La ruota degli esposti

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LA "RUOTA DEGLI ESPOSTI" NELLA DIOCESI DI GAETA

All'inizio del secolo scorso, nel Regno di Napoli il fenomeno dei neonati abbandonati stava evidentemente assumendo dimensioni preoccupanti, tali da richiamare l'attenzione delle autorità e dello stesso Sovrano. Questi, mosso a compassione verso quei poveri sventurati, aveva deciso di emanare un decreto che in qualche modo cercasse di risolvere o per lo meno di arginare il problema. Il 21 agosto 1802 è inviata al Vicario Capitolare della Diocesi di Gaeta una comunicazione riguardante i bambini abbandonati. In particolare, il sovrano ordinava che in ogni città o paese di quella Diocesi si formasse una commissione composta dal parroco del luogo affiancato da due coadiutori, con lo scopo di amministrare e dirigere una simile operazione. Ordinava anche che si provvedesse alla realizzazione di una "ruota" per raccogliere i bambini. Essa doveva essere sistemata in luogo comodo, ma non molto frequentato, posta nel mezzo del muro di una casa, in modo che vi si potesse accedere dall'esterno e dall'interno. La ruota era provvista di un campanello sistemato dentro la casa, ma azionabile da fuori tramite una corda. Il neonato, preso in consegna dal parroco e dalle nutrici, era nutrito con latte di capra, pecora, asina o con il latte di vacca annacquato. Il poppatoio, antenato del moderno biberon, era costituito da "un pentolino, alla cui bocca si lega un pezzetto di pelle finissima a cono, dopo averci riposto il latte: il centro di questa pelle, che portandosi in bocca del Bambino deve imitare il capezzolo, sarà corrispondentemente crivellato. Ogni volta che si sarà usato il poppatoio, la pelle si dovrà lavare con acqua tiepida". A giudicare dalle carte manoscritte trovate, era grande la trascuratezza e l'indifferenza d'alcuni amministratori nell'eseguire gli ordini del Re. "Experientia docet", dicevano i Latini, e il Re memore di un tal malcostume, in base ai "rapporti che li sono pervenuti sullo stato d'alcuni Orfanotrofi del Regno", si era premurato di aggiungere che gli inadempienti fossero "immediatamente fatti portare nelle Carceri dell'Udienza Provinciale". Gli incaricati dell'esecuzione delle predette disposizioni avrebbero dovuto redigere, entro un mese un rapporto dettagliato sul loro operato. Tutte le spese concernenti la realizzazione della "ruota" e la sua manutenzione e l'affitto del locale (nel caso che la città non ne disponesse di uno proprio) dovevano essere a carico della città stessa con una contabilità separata. Gli amministratori cittadini erano incaricati di stabilire "la gratificazione da darsi annualmente alla Femmina che sarà incaricata dell'assistenza alla ruota", il compenso mensile per le nutrici e la spesa per le fasce, pannolini, vestiti e quant'altro necessitava per allevare i bambini. La commissione addetta alla "ruota", da parte sua, doveva rendere conto del proprio operato, ogni quattro mesi, oltre al bilancio complessivo di fine anno. Il decreto reale era abbastanza particolareggiato e niente era lasciato al caso. All'art. IV, in particolare, si stabiliva di appendere al collo del neonato un medaglione di piombo, trattenuto da un "lacciuoletto di seta come si usa nella Real Casa Santa dell'Annunziata di Napoli, prima di affidarlo ad una balia. Sullo stesso medaglione erano impresse le sigle delle varie province in cui era suddiviso il regno: T.B. per la provincia di Bari; T.O. per quella d'Otranto; C.C. per la Calabria Citra; C.U. per la Calabria Ultra; P.C. per il Principato Citra e P.U. per quello Ultra; A.C. per l'Abruzzo Citra e A.U. per quello Ultra; Ter. per Teramo; Cap. per la Capitanata; Bas. per la Basilicata; C.M. per il Contado del Molise e infine T.L. per Terra di Lavoro. Sull'altro lato del medaglione era inciso, intorno, il nome della città dove era la "ruota" e al centro un numero riferito al bambino. La faccenda sembrava semplice e carica di grande umanità e pietà cristiana. C'era inoltre un decreto regio sul cui rispetto nessuno nutriva dubbi, ma evidentemente non era così, né facevano paura le pene da comminarsi in caso d'inosservanza delle disposizioni. Tant'è che in alcune città la "ruota" cominciò a funzionare male fin dall'inizio. Nei tre mesi successivi, infatti, avvenne che molte commissioni si mostrarono restie ad accogliere quelle piccole creature preferendo indagare sulla situazione familiare personale degli stessi e rifiutando quelli che provenivano da altre città o che non fossero nati da regolare matrimonio. La notizia arrivò presto all'orecchio del Re, il quale si affrettò a richiamare i responsabili di un tale comportamento, ordinando loro tassativamente di accogliere i


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