Capitolo 9 ▮ Lo sviluppo emotivo e affettivo 353
9.4.5 Riferimento sociale (Social Referencing)
Social referencing. La “lettura” dei segnali emotivi degli altri al fine di decidere come agire in una particolare situazione.
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Un’altra importante conquista socio-cognitiva nell’infanzia è lo sviluppo dell’abilità di “leggere” le emozioni di altre persone (Kim, Walden e Knieps, 2010). Social referencing (riferimento sociale) è il termine usato per descrivere la “lettura” dei segnali emotivi degli altri al fine di decidere come agire in una particolare situazione di incertezza. Lo sviluppo del social referencing aiuta i bambini a interpretare più accuratamente situazioni ambigue, per esempio, se un estraneo che incontrano sia o meno una persona da temere (Thompson, 2006). Dalla fine del primo anno di vita i bambini tendono a “verificare” l’espressione emotiva della loro mamma prima di agire: la guardano per vedere se è felice, arrabbiata o impaurita. L’espressione facciale materna li influenza nell’esplorazione o meno di un ambiente non familiare. È a partire dall’osservazione delle reazioni emotive delle altre persone che essi traggono informazioni sulle situazioni o sugli oggetti di cui hanno una conoscenza incerta (Belacchi e Gobbo, 2004). Dal secondo anno di vita i bambini diventano più competenti nel social referencing. Per esempio, in uno studio di Walden (1991), i bambini dai 14 ai 22 mesi guardavano molto di più il viso della loro mamma, come fonte d’informazione su come agire in una situazione, rispetto ai bambini tra i 6 e i 9 mesi. Il social referencing è un fenomeno complesso che coinvolge diversi ambiti dello sviluppo: il più evidente collegamento lo stabilisce con lo sviluppo socioemotivo. Per riuscire a usare la reazione emotiva di un’altra persona come “bussola” per decidere come comportarsi di fronte a un oggetto o evento non familiare, occorre che il bambino sappia: discriminare tra le diverse espressioni facciali, assegnare a ciascuna espressione un diverso significato in termini di esperienza emotiva, attuare il comportamento congruente con l’emozione espressa. Per esempio, il bambino deve discriminare l’espressione della rabbia da quella della tristezza, conoscere quali reazioni emotive conseguono alle diverse emozioni e comportarsi di conseguenza. Le capacità richieste sono anche di natura cognitiva e comunicativa (il bambino deve essere in grado di condividere l’attenzione su un oggetto o evento), ma anche affettiva (la persona di cui il bambino registra l’espressione è qualcuno di cui il bambino si fida e con il quale ha un legame particolare, di cura e di sicurezza). Per indurre il riferimento sociale possono essere usate diverse situazioni sperimentali, alcune di semplice attuazione (durante una sessione di gioco diadico adulto-bambino viene introdotta una persona o un oggetto non noti) altre più elaborate ed escogitate con finalità diverse. È il caso, ad esempio, del precipizio visivo (visual cliff) di cui abbiamo parlato nel Capitolo 4, implementato per studiare la percezione di profondità e indirettamente funzionale alla raccolta di informazioni attinenti anche ad altri ambiti di sviluppo. La ricerca, oltre a considerare le caratteristiche del bambino che usa il riferimento sociale e dell’adulto che lo mette in atto, si focalizza anche sulla tipologia dell’informazione fornita dall’adulto (Cigala e Venturelli, 2011). Ad esempio, in una ricerca di Vaish e Striano (2004) la voce della madre sembra essere uno stimolo più potente dell’espressione del viso nel modificare il comportamento del bambino.
20/01/17 10:58 AM