Appunti sparsi di un cantastorie

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Prefazione

Agli inizi degli anni Ottanta Calvino, con quella sua incredibile capacità di comprensione dei tempi, ci metteva in guardia dai pericoli di quella malattia che chiamava «peste del linguaggio». Temeva che la parola, formidabile vettore di informazioni e di emozioni, perdesse efficacia nella dilagante diluizione dei significati tipica del dilagare dei codici dei mass-media. E intravedeva una sorta di salvezza nella letteratura, la sola capace di salvarci non solo dalla inconsistenza delle parole e delle immagini, ma dalla inconsistenza stessa del mondo. E proprio qui sta lo stupore di rinvenire la parola capace di far riflettere e, soprattutto, di emozionare, venir fuori con forza proprio da quel mondo che Calvino aveva già individuato come formidabile vettore di informazioni, la rete. E dal mondo dei blog ecco, a sorpresa, emergere questo testo di Matteo Pedrini che sorprende prima di tutto proprio per la sua forza di comunicazione emotiva e per la sua ricchezza lessicale. Difficile da classificare come genere, un po’ poesia-racconto, un po’ collana di racconti brevi, sicuramente spaccato e testimonianza di una generazione che, a trent’anni, deve fare i conti con la complessità e soprattutto, con il senso di precarietà alla quale è stata condannata. Tra le tematiche del romanzo di formazione e le tecniche narrative del romanzo 9


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