Questo catalogo è stato stampato nel 2022 in occasione della VII Edizione Premio Fregellae - La piccola scultura a cura di Ilaria Monti
Realizzazione editoriale a cura dell’ Associazione “minima” con il contributo del Comune di Ceprano - Frosinone (FR)
a cura di Ilaria Monti 2022 Premio promosso dal COMUNE DI CEPRANO con il contributo della REGIONE LAZIO in collaborazione con il MUSEO ARCHEOLOGICO DI FREGELLAE E L ’ASSOCIAZIONE MINIMA
a cura di Ilaria Monti
VII Edizione Premio Fregellae - La piccola Scultura
10 Dicembre 2022 - 7 Gennaio 2023
Torre Medievale di Ceprano, Frosinone
GIURIA PREMIO
Iginio De Luca Maria Claudia Farina Ilaria Monti TESTI Ilaria Monti
INTERVENTI
Ass. Cultura Anna Letizia Celani Sindaco Marco Galli Teresa Ceccacci
PROGETTO GRAFICO / COMUNICAZIONE
Anna Iaboni Luca Spatola
ORGANIZZAZIONE E ALLESTIMENTO
Pierluigi Bove
Sara Ciuffetta
Luca Grossi
“Ceprano era una fortezza ben guarnita, recinta di salde mura, di forti antemurali difesi da un fosso molto profondo, da più torri superbe ed inespugna bili, con due porte con saracinesche e ponti levatoi. Un’altra porticina similmente ferrata era in una parte segreta della rocca e riservata per il passag gio dei cittadini in caso di bisogno. Tutta la cinta era difesa da venti pezzi di artiglieria”
“Ceprano Ravvivato” di Antonio Vitagliano Relazione storica gentilmente fornita dal Comune di Ceprano
SCOPRIRE
CEPRANO
ATTRAVERSO
L’ ARTE CONTEMPORANEA
Guardare al futuro attraverso il passato è il miglior modo per non commettere errori. Pensare al domani attraverso la cultura, appro fondendo la conoscenza della storia del territorio rappresenta la strada maestra per costruire una società migliore e più umana. Questo premio vuole essere proprio questo, un’occasione di scoperta reciproca attraverso l’arte contempora nea, sia per gli artisti che per la comunità locale. Grazie al presente, infatti, si può immaginare il domani e guardare con attenzione e meraviglia al passato che ancora è in grado di rinforzare i legami e i valori del territorio attraverso la lente di un’affascinante e secolare storia.
Il Premio Fregellae è uno sguardo aperto sul mondo, e consente che una parte di quel mondo possa guardare Ceprano con curiosità e simpatia. Attraverso la piccola scultura, anche quest’anno il Premio spalanca le porte della nostra comunità ad artisti di ogni dove, alla bellezza più vicina e più lontana.
Grazie di cuore a chi ha lavorato per realizzare l'evento e, in particolare, all'Assessora Anna Letizia Celani, cuore e mente di questa manife stazione che, grazie al suo incessante impegno, è cresciuta sempre più nel corso di questi anni.
Sindaco del Comune di Ceprano Marco Galli
PREMIO FREGELLAE TRA VALORIZZAZIONE E RILANCIO
DEL TERRITORIO
Il premio Fregellae, giunto alla settima edizione, è nato con l’intento di voler promuovere ed imple mentare la conoscenza del nostro importante Museo archeologico di Fregellae Amedeo Maiuri, il MAF, anche al di fuori dei confini provinciali e regionali.
Quest’anno il premio per la piccola scultura si distingue rispetto alle precedenti edizioni perché si è cercato di consolidare il dialogo tra l’arte contemporanea e la realtà storica dell’antico insediamento di Fregellae. Gli artisti che hanno partecipato al concorso hanno avuto modo di conoscere il territorio e la collezione del museo, alcuni virtualmente grazie agli approfondimenti a disposizione su diversi canali online, altri in presenza, venendo a farci a visita. Così, anche quest’anno, grazie all’arte contemporanea Ceprano e Fregellae si arricchi scono di nuove storie e nuove testimonianze. L’attenzione di tanti artisti verso il Premio Fregel lae e le opere che si relazionano al patrimonio archeologico e alla cultura locale, ci permette di confermare con orgoglio che questa iniziativa è un’occasione per catalizzare l’interesse sulla nostra eredità storica. Il dialogo tra i resti dell’antica città di Fregellae e la piccola scultura, e l’incontro tra passato e presente, ravviva una tradizione che ci impone di portare avanti la valo rizzazione della cultura del nostro territorio. “Mettere in valore“ il patrimonio culturale della nostra città, anche attraverso il Premio Fregellae della Piccola Scultura costituisce dunque una priorità, un obiettivo dal quale non si può e non si deve prescindere, ove si voglia rilanciare la nostra
economia e riprendere la strada dello sviluppo, recuperando competitività e prestigio. È d’altra parte innegabile che una delle conseguenze della valorizzazione di una risorsa culturale è il recupe ro del valore identitario della risorsa e, sia pure indirettamente, il rafforzamento nella comunità locale del senso di appartenenza.
Assessore alla Cultura - Ceprano Anna Letizia Celani
IL
ANTICA FREGELLAE
Una sinergia di forze quella tra il Museo Archeo logico di Fregellae Amedeo Maiuri di Ceprano e gli organizzatori di questo Premio che varca la soglia della sua settima edizione. Un dialogo che, attraverso l'invito rivolto agli artisti di confrontar si con il passato artistico della gloriosa Colonia di Fregellae, ha favorito il contatto tra l'archeologia e l'arte contemporanea. Il Premio si inserisce in una riflessione sulle pratiche di valorizzazione e fruizione, sulla ricerca e la tutela del patrimonio culturale, ma soprattutto sul riconoscimento sociale dell'archeologia come disciplina utile alla collettività, attraverso la riscoperta dei tanti aspetti della vita quotidiana delle popolazioni che ci hanno preceduto. Un viaggio tra il passato e il presente, soprattutto attraverso la Coroplastica: l'arte del modellato in terracotta, una tecnica umile e popolare molto spesso vicina ai senti menti dei devoti ma che può assumere la solen nità delle grandi opere statuarie. Il Premio Fregel lae ha fornito lo spunto per l'ideazione di una mostra temporanea all'interno del Museo: Coro plasti questi sconosciuti, alla scoperta dell'artigia no THUMA tra Fregellae e il Mediterraneo. La mostra è dedicata al materiale coroplastico proveniente dalla decorazione fittile del Tempio del Foro di Fregellae. La decorazione facente parte presumibilmente del frontone templare dedicato alla Concordia è stata attribuita ad un artigiano scultore, di chiara origine non fregella na, denominato THUMA. Grazie alla mostra il visitatore potrà apprendere l'arte della lavorazio ne della terracotta e la preziosa produzione coro plastica della colonia di Fregellae. La tematica
suggerisce diversi livelli di lettura che vanno dall’apprezzamento estetico del manufatto all'esame degli aspetti legati alla vita quotidiana, al culto, alla spiritualità ma soprattutto al legame culturale e commerciale con le altre popolazioni. Polo di attrazione di artisti e artigiani provenienti da tutto il Mediterraneo, la storia di Fregellae permette di osservare le dinamiche di migrazione e i contatti interculturali protesi alle diverse tipologie di fruitori. Il reperto diventa portatore non solo di bellezza e di storia antica ma anche di un tema che oggigiorno, viste le svariate vicissi tudini politiche e sociali, acquisisce una rilevanza preponderante nella società. Si tratta di vere opere d'arte conservate fino ad ora nei depositi e che verranno svelate e raccontate dal Dott. Luca Ricci, dottorando dell’Università di Oxford, e dal direttore scientifico del Museo di Fregellae. Partendo dall'esimio lavoro di ricerca del Kaenel, si punterà l'attenzione sulla bellezza e sulla rarità dei preziosi reperti che sono il risultato di un lungo lavoro di ricerca e che ci permetterà di arricchire la visione dell'ambiente fregellano. Tra le meraviglie in mostra, in particolare ci sono: una testa di pantera, un Erote alato, una divinità fem minile e un importante frammento con incisione, da cui appunto si fa derivare il nome dell'artigiano scultore. Un invito dunque rivolto a scoprire queste preziose rarità.
Direttrice del Museo Archelogico di Fregellae Dott.ssa Teresa Ceccacci
COROPLASTICA E ARTE CONTEMPORANEA NELL’
È tanto facile disfare eppure questa specie si conserva e avanza crollando lungo i secoli Antonella Anedda, “Ruinas” in Historiae, Einaudi 2018
La VII Edizione del Premio Fregellae – la piccola scultura si distingue rispetto alle precedenti per un più solido dialogo con il Museo archeologico di Fregellae Amedeo Maiuri. Indagare a fondo la collezione del Museo, esplorare le sue teche ricche di esemplari tra scultura, ex voto anatomi ci, frammenti pavimentali e ceramica d’uso comune ci ha permesso di raccontare agli artisti la storia del territorio partendo dalle sue origini, tra frammenti e sopravvivenze. Le artiste e gli artisti, a loro volta, accogliendo l’eco di una civiltà antichissima, hanno contribuito ad arricchire e ad attualizzare la narrazione del territorio e del suo patrimonio culturale. Nella presente edizione, le opere si confrontano in maniera trasversale con l’Antica Fregellae, creando interessanti prospetti ve e nuove possibili contaminazioni tra cultura locale e archeologia, tra passato e presente. Attraverso le piccole sculture in mostra, diverse per tecniche artistiche e linguaggi espressivi, è possibile aprire nuovi immaginari intorno all’ere dità delle civiltà antiche. Le artiste e gli artisti finalisti del premio, alcuni emergenti e altri attivi da tempo nel panorama nazionale e internazio nale, hanno proposto una personale ricerca sulla
memoria personale e collettiva, sul corpo, sull’abitare e sulla storia. Quest’anno, quindici nuove opere concorrono alla costruzione di quella raccolta di immagini che il Premio intende costruire e custodire per affiancare l’impegno dei ricercatori archeologi e le azioni di tutela e valo rizzazione del patrimonio culturale con la promo zione dell’arte contemporanea Nelle opere di Alberto Timossi e Giorgia Errera la sperimentazione materica conduce a una rifles sione sulle dicotomie e i paradossi tra la civiltà antica e quella industriale e tecnologica. Il misu rarsi con il proprio passato e con la riemersione del ricordo e dello scavo interiore è forte nelle opere di Franko B ed Elisa Massimino, mentre Arianna De Nicola e Claudia di Francesco rievo cano la memoria di una preistoria e di una geolo gia fantastica, recuperando un’estetica fossile e ibrida. Le piccole dimensioni e il frammento sono il punto di partenza dell’opera di Erika Nevia Cervo, che attraverso le tessere musive affronta con ironia l’esigenza di un’educazione all’arte sin dall’infanzia, e di Valerio D’Angelo, che guarda alla minuscola vita delle cicale come una possibi le metafora del sottosuolo e del reperto archeo logico che torna in superficie. Tra le opere che si distinguono per la reinterpretazione di alcuni reperti del Museo di Fregellae, le opere di Bislacchi e Roberta Cotterli che, guardando agli ex voto anatomici rinvenuti dal Santuario di Esculapio e conservati al Museo, attivano una riflessione sul corpo come reliquia; similmente, Marcin Marciniak attraverso un esercizio formale rielabora la rosetta a sei petali di uno dei più antichi mosaici
FREGELLAE CONTEMPORANEA
pavimentali rinvenuti a Fregellae; Chistopher Domiziani, invece, parte dalle suppellettili in ceramica d’uso comune per approdare ad una riflessione sulla forma e sulla materia che resti tuisce l’oggetto vaso ad una dimensione pura mente estetica, non più funzionale. L’aspetto anatomico interessa, infine, anche le opere di Marco Emmanuele e Nicolò Cecchella, entrambe dedicate al tema dello sguardo, della possibilità di guardare oltre e guardarsi dentro anche ad occhi chiusi, della capacità di vedere le piccole cose, così come l’opera di Marina Quaranta, che infine affronta la questione del voyerismo contempo raneo e delle mutevoli riletture del passato attra verso la forma di una casa-cannocchiale. La mostra consente, dunque, di apprezzare l’etero geneità artistica e tematica delle opere proposte, e conferma anche quest’anno le possibilità espressive della scultura di piccole dimensioni, le innumerevoli suggestioni possono scaturire dall’incontro tra il panorama archeologico e l’arte contemporanea.
Ilaria Monti
ARTISTI
BISLACCHI
Cinquefrondi (RC), Italia,1995
BIOGRAFIA
Bislacchi (pseudonimo di Matteo Santacroce) vive e lavora tra Londra e Milano. La sua ricerca indaga i confini tra pittura e spazio a partire dalla tela, che da tradizionale supporto pittorico è convertita in un elemento costruttivo del dipinto. Nel tentativo di superare la bidimensionalità della pittura, le sue opere si collocano al confine tra pittura, scultura e architettura, e prevedono l’utilizzo della tela come mezzo pittorico libero nello spazio, tridimensionale. Ha esposto in diverse mostre personali e collettive in Italia e all’estero, tra cui: Show_4, Galleria Moo dproject, Napoli (2022) “Camera con Vista”, DISPLAY, Parma (2022), “Yellow Archangel Perceiving Anomalies”, General Practice, Lincoln (2021); Ha preso parte a diverse residenze artistiche, tra cui: Viafarini, Milano (2021); Art of Nature, Cepovan, Slovenia (2019); PADA Studios, Lisbona (2019); Artpiq Sum merhouse, Dusseldorf (2018). È finalista dei premi: “Art Rights Prize” (2020); “Young Talent Contemporary Purchase Prize” (2019) e “Signature Art Prize” (2018). È vincitore del Premio "The Chadwyck-Healey Prize for Painting" (2018).
CALIGAE
La caliga è la tipica calzatura utilizzata dai soldati della legione romana in età repubblicana e imperiale. L’aspetto militare e bellico è di grande rilevanza per la storia politica di Fregellae, colonia latina protagonista di molte battaglie e rivolte che, infine, l’hanno portata alla distruzione nel 125 a.C. A questo riferimento storico, Bislacchi aggiunge la rielaborazione di un ex voto anatomico raffigurante un piede, rinvenuto durante una campagna di scavi nell’area archeologica di Fregellae, e proveniente dal Santuario dedicato al Dio Esculapio, oggi conservato presso il Museo archeologico. L’ex voto in forma di piede era un oggetto di devozione particolarmente diffuso nell’area etrusco-laziale-campana, utilizzato ai fini di una richiesta di guarigione alla divinità. L’opera è dunque un tributo alle origini di Ceprano e al suo patrimonio culturale, e offre diversi piani di lettura. Rielaborando l’oggetto museale, l’artista realizza la scultura attraverso un processo ibrido che parte dalla pittura, e che è tipico della sua ricerca attuale. La tela dipinta con un colore bruno e terroso che richiama la terracotta degli ex voto è sottoposta a intrecci e torsioni da cui, tramite l’irrigidimento del tessuto, la pittura si trasforma in un oggetto scultoreo. Il colore del modello antico e il profilo della sua forma sono elementi di continuità e dialogo tra l’opera e l’ex voto, mentre la tela intrecciata intende rievocare, allo stesso tempo, i lacci dei calzari e la trama di riferi menti simbolici presenti nell’opera. L’artista crea dunque un’immagine di sintesi, rievocando la cultura antica tra vicende belliche e culti locali.
Caligae | pigmento acrilico su tela, 30 x 23 x 19 cm 2022
FRANKO B
Milano, Italia, 1960
BIOGRAFIA
Franko B vive e lavora tra Londra, dove si è trasferito a partire dal 1979, e l’Italia, dove dal 2016 è docente di scultura presso l’Accademia di Belle Arti di Torino. Artista eclettico e multidisciplinare, oltre alla produ zione scultorea la sua pratica artistica include la fotografia, la performance e l’installazione e la pittura. Al centro della sua ricerca Franko B colloca il proprio corpo, concepito come strumento e mezzo pittorico e performativo, campo di un’indagine estre ma e radicale sulla ritualità, la violenza la fragilità dell’uomo, che spesso manifestano un’esigenza di denuncia sociale e politica. È riconosciuto a livello internazionale per le sue realizzazioni artistiche, segnate da azioni spettacolari legate alla sua presen za fisica. Un esempio è l'acclamata performance I miss you tenutasi alla Tate Modern nel 2003. Ha realizzato molte mostre e performance in gallerie e istituzioni museali internazionali tra cui la Tate Modern, la South London Gallery e il PAC di Milano. Ha presentato il suo lavoro a Mosca, Ginevra, Zaga bria, Città del Messico, Milano, Amsterdam, Anversa, Copenhagen, Madrid e Vienna.
NOT ALONE WHEN I’M WITH YOU
L’opera di Franko B è parte di un più ampio nucleo di lavori in ceramica realizzati a partire dal 2017. Gran parte di questa produzione è legata al tema di un’infanzia dominata dalle difficoltà dell’essere al mondo e nel mondo trovare un proprio posto. Tutta la serie è attraversata da riferimenti biografici ed espe rienze vissute dall’artista, che ha trascorso l’infanzia in un orfanotrofio e i successivi anni presso l’Istituto della Croce Rossa. Da qui, le riflessioni sulla fragilità e la perdita, sul desiderio e la paura che ricorrono nel lavoro di Franko B. Not alone when I’m with you, dunque, si inserisce in questa ricerca come rielabora zione di un tema fondamentale per l’artista e come un’archeologia del proprio io, uno scavo interiore profondo che nella piccola scultura in ceramica trova un mezzo per esorcizzare vecchie e nuove paure. L’opera racconta, infatti, la paura infantile che l’artista aveva nei confronti dei cani, superata solo dopo tanti anni e dopo aver accolto egli stesso un cane. La vicenda autobiografica è il punto di partenza per una narrativa sull’uomo, ma soprattutto sul bisogno di amore. Come è tipico nella pratica artistica di Franko B, l’opera abbatte il confine tra arte e vita, e lo scavo nella memoria personale diventa occasione per riflettere su un’esperienza quotidiana collettiva.
Not alone when i’m with you | ceramica smaltata, 31cm x 25 cm x 11cm 2021
NICOLÒ CECCHELLA
Taranto, Italia, 1995
OCCHI
BIOGRAFIA
Nicolò Cecchella vive tra Reggio Emilia e Roma. La sua ricerca affronta le dinamiche della rappresenta zione declinandole attraverso i temi dell’identità, del corpo e della presenza umana, indagando la relazione che questa assume con l’ambiente che la circonda e coniugandola alla dimensione naturale e organica in cui si inserisce. La sua pratica artistica si esplica attraverso la scultura, fotografia, video, installazione. Tra le mostre recenti: “Una sola traccia opposta alla luce”, Cardelli e Fontana, Opificio Vaccari, a cura di Lara Conte (Sarzana, 2022); “Una stanza tutta per sé” a cura di Ilaria Mariotti e Pietro Gaglianò, Galleria Passaggi, Pisa 2022; “Trees and Leaves” a cura di Paola Stacchini Cavazza e Mario Peliti, Galleria del Cembalo, Palazzo Borghese, Roma, 2021/2022; Tra le pubblicazioni recenti ricordiamo: Jean-François Corpataux Parerga. Etudes en hommage à Victor I. Stoichita, ARS LONGA, aux éditions Droz, Genève –Paris 2021; Andrea Tinterri Nove racconti tra arte e fotografia Silvana Editoriale, 2021, MAMbo, Bologna 2022 e in Antinomie 2022; Andrea Cortellessa Nicolò Cecchella, lo sfacciato, in Antinomie, 2020 e in La Foresta.
Due occhi chiusi e due diversi punti di vista si intrecciano nell’opera di Nicolò Cecchella. Gli occhi sono calco e impronta di quelli dell’artista che consegna all’opera una traccia del proprio corpo. La scultura si compone di due elementi, o meglio due poli opposti: l’artista affianca ad un occhio il suo rovescio, la sua immagine speculare, suggerendo una polarità tra la dimensione interna ed esterna del vedere. Sulla superficie di quello sguardo rovesciato, come al di là della retina, si riflettono rapide le immagini del mondo. Cecchella si concentra sulla riflessione non soltanto come fenomeno ottico, ma soprattutto come possibile modalità dello sguardo e del pensiero, come contemplazione e scavo in profondità. L’opera dialoga con una secolare iconografia degli occhi tra immagini sacre e profane, antiche e contemporanee, dagli occhi di Santa Lucia a quelli di Giuseppe Penone, privilegiando il tema del vedere ad occhi chiusi, centrale in una più ampia ricerca nel campo dell’introspezione e della visione interiore. Se da un lato il calco evoca gli aspetti anatomici e votivi della scultura fregellana, dall’altro l’opera di Cecchella rivisita questioni fonda mentali nella storia della critica d’arte e della cultura visiva. L’artista allude ad un mondo di immagini non manifeste, che si generano e germinano non davanti ai nostri occhi, ma nel buio delle palpebre chiuse. Nella dicotomia tra l’opacità e la lucentezza della materia, tra dritto e rovescio, l’opera evidenzia il potere immaginifico del pensiero – nel senso etimo logico del termine, e cioè il potere di creare o riformu lare un’immagine anche in assenza della vista; l’opera è, infine, residuo di un mondo abitato da una quasi profetica cecità, da lampi di luce e visioni fulminee.
Occhi | fusione in ottone, 17,5 x 8 x 2,5 cm
2020/2022
ERIKA NEVIA CERVO
Napoli, Italia, 1984
BIOGRAFIA
Erika Nevia Cervo vive e lavora a Napoli dove si laurea in Storia dell’Arte. Nella sua pratica artistica utilizza materiali e medium differenti secondo le necessità espressive, realizzando singoli quadri dal sapore distopico con la fotografia e affrontando la tematica della riscoperta e rigenerazione del sé attraverso la scultura. Importante nel suo processo creativo è anche la conservazione: niente è veramente morto e, attraverso la conservazione, è idealmente pensabile creare nuove possibilità. Tra le mostre più recenti: “139x100 vol.5” a cura di Piero Chiariello, Multisala Corallo, Napoli, 2022. Nel 2021 con il progetto “Utile” è vincitrice di “Flashback è Opera Viva - Opera Viva Barriera di Milano, il Mani festo”; partecipa al progetto “Basic Necessities” a cura di SpazioY. Nel 2018 è vincitrice del concorso “#Exibartlovesverona”. Il suo lavoro è stato pubblicato su riviste tra cui Juliet Artmagazine e Exibart.
MOSAICHINI, COTTURA 4 MIN.
Prendendo spunto dalla pavimentazione musiva rinvenuta nelle domus dell’area archeologica di Fregellae, Erika Nevia Cervo crea un’opera che, con sottile ironia e con sguardo fanciullesco, solleva un tema importante quale la necessità di un’educazione alla storia dell’arte sin dall’infanzia. Le piccole tessere di mosaico posizionate in un piatto sono, come la pastina per i bambini, un nutrimento fondamentale. Attraverso lo scarto d’immaginazione che trasforma una porzione di mosaico in un piatto di pasta, l’artista dona all’elemento tradizionale e alla storia una nuova finalità pratica, ricollocando il mosaico dall’apparato decorativo del pavimento all’apparato digerente. I Mosaichini dell’artista, infatti, sono un invito ad alimentare i più piccoli con l’archeologia e, in generale, con la cultura. L’opera ha dunque una chiave di lettura pedagogica che, attraverso la metafora alimentare e l’aspetto ludico, mette in evidenza un dato che nel sistema scolastico ed educativo italiano è spesso sottovalutato, quale una ricorrente margi nalità a cui sono destinate le discipline artistiche nelle scuole, e la necessità di favorire l’acquisizione di una consapevolezza civica e culturale. In ogni tessera musiva, l’artista immagina che i bambini e le bambine possano nutrirsi del passato, di masticarlo e digerirlo per far sì che l’apprendimento della cultura e dell’arte contribuiscano a formare i cittadini del futuro.
Mosaichini, cottura 4 min. | Modellato e assemblaggio; piatto fondo in arcopal, argilla, caolino, Ø 23 cm, h 3cm 2022
ROBERTA COTTERLI
Latina, Italia, 1992
BIOGRAFIA
Roberta Cotterli dal 2018 vive e lavora a Berlino. Ha studiato alla Universidad Miguel Hernandez di Elche (Alicante, Spagna) dove ha conseguito una Laurea in Arti Plastiche. Specializzata in scultura, attraverso l’utilizzo di materiali quali lattice, cera, resine, capelli e tessuti, concentra la sua ricerca sul corpo, con un interesse particolare per la pelle e la sua memoria. Le sue sculture spesso si traducono in figure còlte in una lotta interiore contro la propria fragilità e la preca rietà, per conquistarsi una rinascita. Dal 2014 Ha esposto in diverse mostre in Italia e all’estero. Tra le mostre personali: "La terra concimata” con Arianna De Nicola, Officine Brandimarte, Ascoli-Piceno (2023); “My House is Made of Flesh”, Centro 14, Alicante, Spagna (2021). Tra le mostre collettive più recenti: "Culterim|Kaiserdamm”, Culterim Gallery, Berlino (2022), “Rabbia”, ArtFarm Pilastro XXI Edizio ne, a cura di Silvia Carapellese e Lisangela Penelope, Pilastro di Bonavigo, Verona.
CONSUELA CASTILLO’S BREASTS
L’opera è ispirata da uno dei personaggi del romanzo L’animale morente dello scrittore statunitense Philip Roth, pubblicato nel 2001, che racconta la storia di una relazione tra una studentessa, Consuela, e un ormai anziano docente, ossessionato dal seno di lei come fosse un feticcio. L’artista riformula gli spunti del racconto, che prosegue con la diagnosi di un cancro e dell’amputazione dei seni della ragazza, reinterpretando la figura di Consuela come una moderna Sant’Agata, che per la storia del suo marti rio è stata consacrata a protettrice delle donne affet te da patologie al seno. Mescolando riferimenti che spaziano dall’arte sacra all’iconografia cristiana alla letteratura, Roberta Cotterli adotta il seno della donna come simbolo e reliquia di un corpo distrutto dal dolore. L’utilizzo del lattice e della cera, materiali su cui l’artista si concentra da diversi anni, rendono la scultura simile ad un corpo ancora vivo e simulano da un lato i segni lividi e tumefatti del martirio, dall’altro il calore e la morbidezza della carne. Allo stesso tempo, l’opera si intreccia anche con la scultura pre-cristiana e in particolare si configura come una rielaborazione contemporanea di un ex voto anato mico conservato al museo di Fregellae, raffigurante due mammelle in terracotta e utilizzato con ogni probabilità dalle partorienti per chiedere fertilità e salute al Dio Esculapio.
Consuela Castillo’s breasts | lattice, acrilico e cera, 14 x 12.5 x 8 cm; 14 x13 x 8 cm 2022
VALERIO D’ANGELO
Roma, Italia, 1993
BIOGRAFIA
Valerio D’Angelo vive e lavora a Roma. Formatosi nel campo del restauro e in particolare degli interventi sull’arte decorativa e barocca, acquisisce dimesti chezza con diverse tecniche artistiche e diversi mate riali. La sua pratica artistica si esplica principalmente attraverso la scultura e l’installazione e la sperimen tazione materica; l’artista si concentra in particolare sulla dimensione del tempo, sul rapporto tra antico e contemporaneo e sulle reciproche stratificazioni, evidenti negli oggetti, nei paesaggi, nei luoghi e nelle immagini. Ha esposto in mostre collettive tra cui “Ladispolaneamente, Archeologia del futuro”, a cura di Elisa Selli, Ladispoli (2021); “Lo sguardo oltre”, a cura di Sonia Andresano, Promosso dalla Fondazione SmArt, Roma (2022), “Vacunalia, Il tempo Scortese” a cura di Niccolò Giacomazzi e Benedetta Monti, Vacone, (2022). Tra le mostre personali: “Awaiting mirabilia”, a cura di Benedetta Monti, Spazio Y, Roma (2022).
TORNERANNO
L’opera fa riferimento al ciclo vitale delle cosiddette cicale periodiche: tra gli insetti più longevi al mondo, esse trascorrono quasi tutta la vita sottoterra come ninfe sotterranee, dove si nutrono di radici finché il ritmo biologico non impone loro di salire in superficie, dopo 13 o 17 anni, a seconda della specie. Le cicale, creature riemerse dal sottosuolo come fossili viventi, troveranno sempre un mondo diverso da quello che hanno lasciato. Nella scultura di D’Angelo i nove minuscoli insetti sono posizionati su una rete metal lica, che richiama la forma di gabbia. Si evidenzia così una costante dicotomia tra l’esterno e l’interno, nel tentativo delle cicale di fuoriuscire dal proprio spazio, di risalire e migrare. Nell’opera è sottesa l’allusione ad un ciclo vitale che continuamente, ma lentamente, si rigenera in forme sempre nuove e spesso dettate dal caso. Casuale, infatti, è la forma stessa delle cicale realizzate dall’artista in gesso e resine naturali, destinate ad un processo di ossidazione che rende non pienamente controllabile l’esito della forma scultorea. Riflettendo su forme di vita e sopravviven ze sotterranee, l’artista immagina un’archeologia animale e vivente che dialoga con la storia di Fregel lae che, come le cicale, è stata in grado di rinascere più e più volte. Il titolo dell’opera fa infatti riferimento alla possibilità di una rinnovata emersione e di un ritorno alla vita dalle profonde stratigrafie del terre no, ad un reperto archeologico che torna alla luce.
Torneranno | rete metallica, 34x70x34cm; involucro ninfale di cicala, gesso alabastrino e resine naturali, 3cm 2022
ARIANNA DE NICOLA
Roma, Italia, 1986
BIOGRAFIA
Arianna De Nicola attualmente vive e lavora a Roma. Si forma presso l’Accademia di Belle Arti di Roma e la UMH - Universidad de Bellas Artes Miguel Hernánd ez de Alicante, Spagna. La sua ricerca si concentra sull’analisi del limite e la sua capacità di suscitare la volontà di superamento del confine e l’incertezza dovuta alla possibilità imminente di fallimento. L’indagine nasce dal tentativo di svelare l’istinto nonché le alternative della fisica, implicando temati che come l’instabilità e il mutamento dell’essere e della materia. Nel suo lavoro prevale il monocromati smo e l’assenza di colore evidenziando un minimali smo materico. Muovendosi principalmente tra scultura, installazioni e sperimentazioni sonore, l’indagine si focalizza sulle possibilità creative della costruzione e la trasformazione nel tempo e nello spazio. Tra le mostre più recenti: “Quel che resta del fuoco” Curva Pura, Roma. (Tripersonale con E. Bellan toni e D. Valli, a cura di Nicoletta Provenzano; 2022 “Ex Voto” Palazzo Costantino di Napoli ai Quattro Canti, Palermo, a cura di A. Guastella e R. Bilotti` Ruggi D’Aragona, 2022; “Small things matter" Fondamenta Gallery, Roma, a cura di N. Giacomazzi, D. Mannocchi, V. Schito, C. Cacace, A. Volterra (2021). Nel 2019 realizza l’installazione site-specific “Muta” negli Atelier del Museo Macro Asilo e la mostra personale “Il suono del limite” 16Civico, a cura di Maila Buglioni.
TUTTO CAMBIA
L’artista pone alla base del suo lavoro la legge della conservazione della massa, che trae origine dal postulato espresso da Lavoisier nel XVIII secolo: “Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma”. Il principio di trasformazione continua che informa la vita e la materia è una costante del lavoro di Arianna De Nicola, che nell’opera Tutto Cambia propone una forma ibrida dal sapore arcaico. La piccola scultura monocromatica sui toni del bianco è realizzata con due materiali dalle qualità profondamente diverse. Una sottile forma in ceramica smaltata, eco delle pratiche del modellato e dell’artigianato delle più antiche civiltà, è come incastonata e inglobata in un blocco di cemento grezzo. Tra i due elementi si crea non una dicotomia, ma una serrata dialettica. L’arti sta fonde diverse qualità formali, quali la lucida leggerezza della ceramica e le asperità del cemento, e insieme due diversi immaginari tra un tempo antico e contemporaneo. Le forme sconfinano le une nelle altre, dando l’idea di una metamorfosi in corso. Paradossalmente, la scultura ambisce a diventare lingua viva e suggerisce la possibilità di una lenta evoluzio ne della materia. L’estetica primordiale e l’utilizzo di un materiale simbolo del contemporaneo rendono l’opera un reperto proveniente dalle stratificazioni di un passato imprecisato, tuttavia pronto ad adattarsi e sopravvivere ai tempi futuri.
Tutto cambia | ceramica smaltata e cemento, 16 x 11 x 10 cm 2020/2021
CLAUDIA DI FRANCESCO
Roma, Italia, 1992
BIOGRAFIA
Claudia di Francesco vive e lavora a Firenze, dove nel 2018 consegue la laurea in Arti Visive e Nuovi Linguaggi Espressivi presso l’Accademia delle Belle Arti di Firenze. La sua pratica artistica spazia da lavori plastici e pittorici al digitale, attraverso la sperimentazione dei new media e dei linguaggi contempora nei. La sua ricerca si muove tra la dimensione istintuale e primordiale e una dimensione contem plativa a tratti ironica e onirica, attraverso opere concepite per essere lentamente “digerite” dallo sguardo. L’artista cerca di creare cortocircuiti visivi attraverso la mescolanza o la divergenza tra i mate riali dell’opera. Nel 2022 è stata Direttrice artistica della residenza “Ritorno alla normalità” con la Galle ria Cartavetra e Direttrice e coordinatrice del work shop “After” in collaborazione con la Galleria Cartave tra per l’Accademia delle Belle Arti di Firenze. Con Latte Project ha partecipato a TheOthersFair 2022, Padiglione 3, Torino. Tra le collettive più recenti: “Capriola”, Museo Castromediano, Lecce, a cura di Latte Project Space e Pia; Yicca 2022, New Art Space, Venezia a cura di Ass A.p.s. Moho; “Performa 24”, Zona Blu WildArtProject, TufanoStudio, TempioDaylight, Mare culturale urbanic, Milano (2022); “Che la festa cominci” Latte Project Space, Faenza, a cura di Francesca Cerfeda (2021).
LUMEN
L’opera è un assemblaggio di rocce marmoree su cui Claudia Di Francesco interviene con l’utilizzo di colori tenui e delicati ottenuti sia con pigmenti glitterati che naturali. L’artista si affida alla sperimentazione della materia e del colore per dar vita ad una piccola chimera: la forma della scultura ricorda a prima vista una concrezione rocciosa, ma anche lo strano fossile di un dinosauro in miniatura, mentre la scelta croma tica dona all’opera un aspetto fanciullesco, che evoca sogni e bizzarre fantasie. In particolare, l’opera è parte di una più ampia serie di lavori dove ricorre l’immaginario preistorico del dinosauro, esplorato dall’artista per recuperare scenari tipici della cultura visiva delle giovani generazioni degli anni ’90. L’implicito riferimento ai monster movies o alle VHS delle serie televisiva cult Dinosaurs, a videogiochi come Dino Crisis del 1999 o ancora al celebre film Jurassik Park di Steven Spielberg uscito nel 1993, crea un’occasione di riconoscimento reciproco per più di una generazione, giocando a riproporre come un fossile del passato alcuni fenomeni della cultura popolare. Ripensando la forma del dinosauro, l’artista invita l’osservatore a scavare nella propria infanzia, a ripensare a giocattoli e cartoni animati, a film e storie mostruose e impossibili, per salvaguar dare i ricordi di una preistoria del tutto personale.
Lumen | jesmonite AC100, pigmenti glitterati, pigmento naturale, gelatina prostetica, 20 x 12 x 7cm 2022
CHRISTOPHER DOMIZIANI
Perugia, Italia, 1989
BIOGRAFIA
Christopher Domiziani è artista visivo, ceramista e designer. Dopo gli studi artistici e la specializzazione in ceramica e design, nel 2012 cofonda l’azienda Domiziani Design, all’interno della quale nel 2020 apre uno studio di sperimentazione artistica condiviso con l’artista Cristiano Carotti. La sua produzione si concentra sulla ceramica come oggetto di pura estetizzazione, nell’ottica di restituire un’esclusiva valenza estetica alla materia e forma, resa dunque priva di funzioni tecniche e pratiche. Domiziani alla ceramica è intesa come oggetto di pura estetizzazione. Tra le mostre personali più recenti: “Moses”, a cura di Enrico Mattei, installazione site-specific presso il Battistero del Duomo di Pietrasanta; “Flumen”, a cura di Davide Silvioli, presso la galleria GC2 Contemporary di Terni, da cui è rappresentato. Ha preso parte al festival multidisciplinare GODAI FEST con un’installazione presso la Mole Vanvitelliana di Ancona; a settembre 2022 ha partecipato alla VI Edizione di Milano Scultura.
FLUMEN
L’opera è parte di un ciclo di lavori iniziato nel 2021, all’interno del quale l’artista porta avanti una riflessione sulla forma e la materia, nonché sulla relazione che si instaura tra l’opera e lo spazio. Una relazione che, nella visione dell’artista, comporta sempre influenze e scambi reciproci. Christopher Domiziani utilizza il vaso come forma archetipica e di millenaria memoria: sul vaso le più antiche civiltà hanno realizzato le prime prove di pittura; intorno al vaso come prodotto destinato all’uso quotidiano si sviluppano le riflessioni sul rapporto tra forma e funzione. Per Domiziani, dunque, il vaso è l'archetipo artistico per eccellenza, campo di sperimentazione tra diversi linguaggi, ma soprattutto oggetto complesso nel suo essere scultoreo, ornamentale o puramente funzionale. L’artista riporta invece il vaso al suo grado zero, considerandolo pura materia naturale che, ora libera di ogni funzione e utilità, ha bisogno di adattarsi all’ambiente come ogni altro elemento della terra. In particolare, Domiziani relaziona l’opera all’ambiente acquatico e fluviale, richiamato anche nel titolo. Il vaso è stato sottoposto al movimento rapido dell’acqua corrente e consegnato ad un’azione natu rale che, alla stregua del gesto artistico, contribuisce a modellare la scultura, lasciando segni del suo passaggio. Flumen è dunque un’opera esposta, consumata e marcata dall’imprevedibilità degli agenti e degli elementi naturali, ma è anche il risulta to di un contatto originario con la terra, sancisce il legame profondo tra la ceramica, l’ambiente e una pratica artistica antica e contemporanea. Quello di Domiziani è ormai un oggetto scultoreo defunzionalizzato, un vaso che non può contenere altro che sé stesso, i segni del tempo e del suo scontro con l’impeto del fiume.
Flumen | gress, 30 x 32 x 30cm 2022
MARCO EMMANUELE
Catania, Italia, 1986
BIOGRAFIA
Inizialmente dedito alla ricerca e produzione musica le, nel 2010 decide di continuare gli studi in Architet tura trasferendosi a Roma, dove oggi vive e lavora. Realizza opere in ceramica, ferro e vetro, che ruotano intorno ai detriti, testimoni dell’attitudine umana all’alterazione dei luoghi. La ricerca più recente verte sulla ialurgia, la progettazione di macchine per disegnare e la pittura con impasto vitreo, tramite il quale l’artista cerca la luce residuale che lo circonda. Ha partecipato a diverse residenze artistiche in Italia e all’estero. Tra le mostre più recenti: “Camera Tripla”, Labs Contemporary, Bologna (2022); “Un raggio verde”, Operativa Arte contemporanea, Roma (2021); “Materia nova”, Galleria d’arte moderna, Roma (2021); “10000 Seahorse Power”, Hypermaremma, Capalbio (2021); “Ibidem, adesso e nell’ora della mostra” pianobi, Roma (2021); Drawing machine #8, Casa Vuota, Roma (2020); “Ionian Archaeological Archives”, Bivy Space, Anchorage, Alaska (2018); “It was not me, It was not me”, Wonder-Liebert, Parigi (2018), Rosina #0, Limone Space, Londra (2016). Tra le pubblicazioni: Ialurgia, a cura di Alessandro Dandini De Sylva, Aniene Edizioni (edizione limitata), Roma, 2022.
OCCHIO DI DONNA
L’opera fa parte di una serie di piccole sculture dedicata alla bellezza e alla preziosità delle piccole cose, espressa nell’incastonatura di vetri levigati dal mare, materiale ricorrente nel lavoro dell’artista. Attraverso alcuni degli scarti della società industriale e dei consumi, letti come reperti contemporanei vecchi qualche decina d’anni, l’artista propone una presa di coscienza sull’archeologia del presente e del quotidiano. Pensando soprattutto al linguaggio artistico e all’attività creativa, Marco Emmanuele rilegge il pensiero dell’antropologo e filosofo france se Georges Bataille, anche autore del romanzo Storia dell’occhio, che fa risalire al paleolitico superiore la nascita dell’uomo e la nascita dell’arte: un momento magico in cui, per la prima volta nella storia, un manufatto non viene utilizzato per scopi quale la caccia o la difesa, ma per pura esigenza espressiva. L’homo faber e l’homo sapiens diventano artisti, nel momento in cui creano un manufatto che non serva a nulla, in tutto il loro magnifico bisogno espressivo. Gli elementi che compongono l’opera di Emmanuele, nella loro vita precedente erano un tappo di bottiglia tra i tanti, erano un piccolo detrito vitreo raccolto su una spiaggia, forse scelto per il colore o la trasparen za, forse per caso o per gioco. Oggetti ripristinati e risemantizzati diventano una piccola scultura che, con leggerezza, avvalorano la necessità di uno sguardo attento e consapevole alle piccole cose, e di una riflessione sui nostri bisogni, quelli effimeri e quelli primari.
Occhio di donna | vetro e tappo di bottiglia, 2,5 x 3,5 x 1,5 cm 2021
GIORGIA ERRERA
Anzio, Italia, 1997
BIOGRAFIA
Vive e lavora tra Anzio e Roma, dove attualmente studia Arte Ambientale e Linguaggi Sperimentali all’Accademia di Belle Arti. La sua ricerca si nutre di contaminazioni con il campo delle Scienze sociali, e propone un’interpretazione dei sistemi delle tecnologie dell’informazione e comunicazione di massa, conducendo una riflessione etimologica e uno studio sulle contaminazioni tra tecniche artistiche tradizio nali e contemporanee. Ha partecipato a diverse mostre collettive, tra cui: “Lo sguardo oltre”, Forte Antenne, Roma (2022); “Da luogo a luogo”, Comunità X, Roma, 2022; #EX_TRA, Piazza della Pigna e Viale dell’Acquedotto Alessandrino, Roma (2022); “Punto di Arrivo nel nuovo mondo”, Bunker Soratte, Sant’Oreste, RM (2021), “Transizioni”, Accademia di Belle Arti di Roma (2021), “Incursione, Scoppio”, Scoppio, TR (2020). Ha preso parte ai workshop “Lo sguardo oltre”, a cura di Sonia Andresano per Fonda zione smART, Roma (2022); “Artisti in erba”, Fonda zione smART, Roma, 2019; “S” - Tu Vs Everybody, progetto di Francesca Arri presso MACRO Museo d’Arte Contemporanea di Roma (2019); “Cross the streets”, Drago Publisher, Macro Museo d’Arte Contemporanea di Roma (2017). Ha ricevuto la men zione speciale al Premio Internazionale Battista Calapai e Theodora Van Mierlo Benedetti (2022), A Priori Magazine (2021).
UNTITLED BRONZE (NO CTRL - HIDE)
L’opera è formata da quattro pulsanti di una tastiera informatica fusi in bronzo che compongono la parola inglese hide (letteralmente “nascondere”) ed è parte della serie Untitled (no ctrl), che include opere fotografiche e bassorilievi che hanno entrambi per oggetto i pulsanti della tastiera, posizionati a comporre dei termini eteroletterali, ossia parole composte da lettere tutte diverse fra di loro. I termini utilizzati da Giorgia Errera entrano in relazione con i contesti e gli ambienti specifici in cui sono collocati: hide rimanda a qualcosa che viene scoperto, che torna alla luce dopo esser stato nascosto, ad esem pio, tra gli scavi di un’area archeologica. La parola diventa uno strumento di interrogazione e configura zione dello spazio. Come in una banca dati, le opere in serie compongono una tassonomia di combinazioni e termini che raccontano un bisogno essenziale dell’essere umano, quale quello di informarsi e fare domande. In questo senso Hide, esprime il bisogno della scoperta e della ricerca, una pratica antica quanto il mondo, e antica come la tecnica scelta per la piccola scultura, ossia la fusione in bronzo e il bassorilievo della tradizione scultorea dell’arte dell’età classica, greca e romana. Nell’opera, l’eco classica risuona attraverso l’oggetto industriale e nel linguaggio contemporaneo e in continuo aggiorna mento dell’informatica. La tastiera di Errera, priva della sua funzione originaria di trasmettere e codificare messaggi, diventa essa stessa un dispositivo per la scrittura, si fa simbolo del potere delle parole di creare e ricreare il mondo.
Untitled bronze (no ctrl - HIDE) | bassorilievo, fusione in bronzo, 7,5 x 1,5 x 2cm 2022
MARCIN MARCINIAK
Zabrze, Polonia, 1989
BIOGRAFIA
Vive e lavora tra Varsavia e Opole, in Polonia. Nel 2012 si laurea in Architettura del paesaggio presso l’Università di Scienze Ambientali di Breslavia, e, nel 2017, di diploma presso l’Accademia di Belle Arti di Opole con una specializzazione in scultura, dove attualmente conduce attività didattica e di ricerca scientifica nel campo delle arti visive, dell’urbanistica e dell’architettura. Attivo anche come fiorista, riporta l’interesse per il regno vegetale in opere realizzate con materiale organico. Si concentra in particolare sulla produzione in ceramica, spesso abbinata al vetro fuso o alla tecnica pâte de verre. Tra le mostre collettive più recenti: “Nature Art Cube”, Geumgang Nature Art Biennale, Geumgang, Corea del Sud (2022); Spring salon, installazione site-specific, Association of Polish Artists, first floor gallery, Opole (2021); “PARK SZTUKI, object “Bosquet”, Garden Radziwił, Galeria BCK, Biała Podlaska (2019); mostra dei finalisti del Premio nazionale ‘Świeża Krew VIII‘, Socato Gallery, Wrocław (2012). Nel 2022 riceve la menzione d’onore alla biennale nazionale della scultura in ceramica di piccole dimensioni, Kashubian Philharmonic, Wejherowo, Polonia. È vincitore del primo premio nella categoria scultura di “Contempo raneaMENTI III. Concorso di arti contemporanee under 35”, Fondazione l’Arsenale, Iseo, Italia (2019) e finalista del premio internazionale “Concours Nano Art, en hommage au prof. Tadeusz Maliński”, Galerie Roi Doré, Paris, France.
FROM THE OTHER SIDE
Punto di partenza dell’opera è la rosetta a sei petali raffigurata su uno dei pavimenti provenienti dall’area archeologica di Fregellae. L’artista sceglie dunque di confrontarsi direttamente il patrimonio archeologico locale, e in particolare al pavimento del III secolo A.C., una delle testimonianze più antiche per quanto riguarda le domus romane, oggi conservato a Cepra no nella quarta sala del Museo archeologico. Marci niak opera una rilettura dell’ornamento pavimentale portando la rosetta a sei petali dalla bidimensionalità del mosaico alla tridimensionalità della scultura. La rosetta è trasformata in un elemento solido, che si estende nello spazio, attraverso una sperimentazio ne e ricostruzione della forma che parte prima di tutto dall’osservazione del modello originale. Se da una visione frontale la scultura conserva traccia solo del diametro complessivo della decorazione, dall’altro lato dell’opera i sei petali sono riproposti in forma di elementi direzionali, che convergono verso lo stesso centro. L’opera reinterpreta il motivo fregel lano attraverso un passaggio dal 2D al 3D, o meglio come una rappresentazione ortografica multivista in grado di proiettare ed estendere la forma oltre la superficie. Il mosaico abbandona il piano pavimentale a cui era destinato e su cui era immobile da anni, per diventare oggetto scultoreo che si estende nello spazio e che può essere afferrato dallo sguardo solo nella circolarità e nella molteplicità della visione: dei petali dell’antico fiore musivo restano le sagome riconoscibili soltanto girando intorno alla scultura.
From the other side | ceramica smaltata, 22 x 22 x 30cm 2022
ELISA MASSIMINO
Cuneo, Italia, 1998
BIOGRAFIA
Elisa Massimino vive e lavora tra Cuneo e Torino, dove nel 2022 consegue il diploma di II livello in Scultura presso l’Accademia Albertina di Belle Arti. La sua ricerca artistica, caratterizzata da una forte istanza narrativa, si concentra sul tema dell’infanzia e del turbamento e della psiche, affrontato in chiave ironica e ludonico-malinconica. Attraverso la scultu ra, la performance e l’installazione interattiva, il suo lavoro ha origine dal recupero di ricordi personali attraverso oggetti appartenenti all’età infantile, che assumono nell’opera valore simbolico e collettivo. La sua ricerca più recente include la sperimentazione con giochi di parole e con materiali legati al settore alimentare, in particolare ai dolci. Tra le mostre più recenti: Summer Exhibition, Accademia Albertina di Belle Arti di Torino (2022); “Crema”, a cura di Franko B in collaborazione con l’Associazione “Bastione”, Villa Rey, Torino (2022); “Fiber Art”, a cura di Maria Giusep pina Caldarola e Margherita Labbe, Spoleto, 2a Rassegna Biennale. Les Museo Civico e Les Monte di Pietà (2021); “L’anello forte”, A cura di “Fondazione Nuto Revelli” e Nino Costantino, VII edizione concorso “RICORDANDO NUTO”, dove si posiziona al terzo posto al Concorso ed Esposizione presso il Salone della Provincia di Cuneo (CN).
HOMESWEETHOME
L’opera prende spunto da un ricordo d’infanzia dell’artista, legato ad una particolare passione della madre che, tutt’ora, colleziona casette provenienti da ogni luogo visitato. Col tempo, la collezione ha dato forma ad una vera e propria città in miniatura posta su un mobile del salotto della casa di famiglia. Rievo cando la propria memoria di bambina e scavando alla ricerca di immagini e sensazioni passate, agli occhi dell’artista oggi quelle casette così preziose assumono piuttosto la valenza di un muro, che la separa dalla madre e che sempre tenta di separarla dal mondo del sogno e dell’infanzia. Con “Casa dolce casa“, dal corri spondente idioma inglese ormai comune come espressione e motto che accompagna il rientro nella propria dimora, Elisa Massimino propone una riflessione sull’abitare e sul senso di appartenenza, una riflessione intima e sottile sulle case che abbiamo lasciato, sulle relazioni che rischiamo di perdere. L’installazione, composta da multipli che riproducono le casette della collezione materna, è realizzata con materiali edibili: l’artista sfida il pubblico a mangiarle o addirittura a distruggerle tramite un martelletto posizionato vicino le piccole sculture di zucchero. Attraverso uno scavo nella propria memoria, l’artista ricrea una città fragile e precaria come la tenerezza infantile custodita in un ricordo, che chiunque potrebbe distruggere senza lasciare traccia. Un po’ come l’antica Fregellae, condannata con lo spargi mento di sale a scomparire per sempre.
Homesweethome | zucchero e isomalto caramellizzato con fecola di patate e maizena, 40 x 7 x 30 cm
2021/2022
MARINA QUARANTA
Castellana Grotte (BA), Italia, 1978
BIOGRAFIA
Marina Quaranta vive e lavora a Castellana Grotte, in provincia di Bari. Diplomata in Scultura all’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano, dal 2008 insegna Disci pline Plastiche e Scultoree al Liceo Artistico Luigi Russo di Monopoli. Dal 2014 al 2016 è stata docente di disegno per la scultura all’Accademia di Belle Arti di Bari. La sua pratica artistica si concentra sulla scultu ra e l’installazione attraverso l’uso di diverse tecniche e materiali. L’artista affronta in particolare il tema dell’abitare, esplorando il rapporto tra spazio fisico e mentale, interno ed esterno, memoria e quotidiano. Ha esposto in molte mostre collettive in Italia e all’estero, tra cui: “Prospicio”, a cura di Manuela De Leonardis e Massimo Romazzi”, Museo Diocesano di Monopoli (2022). “Patine Verticali, intervento di public-art” Castellana Grotte (2021); “Sonora”, MuMa, Museo della Maiolica, Laterza (2016); “Dimensioni Parallele”, Museo Archeologico di Biton to (2015); “L’altro Punto”, a cura di Elisabetta Longo, Teatro Margherita, Bari (2014); “Le tour d’horizon”, Galleria Koma, Mons, Belgio (2007); “Building-Art”, GAMEC-Museo d’Arte Moderna e Contemporanea, Bergamo (2006).
PROSPICIO
L’opera appare come una casa rovesciata e opaca, un modulo abitativo di pianta rettangolare che sviluppandosi in alzato disegna una protuberanza che termina con uno spioncino. Prospicio, in lingua latina, significa vedere, scorgere, guardare avanti o ancora prevedere. L’artista indaga il campo del visibile e in particolare riflette sul fenomeno del voyerismo e sul ruolo dello spettatore nell’attribuzione di significati di un’opera. La scultura, così, richiamando la visione prospettica da cui profondamente dipende l’evoluzi one dell’arte occidentale, da un lato guarda alle dinamiche tipiche dello spazio domestico (il vedere da una finestra, da un buco della serratura, dallo spioncino della porta d’ingresso), dall’altro al funzionamento di una scatola prospettica. Guardando attraverso la lente posta sul lato lungo della scultura, è visibile un piccolissimo seno di terracotta diretta mente ispirato ad un esemplare di ex voto anatomico custodito al Museo archeologico di Fregellae, somi gliante anche ad un rilievo montuoso, a seconda dell’immaginario dell’osservatore. L’artista reinterpreta la lezione dello storico dell’arte francese Henri Focillon sulla “mobilità semantica” dell’arte, lascian do al pubblico la libertà di decifrare l’immagine e la forma custodita all’interno della scultura. In questo senso, mentre la scultura funziona come un dispositivo ottico con cui osservare un reperto archeologico, allo stesso tempo propone uno sguardo multiplo sulla realtà, mettendo in evidenzia come la percezio ne di un oggetto o di un fenomeno artistico è sempre soggetta ad uno slittamento continuo di sguardi o punti di vista. L’osservatore, così, è chiamato ad interrogarsi sull’origine delle forme e sull’evoluzione dei significati.
Prospicio | jesmonite, terracotta, spioncino, 20,5 x 26 x 17cm 2022
ALBERTO TIMOSSI
Napoli, Italia, 1965
BIOGRAFIA
Alberto Timossi vive e lavora a Roma. Si forma fra Genova e Carrara dove ha frequentato la scuola di scultura dell’Accademia di Belle Arti. Interessato agli aspetti mutevoli e trasformativi dell’ambiente, la sua pratica artistica si esprime principalmente attraverso la scultura e l’installazione anche coniugati con il disegno e la fotografia. Le sperimentazioni più recen ti includono l’Arte ambientale, con interventi e instal lazioni scultoree in contesti urbani, ex-strutture industriali, centri storici e spazi naturali. Nelle sue opere ricorre l’utilizzo di materiali edili quali tubi in PVC lavorati con la fiamma e lo smalto, spesso in dialogo con materiali antichi o di origine naturale. Tra le installazioni ambientali: “Segnacoli”, Area Sacra del Kothon, Mozia (Trapani), 2019; “In memoria. Pietre nere per il lago Sofia”, Ghiacciaio del Calderone, Gran Sasso (2018); “Spilli”, Lago ex Snia, Roma (2018); “Fata Morgana/La fonte sospesa”, Fontana della Minerva, Sapienza Università di Roma (2018); “Fata Morgana/Dentro l’Antropocene”, Laghetto del Rock Glacier del Col d’Olen, Gressoney la Trinité (Aosta), 2017; “Illusione”, Cave Michelangelo, Carrara, (2015). Tra le mostre più recenti: Levitas”, Galleria Gallerati, Roma, 2019; “ArcheoCombinazioni, fra passato e presente”, Museo archeologico, Anzio, 2019; “Bosco Rosso” (con performance di Tiziana Cera Rosco), Curva Pura, Roma, 2018; “Dissonanze” (doppia personale con Monica Pennazzi), MAP 120, Ancona, 2018.
BULBO
L’opera nasce dal confronto tra l’antico e il moderno, tra la vita delle piante e della terra e l’attività antropi ca. Il PVC, materiale termoplastico diffuso nella produzione industriale e tipico del lavoro di Alberto Timossi, convive con la ceramica, tipica invece delle tecniche artistiche più antiche. Nell’incontro tra modernità e tradizione, la piccola scultura prende la forma di un bulbo, germoglio sotterraneo e organo di produzione del fiore. Il riferimento al regno vegetale come spazio di generazione e rinnovamento periodico della specie vivente, incontra nell’immagine del bulbo aspetti legati anche alla natura umana, stabi lendo un rapporto di vicinanza e somiglianza tra l’uomo e la natura. Il bulbo, infatti, in anatomia indica una porzione dell’encefalo situata nella fossa cranica. Come il bulbo delle piante ha un ruolo fondamentale per il nutrimento e lo sviluppo della pianta, nel siste ma nervoso dell’uomo esso ha una funzione impor tante per la ricezione delle informazioni relative a sensi come l’olfatto e l’udito. A partire dalla condivi sione di questo elemento, l’artista dà vita ad una forma ibrida, in cui coesistono differenti processi produttivi e in cui si stratificano i tempi lenti della natura e la velocità che caratterizza il mondo dell’uomo moderno dominato dalla tecnica e dalla ricezione incessante di informazioni. Sospesa tra queste due dimensioni come una metafora del contemporaneo, l’opera incoraggia una ricerca di consapevolezza ed equilibrio tra il passato, il presen te e un futuro sempre più incerto.
Bulbo | ceramica e PVC smaltato, 34x17x17cm 2020