Antiqua 2016

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Sebbene il suo nome sia caduto da tempo nell’oblio, Carlo Farina può essere considerato tra le figure più intriganti di quel fascinoso mosaico ancora in gran parte da riscoprire che è il panorama della musica strumentale italiana dei primi decenni del xvii secolo. In particolare, Farina presenta alcune sorprendenti analogie con Michelangelo Merisi, il grande pittore vissuto una generazione prima di lui. Come il Caravaggio, Farina visse infatti 39 anni (dal 1571 al 1610 il pittore e dal 1600 al 1639 il compositore), condusse una vita inquieta e raminga, che dalla natia Mantova lo portò a Dresda (dove ebbe la possibilità di conoscere e lavorare con il grande Heinrich Schütz), a Torgau e in diverse città italiane, prima di approdare a Danzica e infine a Vienna dove morì probabilmente di peste, fu un ardito sperimentatore di nuove tecniche strumentali e seppe evocare nelle sue opere — prima tra tutte il celebre Capriccio stravagante — immagini quanto mai realistiche con un sapiente gioco di luci e di ombre, di piani e di forti e suggestivi impasti sonori. Ovviamente tutto deve essere visto nelle giuste prospettive, in quanto Caravaggio è un gigante dell’arte di tutti i tempi, mentre Farina finì per essere oscurato da contemporanei come il divino Claudio Monteverdi, ma nonostante questo non bisogna dimenticare che il compositore mantovano diede un contributo determinante allo sviluppo della tecnica e del repertorio violinistici, come il bresciano Biagio Marini. L’aspetto più interessante che si può percepire fin dal primo ascolto del Terzo libro delle pavane, gagliarde, brandi, mascherata, aria

franzese, volte, corrente, sinfonie a 3-4 voci e basso continuo pubblicato a Dresda nel 1627 è senza dubbio la fortissima carica emozionale, che a tratti raggiunge toni quasi teatrali, una caratteristica che Farina potrebbe avere respirato alla corte di Mantova non solo al fianco di violinisti del calibro di Salamone Rossi e di Giovanni Battista Buonamente, ma anche di Monteverdi, che proprio in quel periodo stava portando lo stile concitato a vertiginosi livelli di perfezione espressiva. L’elaborata scrittura di queste opere viene esaltata al massimo grado da un organico quanto mai variegato, che abbina il timbro morbido e scuro delle viole da gamba a quello brillante e luminoso dei flauti dolci e delle traverse, con l’aggiunta di una nutrita formazione di basso continuo che non si limita a fornire il ‘fondamento’, ma garantisce anche un apprezzabile arricchimento timbrico. Oggi queste opere di grandissima suggestione possono essere ascoltate nel disco appena pubblicato dalla CPO e accolto con unanime entusiasmo dalla stampa specializzata di tutto il mondo.

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