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Massimo MacrĂŹ violoncello Giacomo Fuga pianoforte

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LA BELLA MUSICA NEL TUO QUARTIERE

Sandro Fuga (1906-1994) Sonata n. 1 Calmo sereno Grave e sostenuto Vivace, rapsodico, con spirito Robert Schumann (1810-1856) Adagio e allegro in la bemolle maggiore op. 70 Richard Strauss (1864-1949) Sonata in fa maggiore op. 6 Allegro con brio Andante ma non troppo Finale. Allegro vivo Massimo Macrì, violoncello Giacomo Fuga, pianoforte Si ringraziano per la collaborazione

«Accompagnò egregiamente, con perizia e sicurezza, Alessandro Fuga»: così scriveva il noto critico Andrea Della Corte su «La Stampa» del 29 gennaio 1928, a commento del concerto della sera precedente, con musiche di Stradella e Vivaldi dal fondo Foà della Biblioteca Nazionale, in cui il giovane Fuga si distingueva come pianista insieme ad altri solisti del Gruppo Universitario Musicale, concerto tenuto nel mitico Teatro di Torino voluto da Riccardo Gualino.

Erano gli anni delle tumultuose novità artistiche nella Torino dei ruggenti anni Venti: sulla scena musicale si affermavano figure quali quelle del torinese Alfredo Casella, che aveva superato una fase di pianismo avanguardistico per approdare a un neoclassicismo italico, oppure di un Ghedini, le cui prove cominciavano a esprimersi con un linguaggio sintonizzato sul Novecento internazionale.

Poco tempo prima del concerto appena citato, l’appena ventenne Fuga aveva debuttato con alcune timide prove di composizione – le cronache parlano di brani pianistici e di liriche per canto e pianoforte – ma in breve avrebbe raggiunto la compiutezza della Sonata per violoncello e pianoforte nel 1936 e della Sonata per violino e pianoforte nel 1938, pubblicate da Ricordi.

Se molti dei suoi contemporanei si affannavano a mostrarsi modernisti a tutti i costi, Fuga nelle sue Sonate sembra piuttosto riallacciare i ponti con la grande tradizione strumentale del secolo precedente, l’Ottocento.

Il Calmo sereno iniziale condivide con l’architettura tipica del primo movimento di sonata accademico la struttura composta da un primo tema avvolgente seguito dal secondo tema invece appassionato: l’atmosfera che ne nasce, un clima romantico essenziale e depurato, fa pensare a uno spirito magno ottocentesco come modello, ad esempio a César Franck, soprattutto se si considera il solido sviluppo dei temi e il ritorno di loro frammenti disegnato da Fuga. Il Grave e sostenuto inizia con rintocchi alquanto misteriosi, ma poco alla volta emerge la volontà di far cantare ai due strumenti un canto caldo, che si conclude tuttavia in modo trattenuto. Il Vivace, rapsodico, con spirito finale fa ricorso alla forma classica del rondò: il ritorno del tema saltellante dà alla pagina il sapore di una quadriglia popolaresca, quasi alla maniera di altri grandi autori tardoromantici quali Brahms e il Dvorˇák “americano”.

Poco dopo, all’interno del catalogo di Fuga si sarebbe collocata la serie dei Concerti sacri per voci e orchestra; in seguito si sarebbe dedicato al teatro musicale e nel secondo dopoguerra avrebbe proseguito nella cameristica, incarnando quasi il ruolo del rappresentante della tradizione (fu direttore del Conservatorio di Torino tra 1966 e 1976), in un secolo in cui ciò significava porsi al di fuori delle correnti e tendenze creative. Ma proprio in pagine come questa Sonata ha inizio l’arco pluridecennale di Fuga: una ricerca di originalità all’interno della tradizione, con la modestia dell’artista e dell’uomo coscienzioso.

Proprio in ragione di questo intenzionale situarsi da parte di Fuga all’interno della tradizione va vista la presenza in questo concerto di pagine di maestri della letteratura musicale del passato, quasi un dialogo immaginario tra di loro.

Robert Schumann scrisse l’Adagio e allegro in la bemolle maggiore nel 1849, intitolandolo in un primo momento Romanza und Allegro e destinandolo originariamente a corno e pianoforte. Ne diede tuttavia anche versioni alternative in cui il corno è sostituito dal violoncello o dal violino. Schumann fino ad allora si era dedicato solo alla composizione per pianoforte, per tutti gli anni Trenta, oppure al rapporto tra voce e strumento (il pianoforte nei Lieder degli anni Quaranta o nelle musiche ispirate al teatro) o ancora al sinfonismo: avvicinava per le prime volte la composizione per due solisti, ma immettendo dentro questo organico la visione estetica delle sue composizioni precedenti. Nell’Adagio, che il compositore raccomanda “lentamente, con intima espressione”, i due strumenti si alternano nel condurre la melodia di una romanza amorosa, di un amore idealistico, e questo gioco di rimandi tra i due solisti crea un’atmosfera espressiva, struggente: segue l’Allegro, “rapido e ardente” (traducendo nuovamente le indicazioni del compositore), dove gli ondeggiamenti cromatici aumentano la tensione, senza però mai perdere il procedere cavalleresco tipico di Schumann.

Il diciottenne Richard Strauss, nel primo movimento (Allegro con brio) della Sonata per violoncello e pianoforte in fa maggiore op. 6 (composta nel 1882 a Monaco di Baviera e pubblicata l’anno successivo), ricorre all’architettura tipica del movimento di sonata, composto – come di consueto per tutto l’Ottocento – dalla presentazione di due temi ben contrapposti e dal prosieguo scaturito dall’interazione tra questi temi: nel caso della Sonata di Strauss il primo tema è immediatamente gagliardo, seguito da uno-due temi più poetici e dallo sviluppo di essi, che comprende addirittura un elaborato episodio fugato. Di rito la riproposta dei temi, per concludere.

Nell’Andante ma non troppo la volontà esuberante di questa giovanile Sonata si mantiene nei ranghi del lirismo del Lied tedesco, con un omaggio sottinteso al mondo di Schubert, che echeggia a tratti nella pagina.

Il Finale ricorre alla baldanzosità del ritmo puntato del primo tema del primo movimento, ma lo imposta ora su un ritmo ternario: la pagina prende

subito il colore di una tarantella che mostra poi qua e là riflessi singolarmente teutonici e quasi eroicheggianti: fa già capolino lo Strauss più noto della maturità, teso a dipingere l’eroe nei suoi poemi sinfonici. E qui il compositore da giovane ha il suo ritratto: come in un fotogramma, mentre si libera dalla scorza brillante e forse ancora un po’ salottiera della sua residua prima età.

Stefano Baldi

Massimo Macrì ha iniziato gli studi musicali presso il Conservatorio di Santa Cecilia a Roma con Giuseppe Selmi e Amedeo Baldovino seguendo poi corsi con Paul Tortelier, Daniel Shafran, André Navarra e Siegfried Palm. Premiato in vari concorsi nazionali e internazionali è stato primo violoncello all’Arena di Verona, al Teatro dell’Opera di Roma e presso le Orchestre della Rai di Roma e di Milano. Attualmente ricopre lo stesso ruolo nell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai a Torino (dalla sua fondazione nel 1994) mantenendo un’assidua frequentazione presso l’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, l’Orquestra Simfónica di Barcellona, la Symphonieorchester des Bayerischen Rundfunks di Monaco, l’Orchestra della Filarmonica della Scala, RTVE Española, Sinfonica di Tenerife, Filarmonica di Montecarlo, Opéra Bastille, sotto la direzione di importanti direttori tra cui Leonard Bernstein, Zubin Mehta, Carlo Maria Giulini, Eliahu Inbal, Wolfgang Sawallisch, Myung-Wung Chung, Giuseppe Sinopoli, Semyon Bychkov, Jeffrey Tate e James Conlon. Ha registrato per la Rai i concerti per violoncello di Boccherini, Danzi, Haydn, Ghedini, Mannino, Gulda e Bloch e inoltre, in qualità di solista, Don Chisciotte di Strauss. Ha inciso i Quintetti per archi di Mozart, Donizetti, Haydn e un cd con brani di Petrassi, Cilea, Fuga. Già docente presso il Conservatorio di Roma, è ora docente al Conservatorio di Torino. Suona un violoncello “Gaetano Antoniazzi” del 1887.

Nato nel 1962, Giacomo Fuga si è diplomato in pianoforte con lode al Conservatorio di Torino a diciassette anni studiando inoltre composizione e direzione d’orchestra. Premiato in alcuni concorsi pianistici internazionali tra cui il “Rina Salagallo” di Monza (1980), il “Viotti-Valsesia” e il “Viotti” di Vercelli (1981), ha subito intrapreso l’attività concertistica suonando in sale prestigiose quali Salle Cortot di Parigi, Stefaniensaal di Graz, Conservatorio di Ginevra, Bunka Kaikan di Tokyo, Auditorium Rai di Torino, Sala Verdi del Conservatorio di Milano, Auditorium del Foro Italico di Roma, tra le altre. Dal 1987 è componente del Trio di Torino, vincitore del primo premio al Concorso Internazionale “Viotti” di Vercelli (1990) e del secondo premio al Concorso Internazionale di musica da camera di Osaka (1993), con il quale svolge una prestigiosa attività concertistica. Nella formazione di quintetto ha vinto, nel 1995, il secondo premio al Concorso Internazionale di Musica da Camera di Trapani. La sua discografia comprende opere di Fauré, Dukas, Bizet e Sandro Fuga e con il Trio di Torino ha inciso musiche di Chopin, Brahms, Dvorˇák, Šostakovicˇ e Rachmaninov. Da alcuni anni suona in duo pianistico a 4 mani con la sorella Carlotta e collabora inoltre da tempo con le prime parti dell’OSN Rai, Alessandro Milani, Ula Ulijona e Massimo Macrì. Sono usciti recentemente due cd dove interpreta musiche cameristiche di Sandro Fuga, Petrassi e Cilea. Giacomo Fuga è docente di pianoforte principale presso il Conservatorio di Alessandria.