326 Capitolo 9 ▮ Lo sviluppo emotivo e affettivo
L’espressione delle emozioni. Abilità di comunicare gli stati emozionali attraverso il linguaggio verbale e non verbale.
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emozioni. Inoltre, le nostre relazioni interpersonali influenzano le nostre emozioni e le nostre emozioni, reciprocamente, influenzano le relazioni. Le abilità sopra descritte riguardano fondamentalmente tre aspetti, che Susan Denham (1998) ha definito come le tre dimensioni della competenza emotiva: l’espressione delle emozioni, la loro comprensione e la loro regolazione. L’espressione delle emozioni è l’abilità di comunicare gli stati emozionali attraverso il linguaggio verbale e non verbale. Il linguaggio verbale è riconosciuto come mezzo più sofisticato della trasmissione di concetti, idee, conoscenze, ma le persone producono quotidianamente comportamenti non verbali attraverso i quali manifestano i loro stati emotivi. Attraverso diversi canali comunicativi, come il volto, i gesti, la voce, l’uso dello spazio, o la prossemica posturale e il contatto corporeo, possiamo trasmettere più o meno consapevolmente agli altri le nostre emozioni. Questi segnali non verbali, consentono la traduzione di uno stato interno in un quadro espressivo visibile e riconoscibile dagli altri. Gesti e posture rivelano stati emotivi in modo più o meno esplicito. Per esempio la rabbia può essere espressa agitando le mani in maniera scoordinata, la vergogna per mezzo del gesto di coprirsi il volto con le mani. Per quanto riguarda la voce, essa è il canale su cui si esercita un minore controllo ed è considerata la fonte più attendibile per conoscere gli stati emotivi dell’interlocutore. Per esempio, una persona triste tenderà ad avere un tono di voce basso e lento, mentre una persona arrabbiata aumenterà il tono della voce (Anolli, 2002). Fra tutti gli indicatori emotivi citati, però, la mimica facciale rappresenta la modalità espressiva privilegiata: è attraverso il volto che “diciamo” quale emozione stiamo provando. All’interno del volto, infine, un ruolo importante nell’espressione delle emozioni spetta allo sguardo attraverso i movimenti degli occhi sia volontari sia attraverso quelli involontari come la dilatazione e il restringimento della pupilla o il battito delle palpebre (Barone, 2007). È a partire dall’espressione facciale delle emozioni che Izard (1977) nella sua teoria differenziale spiega lo sviluppo emotivo: le emozioni sono “pacchetti” innati, ciascuno con una configurazione specifica di sintomi fisiologici e con un’espressione facciale distintiva. In questa teoria classica perciò: (1) vi è una precisa corrispondenza tra esperienza soggettiva ed espressione facciale di ciascuna emozione; (2) per ciascuna emozione vi sono programmi neurali innati e universali e nel corso dello sviluppo la comparsa delle espressioni per le diverse emozioni corrisponde alla maturazione neurobiologica. A questa posizione innatista risponde Sroufe (1995) con la sua teoria della differenziazione, secondo la quale le emozioni non insorgono all’improvviso, ma per differenziazione da sistemi-precursori: il piacere come sistema per lo sviluppo della gioia, la circospezione per la paura e la frustrazione per la rabbia. In questa visione, il neonato con le sue espressioni facciali non esprime già emozioni vere e proprie, ma un precursore delle emozioni. Ad esempio, il neonato non è capace di provare rabbia, bensì una reazione generalizzata per stimoli che gli provocano malessere, come non potersi muovere. Per i primi 6 mesi questa reazione evolve in frustrazione e dopo i 6 mesi compare la rabbia vera e propria nei termini di una reazione per l’interruzione di un’azione volontaria e intenzionale del bambino. Al di là del ruolo delle componenti biologiche innate, l’espressione delle emozioni è governata dalle cosiddette regole di espressione o display rules che, sulla base delle convenzioni socio-culturali a cui si fa riferimento, dicono
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