In morte della sinistra | Ottobre 2022

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MichePost Il giornale degli studenti del Miche Anno VIII, Ott-Nov 2022n. 27 www.michepost.itLiceo Michelangiolo
morte della sinistra

La direzione

Direttori Niccolò Generoso Alessia Prunecchi

Vicedirettori Vittoria Lettieri Niccolò Moretti

Caporedattori Alessia Prunecchi e Niccolò Generoso (attualità) Rosa Sperduti (letteratura) Rocco Sebastiani (cinema) Niccolò Moretti (sport) Tommaso Casanovi (musica)

L’editoriale | Necrologio della sinistra

Niccolò Generoso

Come è ormai evidente, la sinistra ha perso; io, persona di si nistra, ho perso; noi tutti ragazzi e ragazze democratici: di de stra, centro e sinistra, abbiamo perso. E questo non è ciò che si evince da sondaggi o risultati politici, ma invece dall’attenta osservazione della scena politica attuale, in Italia ma non solo. La mancanza di una vera alternativa di sinistra, vicina agli ultimi, non esiste più, e questo può essere visto solo come un problema per la democrazia. L’assenza di scelta infatti non può che giovare a chi aspira, anche se sottovoce, alla fine di quest’ultima.

Per questo voglio presentarvi questo primo numero annuale, forse provocatoriamente e ironicamente, o forse no, come il necrologio della sinistra. Il necrologio di una sinistra ormai di strutta dall’interno. Una sinistra che non ha saputo far fronte al cambiamento radicale che il nostro mondo vive ogni giorno, senza però dimenticare le proprie origini, i propri valori, ciò che l’hanno resa una parte importantissima della storia politica globale; cosa che, al contrario, la destra ha saputo magistralmente fare. Lo stallo in cui la sinistra, quantomeno italiana, si è impantanata e da cui, da ormai decenni, non riesce a liberarsi è formalmente riconosciuta come la caduta dell’Unione Sovietica. Tuttavia analizzando le caratteristiche di quella sinistra di fine prima repubblica, possiamo vede

Responsabile area digitale Vittoria Lettieri

Progetto grafico Dania Menafra

re come la distanza da ideali e politiche dell’URSS si stesse sempre più evidenziando. Possiamo dunque evincere che il problema non sia stato questo, ma bensì qualcos’altro, un avvenimento fondamentale ma che, essendo più astratto, è raro trovare sui libri di storia: la vittoria, da parte di ricchi e potenti, della lotta di classe, concretizzatasi con il raggiungi mento del potere da parte di due figure della destra conserva trice occidentale: Margaret Thatcher nel Regno Unito e Ronald Reagan negli Stati Uniti, tra la fine degli anni ‘70 e l’inizio degli anni ‘80. Questo è stato, secondo il mio parere, l’inizio del len to e disastroso declino della sinistra italiana ed europea, che non ha saputo più reinventarsi se non buttandosi a capofitto in un neoliberismo di stampo americano. Ed oggi ne possiamo vedere le conseguenze. Letta che invita al voto utile con una campagna, oserei dire, di terrorismo psicologico, finalizzata solo a salvare la propria dignità in delle elezioni già perse prima di iniziare; o tutte le scissioni della sinistra che hanno portato, negli anni, alla formazione di decine di piccoli partiti e coalizio ni, che non hanno mai raggiunto un concreto obiettivo. Dunque la sinistra, oggi, dovrebbe ripartire dalla propria sto ria, ed utilizzare questa per tornare a relazionarsi veramente con le problematiche del presente. Ma forse, questa, è solo una malinconica speranza di un ragazzo che sogna a sinistra.

MichePost n. 27 | Ottobre 2022

Partiti e movimenti: un dialogo intermittente (o inesistente?)

Dai negoziati Tsipras ebbe aiuti dall’Eu ropa ma i greci furono costretti ad altri sacrifici e il partito cominciò a perdere consensi. Gli elettori lo considerarono un traditore e il Partito di destra Nuova Democrazia finì per vincere le elezioni del 2019. Queste esperienze denotano il fatto che scontrandosi con le logiche elettorali i partiti, anche quelli i cui ideali appaiono forti, sono costretti a scendere a compromessi e a far passare in secondo piano i veri bisogni delle persone che invece sono quasi sem pre portati avanti solo da movimenti e collettivi. È per questo che la fiducia nei partiti spesso scompare e il voto non è più visto come un’occasione per cambiare le cose, quindi aumenta l’astensionismo, come è successo nelle ultime elezioni italiane.

La sinistra è in crisi dovunque in Europa. Le formazioni politiche che avevano fatto sperare in una svolta a sinistra, come “Podemos” in Spagna e “Syriza” in Grecia, si sono molto indebolite e nonostante l’affermazione di Mélenc hon in Francia, le destre avanzano. Il risultato delle ultime elezioni in Italia ne è la più recente conferma. Infatti il PD ha ottenuto il minor numero di voti (19%) dalla sua fondazione e la coalizione di si nistra che lo ha appoggiato ha raggiunto solo il 3,5%. Altri partiti come Potere al popolo e Rifondazione Comunista, uniti in coalizione, non sono neppure entrati in Parlamento.

Anche andando oltre il numero degli iscritti, che si può dire non così rap presentativo del seguito che i partiti oggi hanno, in quanto dovrebbe essere tenuto in considerazione il peso dei so cial e dei media, la crisi della sinistra è innegabile e parte dal 1994, anno in cui Silvio Berlusconi fonda la formazione di destra Forza Italia. Successivamente, l’avvento del Movimento 5Stelle, for mazione populista che si dichiara né di destra né di sinistra, intercetta i bisogni delle persone e la voglia di protesta contro il sistema dei partiti sottraendo via via al PD una parte consistente dei suoi voti. Negli stessi anni il populismo riscuote consenso anche in altre parti

d’Europa, come in Spagna con “Pode mos” che fa lo steso, sfruttando la rabbia degli “Indignados” contro la crisi econo mica per arrivare in Parlamento come terza forza politica spagnola.

Per cavalcare il successo, il leader Pablo Iglesias comincia ad abbandonare i simboli tradizionali della sinistra come la falce e il martello o la lotta di classe sostituendole con la lotta alla corruzione o la necessità del rinnovamento della classe politica. Quindi: si può consi derare giusto o lecito lasciarsi alle spalle ideali come questi per rifugiarsi nella neutralità del populismo? È anche vero che chi, come Syriza in Grecia, ha prova to a portare avanti battaglie di giustizia sociale rifacendosi agli ideali di sini stra, si è poi scontrato comunque con la realtà di una società capitalista con le sue regole, e ha dovuto cedere a com promessi che hanno deluso gli elettori. Quando Tsipras, leader del partito, arrivò al governo nel 2015, la Grecia, era in preda a una grave crisi economica iniziata nel 2009 e la prima cosa che gli chiese l’Europa fu il ripianamento del debito pubblico. Il negoziato con Bruxel les fu difficilissimo e Tsipras non trovò supporto nei governi europei, neppure in quelli di sinistra come quello italiano e quello francese, così Syriza cominciò a lacerarsi internamente.

Dov’è quindi che la gente ritrova i valori di sinistra? Il movimento NO TAV in Val di Susa, la lotta contro gli inceneritori in varie città italiane, la mobilitazione per cercare di evitare la chiusura di fabbriche e i licenziamenti, la denuncia della totale mancanza di diritti di alcuni lavoratori come i rider, sono tutte dimostrazioni di come, quan do ci si unisce sui bisogni e sulle urgen ze, si possa fare più rumore dei partiti. È eclatante il caso della GKN, fabbrica di ricambi per automobili di Campi Bisenzio, i cui 422 operai licenziati con una e-mail a luglio 2021, si sono autor ganizzati per presidiare la fabbrica 24 ore su 24 e sono scesi in strada al grido di “Insorgiamo!” riuscendo a mobilitare migliaia di persone senza sventolare bandiere di partito. Questa mobilitazio ne è diventata un simbolo e ha risveglia to la convinzione che la lotta di classe e le battaglie per il lavoro siano ancora necessarie, coinvolgendo moltissime realtà, in particolare quella studentesca. I partiti di sinistra hanno dimostrato più volte di non sapere intercettare i bisogni delle persone, spesso ponendosi anche a svantaggio di questi come nel caso del Jobs Act e dell’alternanza scuola lavoro, voluti da governi di centrosinistra, o nell’attuazione di politiche contro movi menti ambientalisti come quelli NO IN CENERITORE o NO DEGASSIFICATORE. In conclusione  possiamo dire che i valori di sinistra sono elettoralmente dispersi, ma ancora forti tra le perso ne; spetta quindi ai partiti costruire un dialogo con chi vorrebbe far sentire la propria voce.

Marianna Dardi
ATTUALITÀ | POLITICA MichePost n. 27 | Ottobre 2022

Una rifondazione necessaria

Il risultato riportato dalla sinistra alle ultime consultazioni elettorali non do vrebbe sorprenderci. Era da mesi, infat ti, che si parlava della vittoria di Fratelli d’Italia. Tutt’al più a coglierci di sorpresa avrebbero dovuto essere le dimensioni della sua sconfitta, col Pd che non ha raggiunto nemmeno la soglia psicologi ca del 20% e l’intera coalizione che ha preso in tutto gli stessi voti di FdI. Ma, del resto, la sinistra è in crisi da anni, non solo in Italia, e il fatto che sol tanto a queste elezioni ciò si sia mani festato in maniera così eclatante non ci dovrebbe fuorviare, anzi.

La verità è che stavolta si è semplice mente inceppata quella fatale macchina per cui, a forza di alleanze improvvisate e vittorie per un soffio, tale fazione si è trascinata negli anni, spesso andando contro la sua stessa natura e facendo della cosiddetta strategia dell’ opossum, che consiste nello stare immobili atten dendo che gli avversari si rovinino da soli, il proprio modus operandi.

La sconfitta della sinistra, tuttavia, quella vera, è arrivata ben prima del 25 settembre. In un certo senso potrem mo dire che la sinistra abbia perso an cora prima dell’inizio della campagna elettorale: che in realtà lo abbia fatto molti anni fa. Questa, infatti, ha perso quando, fatta parzialmente eccezione per rarissimi casi, rappresentati gene

ralmente dapartiti dalla scarsa rilevanza politica in termini strettamente nume rici, ha smesso di curarsi dei problemi concreti del suo storico elettorato, la classe operaia, per diventare man mano lo schieramento politico delle élite.

La vera sconfitta della sinistra non si quantifica nei numeri o nei seggi persi, ma prende forma nella pressoché totale rinuncia agli originari ideali politici: nella perdita della sua antica essenza. Ad inquadrare tale situazione dovrebbero aiutare fenomeni come il voto di classe che ormai si è invertito o le recenti immagini di Laura Boldrini, evidentemente percepita come rappre sentante di una sinistra salottiera ormai distante da quelle fasce della popola zione di cui un tempo era baluardo, re spinta dalle manifestanti scese in piazza a Roma che protestavano per il diritto allaborto. E sebbene una snobistica interpretazione della faccenda possa suggerire che il popolo, gretto e igno rante, si sia volto a destra, la realtà è differente. Non sono state infatti le fasce meno abbienti della popolazione ad allontanarsi dalla sinistra, ma è stata la sinistra ad allontanarsi da loro: fatto, tra l’ altro, non nuovo, che portò, ad esem pio, nel 2016, all’elezione di Trump. Così, bisognosa di un totale rinnova mento ma priva di reali proposte, alle ul time elezioni politiche la sinistra, sporca

nelle mani del proprio stesso sangue, è stata la prima artefice del proprio falli mento. E ne è una chiara dimostrazione la campagna elettorale del Pd. “Con Putin o con l’ Europa. Scegli” “Lavoro sottopagato o salario minimo. Scegli” “Discriminazioni o diritti. Scegli”. Slogan identitari, d’impatto ma privi in realtà di un significato concreto. Il messaggio tra le righe, tuttavia, suona forte e chiaro: “Votateci. Votateci a scatola chiusa. Vota teci non perché siamo meglio degli altri ma perché gli altri sicuramente sono peggio.Votate noi perché siamo gli unici che possano ostacolare la Meloni”

Inutile dire che tale strategia basata sulla polarizzazione e sul richiamo dei cittadini alle proprie responsabilità (di fatto un appello al voto utile) si è rive lata disastrosa.

Quest’anno, infatti, sebbene la paura di una possibile vittoria del centrodestra fosse molta, non è stata sufficiente a bilanciare le oggettive carenze, ormai strutturali, dell’attuale sinistra nella sua veste borghese.

La sconfitta della sinistra sicuramente segnerà l’inizio di un importante mo mento di riflessione, in cui sarà necessa ria lucidità e capacità di autocritica.

Un momento di analisi di ciò che è stato, di ciò che è e di ciò che dovrà essere, ma anche di scelta, tra una rifondazione radi cale necessaria o l’inizio della propria fine.

Alessia PrunecchiATTUALITÀ | POLITICA MichePost n. 27 | Ottobre 2022

La vittoria (anti)femminista di Giorgia Meloni

La vittoria di Giorgia Meloni è tutt’altro che una vittoria femminista.

Nonostante si tratti di uno dei pochi volti femminili ad essere apparso nel quadro della politica italiana e addirittura il primo ad occupare la posizione di Pre mier, è anche un volto portatore di una ideologia conservatrice.

Il Financial Times definisce Giorgia Melo ni “l’astro nascente dell’estrema destra Italiana”, il Die Welt la sua vittoria un “successo antipolitico”.

La leader di Fratelli d’Italia di fatto ha conquistato il 26% dei votanti facen do leva forse non tanto su questioni di politica in senso stretto ma di politica “dei sentimenti”. Pertanto è riuscita ad attirare anche i delusi dalla Lega e gli indecisi, solo attraverso l’impiego dell’o dio popolare e di un lessico prettamente strumentale. In questo caso in particola re è stato anche messo in atto il concetto

di “femonazionalismo”, ossia una stra tegia chepermette alla destra di giusti ficare certe posizioni anticostituzionali, presentandosi con un volto femminile, come rivendicazione dell’uguaglianza di genere, e portando avanti politiche islamofobe e razziste. In poche parole il fenomeno consiste nello spostare i riflettori sui migranti, attribuendo loro l’appellativo di “minaccia” per il genere femminile e per il paese. A questo proposito Giorgia Meloni pro pone l’abolizione della legge Mancino (che contrasta razzismo e fascismo), dello ius soli (ossia il diritto alla citta dinanza dei figli minorenni di stranieri regolari nati in Italia) e si dichiara favo revole al blocco del Mediterraneo e al “reato di integralismoislamico”.

Effettivamente agli occhi di molti il mi grante incarna il capro espiatorio per fetto, il diverso, un soggetto sconosciuto

contro cui scagliare odio, il pericolo che rischia di sconvolgere la stabilità di una società che non ammette intrusioni. Ma il migrante non è altro che un nemi co inesistente, bersaglio di un’ostilità infondata. La stessa ostilità adottata da Giorgia Meloni e, un secolo fa, anche da Mussolini, nelle cosiddette politiche dell’odio. L’obiettivo della Premier è for se quello di riportare in auge un partito di stampo fascista?

D’altronde come dice il famoso eco nomista e filosofo tedesco Karl Marx “la storia si ripete sempre due volte”, affermazione che ancora non siamo riusciti a smentire.

Viviamo, assistiamo agli eventi spesso come spettatori indifferenti, circondati a volte da abissi di atrocità, ma non sempre impariamo. Scorriamo con gli occhi sulle macchie di sangue rapprese sulla pelle della storia, ma non ci soffermiamo.

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MichePost n. 27 | Ottobre 2022
Vittoria BaiocchiATTUALITÀ | POLITICA

Perché la sinistra deve essere sempre più estrema della destra

J.P. Overton (1960-2003) è stato un sociologo statunitense che, nella sua breve vita, tra le altre cose, ha progettato una delle teorie di ingegneria sociale tra le più influenti del ventesimo secolo: la finestra di Overton. Questa finestra illustra come si diffonde un’idea politica, dimostra l’effimerità del centrismo e spiega come rispondere all’estremismo.

La finestra di Overton comprende tutte le idee che politicamente possono essere prese in esame: all’interno della finestra ci stanno cioè tutte le idee e i concetti che possono essere argomento di dibat tito, mentre, al di fuori di essa, ci stanno tutte quelle idee non considerate da nessuno o da pochissimi.

Esempio: il supporto o il non intervento a favore dell’ Ucraina nella guerra contro la Russia stanno dentro la finestra di Over ton, mentre la fornitura di armi nucleari alla Russia ne è completamente fuori. Secondo Overton, ogni idea, inizialmen te improponibile, attraversa sei stadi di considerazione da parte dell’opinione pubblica fino a diventare legge: -inconcepibile (unthinkable); -estrema (radical); -accettabile (acceptable); -ragionevole (sensible); -diffusa (popular); -legalizzata (policy)

La finestra copre questa gamma e, in base a come si sposta, l’idea diventa più

o meno accettabile, perché (e ne è la principale caratteristica) la finestra di Overton si sposta. Innanzitutto, si sposta col passare del tempo, con il passare delle epoche: idee in passato inconcepibili oggi sono legge, e viceversa. Questa caratteristica della finestra dimostra di per sé l’effimerità delle po sizioni e la fallacia della logica su cui si basa il centrismo (la visione politica secondo cui è sempre necessario trovare la mediazione tra due idee, senza andare nettamente né a destra né a sinistra).

Per esempio, coloro che nel 1860, men tre si discuteva se mantenere o abolire la schiavitù, vedevano nel “mantenere la schiavitù ma migliorare la condizione di vita degli schiavi” la giusta mediazio ne, oggi sarebbero considerati estremi conservatori e razzisti.

E’ lo stesso concetto per cui, se una persona dice che 1+1=2 e l’ altra dice che 1+1=4, la verità non è 3 (che sta nel mezzo), bensì 2.

Trovare la mediazione non è sempre necessario, perché la verità non sta mai perfettamente al centro.

La finestra di Overton non si sposta periodicamente o casualmente, ma può essere manipolata e appositamente trainata da idee estreme, in maniera tale che il centro del dibattito si sposti più a sinistra o più a destra, avvicinan

dosi a ciò che si vuole far prevalere nell’opinione pubblica. Ciò si è visto perfettamente durante la campagna elettorale per il presidente degli USA nel 2017: il Partito Repubbli cano, che lamentava grosse perdite di voti, per recuperare puntò su una cate goria di persone che, tendenzialmente, non andavano mai a votare perché non si sentiva rappresentata: l’estrema destra. Sulla questione immigrazione Trump consapevolmente propose un’ idea molto estrema: costruire un muro, che equivaleva a 0 migranti. I centristi, in risposta, trovarono la mediazione di accogliere pochi migranti per “ac contentare” entrambe le parti, di fatto, finirono per soddisfare l’estrema destra. In questa maniera Trump riuscì di fat to a vincere le elezioni avendo spostato la finestra di Overton a destra (non a caso, sia Clinton sia Biden sono più destrorsi di Obama).

Se si segue passivamente lo spo stamento della finestra si fa il gioco dell’avversario che propone idee estre me e lo si fa vincere.

Di conseguenza, la finestra di Over ton dimostra che, in presenza di idee politicamente inaccettabili, l’unica opzione è quella di essere altrettanto estremi nelle idee proposte, non per convincere, ma per spostare il dibattito dalla propria parte.

Giacomo Sottocornola
ATTUALITÀ | SOCIETÀ MichePost n. 27 | Ottobre 2022

Fenomenologia di Massimo D’Alema

La metamorfosi da uomo politico a meme non è cosa frequente, e merita dell’attenzione. Il meme non è solo una parodia: è internet che coi suoi linguaggi si appropria di certe persone, sdramma tizzandone, talvolta, la seriosità che le circonda. Il meme è l’arte della caricatu ra ai tempi dei social network.

Un meme, per germinare, non ha bisogno solo dell’humus di pixel, ma anche di tutto un retroterra, dietro, che giustifichi la stigmatizzazione di un per sonaggio o di un contesto. Ora, perché Massimo D’Alema è diventato un meme?

Ce l’abbiamo tutti presente la famosa foto in cui, sgomento, con gli occhi sbar rati, D’Alema arretra di fronte a qualcosa che noi non conosciamo, che esula dai contorni dell’immagine.

Ci deve essere, evidentemente, una cate na di situazioni, attorno a D’Alema, che lo hanno portato a diventare un’icona di internet. Questo articolo si propone di individuarle.

D’Alema e gli inciuci

La parola inciucio, originariamente, sta a indicare la chiacchiera, il pettegolezzo. A Massimo D’Alema si deve la traslazio ne del suo vero significato a quello, oggi molto più comune, di “accordo sottoban co tra fazioni avverse”.

Tutto cominciò nel 1997, con lo scanda lo del “patto della crostata”: la Repubblica riportò la notizia secondo cui, durante una cena la sera del 17 giugno, D’Alema avesse promesso a Berlusconi il blocco di una legge sulla regolamentazione del le frequenze televisive. D’Alema qualificò la notizia come “inciucio”, e da lì il no stro si porta dietro la nomea di “signore degli inciuci”, appiccicata addosso come carta moschicida.

Ben più eclatante fu un caso precedente: nel 2002, alla Camera, il deputato dei DS Luciano Violante rivelò impruden temente che, nel 1994, quando cadde il governo Berlusconi, il centro sinistra aveva assicurato, in forma di uno strano risarcimento, che “non sarebbero state toccate le televisioni [di Berlusconi]”, aggiungendo, poco dopo, che “durante i governi di centrosinistra il fatturato di Mediaset è aumentato di 25 volte”.

“Anche Togliatti fece inciuci con la Chie sa”, è la classica formula con cui si difende D’Alema – e impariamo un’altra sua carat teristica tipica: il citazionismo cronico. D’Alema, negli anni ’90, si era fatto por

tavoce della Terza via nel nostro Paese. Ma in fondo, cos’è l’inciucio se non l’ap propriazione, tutta italiana – e dalemia na –, del concetto di Terza via?

D’Alema e i giornalisti

D’Alema e l’alchimia dei partiti

Nel 1991, assieme ad Achille Occhetto e ad altri dirigenti, D’Alema è tra i soste nitori della nascita del Partito Demo cratico della Sinistra dalle ceneri del Partito Comunista. Il nuovo simbolo è un albero, con ai piedi la falce e il martello del PCI, a dare un senso di continuità. Nel ’98 D’Alema si rende protagonista della nascita di una nuova compagine politica: i Democratici di Sinistra (DS), nati dalla fusione del PDS con altre forze della sinistra italiana. Nel simbolo, l’al bero permane: è che ai suoi piedi non si trovano più la falce e il martello, ma una rosa rossa, di sapore molto più craxiano. Comunque, ciclicamente, il maggiore partito di sinistra deve dissolversi e mu tare pelle: nel 2007 D’Alema è tra i pro motori del Partito Democratico. Qui, nel simbolo, è sparita la rosa, e dell’albero è rimasto un rametto. Il Pd, certo, è ancora in attività, ma D’Alema trova lo stesso un modo per fondare un nuovo partito: in disaccordo con la segreteria di Renzi, nel 2017 dà vita ad Articolo Uno. A gennaio 2022 risalgono le dichiarazioni di D’Alema secondo cui il Pd sarebbe guarito dalla sua malattia – Renzi – e che Articolo Uno sarebbe pronto a reinte grarsi col partito. D’Alema apprezza i mi racoli, e lo testimonia questa guarigione prodigiosa che egli scorge nel Pd ripulito da Renzi. D’Alema crede, più in generale, nel sovrannaturale. In un’intervista del 2014, imputa il successo del riformismo di Renzi alla fortuna. E cita Napoleone: “Ho bisogno che i miei generali siano anche fortunati”.

D’Alema non ama i giornalisti, e in par ticolare i giornalisti che non lo amano. Stavolta sono io che cito D’Alema: “Il confronto con i giornali stranieri è umi liante. Quelli si occupano di cose serie mentre da noi si stampano solo cazzate” (4 giugno 2009, intervista al Corriere Magazine). Un primo assaggio. Nel 2010, nella trasmissione Ballarò, D’Alema scaglia un “Ma vada a farsi fot tere, lei è un bugiardo e un mascalzone!” contro Alessandro Sallusti, mentre nel 2017, a Piazza pulita, un più pacato “Lei è uno stupido” a Marco Damilano. Le ragioni di un’escandescenza possono esserci, e possono essere anche com prensibili. È che queste reazioni, che si risolvono in “un’insofferenza verso i giornalisti” – come nota, nella stessa puntata, Damilano –, nascono sempre da una contestazione. È nel biasimo che cova la scintilla. D’Alema è talmente sicuro dei propri successi politici (si veda sempre la già citata puntata di Piazza pulita) che non sopporta sentir seli demolire da qualcuno che “stampa solo cazzate”. D’Alema combatte, non si arrende. E tra le tante personalità non l’ha mai citato, ma, ne sono sicuro, lo citerebbe, il suo Carlo Magno: “Lascia te che i miei eserciti siano le rocce, gli alberi, e i pennuti del cielo”.

La panoramica non può che essere par ziale, per il momento. Ma ci sono abba stanza elementi per comprendere come mai, da uno scatto comico e iconico, sia stato avviato un processo di stigmatizza zione del personaggio “D’Alema”. Si dice anche, comunemente: ridere per non piangere. È il ruolo della satira, del resto. E il meme, della satira, è un’estensione. Mi chiedo però cosa sia che, in questa foto, spaventi tanto D’Alema. Da cosa si allontana? Da Damilano, da Renzi?

C’è chi potrebbe vederci, nella sua espressione atterrita e goffa, l’emblema di un tracollo ben più grande – quello della sinistra. Ma non azzarderei inter pretazioni simboliche. E non so se alla fine una risposta, a scacciare il mistero, mi soddisferebbe. Mi soddisferebbe di più, semmai, una risposta a quest’articolo, in generale. Nel frattempo, contagiato dal suo citazionismo cronico, provo a invocar lo con la formula di Nanni Moretti: “D’A lema, di’ una cosa di sinistra! Di’ una cosa anche non di sinistra, di civiltà! D’Alema di’ una cosa, di’ qualcosa! Reagisci!”.

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CULTURA | POLITICA MichePost n. 27 | Ottobre 2022
Federico Spagna

La fine degli ideali di Ceausescu

Era il 1989 quando, nel quadro di un più ampio fallimento, quello della “madre patria del comunismo”, l’URSS, culmi nato con la caduta del muro di Berlino, a Timisoara scoppiò la Rivoluzione romena. E così crollò il regime comuni sta di Nicolae Ceausescu, ma cosa portò realmente alla fine del comunismo?

Il regime comunista romeno si basava su un progetto che, seppur ambizioso, può definirsi semplice: per tutti era este so il diritto (ma soprattutto l’obbligo) al lavoro, ogni studente aveva un’istruzio ne adeguata ed equa e non vi era un solo cittadino senza abitazione, gli studenti seguivano una disciplina rigida, con momenti di studio alternati ad obblighi lavorativi e visione di spettacoli. Inol tre, al fine di ottenere un aumento della popolazione, fu promulgata una legge che impediva l’aborto, il feto era infatti considerato proprietà dell’intera società. Non di minore importanza furono i grandi progetti edili.

Il desiderio maniacale di rendere tutto il più equo possibile era promosso dal rifiuto di ambizioni e aspirazioni personali, col tempo però si creava opposizione da parte del popolo a causa dell’eccessiva sorveglianza, della tendenza ad isolare la Romania (con la chiusura delle frontiere) e del rigido blocco delle spese interne a svantaggio

della qualità della vita delle persone. Quest’ultimo fu la causa di un impove rimento interno, tuttavia permise alla Romania di pagare l’intero debito pub blico. Tale situazione rimase invariata per più di vent’anni, dal 1965. E poi il famoso 1989.

Tutto ebbe inizio a Timisoara il 16 di cembre quando iniziarono a susseguirsi una serie di proteste contro l’intenzione del governo romeno di espellere un oppositore del regime, il pastore della chiesa riformata ungherese Tokés.

Nonostante fosse stato riconsiderato l’al lontanamento di questo, la folla, alimen tata dal malcontento verso la condizione di povertà che l’era di Ceausescu aveva creato, continuò nelle proteste. Le vi cende continuarono a Bucarest, dove fu attuato un colpo di Stato, e si conclusero il 25 dicembre con il processo e l’esecu zione dello stesso dittatore. Indubbiamente, come scritto in prece denza, ad aver contribuito alla fine del periodo comunista in Romania sono state le dure limitazioni imposte, spe cialmente la politica estera di chiusura che certamente ha avuto un riscontro negativo da parte del popolo (del resto come può ottenere consenso una limita zione così importante).

Il regime del “Conducator” mirava ad un sistema ideale, quasi impeccabile

sulla carta, con Il desiderio portato all’estremo di eliminare le disuguaglian ze sociali e di raggiungere una parità di beni. Sebbene questi ideali siano stati realmente applicati (almeno in parte) durante quegli anni, la situazio ne utopica che si era formata non era destinata a durare all’infinito, bensì si è trasformata in dolore e morte. Non possiamo attribuire la causa di ciò al Co munismo o alla storia stessa per provare a celare un’ovvietà: la responsabilità è di noi stessi, del bisogno dell’uomo di sentimenti individuali. Ne sono prova i successi di Nadia Comaneci e Dumitru Prunariu: entrambi, tra i nomi più noti della Romania, possono essere conside rati personalità che oltrepassano i limiti imposti dagli ideali di Ceausescu. L’indi menticabile ginnasta, prima nella storia ad aver ottenuto il massimo punteggio ai Giochi olimpici, sebbene spesso la sua figura venga dipinta sul volto del ditta tore (molti ritenevano infatti che nella sua carriera fu determinante il contesto storico in cui è cresciuta), è rimasta nella storia per l’impegno, l’amore e la determinazione che dimostrava per la sua passione. E certamente Prunariu non avrebbe aderito ad un programma spazia le sovietico (come astronauta), vista l’in differenza mostrata dalle autorità romene, se non spinto da ambizioni personali.

Antonia Marchis
CULTURA | STORIA
MichePost n. 27 | Ottobre 2022

La codardia di Pavese

La consueta immagine dell’intellettuale del Novecento prevede rapporti ambigui con i partiti tradizionali e plateali prese di distanza dalla posizione istituziona le. Molti nomi potrebbero fornire validi esempi, ma uno non risalta né per scial bo anticonformismo né per ponderata avversione alla linea dello schieramento: Cesare Pavese.

Pavese durante gli anni del primo dopoguerra vive e studia a Torino, città animata da una cultura estremamen te politicizzata in quanto primo polo industriale d’Italia. È indicativa la rapida diffusione di riviste che, rispetto alle fio rentine dei decenni precedenti, perdono il carattere squisitamente letterario per occuparsi più da vicino del panorama politico. Il capoluogo piemontese è una fucina di idee a cui tutti gli antifascisti guardano con interesse.

Al liceo Massimo D’Azeglio frequenta i ragazzi che appartengono alla cerchia del professore Augusto Monti, fervido antifascista; molti di questi qualche anno più tardi costituiranno il primo nucleo della casa editrice Einaudi. Sollecitazioni all’attivismo politico provengono da ogni angolo, ma Pavese sembra più interessato a scrivere poesie, fumando la pipa e rigirandosi il ciuffo a un tavolo del caffè Gallo.

Infatti, nel 1933, dietro suggerimento del la sorella, s’iscrive al partito fascista per poter insegnare nelle scuole pubbliche.

L’anno seguente sostituisce Leone Gin zburg (arrestato per attività antifascista) alla direzione della rivista La Cultura Nel 1935 la polizia irrompe nell’appar tamento in cui alloggia e, durante la per quisizione, vengono trovate delle lettere compromettenti che lo condannano a tre anni di confino a Brancaleone Calabro.

L’ironia della sorte vuole che lo scrit tore sia all’oscuro del contenuto delle lettere: ciò che ha nascosto è parte della corrispondenza di Tina Pizzardo, militante comunista “dalla voce rauca” di cui si è innamorato. In una lettera alla sorella Maria: “[...] se è per la gerenza della Cultura, nego che fosse un giornale antinazionale, anche perché io perso nalmente ho invitato come collaboratori diversi camerati [...]. Poi, la Cultura non si occupava di politica. [...] Se la mia incriminazione dipende invece da certe lettere ricevute da Milano, ripeto che ho ricevuto queste lettere per fare un favore di amicizia a una conoscenza, che non mi risultava più occuparsi di politica, e

ignorando il contenuto di queste lette re”. (C. Pavese, Vita attraverso le lettere, Einaudi, Torino 1966, pp. 116-117). La permanenza a Brancaleone, gra zie a una domanda di grazia inviata a Mussolini, si riduce a circa sette mesi. Osservando questa esperienza si può ricostruire un comportamento destinato a diventare ricorrente: mentre gli amici si oppongono al regime e proiettano le traversie subite sul piano artistico, Pave se si isola aggrappandosi tenacemente a una poetica già consolidata; dopo il con fino nel meridione Carlo Levi scrive Cristo si è fermato a Eboli, Pavese Il carcere. Tornato a Torino inizia a lavorare stabilmente all’Einaudi. Scrive Natalia Ginzburg: “Non volle, per molti anni, sottomettersi a un orario d’ufficio, accettare una professione definita; ma quando acconsentì a sedere a un tavolo d’ufficio, divenne un impiegato metico loso e un lavoratore infaticabile”. (Ritratto di un amico in Le piccole virtù, Einaudi, Torino 2015, p.17). Qui rial laccia i rapporti con i compagni di una vita e stringe amicizia con l’intellettuale antifascista Giaime Pintor.

Parallelamente prosegue l’attività di scrittura: la forma della poesia-racconto, presente nella prima raccolta poetica Lavorare stanca (1936), non soddisfa più le esigenze retorico-stilistiche, perciò passa alla prosa. La stagione prosastica si apre con Paesi tuoi (1941) e si conclu de con La luna e i falò (1950). Durante quest’arco di tempo, specialmente a guerra conclusa, in Italia si accende il dibattito sulla funzione dell’intellet tuale e in ambito artistico si afferma la corrente neorealista: la spinta all’engage ment diventa travolgente. Pavese prova a introdurre in alcune opere, come Il com pagno (1947) e La casa in collina (1948), elementi attinenti all’impegno politico -rispettivamente la presa di coscienza di

classe e la relazione conflittuale con la Resistenza- ma questi rimangono sospe si, offuscati, dai contorni sfumati; non è un caso che abbia intitolato Prima che il gallo canti il dittico composto da Il carcere e La casa in collina.

Durante il ‘42-’43, mentre gli amici lan guiscono in carcere o entrano nella Resi stenza, si rifugia nella casa della sorella a Serralunga di Crea. Risale a questo periodo il famigerato taccuino segreto in cui il poeta appunta brevi riflessioni molto controverse, fra cui: “Sarà vero che M ha sempre ragione? Quando si riesce, si ha ragione.” e “Una cosa fa rabbia. Gli antif. sanno tutto, superano tutto, ma quando discutono litigano soltanto…[...] Gli italiani mugugnano, ma insomma [il fascismo] gli fa bene”. (C. Pavese, Il mestiere di vivere. Diario 19351950 con il taccuino segreto, Rizzoli, Milano 2021, p. 524). La pubblicazione di questi fogli, avvenuta solo nel 1990 per inter vento dello studioso Lorenzo Mondo, ha suscitato scandalo. Qualcuno ha creduto di scoprire la natura fascista di Pavese, senza considerare che questi pensie ri- così intimi e fugaci da non essere riportati nel Mestiere di vivere- sono stati formulati prima del reale confronto con la Resistenza e con le sue conseguenze. La successiva iscrizione al PCI e colla borazione con L’Unità sono effetto del rimorso, del bisogno di rimediare all’as senza e al silenzio degli anni precedenti. Di lì a breve pone fine al “vizio assurdo” che da tempo l’ossessionava, ingerendo dosi letali di sonnifero.

Cesare Pavese era un codardo?

Penso che sarebbe necessario cercare una risposta soltanto se il valore dell’o pera artistica fosse intrinsecamente legato all’impegno civile. Per chi crede all’art pour l’art il fascino della produzio ne pavesiana rimane intatto, qualsiasi sia la risposta.

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MichePost n. 27 | Ottobre 2022
CULTURA | AUTORI Elisa Tonti

MicheRubriche

MicheLiber La favola di Amore e Psiche di Apuleio

“In una città vivevano un re è una re gina, avevano tre figlie che non passa vano certo inosservate, ma a lodare le maggiori bastavano le parole umane. Mentre la bellezza della più piccola era così eccezionale, così luminosa che la po vertà del linguaggio umano non riusciva a esprimerla né a lodarla come meritava” Questo l’incipit della favola di Amore e Psiche: un incipit a noi familiare che ci rievoca quel periodo spensierato in cui si leggevano favole piene di storie d’amore e di avventure.

La novella comincia con una fanciulla di una meraviglia tanto rara che desta l’invidia dell’avvenente dea Venere,nel medesimo modo in cui Biancaneve su scita quella della regina. Proprio Venere, irata a causa delle numerose attenzioni date alla ragazza, ordina al figlio Amore di colpire Psiche con una delle sue frec ce, affinché questa si innamori perdutamente dell’uomo più disgrazia to e abietto sulla terra. Amore, però, si punge accidentalmente con la freccia destinata alla fanciulla e vedendola se ne innamora perdutamente, diventan do cieco dei voleri della madre Venere, ormai privata delle venerazioni da parte dei comuni mortali.

Psiche viene così rapita dal dio Amore, che la porta in un castello di uno spetta colare splendore dove potrà vivere per il resto della propria vita se solo saprà resistere alle tentazioni umane, e non tenterà di scoprire il viso dell’amato. Come ogni mortale Psiche non riesce a opporsi alle proprie tentazioni, e la curiosità preval in lei; scopre così il viso del proprio amato, condannandosi a dover espiare le proprie colpe e a subire l’invidia e l’astuzia di Venere che mette ranno così il suo animo alla prova. L’eleganza usata nel linguaggio di Apuleio è proprio ciò che rende questa novella scorrevole, avvincente; la raffi natezza di cui ogni personaggio è dotato ci porta a non poter interrompere il libro una volta iniziato poiché si spezzerebbe

quel filo conduttore che rende questa novella lineare e a tratti soffice. Una favola che con la sua freccia col pisce e scalda il cuore di tutti sin dalle prime pagine.

MicheLiber

Una vita come tante di Hanya Yanagihara

In una fervida New York vivono quattro ragazzi, ex compagni di college. Willem, che sogna di diventare attore, JB che insegue il mondo dell’arte e Malcolm, architetto frustrato. Tra lavoro, quotidianità e sogni, il loro centro di gra vità è Jude, avvocato di successo segnato da un passato di atrocità e abusi. Nella sua enigmatica riservatezza, le crisi dolorose che lo costringono a rattrappir si a terra finché non passa, i suoi silenzi,

il fare il bagno in mare completamente vestito, tradiscono un universo di dolore, una continua lotta tra salvezza e autodi struzione Jude, in bilico su un baratro, vive in un circolo vizioso distruttivo. Oppresso dal suo passato, cerca dispe ratamente un futuro, imbarcandosi in relazioni sessuali non paritarie che rinforzano l’immagine percepita del suo corpo, indegno, danneggiato e irrime diabilmente colpevole, la certezza di un peccato originario che ha trasformato la sua esistenza in una condanna. Intorno a lui gravitano amicizie e tradimenti, amore e disperazione, sogni e autopuni zioni, dentro di lui un vortice di insen satezza, un vuoto dell’anima, un vivido dolore lancinante. Tra crudeltà umane e straziante dolore, la sua storia viene ricomposta, tassello dopo tassello, in una lenta ricerca della formazione della sua complessa identità. ‘Una vita come tante’ è un romanzo lacerante, che si spinge oltre i confini di una semplice vita, un cammino di dubbi e incertezze alla ricer ca di un senso, tra silenzio e voci, bene e male, arte e vita.

MichePost n. 27 | Ottobre 2022

Fabrizio De André

Pochi cantautori italiani possono vantare la stessa influenza e la stessa longevità di Fabrizio De André, che, a più di vent’anni dalla morte, continua ad essere un punto di riferimento in Italia sia nella scena musicale che politica, visti i simboli storici che sono diventati i suoi testi.

Anarchico e pacifista, De André fin dall’adolescenza sfida e contesta l’auto rità; nella sua carriera musicale evade dai canoni della musica contemporanea, dedicando i suoi testi – molti di enorme valore poetico – a chi vive ai margini della società: prostitute, assassini, suicidi, ribelli, anticonformisti, guadagnandosi i titoli di “cantautore degli emarginati” e di “poeta degli sconfitti”. La sua versatilità, la sua ricerca poetica, il suo richiamo alle tradizioni musicali popolari e ai dialetti italiani sono i tratti caratterizzanti della sua produzione musicale; il suo impegno sociale e politico, i suoi saldi ideali, la sua critica all’ipocrisia e al conformismo sono ciò che ancora oggi lo lega all’immagina rio di moltissimi italiani.

La ballata dell’amore cieco (o della vanità)

“La vanità fredda gioiva, un uomo s’era ucciso per il suo amore”, la frase che racchiude il significato del brano di Faber; cinico, conciso riassunto della dramma tica e sadica storia raccontata, una storia maledetta, che mette alla prova l’invin cibile sentimento che affligge “un uomo onesto, un uomo probo”, per una donna che appare fredda, crudele, che quasi si beffa del disperato, finché egli non compie l’estremo gesto sotto sua stessa richiesta.

Fabrizio fa dell’amore, un sentimento spesso ritenuto così puro e carico di gioia, un’arma che porta un uomo alla follia, uno strumento di tortura per il malcapitato.

È il ritmo a tratti allegro, ironico, ed a tratti amareggiato, dello ‘swing’ di sfondo alle parole di De André che rende questa can zone iconica, carica di amarezza anche nella melodia degli strumenti a fiato che segue le strofe del brano.

Amico fragile

Amico fragile è l’ultima canzone contenu ta nell’ottavo album di De André, uscito nel gennaio del 1975. Vero ‘merlo bianco’ della sua produzione artistica, il testo della canzone, immerso in una base stru mentale dai caratteri onirici e dalle forme sfumate, è puramente autobiografico ed è dunque di difficile comprensione a chiun que non sia al corrente del contesto. Dopo una serata triste e deludente tra scorsa in compagnia di persone con cui

sperava di parlare di temi a lui cari, ma dalla quale percepisce di essere trattato come una scimmia da circo, Fabrizio “evapora in una nuvola rossa in una delle molte feritoie della notte” e si chiude in casa. Durante la notte passata in bianco tra l’alcol e il fumo, De André scrive e com pone tutta la canzone.

Preghiera in gennaio Sanremo, notte del 27 gennaio 1967. Nella stanza 219 dell’Hotel Savoy viene rinve nuto il cadavere del giovane cantautore Luigi Tenco. La notizia del suo suicidio sconvolge la scena musicale italiana, che appena qualche ora prima aveva assistito alla sua eliminazione dal Festival di San remo. De André sarà tra i pochi ad assiste re al funerale di Tenco, con il quale aveva stretto un intenso rapporto di amicizia; sulla scia del profondo dolore causatogli dalla morte dell’amico, e sdegnato per il freddo trattamento riservatogli dall’opi nione pubblica e dai vertici dell’industria musicale, scriverà Preghiera in gennaio. In questa canzone, de André cala il divino in una dimensione profondamente umana: Gesù, nella sua salita al Paradiso, invita con dolcezza i suicidi a seguirlo; presentatosi davanti a Dio, sembra confondersi nella folla di coloro che la Chiesa addita come peccatori, ma il cui destino non pare poi così diverso da quel lo del figlio di Dio. De André non risparmia un rimprovero, di un sarcasmo amaro e venato di dolore, a quei “signori benpen santi” il cui rigido e freddo moralismo condanna i suicidi all’Inferno, mentre – afferma il cantante – il regno dei Cieli è

destinato proprio a “chi non ha sorriso”, a chi ha “vissuto / con la coscienza pura”. Quella di De André è una preghiera laica, una condanna ad un mondo che non capisce e non accoglie coloro “che all’odio e all’ignoranza / preferirono la morte”: il suicidio non è una colpa, non è un oltrag gio: la vera violenza semmai è quella com piuta da coloro che respingono i suicidi in vita, e li biasimano in morte.

Via del campo

Ispirata da una melodia di Enzo Jannacci e Dario Fo e venuta per la prima volta alla luce come singolo nel 1967, Via del Campo è ambientata in un carruggio di Genova, all’epoca terreno fertile per pro stituzione e contrabbando. De André, da sempre amante della vita di strada poiché più autentica e coerente, sceglie di descri vere e nobilitare tre figure: una prostituta, una bambina distrada e un illuso. La prima strofa parla infatti di una ‘graziosa’ che aspetta i clienti sulla soglia di casa per tutta la notte. La sua figura ritorna anche nella terza strofa, in cui Fabrizio descrive lei e la sua condizione senza alcun pregiu dizio, anzi elevandola. La bambina appare invece nella seconda strofa, ha gli occhi grigi come la strada dove è cresciuta, ma dispensa gioia ovunque vada. L’illuso della quarta strofa è innamorato di una donna libera, così come probabilmente lo era De André nella sua giovinezza secondo leggende metropolitane. Ad oggi, di Via del Campo come ce la racconta Faber non è rimasto pressoché niente se non una scritta su un muro: “Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior”.

MichePost n. 27 | Ottobre 2022
MUSICA Allegra Albertazzi, Tommaso Casanovi, Gabriele Vannini e Leonardo Poli

MichePoesia

Piccoli colpi al petto

Piccoli colpi al petto

Quando ridi con lei. Lacrime amare rigano il mio cuore Quando saluti lei ogni mattina, Ignorando la mia evidente presenza. Torni bambino con lei, Giochi con le sue mani, Ridi con i suoi occhi E scherzi con la sua bocca. Gesti sfuggevoli uniscono voi Lasciando, però, il segno su di me: Impronte profonde e scure, Lasciate dalle vostre mani che si uniscono, Si trovano sul mio cuore ormai spento.

Tu dici di no, che non è lei che sogni la notte, I tuoi occhi, però, ti contraddicono, Rivelano le tue menzogne E infrangono le mie speranze. Perché è cosi facile sentirsi sbagliati, Ma così difficile sentirsi giusti?

Sarò mai felice anche io?

Forse no.

La Setta dei Poeti Attori è un’iniziativa nata lo scorso anno dai ragazzi del Miche del progetto di teatro “La Stanza dell’Attore” e si occupa di scrivere e appendere in giro per il mondo poesie in forma anonima. Per saperne di più segui la pagina Instagram @settadeipoetiattori

Talia
MichePost n. 27 | Ottobre 2022

MichePoesia

Sopporterò

Non so come tenerti stretto forse solo inutili scatti di giorni ormai vissuti ci tengono vicini. Mi hai porto la tua mano avvolta da musica leggera la mia vita è divenuta brano. Radici di ricordi dolorosi mi trattengono e l’anima duole. Ma dimmi ci vediamo e sopporterò e sopporterò.

Suonano campane di un’anima che se ne va così la vita non è solo dolore che sfugge amore. E capisco che sei volato via quando ho smesso di scrivere su un vetro appannato di fine gennaio il tuo nome.

Ti dono tutti i miei versi.

Giulia Giovannini
MichePost n. 27 | Ottobre 2022 12 | 13

MicheOroscopo Ottobre 2022

Leone

Ariete

Carissimo ariete, ti senti proprio sulla vetta del mondo in questo momento, vero? Attento però, la tua impulsività e la tua perenne rabbia ti si ritorceranno contro: prevediamo una caduta. violenta (il karma esiste).

Con le innumerevoli pagine di gossip hai trovato la perfetta occasione per stare sulla bocca di tutti. Peccato però che tu non ci sia riuscito nemmeno questa volta, nonostante tutti i tuoi tentativi al limite del ridicolo. P.S. L’importante è provare, no?

Sagittario

Ci dispiace ma questo mese siete completamente inutili e abbiamo cose più importanti di voi a cui pensare. Ritentate il mese prossimo.

Toro

Stai costantemente cercando di trovare fortuna e stabilità. A questo scopo ti consigliamo due giorni di questo mese che per te saranno particolarmente favorevoli: il 28 e il 29. Ricorda però che la fortuna nel tuo caso non esiste.

Gemelli

La tua personalità amante delle avventure vorrebbe noleggiare un elefante da passeggio e valicare le Alpi. Ti consigliamo vivamente di ascoltarla: nessuno ti vuole intorno e stando con il tuo elefante renderesti tutti contenti.

Cancro

Non volevamo dirtelo così ma questo mese ti andrà contro: la scuola ti darà delle pessime novità, ci saranno molte tensioni e complicazioni anche per quanto riguarda la sfera amorosa e tutto si concluderà in modo sfavorevole per te.

Vergine

Per i vostri complessi di inferiorità vi sono sempre piaciuti i più piccoli: l’ingresso dei primini vi ha posti proprio al settimo cielo. Attenzione però a mantenere i polsi caldi! Se invece siete dei primini, ci dispiace per voi: quelli delle medie sono ormai un ricordo lontano.

Capricorno

Se la vita sentimentale sta iniziando ad andare bene, in compenso prestate attenzione alla vostra ansia e distrazione, che potrebbero comportare litigi ed incomprensioni.

Acquario

Bilancia

Smettetela di essere dei pacifisti cronici! Seppur non tolleriate la maleducazione, non vi opponete mai: è l’ora di reagire. Limatevi bene le unghie e sfoderate gli artigli almeno per questo mese (ne avrete bisogno).

Dal 16 al 30, potrebbe saltare fuori una questione legata ad una persona di cui ti fidi e con cui hai un rapporto stretto. La dura verità che emergerà ti toccherà profondamente e potrebbe alterare ulteriormente la tua, già instabile, emotività.

Scorpione

Sappiamo bene che in questo periodo vedete il mondo solo con occhi a cuoricino: Purtroppo però non durerà a lungo (parola nostra): entro fine mese vi troverete di nuovo soli ed in cerca di un po’ di affetto.

Pesci

Ultimamente, non avendo niente da fare, passi i pomeriggi su Netflix a mangiare biscotti: la pacchia finirà presto. Infatti, a breve dovrai affrontare eserciti di libri capeggiati dal dizionario di greco che continua a gurdarti in tralice dalla mensola.

Sara Gallori e Giulia Vignolini
MichePost n. 27 | Ottobre 2022

MicheStrisce

14 | 15MichePost n. 27 | Ottobre 2022
Matilde Borselli

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VOCI

DALL’ IRAN

Sul sito l’articolo di Elena Lombardi riguardo la situazione in Iran creatasi a seguito della vicenda di Masha Amini.

UNA QUESTIONE DI GENERE

Quando una qualsiasi donna raggiunge una posizione di potere quasi nessuno mette in evidenza i suoi titoli di studio ma tutti si concentrano, infatti, su un solo e unico dato, ossia che il soggetto in questione è donna.

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