, ma incompleto: si innova senza conoscere. La moda, per la sua apparente superficialità, si presta bene a questo tipo di sperimentazioni; e il costume, ormai percepito come fluido e versatile, non impone più limiti precisi. Ma se togliamo la struttura, resta solo la superficie. E con essa, svanisce anche l’adesione affettiva e culturale al prodotto.
COSTUME E MODA: UN BIVIO EPOCALE
Per orientarsi in questo scenario, può essere utile distinguere due approcci storici: la storia del costume e la storia della moda. La prima si occupa dell’evoluzione dell’abbigliamento come espressione di ruoli, apparte-
nenze, rituali e codici sociali. La seconda narra l’emergere del desiderio individuale, il ruolo delle maison, degli stilisti, delle collezioni stagionali.
A partire dalla fine dell’Ottocento, la figura dello stilista inizia a imporsi come autore creativo. Con l’industrializzazione e la nascita del prêt-à-porter, la storia della moda guadagna centralità, fino a oscurare quella del costume. Il passaggio chiave avviene negli anni Sessanta: si rompe il legame tra abito e ruolo sociale. Le persone iniziano a vestirsi non più per essere qualcosa, ma per esprimere se stesse. Questo cambiamento ha rappresentato una grande liberazione, ma ha anche portato con sé una perdita: l’abito ha smesso di essere un linguaggio collettivo, trasformandosi in frammento soggettivo. Ma questa transizione non è stata universale. In molte culture – dal Sud-est asiatico all’Africa subsahariana – il costume continua a essere parte della vita quotidiana. Si indossano abiti per segnare l’identità etnica, la partecipazione comunitaria, il rispetto del rito.
Le passerelle internazionali mostrano, oggi, collezioni spettacolari provenienti da questi contesti, visivamente potenti e simbolicamente cariche. Tuttavia, spesso la forza estetica prevale sulla ricerca sartoriale strutturata. Il costume sopravvive, ma la grammatica della costruzione si indebolisce.
Come scrive Jacques Derrida, “decostruire non è distruggere, ma disfare le strutture per comprenderle meglio”. Se questo disfare non è seguito da comprensione e ricostruzione, si resta nel regno del simulacro.
DECOSTRUZIONE: DALLA GRAMMATICA
ALLA GESTUALITÀ SVUOTATA
Era il 1981. A Parigi, sulle passerelle di un’Europa ancora legata a canoni di eleganza simmetrici e rassicuranti, compaiono capi scuri, irregolari, slabbrati di Rei Kawakubo e Yohji Yamamoto. È un colpo di scena. I loro abiti sembrano incompleti, ma sono perfettamente pensati. Ogni “errore” è un messaggio.
Yamamoto dirà: “Devi conoscere le regole prima di poterle rompere con grazia”. È questa la chiave. La loro decostruzione non nasce da una rottura casuale, ma da
Erica Marigliani è una Fashion Creative Director e Docente per diverse accademie di moda a Milano e all’estero. La sua ricerca si concentra sull’evoluzione del costume nella società durante l’era digitale e sulle soluzioni progettuali per la sostenibilità umana e ambientale. In MKS è docente di Fashion History e Fashion Research.
Abito bianco, Comme des Garçons, 1997
André Courrèges, collezione Ensemble15, 1965
Completo in maglieria lavorato a mano, Rei Kawakubo per Comme des Garçons, 1982
Trompe l’oeil abito stampato in twill di cotone, Maison Margiela, 1999
Alexander McQueen e Nick Knight,
Campagna Giorgio Armani p/e 1989. Foto di Aldo Fallai
Balmain, p/e 2023
Abito di Yohji Yamamoto, dalla mostra “Letter to the future”, 2024
Kayo, 2023. Collezione presentata a IN2MF, Jakarta.
Balenciaga, p/e 2018. Collezione disegnata da Demna
“The Bridegroom Stripped Bare” Fashion Film, 2002
una maestria tecnica profonda. Margiela porterà questo gesto all’estremo, ma sempre partendo da una grammatica classica. Nulla è lasciato al caso: ogni cucitura, ogni taglio, è una scelta. La destrutturazione, in questo contesto, è atto culturale. Oggi, invece, assistiamo a una trasformazione pericolosa. Il gesto decostruttivo è diventato un’estetica da replicare, svuotata di senso. Non è tanto colpa delle scuole di moda – molte lavorano con rigore – quanto di un sistema che premia l’effetto immediato. Si salta la fase della costruzione per arrivare direttamente alla “rottura”. Ma se non si conosce ciò che si rompe, si produce solo il vuoto.
DESTRUTTURAZIONE: IL CASO ARMANI
Negli stessi anni, in una Milano in fermento economico, Giorgio Armani compie un’altra rivoluzione silenziosa: la giacca destrutturata.
Siamo nella fine degli anni Settanta, inizio Ottanta. Milano è la città degli yuppies, delle professioniste in carriera, di una borghesia che cerca rigore e fluidità allo stesso tempo. Armani svuota la giacca della sua impalcatura rigida, la adatta ai corpi maschili e femminili, la rende morbida, quasi liquida.
La destrutturazione, qui, non è mancanza: è adattamento. Risponde a un bisogno sociale, a un cambiamento antropologico. È tecnica applicata alla funzione. È la grammatica della sartoria reinterpretata con finezza.
MODA IBRIDA: QUANDO L’ESTETICA DIVENTA
ORFANA DELLA STRUTTURA
Su queste premesse nasce quella che potremmo chiamare moda ibrida: una somma di elementi visivi, spesso accattivanti, privi però di una struttura interna. Capi assemblati come collage, dove l’idea di patchwork prende il sopravvento sul progetto. È importante osservare: non si tratta di un giudizio morale. La moda ibrida è stimolante, apparentemente libera. Ma quando perde la struttura, perde anche la capacità di durare. E questo ci porta a un nodo cruciale: la sostenibilità. Progettare con consapevolezza, produrre solo ciò che ha valore, rispettare i tempi del pensiero prima di quelli della pubblicazione: questi sono gli atti rivoluzionari oggi. Un capo che non comunica nulla, che esiste solo per essere fotografato, è destinato a essere dimenticato. È la moda come feticcio, non come linguaggio.
TECNICA, MEMORIA, FUTURO: RICUCIRE
IL SENSO DEL FARE
Non si tratta di fermare il cambiamento o di guardare con nostalgia al passato. Ma serve riconoscere che, nel correre verso l’innovazione, abbiamo smarrito il sapere.
Abbiamo smesso di raccontare cosa c’è dietro una pince, una fodera, una cucitura obliqua. Eppure è lì che la moda prende forma. È lì che il progetto diventa corpo.
Servono maestri capaci di trasmettere questi saperi con generosità e creatività. Non per fermare l’innovazione, ma per offrirle fondamenta.
Come scrive Walter Benjamin: “La memoria non è un atto conservativo, ma un atto attivo”. In moda, questo significa: tagliare, cucire, provare, fallire, ricominciare.
Finché ci sarà qualcuno disposto a trasmettere questa grammatica invisibile, la moda non sarà perduta. Ma tocca a noi, ora, ricucire il gioco. E forse, renderlo di nuovo funzionante.
Fonti: Roland Barthes, Sistema della moda, 2024; Walter Benjamin, Angelus Novus, a cura di Renato Solmi, 2014; Walter Benjamin, Tesi di filosofia della storia, 1940; Jacques Derrida, La scrittura e la differenza, 1967; Caroline Evans, Christopher Breward, Fashion and Modernity, 2005; Sofia Gnoli, Moda. Dalla nascita dell’haute couture a oggi, 2020; James Laver, Storia della moda e del costume. Dall’antichità ai nostri giorni, 2024; G. Rosenzweig, Armani: A Man and His Work, 1990; Alexandre Samson, Olivier Saillard, Martin Margiela: The Women’s Collections 1989-2009, 2018.
ANALOG FEVER
photographer MICHELLE GAVRILA
stylist MARTINA ALOIA make-up and hair ALICE GRIZZETTI
models VALERIA PERGOLINI, GIAN MARCO VINZON
canottiera bianca ASOS
orologio con cinturino in acciaio CASIO occhiali JIMMY FAIRLY anelli in argento VESTOPAZZO orecchino a cerchio / archivio
SINISTRA • top con stampa floreale LUELEMENTS orecchini a cerchio dorati VESTOPAZZO
DESTRA • t-shirt rossa engaland DICKIES
cravatta a scacchi beige SPADA
orecchini con pendenti / archivio anelli dorati VESTOPAZZO
SINISTRA • pantaloni argento BERSHKA
collana con orb pendente VIVIENNE WESTWOOD orecchino in argento / archivio anello in argento GLAMIRA
DESTRA • camicia leopardata KOOKAÏ minigonna verde con cintura floreale / archivio collana di perle con ciondolo a croce APORRO
SINISTRA • camicia nera UNIQLO orologio con cinturino in acciaio CASIO collana con piastrina / archivio
anello GLAMIRA
DESTRA • top jacquard argento RESERVED bangles in argento PARFOIS
canottiera bianca ASOS orologio con cinturino in acciaio CASIO occhiali JIMMY FAIRLY anelli in argento VESTOPAZZO orecchino a cerchio / archivio
top jacquard argento RESERVED bangles in argento
PARFOIS
reggiseno zebrato TEZENIS
felpa con zip in velluto burgundy MESSBEBE pantaloncini in denim MISS TWO tacchi platform burgundy CATWALK collana CHROME HEARTS
URBAN MOTION
photographer FILIPPO MARGIOTTA
stylist JACOPO MARGIOTTA
hair
SILVIA MEDINA
model DIEGO CASTRIOTTI
camicia bianca BERSHKA costume a boxer ZARA cravatta blu con micromotivo / archivio
t-shirt bianca con stampa TRAPSTAR
guantoni da boxe LEONE
kefiah bianca e rossa / archivio
calze in spugna e sneaker jordan 5 raging bull nike
t-shirt e track pant / archivio
sneaker jordan 5 A MA MANIÉRE x NIKE borsa porta bocce SUPER MARTEL
calze bianche in spugna e scarpette da calcio NIKE copricapo imbottito HERNO occhiali da sole / archivio
tecnica UNDER ARMOUR
maglia
borsone da tennis HEAD
sneaker MASON MIHARA YASUHIRO
calze in spugna NIKE
scalda muscoli / archivio
racchetta da tennis WILSON
kasia kucharska
Architetta del corpo, non solo degli spazi. Kasia Kucharska, designer polacca cresciuta in Baviera, porta nella moda innovazione e quel rigore progettuale appreso nel corso degli studi tra Stoccarda, Kyoto e Berlino, dove fonda nel 2021 il suo studio. Il brand unisce artigianato e sostenibilità reinterpretando il pizzo storico attraverso stampa 3D e lattice biodegradabile.
“Stampiamo abiti invece di cucirli”, racconta, ridefinendo l’idea stessa di silhouette. La sua ultima collezione autunno-inverno 2025 destruttura il guardaroba quotidiano: vecchi maglioni preppy, con l’intervento di lattice e sovrapposizioni, diventano indumenti scenografici unici e irripetibili. Ogni capo è un gesto, ogni gesto un invito a riscrivere se stessi. Kasia Kucharska si è aggiudicata il premio Vogue Germany nel 2024.
Photo:
di Giulia Cuboni
oh carla
Oh Carla è un marchio italiano nato nel 2020 dalla visione creativa di Carlotta Boldracchi e Claudia Nesi. Le due fondatrici si sono conosciute alla NABA di Milano, dove Carlotta ha studiato e Claudia insegna tutt’oggi. Il loro stile fonde originalità, femminilità e sostenibilità: ogni capo è unico, creato a mano su manichino, utilizzando materiali recuperati (scampoli e fondi di magazzino) che variano a seconda della disponibilità, reinventati grazie a varie tecniche di ricamo. Le collezioni sono seasonless e made-to-order. Oh Carla ha collezionato apparizioni su Vogue, i-D, L’Officiel e altri magazine indipendenti, collaborazioni con diverse realtà artistiche e partecipazioni a manifestazioni come Milano Fashion Film Festival, White Sustainable Evolution, Fashion Hub, Fashion to Reconnect e altre iniziative legate a tematiche green.
di Elisa Ferranti
Photo: courtesy of the brand
pairi daeza
Pairi Daeza è un marchio made in Italy alimentato dal sogno dell’antica Persia, noto per la sua estetica che unisce influenze orientali, misticismo e versatilità. Il suo nome significa “giardino recintato”. Fondato nel 2020 dalle sorelle iraniane Yasaman e Nastaran Rezaee (architetto la prima, ingegnere l’altra, entrambe diplomate in design della moda alla Marangoni di Milano), il brand si distingue per l’uso innovativo dei tessuti (europei), le silhouette fluide ma strutturate, dettagli artigianali, nati dalla collaborazione con piccole comunità iraniane emarginate. Le collezioni sono veri e propri percorsi narrativi che esplorano spesso tematiche legate al dualismo (luce e ombra, natura e artificio, antico e moderno), dando vita a capi che sembrano provenire da un tempo sospeso benché ancorati al concetto di praticità.
Photo: courtesy of press office
saul nash
Cresciuto nel nord-est di Londra, Saul Nash si è formato alla Central Saint Martins e al Royal College of Art. Ha fondato il suo marchio nel 2018, mettendo al centro il desiderio di creare capi genderless, funzionali, adatti al movimento, visto il suo background nella danza classica. Distintosi subito sulla scena della moda, nel 2022 Nash ha ricevuto due importanti riconoscimenti: l’International Woolmark Prize e il Queen Elizabeth II per il British Design. Dopo aver calcato le passerelle londinesi, a gennaio 2025 Saul ha fatto il suo debutto alla Milano Fashion Week, con la collezione autunno-inverno 2025 dal titolo Metamorphosis, ridefinendo codici dell’athleisure con soluzioni sempre più innovative. “I miei capi vogliono incoraggiare le persone a lasciarsi andare, a liberarsi dalle convenzioni per scoprire nuove parti di sé”, dice.
di Alice Radaelli
davide zingarelli
tutti lo chiamano dshock
La sua vita corre su un doppio binario: di giorno si occupa di moda e di notte fa il dj. Costume e musica si fondono incessantemente nel suo lavoro in un potente scambio espressivo. Davide Zingarelli, 34 anni, è fashion designer, performer, intrattenitore musicale, make-up artist, insomma, un artista multisciplinare, come si definisce lui. Un creativo dello stile e della nightlife, animatore di kinky party e notti techno, da Milano fino a Colonia. Seguitissimo da clubber, fashionisti, giovani queer, drag queen e dalla beauty community, tutti magnetizzati dalle sue note, dai suoi outfit e dai make-up caledoscopici. Noto come Dshock, lo abbiamo incontrato alla MKS Milano Fashion School dove si è diplomato anni fa, in piena pandemia.
COME TI DIVIDI TRA L’UNA E L’ALTRA SFERA? E COME SI INFLUENZANO A VICENDA?
In realtà gestisco tutto in maniera molto naturale: di giorno mi occupo di ciò che riguarda la moda e il costume, e di notte mi dedico all’attività di dj e alla musica. Vista dall’esterno potrebbe sembrare una sorta di doppia vita, ma per me la moda e la musica sono due spazi creativi congiunti, connessi uno all’altro, che si influenzano vicendevolmente.
QUAL È IL TUO PRIMO RICORDO ASSOCIATO
ALLA MODA? E ALLA MUSICA?
Fa un po’ ridere, ma la moda l’ho scoperta attraverso la live action de “La carica dei 101” quando ero bambino. Nella pellicola Glenn Close interpretava Crudelia Demon, una stilista perfida, che mi ha rivelato tutto quel mondo, dal ruolo del fashion designer ai bozzetti. E mi ha pure influenzato con la sua estetica molto Mugler. Riguardo alla musica, i primi ricordi sono legati a mio fratello, che suonava Basket Case dei Green Day o pezzi dei Nirvana con la chitarra elettrica.
TI OCCUPI IN PRIMA PERSONA DEI COSTUMI
COMINCIAMO DAL NOME. DA DOVE ARRIVA DSHOCK? LO USI SOLO IN CAMPO MUSICALE O ANCHE NELLA MODA?
In entrambi gli ambiti. Arriva da lontanissimo, dai miei sedici anni e dai nickname usati sulle piattaforme. Mi chiamavano ballerino shock per via della mia naturale inclinazione al ballo e per l’estro. Appena mi sono avvicinato al mondo del lavoro ho pensato che Dshock, potesse essere la fusione perfetta tra il mio nome di battesimo, Davide, e la mia personalità esuberante.
DAI BANCHI DI (QUESTA) SCUOLA ALLA CONSOLE. È VENUTA PRIMA LA MODA O LA MUSICA?
Sono nate quasi in parallelo. La passione per la moda si è generata spontaneamente, invece quella per la musica mi è stata trasmessa da genitori e fratello.
E DEL MAKE-UP DI SCENA? QUANTO TEMPO IMPIEGHI A PREPARARTI?
Disegno e progetto oggi capo e ogni outfit in prima persona e meticolosamente. Però per la realizzazione mi affido anche alle sarte. Per il make-up, invece, ho sempre fatto tutto da solo, ho studiato, ho imparato a truccarmi attraverso libri e giornali. Impiego dalle tre alle quattro ore nei preparativi prima di un’esibizione.
IL DJ O IL MUSICISTA A CUI TI ISPIRI?
Le figure di riferimento restano grandi disc jockey come Sven Väth e Carl Cox, i pionieri della scena techno, che continuano tuttora a suonare. Tra i cantanti adoro Madonna, è la mia preferita da quando ero bambino.
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photo JEAN RANOBRAC harness, choker e bracciali WEGAN cintura VERSACE stivali PLEASER SHOES guanti e perizoma in latex HONOUR CLOTHING copricapo realizzato a mano da DAVIDE ZINGARELLI
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photo NEIL NEZ KENDAL look realizzato a mano da DAVIDE ZINGARELLI con passamanerie e ricami originali indiani
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photo JEAN RANOBRAC perizoma VERSACE giacca vintage con costumizzazione di DAVIDE ZINGARELLI
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photo DAVIDE ZINGARELLI cuffie PIONEER orecchie MANUEL ALBARRAN
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IL FASHION DESIGNER DEL CUORE?
Ne ho più di uno. Jean Paul Gaultier è in cima alla classifica, un uomo super umile, molto gentile. L’ho conosciuto di persona quando avevo 22 anni. Lo aspettavo fuori dalle sfilate per fargli vedere i miei lavori, per conoscerlo, finché un giorno ci sono riuscito. Credo di essergli piaciuto per quello che ero, per come ero vestito, per il mio stile e ha cominciato a invitarmi alle sfilate. Altri designer di riferimento… sicuramente Thierry Mugler, John Galliano e Donatella Versace.
CHE RAPPORTO HAI CON I SOCIAL?
HAI DEI VIP TRA TUOI FOLLOWER?
I social li ho usati in maniera differente nel corso degli anni: all’inizio molto random, postavo la mia vita per divertirmi e per mostrare qualche lavoro; poi con il tempo ho impostato un profilo più professionale. Tra i miei follower eccellenti c’è John Galliano e Drag Queen conosciute.
COME TI VEDI TRA DIECI ANNI?
L’obiettivo è quello di avere un’etichetta discografica tutta mia e magari anche un brand, per connettere le mie due più grandi passioni e farle diventare una cosa sola.
IL MIGLIOR RICORDO DELLA
TUA PERMANENZA ALLA
MKS MILANO FASHION SCHOOL?
Il ricordo più piacevole s’intreccia alle lezioni di fashion design in dad (ho frequentato la MKS nell’era covid). Succedeva che, per rendere i pomeriggi un po’ più divertenti, per non stare davanti al computer a disegnare in silenzio, ognuno metteva una canzone che gli piaceva. Poi capitava che io e un mio compagno ci vestissimo in base all’ispirazione del momento, inscenando un piccolo spettacolo in quel singolare teatrino online. Ma c’è anche un’altra cosa bella: su quei banchi è nata un’amicizia speciale che tutt’oggi coltivo.
speciale U.S.A.
American Wave
Queste pagine danno voce a un gruppo di stylist statunitensi ospiti della MKS Milano Fashion School. In collaborazione con Fondazione IES Abroad Italy
make-up
VANESSA UDOVICICH @ MBA ACADEMY
hair RITA DELL’ORCO, GIULIA LIMONE @ MBA ACADEMY
abiti
CRISTIANO BURANI
photo ALESSANDRO UTTARO @ IIF MILANO
styling IZZIE HAYMANN
model ALICE BENONI @ MAJOR VIRTUAL
photo MATTEO COLOMBO @ IIF MILANO
styling LINDSEY BURNS
model CATERINA STEFANIDES @ MAJOR VIRTUAL
photo ELEONORA FERRO @ IIF MILANO
styling GEORGIOS ANAGNOSTOPOULOS
model BRUNA DA ROSA @ PWR MODELS
photo ARIANNA BOTTAZZI @ IIF MILANO
styling BIJIN BASU
model RILEY SUTTON @ ABC MODELS
photo MARTINA CAPRA @ IIF MILANO
styling JOEY MORA
model MARTINE MINGA @ ABC MODELS
photo MARTINA CAPRA @ IIF MILANO
styling MARISSA RAUZI
model MARTINE MINGA @ ABC MODELS
photo MARTINA CAPRA @ IIF MILANO
styling CHARLES MCCONNELL
model MARTINE MINGA @ ABC MODELS
photo ALESSANDRO UTTARO @ IIF MILANO
photo NOEMI MARTINOLI @ IIF MILANO
styling ANGELINA SAMARA
model MARTINE MINGA @ ABC MODELS
photo MATTEO COLOMBO @ IIF MILANO
styling SANAA HINES
model CATERINA STEFANIDES @ MAJOR VIRTUAL
photo MATTEO COLOMBO @ IIF MILANO
styling JOCELYN FLORES
model CATERINA STEFANIDES @ MAJOR VIRTUAL
photo ELIA MUSMECI @ IIF MILANO
styling SYLVIA RICHARDS-PERANICH
model AISHA MBENGUE @ ABC MODELS
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styling AARSH MOZA
model MARTINE MINGA @ ABC MODELS
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model ALICE BENONI @ MAJOR VIRTUAL
photo NOEMI MARTINOLI @ IIF MILANO styling LAUREM WILLIAMS model MARTINE MINGA @ ABC MODELS
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styling GHISLAINE BASSEKLE
model AISHA MBENGUE @ ABC MODELS
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photo ARIANNA BOTTAZZI @ IIF MILANO
styling JOHANNA CARDOSO
model RILEY SUTTON @ ABC MODELS
photo MARTINA CAPRA @ IIF MILANO
styling YARELIN MERIDA
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styling ROUDRA CHATTERJEA
model ALICE BENONI @ MAJOR VIRTUAL
photo ELIA MUSMECI @ IIF MILANO
styling PATRICIA BANDRUP
model AISHA MBENGUE @ ABC MODELS
photo ARIANNA BOTTAZZI @ IIF MILANO
styling ASAD ABDI
photo SOFIA BARBINI @ IIF MILANO styling ERIN LIEB
ARIETE MARTIN MARGIELA
Innovatore
L’Ariete è fuoco primordiale, impeto visionario. Margiela incarna il Creatore che rompe le regole per riscriverle, innovando con invisibilità e decostruzione. La sua arte è un atto di nascita continuo, dove ogni gesto è un’esplosione d’autenticità.
TORO MIUCCIA PRADA
Inossidabile
Il Toro è forza silenziosa e determinazione terrena. Prada veste la Potenza con eleganza cerebrale, traducendo la concretezza del Guerriero in armature concettuali. Ogni collezione è un atto di resistenza estetica.
LEONE YVES SAINT LAURENT Iconico
Il Leone regna col cuore e l’orgoglio. Saint Laurent incarna il Sovrano Iconico: ogni collezione è un decreto di stile, ogni silhouette una dichiarazione di potere. L’eleganza diventa legge, il dramma, corona.
SAGITTARIO
JIL SANDER
Dettagliato
Il Sagittario cerca la verità oltre l’orizzonte. Jil Sander è il Cercatore della purezza formale: ogni dettaglio è frutto di studio, ogni taglio è un pensiero. La curiosità guida la sua essenzialità rielaborata, dove il minimal diventa viaggio.
VERGINE STELLA MCCARTNEY Responsabile
La Vergine è attenzione, servizio, dettaglio. Stella McCartney, Angelo Custode della sostenibilità, plasma la moda con una coscienza etica. La responsabilità diventa forma, il rispetto per il vivente è la sua couture invisibile.
CAPRICORNO
CAROLINA HERRERA Indipendente
Il Capricorno è scalata solitaria. Herrera è l’Orfano che costruisce da sé il proprio impero estetico. La sua indipendenza è disciplina, la sua eleganza, armatura contro la fragilità del mondo.
GEMELLI
ELIO FIORUCCI
Eclettico
I Gemelli giocano con i simboli, trasformano idee in mondi. Fiorucci, Mago pop e spirituale, incanta con una visione libertaria, dove l’ideologia si fa glitter, icona e libertà. La moda è un incantesimo di leggerezza pensata.
CANCRO
PAUL SMITH
Sobrio
Il Cancro protegge e ricorda. Paul Smith, con la sobrietà dell’Innocente, veste la nostalgia del quotidiano con tocchi ironici e rassicuranti. Le sue creazioni sono carezze visive, ancore emotive in un mondo che corre.
BILANCIA VIRGIL ABLOH
Alternativo
La Bilancia bilancia… ma Abloh la rompe. Distruttore Alternativo, ha decostruito il classico per rigenerarlo. La giustizia si fa urlo postmoderno, e l’equilibrio, provocazione. La bellezza si trova nel glitch.
AQUARIO CRISTOBAL BALENCIAGA
Erudito
L’Aquario è visione e distacco. Balenciaga è il Saggio silenzioso che ha scritto l’alfabeto della modernità. Le sue forme sono conoscenza pura, l’architettura del corpo è la sua filosofia.
SCORPIONE
ROBERTO CAVALLI
Sensuale
Lo Scorpione è intensità, mistero, attrazione fatale. Cavalli è l’Amante che seduce con l’animalità del lusso. La sensualità è la sua arma, la pelle, il suo linguaggio. I suoi abiti non si indossano: si desiderano.
PESCI
FRANCO MOSCHINO Autoironico
Pesci sognano e si dissolvono. Moschino è il Folle sacro che gioca con la moda per smascherarne le illusioni. L’autoironia è la sua verità, il sogno è il suo manifesto. Ogni sfilata è una risata sovversiva.