In questo orizzonte è ben visibile una collettività, di cui io stessa sono parte, in cui il passato delle persone che ci sono state strappate è di forte stimolo, nel presente, per la costruzione di un futuro senza mafie, in cui non c’è la negazione della memoria ma essa stessa genera cambiamento. E poiché tutto ciò non può e non deve diventare inutile retorica o distante utopia, siamo chiamati tutti, nessuno escluso, a sentirci parte del progetto. Ho curato questo lavoro con determinazione e convinzione, ma anche con amore, sentendolo necessario non solo per me o per gli altri familiari con il mio stesso vissuto, ma per un’intera regione e un Paese che deve farsi comunità. Lo affido ai lettori volendo con ognuno condividere e cominciare a costruire una memoria collettiva.
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