Design e sistemi ibridi.

Design e sistemi ibridi.

Ex-Filanda: rivalutazione strategica di un luogo di incontro tra le nuove generazioni e l’imprenditorialità.

Politecnico di Milano - Scuola del Design Laurea Magistrale in Integrated Product Design

Relatore: Venanzio Arquilla Correlatrice: Patrizia Bolzan

Anno Accademico 2018/2019

Candidato: Mattia Ventrella Matricola: 882625

Questa tesi è stata sviluppata con la partnership di Make in Progress - Creative Lab e la collaborazione di Caimi Brevetti. Inoltre, l’autore ha preso parte al programma “Open Call for Talents” dentro la struttura di Polifactory.

MAKE IN PROGRESS Brianza Creative Lab

10-83 Abstract Metodologia Introduzione

3. Ex-Filanda p. 8 p. 9

1. Il ruolo del progettista 1.1.

Le nuove generazioni

1.1.1. Progettare per il bene comune 1.1.2. Interpretare la professione 1.1.3. Design Challenge

p. 12 p. 16 p. 18 p. 21

2. Il sistema 2.1. Boring revolution 2.1.1. Rigenerare spazi da condividere 2.1.2. Le storie sul territorio italiano 2.1.3. Sintesi e paralleli 2.1.4. I fattori che orientano il successo 2.1.5. Design per l’innovazione sociale 2.2. Sistemi resilienti 2.2.1. Fab Lab 2.2.2. Il modello di offerta 2.2.3. Micro produzione distribuita 2.2.4. Fab City 2.3. Impresa 4.0 2.3.1. Al passo con il cambiamento 2.3.2. Un percorso innovativo timido 2.3.3. Un punto di contatto esiste?

p. 4

84-185

p. 24

3.1. La fabbrica del saper fare

p. 86

3.1.1. Lo sviluppo ex-ante 3.1.2. Le difficoltà ex-post 3.1.3. L’analisi del modello 3.1.4. Orientare le strategie

p. 88 p. 92 p. 94 p. 100

4. Ricerca e azione 4.1. Designer e maker in Italia 4.1.1. Co-progettare l’offerta 4.1.2. Aspirazioni e necessità 4.1.3. Empowerment generazionale

p. 26 p. 32 p. 50 p. 52 p. 54

4.2. Open Innovation Lab

p. 57

4.3. Design e territorio

p. 60 p. 61 p. 66 p. 68 p. 70 p. 74 p. 79 p. 81

4.2.1. Il rinnovamento strategico 4.2.2. Un nuovo asset per lo sviluppo 4.2.3. Uno spazio progettato

4.3.1. Il distretto Culturale Evoluto di MB 4.3.2. Fab Lab e aziende 4.3.3. I punti di vista dei protagonisti 4.3.4. Le opportunità per lo sviluppo 4.4. Cresciamo insieme 4.4.1. L’analisi del territorio 4.4.2. I risultati dell’indagine 4.4.3. Strumenti strategici 4.4.4. La costruzione dell’offerta 4.4.5. Piano strategico 4.4.6. Modello di gestione

p. 104 p. 106 p. 108 p. 112 p. 116 p. 117 p. 119 p. 120 p. 122 p. 126 p. 128 p. 141 p. 148 p. 150 p. 151 p. 153 p. 156 p. 173 p. 178 p. 184

186-261 5. Il dimostratore 5.1. Premessa 5.1.1. Il contatto con l’azienda 5.1.2. MiP e l’azienda 5.2. L’azienda 5.2.1. Sinergia tra due mondi 5.2.2. Snowsound 5.2.3. Analisi tipologica 5.2.4. Sviluppi e morfologia 5.2.5. Design Brief

5.3 Due contesti a confronto

5.3.1. Gli utenti di riferimento 5.3.2. Customer Journey 5.3.3. Dal brief al prodotto 5.4. Il prodotto 5.4.1. Componenti 5.4.2. Le configurazioni 5.4.3. Modalità di utilizzo 5.5. Modello di business e distribuzione 5.5.1. Gli utenti di riferimento 5.5.2. Customer Journey 5.5.3. Il sistema e le sue relazioni

262-329 6. Conclusioni

p. 188 p. 189 p. 192 p. 202 p. 204 p. 206 p. 208 p. 212 p. 214

6.1. Bilancio della ricerca e dello sviluppo 6.1.1. Le proiezioni sul futuro 6.1.2. Ringraziamenti Bibliografia Indice delle immagini Indice delle Appendici

p. 264 p. 266 p. 267 p. 268 p. 272 p. 278

p. 216 p. 224 p. 226 p. 228 p. 230 p. 234 p. 240 p. 242 p. 250 p. 252 p. 254 p. 256

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Rivalutare gli obiettivi della strategia del complesso Ex-Filanda studiando moderne modalità di professionalizzazione dei giovani creativi per contribuire ad attrarre un network aziendale in grado di condurre alla sostenibilità

Keywords Spazi rigenerati da condividere, Economia collaborativa, Open Innovation Lab, Empowerment generazionale, Fab Lab e Impresa.

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Abstract Il seguente contributo si prefigge di analizzare come i progetti di rigenerazione di spazi da condividere offrano un ambito fertile per la gener di una progettualità rivolta al bene comune (Franceschinelli, 2019).

L’elaborato, nel redigere una riflessione sul ruolo del progettista nel contesto della modernità, indaga il rapporto tra il design e l’innovazione sociale soffermandosi sulla nascita di un sistema manifatturiero distribuito originato della subcultura maker. Analizzando la struttura del Fab Lab e dei modelli ad esso legati, l’indagine verte ad individuare le possibili relazioni edificabili con le piccole medie imprese del tessuto industriale italiano.

La ricerca viene applicata in un caso studio dove grazie alla commistione tra attività culturali e produttive si ambisce a raggiungere una dimensione economica stabile. A tal proposito, il progetto Ex-Filanda, nato, da un programma di rigenerazione architettonica del 2008, e revisionato nell’offerta del modello di servizi da un intervento del Dipartimento di Design del Politecnico di Milano nel 2013, rappresenta un caso unico dove le fasi di ricerca e incubazione hanno generato un laboratorio creativo e produttivo supportato dai talenti del territorio (Arquilla & Barbieri, 2017).

Una storia che ha visto il progetto confrontarsi con le difficoltà emerse: dalla necessità di bilanciare le attività culturali e produttive interne e dal mancato coinvolgimento dell’imprenditorialità locale; mettendo in luce limiti e potenzialità del contesto periurbano. L’analisi dell’elaborato prevede, quindi, di comprendere quale possa essere il ruolo di questo specifico spazio creativo in relazione alle esigenze e possibilità offerte dal territorio (Villari, Maffei & Parini, 2015).

Questa tesi si pone l’obiettivo di redigere un’analisi storica e critica del progetto, rivalutando gli obiettivi della strategia del complesso Ex-Filanda, in particolare nella strutturazione del Creative Lab, e di studiare come moderne modalità di professionalizzazione dei giovani creativi possano contribuire ad attrarre un network aziendale in grado di condurre all’auto-sostenibilità.

Un coinvolgimento finalizzato a permettere un’accelerazione del percorso lavorativo in un ambiente multidisciplinare produttivo che garantisca un confronto diretto con la rete di aziende e artigiani del territorio, generando uno scambio di saperi in grado di offrire gli spunti necessari per l’innovazione di processi e prodotti.

Questo processo di action-research* conduce ad una sperimentazione sul territorio finalizzata allo sviluppo di un polo creativo con le potenzialità di divenire, nell’insieme delle sue relazioni, un punto di riferimento per la collettività grazie ad un’offerta di servizi per la formazione, il lavoro e la ricerca.

Il percorso del contributo si conclude con la collaborazione con l’azienda Caimi Brevetti.

Un’operazione che ha origine dalla ricerca e sperimentazione precedente e che ha offerto la possibilità di portare avanti un progetto “dimostratore” delle opportunità generabili dalla collaborazione tra spazi del saper fare digitale, imprese e giovani creativi.

*Termine coniato da Kurt Lewin nel 1944 e definito nel suo articolo del 1946 “Action-Research and Minority Problems” come una ricerca comparativa sulle condizioni e gli effetti di varie forme di azione sociale […] che utilizza dei passaggi graduali ognuno dei quali è composto da un cerchio di pianificazione, azione e accertamento dei fatti sul risultato dell’azione.

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Metodologia La seguente tesi si struttura attraverso quattro fasi fondamentali che hanno origine dall’iniziale riflessione sul ruolo del progettista nell’attuale contesto lavorativo presente nel primo capitolo.

Il capitolo introduttivo apre all’analisi del contesto dove il progettista opera, mettendo in luce il contributo che può apportare al sistema. Nel procedere si affrontano quindi gli emergenti cambiamenti a livello di produzione e distribuzione soffermandosi sul contesto maker e l’innovazione digitale. Tale riflessione diventa essenziale per introdurre Il terzo capitolo che si incentra sull’analisi, il recupero e lo sviluppo del progetto di ricerca di riferimento del contributo di tesi.

Da questa prima macro-fase, comprendente i primi tre capitoli, emergono gli elementi fondamentali per orientare le strategie del processo di azione-ricerca. Processo che si delinea attraverso l’analisi del contributo che la disciplina può portare lavorando sul territorio e del rapporto tra design e making in Italia.

La fase progettuale successiva ha l’obiettivo di: applicare i temi emersi nella ricerca sul caso studio di riferimento e successivamente, nella relazione con l’impresa, offrire un progetto dimostratore delle possibilità che emergono dalla collaborazione tra progettisti, sistemi distribuiti e imprese.

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Una riflessione sul ruolo del designer che conduce attraverso l’analisi dei sistemi distribuiti a ripensare i modelli di relazionali tra Fab Lab e impresa

Introduzione Il percorso di questo primo capitolo è incentrato a inquadrare la figura del progettista dagli anni Duemila ad oggi. Un processo di analisi in grado di mettere a fuoco i principali cambiamenti nel rapporto tra il designer, il mercato e i luoghi di sviluppo della creatività.

In termini di narrazione questo processo permette di contestualizzare le personali aspirazioni e l’approccio alla professione sviluppato durante lo studio della materia negli anni.

Non è casuale che da questa iniziale riflessione nascano spontanei i punti fondamentali, presentati durante il primo incontro con il relatore, che hanno poi guidato l’intero sviluppo dell’elaborato. La ricerca preliminare verteva infatti su due obiettivi principali: valorizzare il ruolo del creativo in relazione al contesto urbano, promuovendo una crescita locale e utilizzare le realtà dei Fab Lab per offrire ai progettisti un luogo fisico dove poter lavorare al servizio della città per generare valore.

riscontrate nello sviluppo all’interno di un contesto periferico, quasi rurale. Il confronto con un progetto, con già una storia alle spalle, ha offerto la possibilità di una verifica graduale delle varie ipotesi strategiche per lo sviluppo.

Un riferimento tangibile che ha permesso l’analisi dei fattori di stallo e il recupero di parte degli obiettivi iniziali per lo sviluppo di due strategie di engagement coerenti con il progetto d’impresa.

Un riferimento tangibile che ha permesso l’analisi dei fattori di stallo e il recupero di parte degli obiettivi iniziali per lo sviluppo di due strategie di engagement coerenti con il progetto d’impresa.

Da questo primo incipit progettuale-sistemico si è presa in considerazione la possibilità di un intervento progettuale di “contaminazione urbana”. Una operazione che si prefigurava con gli stessi presupposti di sovversione della street art offrendo però delle risposte progettuali eterogenee ai bisogni dei cittadini potendo attuarsi con una serie specifica di prodotti condivisi, di servizi o di policy a livello comunale.

A seguito dei primi colloqui esplorativi Il focus si è spostato su un progetto di ricerca condotto da Politecnico di Milano dal 2013 al 2016 in un contesto peri-urbano.

La natura del progetto e la sua evoluzione dall’attivazione offrivano la possibilità di studiare un modello esistente di makerspace e le difficoltà

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Il ruolo del progettista

1. Il ruolo del progettista 1.1. Le nuove generazioni All’interno del suo libro, Dopo gli anni Zero: il nuovo design italiano, C. Alessi (2011) offre una panoramica interessante legata all’evoluzione della figura del progettista.

Per l’analisi del paragrafo è interessante ripercorrere gli elementi chiave della riflessione storico-culturale dell’autrice.

Le prime grandi trasformazioni sono da associarsi ai primi anni del Duemila quando la figura del designer inizia una fase di trasformazione legata alla diffusione della disciplina su larga scala. Il termine stesso “design” viene applicato come un’etichetta con estrema facilità.

La disciplina compie un salto di scala notevole acquistando valore anche per il grande pubblico inesperto. Crescono in maniera esponenziale nuove aziende che aspirano ad una ulteriore autorevolezza nel settore assorbendo le energie creative.

Il rapporto con l’azienda e con la didattica, nato dall’esperienza tedesca degli anni ’20*, assume una connotazione talmente definita che permette alle masse di identificare la figura del “designer” associandolo ad un contesto creativo-inventivo.

Una massificazione che estrapola il progettista dal contesto dell’intellettuale a tutto tondo dei grandi Maestri del passato (Alessi, 2011).

Un’epoca, quella dove vive il designer del Duemila, in cui la firma si impone sul prodotto, mettendo in secondo piano le creazioni. Sistema che conduce a raggiungere la visibilità delle riviste anche di settori contigui a quello del design. Un contesto apparentemente comodo dove però il progettista si confronta con un sistema caotico e privo di prospettiva. Si diffonde quindi l’idea che il design contemporaneo italiano sia piuttosto uniformabile e mondano per molti in sintesi senza anima.

Se negli anni del boom economico la partecipazione del progettista garantiva, infatti, un ruolo di attore nel riassetto geo-industriale, negli anni Duemila le generazioni che si affacciano alla materia non portano i risultati artistico-culturali ed economici sperati.

Le problematiche principali nascono dal difficile collocamento dei progettisti nel contesto culturale e creativo. Il primo decennio del Duemila rappresenta infatti un periodo di crisi dell’impresa e della cultura dove il designer italiano non ricopre una figura chiave per lo sviluppo economico a causa di un’identità progettuale che oscilla tra l’uniformità e il distacco con la generazione precedente.

Le nuove generazioni di progettisti perdono appeal, rispetto ai “Maestri” del passato e le grandi fabbriche del design italiano guardano all’estero, dove, infatti, si affermano le grandi firme di questi anni. Il designer italiano in questo periodo tende quindi a cercare partner al di fuori delle aziende storiche legate al progetto.

L’attenzione si sposta quindi dalle storiche Fabbriche del Design Italiano** verso una nuova categoria di imprese, con una storia radicata nei vent’anni precedenti.

Queste realtà diventano interlocutori più facili per i nuovi progettisti offrendo contesti dinamici dove esprimersi.

Si tratta di ambienti di lavoro che offrono nuove opportunità e modelli dove il designer ha la possibilità di cimentarsi anche con competenze parallele permettendo così di crescere e trovare un valore aggiunto da poter spendere sul mercato.

La figura professionale si evolve grazie ad un ventaglio di competenze più ampio ed eterogeneo.

(Alessi, 2011).

*Il riferimento è alla Scuola del Bauhaus attiva dal 1919 al 1933 nel contesto storico-culturale della Repubblica di Weimar.

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Valorizzare il ruolo del creativo, promuovendo una crescita locale e offrendo ai progettisti un luogo fisico dove poter lavorare al servizio della città **Fabbriche storiche per il design italiano come: Zanotta, Cassina e Kartell che nei primi anni Duemila coinvolgono Designer internazionali; ne sono un esempio le collaborazioni tra Kartell e Philippe Starck tra le quali spicca. Louis Ghost Chair del 2002.

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Una rivoluzione costruita sulla filosofia open source che apre ad un’idea di progetto inclusivo ed etico abilitato dalla diffusione delle tecnologie digitali

Se le nuove aziende rappresentano una sfida e un’opportunità per il progetto la vera novità con cui le imprese devono fare i conti risiede nella possibilità che i processi di produzione possano essere detenuti dal designer stesso.

Il progettista è arrivato, quindi, a farsi una domanda fondamentale: se la produzione in azienda è delegata a terzi e la distribuzione tradizionale mostra tutte le sue criticità è davvero insostituibile la competenza specifica di un’impresa rispetto a quella di un designer?

(Alessi, 2011).

Il passaggio successivo porta ad immaginare un contesto unico dove concentrare l’ideazione, la produzione e la distribuzione. In Italia la figura che si delinea è quella dell’auto-produttore* (Maffei, 2014). Un fenomeno apparentemente di ritorno se si guarda all’esperienze precedenti dove già altri maestri degli anni Settanta** avevano intrapreso dei progetti di impresa legati al concetto di autoproduzione dei propri manufatti.

La differenza sostanziale di questo passaggio storico sta nei presupposti su cui si basa, ossia l’idea di un design diffuso, inclusivo ed etico fondato sulla accessibilità delle tecnologie additive e sottrattive digitali (Stampanti 3D, Taglio Laser e Fresa).

Una rivoluzione costruita sulla filosofia dell’open source che ribalta il rapporto tra designer, produttore e consumatore costruendosi su un modello di peer to peer production, in cui ogni gerarchia viene rimessa in discussione.

Un’ondata che porta alla riscoperta della manodopera qualificata e alle conoscenze artigianali che si trasformano alimentate da processi digitali. Si apre, così, ad uno scenario di cambiamento dei mercati, delle merci e dell’accessibilità.

*Il concetto di autoproduzione ampiamente inteso, nella relazione con il designer e il design, in senso cognitivo e organizzativo ancorché abilitato dalla tecnologia (Maffei, 2014). **Nel 1974 Enzo Mari pubblicava: Autoproduzione, Manuale per costruirsi da sé i mobili.

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In Italia la riflessione dei progettisti intrigati dal tema mette in discussione la validità del sistema e conduce inevitabilmente ad una ridefinizione del ruolo del designer. Le ipotesi di autonomia produttiva stimolano i creativi ad affondare le loro radici in contesti differenti.

In Europa, inizialmente, questa rivoluzione è perlopiù legata al movimento Makers che arriva in Italia su vasta scala nel 2010/2012 con i grandi eventi di Roma, Venezia e Torino, rispettivamente con: Maker Faire, Open Design Italia e Operae.

Negli stessi anni a Torino nasce il primo Fab Lab, un contesto che diventerà uno dei centri principali della riflessione sul tema.

Il concetto di rete e il suo sviluppo sul territorio, nelle sue relazioni fisiche e digitali, rappresenta uno snodo fondamentale della riflessione dell’elaborato. In questo l’analisi del caso studio di riferimento, si prefigge di studiare e analizzare gli elementi con cui costruire una relazione tra i centri di sviluppo creativo e le imprese del territorio.

I Fab Lab sono, quindi, luoghi di condivisione delle conoscenze dove a target di utenti multilivello, per conoscenze e capacità, viene permesso l’accesso alle tecnologie di fabbricazione digitale per sviluppare idee e progetti grazie all’utilizzo di software e hardware open source. Ne è un esempio il microprocessore Arduino*** che è diventato in poco tempo uno dei motori principali della nuova rivoluzione digitale.

Uno strumento commercializzato a basso costo che ha dato vita ad una community di scambio, perfezionamento e rilancio per la creazione collettiva di prodotti aperti e condivisibili.

Questo passaggio ha permesso la commistione tra analogico e digitale grazie a prodotti interattivi adattabili anche ad una meta-produzione.

In questo panorama la rete diventa un veicolo imprescindibile.

Uno strumento per la condivisione capace di generare dei network attivi; delle comunità basate sullo scambio continuo delle conoscenze.

***Una piattaforma hardware ideata e sviluppata nel 2005 da Massimo Banzi e altri membri dell’Interaction Design Institute di Ivrea come strumento per la prototipazione rapida, per scopi hobbistici, didattici e professionali.

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1.1.1. Progettare per il bene comune Dalle prime ipotesi di sviluppo del percorso di tesi il progetto CITTASTUDIO*, nato durante il FuoriSalone 2019 in Citta Studi, quartiere a Est di Milano, ha rappresentato per me un’ispirazione e un punto di riferimento.

Nonostante esistano diversi progetti simili che valorizzano le stesse tematiche, questo, agendo nel mio stesso contesto cittadino e nello stesso periodo in cui riflettevo su un concetto di design partecipativo** al servizio del quartiere, ha sostanzialmente confermato l’attualità della riflessione sul tema.

Quello che maggiormente acquistava significato in relazione al mio percorso era che un gruppo di designer si era autonomamente incontrato con l’idea di progettare dei piccoli artefatti da mettere a disposizione del quartiere sfruttando le tecnologie di fabbricazione digitale. Piccoli interventi progettuali dove la tecnologia abilitava delle riflessioni interessanti sulla vita del quartiere.

Sebbene l’indirizzo del contributo di tesi si sia spostato da un contesto urbano a peri-urbano, il progetto per la tipologia di interpretazione della tematica rappresentava comunque un caso interessante.

Questa stessa dinamica mi ha poi spinto a intervistare Filippo Protasoni, uno dei progettisti coinvolti, per capire sostanzialmente come fosse nato il progetto.

CITTÀSTUDIO nasce da una proposta di Claudio Larcher e Francesco Fusillo successivamente alla quale un team di tredici designer ha lavorato

insieme per capire come poter contribuire a migliorare, attraverso il progetto, la vita del loro quartiere. Ogni designer ha creato un oggetto pensato secondo le esigenze e urgenze degli abitanti del quartiere: dei piccoli gesti per tornare a voler bene al luogo in cui si abita.

Il teatro del progetto denominato CITTÀSTUDIO è stato il mercato Fusina dove si è scelto di vendere gli oggetti risultati dalla collaborazione tramite una vending machine ad un prezzo simbolico.

Dopo aver acquistato nel mercato rionale si otteneva infatti un gettone per poter accedere ad uno dei progetti con il fine ultimo di “donarli” letteralmente al quartiere (Pichler, 2019).

Nella fase primordiale della ricerca di tesi è stato intervistato uno dei partecipanti: Filippo Protasoni, che ha progettato “Micro giardino diffuso”.

Come è nato il progetto e da che aspirazioni?

Da un’idea di Claudio e Francesco, davanti a una birra o una pizza, in un clima assolutamente rilassato, abbiamo iniziato a discutere di come il designer oggi possa contribuire a migliorare il contesto del proprio quartiere, cercando di valorizzare realmente le persone che vivono la città e il territorio.

Perché il mercato?

La scelta non è stata casuale, i mercati rappresentano in città dei centri di aggregazione singolari e purtroppo in via di estinzione, dove le persone si raccolgono in un rituale unico. Sono spazi dove realmente si percepisce il valore del territorio, tra accenti marcati e prodotti locali.

Filippo Protasoni racconta CiTTÀSTUDIO, MDW 2019 * Progetto: CITTÀSTUDIO Designer: C.Larcher, F.Fusillo, From outer Space, A.Gianni, A. Gnocchi, Studio Lido, Lorenz+Kaz, Martinelli Venezia, PlayArchitecture, F.Protasoni, G.Sforza, Supercake, Tecnificio, TourDeFork.

Luogo: Mercato Fusina, Piazza Andrea Fusina 3 Milano Quando: 8-13 Aprile 2019

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E la scelta della vending machine?

Una volta deciso di collocare l’operazione nel mercato Fusina, l’idea è nata spontaneamente.

Si è scelto di veicolare il contenuto tramite un distributore automatico di progetti; un prodotto “apolide” testimone fisico della distribuzione massiva collocato all’interno del simbolo della sopravvivenza locale, il mercato. Questo ha permesso di definire anche la dinamica della compravendita. Infatti, dopo un tot di spesa, era possibile guadagnare un gettone da spendere in un progetto.

Fig. 1 Ceci n’est pas un Bansky, Tecnificio.

Qual era l’obiettivo?

Per noi era cercare il modo in cui il design potesse essere una ricetta efficace per migliorare le vite di quartiere. Abbiamo cercato di stimolare la condivisione, offrendo progetti da acquistare per essere donati alla città.

I progetti?

I 15 progetti totali si sono concentrati su tre temi fondamentali: l’ambiente, le persone e i servizi.

Così le proposte nelle loro forme differenti hanno analizzato comportamenti e dinamiche reali del contesto urbano per offrire soluzioni semplici ma reali.

Tutti i progetti, stampati in 3D, hanno tenuto in considerazione i comportamenti antisociali, come parte integrante dell’operazione. Le dinamiche urbane coinvolgono infatti, categorie molto varie di utenti che si approcciano a servizi e prodotti secondo le loro priorità e comodità. Questo innesca una serie di comportamenti difficilmente prevedibili spesso dettati dalla stessa conformazione dei condomini e del quartiere.

Fig. 2 Micro giardino diffuso, Filippo Protasoni.

L’interesse nell’operazione nasce per il contesto di applicazione e lo strumento utilizzato ossia la stampa 3D. È sempre più chiaro che l’impatto delle tecnologie additive aumenta in relazione

**Approccio che prevede un coinvolgimento attivo di tutti i soggetti interessati nel processo di progettazione affinché il risultato finale soddisfi bisogni reali con soluzioni facilmente usufruibili

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all’utilizzo che se ne fa, offrendo soluzioni rapide e interessanti diffondibili sul territorio.

Il potenziale della fabbricazione digitale per l’innovazione sta proprio nell’interpretazione progettuale delle sue applicazioni. Interpretazioni che permettono infatti di trasformare i limiti in opportunità impattando sulla quotidianità delle persone al di fuori del normale rapporto di domanda e offerta del mercato.

Il progetto illustrato decontestualizza la tecnologia dal suo ambito di appartenenza, il laboratorio, offrendo degli spunti di rilievo per la diffusione di prodotti e servizi semplici e veloci possibili grazie alla democratizzazione dei processi tecnologici.

1.1.2. Interpretare la professione In linea con quanto detto le domande che sorgono sono strettamente legate al ruolo che le nuove generazioni possono assumere in relazione al design. Concentrandosi in particolare su cosa vuol dire essere designer oggi senza uniformarsi alle generazioni precedenti e senza distanziarsi esclusivamente per negazione del movimento storico passato.

In linea con quanto detto le domande che sorgono sono strettamente legate al ruolo che le nuove generazioni possono assumere in relazione al design. Concentrandosi in particolare su cosa vuol dire essere designer oggi senza uniformarsi alle generazioni precedenti e senza distanziarsi esclusivamente per negazione del movimento storico passato.

La necessità di “dare senso alle cose” è una caratteristica intrinseca di questa professione la cui essenza etimologica è strettamente legata a questo concetto.

Nell’evoluzione della figura del progettista la

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ricerca del significato è stato sempre un punto fondamentale. In una società che nel 2002 vedeva l’ascesa della classe creativa, con un 30% della popolazione mondiale coinvolta (Florida, 2002), i numeri elevati di appartenenza alla categoria non hanno portato ad un eguale contributo alla costruzione di immaginari futuri.

In Italia il contesto culturale creativo allo stesso modo ricopre un ruolo cruciale nell’evoluzione del paese. Gli occupati di questo sistema nel 2019 sono 1,55 milioni, anch’essi in crescita in misura pari al 1,5% rispetto al 2018, confermando un contributo alla occupazione complessiva del Paese pari al 6,1%, all’interno della quale anche in questo caso la componente delle attività creativedriven è il 2,3% (Fondazione Symbola, 2019).

Ad oggi, alla luce dei cambiamenti che la società sta vivendo, per perseguire un’innovazione design-driven è fondamentale non perdere il contatto con il significato del progetto.

Nello stesso modo con cui sul mercato aziende del calibro di Apple, Nintendo e Artemide hanno saputo, non solo leggere le esigenze dei consumatori bensì reinterpretare il significato dei loro prodotti, così il progettista oggi è chiamato ad una maggiore ampiezza di vedute in grado di permettergli di scindersi dalla sfera unica del prodotto per abbracciare la dimensione sistemica proponendo un’innovazione in grado di impattare su fasi diverse della supply-chain.

In un universo apparentemente frammentato tra autoproduzione e produzione come deve porsi il designer nel rapporto con l’azienda?

Nonostante le criticità che il sistema industriale ha esibito nel corrispondere alle esigenze dei progettisti, sorge il dubbio che nella scelta di affidarsi completamente per aspirazione o

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necessità all’autoproduzione, non si faccia altro che alimentare le crepe dei due mondi eleggendo le imprese a mere forze motrici del profitto (Alessi, 2011).

Questi modelli, apparentemente in origine contrapposti, però già convivono.

Le aziende sperimentano in serie limitate con differenti tecnologie e i progettisti utilizzano l’autoproduzione con scopi e finalità differenti.

Per questo nell’avvicinarsi alla conclusione del percorso di Laurea Magistrale è necessario definire le direzioni di orientamento intorno al quale costruire la propria professionalità.

Credo fermamente nelle potenzialità che questa disciplina concede per il cambiamento.

Un cambiamento che si fonda, come studente di Integrated Product Design, nel riconoscimento del predominio del complesso sul prodotto.

La professione di designer, oggi, offre il potere di intervenire sul sistema attraverso strumenti di

varia natura. Nel profondo legame con la sfera del prodotto uno dei punti chiave della riflessione si colloca nell’analisi dell’impatto del sistema manifatturiero.

Da questa riflessione nasce il mio personale avvicinamento alla filosofia dell’Open Source e al mondo della digital fabrication.

Un contesto dove si valorizzano i dati aperti, al fine di stimolare l’innovazione e sviluppare soluzioni, prodotte localmente, condivisibili tra città e territori, dando priorità alle persone e alla cultura rispetto alla tecnologia, con l’obiettivo di trasformare le città in ecosistemi viventi e resistenti.

Una progettazione carica di significato equa ed inclusiva, mediata e costruita sulle tecnologie, ma messa al servizio del benessere e delle aspettative delle persone.

Un orientamento al progetto che si fonda sul riconoscimento del predominio del sistema sul prodotto

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Lo studio ha l’obiettivo di redigere un nuovo modello per Make in Progress, Creative Lab, nato all’interno di Ex-Filanda.

Un piano strategico che sia in grado di portare alla sostenibilità economica facendo leva su un rapporto collaborativo tra progettisti e imprese del territorio all’interno di uno spazio fondato sulla condivisione delle competenze legate al “saper fare”

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10-21 1.1.3. Design Challenge Da quest’orientamento al progetto è nata la ricerca della tesi che si delinea nel rapporto tra il patrimonio architettonico italiano, i nuovi luoghi di sviluppo della produzione e del lavoro e un distretto imprenditoriale e artigianale evoluto.

Lo studio ha l’obiettivo di redigere un nuovo modello strategico per Make in Progress, un Creative Lab, nato all’interno di Ex-Filanda: un progetto di rinnovamento edilizio di un fabbricato industriale finanziato da un bando di Fondazione Cariplo.

Un modello strategico che sia in grado di portare alla sostenibilità economica facendo leva su un rapporto collaborativo tra progettisti e imprese del territorio all’interno di uno spazio fondato sulla condivisione delle competenze legate al “saper fare”.

Questo avviene tramite l’analisi dei termini del micro-fallimento che hanno impedito un coerente sviluppo d’impresa. Dall’individuazione delle criticità multilivello emerse si è sviluppato un parallelo con i bandi del terzo settore legati alla rigenerazione di spazi da condividere cercando di mettere in luce i fattori propedeutici al successo trasferibili nel contesto peri-urbano.

L’evoluzione di parte degli obiettivi iniziali del progetto ha permesso inoltre di pensare una nuova modalità di professionalizzazione dei giovani creativi.

Contemporaneamente è stata necessaria un’analisi approfondita delle realtà imprenditoriali del territorio per studiare un modello di offerta personalizzato. Modello che è stato costruito sull’analisi delle collaborazioni di successo tra laboratori di fabbricazione digitale e imprese lombarde.

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Il sistema p. 23

2. Il sistema 2.1. Boring revolution Se la prima fase di argomentazione dell’elaborato inquadra il ruolo del progettista nel contesto di una società in evoluzione, in questa parte l’attenzione si sposta sul motore che quest’ultimo deve contribuire ad alimentare: la cultura.

Viviamo un periodo di crisi della società e la cultura è chiamata a mobilitare un cambiamento radicale per affrontare le sfide del presente.

Nonostante le problematiche imminenti si manifestino di fronte a noi con sempre maggiore evidenza, c’è una tendenza all’assurdo che crea delle realtà d’impresa anacronistiche quasi in controtendenza con l’evoluzione sociale e culturale.

Questo avviene poiché abbracciare il cambiamento, in ogni sua forma, implica un rischio finanziario che si somma alle complessità di agire nel sistema moderno. Quindi seguendo la provocazione che pone Indy Johar* (Johar, 2018), cofondatore di un laboratorio per la progettazione delle infrastrutture istituzionali, come è possibile agire in un mondo così complesso costruendo dei sistemi in grado di far germogliare una cultura propositiva e generativa?

Sicuramente alcuni dei mezzi adoperabili per lo sviluppo risiedono nella creatività e nella sua democratizzazione, in cima alla quale siede la stessa innovazione di processi e politiche.

Il primo vero passo sta però nel considerare il welfare come un investimento e non come un costo. Questo serve a trasmettere l’idea che il valore pubblico sia in grado di generare valore privato e valore culturale. In termini di governance è, però, un ulteriore fattore ad assumere particolare rilevanza ossia il valore invisibile: che risiede nella capacità delle istituzioni di attuare politiche anticipatorie.

Fig. 3 Andy Lamb, Co-authorship network map of physicians publish

*Indy Johar è un architetto, co-fondatore di 00. Più recentemente ha fondato Dark Matter, un laboratorio sul campo che si occupa di ridisegnare radicalmente le infrastrutture burocratiche e istituzionali delle nostre città, regioni e paesi per una grande transizione più democratica e distribuita.

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Un’economia preventiva che è possibile costruire con una “Boring Revolution” (Johar, 2018).

Una rivoluzione portata avanti da 7 drivers fondamentali: 1) la decentralizzazione della distribuzione e della produzione; 2) l’aumento della proliferazione delle innovazioni istituzionali; 3) la nascita di innovatori civici** (Von Hippel, 2005); 4) La democratizzazione dell’accesso al mercato e al potere; 5) Una nuova alba tecnologica; 6) Ecosistemi integrati; 7) La fondazione di una scienza dell’ingiustizia per mettere in evidenza il reale valore negativo della discriminazione e delle differenze di classe (Johar, 2017) .

Una rivoluzione, quella di Johar, che fa leva su un necessario alleggerimento del sistema burocratico che permetta di trasformare la società del government in una di governance decentralizzando le decisioni.

Semplificare la burocrazia per promuovere uno sviluppo delle infrastrutture del territorio.

Una constatazione, quest’ultima, tratta dal suo discorso introduttivo, tenutosi a BASE nel 2019, che apre l’evento di premiazione dei progetti vincitori dell’edizione del bando Culturability promosso da Fondazione Unipolis.

hing on hepatitis C, 2012.

** L’innovatore civico, come lo definisce Indy Johar (Innovation needs a Boring Revolution, 2017) è una figura che hackera e sviluppa nuovi prodotti su esigenze condivise. La democratizzazione della tecnologia e il vuoto lasciato dall’offerta del mercato lo ha spinto a superare i propri limiti. Si tratta di figure che operano in un’ ampia varietà di campi, dalla medicina all’insegnamento, sfidando la capacità della regolamentazione di governare l’ascesa dei micro-innovatori. Una realtà ampiamente documentato in Democratizing innovation (Von Hippel, 2005).

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2.1.1. Rigenerare spazi da condividere

Registrare lo stato e lo sviluppo dei piani di rigenerazione, studiando le potenzialità e le criticità nella generazione di valore culturale

Culturability è un bando di Fondazione Unipolis che da oltre 6 anni finanzia i progetti di rigenerazioni urbana su tutto il territorio italiano.

La natura del caso studio di Ex-Filanda, in analisi nell’elaborato di tesi, ha permesso la costruzione di un parallelo naturale con bandi, come questo, appartenenti al terzo settore.

Il progetto Ex-Filanda nasce, infatti, da un’iniziale finanziamento di Fondazione Cariplo che ha poi portato al coinvolgimento di Regione Lombardia e Camera di Commercio Monza e Brianza.

Durante la ricerca i contatti con Roberta Franceschinelli, coordinatrice di Culturability, hanno permesso di dipingere un quadro completo sullo sviluppo e monitoraggio dei progetti vincitori del bando dal 2013 al 2016.

Un’indagine che si è posta l’obiettivo di registrare lo stato di esistenza e avanzamento dei programmi di rigenerazione ad almeno 3 anni dal lancio, identificando: le attività, le ipotesi di sviluppo, gli output e gli outcome con un approfondimento sulle modalità e difficoltà nella generazione di valore culturale.

La rigenerazione degli spazi da condividere, in Italia, rientra nella conservazione e rivalutazione dei beni architettonici in disuso. È uno strumento fondamentale per un processo di riattivazione territoriale sostenibile. Nonostante ciò emergono non poche difficoltà nella gestione di queste attività che in una casistica non indifferente hanno chiuso una volta terminati i finanziamenti.

Sulla base di 49 progetti analizzati, comprendenti i vincitori della I, II e III edizione e i finalisti della II e III edizione, ben 12 progetti non risultano più attivi: 7 di questi erano vincitori della I edizione e 5 finalisti della II e III edizione (Franceschinelli, 2019).

*Mercato Sonato, vincitore II ed., è un progetto di recupero di un mercato comunale coperto di Bologna, promosso dall’Orchestra Senzaspine in collaborazione con l’associazione Arancine. http://www.mercatosonato.com/

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Solo 18 progetti sono a regime mentre i rimanenti sono ancora in fase di Start Up. Da questo punto di vista uno dei progetti con maggiore sviluppo dall’anno di lancio è stato Progetto QUID. Si tratta di una cooperativa sociale che tramite il proprio brand di moda etica offre opportunità d’impiego e crescita professionale a quanti si trovano in circostanze di fragilità lavorativa in Italia.

L’obiettivo è fare la differenza sul mercato tramite delle collezioni limited edition che nascono da eccedenze di produzione recuperate a livello nazionale.

Vincitore del bando 2013/2014 nel 2019 QUID ha raggiunto un fatturato di 3.3 milioni di Euro facendo registrare un aumento dall’anno precedente di circa 700 mila Euro. Il progetto in cui sono coinvolti 115 soci lavoratori, tra cui 92 donne contando 52 dipendenti stranieri d cui 22 richiedenti asilo. Un esempio di innovazione sociale sostenibile che conta un partenariato con 24 aziende tessili (Progetto QUID, 2019).

Nell’analisi generale dello stato di avanzamento delle start up il fallimento ha un ruolo fondamentale. Per Culturability e i progetti stessi questo processo critico permette di evidenziare gli elementi deboli della strategia di supporto.

I fattori principali che determinano, secondo il monitoraggio, un erroneo sviluppo del progetto si riconducono in molti casi alle elevate risorse iniziali da investire che impediscono di proiettarsi sulle opportunità future finendo per portare alla scissione dei gruppi di lavoro.

I risultati della I edizione confermano le difficoltà descritte. Solo due progetti, non specificati dallo studio, sono, infatti, stati in grado di raggiungere la necessaria stabilità economica.

In relazione a tutte e tre le edizioni risulta interessante sottolineare che la natura dello spazio condiviso rappresenta uno dei maggiori motivi di ingaggio del team nel medio lungo termine indipendentemente dalle difficoltà che emergono sotto il profilo della sostenibilità economica.

Fig. 4 Dati del monitoraggio 2019 del bando Culturability - Stato dei progetti vincitori.

**CasciNet, vincitore della III ed., è un progetto impegnato ri nel recupero di Cascina Sant’Ambrogio a Milano, attraverso interventi culturali e azioni sociali finalizzati a restituire il bene alla comunità territoriale, con la quale sono stati attivati percorsi di co-progettazione, partendo da una lettura attenta dei suoi bisogni. https://cascinet.it/

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L’indagine evidenzia in modo chiaro come di fronte a queste casistiche si debba definire i progetti come processi in continuo mutamento.

Sonato di Bologna e la CasciNet di Milano che valorizzano dei luoghi di aggregazione tradizionali e dei beni in disuso restituendoli alla cittadinanza.

Questa caratteristica fa emergere la forza e le debolezze di organizzazioni che seppur generate con una missione coerente sono costrette ad adattarsi continuamente alle modifiche del contesto in cui si trovano, ridefinendo modelli organizzativi, di business e di governance per assicurarsi una condizione di sostenibilità economica.

Gli elementi ricorrenti nella casistica di successo stanno: nell’accesso culturale alle fasce sociali più deboli; nei linguaggi creativi come strumento per favorire i processi di inclusione e nell’offerta di un inserimento lavorativo per le nuove generazioni.

Fig. 5 Dati del monitoraggio 2019 del bando Culturability - Funzionalità degli spazi.

Il monitoraggio delle prime tre edizioni sottolinea una predilezione verso gli spazi ibridi e multidisciplinari.

I dati evidenziano, inoltre, l’importanza della componente sociale per un impatto valido sul territorio.

Nei progetti vincitori la dimensione sociale convive, infatti, con quella culturale con accenti diversi ed elementi di forte originalità. Ne sono un esempio tangibile i progetti come il Mercato

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Come nel caso di YouTopia, progetto promosso dall’associazione culturale Zero, nato con l’obiettivo di trasformare un casolare in un hub di formazione e produzione di contenuti di storytelling, audiovisivi e crossmediali in modo da favorire le opportunità di lavoro per giovani figure professionali.

Un’attivazione e un ingaggio della comunità in grado di ricostruire nuovi immaginari dando vita a

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Fig. 6 Dati del monitoraggio 2019 del bando Culturability - Gli spazi ibridi.

veri e propri presidi culturali che offrono risposte tangibili ai bisogni dei territori in cui operano.

Le competenze in questi contesti assumono rilevanza cruciale. In particolare, le soft skills rappresentano una risorsa importante per gestire le relazioni di negoziazione con i vari attori territoriali. Quello che il monitoraggio evidenzia è la necessità di rafforzare le competenze legate all’ambito amministrativo, fiscale, al marketing e alla comunicazione, fattori imprescindibili per acquisire la necessaria visibilità sul territorio.

La risorsa di uno spazio ancora una volta rappresenta un punto di forza da non sottovalutare. I progetti legati ad un ambiente

Il terzo settore è in grado di dare vita a modelli economici funzionali?

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e contesto specifico tendono a creare maggiori partnership sul territorio; partnership che contribuiscono in maniera fondamentale nell’erogazione delle attività core. Le relazioni con il tessuto imprenditoriale sono invece blande come i rapporti con le grandi istituzioni culturali.

La natura sociale dei progetti tende spesso a impedire un’analisi qualitativa, per la scarsa capacità dei team di descrivere e rappresentare i fenomeni economici trattandosi di modelli di business variabili nel tempo. Le combinazioni sperimentate rendono inoltre la descrizione del modello di sostenibilità molto complessa.

Le forme giuridiche con cui i progetti si identificano sono nella maggior parte dei casi infrastrutturazioni leggere e reversibili che in alcuni casi presentano una governance duale tra progetti no profit e profit.

Ricercando all’interno dello studio dei pattern di riferimento si può notare che la principale differenza tra i vincitori della I edizione e quelli della II e III edizione stia nell’offerta erogata. Se il punto di forza per i primi era un modello basato sulla vendita di prodotti e servizi, per i secondi la varietà di erogazione e di servizi è il vero carattere distintivo.

L’evoluzione dell’offerta erogata continua anche nelle edizioni successive orientandosi verso tematiche differenti: tecnologia, arte e lavoro.

Così, sebbene affiorino, anche in questa edizioni, differenti complicazioni nello sviluppo dei progetti, nell’analisi dei vincitori e finalisti delle ultime tre edizioni, è evidente una predilezione verso contesti ibridi riconducibili a 3 categorie fondamentali: 1- Centri di aggregazione culturale multidisciplinari che si focalizzano sulla formazione, l’inclusività delle categorie più deboli e sul recupero delle

conoscenze tradizionali 2- Hub per professionisti e creativi del progetto che si concentrano sul co-working, la progettazione per il paesaggio, la moda sostenibile, il making e contenuti digitali innovativi.

3- Centri di sperimentazione artistica il cui focus diventa l’arte digitale, la diffusione dell’arte contemporanea, il teatro e la musica.

Tutte e tre le categorie fanno riferimento ad un recupero architettonico di diverso genere che ha permesso, secondo le norme del bando, di attivare dei poli di aggregazione sociale.

In relazione alla riflessione del contributo ci sono diversi progetti che nel parallelo con il caso studio di riferimento della tesi, approfondito nel capitolo 3, acquistano rilevanza.

Da una parte si tratta di quelle proposte che, seguendo la riflessione del primo capitolo, si interrogano sul ruolo del progettista oggi e dall’altra della formazione di poli di riferimento per il territorio.

All’interno dei vincitori della I ed. e i finalisti della II ed. troviamo infatti, diversi progetti che offrono una riflessione sul ruolo del progettista e sull’eticità stessa del prodotto finale*.

Gli anni delle due edizioni sono infatti quelli della diffusione su larga scala, in Italia, delle tecnologie di fabbricazione digitale e della formazione dei primi Fab Lab** .

Il biennio 2013-2015 è non a caso lo stesso in cui si definiscono le tematiche fondamentali del progetto di Ex-Filanda che trova punti di contatto con diversi progetti partecipanti al bando tra cui VoloCreativo**, con cui Ex-Filanda condivide la volontà di sperimentare le potenzialità delle tecnologie di fabbricazione digitale.

*Code0039, startup per l’aggregazione di designer e progettisti autoproduttori. Vincitore del bando 2013/2014. http://www.code0039.it ; Progetto QUID, un brand di moda eco-casual che propone collezioni fabbricate a mano da donne con un passato di fragilità recuperando tessuti. Vincitore del bando 2013/2014. https://shop.progettoquid.com/;

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Nascono progetti di rigenerazione architettonica e promozione sociale in grado di generare valore nuovo dando vita a veri e propri presidi culturali che offrono risposte tangibili ai bisogni dei territori in cui operano Per quanto riguarda la formazione di incubatori e poli di riferimento per il territorio le cinque differenti edizioni offrono moltissimi casi di riferimento.

I progetti che maggiormente si allineano allo sviluppo del progetto Ex-Filanda sono sicuramente: Kilowatt Cop, vincitore della I ed.; Lottozero vincitore della IV ed.; Ex-Fadda vincitrice con il progetto “Da Grande Sarò un Teatro” della V ed. e Spazio 13 finalista della V ed.. Progetti che proprio nel paragone con Ex-Filanda vengono approfonditi nel paragrafo successivo.

**Il primo Fab Lab in Italia apre a Torino nel 2011. ***ADDLab (VoloCreativo) è una startup innovativa che opera nel campo del design, con un particolare interesse per i metodi di produzione additiva. http://www.volocreativo.it

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2.1.2 Le storie sul territorio italiano La provenienza dei progetti sul territorio italiano, con una base statistica inerente a 3112 progetti partecipanti durante le 5 edizioni, vede il Sud e le Isole dominare con il 43%, seguiti da un 36% del Nord e un 21 % del Centro Italia (Franceschinelli, 2019).

Due dei casi studio presentati, Lottozero e Spazio 13, all’interno della propria analisi presentano inoltre, un focus legato agli elementi di interesse emersi durante delle interviste telefoniche condotte**. Il suddetto approfondimento ha seguito alcuni punti fondamentali legati a:

I casi studio seguenti, relativi a progetti vincitori di diverse edizioni, rappresentano, nella stesura dell’elaborato, un punto chiave della riflessione.

1- Lo stato del progetto prima e dopo la vincita del bando Culturability.

I progetti, che variano dallo sviluppo di una professionalità correlata con il capitale territoriale* alla creazione di comunità attive e consapevoli di cittadini, permettono di individuare tipologie di modelli in grado di portare all’auto-sostenibilità economica o addirittura ad uno sviluppo d’impresa evoluto. Per questo è necessario soffermarsi sull’analisi dell’offerta erogata e del valore generato, al fine di poter estrapolare, in seconda analisi, gli elementi unici o comuni che orientano il successo.

Una casistica che permette di rispondere alla domanda cruciale: il terzo settore, è in grado, di generare successivamente ad un finanziamento top-down, lo sviluppo di un modello economico funzionale alle esigenze degli stakeholders attivi e passivi coinvolti?

2- I modelli di gestione interni ed esterni adottati per raggiungere la sostenibilità e per garantire la dovuta dignità economica ai partecipanti.

3- La community e il network sul territorio: la modalità d’ingaggio con cui i progetti sono entrati in contatto con partner pubblici e privati e la tipologia di rapporto economico costruito con i partner.

In base a questo, i progetti interessati sono stati interrogati sugli obiettivi a medio e lungo termine per i 3 macro temi elencati.

Fig. 7 Dati del monitoraggio 2019 del bando Culturability - Governance.

*Il capitale territoriale trova una definsizione pragmatica in una matrice definita dalla rapporto tra materialità (valori tangibili e intangibili) e il variare del livello di rivalità (Balázs István, 2015).

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Fig. 8 Dati del monitoraggio 2019 del bando Culturability - Distribuzione territoriale.

**Le interviste, tenutesi nel Marzo del 2020, hanno coinvolto, rispettivamente: Arianna Moroder co-fondatrice e direttrice artistica per Lottozero e Francesco Schettino Project Manager di Spazio 13.

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kilowatt coop

Fig. 9 Le Serre prima del Restauro, ph Kilowatt.

Descrizione Kilowatt Coop è un acceleratore di idee ad alto valore sociale, culturale e ambientale, animato da una rete di imprese, liberi professionisti, operatori culturali, progettisti e associazioni, con l’intento di mettere a valore le competenze di ciascuno per la crescita professionale di tutti.

Offerta erogata Gli ambienti di questo spazio rigenerato, messo a disposizione della città, sono diversi. Vetro: lo spazio ristoro annesso alla serra; la serra che ospita al suo interno il co-working con 16 postazioni resident, una cucina condivisa e una sala riunioni; il Kwbaby, un servizio educativo sperimentale realizzato con il patrocinio dell’Università Degli Studi di Bologna per bambini di una fascia compresa tra gli 0 e i 6 anni; il Community Garden, un orto collettivo recuperato con un percorso artistico e sensoriale; la Gabbia del leone, uno spazio polivalente utilizzato per progetti artistici, convegni e iniziative culturali e la Serra Sonora, un ambiente con qualità acustica di eccezione per progetti radiofonici, live elettronici ed elettroacustici.

Kilowatt Coop si dedica inoltre al Consulting mettendo al centro del proprio progetto rigenerazione urbana, formazione, innovazione sociale e sostenibilità.

I servizi offerti sono legati a: 1- Innovazione collaborativa: incubazione d’impresa, processi di open innovation, ricerca

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Tipologia: Hub metropolitano dell’innovazione e della promozione della cultura imprenditoriale Dove: Bologna, Emilia Romagna Anno di inizio del progetto: 2014 Vincitore Culturability: 2013/2014

e sviluppo, progettazioni community driven e facilitazione di processi decisionali.

2- Business design: strumenti per trasformare un progetto in un’impresa e ripensare collettivamente l’identità aziendale attraverso il marketing strategico, l’analisi di posizionamento e la creazione di nuove Value proposition sviluppate per il mercato.

3- Incubazione ed accelerazione: percorsi strutturati per il supporto all’avvio d’impresa, la prototipazione e validazione di prodotti e servizi.

4- Misurazione d’impatto: processi di accompagnamento per imprese, amministrazioni, e organizzazioni del terzo settore.

5- Capacity building: formazione interna all’azienda e valorizzazione delle competenze e attitudini del gruppo di lavoro.

Fig. 10 Kilowatt, ph Lorenzo Burlando.

6- Formazione: percorsi formativi sull’avvio d’impresa, sugli strumenti di facilitazione e codesign per l’innovazione sociale, la prototipazione veloce e l’implementazione di piani formativi.

7- Rigenerazione urbana: supporto a soggetti pubblici e privati per rigenerare luoghi abbandonati e trasformarli con modelli di servizi progettati sulle esigenze delle comunità.

All’interno inoltre, nata dalla fusione tra Kilowatt e SeiperDue troviamo K2, l’area di Kilowatt dedicata ai progetti di comunicazione. I servizi principali offerti riguardano l’animazione; il web, dalla brand identity alla progettazione in termini di UX, UI e graphic design; ADV e Graphic Design, copywriting e art director.

Fig. 11 Gabbia del Leone, ph Lorenzo Burlando.

Valore generato e analisi Kilowatt Coop redige nel 2019 un bilancio dell’attività dei suoi primi 5 anni evidenziando

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numeri e contributi portati alla città di bologna attraverso: 1- Gli abitanti di Bologna: e la missione di riempire di qualità il tempo delle persone, puntando su relazioni, cultura, sostenibilità, cibo e contaminazione sociale, tenendo sempre standard qualitativi alti, ma accessibili.

2- Le imprese e le idee di impresa: per diffondere una cultura imprenditoriale di ecosistema basata su una leadership diffusa che crede nelle soft skill, nella collaborazione e nel generare impatto partendo dalla sostenibilità, dall’innovazione, dalla creatività.

3- Famiglie: per rendere lavoro, genitorialità e relazioni parti fondamentali e integrate di un benessere umano e sociale.

4- La Pubblica Amministrazione: alzare la qualità attesa dello spazio pubblico, diffondendo un modello virtuoso di collaborazione pubblico/ privato basato sulla cura, la fiducia reciproca e sul riconoscimento dei rispettivi ruoli e competenze, rendendolo luogo di opportunità e relazioni.

5- Le nuove generazioni: diffondere attraverso la formazione e l’apprendimento informale i valori della condivisione e della collaborazione, del rispetto per le persone e per l’ambiente, su cui si fonda il modello di Kilowatt.

6- I collaboratori e i dipendenti: creare opportunità di lavoro di qualità, valorizzando i talenti, la motivazione, la creatività e la crescita personale dei propri collaboratori, diffondendo una struttura organizzativa collaborativa e incentrata su una leadership diffusa.

7- I coworker: creazione di una community di coworker che si autogestisce mettendo a valore le competenze e i talenti interni facendo nascere

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progetti che coinvolgono Kilowatt pur mantenendo una propria autonomia.

8- I soci Finanziatori: unire competenze e asset per raggiungere obiettivi comuni.

9- I soci Kilowatt: Kilowatt vuole essere un’organizzazione a leadership diffusa, basata sulla cura delle relazioni; uno spazio protetto, di emersione dei talenti dove provare, sbagliare e imparare. Kilowatt vuole essere il luogo e la community che garantisce ai suoi soci una continua sperimentazione e innovazione sia nei modelli sia nell’offerta e una sostenibilità economica non basata sulla conservazione, ma sulla risposta continua ai bisogni (Kilowatt Coop, 2019).

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Fig. 12 Le Serre dei Giardini, Culturability.

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ex-fadda

Tipologia: Laboratorio Urbano Dove: San Vito dei Normanni, Puglia Anno di inizio del progetto: 2014 Vincitore Culturability: 2018 Offerta erogata Un laboratorio urbano costruito in un exstabilimento enologico abbandonato da decenni che comprende al suo interno diverse attività e associazioni.

I temi fondamentali di sviluppo sono: lo sport, il recupero delle conoscenze artigianali, le arti e gli eventi.

Lo sport conta il Club di Scherma; Faddanza, una scuola di ballo; Niten Parkour, un gruppo di giovani atleti che si occupa prevalentemente di Parkour e arti marziali miste e Padma associazione sportiva dilettantistica che si occupa della divulgazione dello Yoga.

Fig. 13 Antigua, il mercato dell’antiquariato mensile.

Descrizione Uno spazio pubblico per l’aggregazione, la creatività e l’innovazione culturale. ExFadda è gestito da una cordata di imprese e associazioni locali attive nei campi della comunicazione, della cultura e del sociale.

Un Laboratorio Urbano promosso da “Bollenti Spiriti”, il programma della Regione Puglia per le politiche giovanili.

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Il recupero delle conoscenze artigianali coinvolge La Manta: un progetto di artigianato di comunità promosso dal designer Domenico De Pascale e da Erica Merigliani (Fashion Stylist), Annarita del Vecchio (Psicologa).

Un gruppo eterogeneo di professionalità che insieme, sta costruendo un percorso di ricerca e di produzione artigianale per innovare e mantenere viva la tradizione locale del lavoro a maglia. L’altra attività correlata al tema è Ingegnosamente: associazione di donne di San Vito che si occupa di piccole produzioni artigianali.

Allo sviluppo artistico contribuiscono: XfOTO: un collettivo di fotografi e videomaker attivi all’interno dell’ExFadda;

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Fig. 14 Al lavoro per adibire gli spazi di ExFadda.

Lamusicadentro, un’associazione di giovani musicisti e musicoterapisti di San Vito dei Normanni responsabili di un innovativo progetto di musica per bambini da 0 a 3 anni; We Are Cinema un progetto per riaprire il cinema a San Vito dei Normanni attraverso l’azionariato popolare; Music Room una sala prove gestita in collaborazione con un negozio di strumenti

Fig. 15 Interni di X-Food designed by Sara Mondaini.

musicali locale, organizza anche corsi di strumento e seminari musicali; The World Music Academy una scuola sperimentale di musica etnica che forma musicisti professionisti, basando la didattica su metodi di nuova generazione applicati agli strumenti etnici e non solo.

Il progetto Da Grande Sarò un Teatro, selezionato tra i vincitori del bando Culturability, prevederà anche la rifunzionalizzazione di un ambiente ancora in disuso.

In accordo con l’organizzazione titolare della gestione dell’ExFadda avrà inizio un’azione di coprogettazione, autocostruzione e poi co-gestione di un centro di produzione e spettacolo per le arti performative.

ExFadda ospita inoltre ogni domenica del mese, Antigua, il mercato dell’antiquariato e dell’usato.

Oltre 50 espositori da tutta la Puglia si danno appuntamento a San Vito dei Normanni per proporre mobili antichi, riviste, oggetti vintage e tanto altro.

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Ogni anno all’interno della sua struttura il laboratorio ospita l’YEAHJASI! Brindisi Pop Fest un evento musicale in cui artisti importanti a livello nazionale incontrano le giovani leve della scena musicale dell’Alto Salento.

Il laboratorio urbano pugliese porta avanti dei canali di comunicazione. Nell’ambito della Scuola di Bollenti Spiriti, nasce Radio ExFadda, una webradio che ospita programmi di tutti i generi ed organizza dirette radiofoniche di eventi.

All’interno troviamo anche altre attività come una libreria, un caffè e un ristorante XFOOD, un progetto inclusivo nato dalla collaborazione tra ExFadda ed il Consorzio di Cooperative Sociali Nuvola. XFOOD è il primo ristorante in Puglia ad avvalersi di personale con disabilità impiegate in cucina e nel servizio in sala. Un progetto di interior design curato da Sara Mondaini, candidato al compasso d’oro nel 2015.

Valore generato e analisi Un ex stabilimento enologico quello di “Dentice di Frasso”, a San Vito, che conta 3000 metri quadri di struttura e 10000 metri quadrati di verde.

Un fabbricato imponente che ospita ExFadda, la cui genesi, antecedente al finanziamento di Culturability, va ricercata nell’ambito del programma per le politiche giovanili Bollenti Spiriti, promosso dalla Regione Puglia.

Un laboratorio urbano con un’offerta di servizi per la comunità davvero ampia che è stato in grado di creare un disegno coerente di rinascita sociale, economica e culturale.

Sotto la guida del project manager Roberto Covolo, sociologo per formazione, ad oggi, l’ExFadda rappresenta probabilmente il miglior laboratorio urbano della Puglia e uno dei più avanzati esperimenti di innovazione sociale in Italia.

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Gli spazi sorti al suo interno coinvolgono le attività più disparate, con l’obiettivo comune di accogliere iniziative, idee, e progetti e convertirli in realtà concrete, a disposizione della comunità.

Un esempio, che secondo le stesse parole del suo project manager, si inquadra nelle sperimentazioni relative al Welfare generativo. Un valore pubblico, in grado di generare valore privato. Un’ipotesi di lavoro non sostitutiva ma complementare che trasforma l’utente in protagonista assoluto: primo co-produttore e co-responsabile della costruzione di processi di emancipazione (Rubino, 2016).

Un progetto attivo e reattivo che sta generando un coinvolgimento delle istituzioni e della popolazione talmente ampio da poter superare al momento le difficoltà legate alla dimensione economica.

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Fig. 16 ExFadda, laboratorio urbano inclusivo.

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lottozero Tipologia: Center for textile design, art and culture (Textile Lab, Design Office e E-Commerce Store) Dove: Prato, Toscana Anno di inizio del progetto: 2016 Vincitore Culturability: 2017

Descrizione Lottozero è un hub che opera, in una sede di 400 mq, sia come studio di progettazione che di consulenza.

L’obiettivo è quello di incoraggiare e supportare lo sviluppo dei talenti emergenti del design tessile attraverso uno scouting nazionale ed internazionale. Il tutto avviene valorizzando il contesto di Prato, uno dei principali distretti tessili d’Europa. Questo è reso possibile grazie ad uno scambio continuo con le aziende locali di produzione tessile e i creativi di tutto il mondo.

Uno spazio aperto e accessibile a tutti.

Offerta erogata Gli spazi sono distribuiti tra: un Laboratorio Tessile multiaccessoriato; una Residenza; un Design Office; delle postazioni di co-working e il KunstHalle: lo spazio espositivo dove vengono presentati periodicamente i risultati di ricerche ed esperimenti sviluppati da artisti e designer che abitano lo spazio.

La mission di Lottozero è quella di creare un ambiente fertile per la ricerca e la sperimentazione nel campo del design e dell’arte costruendo una base internazionale per le imprese del settore tessile.

Un’offerta basata sull’affitto delle postazioni di coworking, sulle membership per il laboratorio, l’affitto della Residence per i creativi e uno Store online. Un modello cui si aggiunge un ampio sistema di servizi per le aziende basato su: progettazione tessile, opere d’arte originali, schizzi, illustrazioni, R&D, trend analisi, prototipazione e campionamento.

Valore generato e analisi Un ex-magazzino alimentare riconvertito in un laboratorio attivo dall’esperienza professionale di due sorelle (una designer tessile e un’economista politica che ha sempre lavorato con le aziende

Fig. 17 Dentro gli spazi, ph Claudia Corrent.

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Fig. 18 LottoZero prima del restaturo, ph Cladia Corrent.

culturali e creative). Lottozero è un mix vincente di competenze progettuali e amministrative, il nome stesso, legato ad uno dei quartieri della città, Macrolotto Zero, testimonia il legame che le due ragazze di Bolzano, sono riuscite a costruire con il territorio. Un rapporto che in una ricetta di innovazione, empowerment creativo e gestione economica dell’offerta sta rendendo i suoi frutti.

Un’attività fondata su 4 pilastri: la galleria d’arte e la zona del capannone centrale, divisa nel laboratorio e nella zona di co-working e di studio condiviso.

Il quarto pilastro invece, privo di sede fisica, è un ufficio stile atipico funzionale all’attività interna di disegno di prodotti per terzi e fondamentale nei percorsi di accompagnamento per i giovani designer/creativi che hanno la necessità di essere affiancati nella fase di produzione e distribuzione.

Un’attività di product management e di sourcing che grazie ai plurimi contatti con le aziende offre ai “resident” l’opportunità di collaborare con la ditta più adatta alle loro esigenze (Tommasi Candidi, 2017).

Fig. 19 Il team di lavoro, ph Claudia Corrent.

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Dietro le quinte, l’intervista Nel ripercorrere lo sviluppo del progetto con Arianna Moroder, la co-fondatrice e direttrice artistica di Lottozero, sono emersi degli elementi chiave per la ricerca. Fattori che ruotano intorno allo spazio, le competenze e l’esperienza maturata durante gli anni che aiuta ad una continua verifica e orientamento del modello.

In questo è necessario sottolineare il forte legame con il bene architettonico come attivatore del processo. La nascita di LottoZero come idea stessa di progetto nasce da un’opportunità, uno spazio in eredità, e senza di questa non avrebbe visto luce. Sono poi state le competenze diverse delle due sorelli fondatrici, Arianna, textile designer e artista, e Tessa, economista, a dare il necessario equilibro per l’evoluzione.

Le due fondatrici hanno poi saputo direzionare la strategia e la comunicazione del progetto fino ad arrivare, dopo i primi due tentativi non riusciti, a vincere il bando di Culturability. Una svolta cruciale che ha permesso la costruzione del Laboratorio che ad oggi è uno dei maggiori attrattori per professionisti e studenti.

Questa riflessione apre di fatto poi alla tematica del modello di business costruito. Inizialmente le previsioni indicavano come core business l’attività del Design Office che però negli anni si è rilevata costante ma non in grado di contribuire in modo sostanziale alla sostenibilità economica.

Nonostante la sua offerta variegata Lottozero, nell’arco dell’ultimo anno, ha infatti ottenuto le maggiori entrate da: 1- la residenza: artisti e professionisti internazionali scelgono, infatti, di passare un periodo all’intero del complesso per lo sviluppo di progetti specifici; 2- dalla formazione, Lottozero viene infatti contattata tramite le sue fondatrici per corsi o

workshop da svariati istituti di formazione privati.

Nelle prospettive più interessanti per lo sviluppo del modello non hanno ampio spazio gli eventi poiché, bensì abbiano un forte impatto a livello comunicativo non portano ad un ritorno positivo in termini di rapporto costi e benefici. Inoltre, dal punto di vista del networking con le aziende, gli eventi non risultano il migliore mezzo per la nascita di una collaborazione che finisce per affidarsi nella maggioranza dei casi al comune passaparola.

Queste considerazioni si traducono in un programma specifico di rinnovati obiettivi a breve, medio e lungo termine.

A breve termine – L’obiettivo è quello di solidificare il rapporto con i fruitori dello spazio ampliando la community locale grazie ad un programma di partenariato con altre attività affini sul territorio. Questo per poter creare letteralmente rete e favorire uno scambio di utenti e professionisti in grado di portare altre competenze e visibilità. Fino ad oggi uno degli ostacoli principali, è stato riuscire a comunicarsi in Italia, un contesto dove difficilmente si riesce ad identificare correttamente le realtà degli Hub. Nel medio termine – Dal punto di vista del Laboratorio, inaugurato nel 2018, ampliare il parco macchine con strumenti più moderni e offrire maggiori possibilità interne ed esterne ai professionisti.

Dal punto di vista del Network potenziare ulteriormente la rete internazionale partecipando a bandi Europei in grado di dare ulteriore visibilità e finanziamenti allo spazio che già attualmente fa parte ECHN*.

Nel lungo periodo – Potenziare l’attività del design office incrementando i contatti con le aziende e dando più visibilità al suo operato investendoci maggiori risorse.

*European Creative Hubs Network, una rete peer-led con la missione di migliorare l’impatto creativo e sociale degli Hub Europei. http://creativehubs.net/

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Fig. 20 Il laboratorio, ph Claudia Corrent.

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spazio 13

Fig. 21 La sede di Spazio 13, Ex-Scuola Melo.

Tipologia: Hub multidisciplinare Dove: Bari, Puglia Anno di inizio del progetto: 2018 Finalista Culturability: 2018 Descrizione Un centro di aggregazione a tema creatività e progetto, sponsorizzato dal Comune di Bari nell’ambito del bando ANCI Avviso “RiGenerAzioni Creative”. Nella forma giuridica di ATS, l’iniziativa unisce diverse realtà del territorio in un’ottica di dialogo costruttivo e inclusivo nei confronti della cittadinanza.

Offerta erogata Spazio 13 ha una mission basata su tre elementi fondamentali: diventare un connettore di persone e conoscenze nel cuore metropolitano di Bari; Offrire a privati, aziende e associazioni un luogo d’incontro per il dialogo e infine un moltiplicatore di possibilità in grado grazie alle sue attività di offrire nuove esperienze professionali abilitanti.

Fig. 22 L’autocostruzione della Falegnameria, Spazio 13.

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Nella sua offerta più recente troviamo Cocciopesto, workshop sul recupero di una tecnica di produzione di un antico materiale edile; PrototyApp, un contest per la programmazione e la progettazione di una Web App e Transparency, un laboratorio sulla produzione fotografica in relazione ai suoi mutamenti tecnologici.

una sala performance co-progettata con un collettivo locale, per i ballerini e performer; uno spazio collaborativo informale per il lavoro d’ufficio e il networking, legato al progetto interno Co-Chipin; una sala eventi per la formazione e i workshop con arredi completamente autoprodotti; una sala relax e infine un teatro.

La struttura presenta un’ampia varietà di spazi: una Falegnameria, aperta a creativi e curiosi, gestita da Arianna, un’esperta di artigianato e riciclo creativo, Arcangelo, specializzato in tornitura e scultura e Silvia, scenografa teatrale;

Valore generato e analisi Spazio 13 nasce all’interno di un programma di Anci rigenerazione creativo e un investimento di 200.000 Euro per la riconversione di un ex scuola media disposta su tre livelli per circa un complessivo di 1500 mq.

Un Hub creativo gestito al suo interno da 15 diverse giovani associazioni territoriali impegnate tra design, fotografia, street art, musica e architettura. La riqualificazione ha generato un hub orientato principalmente sulla didattica, laboratori pratici ed eventi per la socializzazione. I temi ruotano intorno a cultura, arte e performance. Il progetto si è sviluppato attraverso la promozione di processi multipli di autocostruzione e progettazione per l’allestimento.

Fig. 23 Locandina evento di apertura, #Nontiscordardimelo.

Uno dei concetti fondamentali su cui si fonda il progetto è lo scambio di risorse e competenze tra studenti, artisti e designer coinvolti in momenti di formazione, progettazione e autocostruzione.

Nei suoi primi 18 mesi di gestione dal 2018 si è concentrato sull’educazione informale e l’aggregazione giovanile organizzando workshop e public talking che gli hanno permesso di essere riconosciuto dal Programma Urbact della Commissione Europea come buona pratica europea.

Approfondendo la dinamica delle sue collaborazioni interne risulta interessante l’analisi dello statuto co-progettato e portato avanti con una Call risalente a Giugno 2018.

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Un regolamento in cui è stato messo nero su bianco la sperimentazione gestionale e di condivisione di uno spazio pubblico. La Call prevedeva appunto il coinvolgimento di figure legate all’ambito giuridico e delle scienze sociali per redigere un regolamento d’uso.

Dietro le quinte, l’intervista Spazio 13, a differenza di Lottozero, presenta una storia molto più recente. L’intervista ha fatto così emergere elementi che offrono spunti di riflessione per le operazioni necessarie a raggiungere la stabilità economica durante le prime fasi del progetto.

In questo stadio è infatti fondamentale, come sottolinea il project manager, Francesco Schettino, tenersi in vita per poter raccontarsi. Il modello di gestione applicato è quello di una governance verticale che passa attraverso l’operato dello staff senior fino ad arrivare alla community di giovani professionisti che abitano lo spazio. La trasparenza dei conti e la continua comunicazione tra i fruitori e lo staff permette di mantenere la coesione di vedute necessarie allo sviluppo.

L’edificio è concesso dal Comune gratuitamente, il quale si impegna inoltre a supportare le operazioni di manutenzione ove necessarie. Le spese si riconducono alle utenze e al pagamento dello staff gestionale.

La finalità è quella di costruire uno spazio in grado di conciliare l’empowerment giovanile con la diffusione della cultura. Un piano che, per aspirazioni, vede partecipare allo spazio realtà diversificate per grado di sviluppo e autosufficienza.

Saturazione che prevede già una selezione degli utenti da introdurre all’interno della struttura al fine di non perdere la coerenza con la mission iniziale. Sviluppo del confronto con altre realtà simili a livello regionale e nazionale. Operazione che ha portato, in primis, al coinvolgimento della Scuola Open Source (inserimento chiave per l’offerta inerente alla formazione e ai servizi per le aziende) e poi allo sviluppo di una partnership con il progetto Exsa di Bergamo per un confronto continuo nello sviluppo del modello.

A medio termine – Un maggiore coinvolgimento di operatori culturali e sociali in grado di aumentare il dialogo con il territorio. Dare vita ad uno spazio per la ristorazione che, grazie entrate maggiormente stabili, dagli stessi fruitori dello spazio, possa alleggerire la community interna dai costi di gestione.

A lungo termine - Un rinnovamento degli spazi progettato che renda l’ambiente maggiormente appetibile per le imprese. Un coinvolgimento necessario per lo sviluppo culturale.

In quest’ottica gli obiettivi variano a seconda della differente portata delle proiezioni sul futuro.

A breve termine – La saturazione degli spazi necessaria a dare stabilità alle attività.

*La Scuola Open Source è una comunità di figure professionali differenti con sede a Bari che si occupa di ricerca per il pubblico e il privato, formazione e sviluppo di prodotti e servizi, attraverso progetti d’innovazione sociale e tecnologica. http://www.lascuolaopensource.xyz/

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Fig. 24 Proposta di progetto Spazio 13, Borderline 24.

**ExSao Maite è un progetto di innovazione sociale nato dal recupero del Carcere di Sant’Agata (BG). https://www. maite.it/exsa/

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2.1.3. Sintesi e paralleli In conclusione, i quattro casi di riferimento analizzati all’interno del paragrafo evidenziano modelli differenti con caratteri comuni.

Dal punto di vista dell’attivazione del progetto lo studio sottolinea la compartecipazione tra finanziamenti pubblici e privati. Nel caso di Kilowatt Coop, Ex Fadda e Spazio 13 la sovvenzione iniziale parte appunto dal supporto delle Regioni e dei bandi pubblici grazie a programmi come Culturability e ASTER. Lottozero, nonostante abbia vinto Culturability nel 2017, rappresenta, un caso particolare poiché i finanziamenti inziali provengono: da un investimento dei fondatori del progetto, dai privati, come EWO, Artemide e Grohe e da una campagna di Crowfunding su Kickstarter legata ad una delle prime collezioni da proporre una volta inaugurata la sede.

Il progetto, inoltre, nonostante il recente sviluppo e la forte componente sociale e culturale per il territorio mostra già un’immagine matura che ne offre la percezione di uno spazio pronto ad un confronto con l’impresa.

Nel caso di Kilowatt Coop la natura ibrida del progetto è volutamente più accentuata.

La strutturazione dell’offerta fa trasparire un modello imprenditoriale fondato sul bilanciamento tra pubblico e privato, profit e non profit. I 7 anni di storia alle spalle hanno sicuramente contribuito allo sviluppo di un progetto sociale in grado di stare in modo sostenibile sul mercato. Questo, a livello metodologico, viene sostenuto da una continua verifica dei modelli adottati. Il report d’impatto redatto nell’ultimo anno (Kilowatt Coop, 2019) evidenzia proprio la consapevolezza dell’importanza dell’analisi qualitativa della propria offerta.

Se LottoZero e Kilowatt Coop mantengono un forte orientamento verso il mercato, nel caso

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del laboratorio urbano di ExFadda gli obiettivi e le finalità ne sono leggermente distaccati.

Lo sviluppo del progetto, nato nel 2008 da un finanziamento di 350.000 Euro del programma di Regione Puglia: “Bollenti Spiriti”, ha subito diverse battute di arresto prima dell’arrivo nel 2011 dell’attuale project manager: Roberto Covolo. La direzione del progetto da parte di una cordata di associazioni guidata da una società di comunicazione aveva portato ad una crisi gestionale. La struttura è stata resa quindi fruibile seguendo non una logica di utenza bensì di partecipazione. Questo ha generato lo sviluppo di un senso di appartenenza al progetto e una conseguente risposta positiva del territorio.

Un’intervista pubblicata sul Giornale delle Fondazioni (Archinà, 2015) chiarisce tramite le parole del PM Covolo il posizionamento della struttura.

“L’idea di fondo è che ExFadda non sia uno spazio dove ci sono utenti o clienti, ma un luogo dove tutti possono sentirsi in diritto di entrare e modificare il suo assetto […]. L’obiettivo è quello di generare un impatto sociale e renderlo una fonte di reddito, passando da un’impronta associativa ad una maggiormente professionalizzante”.

Il modello che ne deriva differisce profondamente dal management tradizionale. La struttura che non presenta un organo di gestione si basa su una responsabilità condivisa.

Un principio che si traduce non in termini di organigramma e funzioni bensì di organismi e intenzioni. Il progetto recupera questi elementi anche nella definizione della sostenibilità, avendo deciso di perseguire un’indipendenza dalle forme di finanziamento pubblico. I costi della struttura vengono così sostenuti non come una tariffa bensì un contributo auto-determinato.

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Una dinamica non convenzionale che inserisce nel concetto di management valori come la trasparenza, la credibilità e la fiducia. Questo per permettere a ExFadda di diventare realmente utile allo sviluppo del capitale umano o delle progettualità delle persone (Archinà, 2015).

In questo panorama Spazio 13, con un focus vicino al mondo del progetto ed elementi comuni a LottoZero, rappresenta un’ulteriore variabile dello studio grazie ad un forte orientamento verso la didattica e l’empowerment giovanile.

Nello sviluppo di un parallelo con i progetti sopra elencati, Ex-Filanda presenta una storia molto simile rispetto al caso studio di ExFadda.

Nonostante il modello di gestione sia completamente diverso entrambi hanno origine da un finanziamento top-down e entrambe hanno riscontrato delle problematiche gestionali legate alla prima associazione responsabile della direzione del progetto e ai conflitti di vedute dei suoi partecipanti.

Il focus del progetto invece ha molto in comune con le dinamiche di sviluppo di Spazio 13 per il forte orientamento verso il progetto e le arti come collante delle varie attività. Kilowatt e Lottozero nello specifico sono riferimenti essenziali per un modello di sostenibilità economica funzionante.

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2.1.4. I fattori che orientano il successo Gli spunti emersi dal capitolo precedente sono molti, per alcuni dei casi analizzati la domanda provocatoria di inizio paragrafo non trova completamente risposta vista la breve durata di applicazione del modello, ma si può affermare che la costruzione di un modello economico funzionale, dietro al terzo settore, è possibile con una programmazione strategica in grado di gestire le complessità ed adattarsi di conseguenza.

Per maturare questa capacità di assestamento il monitoraggio del bando individua una serie di fattori che ostacolano e orientano il successo. È necessario considerare a priori, che dal punto di vista della sostenibilità economica, le principali spese derivano dalla gestione dello spazio e dalla retribuzione del lavoro, nonostante esso sia spesso sottopagato o, nel coinvolgimento professionale, si richieda un investimento personale in vista di una prospettiva a lungo termine.

L’incidenza del modello dei servizi sui ricavi è limitata; gli spazi sopravvivono con servizi di consulenza mantenendo però una forte dipendenza dai contributi di fondazioni ed enti locali. Questa dinamica rende rari e più difficili i rapporti con il sistema creditizio.

Le criticità che nascono da queste incertezze portano alla questione del riconoscimento del lavoro.

I progetti non assicurano la dovuta dignità economica non offrendo nell’immediato stabilità e uno sviluppo professionale riconosciuto dal mercato. Queste complicazioni nascono dalla difficile definizione di un rapporto tra cultura, arte, valore sociale e creazione del lavoro. Gli stessi team di fondatori sono costretti ad un continuo turnover, per le difficoltà nella stabilizzazione e per la varietà che l’offerta co-erogata assume nel tempo. Diventa essenziale quindi fare affidamento su partner esterni pubblici e privati che spesso tendono a mancare vedendo nel finanziamento a perdere solo un possibile e temporaneo ritorno in termini di comunicazione e immagine.

Gli spazi mantengono una forte dipendenza dai contributi esterni e i progetti non assicurano la necessaria stabilità economica

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Inoltre, i progetti indirizzandosi in molti dei casi a delle piattaforme di economia collaborativa non sempre risultano in grado di rispondere alle esigenze dei lavoratori portando spesso a delle scissioni interne al team di progetto.

Il potenziale delle piattaforme collaborative risiede però nella possibilità di trasformare il progetto in un organismo intermedio; dei punti di riferimento per gli ecosistemi territoriali, in grado di attivare filiere in ambito sociale, culturale ed economico.

In questo i contesti a bassa densità o con comunità con minor capacità di spesa, conseguentemente alle considerazioni precedenti, tendono a soffrire maggiormente per la mancata creazione di un network attivo e recettivo che garantisca la necessaria visibilità sul territorio.

Nonostante l’instabilità dei modelli economici, queste realtà non perdono, statisticamente, l’appeal iniziale mantenendo un’ampia capacità di ingaggio di collaboratori e volontari.

Per le caratteristiche intrinseche, che li vedono legarsi ad un immobile e a un partenariato locale, questi favoriscono lo sviluppo di imprese, organizzazioni e professionalità che nel modello di gestione però spesso non contribuiscono a permettere al progetto di fare salti di scala rilevanti.

Per uno sviluppo progettuale orientato al successo è necessaria, quindi, la qualità e solidità del team e che si maturi la consapevolezza che si tratta di un impegno assimilabile più alla costruzione d’impresa che al progetto.

Le soft skill inerenti alle capacità relazionali sono determinanti nell’attivazione e nella gestione dei contatti a livello locale e non.

Fig. 25 Gli elementi principali per la gestione della complessità del progetto socio-culturale.

La visibilità sul territorio va costruita nel tempo e con un considerevole impiego di energie. Questa è fondamentale per sviluppare delle partnership durature per co-progettazione e co- erogazione dei servizi.

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2.1.5. Design e innovazione sociale Una strutturazione del modello che contribuisce a migliorare la capacità di leggere i segnali deboli e adattare il progetto di conseguenza, in modo costante e secondo una dinamica processuale.

Dal punto di vista dei protagonisti dei progetti risulta invece fondamentale un confronto in più fasi con altri team per verificare e sperimentare modelli collaudati cercando di traslare concetti e sistemi nel proprio contesto. Progetti che quindi si devono evolvere all’insegna della flessibilità e della porosità sia nella fase di incubazione che in quella di sviluppo.

Culturability, nella gestione del bando, si fa bandiera dell’esperienza locale. Esperienza che la storia dei progetti insegna essere difficilmente scalabile in altri contesti. Questo poichè il progetto di natura sociale si sviluppa con un profondo legame con il territorio. È fondamentale per questo che i progetti rispondano ad una reale domanda del territorio se vogliono essere generativi: culturalmente e produttivamente; per questo è necessario non personalizzare il progetto per evitare di creare “egosistemi” invece di ecosistemi (Franceschinelli, 2019).

Il comune denominatore, emerso dall’analisi dei casi studio precedenti, è la possibilità di costruire nuovi luoghi di sviluppo culturale partendo dalla valorizzazione e funzionalizzazione di edifici in disuso che fanno parte del patrimonio storicoarchitettonico italiano.

Una ex-officina, un ex-stabilimento enologico ed un ex magazzino alimentare abbandonati si trasformano in nuovi poli territoriali grazie alla collaborazione con enti e istituzioni. Un cambiamento che nasce da una interpretazione creativa di un asset esistente e che si definisce come processo stesso di Innovazione Sociale (E. Manzini, 2014).

Un mutamento il cui driver iniziale coincide con il finanziamento di Fondazione Unipolis, e che per questo rientra in un processo di innovazione topdown.

Alcuni dei casi presentati mostrano però una natura ibrida con i processi bottom-up, avendo generato, come nell’evidente caso di ExFadda, un terreno fertile per la nascita di attività multidisciplinari dei cittadini per i cittadini.

Da Lottozero a ExFadda, un trittico di progetti che danno valore al capitale sociale grazie ad un’eredità storica, lavorando con un approccio locale incentrato sulle persone, su tematiche che variano dal recupero artigianale all’accessibilità tecnologica.

In questo contesto, recuperando la riflessione iniziale dell’elaborato, il design che ruolo è in grado di giocare?

Indipendentemente dall’evoluzione, top-down o bottom-up, che ha avuto il processo, le capacità del designer possono intervenire in maniere differenti, con e per le comunità, promuovendo la collaborazione tra i diversi attori (comunità,

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aziende e istituzioni) e partecipando nella costruzione di scenari e visioni che sono in grado di offrire servizi e strutture capaci di supportare la comunità creativa e i suoi membri.

Il design diventa, quindi, un facilitatore collocandosi ovunque possa supportare, rafforzare o replicare un modello che è stato in grado di leggere.

Il processo progettuale, dove i cittadini ricoprono un ruolo importante per lo sviluppo e la definizione di nuove soluzioni, è spesso dinamico e imprevedibile.

Per questo, dallo studio dei fattori che ostacolano lo sviluppo dei progetti di rigenerazione, si può evincere che la figura del designer sia in grado di offrire il necessario approccio per rendere i progetti di innovazione sociale più duraturi ed effettivi agendo come interlocutore tra gli stakeholders coinvolti e contribuendo alla costruzione di un network in grado di condurre alla sostenibilità economica.

Una progettazione partecipata e collaborativa che prova ad anticipare o quantomeno prevedere le sfide progettando per contesti concreti prima, e dopo, che questi si formino (Ehn et al., 2008).

Nel contesto dei progetti che valorizzano il capitale sociale e culturale che ruolo può giocare il design?

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Un approccio di design for social innovation che si sovrappone in parte alla quello del participatory design, dove le caratteristiche comuni si ritrovano: nella velocità e dinamicità dei processi; nel ruolo di mediatori e facilitatori dei progettisti e nella capacità di questi di utilizzare le conoscenze e gli strumenti metodologici della materia per organizzare sistemi complessi fondati sulla coprogettazione.

Strumenti che permettono, letteralmente, ai designer di “far accadere le cose” supportando lo sviluppo dei progetti di innovazione sociale o diventandone, essi stessi, gli attivatori, creando contesti maturi e strategie programmate in grado di dare forma e struttura alle organizzazioni (E. Manzini, 2014) .

Il designer, nell’innovazione sociale, è quindi chiamato in prima fase ad estraniarsi dal rapporto con il mercato e la tecnologia, per concentrarsi sui comportamenti delle persone, conscio che il progresso su scala locale dipenda da un processo pianificatore conforme alle politiche e alle strategie in agenda. Un piano orientato al coinvolgimento attivo del territorio costruito sulla compartecipazione di attori diversi come: cittadini, accademici, ricercatori, professionisti e imprenditori.

L’Europa stessa sta investendo nell’innovazione sociale, e nella sua capacità di abilitare i cittadini a giocare un ruolo attivo per il cambiamento. La legittimazione del valore del locale è uno dei temi principali previsti dalla Commissione Europea nella proposta per il prossimo quadro finanziario pluriennale per il periodo 2021-2027 che promuove lo sviluppo di network finalizzati alla circolazione delle conoscenze (Commissione Europea, 2018).

I limiti dei progetti locali risiedono nelle difficoltà di replicare i modelli applicati in quadri territoriali

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Una società dove il designer ricopre il ruolo di ricercatore, imprenditore e provocatore

22-83 2.2. Sistemi resilienti differenti. Le complessità emergono dal forte legame che si instaura con il contesto dove si costruisce il progetto su una profonda analisi e conoscenza dell’ambiente in termini di valori tangibili e intangibili. È cruciale, quindi, adottare degli strumenti progettuali per: un’analisi qualitativa e quantitativa del territorio; supportare la collaborazione tra enti pubblici e privati per formare una piattaforma collaborativa e attivare continui processi di apprendimento multilivello per uno scambio che sia in grado di contribuire alla generazione del valore.

La sfida diventa poi tradurre queste considerazioni nella strutturazione di un servizio basato su modello di business solido e in grado di generare partnership economiche concrete.

L’innovazione sociale ha il potere di diventare il driver della crescita di una nuova economia perseguendo tre scopi e sviluppi: 1- social, inteso come non riferito al rapporto con il mercato; 2- societal, per aree dove i limiti tra contesto sociale ed economico sono sfuocati; 3-systemic, come insieme di iniziative finalizzate a ridisegnare la società stessa.

Per perseguire una transizione da un modello economico fondato sulla produzione industriale e una società basata sui servizi è necessario adottare nuove forme di innovazione basate non solo sulla tecnologia o il marketing (Villari, Maffei & Parini, 2015).

Una società dove il designer ricopra il ruolo di: co-creatore, ricercatore, imprenditore, stratega, e provocatore.

La prima parte della ricerca nella sua interezza ha evidenziato le potenzialità dei processi di innovazione sociale per la nascita di un nuovo modello economico, non nascondendo i fattori che ostacolano lo sviluppo di una progettualità rivolta al bene comune. Dalla stessa mediazione tra le competenze del progettista e il suo affacciarsi ad un contesto di promozione sociale culturale nasce l’esigenza di un ulteriore ibrido: un sistema resiliente socio-tecnico (Manzini, 2013).

Intorno alla realtà contemporanea orbitano due tendenze opposte, la cultura mainstream e i nuovi emergenti sistemi distribuiti. La prima, che affonda le radici nella contemporaneità, sta conducendo ad un collasso del pianeta in cui viviamo, portando avanti la modernizzazione iniziata il secolo scorso fondata sulla produzione industriale su larga scala.

La semplificazione e la standardizzazione dei processi ha reso la vita dell’uomo del nostro secolo più comoda, portando gli interessi globali, consciamente o non, ad impattare drasticamente sulla natura del contesto sociale e naturale, aumentando la fragilità stessa del sistema.

Fortunatamente sono emersi e stanno emergendo nuove generazioni di sistemi distribuiti. Il cui driver fondamentale è stato il diffondersi di un numero crescente di “entusiasti” uniti da un network digitale. Questi trend complessi si muovono verso la creazione di sistemi distribuiti cavalcando tre onde del cambiamento.

La prima onda è nata quando l’architettura delle informazioni si è spostata dai vecchi sistemi gerarchici a nuove strutture in rete. Questa intelligenza distribuita nata dall’abbattimento dei modelli organizzativi a gerarchia verticale del rigido sistema industriale, ha dato vita a organizzazioni orizzontali e ha aperto le porte ad una distribuzione della conoscenza più equa (Von Hippel, 2005).

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Un’innovazione fondata sulle soluzioni alternative al sistema di produzione e distribuzione manifatturiero La seconda ondata coinvolge I sistemi energetici.

Nonostante vi sia ancora molto da fare per poter sfidare i centri di distribuzione energetica, si sta diffondendo una coraggiosa produzione di energia distribuita. Una componente chiave della rivoluzione verso una tecnologia più sostenibile.

La terza ondata di innovazione riguarda i sistemi alternativi all’attuale sistema di produzione e distribuzione manifatturiero. I punti fondamentali di questo cambiamento sono la riscoperta dell’agricoltura locale, dell’artigianato tradizionale e la ricerca di una catena produttiva “leggera” fondata su un network di micro-factory (Manzini, 2013). È da una sub-cultura, come quella del movimento Maker, nato al MIT nei primi del Duemila con la forma di laboratorio “dove poter fare praticamente tutto”, che nasce questa rivoluzione.

Un’estensione della cultura del “fai da te” mediata dalle tecnologie di fabbricazione digitale che da vita a dei nuovi luoghi di produzione e sviluppo del lavoro distribuiti.

Un movimento il cui luogo di ritrovo è il laboratorio di fabbricazione digitale: il Fab Lab. In circa 20 anni questi laboratori si sono espansi in praticamente tutti i continenti creando un

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newtork globale collaborativo. Questo ha aperto ad una possibile riforma del sistema produttivo seguendo un nuovo principio di localizzazione.

Come per il movimento Slow Food di Carlo Petrini è diventato possibile pensare di produrre artefatti in prossimità di dove saranno utilizzati. Un principio che si basa sulla possibilità di mescolare tecnologia tradizionale, artigianato e soluzioni high-tech.

Il punto di contatto tra queste tre opportunità di sviluppo della società sta nel voler ridurre la distanza tra i luoghi di produzione ed utilizzo. Una riflessione globale che nasce: dall’interesse verso una “qualità della prossimità” verificabile tramite l’esperienza diretta delle persone e delle filiere, da una crescente domanda di autosufficienza e dalla volontà di ridurre l’utilizzo di risorse impiegate.

Nell’analisi dei sistemi distribuiti, risultato di un complesso processo di innovazione, non si può che prendere atto del legame indissolubile tra la sfera sociale e tecnologica. Se i sistemi classici centralizzati possono essere sviluppati senza considerare il tessuto sociale in quelli distribuiti è impossibile per il forte vincolo che hanno con il contesto di appartenenza.

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Ulteriori tipologie di soluzioni stanno arrivando dalle comunità di più svariata natura, questo testimonia una ricerca globale verso la qualità.

Una condizione che permette di sostituire il consumo di beni e spazi con una ricerca personale che riconosce nella complessità delle relazioni un valore. Qualità che per la radicale divergenza e scontro verso la cultura mainstream si possono definire come disgreganti.

Ancora una volta in un contesto che vede opporsi modelli contrapposti per lo sviluppo la figura del designer deve avere la consapevolezza di poter giocare un ruolo chiave, avendo la potenzialità di promuovere un nuovo sistema distribuito.

Si crea così uno scenario emergente, fondato sui sistemi resilienti e le qualità disgreganti, caratterizzato da quattro aggettivi: piccolo, locale, aperto e connesso. Considerati nell’insieme, in base alle considerazioni del paragrafo, offrono gli elementi necessari per una visione di come si possa costruire una nuova società.

Se negli anni passati il centro della riflessione ruotava intorno a come rendere globale anche le realtà più piccole oggi il paradigma si ribalta.

Il “piccolo” è il nodo centrale della formazione di una rete globale. Rompendo l’isolamento grazie ad un flusso condiviso di idee, persone e aspirazioni è possibile costruire dei sistemi resilienti in grado di invertire la direzione del sistema stesso (Manzini, 2013).

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2.2.1. Fab Lab Nel redigere un’articolata analisi dei possibili scenari emergenti, per l’innovazione sistemica, uno dei punti toccati da Manzini (2014) è appunto l’universo del mondo maker. Una diffusione globale che trova un punto di sintesi nei laboratori di fabbricazione digitale.

Le origini del movimento sono da ricercarsi in America, dove Neil Gershenfeld, nel 2001 nel Center for Bits and Atoms (CBA) presso il Massachusetts Institute of Technology (MIT), ha costituito un primo laboratorio per la fabbricazione digitale, noto anche come “Fab Lab” (Fabrication Laboratory) (Van der Hijden, Pieter; Juarez, 2014).

Dalla comparsa del primo Fab Lab il movimento Maker si è diffuso globalmente con numeri impressionanti. Nel 2017 il movimento ha raggiunto quota 1186; posizionando un Fab Lab in tutti i continenti del globo eccetto l’Antartico.

L’Italia da questo punto di vista rappresenta una realtà globalmente riconosciuta contando ben 134 Fab Lab seconda solo a Francia (154) e Stati Uniti (160).

La storia legata al movimento, ha visto nascere: makerspace, spazi con la stessa disponibilità tecnologica del Fab Lab che però differiscono per finalità e capacità di networking; hackerspace, dove l’indirizzo progettuale principale è legato al software e infine, i techshops, spazi che si caratterizzano per la forte inclinazione commerciale, vendendo direttamente le macchine e offrendo corsi multilivello.

La “Fab Charter” redatta da Neil Gershenfeld aiuta a comprendere al meglio la natura del Fab Lab e le motivazioni che ne hanno permesso l’espansione a livello globale.

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I Fab Lab sono una rete globale di laboratori locali, messa al servizio della comunità, che forniscono agli individui l’accesso agli strumenti per la fabbricazione digitale. Questi laboratori condividono un inventario di progetti per fabbricare, praticamente, qualsiasi cosa.

La rete offre ai singoli laboratori assistenza logistica, educativa e tecnica.

Una volta entrati a farne parte le reposanbilità principali, riguardano la sicurezza, non danneggiare persone e macchine e la documentazione, il contributo necessario alla condivisione dei progetti.

I progetti sviluppati possono essere brevettati o venduti a seconda delle esigenze. Le relazioni con le aziende possono essere portate avanti ma dovrebbero crescere al di fuori del laboratorio e creare comunque valore per i progettisti e per la rete (Gershenfeld, 2012).

Caratteristica imprescindibile dell’ecosistema Fab Lab è il network. Nonostante sia uno spazio che fa della tecnologia uno dei suoi punti di forza, il vero driver del sistema sono le persone. I laboratori acquistano rilevanza sociale e culturale quando diventano attrattivi per un pool di utenti eterogeneo. La condivisione delle conoscenze, lo sviluppo comunitario e l’inclusione fanno di questi spazi dei veri e propri aggregatori socio-tecnici per il territorio.

Un luogo di sintesi per i processi creativi e produttivi in grado di dialogare con le organizzazioni locali, i partner istituzionali e con l’imprenditorialità.

22-83 2.2.2. Il modello di offerta

I driver dei Fab Lab sono le persone; i laboratori acquistano rilevanza quando diventano attrattivi per utenti eterogenei

Il processo con cui solitamente hanno origine i laboratori di fabbricazione digitale è guidato da un’innovazione bottom-up. Questo poiché la filosofia che guida il movimento maker globale è proprio basata sulla democratizzazione delle conoscenze e delle opportunità.

A livello pratico non è facile, per i già definiti “entusiasti” appartenenti al network tecnologico, costruire un laboratorio dal nulla.

Una volta, selezionato un gruppo di lavoro, è essenziale cercare di individuare un target specifico su cui costruire la propria offerta. Il primo passo già dalla fase di incubazione deve essere indirizzato verso il coinvolgimento o un avvicinamento strategico al target.

Indipendentemente da ciò, sarà inoltre essenziale introdursi sul territorio cercando di coinvolgere la comunità e suoi stakeholders. In prima fase, le figure chiave che possono aiutare lo sviluppo sono proprio quelle più legate al territorio e alle sue esigenze.

Nel caso di un processo bottom-up l’inserimento e lo sviluppo saranno graduali. Le istituzioni, in questo, possono essere coinvolte per aumentare l’interesse intorno al progetto.

Le difficoltà dovute all’investimento iniziale per le macchine da utilizzare, la gestione di un team di lavoro eterogeneo fondato su competenze relazionali e tecniche può portare alla necessità di un intervento di supporto top-down. Il sostegno di enti e istituzioni costituisce un aiuto di grande valore che però può influenzare l’orientamento e le finalità del progetto (Van der Hijden, Pieter; Juarez, 2014).

Nel paragrafo legato alle “Storie sul territorio italiano”, è stata, ad esempio, preso in analisi lo sviluppo di LottoZero. Il progetto, nonostante sia nato da un’opportunità parallela a quella di

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Culturability, ha trovato nel finanziamento topdown, la possibilità di ampliare le proprie risorse e possibilità senza perdere gli elementi caratteristici su cui era stato fondato.

Nonostante non si tratti, per intenti e tecnologie, di un vero e proprio Fab Lab, la logica con cui costruire il modello di riferimento è la stessa: un forte legame tematico e applicativo con il territorio e l’accessibilità di uno spazio e delle sue tecnologie. Il rischio maggiore cui si va incontro è che il percorso di affiancamento crei una dipendenza dal finanziamento pubblico o privato.

In questo caso è il modello stesso che deve essere rivisto completamente.

Non è un caso che, in linea assoluta con gli obiettivi del sistema distribuito, il network di Fab Lab, abbia fornito negli anni un modello manageriale, basato su esperienze in contesti completamente diversi, con cui costruire un’architettura di procedure e servizi in grado rispondere alle richieste e problematiche dei vari ambienti. È, in un’operazione come questa, che si vede la reale materializzazione dei benefici e degli sviluppi della rete. Esperienze eterogenee vengono raccolte e documentate nel dettaglio per offrire al complesso un riferimento gestionale e organizzativo in grado di dare vita ad un laboratorio di questa tipologia.

Per lo sviluppo dell’elaborato è importante sottolineare gli indirizzi su cui il sistema base di offerta di un Fab Lab è costruito. Un piano che verte su alcuni punti fondamentali che accomunano, con sfumature differenti, i laboratori di tutto il mondo. Accesso alle macchine. Il target è variabile (dai tinkerers ai technopreneurs) e l’accesso aperto, spesso gestito tramite una membership prevede un corso formativo di base.

Fig. 26 7 driver fondamentali dell’offerta di un Fab Lab.

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La richiesta di retribuzione è variabile a seconda del contesto. È pensabile di strutturare giornate aperte completamente gratuite ed altre a pagamento o che si chieda in cambio dell’utilizzo delle macchine servizi inerenti alla gestione della struttura e della documentazione, elemento essenziale nella costruzione dei contenuti per la rete.

Visite conoscitive. Gli spazi sono generalmente sempre visitabili, i Fab Lab utilizzano alcune ore di formazione introduttive su dei temi specifici per far conoscere gli spazi e ampliare la community. Il target comprende tutto il ventaglio di possibilità. Generalmente non è un servizio che viene pagato.

Didattica. Si tengono regolarmente corsi e workshop su tutti gli aspetti della progettazione e della realizzazione, in particolare nell’uso delle tecnologie di fabbricazione digitale. Il target è anche in questo caso variabile, può comprendere in base alla strutturazione la formazione di gruppi aziendali e di figure manageriali ad ampio spettro.

Coaching inventors. I Fab Lab per competenze e capacità produttiva sono in grado di contribuire allo sviluppo di nuovi prototipi, metaprogetti facilmente adattabili per il mercato. Il target varia da artigiani, startuppers, imprenditori o gruppi di progetto eterogenei. La remunerazione può prevedere un preventivo fisso o un pagamento ad ore o un finanziamento istituzionale.

Ricerca e sviluppo con il network. Come rete, si sviluppano progetti per lo sviluppo distribuito che coinvolgono più di un Fab Lab. Il target è solitamente un cliente specifico e la remunerazione varia a seconda del contratto.

Consulenza. Il target può essere interno o esterno al network. È possibile che un altro Fab Lab necessiti di un affiancamento per lo sviluppo o che un’azienda chieda una collaborazione specifica. La remunerazione è variabile a seconda della natura del rapporto.

Produzione. Un target sempre variabile che copre tutto il ventaglio. Nel caso di un prodotto finito il rapporto di vendita si basa sulle dinamiche del commercio all’ingrosso, se invece si tratta di un percorso affiancato di prototipazione rapida o avanzata si valutano le ore macchina e l’impegno temporale dell’operatore.

7 punti fondamentali che coinvolgono gruppi di persone molto diversi tra loro. Un target che si compone, principalmente di: visitatori occasionali, attirati da workshop o eventi tematici specifici, tinkerers, persone che frequentano il Lab per interesse personale o formazione nelle tecnologie di riferimento e technopreneurs, sviluppatori di nuovi prodotti, processi e imprese.

Essendo un network che si basa sulla condivisione di contenuti, l’obiettivo, nella strutturazione del modello, deve essere quello di accompagnare quanti più utenti possibili a diventare technopreneurs. Questo percorso è così potenzialmente in grado di dare vita ad un sistema socio-tecnico resiliente fondato su un’intelligenza tecnologica condivisa.

In questa concezione democratizzata, la gestione dei servizi, della conoscenza, delle risorse umane e delle infrastrutture tecniche è indispensabile.

Nella dicotomia tra persone e macchine si costruisce il valore del Fab Lab, una relazione essenziale allo sviluppo strategico. In termini di personale le qualifiche e lo status (retribuitovolontario) variano ampiamente. Non avendo un

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programma completo di formazione del personale sarà sempre necessario un’ulteriore fase di apprendimento.

Un modello di offerta deve considerare però delle strategie di engagement in grado di attirare partner a breve e lunga durata. Il network suggerisce 5 possibilità principali su cui costruire il proprio sviluppo: Lasciare che un’altra organizzazione, come un’università o un’azienda, incorpori il Fab Lab. Questo potrebbe portare un importo fisso o a cedere la proprietà del laboratorio mantenendone la gestione.

Cercare continui finanziamenti strutturali. È una modalità di raccolta delle risorse più sistematica che può essere rivolta a partner variabili, dagli enti pubblici alle aziende. La tipologia di sponsorizzazione assume forme diverse, dalla macchina specifica all’investimento in formazione. Qualsiasi sia il finanziamento è importante cercarlo di renderlo espressione di una partnership duratura.

Partecipare a progetti più grandi iscrivendosi a gare di appalto dove si ha la necessità di un’aggregazione di più partner commerciali.

Questo concetto può essere applicato anche a progetti di ricerca universitaria.

Generare entrate da progetti commerciali. È importante che la collaborazione non entri in conflitto con la filosofia di progetto e per questo il modello suggerisce una quota forfettaria o una quota sugli utili futuri.

Raggiungere l’autosufficienza con la produzione.

Le tecnologie sono una risorsa e permettono una produzione di piccoli lotti customizzati per un singolo cliente, la produzione di prodotti unici per le attività locali o la produzione di parti di ricambio (Van der Hijden, Pieter; Juarez, 2014).

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Analizzando questi punti è evidente come la natura dei Fab Lab sia orientata a tipologie di partnership che ricordano maggiormente le categorie di progetti del terzo settore. Il concetto di progetto “commerciale” è presente ma quasi forzatamente reindirizzato alla filosofia di base.

Un timore, quello di sovrapporsi a tipologie di forme imprenditoriali tradizionali che sicuramente ne ha parzialmente rallentato l’espansione.

Di questo hanno risentito storicamente molti modelli di entrata che nel tentativo di basare tutte le entrate sulla formazione sono collassati.

Questi riferimenti iniziali strategici sono stati il basamento su cui costruire la rete del movimento che è stata in grado durante la sua evoluzione di sviluppare, con un continuo processo di aggiornamento, i modelli di sostenibilità. Il dogmatismo iniziale non ha ostacolato l’impatto dei laboratori che, con un’anima condivisa, hanno reinterpretato la Fab Charter creando nuovi modelli di sostenibilità con aspirazioni e applicazioni differenti.

Come, nei progetti del terzo settore, i laboratori risentono molto del contesto ambientale in cui si collocano, questo, in termini pratici, ha causato impatti molto differenti in Europa e negli altri continenti.

Nei paesi sottosviluppati, ad esempio, dove l’accesso alle risorse (tecnologiche, didattiche e naturali) è limitato il Fab Lab fin da subito ha avuto un ruolo chiave molto chiaro: democratizzare i mezzi di invenzione e produzione migliorando la capacità delle comunità di soddisfare i propri bisogni locali (Kohtala, 2016).

Chiari benefici socio-economici che non trovano riscontro nella domanda dei paesi maggiormente sviluppati. Il contesto geo-politico è l’altra lente con cui leggere quindi l’influenza di questi laboratori. In Germania, infatti, in un contesto industriale basato sulla grande impresa non

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hanno trovato la stessa diffusione e allo stesso modo nei paesi del Nord più sviluppati come Finlandia, Svezia e Norvegia.

In Italia, terzo paese al mondo per presenza di Fab Lab, l’impatto è stato maggiore. Si è creato un ecosistema che ha integrato il mondo del progetto portando alla creazione di sistemi ibridi con un range variabile di specificità. Le peculiarità del rapporto tra maker, designer e autoproduzioni in Italia verranno poi introdotte nel capitolo 4.

Fig. 27 5 strategie per la sostenibilità del Fab Lab.

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2.2.3. Micro-produzione distribuita L’emergere di un nuovo sistema produttivo, riconducibile alla possibilità di diffusione delle micro-factory precedentemente introdotte, si basa su alcune caratteristiche fondanti che distinguono questo modello dal tradizionale sistema manifatturiero.

L’esigenza principale è quella di ridurre le singole fasi del processo produttivo. Si utilizzano le tecnologie di fabbricazione digitale e analogica per restringere l’estensione della filiera.

Questo avviene solitamente all’interno di un ambiente che, per lo stretto legame con il processo manifatturiero, risulta indivisibile. In un unico habitat si sviluppano, così, sia le fasi di progettazione che di produzione.

Le attività produttive escono quindi dalla reclusione delle periferie per intrecciarsi con il tessuto urbano. Lo stesso modello di distribuzione cambia radicalmente permettendo di rispondere alle esigenze e necessità di utenti specifici. Un luogo, le cui qualità disgreganti, in discontinuità con il modello tradizionale, convergono, dando vita ad una dimensione ed ad una complessità tipica del organismi articolati (Carelli & Maffei, 2012).

Nuovamente è bene sottolineare, come precedentemente evidenziato, che non si tratta di configurazioni replicabili in contesti differenti.

Gli stessi modelli produttivi variano a seconda degli output. Genericamente, infatti, ogni prodotto necessita l’utilizzo di più tecnologie durante il ciclo produttivo questo non esclude però che esistano tipologie di micro-factory in grado di fabbricare prodotti differenti.

La prospettiva è nata e trova conferma nello sviluppo globale del movimento maker e nella successiva nascita di una rete di Fab Lab in grado di offrire prodotti frutto dell’interazione di più tecnologie di fabbricazione digitale, additive e sottrattive.

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Le ragioni che storicamente hanno innescato queste trasformazioni non seguono una sequenza lineare.

Le città negli ultimi quarant’anni hanno subito continui processi di riconfigurazione manifatturiera.

Durante gli anni Ottanta e Novanta molte città europee e americane sono passate da un sistema industriale a post-industriale. Un passaggio netto dal settore secondario a un settore dei servizi, basato sullo sviluppo tecnico e sulla ricerca scientifica, dove l’istruzione e le tecnologie dell’informazione e della comunicazione hanno ridefinito le precedenti forme di rapporto tra classi sociali.

Le città si ridefiniscono come centri non solo del consumo ma anche della produzione

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Contrariamente nei paesi in via di sviluppo si è verificata un’urbanizzazione e distribuzione distrettuale delle industrie.

In entrambi i contesti si è però verificato un trend comune legato alla formazione di non-corporate productions. Una forma di autoproduzione distribuita su piccola scala nelle aree urbane.

Un movimento comunitario che non nasce da competenze specifiche nel campo produttivo e artigianale.

Queste tipologie di comunità controcorrente, si sono sommate alla diffusione, in città, di forme di micro-attività agricole e alimentari.

Il contesto urbano ha offerto quindi una panoramica di attività di micro-produzione legate a: alti livelli di specializzazione delle produzioni artigianali customizzate; attività produttive basate su forme avanzate di riciclo e riciclaggio per rispondere alla domanda continua di qualità sostenibile; imprese attrezzate per le forme base di produzione in loco; forme di autoproduzione promosse nel campo delle industrie creative, lavorando principalmente sull’innovazione di prodotti e processi; attività di ricerca sull’innovazione tecnologica e la produzione sperimentale svolta dai centri di ricerca universitari e infine la diffusione dei makerspace (Bianchini et al., 2014) .

Un modello, quello di micro-produzione distribuita, che si basa sull’apertura del sistema; la creazione di network e progetti comunitari per favorire un’interconnessione diffusa e un’organizzazione frattale dove le responsabilità e i compiti vengono distribuiti in modo equo.

Questi presupposti danno vita alla definizione di uno scenario, basato sulla produzione urbana, caratterizzato dalla contrapposizione tra industrial cities e industrious cities, in grado di organizzare un sistema competitivo che offre un know-how locale (Bianchini et al., 2014).

I fattori di orientamento della competitività del sistema fanno leva sulle capacità del progettista di portare il suo apporto all’interno di queste nuove strutture che ridefiniscono le città come centri non solo del consumo ma anche della produzione. È cruciale valorizzare le nuove tecnologie di produzione digitale cercando di costruire un rapporto con l’imprenditorialità in grado ampliare lo spettro delle collaborazioni. Un coinvolgimento che permetta anche alle aziende un cambiamento di prospettiva in grado di dare adito ad una riorganizzazione che segua i nuovi scenari e trend emergenti.

Il sistema sociotecnico dentro il quale è avvenuta l’incubazione può essere considerato come compreso entro due polarità. Da una parte la diffusione della digital fabrication ha portato alla miniaturizzazione e all’abbattimento dei costi degli strumenti di produzione professionali.

Dall’altra la nascita dei movimenti culturali che rivendicano l’autonomia della società dal sistema consumistico vigente sperimentando direttamente soluzioni alternative.

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2.2.4. Fab city Il network di Fab Lab globale, dalle sue origini ha continuato ad espandersi ed ampliarsi. Gli obiettivi hanno cambiato radicalmente scala divenendo veri e propri agenti del cambiamento. È nata, così, un’iniziativa per le città con l’obiettivo di renderle autosufficienti entro il 2054: Fab City.

Il progetto parte dal presupposto che l’operazione non sia conducibile esclusivamente dal Fab Lab in quanto questo è solo un elemento di un ecosistema in cui hanno ruolo vitale: l’amministrazione pubblica, i cittadini, l’Unione Europea e le piccole e grandi imprese del mondo.

FAB City è un progetto globale per lo sviluppo di città autosufficienti localmente produttive e connesse globalmente.

Un modello urbano distribuito con l’obiettivo di riformare le città e le modalità con cui esse si procurano e utilizzano i materiali. La produzione viene spostata su larga scala all’interno della città, insieme al riciclo stesso dei materiali di produzione. Le importazioni e le esportazioni si riducono alla forma di dati di conoscenza condivisa. Un potenziamento del network in grado di localizzare la manifattura su larga scala cambiando completamente il paradigma dell’economia industriale di cui la città è il fulcro consumistico.

Un’inversione di paradigma che amplia il concetto di micro-factory scalandolo sulla dimensione urbana e trasformando la stessa città in un’industria connessa auto-sufficiente.

Il piano prevede dei Summit annuali, per urbanisti, leader civici e innovatori per discutere e ampliare le città che vogliono aderire al cambiamento costruendo un modello lineare autonomo.

We, as signatories, commit ourselves to to enable the urban transition towards lo ed cities. We embrace strategies in circu tion, and foster collaboration betwee worldwide cities and territories to meet climate change and

ECOLOGICAL We take an integrated approach to environmental stewardship, working towards a zero-emission future while also preserving biodiversity, rebalancing the nutrient cycle, and sustaining natural resources.

INCLUSIV

We promote policy co-de developmen regardless o and capabili

GLOCALIS

PARTICIPATORY

We encoura sharing betw territories in access to too could be ada cultures and

We engage with all stakeholders in decision-making processes and empower citizens to take ownership of innovation and change-making.

LOCALLY PRODUCT

We support shared use o resources in approach, to and vibrant

OPEN SOURCE PHILOSOPHY We foster a Digital Commons Approach that adheres to open source principles and values open data, in order to stimulate innovation and develop shared solutions between cities and territories.

EXPERIME

In order to m we actively s mentation a which includ impact supp tion; renewa sustainable recycling and able resourc food and ma

Fig. 28 The Fab City Manifesto, Fab City project -

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o implement the ten following principles ocally productive and globally connectular economy and digital social innovaen a global network of European and the planetary challenges presented by d social inequalities.

VE

e equitable and inclusive esign, through the nt of a Commons Approach, of age, gender, income-levels ities.

SM

age global knowledge ween cities and order to provide ols and solutions that apted to local d needs.

TIVE

the efficient and of all local available a circular economy o build a productive city.

ECONOMIC GROWTH & EMPLOYMENT

We support sustainable urban economic growth by invest- ing in building the skills, infrastructure and policy frame- works needed for the 21st century, thanks to a thorough consideration of social and environmental externalities and the implementation of the polluter pays principle.

PEOPLE-CENTRED We give priority to people and culture over technology, so that the city can become a living and resilient ecosystem. Autonomous vehicles, digital tools, artificial intelligence and robotic machines must be placed at the service of the people’s well-being and expectations.

HOLISTIC We address urban issues in all their dimension and interdependencies to build sustainable, resilient and inclusive cities for everyone.

Nello specifico questo può permettere uno sviluppo sistemico più ecologico, riducendo inizialmente le emissioni di carbonio legate al movimento dei materiali e beni di consumo e permettendo in un secondo momento di creare città completamente fondate sull’economia circolare grazie a una riduzione delle quantità di beni importati e risorse impiegate.

Un sistema socio-tecnico dove il tessuto economico e sociale si intreccia facendo della cooperazione e della connessione tra le città un nuovo centro della ricerca e della conoscenza scientifica.

Questo potenzialmente è in grado di creare un’occupazione orientata alla sostenibilità del sistema e allo sviluppo di nuovi approcci e soluzioni tecnologiche.

Una produzione locale con un impatto globale che nasce dalla condivisione delle conoscenze e delle migliori pratiche sulle soluzioni urbane emergenti da tutti i soggetti coinvolti: cittadini, aziende, istituti di istruzione e associazioni. Lo sviluppo locale di conseguenza si orienta verso nuovi laboratori e centri multidisciplinari collegati al network globale di catene di approvvigionamento.

Un panorama che offre la possibilità di aprire un dialogo tra governi e società civile, per creare un cambiamento culturale che promuova l’empowerment delle città e dei loro cittadini.

ENTAL

meet the principles just outlined, support the research, experiand deployment of innovation des but is not limited to: low ply chains; distributed producable energy and smart grids; food and urban agriculture; d reuse of materials, sustaince management for energy, aterials.

These proposals have been drafted with the collaboration of Fab city global initiative members.

- Fab Foundation.

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2.3. Impresa 4.0

Oggi

1969

1870

Parallelamente alle grandi ondate di cambiamento socioculturale, di cui si è parlato nei precedenti paragrafi, il mondo della manifattura tradizionale ha visto nell’esponenziale velocità di upgrade delle tecnologie, una possibilità di incrementare la gestione dei processi e la qualità dei prodotti.

L’Industria 4.0 compare come termine, per la prima volta nel 2011, nel nome di una iniziativa per rafforzare la competitività dell’industria manifatturiera tedesca (Hermann et al., 2015).

Si tratta di uno dei cambiamenti fondamentali della quarta rivoluzione industriale.

Le prime tre rivoluzioni hanno avuto la caratteristica di essere valutate ex-post.

La meccanizzazione della forza del vapore, l’introduzione del sistema elettrico distribuito e la catena di montaggio e poi l’introduzione del computer e dell’automazione sono stati gli elementi che hanno permesso agli storici di scandire i tre periodi.

La grande differenza è che la quarta rivoluzione, caratterizzata dall’interconnessione di dispositivi con una capacità di calcolo in grado di trattare i dati in tempo reale interagendo direttamente con il mondo fisico, è stata prevista a priori. La proiezione dell’impatto economico di questa rivoluzione è stato talmente ampio che le istituzioni si sono mosse per promuoverla.

In Italia questa incentivazione ha preso la forma nella guida agli investimenti del Piano Nazionale – Impresa 4.0 (MISE, 2016). Una serie di operazioni frutto della consapevolezza dell’enorme impatto economico di questo passaggio che permette una maggiore efficacia operativa e lo sviluppo di modelli di business, servizi e prodotti completamente nuovi (Hermann et al., 2015).

1784 Fig. 29 Le quattro rivoluzioni industriali.

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Quali sono, però, i fattori che permettono di associare ad una realtà imprenditoriale il termine Industria 4.0?

La ricerca in merito è stata in grado di revisionare un ampio spettro di documenti per arrivare a formulare una definizione attuale. Definizione che è in grado di identificare 4 fattori principali compartecipanti alla generazione di un sistema industriale 4.0.

Queste realtà si fondando su 4 fattori chiave: i Cyber Physical System, l’Internet of Things, l’Internet of Service e le Smart Factory.

I CPS, sono sistemi in grado di controllare un processo fisico, con un ciclo-retroattivo. Gli eventi fisici, che accadono all’interno dell’industria, sono monitorati, gestiti e vengono utilizzati per influenzare il digitale e viceversa.

Un’interazione continua tra realtà virtuale e realtà materiale resa possibile in prima generazione da tecnologie basate su RFID tag e nelle evoluzioni di terza generazione da un sistema articolato di attuatori e sensori in grado di archiviare ed analizzare dati gestendoli in rete.

Quali sono i fattori che permettono di associare ad una realtà aziendale il termine Industria 4.0?

Con Internet of Things (IoT) si intende invece il network dove i vari CPS cooperano. La rete che permette la collaborazione tra le parti.

L’Internet of Services è lo strumento che permette ai fornitori di offrire i propri servizi tramite rete.

Questo sviluppo consente una nuova variazione dinamica della distribuzione delle singole attività della catena del valore. La produzione si adatta e si modula autonomamente sulle esigenze specifiche del cliente, cambiando assetto e

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sviluppo della produzione grazie ad un sistema interconnesso autonomo.

Un concetto trasferibile, nel prossimo futuro, dalla gestione interna della domanda delle singole fabbriche a intere reti.

Con il termine Smart Factory si fa riferimento ad un complesso industriale in grado di assistere le persone e le macchine nell’esecuzione dei loro compiti. Un’innovazione resa possibile da sistemi che lavorano in background e analizzano informazioni come la posizione o lo stato di un oggetto fisico comunicando in tempo reale con la gestione virtuale. In base alle informazioni, la Smart Factory interagisce con il suo ambiente, assistendo gli utenti e contribuendo alla comunicazione dei CPS nel network IoT (Hermann et al., 2015).

Al termine dell’articolo Design principles for Industries 4.0 (Hermann et al., 2015) vengono così individuati i 6 principi fondamentali che accomunano le industrie 4.0.

L’interoperabilità: permette ai CPS dell’impianto di comunicare tra loro attraverso reti aperti e descrizioni semantiche.

Virtualizzazione: la facoltà per cui i CPS sono in grado di monitorare i processi fisici in relazione a dei modelli virtuali dell’impianto. La non conformità tra le informazioni provenienti dai due modelli permette al sistema di avvertire gli utenti di eventuali problematiche in corso.

Decentralizzazione: con una domanda di prodotti singoli sempre in aumento diventa impossibile gestire un sistema centralizzato.

Per questo i CPS sono sviluppati con la capacità di agire indipendentemente dal complesso.

I tag RFID permettono, infatti, di comunicare

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Fig. 30 Gli elementi che costituiscono l’impresa 4.0.

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alle macchine informazioni personalizzate.

Indipendentemente da ciò, il sistema per garantire il controllo qualità necessario mantiene comunque traccia di tutti gli elementi fisici in qualsiasi momento.

Funzionalità in tempo reale: per conservare l’efficienza del sistema è imprescindibile che i dati vengano raccolti e analizzati sul momento.

Monitorare costantemente lo stato dell’impianto permette di reindirizzare prodotti e macchine reagendo nell’immediato all’imprevisto.

Service oriented: i servizi delle aziende sono resi possibili dall’interazione tra CPS e persone grazie all’IoS. Un’offerta utilizzabile sia nella gestione interna che oltre i confini aziendali.

Modularità. I sistemi modulari sono in grado di adattarsi in modo flessibile alle mutevoli esigenze sostituendo o espandendo i singoli moduli.

Pertanto, i sistemi modulari possono essere facilmente regolati in caso di cambiamenti o modifiche delle caratteristiche del prodotto. Un sistema che nel contesto della realtà tedesca di SmartFactoryKL viene utilizzato per aggiungere nuovi modelli, con il principio Plug & Play.

una nuova democratizzazione delle tecnologie concentrandosi sulla creazione di un modello sistemico in grado di costruire dei network attivi a scala globale.

La connessione e la gestione dei dati e delle relazioni con gli esseri umani in sistemi decentralizzati diventano delle finalità per entrambi.

La già citata, SmartFactoryKL è, infatti, una piattaforma dimostrativa e di ricerca indipendente unica nel suo genere, in cui le tecnologie promettenti vengono valutate e sviluppate in un ambiente di produzione industriale realistico.

Questa ha dato vita alla Technology Initiative un network cui hanno aderito 50 membri con l’obiettivo di sviluppare prodotti e soluzioni di Industria 4.0, grazie ad una rete collaborativa.

Questo è reso possibile da interfacce software e hardware standardizzate che permettono di identificare automaticamente i nuovi moduli rendendoli immediatamente utilizzabili tramite l’IoS (Huhmann, Martin & Dieter Schotten, 2019).

Colpisce come si possano individuare elementi assimilabili nelle rivoluzioni dei sistemi manifatturieri tradizionali e nei movimenti per l’innovazione nati proprio in contrapposizione all’industria produttiva vigente.

Consciamente o no, entrambi, con percorsi e finalità diverse, hanno cavalcato l’onda di

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2.3.1. Al passo con il cambiamento Fin dalla sua prima definizione l’Industria 4.0 è nata per dare un vantaggio sul mercato aumentandone la competitività stessa.

Abbracciare la rivoluzione digitale, in una strutturazione vicina al modello dell’Industria 4.0, è un investimento che il sistema imprenditoriale italiano, costituito in maggioranza di microimprese, non ha gli strumenti per affrontare.

Non è un caso che la prima apparizione del termine sia avvenuta in Germania, un paese che rispetto all’Italia conta il quadruplo di grandi realtà aziendali e circa il triplo di piccole e medie imprese.

Il confronto con la Germania evidenzia le diverse nature del tessuto industriale. Un tessuto che è, anche in Italia, inevitabilmente chiamato ad attivarsi per fronteggiare i cambiamenti di domanda e di offerta del mercato.

Nell’offrire gli strumenti necessari ad affrontare una maggiore competitività e una crescente intersezione tra mercati esteri e nazionali il Governo italiano ha individuato le principali tecnologie abilitanti che possono permettere alle imprese di innovare il proprio modello di gestione. La stessa Commissione Europea definisce, però, queste tecnologie come abilitanti quando si associano a cicli di innovazione rapidi e consistenti con ingenti spese di investimento per l’inserimento di figure professionali altamente qualificate. (Flamigni, 2017).

Gli elementi decisivi su cui gioca l’innovazione consistono nella diffusione di nuove competenze e nella strutturazione della catena del valore.

L’assenza di un piano strategico riformativo che agisca su questi due fattori impossibilita un percorso orientato alla trasformazione digitale.

In che modo quindi le piccole e medie imprese italiane si preparano ad affrontare le prossime trasformazioni?

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Nel redigere un approfondimento dei risultati pratici e delle direzioni di sviluppo che l’Italia si prefigge di raggiungere, nel 2017, è stato pubblicato un report dal Ministero dello Sviluppo Economico inerente ai primi risultati (MISE et al., 2017).

Nei punti complessivi che tratta il documento risulta per il progetto di tesi interessante soffermarsi sulla sezione inerente al Network Nazionale Impresa 4.0.

Il report fa riferimento a 3 livelli differenti di enti attivi sul territorio: Punti Impresa Digitale, gestito dalla Camera di Commercio Italia, con l’obiettivo della diffusione locale della conoscenza di base sulle tecnologie in ambito Industria 4.0; Innovation Hub, gestito da Confcommercio, Confartigianato e Confindustria, con l’obiettivo di fare formazione avanzata su tecnologie e soluzioni specifiche per i settori di competenza e gestire il coordinamento delle strutture di trasformazione digitale e di trasferimento tecnologico.

Competence Center, centri di Alta formazione e sviluppo dei progetti di ricerca industriale e sviluppo sperimentale. Il bando di riferimento in ritardo di due anni sul programma ha avuto finalmente esito a fine del 2018.

Uno dei Competence Center definiti è stato fondato dentro il Politecnico di Milano: Made.

Si tratta di un incubatore finanziato da un partenariato di enti pubblici e privati che si definisce al meglio nella descrizione del suo Presidente, Marco Taisch – “sarà un centro di competenza di rilevanza internazionale per il settore manifatturiero in grado di fornire alle

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“Le aziende […] saranno supportate in un percorso di crescita e di adozione di nuove tecnologie digitali a copertura dell’intero ciclo di vita”

imprese i servizi necessari (dall’orientamento alla formazione, dalla ricerca applicata al trasferimento tecnologico) che consentano loro di affrontare la digitalizzazione 4.0 dei processi produttivi.

Le aziende […] saranno quindi supportate in un percorso di crescita e di adozione di nuove tecnologie digitali a copertura dell’intero ciclo di vita del prodotto, consentendo […] loro di comprendere come le soluzioni attualmente disponibili possano essere impiegate per migliorare la loro competitività” (Politecnico di Milano, 2019).

Made rappresenta solo uno dei Competence Center sul territorio italiano che si estenderanno anche a Torino, Bologna, Pisa, Padova, Napoli, Roma e Genova.

L’ambizione di Made è quella di divenire un punto di riferimento nazionale e internazionale in particolare per le PMI. I suoi obiettivi strategici sono stati modellati sulle necessità che molte Regioni italiane e non solo hanno manifestato con i loro programmi di politica industriale.

Il rettore di Politecnico di Milano, Ferruccio Resta - commenta così questo passaggio – “Non lo consideriamo un competence center regionale, ma nazionale fino ad ambire a essere anche internazionali, […] Stiamo pensando di fare rete con altri competence center europei sul tema del manifatturiero. Creeremo anche altri centri satelliti grazie alla presenza delle università di Pavia, Bergamo e Brescia” .

Non è solo il Ministero a muoversi nell’analisi e interpretazione delle trasformazioni del digitale.

Da due anni, infatti, la Talent Garden Innovation School sta conducendo delle indagini nazionali, tramite un survey online indirizzato ad aziende italiane con fatturato fino a 50 milioni di euro,

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per monitorare ed individuare le caratteristiche principali con cui la digitalizzazione si sta espandendo nel contesto imprenditoriale.

Gli obiettivi della ricerca sono stati: 1-individuare l’approccio culturale delle aziende medie e piccole, ovvero il modo in cui interpretano la fase di cambiamento in cui si trovano; 2-la situazione presente, e quindi l’intensità con cui la rivoluzione digitale è già entrata nei processi aziendali; 3- gli scenari futuri, con un focus specifico sulle scelte con cui le PMI si dovranno confrontare nei prossimi mesi e anni.

Hanno risposto 500 piccole e medie imprese.

Il 79% degli intervistati riconosce alla trasformazione digitale la potenzialità di ridurre dei costi, aumentare la produttività e incrementare il fatturato.

Per questo, appunto, l’analisi sottolinea come il 61% prevede di incrementare le proprie strategie

digitali. Emerge inoltre che ben il 65% degli intervistati ritenga che al centro della rivoluzione una cultura azienda collaborativa sarà il fattore determinante per il successo (TAG Innovation School, 2017).

Attualmente i reparti digitali del 40% delle PMI intervistate possiedono una piattaforma Customer Relationship Management (CMR) per la gestione dei rapporti con i clienti. Il 45 % utilizza degli strumenti di Web Analytics per profilare al meglio gli utenti cui indirizzare le strategie di marketing. Il 39 % ha elaborato delle strategie di Search Engine Optimization (SEO) per aumentare la visibilità della propria realtà nei motori di ricerca.

Nella prima indagine le figure professionali associate al cambiamento appartengono principalmente al dipartimento marketing e all’analisi dati, con un 60% di indicazioni verso i Digital Marketing Specialist e un 50% di specialisti di analisi dei dati, Data analyst.

Lo studio evidenzia, inoltre, che nell’immaginare degli scenari futuri, il 39% delle realtà crede nella possibilità di una contaminazione con le start up e nell’investire nell’utilizzo di big data.

Fig. 31 Fattori ritenuti più importanti per la sopravvivenza di un’azineda, indagine Talent Garden, 2017.

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Un fattore che testimonia la consapevolezza inerente alla necessità di una rete interna ed esterna all’azienda in grado di elaborare dati e contenuti in maniera più rapida e specializzata.

La cognizione del potere della trasformazione digitale, nel 2018 è aumentata. Manca ancora la consapevolezza che il processo di DT necessiti di un’innovazione strategica ad ampio raggio che non si limiti all’ambito della promozione aziendale e della comunicazione. Servono infatti dei cambiamenti importanti nell’organizzazione produttiva e nella gestione delle risorse umane interne.

Fig. 32 Figure professionali ritenute chiave per fa fronte alla digital trasformation, indagine Talent Garden, 2017.

La formazione deve rimanere un focus, sono circa il 54% le PMI che la ritengono un valore importante ma poche quelle che la portano avanti con costanza.

Lo studio conferma i dati dell’anno precedente in relazione alle figure professionali. Resta infatti alto, variabile dal 27% al 20% l’interesse verso la figura di UI e UX Designer, segnale di un maggiore interesse verso l’esperienza legata ai prodotti e servizi.

La rivoluzione digitale sembra, anche a livello imprenditoriale, maggiormente compresa dalle realtà più giovani che investono maggiori percentuali del fatturato nel cambiamento.

In questo le PMI sono chiamate ad una conversione digitale consapevole. Si tratta infatti di, una trasformazione che ha il potenziale di portare enormi vantaggi competitivi sul mercato.

Fig. 27 Figure professionali ritenute chiave per la DT.

Un miglioramento della gestione del lavoro potenzialmente in grado di incrementare la produttività migliorando la qualità di servizi e prodotti erogati ai clienti (TAG Innovation School, 2018).

Fig. 33 Figure professionali ritenute chiave per fa fronte alla digital trasformation, indagine Talent Garden, 2018.

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Uno dei punti chiave su cui si può giocare l’integrazione necessaria di competenze digitali e tecnologiche è proprio uno dei design principles fondamentali dell’Industria 4.0: la decentralizzazione (Hermann et al., 2015).

Se infatti per la grande impresa, questo avviene principalmente nella gestione interna del processo manifatturiero, nel caso delle PMI italiane può essere interpretabile nell’affidarsi ad altre realtà per costruire partnership in grado di sopperire alla mancanza di competenze specifiche.

Questa modalità permette a fronte di un investimento circoscritto di ottenere risultati più rapidi che devono comunque essere accompagnati da percorsi formativi in grado di aggiornare approcci e qualifiche interne al modello di gestione.

Fig. 34 Gli ostacoli percepiti alla digital trasformation, indagine Talent Garden, 2018.

Fig. 35 Fasi in cui la digital trasformation può avere maggiore impatto, indagine Talent Garden, 2017.

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22-83 2.3.2 Un percorso innovativo timido

Il mercato di oggi ruota intorno a tempi di consegna molto stretti, ad una crescente richiesta di personalizzazione totale di prodotti e servizi, alla necessità di integrare la tecnologia nella logistica del modello mantenendo un linguaggio che favorisca lo sviluppo delle relazioni interne ed esterne.

La principale debolezza del sistema imprenditoriale è una chiusura a protezione del proprio know-how, elemento imprescindibile su cui oggi le PMI costruiscono il proprio vantaggio competitivo sul mercato.

Un limite che si è mostrato in maniera significativa quando le sfide hanno richiesto non una risposta individuale ma sistemica. In Italia non c’è stata ad oggi, una reazione coordinata che potesse far fronte comune alla necessità di un cambio di paradigma progettuale.

Il modello aziendale, nel contesto della PMI, si fonda, infatti, su un insieme di relazioni tradizionali. La rivoluzione non si diffonde senza un processo di accompagnamento, che, grazie ad un cambiamento gestionale, permetta una transizione a spazi di conversazione digitali (Schiavo, 2017).

Le aziende hanno iniziato ad aprirsi parzialmente ad un processo di analisi e ridefinizione delle relazioni, cercando di mediare linguaggi e strumenti, questo sta però avvenendo ad un ritmo non paragonabile ai grandi cambiamenti culturali e sociali.

Un’ondata che a livello comunicativo con l’espansione di Internet ha generato: disintermediazione, sovvertendo la relazione classica tra creatore e fruitore e permettendo a quest’ultimo di diventare egli stesso

elemento attivo del processo; nuove forme di intermediazione, rese possibile dalla comunicazione massiva tra gli utenti in rete; comunicazioni-non tradizionali (inbound), per cui è possibile anche livello commerciale un contatto diretto con un consumatore specifico (marketing automation) e ha aperto l’accesso al mercato a business con economie di scala meno impegnative (Schiavo, 2017).

Cambiamenti che stanno influenzando la scena lavorativa grazie a nuove riflessioni su educazione, qualità del servizio, cooperazione e co-progettazione. Le innovazioni tecnologiche e sociali in questo periodo, di grandi stravolgimenti, si stanno sovrapponendo di continuo. Le persone diventano, in ogni contesto il centro della riflessione, e per questo vi è l’esigenza che la manifattura italiana, trainata da un uso consapevole delle tecnologie, sia in grado di creare una rete collaborativa.

Tra le varie tecnologie abilitanti, citate nel paragrafo precedente, nell’ambito dell’Industria 4.0, trovano ovviamente posto le tecnologie di fabbricazione digitale. Diffuse dai maker hanno superato i confini del movimento per trovare in forme avanzate delle applicazioni industriali.

Attualmente la più diffusa tra le imprese è la produzione additiva che permette, grazie all’evoluzione delle tecnologie di stampa 3D, risultati tutt’altro che vicini alla dimensione prototipale.

In particolare il settore meccanico conta svariati esempi e casi studio di mezzi di trasporto comprendenti pezzi ottenuti grazie alle stampanti 3D (Flores, 2017).

Il contesto del Fab Lab in questo scenario non sembra essere chiamato in causa. Il piano di Impresa 4.0 sopracitato non tiene in

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considerazione questi centri multidisciplinari sul territorio ma la realtà in Italia testimonia che all’interno di queste strutture vi sono competenze eterogenee inerenti alle tecnologie e le loro applicazioni.

Con una logica semplicistica la domanda da porsi è: se la manifattura digitale è in grado di creare valore per le aziende, ma non è accessibile alle piccole e medie imprese, per gli investimenti in formazione, personale e tecnologie che richiede, è possibile pensare di aprire un dialogo con gli spazi, come i Fab Lab, che già possiedono entrambe le risorse?

Se Ferruccio Resta, rettore del Politecnico di Milano, definendo il raggio di azione del Competence Center di Politecnico di Milano, parlava appunto di centri satelliti sul territorio, come potrebbe delinearsi la dimensione di un Fab Lab che si colloca sul territorio come supporto alle microimprese e agli artigiani per fare formazione, ricerca e anche progetto con l’azienda?

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Una figura ibrida tra maker e designer che affianca alle proprie competenze digitali e di progetto la capacità di gestire un rapporto innovativo con l’impresa

22-83 2.3.3. Un punto di contatto esiste?

Le domande provocatorie del paragrafo precedente sembrano sottintendere un possibile sviluppo congiunto ma i fattori che spostano l’ago della bilancia nelle due direzioni sono molti.

La risorsa del cambiamento sono le persone. La co-progettazione, tra soggetti aperti e con punti di vista differenti, è il modo migliore per raggiungere soluzioni innovative. La tecnologia e le macchine sono esclusivamente degli strumenti.

I Fab Lab si formano per sviluppare in maniera aperta nuove soluzioni e non puntare direttamente allo sfruttamento economico dei risultati.

La PMI, dalla sua, esce da una crisi economica degli ultimi anni che ne ha compromesso la propensione al rischio. Si cercano investimenti sicuri in grado di allentare lo stress sulla gestione dei capitali. Inoltre, l’attuale gestione manageriale statica non contribuisce a generare il terreno fertile per la creazione di nuovi modelli di business.

Come già sottolineato nell’analisi della Fab Charter e dell’ideologia su cui si basa il movimento Maker del paragrafo 2.2, il sistema Fab Lab nasce con la vision di offrirsi come alternativa locale al sistema manifatturiero tradizionale promuovendo una libera condivisione delle conoscenze.

Un’ideologia così forte negli anni ha trovato difficoltà a costruire un dialogo con l’impresa generando di fatto un allontanamento tra le parti.

Il rischio per il movimento maker è quello che si creino dei contesti aperti solo ad appassionati di tecnologia, contesti che da inclusivi diventino esclusivi per una categoria, abbandonando la possibilità di creare sintonia anche con contesti concettualmente lontani.

Per questo è necessario lasciare aperta la possibilità di una collaborazione che nasca da un dialogo proficuo e che permetta una crescita coordinata.

Il maker deve diventare il facilitatore di questo dialogo affinché l’imprenditorialità sia in grado di percepire il valore della digital fabrication.

Un mondo che riunisce, non solo hobbisti e appassionati, bensì una serie di competenze tecniche di progetto in grado di innovare processi e prodotti.

Il secondo elemento su cui riflettere è quindi il ruolo che i maker e i designer, figure tra cui è spesso impossibile segnare dei confini definiti, possono ricoprire nel costruire questa relazione complessa.

L’azienda che vede delle potenzialità nel movimento maker ricerca, infatti, una figura ibrida.

Questa nuova figura professionale si scinde dall’immaginario dell’hobbistica o dall’appassionato delle dimensioni tecnologiche.

Le competenze che ha maturato si avvicinano molto di più al mondo del progetto e la principale possibilità che ha nel contribuire allo sviluppo di un’azienda è quella di rimettere in discussione il suo modello produttivo. Questa figura ibrida affianca alle proprie competenze digitali e di progetto una capacità di gestire i rapporti con i clienti.

Una capacità relazionale che permette di dare forma ad un programma adeguato al rapporto con il mercato (Schiavo, 2017). Venute meno le premesse iniziali del movimento di offrire una valida alternativa al sistema manifatturiero è però comunque possibile gettare le basi per un rapporto collaborativo con l’impresa.

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I progetti tra Fab Lab e piccole e medie imprese in Italia restano casi isolati. È quindi fondamentale che si costruisca un dialogo tra Fab Lab e PMI su larga scala.

Nonostante esistano dei riferimenti di progetti nati da queste tipologie di collaborazioni la micro e piccola imprenditorialità non è a conoscenza delle porte che una partnership, tra i due mondi, possa aprire.

Linguaggi e aspirazioni differenti limitano il dialogo. Se da un lato, le responsabilità si attribuiscono alle PMI, ed una loro forma mentis poco flessibile e legata a modelli oramai superati, dall’altro è anche vero che il movimento maker, storicamente poco incline alle collaborazioni con organizzazioni imprenditoriali, ha finito per creare dei contesti, apparentemente chiusi alla manifattura tradizionale, e spesso autoreferenziali.

Ramazzotti suggerisce, così, di affiancare ai corsi di fabbricazione digitale un percorso di formazione per il valutare la fattibilità di un prodotto di essere lanciato sul mercato (Schiavo, 2017).

Probabilmente, quella figura ibrida di cui si parla esiste già, e coincide con quella del designer che, nella contaminazione con il mondo della fabbricazione digitale e la sua filosofia ha trovato, la possibilità di costruire un’innovazione radicale per l’appunto design-driven.

La sfida futura che spetta ai progettisti, che hanno scelto di intraprendere un percorso legato al mondo dei sistemi distribuiti è quella di proporre un modello che permetta ai due soggetti di dialogare e creare insieme un nuovo sistema manifatturiero e progettuale decentralizzato.

Lo studio, nell’analisi tra sistemi sociotecnici distribuiti e manifattura tradizionale, finisce per delineare un profilo del maker riluttante ad immaginare un proprio prodotto commercializzato. Le figure professionali che hanno conosciuto entrambi i mondi dall’interno e ne hanno apprezzato le sfumature, come Damiano Ramazzotti, precedentemente COO* di Talent Garden, commentano la mancata coesione tra tecnologia, innovazione e mercato non come la perdita di un’opportunità commerciale bensì come la mancata possibilità di vedere diffusi, grazie al mercato, i prodotti frutto delle menti più ingegnose e indipendenti.

Come i CPS, dell’industria 4.0, i maker offrono una connessione tra mondo digitale e mondo fisico con i mezzi tecnologici più accessibili e sono per questo una risorsa per l’innovazione da valorizzare.

*Chief Operating Officer è il responsabile del funzionamento quotidiano dell’azienda e riferisce regolarmente al dirigente di più alto livello - di solito l’amministratore delegato (CEO).

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Linguaggi e aspirazioni differenti limitano il dialogo. La sfida futura che spetta ai progettisti, che hanno scelto di intraprendere un percorso legato ai sistemi distribuiti, è quella di proporre un modello che permetta ai due soggetti di dialogare

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Ex -filanda p. 85

3. Ex-Filanda

Un processo top-down di rigenerazione che incontra la partnership del Politecnico di Milano nel 2013 per la redazione del modello di servizi

3.1. La Fabbrica del saper fare La seconda parte dell’elaborato prende in analisi il progetto Ex Filanda. Un caso studio cruciale dove tutti gli elementi della ricerca si intrecciano generando relazioni complesse. Un finanziamento di Fondazione Cariplo, per il restauro di un exedificio industriale, ha dato inizio al progetto nel 2008. Un processo top-down di rigenerazione che incontra l’affiancamento del Dipartimento di Design del Politecnico di Milano nel 2013 per la redazione di un modello di servizi che renda il bene ristrutturato un patrimonio del territorio.

Durante la fase di incubazione e di verifica del modello nasce, con un processo bottom-up, Make in Progress, Associazione a Promozione Sociale, fondata sui principi della cultura maker e della rivoluzione digitale.

L’analisi metodologica seguente fa riferimento al processo per cui, dall’inziale rigenerazione di un edificio industriale da mettere a disposizione del territorio, si è giunti ad un progetto designdriven costruito su un modello anticipatorio dove il Design ricopre un ruolo chiave per lo sviluppo (Arquilla & Barbieri, 2017).

Il progetto di recupero e di nuova funzionalizzazione dell’Ex-Filanda industriale, a Sulbiate, nasce all’interno di un’azione più ampia denominata Distretto Culturale Evoluto Monza Brianza. L’immobile è stato selezionato, nel 2008, insieme ad altri tre sul territorio. Un iniziale finanziamento da parte di Fondazione Cariplo di 800.000 Euro ha coperto circa il 50% dei costi di ristrutturazione, oltre ad una piccola quota per attività di comunicazione ed animazione locale.

Nel 2013 i sostenitori dell’intervento, consapevoli della ridotta efficacia degli incubatori di impresa hanno affidato al Dipartimento di Design del

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Politecnico di Milano una revisione del progetto con l’intento di indagare e ridefinire un modello di servizi compatibile con le reali potenzialità territoriali. Dopo alcuni mesi di indagine e sviluppo viene presentato il nuovo progetto: “Innovazione e impresa: la Filanda di Sulbiate, un recupero ad alta sostenibilità energetica per l’artigianato, le energie rinnovabili e le nuove tecnologie”.

Con il progetto così rinnovato il raggruppamento ha partecipato ad un bando Regionale (PROGRAMMA ASTER) ottenendo un ulteriore finanziamento a copertura dei costi di cofinanziamento.

Questo meccanismo ha portato circa 1,6 Milioni di Euro per il recupero/restauro della Ex-Filanda e per l’avvio di un modello innovativo di gestione senza intaccare le casse comunali e generando opportunità per il territorio. I fondi sono stati utilizzati prevalentemente per il recupero architettonico del bene.

Fig. 36 La struttura prima del restauro, Comune di Sulbiate.

Con una quota residuale di budget è nato “MakeinProgress - Verso la Fianda” un programma che ha permesso di prototipare in via sperimentale il modello di supporto all’innovazione immaginato per l’area, al fine di attuare un processo partecipato di contaminazione territoriale e di verificare la fattibilità del progetto prima che, al termine dei lavori di restauro, i servizi venissero insediati nella Filanda (Arquilla & Zinzone, 2017).

Fig. 37 La struttura dopo il restauro, ph. Cosimo Filippini.

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3.1.1. Lo sviluppo ex-ante Rispetto all’attivazione del progetto “MakeinProgress” il design ha svolto un ruolo fondamentale attraverso l’implementazione di varie azioni: A. Analisi del territorio e di casi simili B. Definizione di uno scenario compatibile con il territorio C. Test dello scenario (demo del servizio) D. Definizione di un modello di business e della sostenibilità economica (creazione di nuova impresa).

Nella prima fase di sviluppo è stata essenziale un’analisi qualitativa e quantitativa del territorio finalizzata all’individuazione dei soggetti-impresa potenzialmente coinvolgibili nel piano strategico.

Un’operazione che ha avuto come output una mappa del territorio.

L’intento principale dell’analisi era quello di verificare se e come il design, l’innovazione sociale e le politiche pubbliche potessero definire un “ecosistema o ecologia dell’innovazione” (Manzini, 2013) e configurare un modello di “Innovazione Resiliente” (Manzini, 2015).

Il primo coinvolgimento progettato ha previsto l’invio di uno strumento semplice e volutamente non tecnologico per abilitare la partecipazione attiva dei cittadini: una cartolina da compilare secondo tre claim fondamentali:

progetti con finalità imprenditoriali (Arquilla & Zinzone 2017).

Nella seconda fase, consapevoli delle difficoltà che hanno i progetti di riqualificazione una volta esauriti i finanziamenti, è stato proposto un concept potenzialmente in grado di generale lavoro e capitale sociale tramite una riflessione su 4 temi: 1- Making (spazi del fare per cittadini ed imprese); 2- Arte (nuovi modelli di contaminazione e crescita culturale); 3- Food (riflessione sulle produzioni locali); 4- Lavoro (principalmente co-working e spazi collaborativi).

Le tematiche sviluppate hanno avuto un riscontro diretto nella conformazione degli spazi all’interno della Filanda, generando un’unica area fluida dove queste attività potessero coesistere e alimentarsi a vicenda valorizzando la conformazione architettonica del bene restaurato.

Durante la terza fase ha avuto luogo il test dello scenario previsto dal metodo anticipatorio, con l’obiettivo di verificare la validità del concept. La “demo experience” ha consentito lo svolgimento di diverse attività nel distretto, come workshop e corsi strutturati all’interno del centro civico cittadino rigenerato dagli stessi cittadini in due

1- Hai un’idea? Proponila!

2- Vuoi uno spazio? Crealo!

3- Ci sai fare? Dimostralo!.

Il territorio ha risposto alla provocazione e si sono raccolti un totale di 34 idee: 19 proposte inviate da cittadini di Sulbiate e dei Comuni limitrofi e dalle associazioni che già operano sul territorio, 11 idee di progetti con finalità imprenditoriali e 4 idee di

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Fig. 38 Le tre cartoline di ingaggio della comunità, MiP.

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workshop tematici sulla rigenerazione di uno spazio da condividere nella municipalità.

L’ambiente, vero e proprio dimostratore fisico di progetto, ha permesso l’individuazione di un gruppo di cittadini intenzionati ad avviare il proprio “business sociale”.

Fig. 39 La riqualificazione del centro civico, Sulbiate.

La dinamica generativa, bottom-up, ha dato vita a Make in Progress

Fig. 40 Uno dei workshop tenutosi nel centro civico, Sulbiate.

Questa dinamica generativa, up-bottom, ha dato vita all’associazione “Make in Progress”.

Il progetto si è successivamente concretizzato dando origine ad un’associazione a promozione sociale (APS) poi divenuta S.r.l.

In quest’ottica è essenziale sottolineare come fin dal principio MiP abbia proposto un modello

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dell’area Food.

Lo spazio di Ex-Filanda è stato inaugurato nel 2016. Dal 2017 il gruppo di lavoro, capeggiato dal responsabile del progetto Consorzio Comunità Brianza (CCB) ha iniziato a sostenere le spese.

La Camera di Commercio di Monza e Brianza, nell’ambito di un accordo con la Provincia di Monza Brianza e la Regione Lombardia, ha finanziato l’infrastrutturazione di un Fig. 41 Il sito di Make in Progress verso la filanda.

misto e integrato di servizi, che si differenzia dal modello classico di gestione del Fab Lab, dove il making non è il fine ma il collante delle attività dei processi generati.

Questo nuovo paradigma si è preposto di attivare nuovi processi di contaminazione secondo le quattro tematiche di indirizzo al fine di dare vita a nuove forme di produzione micro-imprenditoriale.

Nello sviluppo congiunto di questa strategia è emersa una problematica legata ai vincoli imposti dal bando ASTER che prevedeva l’assegnazione dello spazio attraverso un bando pubblico e non per affidamento diretto.

Nuovamente Make in Progress ha sfruttato questo limite, dimostrando un’importante resilienza territoriale, costruendo delle partnership con differenti soggetti del territorio per sviluppare insieme un business model sostenibile.

L’operazione ha portato ad il coinvolgimento dell’Associazione Delle Ali, del Consorzio Comunità Brianza, con l’obiettivo di aprire in Filanda uno sportello per il lavoro, di Impact HUB Rovereto, per un appoggio esperienziale sul tema del co-working e sulle nuove modalità di impresa e di HIBU, un birrificio locale per la co-gestione

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Fig. 42 Attività itineranti artistiche, workshop Make in Progress.

makerspace dotato di taglio laser, stampanti 3D, un laboratorio di elettronica e una fresa CNC di medie dimensioni. Infrastrutture che costituiscono a tutti gli effetti un Fab Lab, che è stato, infatti, successivamente inserito, nel network dei laboratori attivi in Italia.

Un ambiente innovativo di 900 mq in cui è stato inserito uno sportello per il lavoro, un’area adibita all’utilizzo delle macchine per il making, un’area di co-working, una sala per la sperimentazione artistica e una zona adibita alla ristorazione.

L’assenza degli arredi ha innescato la possibilità di costruirli sfruttando le tecnologie presenti.

L’idea è stata quella di sfruttare la piattaforma di Open Desk, entrando nel network e sfruttando le competenze di MiP, per rielaborare l’arredo dal

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punto di vista estetico e funzionale. Questo ha permesso ai soggetti di dare un valore economico oggettivo e certificato dei singoli prodotti.

L’operazione ha quindi avuto diversi esiti legati, oltre che al processo di apprendimento delle macchine e delle loro possibilità, alla opportunità di supportare la sostenibilità del progetto facendo affidamento sull’offerta del Comune di Sulbiate di inserire uno sgravio di affitto legato alla quota degli arredi.

L’ambiente non ne ha giovato solamente dal punto di vista estetico, infatti, grazie al contributo qualitativo e funzionale apportato su gli arredi di Open Desk, si è dato inizio ad un processo di contaminazione in grado di dare vita a nuove tipologie di prodotti legati al mondo della sperimentazione artistica-teatrale e alla ristorazione (Arquilla & Zinzone, 2017).

su gli arredi di Open Desk, si è dato inizio ad un processo di contaminazione in grado di dare vita a nuove tipologie di prodotti legati al mondo della sperimentazione artistica-teatrale e alla ristorazione (Arquilla & Zinzone, 2017).

L’ambiente non ne ha giovato solamente dal punto di vista estetico, infatti, grazie al contributo qualitativo e funzionale apportato

Lo spazio di Ex-Filanda è stato inaugurato nel 2016. Dal 2017 il gruppo di lavoro, capeggiato dal capo fila Consorzio Comunità Brianza (CCB) ha iniziato a sostenere le spese

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3.1.2. Le difficoltà ex-post Nonostante l’attenta analisi e prototipazione del pacchetto di servizi redatta dal Dipartimento di Design del Politecnico di Milano, a distanza di quasi tre anni dall’insediamento in Filanda, il progetto è cambiato drasticamente suggerendo che la capacità di adattarsi e modificarsi nel tempo in base alle esigenze del territorio e dei suoi stakeholders rappresenti uno degli elementi cruciali per il successo dei progetti ibridi tra il terzo settore e il mondo maker (Bianchini et al., 2014).

Lo scopo che guida la stesura di questo paragrafo è quindi cercare di capire quali finalità non siano state perseguite, quali limiti si siano presentati nella gestione della sostenibilità economica e come si possa intervenire per recuperare parte degli obiettivi del progetto d’impresa di Make in Progress all’interno del contesto di Ex-Filanda.

I fattori principali che storicamente hanno ostacolato lo sviluppo del progetto sono riconducibili a: Premesse non mantenute. Inizialmente il modello si era prefissato diversi obiettivi cruciali che non sono stati sviluppati. Secondo uno dei 4 temi di orientamento del progetto era stato previsto l’inserimento del Birrificio HIBU per la gestione dell’area Food, fattore che però non si è verificato.

L’idea iniziale di un Co-working femminile non ha visto trovare riscontro nei piani di insediamento.

Impact Hub Rovereto in seguito a divergenze legate alle figure professionali coinvolte ha progressivamente diminuito l’interesse in una partecipazione attiva. Elementi chiave che nell’iniziale redazione del modello di servizio contribuivano alla creazione di una community interna e di un network attivo con altre realtà esterne.

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Fig. 43 I due fattori principali che hanno generato le difficoltà ex-post.

Il ruolo dei partner gestionali di affiancamento.

Le limitazioni imposte dalle modalità del bando ASTER e il conseguente inserimento di partner del terzo settore con modelli di business lontani dalla cultura del progetto e della produzione manifatturiera hanno contribuito a frammentare comunicazione, progetti e percorsi.

Il Consorzio Comunità Brianza (CCB) ha ricoperto una posizione passiva nella gestione delle attività.

Questo non ha permesso uno sviluppo coerente della mission secondo il modello progettato. La mancanza di entrate ha portato al tentativo di rientrare dell’investimento grazie ad un modello basato esclusivamente sull’affitto delle postazioni di co-working, a soggetti non congruenti alle tematiche di indirizzo, e delle sale, ad eventi maggiormente correlabili ai centri classici di aggregazione sociale.

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Il mancato coordinamento strategico fra le varie attività e tra tutti i soggetti coinvolti all’interno della struttura è stata la causa principale che non ha permesso uno sviluppo unitario come quello previsto inizialmente.

Nella gestione interna Make in Progress non è stato abile a coinvolgere Il Teatro “Delle Ali” nelle attività di making. Le responsabilità sono da dividersi tra i due soggetti. Entrambi i membri, nonostante fossero a conoscenza che il collante tra attività culturali e produttive fosse proprio una ritrovata cultura del saper fare, non si sono mostrati adatti a sovrapporre le attività. Il teatro dalla sua parte non ha avuto la necessità di investire per costruire un modello innovativo affidandosi alla già presente e contestualizzata richiesta del territorio per le sue attività mentre Make in Progress, non avendo una stabilità di entrate, non ha favorito, tramite la ricerca di finanziamenti, una prima collaborazione tra le parti.

Il progetto ha, quindi, fatto affidamento su realtà differenti con la finalità del raggiungimento di obiettivi comuni secondo lo sviluppo dei quattro temi fondamentali senza l’unità di intenti necessaria a raggiungere lo sviluppo di una microeconomia interna.

Questo ha causato nel caso di Make in Progress la perdita di diversi membri del suo team, attratti da contesti di lavoro che offrivano una maggiore stabilità economica.

La conseguente assenza di capitale umano all’interno del Creative Lab non ha permesso a Make in Progress di attivare delle collaborazioni a breve e lungo termine, coinvolgendo aziende e istituzioni del territorio impossibilitando così la creazione di un network in grado di includere gli artigiani, la comunità e i creativi.

La stessa struttura, posizionata in un punto equidistante dai centri di Monza, Bergamo e Milano, è risultata difficilmente raggiungibile e fruibile. Il mancato dialogo con la municipalità e con le istituzioni per offrire agli utenti interessati al lavoro in Filanda un sistema di collegamento dalle stazioni più vicine, come quella ferroviaria di Arcore e quella metropolitana di Cologno Nord, ha reso più complicata la presenza in Filanda di figure chiave, provenienti da altri contesti, di sostegno al progetto.

Le problematiche emerse hanno impossibilitato una comunicazione coerente e coordinata del progetto. Affievolito il ricordo dell’inaugurazione, non riuscendo a produrre e veicolare contenuti, le perplessità sul progetto si sono amplificate Da un piano preciso e definito si è passati a non riuscire più a veicolare messaggi diretti per un target specifico. Ai giovani del territorio non sono stati dati gli strumenti per comprendere risorse e potenzialità della Filanda. Si è creato un distacco a partire dal centro civico di Sulbiate che ha portato a diminuire il coinvolgimento delle sfere educative e a ridurre drasticamente i percorsi di formazione e introduzione al lavoro.

Infine, difficoltà ulteriori sono emerse dalla reticenza del territorio verso la fabbricazione digitale. Nel contesto peri-urbano Make in Progress, non avendo a disposizione una case histories di progetti vetrina con cui spiegare le proprie attività e potenzialità all’impresa, ha perso la possibilità di costruire le proprie partnership.

La tematica aperta del rapporto tra azienda e spazi del saper fare rimane un argomento centrale anche nei contesti più sviluppati sollevando più di un interrogativo sulle possibili relazioni tra i due soggetti.

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La mancata presenza di figure professionali e la conseguente impossibilità di presentarsi alle aziende con un pacchetto di offerta completo, hanno portato ad un rallentamento evidente dello sviluppo di MiP. Le problematiche sono fondamentalmente nate da una serie di rapporti di causa-effetto inanellati che fanno riferimento a due principali motivazioni: Pubblico istituzionale: le condizioni con cui è stato redatto il bando (PROGRAMMA ASTER) non hanno permesso al progetto uno sviluppo coerente che mettesse il making al centro.

Culturale: Consorzio Comunità Brianza non credendo nel meccanismo di sviluppo del progetto ha cercato di risolvere le problematiche perdendo di vista la mission iniziale.

Il contesto Brianzolo, non inclusivo, ha risposto negativamente a causa di un presente bias culturale che non ha permesso ai soggetti in gioco di comprendersi. Il fattore contestuale e il linguaggio in questo sono elementi fondamentali da considerare.

Fig. 44 La natura delle problematiche emerse durante la fase ex-post.

Come introdotto durante la fase di ricerca, sia con lo studio dei progetti vincitori del bando Culturability sia con l’analisi dei modelli di sostentamento dei laboratori di fabbricazione digitale, l’innovazione top-down nata da un finanziamento pubblico e privato comporta grandi rischi.

Ex-Filanda rappresentando un progetto ibrido tra il terzo settore e il movimento maker concentra le complessità e le potenzialità di entrambe le sfere.

portato elementi di successo.

Nel finanziamento della Provincia di 15 Distretti Culturali questa è stata l’unica impresa generata.

Make in Progress, e non Ex-Filanda nasce infatti da un budget residuale di soli 30’000 Euro, un meccanismo assolutamente bottom-up. Un progetto che solo nella fase di incubazione è riuscito a coinvolgere circa 20 figure professionali differenti del territorio. Talenti che nei primi 5 mesi della fase di “demo service” hanno portato avanti 8 workshop tematici su: co-progettazione di spazi da condividere nel Comune; sperimentazione artistica; fotografia; programmazione; autoproduzione; up-cycling 2d e 10 progetti per la scuola divisi tra arte e making.

Nonostante le plurime difficoltà, che hanno condotto ad una fase di stallo, va sottolineato che il processo come meccanismo generativo ha

Alla luce di quanto detto fino ad ora la necessità di relativizzare la logica del fallimento nasce dalla consapevolezza che i fattori che hanno frenato

3.1.3. L’analisi del modello

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Ex-Filanda è un progetto ibrido. Nato dal terzo settore ha dato vita ad un’APS legata al making, concentrando le criticità e le potenzialità di entrambe le sfere

lo sviluppo stanno maggiormente nelle politiche attuative, ex-post, che nella redazione del modello ex-ante.

Inizialmente è mancata una parte di formazione essenziale, per fornire a tutti i membri partecipanti gli strumenti critici per leggere il modello economico su cui il progetto si stava sviluppando. Ci si riferisce nel dettaglio al fatto che questi spazi non offrono, quasi mai, forme di assunzione diretta bensì mirano a creare piattaforme di economia collaborativa.

Un sistema che, come già analizzato, non sempre risponde alle esigenze del lavoratore portando spesso a delle scissioni interne al team di progetto (Franceschinelli, 2019).

Relativamente al modello ex-ante, quindi, le due principali criticità emerse sono nate da: Le difficoltà di scalare operazioni, che hanno valore nel contesto urbano nelle difficoltà di un contesto a bassa densità come quello di Sulbiate.

L’applicazione di successo dei diversi strumenti strategici per la formazione e l’ingaggio della municipalità non è bastata per preparare il gruppo di lavoro alle sfide che lo aspettavano. Complice nella fase iniziale la perdita di alcune figure chiave del team, dovuta all’accettazione di offerte lavorative più allettanti nel breve periodo e la conclusione del processo di accompagnamento, del Politecnico di Milano, giunto al termine della sua durata.

La mancata risposta del territorio e un effetto domino continuo. La tipologia di gestione ipotizzata, nel differenziarsi da quella tradizionale del Fab Lab, prevedeva un gruppo di lavoro eterogeneo in grado di coprire contemporaneamente più sfere legate alla formazione con un business plan pesato però sulle potenzialità del making e del co-working.

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Regione Lombardia

Vincoli del Bando

Programma ASTER

DCE MB Fondazione Cariplo

Ristrutturazione

Ex-Filanda di Sulbiate

Engagement Postcard

Modello di servizi Politecnico di Milano

Ristrutturazione del centro civico Demo servizio

Temi Lavoro Arte Food Making

Fig. 45 a. Lo sviluppo di MiP, dall’origine ai limiti di oggi.

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Suddivisione Spazi

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CCB

Delle Ali

Difficoltà a reperire partner e a comunicare la mission

Difficoltà a reperire fondi da dedicare alla commistione con il making

Co-working Teatro Ristorazione Centro Artistico Fab Lab

MiP

Difficoltà nel gestire la complessità dell’applicazione della mission

Camera di commercio Macchine Digital Fab.

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CCB

TdA

MiP

Difficoltà a reperire partner e a comunicare la mission

Difficoltà a reperire fondi da dedicare alla commistione con il making

Difficoltà nel gestire la complessità dell’applicazione della mission

Fig. 45 b. Lo sviluppo di MiP, dall’origine ai limiti di oggi.

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Gestione incoerente

Gestione indipendente

Riduzione o assenza di figure professionali per l’erogazione

Erogazione parziale dell’offerta

Mancata conoscenza del contesto applicativo del making

Coinvolgimento ridotto della cittadinanza

Offerta non applicata e conseguente mancata di entrate

Mancata costruzione di partner commerciali

102-185

Postazioni Sfitte

Deriva della mission

Affitto della Sala Eventi per compleanni Scissione dalla mission

Completa indipendenza nella gestione delle proprie attività

Strategie di Tesi

Perdita di fiducia nel progetto

Mancanza di competenze

Abbandono del progetto Gestione non proficua

Riduzione delle attività

Mancanza di un network per lo sviluppo

Perdita di visibilità

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3.1.4 Orientare le strategie Durante la redazione del piano il timore era, infatti, che si potesse associare la Filanda esclusivamente ad un centro per la formazione estromettendo le altre finalità del progetto.

La cittadina di Sulbiate non ha risposto come si era ipotizzato e il Gruppo di Lavoro non è riuscito a coinvolgere la comunità per creare il bacino di utenti necessario a finanziare le prime operazioni.

Questo ha portato inizialmente ad alimentare dei conflitti interni e poi a delle scissioni del gruppo di lavoro.

Una volta persi gli elementi di maggiore originalità del progetto, come il rapporto tra making e arte, il BP è inevitabilmente collassato.

La previsione del primo anno di attività, di un’entrata di circa 100’000 Euro, a fronte di una spesa di gestione di circa 60’000 Euro, non ha trovato riscontri nella realtà.

Dal 2017 al 2019 non è stata erogata da Make in Progress nessuna membership, una diminuzione delle entrate, in base al piano anticipato, di circa 10’000 Euro.

La riflessione sull’arte sperimentale ha perso le sue figure chiave. La Filanda non potendo destinare né corsi né workshop al pubblico ha avuto una perdita quantificabile in circa 25’000 Euro. Il centro per la ristorazione non si è mai stabilito, un’ulteriore detrazione di 17’000 Euro.

L’assenza dei Fire Tech Camp ha tolto altri possibili 16’000 Euro.

La necessità di ripensare il piano di sostenibilità economica nasce dall’evidenza di chi ha vissuto lo spazio e dall’analisi finora redatta, che mette in primo piano l’esigenza di creare partnership di diversa natura a lungo termine sul territorio.

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La specificità della strutturazione dell’offerta è un fattore discriminante per il successo di un laboratorio di fabbricazione digitale. Ne sono un esempio tangibile tre Fab Lab di rilievo del panorama milanese.

WeMake concentra, grazie alla figura di Zoe Romano e di Costantino Bongiorno, la ricerca sul rapporto tra moda e tecnologie digitali. È stato il primo Fab Lab italiano a diventare una S.r.l..

Open dot, nato come estensione laboratoriale dello studio di interaction design DotDotDot, si specializza in programmazione, coding e soprattutto grazie alla figura del suo direttore, Enrico Bassi, nell’healthcare.

The Fab Lab, posizionato internamente a Talent Garden, l’incubatore per eccellenza dell’imprenditorialità, sotto la guida di Massimo Temporelli, è un punto di riferimento per la digitalizzazione dei business legati alla manifattura.

Polifactory, il Fab Lab di Politecnico di Milano, diretto da Stefano Maffei, si concentra sulla didattica e la ricerca universitaria creando i contenuti scientifici più attuali legati al network globale dei Fab Lab. Attualmente sta lavorando assiduamente sulla co-creation, l’economia circolare e l’healthcare.

Se la varietà del contesto professionale milanese, un ambiente multi-attoriale creativo, permette orientamenti diversificati dettati dalle competenze presenti, nel contesto peri-urbano, con una minore visibilità sociale, si deve costruire un forte legame con la natura del territorio. È essenziale, quindi, che Ex-Filanda abbia un taglio riconoscibile senza andare a duplicare le situazioni ad oggi presenti. Nell’ottica del recupero degli obiettivi della fase ex-ante, la

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fabbrica del saper fare può diventare attrattiva per i network creativi di Monza, Bergamo e Milano solo facilitando le modalità con cui raggiungere la location.

In conclusione del paragrafo, la domanda fondamentale da porsi è: quale strategia, differenziando la Filanda dagli altri Fab Lab del territorio, è in grado di permettere all’Ex-Filanda di pianificare un modello di business in grado di condurla alla sostenibilità economica? Quali sono le principali relazioni da costruire sul territorio?

La risposta si articola nella riflessione successiva, in un modello frutto della compartecipazione di figure professionali diverse e stakeholders che abilitano lo spazio a generare le necessarie economie.

Quale modello o specificità differenzia Make in Progress dagli altri Fab Lab?

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Ricerca e azione

4. Ricerca e azione 4.1. Designer e maker in Italia L’analisi del capitolo precedente ha indicato come il modello di Ex-Filanda non sia riuscito a contribuire alla sostenibilità economica del progetto.

Un fattore che, come già, ampliamente evidenziato, ha origine non specificatamente nella cultura maker.

I modelli standard di offerta e di strategia dei Fab Lab, come introdotto nelle fase di ricerca, hanno le loro problematiche.

Infatti, nell’analisi di queste realtà e del loro sviluppo uno dei temi sempre attuali è quello del sostentamento economico.

In Italia i Fab Lab e makerspace presentano un’offerta di servizi diversificata. La formazione resta il focus principale insieme all’affitto degli spazi per il co-working. Il business model di queste realtà fa però affidamento sull’insieme dei servizi di progettazione che costituiscono l’attività più importante di reddito.

I makerspace italiani sono meno utilizzati come service per la fabbricazione digitale on demand.

Questa caratteristica li rende una sorta di centri multidisciplinari per la progettazione capaci di aggregare le comunità di professionisti del progetto e della programmazione (Bianchini et al., 2015).

Fig. 46 Makers’ Inquiry, q.13 - Bianchini et al., 2015.

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Il 54,4% dei maker dichiara che il making è un’attività economica secondaria

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Ciò che però colpisce maggiormente è che in Italia nonostante l’affidamento a questa tipologia di modello di offerta la maggioranza dei maker, designer-autoproduttori e lab manager (54.4%) conferma che il making è un’attività economica secondaria e complementare mentre nel (19.4%) dei casi è solo un hobby (Bianchini et al., 2015).

Il making contribuisce al reddito annuo solo in piccola parte.

Queste realtà, secondo l’indagine a campione sul territorio italiano, senza il sostegno e la partnership con altre attività di ricerca e/o legate al mondo del progetto, non sono in grado di offrire le risorse economiche adeguate a permettere alle figure professionali che ci lavorano una sostenibilità economica.

I maker italiani contano sulle proprie risorse o su quelle che ricavano dalla vendita di ciò che fanno. L’autofinanziamento è la forma più diffusa di sostentamento dell’attività di making

(il 71.6% dei makers si mantiene solo così). Quasi la metà dei maker (46.2%) si mantiene con la vendita di progetti e/o prodotti verso una clientela diversificata. Pochi prodotti per clienti diversi (Bianchini et al., 2015).

Il quadro italiano evidenzia dei fattori che lo differenziano da altri contesti europei come quello Nordico. Se al Nord Europa il contesto del Fab Lab è ancora associato all’hobbystica in un conflitto costante tra il significato, gli obiettivi del movimento, e il reale contributo e apporto alla società e alle comunità (Kohtala, 2016); in Italia questi luoghi sono sempre più associati alle figure dell’industria creativa con una tipologia di contratto legata al contesto del libero professionista.

Le difficoltà nel raggiungimento della sostenibilità economica si ricollegano in parte anche alla mancanza di competenze commerciali. Un anello debole che contribuisce a complicarne i rapporti con il mondo “esterno”.

Nonostante l’Italia, rappresenti un polo più attrattivo per i professionisti, la maggioranza della realtà maker non si ritiene innovatrice (61,3%).

Le difficoltà di avere un impatto sulla distribuzione e una predisposizione all’autoreferenzialità diminuiscono fortemente la risonanza sul territorio generando confusione sul ruolo che questi spazi possono avere nella società considerando che si collocano, seppur in storicamente come alternative, in modelli economici post-industriali (Kohtala, 2016).

Se in fatti in termini di formazione e abilitazione ogni Fab Lab ha costruito una propria rete sul territorio che ne permette il riconoscimento dal punto di vista socio-culturale. nella relazione con le aziende si palesano le maggiori difficoltà.

Fig. 47 Makers’ Inquiry, q.49 - Bianchini et al., 2015.

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Questo avviene principalmente poiché non è chiaro al mondo della produzione industriale come la fabbricazione digitale possa contribuire allo sviluppo d’impresa (Schiavo, 2017).

Nel caso studio analizzato questa è diventata una grande opportunità di sviluppo del processo di action-research. Costruire la specificità di Ex-Filanda su una relazione con la micro, piccola e media impresa del territorio Brianzolo offre una chiara occasione di rinnovamento strategico dell’offerta.

Per attuare un programma di questa tipologia è necessario coinvolgere le professionalità che sono già in possesso degli strumenti per visualizzare le potenzialità di un contesto e costruire un linguaggio progettuale in grado di raggiungere più target per finalità differenti.

La nuova generazione di designer in questo è potenzialmente la risorsa in grado di edificare un ponte, necessario alla costruzione di una rete attiva, tra auto-produzione ed imprenditorialità.

4.1.1. Co-progettare l’offerta Make in Progress in questo ha offerto la possibilità di costruire da zero un nuovo asset per la partecipazione collaborativa tra designer e aziende all’interno di un makerspace nato a sua volta da un finanziamento di una fondazione del terzo settore.

Un’indagine che coinvolge in un solo ambiente la riflessione sul ruolo, sulla cultura e sul territorio in un’ottica di analisi e potenziamento di un sistema sociotecnico.

Uno spazio che nel suo posizionamento geografico trova le sue criticità e potenzialità.

Se da una parte, infatti, si potrebbe definire come un “progetto senza palco”, per il contesto peri-urbano di collocamento e i mancati servizi di trasporto per raggiungerlo, da un altro punto di vista la necessità di aprire un dialogo con l’imprenditorialità, per raggiungere la sostenibilità economica, ha forzato un’inversione mirata a creare una strategia in grado di comunicare con l’impresa.

Comunicazione attivabile solo tramite un’offerta multilivello supportata da competenze eterogenee di progetto. Per questo uno degli obiettivi fin da subito è stato quello di coinvolgere altri giovani progettisti per cercare di co-progettare un pacchetto di offerta in grado di attirare le nuove generazioni a lavorare con Make in Progress.

Un processo di co-design che fa riferimento ad un confronto in cui la creatività collettiva dei progettisti collabora con figure professionali distanti dal progetto per immaginare l’utilizzo di un servizio prima che venga realmente erogato (Sanders & Stappers, 2008).

I punti essenziali che hanno avuto gli incontri sostenuti in questi mesi hanno toccato temi

Fig. 48 Makers’ Inquiry, q.49 - Bianchini et al., 2015.

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MiP ha offerto la possibilità di costruire da zero un nuovo asset per la partecipazione collaborativa e obiettivi differenti. Nella fase embrionale di ricerca non sono stati utilizzati strumenti specifici nonostante ciò si è riusciti a mettere a fuoco delle problematiche e delle opportunità centrali alla redazione dell’offerta.

Fin da subito è emersa la necessità di redefinire una mission del progetto maggiormente coerente con le esigenze del territorio. Un indirizzo progettuale in grado di dare carattere e riconoscibilità all’offerta facendo leva su una reale analisi delle necessità del territorio e della sua comunità.

consapevolezza di cosa faccia realmente un Fab Lab e dall’altra invece una più avanzata riflessione su quanto il termine Fab Lab venga comunemente associato ad una cultura maker povera di contenuti.

La discussione si è poi spostata sulla tipologia di coinvolgimento del designer. La retribuzione è ovviamente un fattore cruciale nella scelta ed è impensabile non considerarla nelle sue sfumature.

In quest’ottica si è parlato della compresenza all’interno di Make in Progress di un misto di figure temporanee e fisse, legate alla gestione del laboratorio e dei servizi on demand, e un gruppo di figure professionali, i designer appunto, più strettamente legati alla collaborazione con il pool di aziende del territorio.

Durante il brainstorming è emerso che non per tutti un contesto del genere può risultare attrattivo in termini di offerta del territorio e di piattaforma di economia collaborativa. Ciò comunque non ha escluso l’interesse verso la partecipazione a workshop e hackhaton tematici legati al rapporto con l’artigianato e l’innovazione digitale.

In sintesi, è comparsa la necessità di creare un’offerta per i giovani professionisti che risponda alle loro aspirazione e necessità, coniugando questa con le esigenze reali del territorio e della comunità di riferimento.

È interessante come si sia sottolineato più volte, negli incontri, la necessità di allontanarsi dal concetto esclusivo di Fab Lab, una riflessione che testimonia, da una parte, che persino negli ambiti legati al progetto non c’è una piena

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4.1.2 Aspirazioni e necessità L’analisi delle aspirazioni e necessità non può, all’interno del seguente contributo, non prendere in considerazione i risultati del report occupazionale di Politecnico di Milano (Politecnico di Milano, 2019). L’indagine del 2017 condotta sui laureati magistrali di tutte le scuole del design evidenzia delle statistiche assolutamente positive.

Più del 90% dei laureati magistrali da sei mesi a un anno della laurea sono già occupati. Circa l’86 % del campione si dichiara soddisfatto del corso di laurea e conferma la coerenza tra il percorso universitario intrapreso e la carriera lavorativa che si svolge prevalentemente con il rapporto di dipendente nel settore privato, all’interno di aziende di dimensioni variabili tra 1 e 250 dipendenti.

Colpisce invece, come ad un anno dalla laurea, le percentuali di coloro che operano come liberi professionisti, sono molto basse oscillando intorno a circa il 10-15% per i laureati magistrali.

Partendo quindi da queste assunzioni, l’obiettivo del form , “Job Aspiration for Young Designer”, sviluppato durante la ricerca, non è stato quello di dare un’analisi quantitativa sull’occupazione bensì di cercare di capire le esperienze, i bisogni e le aspettative dei designer che stanno per concludere uno dei cicli educativi e si preparano ad entrare in contatto con il mondo lavorativo cercando di ottenere un feedback sull’andamento del progetto di tesi e permettere di orientare maggiormente le strategie.

Per questo Il questionario è stato strutturato in 2 macro sezioni.

La prima finalizzata inzialmente a raccogliere dati sulla provenienza, l’età e le specializzazioni in materia di progetto e poi a condurre l’intervistato

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Fig. 49 Dati occupazionali Politecnico di Milano, 2019.

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ad un’analisi delle esperienze svolte in studio, grazie ad una serie di domande indirizzate su elementi pratici, sociali e tecnici.

La seconda sezione, invece, si è concentrata sui bisogni e le opportunità dei progettisti cercando di capire i fattori che determinano la scelta di un determinato lavoro e le tematiche di interesse per le nuove generazioni. In questa macro sezione si è inoltre proceduto a presentare una prima ipotesi di offerta per cercare di raccogliere dati sull’interesse, avere eventuali feedback e iniziare a ottenere contatti per una successiva campagna di recruitment.

I risultati, basati sulle circa 100 risposte, hanno evidenziato fattori importanti per lo sviluppo del progetto.

Un pool di riscontri arrivato da un campione equilibrato tra uomini e donne di età media compresa tra i 23 e i 28 anni prevalentemente in azione a Milano; la quasi totalità dei quali in conclusione della Laurea Magistrale o già Laureati.

Nonostante la maggioranza degli intervistati si dichiari specializzata in Design del Prodotto l’indagine ha compreso buone percentuali di Interior Designer, Communication Designer e Service Designer.

Durante questa fase della loro carriera la quasi totalità (81%) degli intervistati ha avuto almeno un’esperienza di stage e una buona parte ha già avuto esperienze di lavoro in studio e/o in azienda (32%) e come Freelancer (35%).

Da queste considerazioni ha origine l’analisi successiva che fa riferimento ad un campione prevalentemente distribuito tra Firenze e Milano.

Per questo la lente relativa più interessante con cui leggere i seguenti dati è quella relativa al centro creativo milanese, in particolare ai corsi magistrali del Politecnico di Milano cui il 64,3 %

Fig. 50 Caratteristiche del pool di intervistati, Job Aspiration for Young Designer.

degli intervistati è appartenente.

L’analisi dei percorsi lavorativi e di stage condotti durante l’esperienza universitaria offre degli spunti interessanti di riflessione.

Lo stage in studio rappresenta sicuramente l’esperienza più negativa.

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Non prevede quasi mai nessun tipo di rimborso, un basso o assente riconoscimento del contributo al progetto, poco coinvolgimento con i partner e l’approccio utilizzato viene ritenuto dalla maggioranza degli intervistati poco innovativo e non rappresentativo della “design idea” (44%) sviluppata all’interno dei corsi di studio. Un dato, che visto dalla lente relativa del centro creativo milanese, sembra testimoniare la differenza sostanziale tra l’effettiva richiesta del mercato e la maggiore sperimentazione universitaria.

Un disallineamento che conduce spesso nella mancata identificazione con la tipologia di progetti portati avanti durante le esperienze lavorative.

L’ambiente di lavoro in tutti i casi risulta positivo, grazie a contesti prevalentemente collaborativi e formativi; i giovani, inoltre, hanno sensazioni positive legate all’apprezzamento del lavoro svolto.

Da Freelancer vengono alla luce invece aspetti in contrasto con i comuni ambienti di lavoro. Gli intervistati hanno in maggioranza (45%) difficoltà a reperire contatti per il progetto e trovano in prima fase non poche complicazioni nella gestione del lato contrattuale.

Un fattore da non sottovalutare è che in questo contesto, lavorando principalmente da casa, l’assenza del confronto con altre figure professionali per la maggioranza è una complicazione importante (56%).

Il sistema di offerta del lavoro, esperito durante l’esperienza universitaria, soddisfa, quindi, i bisogni e le aspirazioni dei giovani professionisti?

La visione dei giovani professionisti del campione che si accingono al mondo lavorativo non è particolarmente positiva.

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Fig. 51 I fattori che determinano la scelta di un posto di lavoro.

Il 35% degli intervistati risponde di non essere in grado di valutare appieno mentre ben il 40% asserisce di no. In aggiunta alla considerazione, in questa sezione, circa il 25% degli intervistati ha lasciato commento sul rapporto tra il mondo del lavoro e la figura professionale del progettista.

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Una visione parziale che testimonia però una percepita incertezza sul futuro dovuta all’esperienze vissute durante la carriera universitaria.

Incertezza che però non trova riscontro nei dati occupazionali analizzati precedentemente.

Nonostante ciò i feedback principali ottenuti dal form sottolineano come nelle prime esperienze lavorative non vi sia coerenza tra il contributo richiesto in termini di apporto al progetto, in particolare nella realtà dello studio, ed effettivo riconoscimento economico del lavoro.

Le informazioni più interessanti riguardanti il form si ottengono dalla seconda macro sezione, dove grazie ad una valutazione dei fattori discriminanti nella scelta di un ambiente di lavoro è stato possibile ricavare gli elementi attrattivi per costruire un ambiente di lavoro per i giovani professionisti.

La retribuzione, l’ambito, la natura collaborativa dell’ambiente, il riconoscimento del contributo al progetto e la possibilità di crescere professionalmente sono gli elementi che spostano l’ago della bilancia.

In termini di verifica delle condizioni di partecipazione è emerso un maggiore interessamento verso: l’accesso a corsi di formazione, il lavoro in gruppi eterogenei, la ricerca e lo sviluppo, l’idea di poter ottenere dei benefit e la possibilità di lavorare in un ambiente multidisciplinare.

Questi dati fondamentali hanno contribuito alla successiva stesura della strategia di coinvolgimento dei professionisti di Make in Progress.

A seguito della proposta del pacchetto, un 90% degli intervistati si è mostrato interessato al progetto e ha lasciato un proprio contatto mail per essere aggiornato sullo sviluppo.

Fig. 52 I fattori ritenuti di maggiore interesse nella proposta della strategia.

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4.1.3. Empowerment generazionale Dai risultati del questionario si sono portate avanti altre sessioni di co-progettazione, con il gruppo di creativi coinvolto in fase inziale per dare vita alla proposta effettiva.

Nell’ottica del processo di ricerca della tesi questa operazione si colloca come risposta progettuale alla necessità di Ex-filanda di essere in grado di attrarre partner aziendali a breve e lungo termine.

Il rinnovamento delle attività, necessario all’inversione della tendenza negativa attuale, passa attraverso l’esigenza di definire una gestione coerente delle risorse.

Nel caso di Make in Progress lo sviluppo dell’attività dipende fortemente dalle competenze disponibili per il progetto e per la gestione del makerspace. Per questo diventa fondamentale prevedere un programma strategico per l’inserimento di figure professionali stabili e temporanee.

In quest’ottica il questionario ha contribuito ad una raccolta di dati essenziale per la formazione dell’offerta.

Questa operazione, concentrata sul network milanese, ha anche la finalità ultima di riattivare le relazioni con i giovani talenti del territorio Brianzolo.

Questi luoghi di lavoro, una volta attivi e popolati di conoscenze eterogenee, hanno un forte appeal, infatti, il 48% di coloro che scelgono questi ambienti cerca di sentirsi parte di una comunità; il 34% cerca il contatto con altre figure professionali e il 13% cerca di aumentare le proprie conoscenze (Arquilla & Zinzone, 2017).

Se concettualmente, di fronte all’esigenza delle comunità di essere coinvolte nei processi creazione ed erogazione, questo può confondere, nel caso di questo processo di ricerca, non avendo

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nell’immediato né le condizioni per comunicare un’identità progettuale coerente né un network di aziende e artigiani attivo e partecipe, si è scelto di operare dando la priorità alla costruzione delle condizioni necessarie alla collaborazione con l’imprenditorialità.

L’obiettivo è stato perseguito costruendo un modello di ingaggio per le professionalità maggiormente in grado di prefigurarsi il valore di un ambiente multidisciplinare collaborativo come quello di Ex-Filanda. Un ambiente in grado di mettere in contatto un’eterogeneità di conoscenze volenterose di collaborare in un luogo di aggregazione sociale, culturale e creativa.

Il fine è diventato quindi quello di formulare un pacchetto in grado di attrarre i giovani neolaureati e professionisti al fine di formare un gruppo di designer eterogeneo, i Team Resident, di supporto allo staff di Make in Progress. Un insieme in grado di affrontare progetti di scale e tematiche differenti.

La forza attrattiva della strategia di engagement sta in un’offerta che prevede: 1- Formazione e abilitazione all’utilizzo delle macchine; 2- Una postazione di lavoro in un ambiente dinamico; 3- L’accesso ad un network di aziende e di artigiani del territorio.

Dopo una prima fase necessaria di profilazione, per comprendere al meglio su quali competenze costruire il team, vengono, quindi, individuati cinque progettisti con profili differenti in grado di portare valore necessario a poter lavorare su una vasta tematica di progetti nonché supportare il lab manager nelle commissioni del Fab Lab.

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Si richiede a entrambe i soggetti, MiP e Team Resident, uno sforzo reciproco che corrisponde nel primo caso all’investimento sulla formazione e nel secondo caso ai costi di trasporto.

Una volta che la fase di formazione è terminata viene concessa la possibilità al progettista di avere: una postazione di lavoro gratuita nelle aree Fab Lab o Sala Eventi; accesso al Wi-Fi e ai servizi della struttura ad un costo inferiore di quello al pubblico e la possibilità di utilizzare le macchine per la sperimentazione personale.

1 Lv. Il team

2 Lv. Formazione

Selezione competenze chiave

Formazione macchine

Selezione delle figure Part-Time

Indipendenza nell’uso macchina

Accesso al network

+

3 Lv. Il lavoro

Selezione delle figure Full time

Lavoro individuale come Freelancer

Benefit

Collaborativo con MiP come Team Resident

Fig. 53 Il pacchetto di offerta per il coinvolgimento dei giovani professionisti.

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L’obiettivo è quello di favorire il lavoro indipendente e il lavoro congiunto con Make in Progress.

La peculiarità del pacchetto sta nell’ottenere una serie di benefit legati alla collaborazione con MiP oltre che ad una remunerazione a progetto.

Progettando o tenendo corsi di formazione per MiP e i suoi contatti si ottiene una retribuzione standard o un credito virtuale spendibile all’interno della struttura in ore macchina.

Inoltre, acquisire esperienza permette di ottenere aggiuntive facilitazioni che vanno dai rimborsi dei trasporti ad ulteriori sconti macchina.

Lavorando indipendentemente si ottengono meno benefit ma si ha la possibilità di avere una area lavoro fornita di macchine adeguate alla prototipazione rapida e un ambiente di lavoro multidisciplinare.

Il valore principale che emerge da una strutturazione dell’offerta di questa tipologia risiede nella possibilità di entrare a far parte di un Hub dove poter sviluppare progetti personali e non, con una struttura gerarchica orizzontale.

L’obiettivo è quello di creare un trampolino di lancio per lo sviluppo delle giovani figure professionali, dando ai professionisti la possibilità di crearsi un portfolio personale di collaborazioni aziendali.

Questa tipologia di rapporto lavorativo è infatti pensata per una durata determinata, permettendo ai giovani di fare esperienza e di acquisire maggior credibilità nei confronti delle aziende, proponendosi come parte di un laboratorio creativo strutturato.

Make in Progress si prende inoltre a carico la gestione amministrativo-burocratica delle collaborazioni offrendo un supporto strategico ai suoi Team Resident.

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Il rinnovarsi delle collaborazioni con i giovani professionisti va, per quanto riguarda MiP, a creare una massa critica di creativi che si rinnova in base alla domanda. Un pool di conoscenze con cui fare rete e quindi contattare nel caso di: progetti che necessitano di un team più ampio, workshop, hackathon, corsi tematici o lectures.

Questo sviluppo relazionale interno ha l’obiettivo di consentire all’Ex Filanda di comunicarsi come un laboratorio produttivo-creativo eterogeneo in grado di dialogare con stakeholders di natura differenti.

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L’obiettivo è quello di creare un trampolino di lancio per lo sviluppo delle giovani figure professionali, dando ai professionisti la possibilità di crearsi un portfolio personale di collaborazioni aziendali

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4.2. Open Innovation Lab La tipologia di laboratorio in cui inscrivere Make in Progress resta, per caratteristiche quella dell’Open Creative Lab (Schmidt & Brinks, 2017).

Il modello di sviluppo ex-ante ha delineato un ambiente di lavoro collocabile nel framework di questi laboratori per 4 caratteristiche fondamentali riconducibili: all’unione di spazi e tecnologie; al coinvolgimento attivo e progettato della comunità; alla dimensione esplorativa artistica e culturale e al processo costante di learning by doing che contribuisce a definire ogni azione come un processo di apprendimento (Arquilla & Zinzone, 2017).

Un laboratorio del saper fare che, nella divisione in tipologie degli Open Creative Lab di Schmidt e Capdevila (2017), troverebbe il suo posizionamento tra gli Experimentation lab e i Working lab. Un ambiente, quello di Ex-Filanda, organizzato, infatti, per lo sviluppo della comunità grazie a nuovi stimoli legati alle loro esigenze e aspirazioni. Il making come collante, appunto, delle relazioni sociali.

Nella stesura di un nuovo asset per il rinnovamento strategico il focus verte invece su un’altra categoria descritta dagli autori sopracitati, gli Open innovation lab. Il concetto di openess viene rivisto in un’ottica di accessibilità controllata grazie ad un processo di selezione orientato allo sviluppo delle relazioni commerciali ed economiche. L’obiettivo resta quello di arricchire le competenze inserendo però una forte componente di learning by expert; una contaminazione che fa quindi leva sulla partecipazione di elementi esterni come start upper, coworker, freelancer, ricercatori e aziende per individuare trend e offrire risposte progettuali orientate anche al mercato.

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Gli utilizzatori di questo spazio possono essere in parte gli stessi delle prime due categorie ma cambiano i ruoli che questi hanno per lo sviluppo. La collaborazione tra professionisti e “entusiasti” tecnologici porta quindi a trasformare questi luoghi in veri e propri Hub per lo sviluppo del singolo e del collettivo traendo benefici dall’eterogeneità di conoscenze presenti.

L’accessibilità controllata grazie ad un processo di selezione orientato allo sviluppo delle relazioni commerciali

102-185 4.2.1. Il rinnovamento strategico A partire da Aprile 2019 alla luce della deriva del modello di gestione di Ex-Filanda, Make in Progress ha scelto di intraprendere un percorso finalizzato ad assumere la direzione delle attività interne.

Il primo passo in questo senso è stato fatto portando in Filanda due start up legate a due dei temi iniziali di riferimento del progetto: fabbricazione digitale e sperimentazione alimentare: 1) Materea, start up legata alla fabbricazione digitale avanzata basata sul generative e computational design ha portato in Filanda macchine e competenze nuove legate ad ulteriori aziende sul territorio.

2) Rain, con il suo polo agro-industriale a ciclo chiuso di produzione e trasformazione della Canapa ha creato un punto di vendita diretta di alimenti, bevande, semilavorati e manufatti.

Il percorso di definizione della strategia di engagement professionale ha avuto come output interno una presentazione.

Il 17 Luglio 2019 il progetto di rinnovamento è stato presentato nel comune di Sulbiate alla presenza del comitato scientifico del progetto, composto da: Venanzio Arquilla, responsabile per Politecnico di Milano, l’architetto Roberta Moioli, incaricata di supervisionare le attività per tutelare l’edificio rigenerato e il responsabile dei progetti nel programma del Distretto Culturale Evoluto di Monza e Brianza, Giampero Bocca.

Alla riunione hanno presieduto i membri attivi del complesso di Ex-Filanda: Make in Progress, CCB e Teatro Delle Ali per discutere delle trasformazioni prossime e del possibile cambio di gestione.

Durante l’incontro, l’autore ha presentato lo sviluppo del progetto, dall’analisi dei limiti delle

politiche attuative al recupero degli obiettivi iniziali, concludendo con la proposta di un pacchetto per i giovani professionisti.

La narrazione della presentazione ha evidenziato i fattori di stallo, lo spostamento degli obiettivi e la successiva proposta per cercare di animare uno spazio, che, al di fuori delle attività del Teatro è vuoto e percepito come statico.

Inoltre, a sostegno del cambiamento strategico in atto, Francesco Perego e Alberto Iannucci hanno presentato i due progetti di Start Up: Materea e Rain.

A Settembre 2019, giunti ad un accordo totale sulla gestione della sicurezza e sulla divisione delle aree di lavoro Make in Progress è ufficialmente, diventato capo-fila del progetto con la finalità di ritrovare le aspirazioni iniziali e gestire un coerente recupero e sviluppo degli obiettivi.

I progetti di riattivazione devono, infatti, porsi come nuovi organismi intermedi, punti di partenza di ecosistemi territoriali, in grado di attivare filiere in ambito sociale, culturale ed economico grazie alla costruzione di un team di lavoro coeso ed eterogeneo.

Per questo la mission del progetto recupera degli elementi iniziali cambiandone però alcune accezioni. Gli obiettivi diventano: 1-Costruire competenze mantenendo l’apprendimento come uno dei focus principali e agendo su due tipologie di processi di apprendimento multilivello per professionisti, aziende e cittadini cui viene proposta un’offerta di condivisione e sviluppo delle proprie competenze, (learning by doing e learning by expert).

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2-Mettere i giovani al centro grazie all’investimento sui neolaureati e i nuovi professionisti per un confronto diretto con l’imprenditorialità; un sistema che permetta quindi un’accelerazione esponenziale del percorso lavorativo e offra alle aziende la possibilità di accedere ad un network di creativi variabile.

3-Valorizzare il territorio coinvolgendo la fitta rete di realtà aziendali e artigianali per offrire uno spazio fisico adibito ad uno scambio di conoscenze continuo che offra l’opportunità a tutti i soggetti di una crescita.

Fig. 54 La nuova suddivisione degli spazi di Ex-Filanda

La prima fase di intervento riguarda, quindi, una ridefinizione di alcuni degli stakeholders attivi e passivi dell’Ex Filanda, partendo da una distribuzione degli spazi più coerente con lo sviluppo d’impresa.

Il traguardo resta quello di creare un ponte diretto tra le competenze imprenditoriali e artigianali del territorio e le nuove generazioni.

Il recupero e l’evoluzione degli obiettivi necessitano, però, di uno sviluppo graduale che permetta la verifica delle condizioni necessarie al cambiamento.

Una mission basata sulla costruzione di competenze, l’investimento sui giovani e la valorizzazione del territorio

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il proprio business ma partecipando anche attivamente alla condivisione di saperi del laboratorio e delle Start Up.

Uffici/Co-working

Creative Lab

Open space

Factory

Food Lab

4.2.2. Un nuovo asset per lo sviluppo Di pari passo alla ridefinizione della mission del progetto e a seguito dell’inserimento nel complesso della Filanda delle due Start Up si è configurato un nuovo asset interno. Make in Progress come responsabile del progetto ha rimesso in discussione il proprio ruolo e ampliato delle linee guida del modello originale.

In tutto questo Make in Progress, oltre ad adempiere ai doveri di facility management, ha la finalità di diventare il promotore di uno scambio con l’imprenditorialità del territorio portando progetti, eventi per la formazione e workshop, valorizzando l’interazione fra le parti.

Una interazione che senza un ritorno dall’esterno non può funzionare. Questo input, essenziale per lo sviluppo del progetto, porta alla necessità di costruire un rapporto con un terzo attore, uno stakeholder in grado di creare lavoro che associ alla realtà di Make in Progress la gestione delle attività e delle competenze interne ad ExFilanda, e non sia portato a bypassarlo entrando direttamente in contatto con il capitale umano presente all’interno della struttura.

Con la formulazione del pacchetto di coinvolgimento dei giovani professionisti si prefissa infatti uno scenario che vede la struttura confrontarsi con realtà e professionalità differenti.

I Team Resident: un gruppo di progettisti eterogeno che lavora in Filanda con Make in Progress; gli Start Upper: figure di riferimento per la struttura, offrono le loro risorse per uno scambio continuo di competenze e i Coworkers che occupano gli uffici della palazzina adiacente alle sale di Make in Progress.

L’obiettivo è che colgano le opportunità che la struttura può offrire insediandosi per sviluppare

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4.2.3. Uno spazio progettato Il primo intervento che trasla le trasformazioni della strategia di Make in Progress nel mondo fisico riguarda la riorganizzazione degli spazi del complesso.

Fin dall’inizio della strategia la risorsa principale su cui si è fatto affidamento è il bene restaurato grazie a finanziamenti pubblici e privati. Di fronte alla necessità che il progetto acquisisca valore sul territorio si è cercato di dare nuova linfa allo sviluppo strategico già elaborato.

Ex Filanda, con il suo valore storico, rappresenta, infatti, un potenziale sia economico che culturale da sviluppare attraverso la collaborazione fattiva ed interdisciplinare di esperienze e professionalità.

In quest’ottica si è scelto di condurre una redistribuzione delle aree funzionali per definire una doppia configurazione tematica necessaria al logico sviluppo del progetto.

Il primo blocco, infatti, è stato associato al tema del lavoro e del suo sviluppo, grazie alle diverse postazioni per il co-working, agli uffici e le sale incontro e formazione presenti.

Il secondo blocco si è incentrato sul tema della produzione, della tecnologia e dello sviluppo creativo posizionando in ordine, rispetto all’ingresso, la Sala eventi, il Fab Lab, la Factory di fabbricazione digitale avanzata, il Food lab e una ulteriore sala riunioni per il dialogo tra Startupper, Coworker, Team Resident e MiP. Lo spostamento dell’area adibita alle macchine facilita la gestione delle altre zone, affiancando all’ingresso la Sala Eventi, una risorsa multifunzionale.

La conformazione del nucleo centrale di gestione cambia dando vita a quattro zone di lavoro che corrispondono ai quattro angoli della sala.

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Fig. 55 La nuova suddivisione degli spazi del Creative Lab.

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I tavoli disposti nel centro offrono la postazione per i Team Resident, gli Start Upper e lo Staff di Make in Progress; nei due angoli proiettati sull’esterno della struttura si trovano le tecnologie sottrattive (taglio laser e fresa).

La terza area di lavoro, con le stampanti 3D, si concentra sulle tecnologie additive. L’angolo rimanente, in prossimità dell’ingresso laterale del Fab Lab, vede esposti modelli e prototipi sviluppati durante le varie collaborazioni interne e esterne.

Tutte le zone, affiancate da tavoli mobili e sgabelli alti, offrono altre postazioni per lo sviluppo di attività manuali.

Workshop area

Area Laser

Area Fresa

Area 3D

Co-working

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4.3. Design e territorio Un percorso come quello fino ad ora presentato, fa riferimento all’action-research, termine introdotto dalle scienze sociali (Schonn, 2002).

Questo processo consente, nell’applicazione su contesti locali, di acquisire la conoscenza del quadro di riferimento, delle risorse e del valore del capitale territoriale al fine di proporre soluzioni coerenti con le esigenze del territorio (Villari, Maffei & Parini, 2015).

In questo senso il capitale territoriale nella sua natura variegata trova una definizione pragmatica in una matrice definita dalla relazione tra “materiality”, beni tangibili e intangibili e rivalry, intesa come l’oscillazione del livello di competitività. Un concetto dinamico che riassunto nella tassonomia teorica di Camagni (2008) non può essere separato da un approccio legato al rapporto tra domanda e l’offerta (Balázs István, 2015).

Nell’ottica della disciplina le dimensioni semplificate, che costituiscono la composizione territoriale, riguardano tre elementi: 1- Il network, uno spazio reticolare composto di nodi fisici e intangibili che rappresenta il luogo all’interno del quale ci muoviamo producendo un continuo scambio tra informazioni, beni e persone.

2- L’immateriale ossia l’insieme di relazioni sociali che creano il concetto di comunità.

3- La conoscenza, l’elemento essenziale presente all’interno delle comunità stesse. I territori sono, infatti, veri e propri moltiplicatori cognitivi che esaltano le conoscenze radicate in un contesto con uno scambio formale e informale di informazioni finalizzato alla propagazione dell’innovazione tra tutti gli stakeholders in gioco (Villari, 2009).

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Il processo di azione e ricerca sul territorio aiuta così il designer ad agire sulla seconda dimensione del sistema per capire al meglio le esigenze contestuali di una comunità.

Durante il percorso di questo contributo, nell’analisi stessa dei progetti ibridi tra la sfera sociale, culturale e tecnica è risultata sempre più decisiva, per lo sviluppo, un’analisi della natura dei contesti in cui si opera.

Progettare per e con il territorio significa, infatti, affrontare questioni che riguardano modelli organizzativi sia della sfera sociale sia delle forme di produzione industriale (Villari, 2009).

Territorio da intendersi, secondo la definizione di Magnaghi come “prodotto storico dei processi di coevoluzione di lunga durata fra insediamento umano e ambiente, natura e cultura, e quindi come esito della trasformazione dell’ambiente ad opera di successivi e stratificati cicli di civilizzazione” (Bonesio, 2011).

L’interesse per il rapporto tra design e territorio è sempre presente in tutte le discipline progettuali in cui la situazione contestuale gioca un ruolo importante.

L’approccio ha cominciato ad evolversi quando si è iniziato a considerare il territorio come oggetto di design.

Questa riflessione ha le sue radici in due influenze. Da un lato l’evoluzione della materia, dall’altro, come sottolineato nelle prime righe del contributo, dal passaggio da un concetto di prodotto a una dimensione sistemica in grado di affacciarsi ai fenomeni di trasformazione della società.

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Fig. 56 Capitale territoriale e competitività regionale - Camagni, 2008.

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In quest’ottica si potrebbe definire “design nel territorio” un percorso di ricerca progettuale che ha avuto successo nel trovare, in aree meno design oriented, nuovi modi di applicare la disciplina per migliorare le risorse e i prodotti locali.

L’innovazione in questo caso sta nel ricercare un dialogo con il luogo di origine, che permetta un rinnovamento e una lettura diversa del territorio.

Una progettazione che coinvolga non solo le imprese ma tutte le organizzazioni locali (Parente, 2016).

Nell’interesse del design, a considerare il territorio come l’oggetto dell’azione, Il progetto stesso può quindi prevedere atteggiamenti diversificati in grado di valorizzare il territorio o in caso contrario dissiparne il valore.

Il processo di valorizzazione non è semplice e richiede delle tempistiche che permettano la costruzione di una forte rete sul territorio tra attori, pubblici e privati tra cittadini e società civile al fine di promuovere un benessere economico, sociale, culturale e ambientale.

Ancora una volta, torna il concetto di rete, inteso come spazio di azione e dell’interazione. Un luogo virtuale in cui, per natura, diventa impensabile strutturare una gerarchia verticale. Un ambiente dove avvengono i continui scambi di informazioni, beni e servizi.

Ritroviamo una progettazione orientata al territorio negli obiettivi e finalità del movimento maker.

Proprio su questo concetto si forma, infatti, la struttura del Fab Lab con una serie di relazioni orizzontali dove l’azione diventa cooperazione e il locale diventa globale. I laboratori di fabbricazione fanno di questa filosofia progettuale uno dei punti cruciali delle loro attività agendo su valori tangibili e intangibili.

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Da quale impulso quindi è nata per i maker la volontà di abbracciare la collettività?

Le ultime grandi trasformazioni sociali, culturali e tecnologiche hanno trasformato “l’uomo produttore” in un consumatore disinteressato, in cerca solo di un appagamento temporaneo.

Questo ha generato una modernità liquida che ha sancito il passaggio da “uomo universale” a uomo unico minando le capacità della società di agire in modo collettivo (Bauman, 2000).

La sub-cultura maker prima e la strutturata rete dei Fab Lab agisce proprio su questa idea.

Un ritorno alla valorizzazione delle capacità manuali che si manifesta proprio in una società frammentata dal consumo.

Recuperare la figura di uomo produttore per affrontare le problematiche del consumismo.

Una rivoluzione che chiaramente abbraccia fin da subito la sfera sociale e produttiva, analizzando i sistemi territoriali come spazi fisici e “virtuali” che trovano una loro centralità nelle sfere, immateriali, sopracitate.

Questo permette potenzialmente ai Fab Lab di innescare una progettazione valorizzante per il territorio.

Un potenziale che nella ridefinizione di una strategia per il rinnovamento di Make in Progress gioca un ruolo importante.

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Un percorso di ricerca che riesce a trovare nuovi modi di applicare il design per migliorare le risorse e i prodotti locali Network

Intangibile

Conoscenza

Fig. 57 La stratificazione del territorio - Villari, 2009.

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4.3.1. Il distretto culturale evoluto di Monza e Brianza Make in Progress, si colloca in Brianza la patria della manifattura Made in Italy per antonomasia.

Un territorio che concentra le eccellenze dell’elettronica, dell’arredamento, della produzione di plastiche e di macchinari. Il territorio presenta un’altissima concentrazione di PMI. L’indagine di Confindustria sui bilanci del 2017 ci dice che delle 800 eccellenze d’impresa analizzate, ben 628 rientrano nella categoria di piccola e media impresa in una fascia contenuta tra 8 e 50 milioni di Euro di fatturato. Il tessuto brianzolo manifatturiero copre da solo con il suo fatturato circa il 53% delle entrate del sistema commerciale della Brianza.

Nato come distretto manifatturiero nel diciannovesimo secolo è il cuore produttivo della capitale del design mondiale, Milano, da cui dista solo 25 chilometri. Un concentrato di piccole e medio imprese a conduzione familiare la cui vocazione è l’artigianato di qualità.

“Per il design classico questo è sempre stato un centro unico, il cuore di una mente creativa, dove la collaborazione personale con competenze diverse specifiche dava vita ad un’alchimia geniale”, così Marc Sadler e Daniel Libeskind, designer e architetti di fama mondiale, commentavano nel 2015 l’unicità di confrontarsi con questo polo produttivo.

Il valore del territorio è talmente evidente che ha condotto prima di EXPO, all’operazione Brianza Design District, promossa da Brianza Experience.

Un progetto che si proponeva come incubatore e strumento di una nuova politica di valorizzazione, sviluppo e comunicazione territoriale, al servizio dei cittadini e delle imprese, confidando nel contributo di tutti i soggetti, pubblici e privati, che costituiscono un’eccellenza produttiva simbolo riconosciuta in tutto il mondo.

Nonostante la Brianza rappresenti un patrimonio per l’imprenditorialità lombarda e italiana questa risorsa si scontra con la diffidenza che accompagna gli imprenditori.

“La Brianza è sempre stato un centro unico; il cuore di una mente creativa, dove la collaborazione personale con competenze diverse da vita ad un’alchimia geniale”

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Una diffidenza che la PMI non può permettersi nei confronti dell’innovazione. «Di fianco alla mia azienda c’era un imprenditore che faceva camerette in serie. Non ha innovato, ha dovuto chiudere…» (Carlo Molteni).

Un distretto riconosciuto per materiali e rifiniture di alta qualità che a differenza delle altre realtà italiane risente meno della decrescita delle imprese della manifattura. La crisi del triennio 2007-2010, allarmante per il Nord Italia, è stata affrontata, dal settore del mobile grazie alla fusione di più realtà, come afferma, Fabrizio Pascucci, responsabile per Feneal-Uil delle politiche contrattuali dei settori del Legno (Flamigni, 2017).

Se il Fab Lab ha già compreso la necessità di recuperare il valore della collettività, le aziende dalla loro sono alla ricerca di nuovi modelli.

La trasformazione digitale in atto sta sollevando quesiti cruciali per il tessuto industriale italiano fondato sulle piccole e medie imprese.

La provocazione finale diventa quindi, è davvero impossibile che la realtà del Fab Lab dialoghi con quella imprenditoriale per creare una rete sul territorio che permetta di decentralizzare la formazione, la prototipazione, la ricerca e anche parte della produzione?

Come ha dimostrato negli anni della crisi unendo sforzi e obiettivi per innovare, oggi la piccola e media impresa affronta le incertezze del futuro.

Se da una parte le previsioni sulle esportazioni verso i mercati esteri emergenti o affermati sono assolutamente positive dall’altra la performance della produzione industriale complessiva si rivela molto più modesta.

Per le aziende, non in grado di internazionalizzarsi, diventa difficile affacciarsi alla fetta di mercato più florida.

In termini di policy, per l’Italia, questo significa dare ancora maggiore priorità al coordinamento lungo le filiere produttive, per offrire la stabilità necessaria ad affacciarsi a mercati emergenti (Buccellato et al., 2018).

In un panorama che sottolinea l’importanza di innovare tramite figure professionali specializzate, con processi produttivi decentralizzati, la piccola media impresa deve iniziare a guardarsi intorno.

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4.3.2. Fab Lab e aziende Uno dei primi punti da affrontare, del rapporto tra Fab Lab e azienda è la diversità di scala, un concetto che spesso rende difficile all’imprenditore, spesso poco o male informato su queste realtà, capire, come gli output e le metodologie dietro alle tecnologie di fabbricazione digitale siano coinciliabili con il modo di approcciare il progetto e il mercato dell’azienda.

Nell’ambito specifico della sfera del prodotto questo si traduce in un percepito disallineamento tra i requisiti qualitativi di un artefatto finito con i mezzi dell’industria e le possibilità del mondo maker.

the fablab Progetto: Ricerca & Sviluppo Dove: Milano, Lombardia Anno: 2016 Fab Lab: The FabLab (TAG) Cliente: Joule 4.0 Tipologia: Start-Up Output: MVP per assistente virtuale

Non è su questo tema che però si costruisce il ponte delle possibili collaborazioni bensì sulle competenze che il Fab Lab mette a disposizione.

Non è un caso che la strategia di engagement per Sulbiate sia finalizzata al recruitment di figure professionali più o meno legate al movimento maker. L’idea di inserire i designer nell’interazione tra azienda e spazio del saper fare, fattore sicuramente diffuso sul territorio Lombardo, è mirata a creare le condizioni per creare quell’”alchimia geniale” di cui parlava Sadler, inserendo però un fattore cruciale in più: il digitale.

Innovare processi e prodotti sotto vari punti di vista può rappresentare un’opportunità per tutti i partner in gioco. Per questo è fondamentale contestualizzare quali tipologie di collaborazioni siano possibili tra i due protagonisti analizzando per categorie ciò che è già stato fatto dai quattro principali Fab Lab del territorio milanese.

Fig. 58 Joule 4.0 le prime visualizzazioni del prodotto.

Fig. 59 L’evoluzione del prototipo di The FabLab.

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Descrizione Joule 4.0 è una giovane start up che offre una piattaforma digitale per monitorare e gestire i consumi energetici domestici. Si sono rivolti a The Fab Lab per avere un prodotto in grado di dare dei feedback in tempo reale sui consumi.

Una scelta dettata dall’analisi delle scienze comportamentali, per cui, la fruizione “live” del consumo supporta in maniera determinante la modifica delle proprie abitudini, portando alla

riduzione del proprio impatto ambientale.

Il processo di ricerca e sviluppo portato avanti ha dato luogo al primo prototipo.

Uno smart object connesso al database di dati raccolti da Joule 4.0 che offre allert luminosi per reindirizzare le azioni “energetiche” dell’utente paragonando i consumi del singolo a quelli della media del quartiere.

Una collaborazione che si allinea ad un trend per cui le aziende di servizi, nel prossimo futuro, punteranno sempre di più alla sfera del prodotto per entrare in contatto diretto con il proprio cliente.

Ad oggi Scala, il prodotto di Joule 4.0, è acquistabile. Si tratta di un assistente vocale che supporta l’utente nella gestione dei consumi tramite feedback visivi ed uditivi.

Dal punto di vista del Fab Lab, questo rappresenta un chiaro percorso progettuale.

Il supporto alle Start Up e alle piccole imprese è una caratteristica di The Fab Lab e un elemento imprescindibile del loro modello.

Fig. 60 Joule 4.0 è supportato da una piattaforma desk e mobile .

Analisi Un processo di ricerca e sviluppo che ha portato la giovane start-up ad ottenere un primo MVP. Una collaborazione nata dalla necessità di coniugare costi e competenze tecniche e commerciali.

In questo sicuramente Joule 4.0 ha scelto The FabLab per le competenze che questo laboratorio ha nello sviluppo e materializzazione dell’idea.

Un palcoscenico, quello di Talent Garden, che inoltre offre reali opportunità di networking e scambio con altre start-up o imprese.

Fig. 61 Scala, l’ultimo assistente vocale di Joule 4.0.

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Progetto: Ricerca & Sviluppo Dove: Milano, Lombardia Anno: 2016 Fab Lab: The FabLab (TAG) Cliente: Magneti Marelli Tipologia: Grande impresa Output: Prodotto unico espositivo Descrizione Magneti Marelli è un produttore di elettronica di bordo per il settore automotive che collabora con le case automobilistiche più famose al mondo, da FCA a Mercedes, da Porsche a Ferrari.

Durante gli eventi espositivi per l’azienda nasce il problema di come mostrare al pubblico la propria tecnologia e soprattutto all’interno di quale cruscotto. La collaborazione nasce proprio per dare una veste fisica all’identità tecnologica dell’azienda italiana.

Questi cruscotti, disegnati e progettati ad hoc con le tecnologie di fabbricazione digitali, sono stati presentati per la prima volta nella sede del paddock di Magneti Marelli durante il Grand Premio d’Italia 2017.

Il progetto amplia il target delle possibili aziende coinvolgibili nella rete del Fab Lab. L’esposizione in fiera e la brand identity sono due temi su cui il progetto e la manifattura possono lavorare in sinergia.

Non è un caso che questa partnerhsip abbia condotto ad un’operazione di analisi e sviluppo a 360° dell’immagine e del linguaggio dell’azienda.

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Fig. 62 Cruscotti espositivi Magneti Marelli - The Fab Lab, 2016.

Fig. 63 Dettaglio Cruscotti espositivi MagnetiMarelli - The Fab Lab, 2016.

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Fig. 64 Paddock espositivo Magneti Marelli - The Fab Lab, 2016.

Analisi La collaborazione nasce da una pregressa esperienza positiva che aveva visto coinvolti i due partner, durante il Motor Show di Bologna nel lacio dell’hackathon: LapTime Club, aperto a studenti e designer provenienti da quattro delle principali università italiane.

The FabLab con la collaborazione con Magneti Marelli, multinazionale italiana, il cui fatturato del 2015 registra ben 7,5 Miliardi di Euro, dimostra come sia possibile interagire, anche per un

laboratorio di fabbricazione digitale, con la grande impresa. L’output, un prodotto unico espositivo, non è solo interessante per la categoria di appartenenza ma anche per qualità dei dettagli e l’elettronica integrata.

Un caso, quindi, di rilievo, nel contesto del rapporto tra impresa e Fab Lab che incarna come le grandi aziende possono trarre grandi vantaggi dal pensiero laterale e le competenze multisettoriali dei Fab Lab.

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Fig. 66 La cintura che avvolge il vestito, Versace Woman Couture Fall - Opendot, 2016.

Fig. 65 Il vestito sorretto dai 3 archi, Versace Woman Couture Fall - Opendot, 2016.

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opendot Progetto: Prototipazione rapida Dove: Milano, Lombardia Anno: 2017 Fab Lab: Opendot Cliente: Versace Tipologia: Grande impresa Output: Componenti per la moda Descrizione Una collaborazione quella con Atelier Versace basata sulle tecnologie di stampa 3D e su un’offerta per la prototipazione rapida.

L’attività di co-progettazione dei soggetti coinvolti ha portato alla realizzazione di accessori fabbricati digitalmente per tre abiti della collezione donna Versace 2017: 1- Una cintura organica stampata in 3D che stilizza un serpente avvolto attorno alla vita e si annoda frontalmente intrecciando la testa e la coda; 2- Tre archi che donano alla struttura del vestito una pulizia geometrica altrimenti impossibile, stampati in 3D in metallo sinterizzato in modo da ottenere elementi eleganti, puliti e leggeri;

Fig. 67 La struttura interna del vestito laserata, Versace Woman Couture Fall - Opendot, 2016.

3- Una struttura interna, solitamente realizzata a mano dalla maestria artigiana, in questo caso tagliata a laser per garantire le geometrie complesse del disegno.

presenti all’interno del Fab Lab diventano una risorsa cruciale permettendo di dare vita a delle geometrie inconsuete, altrimenti non ottenibili.

Analisi Il progetto, in grado di costruire un ponte tra il settore dell’alta moda e il mondo making, mostra un ulteriore lato delle possibili collaborazioni con l’impresa. Anche in questo caso le competenze

Dalla collaborazione tra due partner, appartenenti a mondi lontani con linguaggi differenti, si ottiene una collezione unica. Un ulteriore testimonianza delle possibilità che la contaminazione dei due mondi può portare.

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Descrizione La sfida principale per Open Dot è stata quella di dover prototipare e ingegnerizzare un prodotto che senza le possibilità della fabbricazione digitale avrebbe richiesto un notevole investimento di tempo e denaro.

Le competenze, specifiche del team di lavoro, hanno permesso di realizzare il prototipo di Liftbit completamente “in casa”.

La particolarità del progetto risiede prima di tutto nella tipologia di partnership, uno studio di progettazione di ampia risonanza come Carlo Ratti che cerca la cooperazione con un altro studio, DotDotDot e il suo Fab Lab. Inoltre, la capacità di ibridazione di tecnologie e competenze e l’uso improprio degli attuatori lineari di Arduino hanno permesso un risparmio di risorse altrimenti impossibile.

Lift-Bit Progetto: Ricerca e Sviluppo Dove: Milano, Lombardia Anno: 2016 Fab Lab: OpenDot Cliente: Carlo Ratti Associati SRL Tipologia: Piccola impresa Output: MVP per sistema di seduta interattiva Il risultato è un elemento di arredo IoT capace di adattarsi alla presenza umana; “un’ architettura viva, plasmata sulle esigenze dei suoi abitanti, nella quale rispecchiare i nostri bisogni, personalità e desideri”.

Fig. 68 Il software di controllo del sistema Lift-Bit - Carlo Ratti Associati SRL, 2016.

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Fig. 69 Lift-bit, il prodotto sviluppato per la produzione industriale, Carlo Ratti Associati SRL - Opendot, 2016.

Analisi La collaborazione tra due studi di progettazione e il laboratorio interno ad uno di questi ha dato vita, nel minor tempo possibile, ad un prodotto tester di assoluto interesse.

Un’intensa operazione di co-progettazione ha permesso di arrivare prima all’ingegnerizzazione del prodotto e successivamente al transfer per il mercato con il necessario software di controllo.

Il Fab Lab in questo caso è stato coinvolto per le sue competenze, e quelle dello studio di progettazione da cui è stato fondato, DotDotDot, legate al mondo dell’Interaction Design.

Fig. 70 Prototipo finale risultato della collaborazione tra Opendot e Carlo Ratti Associati SRL - Opendot, 2016.

Un’opportunità di ricerca e sviluppo del tutto unica che evidenzia nuovamente quanto competenze radicate nell’uso intelligente delle tecnologie per il progetto possano essere attrattive anche per uno studio delle dimesioni di quello di Carlo Ratti.

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La Mia scarpa DIY Progetto: Workshop Dove: Milano, Lombardia Anno del progetto: 2017 Fab Lab: OpenDot Cliente: Tog + Vibram Tipologia: Fondazione no-profit e Grande Impresa Output: Prodotto iper customizzato per TOG

Il progetto ha coinvolto attivamente tutti gli stakeholders, ai quali durante il workshop è stato chiesto di scegliere colorii e finiture in base a i loro gusti, personalizzando in ogni dettaglio il design della scarpa mentre i progettisti registravano tutte le misure dei tutori e dei piedi dei bambini.

Analisi: I risultati sono delle scarpe su misura, personalizzate nella taglia e nei dettagli, in grado di contenere il plantare, lasciando però sufficientemente libero il piede per favorirne ogni movimento.

Una collaborazione atipica che vede l’azienda finanziare un progetto non specificatamente indirizzato al mercato ma che apre a nuove possibilità di intervento nell’ambito dell’healthcare.

Un tema, in cui la fabbricazione digitale può davvero portare valore per l’estrema personalizzazione che concede, trattando così ogni disturbo con un approccio intimo e specifico.

Fig. 71 Lo sviluppo 2D delle calzature - Opendot, 2017.

Descrizione: In questo caso Vibram come azienda ha supportato la sperimentazione di scarpe DIY, interamente realizzate in OpenDot, grazie ad un percorso di co-progettazione tra designer, maker e terapisti. Secondo la caratteristica principale del Fab Lab, il progetto ha incluso le famiglie e i bambini implicati nel percorso di cura con Fondazione TOG, che si occupa di riabilitazione neurologica infantile.

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Fig. 72 Il risultato del workshop di co-progettazione tra designer e terapistiportato avanti per Vibram - Opendot, 2017.

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wemake Descrizione: We Make offre dei percorsi di formazione esperienziale e Team Building per migliorare la coesione e la capacità innovativa dei team di lavoro.

Le attività di gruppo innescano nei partecipanti coinvolgimento, aggregazione e rompono gli schemi classici del processo creativo facendo emergere nuove prospettive.

Sono degli esempi interessanti i corsi organizzati per Henkel, Econom, NTT Data e Accenture dove sono state: analizzate le possibilità della stampa 3D in relazione al lavoro di gruppo e dimostrate le potenzialità dell’Internet of Things grazie a delle attività ludiche e degli incontri di avvicinamento ad Arduino.

Una serie di operazioni, quelle condotte da We Make, che evidenziano la necessità dell’impresa di formare i propri dipendenti introducendoli alle tecnologie digitali. Un processo fondamentale nell’ottica della trasformazione della gestione dei flussi di lavoro.

Fig. 73 Introduzione alla stampa 3D per Henkel - WeMake, 2014.

Progetto: Community, Innovation e Team Building Dove: Milano, Lombardia Anno del progetto: 2014 Fab Lab: WeMake Cliente: Henkel, Econocom, NTT Data Italia e Accenture Tipologia: Grande impresa Output: Formazione Anaisi: Non solo manifattura digitale e progettazione ad hoc. Le collaborazioni con le imprese di WeMake evidenziano l’importanza che la formazione mantiene nell’ottica dell’offerta del Fab Lab. I Fab Lab in questo vengono infatti percepiti come luoghi adatti alla trasmissione di competenze pratiche e teoriche.Un luogo dove toccare con mano alcune delle potenzialità della trasformazione digitale.

Fig. 74 40 dipendenti divisi in 8 postazioni nel Workshop per Henkel - WeMake, 2014.

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polifactory

Fig. 75 PROXIM W650 - Catalogo Prologo 2017.

Descrizione: Una sfida che ha permesso a Prologo di portare sul mercato una delle migliori selle e-bike.

Da qua, la scelta di collaborare con Polifactory, il Fab Lab di Politecnico di Milano, che ha condotto alla sella Proxim.

Un risultato di un lungo processo di ricerca e sviluppo che ha condotto ad un prodotto innovativo e tecnologicamente avanzato. La sella è stata infatti disegnata per offrire una posizione di seduta al meglio adatta alla pedalata assistita.

La connotazione principale è la divisione dell’imbottitura, in celle separate che permettono, grazie alle schiume interattive di adattarsi autonomamente alle pressioni del ciclista durante la pedalata.

Una collaborazione atipica per il flusso di lavoro standard di Polifactory che però ha portato risultati notevoli sottolineando come la ricerca e le tecnologie di fabbricazione digitale offrano possibilità di sviluppo ad ampio spettro.

Progetto: Ricerca & Sviluppo Dove: Milano, Lombardia Anno del progetto: 2017 Fab Lab: Polifactory Cliente: Prologo Tipologia: Media impresa Output: MVP per una sella e-bike Polifactory, grazie al suo operato ha acquisito visibilità a livello nazionale e internazionale.

Questo, di pari passo al riconoscimento nel mondo dell’eccellenza di Politecnico di Milano ha sicuramente facilitato la nascita della collaborazione.

Anche in questo caso il Fab Lab viene scelto dall’azienda per le competenze tecnologiche e progettuali. Dalla sperimentazione e la continua prototipazione è nata una sella performante con uno scafo studiato in ogni sua curva che offre appoggio e grande libertà di movimento con un contenimento adeguato per le fasi di accelerazione garantite dalle moderne e-road.

Analisi: Una partnership che nasce dall’attenzione dell’azienda al percorso di ricerca universitario.

Fig. 76 PROXIM W650 negli spazi di Polifactory - Polifactory.

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Progetto: Workshop Dove: Milano, Lombardia Anno del progetto: 2016 Fab Lab: Polifactory Cliente: Vodafone Tipologia: Grande impresa Output: Contest + MVP Descrizione: Vodafone 5G Challenge è un workshop portato avanti con la partnership di Polifatory e Politecnico di Milano con l’obiettivo di fare emergere le potenzialità della tecnologia 5G.

Fig. 77 Vodafone 5G Challenge for Smart City & Smart Campus - Polifactory, 2019.

Ai vincitori della challenge è stata offerta la possibilità di uno Stage in Vodafone.

Da questa operazione legata alla didattica è stato successivmante chiesto a Polifactory di portare avanti un processo di ricerca e sviluppo legato alle stesse tematiche di riferimento del workshop.

Una partnership interessante, nata da un precedente evento che testimonia la fiducia, anche di grandi aziende, nella ricerca Universitaria e nelle potenzialità che si sviluppano all’interno dei Laboratori di Fabbricazione Digitale.

Analisi: Come nel caso della partnership tra Magneti Marelli e The FabLab anche Polifactory con un primo percorso legato alla formazione riesce a dare seguito alla collaborazione.

Una fiducia, quella della multinazionale della telefonia, che evidenzia la consapevolezza delle competenze teorico-pratiche riscontrate all’interno del laboratorio.

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I casi studio di riferimento offrono degli spunti di riflessione notevole.

In modalità e contesti applicativi differenti, delle forme di imprenditorialità più o meno strutturata, si sono affidate ai Fab Lab per portare avanti delle collaborazioni accomunate dall’interesse nella contaminazione con questi spazi del saper fare digitale.

All’interno della panoramica generale dei casi sicuramente la ricerca e sviluppo sembra essere l’elemento più attrattivo per le aziende.

Questo poichè apre un dialogo che permette all’impresa di inquadrare al meglio la sfera di possibilità del progetto.

L’esempio della collaborazione tra Opendot e Versace testimonia invece che una volta comprese le potenzialità delle tecnologie e delle competenze digitali si può arrivare ad un risultato soprendente con un breve periodo di sviluppo.

Dal punto di vista della start up o della micro impresa la democratizzazione della tecnologia e la sua distribuzione nei centri di fabbricazione digitale, ha dato, a coloro che vogliono dare vita a una nuovo forma di imprenditorialità, un posto dove potersi confrontare con le tecnologie.

Un luogo aperto anche al dialogo con altri professionisti del progetto, come nel caso di LiftBit, dove lo studio Carlo Associati si affida a DotDotDot e Opendot per poter avere un dialogo con competenze differenti ma affini e poter ingegnerizzare il primo tester di prodotto riducendo i costi.

Altresì nel caso di forme aziendali più strutturate c’è la possibilità di intraprendere percorsi di natura differenti. I casi di Magneti Marelli e Vodafone testimoniano l’interesse verso percorsi multipli di collaborazione anche per aziende provenienti

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da settori meno design oriented. Entrambe le multinazionali hanno avuto, nonostante la capacità economica, interesse nel valorizzare centri di ricerca esterni, entrambi caratterizzati (The Fab Lab e Polifactory) da un alto tasso di contaminazione tra le professioni.

Inoltre, entrambe le partnership nascono come “sequel” di una precedente collaborazione focalizzata sulla formazione e la valorizzazione delle competenze dei giovani. Collaborazione che assume le caratteristiche di un’esperienza conoscitiva che poi dà vita ad altre forme di cooperazione.

Risulta quindi interessante chiedersi quale sia effettivamente il ruolo della tecnologia nelle collaborazioni simbolo dei casi studio.

La tecnologia è uno degli elementi attrattivi per l’impresa che però viene realmente ingaggiata quando realizza le opportunità che l’approccio e le competenze delle figure che usufruiscono di questi mezzi digitali costituiscono il valore aggiunto.

Un valore aggiunto che un Fab Lab è in grado di mettere sul tavolo grazie all’agilità nel pensare a soluzioni smart e veloci, ad un approccio aperto caratterizzato da una contaminazione di competenze interne sulle tecnologie di produzione, dalla stampa 3D al taglio laser passando per programmazione software e Arduino, e infine nell’esperienza nel saper trovare soluzioni innovative in contesti variabili.

Non specializzazioni verticali dunque, ma pensiero laterale e capacità di individuare strategie di gestione della complessità in grado di agevolare i processi progettuali nel dialogo tra tecnici e creativi.

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4.3.3. I punti di vista dei protagonisti La decisione di concentrarsi sul contesto milanese è frutto della consapevolezza dell’importanza che ricoprono per il movimento nazionale e internazionale e perchè agiscono dell’autore, seppur in un contesto urbano, sul medesimo territorio di Ex-Filanda.

Si è quindi sfruttata la prossimità con i Fab Lab di riferimento per entrare in contatto con alcuni dei rispettivi Lab Manager, cercando di capire quali siano per loro i fattori principali da valutare e tenere in considerazione nel rapporto con l’impresa e quali criticità e potenzialità risiedono nel contesto Brianzolo.

All’interno del laboratorio, ci chiarisce Matteo, ci sono 3 macro tendenze: 1- Il flusso di lavoro del Fab Lab classico; 2- La formazione e la consulenza; 3- La ricerca e sviluppo prodotto; 4- Gli Spin-off: intesi come progetti indipendenti derivati dal flusso di lavoro classico.

Nel caso specifico di The Fab Lab ne è un esempio Super Stuff una piattaforma commerciale per vendere online prodotti legati alle tecnologie additive e sottrattive.

Per Opendot invece il riferimento è la serie di prodotti UNICO nati dalla collaborazione con la fondazione Tog.

Il primo intervistato è Matteo Ordanini, resposanbile della formazione per The Fab Lab@ Talent Garden.

Un approccio in grado di individuare le giuste strategie di gestione della complessità e di agevolare il processo progettuale nel dialogo tra tecnici e creativi

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Come si delinea il rapporto tra Fab Lab e aziende?

Spesso emerge come le competenze siano molto distanti; le aziende tendono difficilmente ad aprirsi e a condividere il proprio Know-How perché difficilmente vedono in alternative manifatturiere una risorsa, sono attaccati alle loro macchine e tecnologie specifiche.

In che modo The Fab Lab ha curato il suo network ed entra in contatto con i clienti?

La figura di Massimo Temporelli ha messo a disposizione della struttura il suo network personale di conoscenze, essendo una figura pubblica è stato il primo punto di contatto con l’imprenditorialità. Il progetto partito nel 2013 invece ha scelto in maniera strategica come partner stabile Talent Garden proprio per questa necessità di avere una rete di contatti già consolidata, per questo negli anni non è mai stato investito nessun capitale in marketing e comunicazione.

Dall’analisi dell’operato degli ultimi anni sono emersi pattern che collegano l’attività di formazione e consulenza allo sviluppo prodotto?

In questo esatto momento stiamo volgendo un’analisi di questo tipo per capire se è possibile estrapolare dei modelli dall’operato degli ultimi anni. Al momento non è stato riscontrato nessun pattern di questa tipologia.

Nonostante ciò vista la qualità del servizio offerta in termini di formazione le aziende a numero elevato di dipendenti tornano ciclicamente ad usufruire dei nostri corsi di formazione.

Quali sono i partner ideali con cui lavorare e su cui basare il proprio modello economico?

Sia le multinazionali che le piccole imprese (4-5 dipendenti) rappresentano in modi differenti delle grandi risorse. Con i primi spesso vi è la necessità di un percorso più lungo in primis per il bagaglio di complessità aziendale che si portano dietro e poi perché sono più aperti a delle sessioni di progettazione collaborativa che richiedono tempi maggiori.

Le realtà minori invece spesso si presentano con una disponibilità di tempo ridotta ma con delle idee e dei bisogni molto chiari. Per queste per le PMI le sessioni di co-design sono meno appetibili.

Si costruisce un rapporto diretto maggiormente pragmatico dove la richiesta di fronte ad un problema diviene: “insegnami a risolverlo”.

Quali sono le possibilità agendo nel contesto Brianzolo?

In Brianza abbiamo aiutato a sviluppare il makerspace WeWork a Cantù nel 2013. Da quello che so relativamente al progetto questo spazio non è riuscito a instaurare dei rapporti con l’imprenditorialità e si è concentrato sulla formazione e la scuola di cui è diretto partner.

Il contesto brianzolo è un contesto molto chiuso mentalmente all’innovazione e per quanto riguarda The Fab Lab rappresenta un mercato non stimolante vista la mancanza di realtà legate alle specificità del nostro laboratorio.

Negli anni abbiamo conosciuto il contesto con diversi progetti tra cui Brianza Design District dove

Il punto di Vista di Matteo Ordanini, TheFabLab

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102-185

sempre in linea con il nostro orientamento alla didattica abbiamo sviluppato diversi laboratori per bambini. Ad oggi il nostro core business, rappresentato dall’ibridazione tra servizi e prodotti nella sfera dell’Internet of Things, non trova un riscontro su quel territorio anche perché in Brianza vi sono realtà aziendali spesso consolidate che non hanno necessità di aprirsi a nuovi mercati e nuovi rischi essendo già in possesso di fatturati notevoli.

Si parla da tempo di Innovation in craft, potrebbe rappresentare una possibilità per l’attivazione del contesto Brianzolo?

Sicuramente sì, a livello di The Fab Lab è un terreno che abbiamo sondato per cui erano stati trovati dei finanziamenti ma che per problematiche di coordinamento delle istituzioni e della rete di imprese sul territorio non è stato portato avanti.

componente sociale ed etica è essenziale. Lo stesso vale per tutte le altre operazioni di brand washing. Diventa però essenziale capire che il rapporto anche con l’azienda deve essere bilanciato anche in termini di compromessi. Se un progetto, nella sua specificità, si fa portare di valori etici e sociali, vale la pena di precludersi un’opportunità per una presa di posizione verso la mossa strategica dell’azienda?

Quando ci è capitato di lavorare con un’azienda che aveva una necessità impellente di muoversi, abbiamo valutato una strategia parallela prima di accettare. Così è stato stipulato un accordo per cui un anno dopo il lancio del progetto la proprietà del prodotto passava a The Fab Lab per permettere uno sviluppo futuro.

Il mondo delle aziende è vasto, vi è mai capitato di dover rifiutare una collaborazione per la tipologia di progetto?

Nella mia esperienza personale la casistica relativa a questa tipologie di situazioni è, fortunatamente, molto ridotta.

Ci è capitato di lavorare con aziende che producono armi e questo ha sollevato un grosso dibattito interno poiché per The Fab Lab la

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Il punto di Vista di Enrico Bassi, OpenDot Proprio in relazione alle difficoltà del contesto Brianzolo sono state poste le domande principali.

Quali sono le complicazioni di agire nel contesto Brianzolo?

Il territorio brianzolo sta vivendo una crisi, svuotandosi, nel caso dei Fab Lab che sono stati aperti vi è la necessità di fare attenzione al sistema di offerta, per evitare di riproporre gli stessi modelli che non hanno funzionato precedentemente. Il fattore principale su cui agire inoltre è la comunicazione.

Quali potrebbero essere le chiavi del successo?

Il fattore principale su cui agire è appunto la comunicazione. In un contesto poco inclusivo come quello della Brianza si deve lavorare sul linguaggio per poter aprire dei canali diretti con gli imprenditori facendo leva sul valore dell’idea.

La condivisione di competenze deve essere il terreno su cui costruire le collaborazioni future.

C’è bisogno di apertura, mediazione e tanta pazienza.

Un modello come quello di riferimento (in tesi) può supportare le collaborazioni? È fondamentale all’interno del progetto la gestione della complessità. La Brianza è un bacino fertile per le competenze legate alla capacità produttiva, affinché il progetto coinvolga il territorio al meglio vi è l’esigenza di un direttore creativo propositivo e in grado di gestire le interazioni tra i vari soggetti. Inoltre il territorio ti guarderà con sospetto cercando di “comprarti”; è essenziale costruire la giusta forma mentis per gettare le basi del progetto.

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Che tipologia di forma mentis?

Mi riferisco al mindset del territorio; le domande principali da porsi sono qual è la reazione della Brianza all’innovazione? Il linguaggio comunicativo è adatto? Quale contributo possono dare i designer allo sviluppo d’impresa?

Personalmente reputo che si tratti di interventi per lo più legati alla dinamica di processo rispetto a quella di prodotto e per questo va capito come l’offerta resta comunque attrattiva.

Come si contribuisce a generare un network attivo, con queste incertezze?

Bè, il primo incipit, soprattutto in Brianza è tradurre un concetto astratto come un’offerta di collaborazione, in un’immagine tangibile, organizzando incontri conoscitivi e dando vita ad una serie di progetti vetrina che mettano in luce le best practices del Fab Lab. Una volta creato un background di questo tipo bisogna fare attenzione alla finalità che i partner coinvolti hanno.

Le aziende ragionano su indagini di mercato ed è quindi importante rispondere ad esigenze reali verificate internamente per avere un riscontro importante. Il progetto deve, a mio parere, ragionare a cerchi concentrici, step graduali di coinvolgimento.

Un modello di offerta che nel gestire ad esempio la R&D permetta di ragionare sul concetto di minimum valuable project al fine di ottimizzare al meglio le risorse.

102-185

Il punto di Vista di Massimo Bianchini, Polifactory C’è ancora una relazione conflittuale tra Fab Lab e aziende?

C’è stata una contrapposizione. Questa è venuta meno nel momento in cui la dimensione Fab Lab ha iniziato a cercare dei modelli di sostenibilità economica.

Osservando l’evoluzione da dentro la situazione è abbastanza chiara. Il movimento nasce dal bisogno di “scaricare a terra” tutto il potenziale delle tecnologie di fabbricazione digitale. Questa necessità ha portato all’intuizione geniale del modello del Fab Lab. Per dare tangibilità alla cosa hanno iniziato con un corso, poi il corso ha avuto bisogno di un setting, il setting è diventato lo spazio e infine lo spazio stesso è diventato il modello.

Il dogmatismo di Neil che da origine alla Fab Charter è frutto del contesto di sviluppo: il MIT, dove la ricerca ha la stabilità necessaria per rinunciare ad un indirizzo commerciale.

Oggi la Fab Charter è ancora appesa in molti Fab Lab ma non è un riferimento diretto.

Ad un certo punto, c’è stato un percorso convergente. L’iniziale dogmatismo nella relazione che costruivi con l’impresa o in come portavi avanti l’open source nel tempo si è evoluto.

Molti Fab Lab si sono resi conto di essere più vicini ad altri modelli. È diventato chiaro che il modello di sviluppo dovesse avere “maglie più larghe”, andava fondamentalmente diversificato.

Così sono nati laboratori con indirizzi specifici più sperimentali o più orientati al mercato cambiando e modificando il modello di openess. Fino ad arrivare ad oggi a modelli come quello di Fab City che rappresenta un ulteriore sviluppo.

C’è una rete di Fab Lab ma il centro della riflessione si sposta sull’innovazione sistemica a livello urbano.

In Italia, oggi qual è la situazione?

Dall’indagine che abbiamo condotto “Maker’s Inquiry dal 2015 è cambiato tanto, il sistema si è ristrutturato e ha dato vita tre indirizzi: il Fab Lab come azienda, il Fab Lab con l’azienda, il Fab Lab per l’azienda.

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We Make è il primo esempio di Fab Lab che è diventato una SRL, non era mai successo prima in Italia. C’è poi la realtà di Open Dot dove lo studio di progettazione ha avuto la necessità di costruirsi il proprio laboratorio, quindi un Fab Lab con l’azienda.

Infine il caso di The Fab Lab, ospitato all’interno di Talent Garden, che ha l’obiettivo di costruire franchising di Fab Lab in più contesti. Hanno iniziato inserendosi in un altro centro di ricerca e poi hanno capito le potenzialità di Talent Garden.

Un laboratorio nato specificatamente per aiutare le imprese in percorsi di natura variabile. Quando è nato, c’è stato un dibattito sulla natura della struttura poi il modello è stato accettato ed è un modello virtuoso, una scommessa vinta. È stato il primo a lavorare in modo sistematico con le aziende.

Lavorare con le Piccole e Medie imprese è possibile?

Le possibilità ci sono le difficoltà pure. Nel 2014 a Varese per esempio è nata la realtà di Faber Lab. Ad un certo punto si sono esplorate le possibilità di un’associazione confartigianale in grado di creare una rete per supportare le PMI, gli artigiani e le microimprese.

L’obiettivo era lavorare nella direzione della trasformazione digitale.

C’è stato successivamente un tentativo di strutturarla a livello nazionale con Make in Italy.

Una fondazione nata grazie al gruppo De Benedetti per diffondere il valore cultura digitale e far crescere la rete dei Fab Lab. Il tentativo però non ha avuto successo.

Da dove nascono le difficoltà nell’avvicinare i due mondi?

Le origini sono probabilmente da ricercarsi nel piano dell’Industria 4.0. Da quando si è passati da parlare di terza rivoluzione industriale a Industria

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4.0 si è capito realmente quanto questa nuova rivoluzione attirasse l’interesse delle imprese.

In questo passaggio i Fab Lab non erano attrezzati; sembrava inizialmente che potessero essere coinvolti nella proposta di sviluppo ma così non è stato.

Non sono mai arrivati finanziamenti o proposte che permettessero ai laboratori di fabbricazione digitale di muoversi nella direzione di quella rivoluzione.

Nel nostro caso (Polifactory) abbiamo provato a iniziare un dialogo con Confartigianato e con le piccole e medie imprese, un piano orientato alla formazione e poi al progetto, ma non ha attecchito.

La realtà è che ci sono oggettive difficoltà nel comprendere le risorse che vanno spese per innovare.

Inoltre, le PMI non sono attrezzate a fare ricerca e hanno risorse molto limitate da mettere in campo, sia dal punto di vista economico che dal punto di vista delle competenze.

I Fab Lab potrebbero in questo supportare le PMI? È importante capire su quali dinamiche si possa aprire un dialogo. Se si parla di produzione, dico di no. Mi spiego meglio, i Fab Lab non sono centri di produzione tradizionali. Si può arrivare alla produzione di prototipi, alcuni facilmente trasferibili al mondo dell’industria ma con lotti di produzione molto bassi.

I laboratori di fabbricazione digitale non hanno un sistema manifatturiero in grado di affrontare il mercato. È invece possibile portare avanti un’innovazione di prodotti e di processi che sia adatta alle PMI e customizzata sulle loro esigenze.

Un percorso di avvicinamento e di connessione tra le parti.

102-185

Quali sono, quindi, gli elementi per un modello sostenibile?

In generale l’esigenza minima è che vi siano 2 figure chiave ad animare lo spazio. Un Digital Champion e un Technical Guru. Il primo ricopre il ruolo di Lab Manager, gestisce i bandi e si occupa delle relazioni con le imprese sul territorio.

L’altro invece è quello che fa andare le macchine, le setta e gestisce materiali e ordini. Senza le figure adatte e con conoscenze eterogenee non si riesce a portare avanti dei percorsi di formazione e questo ostacola la creazione di una community di cittadini, imprese e istituzioni.

Partendo dal presupposto che ci sia un affitto da pagare, si parla di 150’000 Euro di entrate l’anno da dover garantire. Soldi che servono a stipendiare chi ci lavora, a coprire i consumi, fare manutenzione e acquistare i materiali. Se non c’è un bando di riferimento cui appoggiarsi o un finanziamento o un ente che sponsorizza le attività va programmato un modello in grado di garantire una cifra simile.

Anche il finanziamento spesso non basta. In Europa sono molti gli esempi di Fab Lab che una volta finiti i finanziamenti non sono riusciti a mettere in pratica il modello. Ogni operazione dal primo all’ultimo dell’anno deve essere, infatti, progettata La vera svolta arriva quando ci si emancipa dalla gestione giornaliera della macchina, a quel punto non sei schiavo più del service. Inizi a capire che puoi affiancarti alla tecnologia e usarla in modo strategico per fare delle attività che creano valore sul territorio.

Un percorso che trasforma oggetti in progetti.

Progetti che ti permettono di avere visibilità a livello di rete e che tramite i bandi portano i fondi per la ricerca dimostrativa.

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4.3.4. Le opportunità per lo sviluppo Diventa quindi fondamentale cercare di comprendere nel dettaglio i punti di vista, le forze, le debolezze e le aspirazioni delle PMI Brianzole.

Ancora una volta l’obiettivo è quello di capire quali siano le esigenze delle piccole medie imprese e se sia possibile costruire un’offerta specifica su bisogni manifesti.

In questo è d’aiuto al percorso di analisi un workshop tenuto nel 2017 da Sara Flamigni, laureanda del Politecnico di Milano, all’interno della struttura stessa di Make in Progress.

La finalità della tesi “Master your Craft” era quella di creare in Filanda un punto di contatto tra impresa e giovani NEET, senza entrare nel merito dei risultati, è assolutamente interessante valutare le interviste fatte a 6 PMI coinvolte durante il workshop: Innovare l’artigianalitàScenari futuri per le PMI Brianzole.

La prima azienda: F.lli Elli a Giussano (MB, produttori di Mobili) sottolinea che i propri valori sono la solidità e robustezza del prodotto commercializzato in cui pone molta attenzione all’aspetto ecologico. Un’azienda che ha un rapporto qualità prezzo molto elevato e che è quindi percepita positivamente sul mercato.

La digitalizzazione al momento è arrivata fino alla fase di avanzamento dell’ordine e il reparto commerciale è stato ristrutturato. Investimenti importanti ma che, a detta dell’intervistato, lasciano aperti molti punti interrogativi. L’azienda pecca dal punto di vista della comunicazione e del marketing e non ha una struttura organizzata in grado di introdurre nuovi prodotti velocemente sul mercato.

L’esperienza di Romano Martegani e del suo calzaturificio Giussano (MB) racconta una storia diversa. Una storia di artigianalità che è riuscita a sopravvivere ai grandi cambiamenti sviluppando

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una conoscenza del settore a 360°.

Un imprenditore molto legato al proprio knowhow ma proiettato con un occhio sempre al futuro che gli permette lucidamente di analizzare le proprie criticità. La scarsa presenza della tecnologia nel processo produttivo, di pari passo alla mancanza di interscambio delle capacità lavorative tra i dipendenti contribuiscono a frammentare la struttura produttiva. Martegani però non si arrende; ha aperto il suo canale di vendita online e riesce a distribuire anche in America.

Delitex Group, azienda che produce dai tessuti in cotone ai tessuti tecnici laminati, sta vivendo un periodo di transizione con la trasformazione digitale.

Se infatti è riuscita ad automatizzare il processo produttivo migliorandone la qualità e gestendone le fasi digitalmente, dall’altra fa fatica a farsi vedere sul mercato.

Una carenza di comunicazione e marketing che insieme ad una brand identity tutt’altro che chiara non le permettono di crescere. Problematiche che nascono dalla difficoltà di far percepire, il così detto, prodotto nascosto.

Le altre aziende presentano, con applicazioni e contesti differenti, le stesse problematiche e punti di forza analoghi.

Questa breve analisi evidenzia come 3 aziende, che operano in tre settori differenti con investimenti variabili possano offrire in tutti casi gli elementi necessari ad aprire un dialogo con una struttura come il Creative Lab di Make in Progress.

Per F.lli Elli è prevedibile ad esempio una tipologia di rapporto basata sulla ricerca e sviluppo ed

102-185

eventualmente sulla decentralizzazione di alcune lavorazioni.

Per Martegani, un’introduzione intelligente alle potenzialità che le tecnologie di fabbricazione digitale offrono in termini di personalizzazione e di accelerazione dei processi.

Infine, per Delitex, un processo assimilabile a quello precedentemente visto nella collaborazione tra The Fab Lab e Magneti Marelli, che permetta di dare visibilità al prodotto e alle sue qualità.

Un percorso di accompagnamento verso le trasformazioni digitali che permetta di decentralizzare la R&S, accelerando i processi e dando visibilità al prodotto e alle sue qualità nascoste o inespresse

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4.4. Cresciamo insieme Alla luce di quanto studiato e verificato con gli strumenti a disposizione si è dato vita a “Cresciamo Insieme” un progetto di coinvolgimento dell’imprenditorialità Brianzola finalizzato a creare nuove partnership a breve e lungo termine che permettano ai creativi di avere accesso ad un network reale e alle aziende di comprendere al meglio le potenzialità di una collaborazione fondata non sulle tecnologie bensì sull’affiancamento di queste ad un pool eterogeneo di conoscenze professionali in grado di comunicare con il mercato.

al digitale, avanza, rinnovando i tradizionali meccanismi di creazione del valore.

Un fenomeno che è essenziale che investa, non solo i settori tradizionali, della creatività ma anche quelli apparentemente meno inclini alla contaminazione (Fondazione Symbola, 2019) .

Un processo che trova riferimento nella culturalizzazione dell’economia italiana che, nei più attuali cambiamenti legati alla trasformazione

10

20

30

40

Elettronica Arredamento Imballaggi Metallurgico Plastiche Alimentare Tessile Meccanico/Macchinari Chimico Sanitario Logistico N/C Commercio Ingrosso

Fig. 78 Il campione dell’indagine per settori.

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102-185 6,7%

4.4.1. L’analisi del territorio

7,3% 41,2%

1,8%

13,9%

15,8%

La prima operazione fondamentale legata alla costruzione del network aziendale è stata quella di recuperare la mappa quali-quantitativa del territorio vimercatese “Make in Progress – Verso la Filanda” (Arquilla & Zinzone, 2017).

13,3%

Prodotti A

Semilavorati

Prodotti B

Mat. Grezzo

Prodotti C

Lavorazione

Altro

Da quell’insieme iniziale di aziende si sono analizzate un totale di 170 forme differenti di imprenditorialità attingendo direttamente dal report di Assolombarda sulle eccellenze della Brianza (Colombo et al., 2018). Tutte le aziende analizzate appartengono all’industria manifatturiera secondo le attività Ateco 2007.

Un raggruppamento che comprende nello specifico i settori: Alimentari e bevande; Sistema moda; Legno e arredi; Carta e stampati; Chimica e affini; Farmaceutica; Gomma-plastica; Metallurgia; Prodotti in metallo; Elettronica; Apparecchiature elettriche; Macchinari e Automotive.

Fig. 79 L’output prodotto dalle aziende del campione.

25

50

Metalli

Organici

Polimeri

Tessuti

Legni

Vari

In linea con quanto verificato nell’analisi del rapporto tra design, territorio e comunità, per lo sviluppo degli obiettivi del progetto è emersa la necessità di creare un modello che permettesse un coinvolgimento programmato di partner aziendali stabili e occasionali per dare forma ad un’offerta basata sul progetto e su eventi come lectures, workshop e hackathon.

75 N/C

L’analisi ha coinvolto circa 25 comuni della Brianza categorizzando inizialmente le aziende per settore, materiali di lavorazione e output finale.

Gli output sono stati classificati secondo Prodotti A, un prodotto finito multi-materiale design oriented, Prodotti B, prodotti finiti multi-materiali non design oriented, Prodotti C, minuterie o elementi integrativi che non hanno una funzione scissi dall’insieme, Semilavorati, Materiali grezzi o aziende che si occupano esclusivamente di Lavorazioni.

Fig. 80 Le aziende del campione per materiali di utilizzo.

p. 151

Le aziende sono state poi categorizzate con un punteggio da 1-8 in base alla corrispondenza positiva a dei Tag precisi: 1) Fab Lab, ossia possibile interesse nelle tecnologie di fabbricazione digitale standard; 2) Materea, possibile interesse nella coprogettazione con la start up di fabbricazione digitale avanzata; 3) Rain, possibile interesse nella sperimentazione alimentare e nell’attenzione ai cicli chiusi agroalimentari; 4) Know-How strategico, valore delle conoscenze aziendali dal punto di vista manifatturiero e progettuale per Make in Progress; 5) Potenzialità per nuovi mercati, aziende che hanno le potenzialità per aprirsi a nuovi business per capacità economica, tipologia di output e conoscenze; 6) Creative Lab, possibile interesse nella collaborazione con MiP e con l’attività progettuale del nucleo creativo del Team Resident; 7) Innovazione digitale, aziende o realtà artigianali che nella conversione o innovazione tecnologica dei processi possono trovare una modalità di innovare il proprio business.

8) Eventi e sponsorizzazione, possibili sponsor interessati a finanziare il progetto per il valore che può portare sul territorio o partnership occasionali basate sulla formula del workshop o dell’hackathon.

Il processo ha compreso una mappatura sul territorio delle aziende.

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Fig. 81 La mappa delle aziende taggate secondo l’indagine.

102-185

4.4.2. I risultati dell’indagine I risultati dell’analisi permettono di trarre considerazioni interessanti legate all’ampio range di prodotti, materiali e fabbricazioni offerte dal territorio.

L’indagine ha coinvolto 170 aziende: più della metà delle quali distribuite nei settori legati al Legno e Arredo (25%), alla Gomma-Plastica (9%), alla Metallurgia e ai Prodotti in metallo (10%) e all’elettronica e apparecchiature elettriche (10%).

I dati dell’analisi non evidenziano una prevalenza di lavorazioni specifiche su una classe di materiali bensì una maggioranza di aziende (52%) che lavora e tratta classi differenti.

Emergono elementi interessanti invece dall’analisi degli Output dove la maggioranza del pool, (54%) produce un Prodotto A o un Prodotto B. Percentuali significative sono legate alla produzione di Prodotti C (16%), di Semilavorati (14%) e di aziende che offrono esclusivamente processi di lavorazione (7,3%).

Lo step successivo ha previsto una valutazione positiva o negativa (valore 0/1) di ogni azienda in relazione ai Tag descritti nel precedente paragrafo.

Per cercare di avere una visione più ampia e capire al meglio l’orientamento dei loro business. sono stati visualizzati tutti i siti web attivi. Lo studio ha permesso di individuare un gruppo variabile tra 77-90 aziende con un punteggio sufficiente compreso tra 5-8/8 che potrebbero rappresentare dei possibili partner per Make in Progress. Si parla di range variabile poiché ovviamente i fattori che possono contribuire allo sviluppo di una partnership sono influenzabili da molti elementi.

Make in Progress Aziende taggate

Centri Urbani

In seguito a questa operazione le aziende sono state ancora una volta categorizzate per settore facendo emergere una maggioranza di

p. 153

11,7%

7.8%

aziende legate, con orientamenti differenti, al legno e arredo (39 %). Le percentuali minori più interessanti per la manifattura vengono invece dal settore Alimentare (8%), Metallurgico e dei Prodotti in Metallo (9 %) e dell’Elettronica (12%).

Successivamente è stato selezionato un ulteriore gruppo di 15 aziende variabili per settore, output e materiali di lavorazione; tutte ovviamente positive nel punteggio dei Tag assegnati. Le imprese rientrano nel target del progetto per natura e dimensione economica (fatturati variabili tra i 10 e i 40 circa milioni di Euro).

Le aziende sono state analizzate in base all’attinenza con le attuali competenze presenti nel Creative Lab, i canali di comunicazione attivi e la possibilità di una partnership di valore a breve o lungo termine.

Nell’ottica di formulare una vera e propria campagna per l’effettivo engagement aziendale sono stati vagliati diversi strumenti cercando di capire quali, dal punto di vista comunicativo e strategico fossero i più adatti a veicolare i contenuti del rinnovamento del progetto.

5,2%

1,3% 5,2% 1,3% 5,2% 7,8% 3,9%

39%

9.1%

2,6% Tag

47 %

No Tag

53%

C. all’Ingrosso

Sanitario

Metallurgico

N/C

Tessile

Imballaggi

Logistico

Alimentare

Arredamento

Chimico

Plastiche

Elettronica

Fig. 82 Il campione dell’indagine per settori.

100%

Know-How

75%

Nuovi mercati

50%

Innovazione digitale

Creative Lab

Eventi

25%

Fab Lab Materea Rain - Canapesi

Fig. 83 Il risultato dei tag e la percetuale del loro utilizzo all’interno del campione.

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102-185

DATI Nome: Caimi Brevetti.

Indirizzo: Via Brodolini 25; Nova Milanese.

Fatturato: 13 215 497 €, 2017.

Settore: Arredamento.

Swot analisi: Attinenza per competenze

Output: Prodotto A // arredo vario/pannelli fono assorbenti.

Punteggio Tag: 6/8.

Partner: azienda storicamente design oriented, collaborazione con diversi progettisti.

DATI

Comunicazione

Nome: Giovanardi Spa (& Lettera G).

Indirizzo: Via Ozanam, 35; Concorezzo.

Fatturato: 18 216 301 €, 2016.

Settore: Arredamento.

Output C/MG/S

Output A/B

Swot analisi:

Rapporto a lungo termine Attinenza per competenze

Output: Prodotto A // espositori, vetrine, packaging e esposizioni.

Punteggio Tag: 6/8.

Partner: Dior, Chanel, D&G, Damiani, Calvin Klein, Gucci, Samsung, Campari, Ferrari, Amplifon e Bticino.

Comunicazione

(3;5)

(5;5) CANALI DI COMUNICAZIONE Sito web: https://www.caimi.com/it/index/ Facebook: https://www.facebook.com/caimibrevetti/ LinkedIn: https://www.linkedin.com/company/ caimi-brevetti-s.p.a./ Instagram: https://www.instagram.com/ caimibrevetti/?hl=en Mail: vendite.italia@caimi.com export.dept@caimi.com

Output Tel: 0362 49101 C/MG/S

Rapporto a lungo termine

Output A/B

Profili LinkedIn collegati (tot. 13): Chiara Albano - Tecnico Acustico; Nicoletta Corvatta - Sales Agent; Ferruccio Nicolò - Executive Sales; Stefano Bellesso - Funzionario Commerciale; Silvia Sottocorno - Export Sales; (5;4) Andrea Ettore Buscaglia - Export S. Manger.

(-1;4)

CANALI DI COMUNICAZIONE Sito web: https://www.giovanardispa.com/it/ tag Instagram: https://www.instagram.com/giovanardi_ spa/ LinkedIn: https://www.linkedin.com/company/ giovanardi-spa/

6/8

Mail: info@giovanardispa.it direttore e ufficio commerciale: max@giovanardispa.it; roberta.scimia@ giovanardispa.it

key account manager: balconi@giovanardispa.it dariush@giovanardispa.it Profili LinkedIn collegati (tot. 38): Massimo Giovanardi - AD Fabio Pirotta - Project Manager; Beniamino Balconi - Key Account; Max Miglio - Diretto commerciale; Chiara Elena Redaelli - Designer; Andrea Recalcati - Digital Innovation.

tag

6/8

Fig. 84 Le schede di analisi di 15 aziende taggate, l’autore.

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4.4.3. Strumenti strategici

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Fig. 85 La metafora dell’incontro tra professionisti e community, in un’ipotesi grafica per banner Facebook.

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2019_2020

Il primo passaggio, sviluppato in parallelo, all’analisi territoriale è stato quello di cercare di rappresentare graficamente il valore del progetto.

L’obiettivo sviluppato con lo studio di tesi era quello di spostare l’attenzione dalle tecnologie alle competenze.

Nell’ottica di ricalcare quanto fatto di positivo nel modello ex-ante con l’invio delle cartoline si sono sviluppati 3 format contenenti 3 concetti clou: Non solo tecnologie ma Opportunità; Non sono Tecnologie ma Progetti e Non solo tecnologie ma Visioni.

Passato, presente e futuro dello sviluppo del progetto. Un chiaro riferimento alle potenzialità di un bene rigenerato, delle competenze progettuali e manifatturiere presenti e infine delle visioni sul futuro su cui proiettarsi. Tutto ciò viene riassunto graficamente con il rapporto tra Uomo e Tecnologie e Uomo e Spazi.

2019_2020

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Fig. 86 Postcard n.1 “Non solo tecnologie ma opportunità”.

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Fig. 87 Postcard n.2 “Non solo tecnologie ma progetti”.

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Fig. 88 Postcard n.3 “Non solo tecnologie ma visioni”*.

*L’illustrazione è ripresa, con concessa autorizzazione, da “VR” Future dell’illustratore Mantas Tumosa.

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Il primo elemento esperibile, fisicamente o digitalmente, ha portato alla necessaria riflessione sui canali di comunicazione attivi di MiP. Per questo, recuperando, gli elementi grafici già sviluppati in precedenza si è scelto di aggiornare alle più recenti modifiche il sito web, mantenendo una sola pagina in fase di test della campagna necessaria a spiegare i cambiamenti principali nell’offerta erogata e negli elementi del team.

L’analisi delle 15 aziende ha portato a decidere di veicolare un messaggio anche tramite l’uso di un Social Media. Nella fase di test quindi si è deciso di coinvolgere solo LinkedIn da utilizzare come piattaforma della campagna. Il social network è stato scelto per il focus che ha sullo sviluppo del lavoro e per le possibilità che offre nel reperire i contatti di figure professionali che ricoprono ruoli differenti nell’azienda.

Prima di procedere ad un investimento economico nella campagna, sono state contattate 5 delle aziende selezionate. Mentre altre 4 sono state interpellate grazie a contatti secondari.

Una verifica necessaria a capire se il linguaggio proposto sia in linea con il territorio e le realtà imprenditoriali.

home

Successivamente, si è deciso insieme a Make in Progress, di contattare un video maker freelancer per elaborare un video, ritenendolo lo strumento più immediato ed efficace per mostrare gli spazi e le loro potenzialità.

Fig. 89 Frame del video, realizzato da un videomaker Freelancer, visitabile su www.makeinprogress.it

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Fig. 90 Il sito Web, landing page per la campagna “Cresciamo insieme”.

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Fig. 91 Il sito Web, l’offerta alle aziende; per la campagna “Cresciamo insieme”.

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Fig. 92 Il sito Web, il team di lavoro e le competenze.

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Per cercare di progettare uno strumento fisico di accompagnamento al processo, ci si è chiesti quale fosse l’oggetto in grado di comunicare come le competenze di progetto possano conciliarsi con le tecnologie di fabbricazione digitale nel coinvolgimento dell’impresa.

L’idea è stata quella di disegnare un gift pack per l’azienda, composto da quattro tavole multimateriali A5 inerenti a: 1- DOVE - Il contesto di sviluppo di MiP, ossia ExFilanda 2- CHI - Make in Progress e gli spazi dove si sviluppa; 3- COME- Il Creative lab e le competenze che offre; 4- PERCHÉ - La condivisione di conoscenze, tavola all’interno della quale è stata inserita un drive USB contenente il Manifesto di Make in Progress per un approfondimento diretto sulla mission e gli obiettivi del progetto.

Per ogni tavola è stato scelto un materiale specifico che potesse veicolare un ulteriore contenuto.

Per la prima tavola, inerente al contesto, gli esperimenti inziali sono stati condotti sulla seta, proprio perché questa era il focus della Filanda. Il materiale però poco si adatta a contenuti fruibili e leggibili così si è optato per un materiale plastico, l’EVA, che richiamasse ad una sensazione tattile prossima a quella del tessuto mantenendo la leggibilità delle scritte.

Per la seconda tavola si è utilizzato un multistrato, il materiale standard su cui si sperimenta e si lavora nei Fab Lab. Per le altre due tavole si è scelto di utilizzare il plexiglass, in due colorazioni differenti, per la tipologia di finitura che presenta.

Il tutto viene presentato in un packaging in

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cartone bianco, stampato e tagliato laser sul fronte che permette di visualizzare contemporaneamente l’intreccio degli sviluppi creando un effetto di profondità.

All’interno si trova anche una drive USB con caricato il Manifesto di Make in Progress dove vengono spiegati i tre obiettivi fondamentali: costruire competenze, il giovani al centro e valorizzare il territorio.

L’obiettivo è quello di generare curiosità e un successivo contatto che permetta di incontrarsi, presentare il progetto nella sua interezza e sviluppare i termini di una collaborazione.

La “campagna” sul territorio ha di fatto portato a contattare tramite Linkedin e tramite contatti interpersonali quattro aziende. La scelta di un campione, così ridotto rispetto all’indagine compiuta sul territorio, è stata dettata dalla necessità di potersi trovare di fronte ad un ipotetico pool di collaborazioni gestibili.

Da queste operazioni è poi nata la collaborazione con l’azienda descritta nel capitolo 5.

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Fig. 93 Le illustrazioni delle 4 tavole.

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Fig. 94 I vari tentativi durante la fase di prototipazione con materiali differenti come la seta.

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Fig. 95 Tentativi di incisione necessari al settaggio della macchina.

Fig. 96 L’evoluzione e ottimizzazione della dima della scatola.

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Fig. 97 Tutte le tavole sovrapposte.

Fig. 98 La tavola n.2: Make in Progress.

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Fig. 99 La tavola n.3: “Il Creative Lab”.

Fig. 100 La tavola n.4: “Cresciamo insieme”.

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Fig. 101 Il gift pack con tutte le tavole al suo interno.

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Fig. 102 La scatola aperta del gift pack.

Fig. 103 Tutti gli elementi del gift pack.

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COSTRUIRE COMPETENZE

Promuoviamo un approccio equo ed inclusivo che aderisce ai principi dell’open source per stimolare uno sviluppo della conoscenza condiviso tra tutti i soggetti.

Offriamo dei percorsi di apprendimento multilivello per professionisti, aziende e cittadini cui viene proposta un’offerta di condivisione e sviluppo delle proprie competenze.

VALORIZZARE IL TERRITORIO

Il nostro obiettivo è diventare un punto di riferimento per il territorio grazie ad un modello di gestione innovativo di competenze eterogenee in grado di affrontare progetti dalle tematiche differenti.

Un polo produttivo e creativo fondato sulla sperimentazione manifatturiera e creativa legata alle possibili applicazioni delle tecnologie di fabbricazione digitale.

CORSI/LECTURES/ /WORKSHOP/HACKATHON makeinprogress.it

Offriamo un contesto dove capire come l’adozione delle tecnologie può aiutare la tua realtà ad innovarsi; trasformiamo idee e visioni in prodotti reali, dando un punto di vista esterno per l’analisi e lo sviluppo del tuo business.

UN CENTRO DI FORMAZIONE

MAKE IN PROGRESS

ciao@makeinprogress.it

Vogliamo valorizzare il capitale territoriale della Brianza crescendo insieme alle realtà aziendali e artigianali del territorio, per uno sviluppo congiunto che permetta un’evoluzione innovativa di processi e prodotti.

BRIANZA CREATIVE LAB INNOVAZIONE DIGITALE/R&D/ /CONSULENZA/EVENTI

I GIOVANI AL CENTRO

Vogliamo investire su un gruppo eterogeneo di giovani professionisti per creare un legame innovativo e sperimentale con l’imprenditorialità del territorio che ne permetta lo sviluppo.

Proponiamo un nuovo modello di co-workers, startuppers e team resident per sostenere la crescita professionale dei giovani costruendo un ambiente lavorativo fondato sulla condivisione delle conoscenze.

UN NUOVO MODELLO MAKERS/DESIGNERS/ COWORKERS/STARTUPPERS/

Copyright All right Reserved © 2019 | Make in Progress Srl - Sede operativa in “Ex Filanda” - Via Alessandro Manzoni 9/a - 2088 4 Sulbiate (Mb) Italia

Fig. 104 Il manifesto di Make in Progress inserito per l’Usb Drive del gift pack.

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102-185 4.4.3. La costruzione dell’offerta Il progetto nella sua totalità fa leva su fattori diversi. Dalla rivalutazione di un modello di servizi del Politecnico di Milano, si è passati a nuove modalità di professionalizzazione dei giovani creativi per infine giungere ad un’analisi approfondita del rapporto tra il mondo maker, la fabbricazione digitale e l’impresa.

Un vero e proprio Open Innovation Lab con l’obiettivo generale di arricchire i processi di sviluppo interni con conoscenze esterne per identificare le tendenze di mercato imminenti e migliorare il trasferimento di idee verso prodotti commerciabili.

Di pari passo a questa nuova conformazione si è evoluta l’offerta di servizi erogati. Dall’analisi approfondita del rapporto tra maker e azienda, e dal processo di coinvolgimento dei giovani creativi sono nati due filoni tematici principali: lo sviluppo del lavoro per i professionisti e il coinvolgimento dell’impresa.

Un modello di offerta rinnovato che fa affidamento principalmente sulle collaborazioni con i progettisti e con le aziende.

Per questo, nonostante si mantenga un‘apertura agli utenti esterni con la possibilità di corsi di formazione multilivello su tematiche differenti, la proposta consiste, in prima fase, nel mettere a disposizione dei giovani professionisti un ambiente lavorativo multidisciplinare dove sviluppare competenze differenti di progetto, offrendo loro:

Ex-Filanda, inoltre, diventa, un contesto dove capire come l’adozione delle tecnologie può aiutare le realtà aziendali ad innovarsi, capendo come partendo da un’idea e una visione sia possibile trasformarla in un prodotto reale e offrendo punti di vista esterni per l’analisi e lo sviluppo di un business.

Al centro dell’offerta: lo sviluppo del lavoro per i giovani professionisti e le relazioni con le PMI

1) Formazione Macchine; 2) Postazione di Lavoro; 3) Co-progettazione con il Creative Lab; 4) Accesso ad un network di aziende e artigiani.

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Un’offerta che quindi si delinea in termini pratici nella possibilità di percorsi e collaborazioni incentrate su: 1) Innovazione Digitale; 2) Ricerca e Sviluppo; 3) Consulenza; 4) Eventi.

Un’offerta finalizzata a creare un dialogo diverso con le imprese.

Team Resident

Co-worker

Startupper

Lab expert

Il focus è quello di un modello che abbia un meccanismo di ingaggio differente. Se la dinamica dello studio si sviluppa sulla base di un preventivo e un pagamento. Per MiP si può pensare di sviluppare un meccanismo a doppio rischio dove l’azienda paga l’attivazione della ricerca e della prototipazione con la finalità di dare vita ad un MVP (minimum valuable product).

MiP Community

Aziende

Agenzie sociali

Istituzioni

Artigiani

Territorio Network Fig. 105 Il rapporto tra la community e il network.

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Il nuovo asset progettuale fornisce a MiP gli elementi per aprire queste collaborazioni grazie alle garanzie aziendali che hanno sede in Filanda e le nuove competenze delle Start up e dei Team Resident.

L’offerta ha l’obiettivo primario di costruire partnership a lungo termine. Concettualmente il prezzo si abbassa se si offre la prospettiva di sviluppare più progetti insieme.

La differenza con lo studio è che l’output è pronto per il mercato e per questo ha un costo elevato.

Make in Progress scinde le fasi, concentrandosi in primo luogo alla ricerca sul MVP che con una validazione successiva può permettere all’azienda di andare sul mercato.

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Il nuovo asset progettuale fornisce a MiP gli elementi per aprire un dialogo con le PMI grazie alle nuove competenze delle Start up e dei Team Resident che hanno sede in Filanda

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User 11-16 anni

Campus corsi summercamp

Genitori 45-55 anni

PTCO progetti formazione

User 17-18 anni

Eventi workshop hackathon company day

User >20 anni

Creative Lab Co-working Fab Lab postazioni macchinari competenze

User >25 anni

MiP

Community

Network

Ex-Filanda

Team Resident Co-Worker

facebook instagram you tube tik tok

diary social media startegy

exfilanda.it

makeinprogress.it

vlog

Comunicazione

Marketing Web

Fig. 106 Il sistema Make in Progress e la sua nuova prospettiva dopo la strategia.

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Ricerca e Sviluppo Consulenza Innovazione digitale Prototipazione rapida

Progettazione

Lavorazioni a richiesta Competenze delle Start-up interne

Meeting e conferenze aziendali Eventi

Alta-Formazione

Workshop, Hackathon POLI Design

relazione con il network

Dialogo con le istituzioni

blog

Newsletter

social media

LinkedIn

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4.4.5. Piano strategico L’applicazione dell’offerta costruita ha previsto una serie di operazioni fondamentali per il setting del laboratorio e della gestione delle collaborazioni interne. L’inizio del dialogo con l’impresa ha spinto ad accelerare le tempistiche per rendere completamente attiva la struttura. Il primo elemento essenziale è stata la riattivazione completa del laboratorio.

Un’operazione che ha portato alla manutenzione e al testing delle macchine principali presenti nel Lab. Un’occasione che ha permesso di recuperare i dati relativi al setting delle macchine per la documentazione e di portare avanti un primo processo di formazione sulle macchine per l’autore: primo referente legato al Team Resident.

Dalla programmazione interna si è poi passati alla definizione di un piano strategico di riferimento per la gestione degli obiettivi sul breve e il lungo periodo. Un piano che permetta di rendere attuabile la costruzione dell’offerta precedente spostando gradualmente il core business dell’attività verso la cooperazione con le imprese.

Considerando il co-working, la formazione e il progetto come i tre macro insiemi di riferimento per la generazione di entrate si è definita una gerarchia ben precisa. Ad oggi rispetto allo stato del progetto di Aprile 2019, Make in Progress è diventato responsabile del progetto Ex-Filanda riuscendo a costruire il terreno fertile per uno sviluppo coerente con la mission.

Prendendo in considerazione l’attività del 2019: le principali entrate sono state ottenute dai corsi di formazione nelle scuole primarie e secondarie legati alla robotica e all’alternanza scuola lavoro.

Il service ha visto rare collaborazioni sviluppatesi sia per privati che per aziende con un modello di gestione interno simile nella struttura a

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La gestione degli obiettivi di breve, media e lunga durata permette di stabilire la gerarchia dell’operazioni necessarie al raggiungimento della sostenibilità economica

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quello degli studi di progettazione. Ne è un esempio l’operazione condotta con l’azienda Meta Energia relativa alla produzione di un case per una stazione di ricarica elettrica. Brief sviluppatosi sulla progettazione, visualizzazione e ingegnerizzazione per la stampa 3D del prodotto successivamente prototipato all’interno del laboratorio.

In relazione a quelle che sono state le attività principali del 2019 è necessario pianificare, sulla base delle considerazioni del contributo di tesi, i prossimi graduali passaggi per poter arrivare alla costruzione di un rapporto con l’impresa.

Gli obiettivi nel breve periodo per MiP prevedono: di ottenere un’inziale stabilità economica dalla saturazione degli spazi. Spazi, che con l’introduzione di Materea e Canapesi (Rain), si riducono principalmente ad un’altra sala compresa tra le due start up.

Le sale della palazzina nella zona dedicata al lavoro in questo possono avere duplice utilizzo in base alla richiesta. Potrebbero divenire nel breve periodo spazi in affitto per due realtà diverse o delle sale meeting e formazione affittabili a giornata dalle varie attività già presenti nello spazio di Ex-Filanda.

gestione dei costi e delle tempistiche. Un’offerta che si costruisce sulla base dell’analisi territoriale precedentemente svolta.

Nel medio periodo gli obiettivi diventano: animare gli spazi grazie alla compresenza di attività inerenti allo sviluppo della strategia; sviluppare per la formazione corsi di secondo livello grazie all’esperienza maturata e alle nuove competenze portate all’interno della struttura e infine organizzare un sistema progettuale comprendente le competenze del Team Resident e le collaborazioni tra le varie Start Up presenti.

Sul lungo periodo l’obiettivo diventa invece quello di aumentare la selezione delle figure professionali interne in base alla partecipazione e collaborazione sviluppata con MiP. La formazione oltre a mantenere corsi di primo e secondo livello si amplia verso eventi come workshop sperimentali e hackathon e prevede inoltre la creazione di un rapporto con POLI.DESIGN di Politecnico di Milano per l’erogazione dell’alta formazione.

Nel lungo periodo l’obiettivo diviene quello di consolidare un network di partner pubblici e privati in grado di dare visibilità e di generare le dovute entrate.

Per la formazione, il primo obiettivo è quello di strutturare un programma di corsi di primo Livello sulle tecnologie di fabbricazione digitale per bambini, ragazzi e freelancer. Questa operazione rientra nel potenziamento della community sul territorio, che potenzialmente apre nuovamente al tema delle membership, possibile ulteriore entrata.

Per l’offerta inerente alle aziende, l’obiettivo diventa quello di costruire una serie di pacchetti per la strutturazione di un preventivo in base alla

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Fig. 107 Fase 1: Manutenzione macchine per la riattivazione del laboratorio.

Fig. 108 Fase 2: Formazione sulla gestione delle macchine.

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Fig. 109 Fase 3: Testing effettivo del funzionamento delle macchine.

Fig. 110 Recupero e documentazione dei settaggi macchina.

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Aprile 2019

Co-Working

Postazione Sfitte

Corsi di 1° Lvl: Alternanza scuola lavoro Corsi di robotica Summer camp

Service parzialmente attivo

Service: Adattamento file e prototipazione per privati o progettazione per aziende (brief + visualizzazione + modellazione etc.)

Fig. 111 Lo sviluppo degli obiettivi per rendere sostenibile il progetto.

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Gestione della struttura: MiP recupera la mission e si prende carico della gestione del progetto

Corsi assenti

Formazione

Progetto

Oggi

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Breve periodo

Medio periodo

Lungo periodo

Saturazione degli spazi: 3 macro aree attive + postazioni di co-working

Animazione: con la presenza dei soggetti necessari allo sviluppo delle attività

Apertura selettiva: Rinnovo delle postazioni in base al livello di contaminazione ottenuta e a partecipazioni proficue

Corsi di 1°Lvl strutturati: Intro alle macchine - Laser - Fresa - 3D per bambini, ragazzi, freelancer

Corsi di 2° LvL.: 3D printing for...

Laser cutter for...

Milling machine for...

Workshop sperimentali Materiali, Dati, Fashion, etc

Progetto: Costruire un albero di offerta a seconda delle esigenze.

Pacchetti di strutturazione del lavoro e di gestione di costi e tempi

Sistema progettuale Formazione dei Team Resident + collab con Start Up e Co worker per proposte di progetto/ risposta a bandiconcorsi

Sponsor Istituzionali Partnership aziendali durature Bandi Europei

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4.4.6. Modello di gestione Sulla base del piano strategico di riferimento si sviluppa un business model che agisce appunto sugli obiettivi precedentemente descritti.

Le prime e stabili entrate derivano dalla saturazione degli spazi.

All’interno del contesto di Ex-Filanda la gestione è determinata da due tipologie di contratti: quelle per fruitori e quelle per i soci dell’Associazione Temporanea di Scopo Ex-Filanda. Make in Progress come responsabile del progetto gestisce la struttura e si assume la copertura in toto dei costi di gestione, comprendenti le utenze e le spese di assicurazione.

Dal Teatro delle Ali, socio dell’ATS, su base annuale ottiene un compenso che copre un totale di 146 giornate di lavoro.

L’area occupata dal Teatro nelle restanti giornate resta disponibile per essere affittata a giornata.

Il Consorzio Comunità Brianza contribuisce in egual maniera con un accordo commerciale che prevede un impegno a sostenere le attività formative. Attività che devono però trovare ulteriori fondi dai bandi di riferimento per poter sostenere i costi aggiuntivi di gestione dei corsi e dei suoi referenti.

I fruitori, Materea e Canapesi, hanno contratti di servizio rispetto all’usufrutto dello spazio sempre su base annuale.

Il totale al momento ottenuto da queste entrate già prefissate riesce esclusivamente a coprire i costi di gestione della struttura annuali.

In quest’ottica l’inserimento di un’ulteriore realtà con lo stesso contratto di servizio delle due Start Up di pari passo all’affitto della sala office, sono i primi obiettivi da raggiungere per dare respiro al bilancio.

Sono però le attività di formazione, già intraprese durante quest’anno, grazie alla collaborazione con la cooperativa sociale Prisma, ha poter fornire i primi passaggi significativi verso la completa

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sufficienza economica. La saturazione su base annuale di tutti gli spazi insieme ad uno slot di corsi di formazione permette di coprire infatti i costi della struttura e lo stipendio annuale di un dipendente legato a Make in Progress.

In questo panorama ampliare il tema della formazione, grazie allo sviluppo dei corsi di primo livello citati nel paragrafo precedente, raccogliendo ulteriori fondi, da bandi come quelli promossi da Prisma, permette di ipotizzare l’inserimento di un’altra figura professionale part time a bilancio. Figura che, nel caso della riflessione del contributo di tesi, sarebbe, nello specifico, occupata a gestire le possibili collaborazioni con le aziende e a gestire il recruitement dei giovani professionisti per formare il Team Resident.

Questa figura, oltre alla gestione dei Team Resident, inizialmente, avrebbe il ruolo di portare avanti la fase di analisi e di ricerca che abilita il dialogo con l’impresa. Il compito principale in quest’ottica è rivolto alla formulazione e visualizzazione di una proposta per una o più aziende per creare una collaborazione tra i due soggetti.

La tipologia di progetto portato avanti varierà inizialmente in base alle esigenze dell’azienda e alle competenze di MiP. Da questo programma restano fuori le spese di comunicazione che su base annuale, per un affiancamento full-time, comporterebbero un investimento notevole. Per questo è d’interesse nella formazione dei Team Resident il coinvolgimento di giovani professionisti che riescano a ricoprire più ruoli nella collaborazione con Make in Progress. Un investimento che in quel caso potrebbe essere gestito grazie alla riduzione dei costi di affitto e di utilizzo macchine.

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Saturare gli spazi con figure inerenti allo sviluppo di progetto e amplificare l’impatto della formazione sul bilancio per poter ricavare utili da investire nella costruzione del Team Resident abilitando di fatto il dialogo con l’impresa

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Il dimostratore

5. Il dimostratore 5.1. Premessa L’analisi delle aziende sul territorio insieme alla campagna portata avanti nel paragrafo 4.4.3. ha individuato un pool di imprese d’interesse da poter contattare. Si è quindi proceduto utilizzando le potenzialità di LinkedIn e del passaparola per entrare in contatto con sei aziende di riferimento: S.I.L.F.A S.R.L, Caimi Brevetti, Giovanardi S.P.A., Millefiori S.R.L., Giganplast e Gatto Group. Da queste operazioni è nata la possibilità di aprire un dialogo con Caimi Brevetti: azienda brianzola design oriented.

La collaborazione si è strutturata sulla base di un incontro esplorativo per presentare le potenzialità del laboratorio creativo Make in Progress e contestualizzare una prima area di progetto.

Successivamente ha avuto luogo un secondo incontro all’interno del quale sono stati presentati differenti concept di prodotto.

Una volta ottenuti dei feedback positivi su uno dei concept presentati si è proceduto con lo sviluppo di ulteriori due varianti che hanno successivamente portato al progetto finale.

La finalità dell’intera operazione è stata quella di dimostrare le potenzialità della collaborazione tra un creative lab e un’ azienda del territorio.

Un progetto dimostratore che concretizza come le competenze progettuali del designer insieme alle tecnologie di fabbricazione digitale siano realmente in grado di offrire alle aziende nuove opportunità di sviluppo.

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Un dimostratore che testimonia come le competenze del designer insieme alle tecnologie digitali siano realmente in grado di offrire alle aziende nuove opportunità di sviluppo

186-261 5.1.1. Il contatto con l’azienda La collaborazione con Caimi Brevetti si colloca all’interno di un modello di approccio all’impresa.

L’analisi territoriale precedentemente svolta ha offerto il terreno da cui sviluppare proposte diversificate per le imprese.

Le aziende cui rivolgersi sono categorizzabili inizialmente in due macro tipologie: design oriented e non design oriented suddivisibili a loro volta per l’approccio alle opportunità del digitale e allo stato di salute.

Le aziende design oriented, già familiari al progetto, saranno teoricamente più interessate ad una collaborazione per i riscontri che questa avrà sulla comunicazione, per le possibilità che si prospettano co-progettando workshop e hackathon e infine per l’opportunità di lavorare con gruppi di lavoro multidisciplinari generati dal nuovo modello di coinvolgimento dei professionisti di MiP.

Questo insieme di valutazioni preliminari serve a contestualizzare al meglio le possibili collaborazioni. I servizi di ricerca e sviluppo e di progettazione variano inoltre nella struttura in base al target e alla dimensione dell’azienda.

Nel caso delle aziende non design oriented, come ad esempio S.I.L.F.A S.R.L. di Sulbiate, l’interesse principale si sposterà verso l’innovazione di prodotti e processi contestualizzabili attraverso un utilizzo mirato della tecnologia. L’output della presentazione verterà quindi fin da subito su una proposta di progetto.

Nel caso della aziende design oriented sul territorio, si prenda a riferimento un’azienda di medie dimensioni, come Giovanardi S.P.A di Concorezzo.

Risulta successivamente fondamentale, nella stesura di una metodologia di approccio alle aziende, documentare l’intera operazione attraverso dei survey pre e post collaborazione.

In questo caso una volta ottenuta la possibilità di presentare il progetto, tramite l’invio del gift pack, una campagna mirata sui social media o un contatto personale, il veicolo principale tramite il quale costruire la collaborazione è una presentazione.

Il primo si concentrerà in una prima parte per MiP sulle modalità con cui si è arrivati al contatto con l’impresa e con gli elementi principali di analisi dell’azienda riassunti per caratteristiche principali.

Questa riassume una fase di ricerca interna mirata ad individuare un tema di progetto o uno stimolo che aiuti gli imprenditori a contestualizzare una possibile partnership di progetto. Questo elemento è frutto dell’analisi dell’elaborato di tesi che evidenzia la necessità di visualizzare, in una proposta concreta, l’ipotetica collaborazione con cui le competenze di MiP si conciliano con l’azienda aprendo nuove possibilità e mercati.

Il secondo, invece, avrà una struttura in due parti. La prima di queste utilizzabile anche con le aziende che decideranno di non portare avanti un progetto, così da poter raccogliere le informazioni necessarie a modificare e tarare nuovamente la proposta. La seconda parte, da far compilare alle aziende che hanno portato avanti un progetto con MiP, prevederà la raccolta di feedback legati all’esperienza.

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Progetti

Aziende

1°proposta a carico di MiP

Interessati ad una collaborazione

Eventi

Sponsorizzazione Non interessati a collaborare

Fig. 112 I possibili scenari della collaborazione con l’azienda.

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Si fornisce un Survey per capire quali elementi hanno causato il rifiuto

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MVP per prodotto da poi convertire alla produzione industriale Esplorazione delle possibilità perchè interessati alle potenzialità DFab

Service diretto

Ricerca e sviluppo

Reverse Engineering Serie limitate o uniche Innovazione di processi o prodotti

Consulenza

Prototipazione rapida Lavorazioni su richiesta

Innovazione digitale

Workshop per il contenuto del progetto MiP

per la struttura di Ex-Filanda Visibilità sul territorio

Hackathon Lectures

Eventi

Formazione dipendenti Meeting e conferenze

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5.1.2 MiP e l’azienda Nel proporre un modello di riferimento per gestire le collaborazioni tra MiP e l’impresa è necessario cercare prima di chiarire al meglio la natura dei rapporti che si instaurano internamente.

lavoro all’interno del Creative Lab; l’accesso ad un network di aziende per il progetto e un ambiente multidisciplinare dove poter usufruire delle macchine di fabbricazione digitale.

I referenti per il dialogo con le aziende sono di fatto due soggetti interni: i Co-worker (delle StartUp) e i Team Resident che possono risultare come collaboratori senior e collaboratori junior.

Ai Team Resident viene quindi offerta la formazione sulle macchine, la postazione e il network.

La prima e la seconda parte dell’offerta non hanno un effettivo costo per i freelancer.

L’accesso al network può essere invece gestito tramite il pagamento di una membership mensile di Team Resident che copre il costo di affitto della postazione e i servizi interni o tramite la detrazione di una percentuale del profitto ottenuto da una rapporto lavorativo con l’azienda che ha avuto inizio ed è stato gestito da MiP.

I Co-worker, all’interno di Ex-Filanda, hanno un contratto come fruitori dello spazio.

Le ragioni principali che li hanno spinti ad entrare a far parte della community interna sono: l’interesse verso uno spazio multidisciplinare; le macchine di fabbricazione digitale; lo sviluppo del progetto di gestione; affitti ridotti e una location suggestiva.

Make in Progress nella gestione della saturazione degli spazi ha inoltre dato precedenza alle realtà più affini al sostegno e lo sviluppo delle proprie attività, selezionando figure chiave per il supporto al progetto.

I Team Resident invece sono giovani professionisti freelancer. Hanno aperto la Partita Iva, stanno cercando di ampliare il proprio network di aziende e hanno bisogno di comunicarsi all’esterno come parte di un progetto più strutturato. Hanno interesse a sviluppare i loro progetti come liberi professionisti, sono interessati al modello di gestione di MiP, all’accesso facilitato alle macchine di fabbricazione digitale ma soprattutto all’opportunità di crescere professionalmente vicino a professionisti che hanno deciso di sviluppare la propria imprenditorialità.

MiP coglie questa opportunità per creare un’offerta specificatamente targetizzata su queste esigenze, offrendo una postazione di

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In questo caso l’oscillazione tra le due possibilità dipende direttamente dall’effettiva attività del network, infatti qualora non vi fossero le opportunità di progetto interne (elaborazione corsi e gestione della community) e esterne (collaborazione con l’azienda), MiP per rientrare dei costi dovrebbe chiedere una “fee” mensile per l’usufrutto dei suoi spazi dove comunque il Team Resident è in grado di lavorare con i suoi contatti.

Nella previsione invece dello scenario immaginato, sulla base del calcolo dei costi fittizi, MiP sarebbe in grado di ottenere con 12 progetti l’anno un totale di circa 16’000 euro.

Una previsione che ovviamente aumenta con l’aumentare dei Team Resident e dei progetti sviluppati insieme alle Start-Up interne.

Si configura in quest’ottica ancora meglio il rapporto di MiP con il network e con la commnity interna.

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Per Team Resident e Co-Worker Make in Progress è un facilitatore, un’ente in grado di gestire il rapporto con il cliente e di portare lavoro alle figure professionali presenti.

Per le aziende invece MiP fornisce servizi disparati che poi suddivide all’interno della sua community generando gruppi di lavoro multidisciplinari.

Per i Team Resident e i Co-Worker MiP è un facilitatore, un’ente che gestisce il rapporto tra cliente e community; per le aziende, invece, MiP si configura come un erogatore di servizi; servizi che poi distribuisce tra i team di lavoro interni

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Gestione del contatto

MiP

15 % del Collaboratore Junior 10 % del Collaboratore Senior

+ 15 % del Totale costi fissi/ variabili

MiP offre il contatto al Freelancer dal suo network di aziende

Ricarico sul preventivo per i costi variabili e di gestione

3d printing

Macchine

Materiali

CNC 4 Assi

15-20 €/h

15-20 €/h

Costo variabile in base alla preparazione del file

Costo variabile in base alla preparazione del file

Variabile €/h

Variabile €/h

Fig. 113 a Calcolo dei costi e della distribuzione ipotetica di una collaborazione simulata.

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Amministrativo

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Gestione postazione

Gestione Marketing

5 % del Totale Collaboratore

60 €/h

Una percentuale del lavoro dei Freelancer viene devoluta a MiP per la postazione

Gestione del coordinamento delle consulenze interdisciplinari, di marketing

CNC 5 Assi

Laser Cutter

Altre lavorazioni

20-25 €/h

30-40 €/h

Variabile €/h

Costo variabile in base alla preparazione del file

Costo variabile in base alla preparazione del file

Costo variabile in base alla preparazione del file

Variabile €/h

Variabile €/h

Variabile €/h

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Ricerca Preliminare

Collaboratore Junior Team Resident

Sviluppo di massima

15 €/h

20 €/h

Documentazione e studi del mercato, verifica e analisi del materiale del committente, sopralluoghi, ricerca di base, elaborazione delle caratteristiche generali del progetto

Sviluppo del progetto di massima, rappresentazione del progetto nei suoi contenuti significativi generali sufficienti alla sua comprensione Grado di Sviluppo Breve / Media / Lunga 25 h / 35 h / 50 h

Breve / Media / Lunga 25 h / 35 h / 50 h

Prototipazione

Immagine coordinata

15 €/h

+10/+30% del Totale

Assistenza all’ingegnerizzazione, alla realizzazione di prototipi

Assistenza alla creazione dell’immagine coordinata intorno al progetto.

Rapida / Integrata 10 h / 20 h

Fig. 113 b Calcolo dei costi e della distribuzione ipotetica di una collaborazione simulata.

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Grado di Sviluppo Breve / Media / Lunga 25 h / 35 h / 50 h

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Verifica fattibilità

Sviluppo definitivo

15 €/h

25 €/h

Verifica strategica e di fattibilità del progetto di massima, ricezione di richieste per modifiche e/o integrazioni.

Sviluppo del progetto definitivo.

Testing Strategico Breve / Media / Lunga 25 h / 35 h / 50 h

Rielaborazione

Grado di Sviluppo Breve / Media / Lunga 25 h / 35 h / 50 h

Materiale promozione

+5-10% del Totale

+5-10% del Totale

Rielaborazione significativa di una fase del progetto successiva alla sua approvazione.

Rielaborazione delle rappresentazioni del progetto per motivi promozionali

Grado di Sviluppo Breve / Media / Lunga 25 h / 35 h / 50 h

Grado di Sviluppo Breve / Media / Lunga 25 h / 35 h / 50 h

p. 197

Sviluppo di massima 30 €/h Sviluppo del progetto di massima, rappresentazione del progetto nei suoi contenuti significativi generali sufficienti alla sua comprensione Grado di Sviluppo Breve / Media / Lunga 25 h / 35 h / 50 h

Breve / Media / Lunga 25 h / 35 h / 50 h

Prototipazione

Collaboratore Senior Team Resident o Co-worker

Art Direction

35 €/h

+30/+60% del Totale

Ingegnerizzazione, settaggio macchina per l’ottimizzazione della produzione del definitivo

*Art direction, gestione dell’immagine intorno al prodotto

Rapida / Integrata 10 h / 20 h

Fig. 113 c Calcolo dei costi e della distribuzione ipotetica di una collaborazione simulata.

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Grado di Sviluppo Breve / Media / Lunga 25 h / 35 h / 50 h

186-261

Verifica fattibilità

Sviluppo definitivo

25 €/h

35 €/h

Verifica strategica e di fattibilità del progetto di massima, ricezione di richieste per modifiche e/o integrazioni.

Sviluppo del progetto definitivo

Testing Strategico Breve / Media / Lunga 25 h / 35 h / 50 h

Rielaborazione

Grado di Sviluppo Breve / Media / Lunga 25 h / 35 h / 50 h

Materiale promozione

+10-20% del Totale

+10-15% del Totale

Rielaborazione significativa di una fase del progetto successiva alla sua approvazione

Rielaborazione delle rappresentazioni del progetto per motivi promozionali

Grado di Sviluppo Breve / Media / Lunga 25 h / 35 h / 50 h

Grado di Sviluppo Breve / Media / Lunga 25 h / 35 h / 50 h

p. 199

Team

Collaboratore Junior *+ desk

+

Collaboratore Senior

MiP

+

Amministrativa

Ricerca Preliminare Media 35h x 15€

+15% al preventivo

Sviluppo di Massima

Stampa 3d

Media 35h x 20€

Rapida 10h x 15€

Verifica di Fattibilità Breve 25h x 25€

Sviluppo definitivo Breve 25h x 25€

Materiale promozione + 10% al preventivo

tot Servizio € - 170 h

Prototipazione Breve 25h x 25€

Collaboratore Junior 40% tot. - 120h Collaboratore Senior 30% tot. - 50h MiP 30% tot. - non calcolabili

Fig. 113 d Calcolo dei costi e della distribuzione ipotetica di una collaborazione simulata.

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186-261

Team

Collaboratore Junior *+ desk

Ricerca Preliminare

+

Collaboratore Senior

Sviluppo di Massima

Media 35h x 15€

MiP

+

Amministrativa

Media 35h x 20€

Verifica di Fattibilità

+15% al preventivo

Stampa 3d

Breve 25h x 25€

Sviluppo definitivo

Rapida 10h x 15€

CNC 4 assi

Breve 25h x 25€

Rapida 20h x 20€

Prototipazione Breve 25h x 25€

Art Direction + 30% al preventivo

tot Servizio € - 170 h

Collaboratore Junior 6% tot. - 35h Collaboratore Senior 28% tot. - 135h MiP 66% tot. - non calcolabili

p. 201

5.2. L’azienda Caimi Brevetti è un’azienda italiana di medie dimensioni design-oriented di riferimento in Italia e in Europa nel settore dell’arredamento e dei complementi d’arredo per l’ufficio ed il contract.

L’azienda fin dalla sua nascita vede nel brevetto una risorsa cruciale. Ancora oggi la sua filosofia aziendale è costruita sulla ricerca e sviluppo, connotato che la porta a incoraggiare una collaborazione continua con le Università e gli istituti di ricerca.

Fondata da Renato e Mario Caimi nel 1949 con il nome Caimi Pentalux inizialmente si occupa prevalentemente di accessori per la cucina.

Alla fine degli anni Sessanta di fronte alla saturazione del mercato dei casalinghi la produzione si sposta verso un settore di nicchia, gli articoli per fumatori. Nascone progetti iconici, come Dondolino, il posacenere “sempre in piedi” che aprono all’azienda il mercato degli accessori per ufficio.

Alla fine degli anni Settanta il settore degli articoli per fumatori vive una profonda crisi dettata dalle campagne contro gli effetti del fumo. L’azienda si concentra quindi sull’evoluzione dell’ambiente ufficio facendo tesoro dell’esperienza legata agli accessori domestici e agli articoli per fumatori.

Negli anni Novanta la cultura di prodotto si evolve in una di sistema con una serie di componenti per gli spazi collettivi (areoporti , stazioni e biblioteche).

Ad oggi la maggiore sperimentazione avviene nel campo dell’acustica con un pannello fonoassorbente brevettato. Un passaggio che ha dato vita al Caimi Acoustic Lab ed al rinnovamento della sede principale.

p. 202

Caimi Brevetti dal 1949, ha fatto di ricerca, sperimentazione e innovazione i capisaldi della sua mission, sviluppando una vasta esperienza tecnica, grazie a centinaia di prodotti brevettati.

Una realtà aziendale con una forte attenzione alla sostenibilità ambientale e all’innovazione di processi e prodotti che le permette da circa 70 anni di reagire con successo alle oscillazioni del mercato.

Il grande bagaglio di conoscenze ed esperienze si traduce in una realtà di succsso grazie ad una sofisticata integrazione fra progettazione, struttura produttica e logistica che permette all’azienda di avere grande riscontro anche all’estero esportando così prodotti per il 40% del proprio fatturato.

Il catalogo di circa 3000 articoli, con oltre 35000 componenti comprende: sistemi e complementi di arredo, sedute e tavoli, sedute contract, segnaletica e comunicazione, divisori, illuminazione, arredamento per biblioteche e infine tessuti e pannelli acustici.

I competitor variano a seconda del segmento di mercato di riferimento per Caimi Brevetti.

Nello specifico della partizione degli uffici con il nuovo brevetto Snowsound il brand si confronta con: Ecophon, Caruso, Kanuf amf e Buzzi Space.

Nel contract invece i maggiori competitors sono: Knoll office, Fantoni group, Rolf Benz, Flexform e Tacchini.

186-261

DATI Nome: Caimi Brevetti.

Indirizzo: Via Brodolini 25; Nova Milanese.

Fatturato: 13.215.497 €, 2018.

Settore: Arredamento.

Swot analisi:

Output: Prodotto A // arredo vario/pannelli fono assorbenti.

Punteggio Tag: 6/8.

Partner: azienda storicamente design oriented, collaborazione con diversi progettisti.

Attinenza per competenze

Output C/MG/S

Comunicazione

Output A/B

Rapporto a lungo termine

(5;5)

(3;5)

CANALI DI COMUNICAZIONE Sito web: https://www.caimi.com/it/index/ Facebook: https://www.facebook.com/caimibrevetti/ LinkedIn: https://www.linkedin.com/company/ caimi-brevetti-s.p.a./ Instagram: https://www.instagram.com/ caimibrevetti/?hl=en Mail: vendite.italia@caimi.com export.dept@caimi.com

Tel: 0362 49101 Profili LinkedIn collegati (tot. 13): Chiara Albano - Tecnico Acustico; Nicoletta Corvatta - Sales Agent; Ferruccio Nicolò - Executive Sales; Stefano Bellesso - Funzionario Commerciale; Silvia Sottocorno - Export Sales; Andrea Ettore Buscaglia - Export S. Manger.

tag

6/8

Fig. 114 Scheda di Analisi di Caimi Brevetti successiva alla valutazione rispetto ai Tag.

p. 203

5.2.1. Sinergie tra due mondi Caimi Brevetti figura tra le aziende risultate positive dall’analisi territoriale per Tag. Inoltre nella gestione del contatto si è avuto la possibilità di entrare in contatto con il reparto Marketing prima e l’Ufficio tecnico poi, grazie a canali diretti.

L’opportunità per lo sviluppo del progetto nasce però dall’osservazione compiuta durante i mesi dedicati alla redazione della strategia per Make in Progress.

Nello specifico si fa riferimento all’esperienza di sei mesi all’interno del FabLab di Politecnico di Milano: Polifactory; all’esperienza di circa 2 mesi totali all’interno di Opendot; all’osservazione e analisi degli spazi di The FabLab e all’esperienza di circa 12 mesi portata avanti nel laboratorio di Make in Progress.

Il tema del “rumore” e della gestione dell’acustica all’interno degli spazi del saper fare è assolutamente cruciale. Questi nuovi luoghi del lavoro vivono infatti quotidianamente la compresenza di macchine e lavoratori. Questo contribuisce a creare un ambiente acusticamente non confortevole. Nonostante infatti le macchine per le tecnologie sottrattive (Fresa e Laser) siano solitamente isolate dal resto degli spazi, stampanti 3D, attività laboratoriali e di elettronica vengono generalmente posizionate in open space dalle dimensioni variabili.

In generale l’apertura delle piante dei luoghi di lavoro moderni divide la ricerca sulla effettiva capacità di migliorare la produttività lavorativa.

Da un lato presentano numerosi aspetti favorevoli: come la possibilità di gestire il layout dell’ambiente a seconda delle esigenze; favorire la contaminazione delle idee e il dialogo interprofessionale; ridurre i costi di affitto per gli utenti e aumentare i profitti per le aziende.

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Un dimostratore che testimonia come le competenze del designer insieme alle tecnologie digitali siano realmente in grado di offrire alle aziende nuove opportunità di sviluppo

186-261

Dall’altra parte nella loro generale conformazione, questi non offrono la necessaria privacy uditiva e visiva e sottopongono il lavoratore a così tanti stimoli da ridurne la capacità produttiva (Schwab, 2019) .

Fab Lab e makerspace, in linea con lo sviluppo degli uffici degli ultimi decenni, sono strutture principalmente a pianta aperta che sommano alle problematiche degli uffici a flusso di lavoro individuale e collaborativo le attività interne di formazione, workshop e co-progettazione.

Attività che spesso coinvolgono gli strumenti di prototipazione rapida generando ulteriori disturbi.

L’incipit con cui è stata portata la prima proposta collaborativa per Caimi Brevetti si fondava quindi sullo sfruttamento del pannello Snowsound per la gestione delle problematiche esposte all’interno dei luoghi del saper fare.

Il pannello, infatti suggerisce, per dimensionamenti e applicazioni a catalogo, la possibilità di migliorare la vivibilità degli ambienti di lavoro incidendo sulla privacy visiva, l’organizzazione della postazione e il benessere acustico.

p. 205

5.2.2. Snowsound Uno dei punti di forza principali dell’azienda si basa sul brevetto della tecnologia Snowsound per la gestione dell’acustica.

Il suono all’interno degli ambienti di lavoro ha, infatti, un ruolo cruciale. Ambienti non adeguatamente progettati acusticamente riducono l’effettiva produttività di chi ci lavora.

Questo avviene quando negli ambienti sono presenti superfici rigide con limitato potere assorbente, quali per esempio il cemento, il marmo o il vetro. Su questi materiali le onde sonore tendono ad essere riflesse maggiormente generando echi e riverberi che non consentono di ascoltare e dialogare in maniera confortevole.

Le caratteristiche dei prodotti fonoassorbenti tradizionali tendono a manifestare la capacità di assorbire meno le basse frequenze (sotto i 500 Hz), progressivamente di più le medie frequenze (tra i 500 e i 2000 Hz) ed in misura maggiore le alte (sopra i 2000 Hz).

La riflessione sul tema e la sua importanza ha dato vita, internamente all’azienda, al Caimi acoustic Lab: un laboratorio dotato delle più sofisticate attrezzature e strumenti di misura che permettono a Caimi Brevetti di esplorare gli aspetti meno studiati dell’acustica e di sviluppare nuove tecnologie e materiali. È attualmente in fase di realizzazione l’ampliamento dei laboratori che comprenderanno anche una nuova camera riverberante di 210 m3 e una camera semi-anecoica dotata di oltre 1300 cunei fonoassorbenti.

La tecnologia Snowsound ha generato un catalogo parallelo legato specificatamente alla correzione acustica. Catalogo che conta il contributo delle grandi firme del design italiano e internazionale che hanno dato una loro interpretazione progettuale al brevetto.

L’intuizione alla base della tecnologia brevettata Snowsound è l’utilizzo di pannelli in poliestere a densità variabile da alta a bassa dall’esterno verso l’interno del pannello, che permette di ottenere un assorbimento selettivo alle diverse frequenze e quindi di ottimizzare l’acustica dell’ambiente nonostante lo spessore molto contenuto dei pannelli.

L’assenza di cornici e cuciture e la peculiarità del materiale con cui sono realizzati i pannelli, li rendono estremamente leggeri, poco ingombranti e adattabili ad ogni ambiente.

I pannelli sono realizzati interamente in poliestere, quindi monomaterici e riciclabili al 100% senza necessità di dover separare il tessuto esterno

Fig. 115 La composizione interna in poliestere a densità variabile del pannello - Caimi Brevetti.

Fig. 116 Snowsound nella versione a sospensione - Caimi Brevetti.

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186-261

dal materiale fonoassorbente interno. Anche tutta la componentistica in plastica o in metallo è monomaterica è disassemblabile e riciclabile al 100%. Il materiale fonoassorbente interno dei pannelli è prodotto con materiale riciclato fino al 30%.

Al brevetto è stato inoltre aggiunto un software di calcolo acustico che offre la possibilità di poter ascoltare il suono di una stanza prima e dopo il trattamento con prodotti Snowsound.

Il software è inoltre grado di simulare l’impronta acustica della stanza tenendo conto delle performance dei materiali alle diverse frequenze e di ricreare l’effetto del riverbero tra i 63 e gli 8000 Hz. Questo inoltre, dopo le consuete operazioni di inserimento dati, oltre a mostrare le curve pre e post trattamento genera anche file acustici che simulano l’ambiente prima e dopo l’inserimento dei prodotti Snowsound.

Nella documentazione relativa al brevetto, i grafici di riferimento mostrano che i pannelli con tecnologia Snowsound nonostante lo spessore ridotto assorbono relativamente bene le basse frequenze (sotto i 500 Hz), quelle che caratterizzano i suoni cupi normalmente più difficili da smorzare; assorbono molto bene le medie frequenze (tra i 500 e i 2000 Hz), quelle tipiche della voce umana ed in genere di tutti gli ambienti lavorativi; tendono a riflettere, assorbendo gradualmente meno le alte frequenze (sopra i 2000 Hz), quelle che per loro natura vengono già in gran parte assorbite dalle pareti, dagli elementi d’arredo e dalla presenza stessa delle persone.

Fig. 117 L’indice di frequenze assorbite dalla tecnologia Snowsound - Caimi brevetti.

p. 207

10%

5.2.3. Analisi tipologica

14,5% 30,5%

Il passaggio successivo ha previsto l’analisi tipologica del catalogo Snowsound per identificare al meglio le caratteristiche principali dei suoi prodotti e le direzioni progettuali intraprese nell’affrontare la gestione dell’acustica.

Da un’analisi di circa 60 progetti diversi sono emersi dati interessanti per lo sviluppo. I prodotti sono stati categorizzati in prima fase per tipologia, comprendendo varianti: 1- da tavolo 2- a soffitto 3- a parete 4- a terra e 5- nuove categorie, dove l’integrazione del brevetto ha dato vita a prodotti di arredo “indipendenti”.

I risultati indicano che circa il 56 % del catalogo è composto da pannelli a soffitto e a parete.

Fattore che evidenzia la necessità di gestire l’acustica degli spazi senza ridurre la possibilità di movimento e la percezione di apertura dell’ambiente.

19%

26% Da tavolo

A parete

A soffitto

A terra Nuove categorie

Fig. 118 Analisi del catalogo Snowsound per tipologia.

Un 20 % del catalogo si sviluppa, invece, nella direzione del pannello divisorio a terra, sottolineando anche l’importanza della gestione degli spazi. Le restanti percentuali sono divise tra: le declinazioni delle varie famiglie per il tavolo e quei progetti che invece hanno creato un prodotto con una funzionalità principale alternativa rispetto alla tecnologia del pannello.

Le caratteristiche fondamentali emerse dall’indagine evidenziano 6 caratteristiche predominati: 1- la mobilità 2- la modularità 3- multifunzionalità 4- trasportabilità 5- decoratività 6- trasformabilità-orientabilità

5

10

15

20

Mobile

Trasportabile

Modulare

Decorativo

Multifunzionale

Trasformabile

Fig. 119 Analisi Snowsound per caratteristiche del prodotto.

p. 208

25

186-261

I risultati dello studio, in base alle caratteristiche introdotte, evidenziano come la modularità sia la componente dominante nel 50% circa dei prodotti mentre la mobilità e la trasportabilità sono ridotte a casi isolati.

Le varie declinazioni mantengono una forte natura multifunzionale, che varia da prodotti con corpo luce integrato e all’intera analisi delle “nuove categorie”.

tutte le caratteristiche emerse dall’analisi senza perdere coerenza e potere comunicativo.

Dall’analisi conclusiva sui materiali delle componenti aggiuntive al pannello è emersa la predominanza dei metalli; principalemente Acciaio, Alluminio, Zama, Nichel e Ghisa.

Rimane elevata invece la presenza di tecnopolimeri utilizzati per le componenti secondarie come nel catalogo principale.

Un altro elemento clou emerso dall’analisi riguarda la trasformabilità. I pannelli, infatti, qualora sostenuti da strutture orientabili permettono di costruire sistemi a soffitto e parete dal forte impatto visivo.

Ne è un esempio la famiglia di pannelli Flap designed by Alberto e Francesco Meda che riassume in unico modulo molte delle potenzialità dei sistemi Snowsound. Dalla versione totem fino alla più organica V-Flap la serie comprende quasi

Metallo N.S. Acciaio Ghisa Zama/Nichel Alluminio Legno Tecnopolimero

10

20

30

40

50

Fig. 120 Analisi Snowsound per materiali.

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Corista di L.Palmeri

Sepà Rolls di S. Aksu

IN di Caimi Lab

Mitesco Totem M. De Lucchi Blade di L. Damiani SnowSofa di Caimi Lab

Corista di Lorenzo Palmeri

Corista di Lorenzo Palmeri

Pli di Marc Sadler

V-Flap di A. e F. Meda Flap totem di A. e F. Meda Flap Ceiling di A. e F. Meda

Fig. 121 Progetti e categorie per caratteristiche emerse dall’analisi tipologica.

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186-261

Mobile

Modulare

Multifunzionale

Comportamentale

Flessibile

Durante l’analisi tipologica sono emersi una serie di progetti che per interpretazione del brevetto hanno offerto degli spunti interessanti allo sviluppo del progetto di tesi.

Corista di Lorenzo Palmeri e Sepà Rolls di Sezgin Aksu offrono una riflessione interessante sul concetto di mobilità. Il primo legato alla qualità dell’acustica in ambito professionale o domestico e il secondo alla gestione del flusso del lavoro in ambienti aperti di grandi dimensioni.

Il pannello IN di Caimi Lab incarna invece perfettamente l’idea di progetto modulare e integrato. È evidente la ricerca verso la possibilità di integrare il pannello all’interno di strutture “datate” con una organizzazione del soffitto a blocchi. IN permette di contribuire alla gestione dell’acustica donando colore con pattern e soluzioni geometriche infinite.

La multifunzionalità è un tema ricorrente, i progetti che maggiormente ne evidenziano le possibilità sono SnowSofa del Caimi Lab, la libreria Blade di Lorenzo Damiani e Mitesco Totem- Porta abiti di Michele De Lucchi.

In tutti e tre casi c’è una forte connessione tra il ruolo del brevetto e il prodotto generato.

SnowSofa concilia privacy uditiva e visiva degli ambienti pubblici; Blade sintetizza nella sfera domestica il rapporto tra lettura e acustica e infine Mitesco valorizza un elemento essenziale dell’ufficio conciliando l’occlusione visiva e il benefit acustico.

Scalabile

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5.2.4. Sviluppi e morfologia Dalle evidenze dell’analisi tipologica si è intrapreso un percorso di sviluppo basato sulle caratteristiche principali di due prodotti: 1- Sepà Rolls di Sezgin Aksu e 2- Pli di Marc Sadler.

Progetti che, nonostante appartengano a due tipologie differenti, incarnano i bisogni di flessibilità e gestione degli spazi emersi durante l’analisi del precedente paragrafo. I due prodotti rappresentano, inoltre, due orientamenti differenti alla riflessione sulla forma.

Il primo, nonostante la leggerezza del tessuto, ha, nell’ambiente, l’impatto di un monolite mentre il secondo presenta una geometria spezzata che ne riduce la percezione del volume.

Questa differenza si è rivelata essere una caratteristica distintiva dei divisori presenti sul mercato. La ricerca condotta su alcuni competitors e su progetti provenienti da settori esterni, ha delineato l’ambito all’interno del quale muoversi.

Una sfera d’intervento ibrida tra la dinamicità dell’elemento a terra e la funzionalità dell’elemento da scrivania.

Una soluzione mobile, flessibile e funzionale in grado di:

Sepà Rolls di S. Aksu

Mobile/a terra

Monolite

Spezzato

Wind by J. Kuramoto Rayures by R & E. Bouroullec

Ogg. ospita accessorio

Ogg. accessorio

1- Migliorare la gestione dello spazio; 2- Offrire un supporto alle attività; 3- Trasformarsi in base al flusso di lavoro.

Le tre caratteristiche si sommano alla riflessione sugli accessori. Un tema che acquista interesse se analizzato per le possibilità che la digital fabrication offre in termini di personalizzazione.

Divide by J. Worley Hub by M. Ragni

Fig. 122 Progetti e categorie di rilievo emerse dall’analisi tipologica.

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186-261

Pli, Marc Sadler

Flessibile/tavolo

Ibrido 1

Ibrido 2

Nascondino by P. E. Vandeputte Rolling Workspace by Nendo

Monolite

Spezzato

AK1 by De Vorm ECOBooth by Slalom 1° Lv di Interesse/ il tavolo Ogg. ospita accessorio

Islands by J. Blasi

Ogg. accessorio

TWIN by MDD Nascondino by P. E. Vandeputte

2° Lv di Interesse/ L’accessorio

Digital Fabrication: - Adattamento a tavoli diversi - Personalizzazione degli accessori.

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5.2.5. Design Brief L’intento principale dell’elaborato di tesi è stato quello di fornire un modello per la sostenibilità economica dell’attività di Make In Progress. Un modello che per l’analisi della ricerca si basa sulla collaborazione tra il Creative Lab e l’impresa.

La definizione del brief passa attraverso tutte le conoscenze acquisite durante la redazione del contributo combinandosi nella proposta finale all’azienda. Un’operazione che ha il compito di dimostrare che la relazione tra queste realtà è possibile ed è in grado di generare valore per entrambi.

L’obiettivo principale è quindi dimostrare la qualità e le potenzialità della relazione tra i due soggetti, Fab Lab e impresa, in termini di prodotto e sistema, testando il modello redatto per il rinnovamento strategico di MiP. Una collaborazione in grado di generare valore per entrambi.

Per Caimi questo significa aprirsi a nuove opportunità e mercati costruendo relazioni con la rete dei Fab Lab nazionali e internazionali grazie ad un prodotto, spendibile in più contesti, che sfrutta e dà visibilità ad un proprio brevetto con un investimento limitato. Un’opportunità potenzialmente in grado di dare vita ad un catalogo parallelo legato alle tecnologie di fabbricazione digitale.

Per Make in Progress la collaborazione permette: di iniziare un dialogo con l’impresa; una “best practice” che ne incrementa la credibilità sul territorio consolidando le operazioni di rinnovamento strategico. Un progetto spendibile a livello comunicativo su più canali che permette al Creative Lab di testare la fattibilità del modello immaginato internamente ed esternamente.

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186-261

L’obiettivo principale è dimostrare la qualità e le potenzialità della relazione tra i due soggetti, Fab Lab e impresa, in termini di prodotto e sistema, testando il modello redatto per il rinnovamento strategico di MiP

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5.3. Due contesti a confronto Per lo sviluppo del progetto si sono presi in analisi due ambienti lavorativi: un makerspace e uno spazio di co-working entrambi openspace.

L’osservazione diretta di questi ambienti di lavoro ha permesso di contestualizzare al meglio il prodotto.

Il makerspace di riferimento è Polifactory, il Fab Lab di Politecnico di Milano. Si tratta di un ambiente aperto con tre macro aree funzionali: lo spazio per il co-working, l’area chill annessa all’area ristoro e uno spazio multifunzionale per workshop e lectures. Parallelamente vi sono anche tre sale chiuse utilizzate rispettivamente come: sala macchine pesanti (laser e fresa) , sala riunioni e una sala adibita per le stampanti 3d e l’elettronica.

Le attività ospitate al suo interno variano continuamente nel corso della giornata. I coworker passano spesso da un focus individuale ad uno collaborativo. Lo spazio multifunzionale ospita attività differenti che si sovrappongo al normale flusso interno. Il numero di co-worker varia su base giornaliera; parte del gruppo residente ha una postazione fissa nel tavolo condiviso mentre altri si muovono in base alla disponibilità.

Il co-working di riferimento è Talent Garden Calabiana. La struttura che si sviluppa su 3 livelli contiene all’interno spazi per il Co-working che presentano caratteristiche differenti in termini di apertura e libertà di movimento.

L’analisi in prima fase si concentra sull’open space al primo piano. Un ambiente aperto suddiviso in isole per i co-worker. All’interno di questo ambiente sono inoltre presenti dei box per gruppi di lavoro che richiedono maggiore privacy e postazioni su tavoli condivisi.

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Le attività variano e il flusso di lavoro cambia durante la giornata da individuale a collaborativo richiedendo livelli di isolamento parziali o totali

186-261 Il livello inferiore presenta invece una struttura decisamente più irregolare. Le sale hanno un minor grado di apertura e sono specificatamente suddivise ospitando realtà diverse, tra cui The FabLab. Il flusso e i co-worker possono variare con cadenza giornaliera in base alla tipologia di pacchetto cui hanno aderito. Talent Garden prevede, infatti, un’ ampia offerta che varia: dall’accesso giornaliero, per individui singoli, a pacchetti per gruppi aziendali.

Nello specifico l’offerta prevede 6 proposte: FLEX con postazione al tavolo condiviso per 20 ore a settimana; FULL con postazione al tavolo condiviso 24 ore al giorno a settimana; OFFICE un box ufficio chiudibile per un numero compreso tra 2-12 persone 24/7 a settimana; CORPORATE un ufficio per azienda che permette l’accesso su rotazione di un numero di persone compreso tra 1-10 per 24 ore al giorno; TAG CLUB accesso alle aree comuni in tutti gli hub metropolitani eTAG DAY accesso giornaliero alla postazione al tavolo condiviso

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polifactory Tipologia: Fab Lab Dove: Milano, Lombardia Anno di apertura: 2015 Gruppo di lavoro: Residente + Variabile Flusso di lavoro: individuale e collaborativo

Co-working Tavolo unico condiviso Sviluppo del lavoro

Individuale

Collaborativo

Area multifunzionale Tavoli diversi raggruppati Sviluppo del lavoro Collaborativo

Hackathon

Workshop

Laboratorio Fig. 123 La divisione degli spazi di Polifactory - Polifactory.

Tavoli sul perimetro e al centro della sala Sviluppo del lavoro

Individuale

p. 218

Collaborativo

186-261

Accessori: Pc, stazione fissa, schermo extra, tablet.

Cavi, prese, board elettroniche e

componenti, hard disk, metro e forbici.

Fogli e note, Cuffie, borracce, orologio.

Fig. 124 Il tavolo principale per il Co-workin, ph Diego Mayon.

Accessori utilizzati: Pc, tablet, tool e board cartacee, timer.

Cavi, prese, board elettroniche e

componenti, forbici, post-it.

Appunti + beni personali

Accessori utilizzati: Pc, tablet; strumenti falegnameria.

Cavi, prese, board elettroniche e

componenti, metro, forbici.

Appunti + beni personali

Fig. 125 Lo svolgimento di un workshop nello spazio multifunzionale - Polifactory.

Fig. 126 La sala Workshop interna con il lab di elettronica e ele stampanti 3d, ph Diego Mayon.

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talent garden Tipologia: Incubatore Dove: Milano sede Calabiana, Lombardia Anno di apertura: 2015 Gruppo di lavoro: Variabile Flusso di lavoro: individuale e collaborativo

Co-working Postazione in affitto

Individuale

Tag@Flex Tag@Full

Di gruppo

Tag@Office Tag@Corporate

Tag@Club Tag@Day

Sviluppo del lavoro

Individuale

Fig. 127 Gli spazi di Talent Garden Calabiana - Carlo Ratti & Associati Studio, 2015.

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Di gruppo

186-261

Fig. 128 L’open space sul primo piano - Talent Garden Calabiana.

Fig. 128 Due co-worker a lavoro in una postazione desk - Talent Garden Calabiana.

Accessori utilizzati: Nel caso di Talent Garden gli accessori che utilizzano i co-worker variano leggermente in base ala tipologia di pacchetto cui aderiscono.

Le offerte OFFICE e CORPORATE permettono infatti di avere un ufficio chiuso.

Computer fisso, Pc, tablet, schermo extra, luce personale Cavi, prese, hard disk, power bank Fogli e note, cuffie, borracce, orologio.

Fig. 130 Una struttura chiusa per il pacchetto OFFICE all’interno dell’open space - Talent Garden Calabiana.

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Makerspace

Spazi aperti per il lavoro

Pro

Contro

Layout personalizzabile Contaminazione Più interazioni Flessibilità

Mancanza di privacy Rumore Stimoli continuI interazioni futili

facilita/ostacola

Attività

Formazione

Utilizzo macchine

Lezioni Frontali

Taglio Laser

Corsi multilivello

Fresa CNC

Workshop

Stampa 3D

Hackathon

Tool elettronica Tool falegnameria

Fig. 131 Snowsound e i due contesti applicativi.

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Sviluppo del lavoro

Individuale

Collaborativo

186-261

Co-working

Attività

Strumenti di supporto

Superfici scrivibili Supporti digital device Contenitori/chiusi-aperti Prese Punto luce

p. 223

5.3.1. Gli utenti di riferimento Marco 28, Sviluppatore

Marco ha 32 anni viene dall’Abruzzo e si è trasferito per lavoro a Milano da circa tre anni.

Ha un background di Computer Science e lavora all’interno di un makerspace dove si occupa di programmazione e sviluppo.

Si considera un maker, è curioso ed interessato ai risvolti della fabbricazione digitale.

Interessi Musica elettronica Fumetti Escursioni

Goal M. vuole gestire il suo spazio e i suoi strumenti al meglio per aumentare la sua produttività.

Oggetti personali M. si muove in bici per Milano, è attento all’ambiente e affezionato alla sua borraccia in alluminio. Utilizza ovunque le cuffie stereo.

Pain M. durante la giornata deve poter passare dall’isolamento del focus individuale al dialogo della collaborazione.

Oggetti sul lavoro M. sul lavoro sfrutta il suo portatile e uno schermo di supporto. Per gli appunti utilizza un bloc-notes.

Durante la giornata si sposta spesso verso la postazione di elettronica per dei test.

Fig. 132 Utente di riferimento per il contesto n.1: il maker.

p. 224

Team Lavora all’interno di un openspace di ridotte dimensioni con circa altre 10 persone.

Ha una postazione fissa ad un tavolo condiviso con altre 5 persone.

186-261

Giulia 32, Designer

Giulia ha 32 anni viene dall’Emilia Romagna e si è trasferita a Milano per l’università.

Ha studiato all’Accademia delle Belle Arti e lavora da freelancer tra illustrazione e Web design in un noto spazio di co-working del capoluogo meneghino.

Interessi Musica indie Arte Arrampicata

Goal G. utilizza strumenti e supporti variabili a seconda del progetto; ha scelto il co-working per poter entrare in contatto con altre figure professionali.

Oggetti personali G. si muove in metropolitana per Milano; è attenta ai dettagli e non si separa mai dai suoi airpods.

Pain L’ambiente dove lavora non garantisce sempre il comfort adatto in termini di privacy e acustica.

Oggetti sul lavoro

Team Lavora all’interno di un openspace di ampie dimensioni con circa altre 50 persone.

Ha una postazione in un tavolo condiviso con altre 3 persone, con le quali si confronta e collabora.

G. sul lavoro sfrutta il suo portatile e una tavoletta grafica sulla quale disegna.

Sviluppa progetti insieme ad altri professionisti della stessa struttura e ha collegamenti in remoto con i clienti.

Fig. 133 Utente di riferimento per il contesto n.2: il co-worker.

p. 225

5.3.2. User Journey Marco

Giulia

makerspace

co-working

IN

Attori

Obiettivi

Bisogni

Oggetti

Setting Task

Colleghi e supervisori

Individuale o con il team di lavoro

Individuale

Receptionist e co-worker

Individuale o con il confronto con partner da remoto o nella struttura

Individuale

Socializzazione e pre-setting

Organizzare il flusso iniziale di lavoro

Avanzamenti per il confronto con il supervisore

Socializzazione e log-in

Organizzare il flusso di lavoro in base alle esigenze dei partner in remoto

Avanzamento per la revisione con il cliente

Costruzione del Mind Set

Tranquillità, isolamento parziale

Concentrazione, privacy visiva e/o acustica totale

Costruzione del Mind Set

Concentrazione, privacy visiva e/o acustica parziale o totale

Concentrazione, privacy visiva e/o acustica totale

Oggetti personali

PC, Smartphone, Bloc-notes

PC, Schermo extra

Pc, Smartphone, Tavoletta grafica

PC, Bloc-notes, Tavoletta grafica

Oggetti personali + Badge

Fig. 134 User journey dei due utenti nei loro rispettivi contesti di riferimento.

p. 226

Lavoro

186-261

Confronto

Setting Task 2

Lavoro

OUT

Partner, colleghi e supervisore

Supervisore, colleghi, partner

Individuale

Colleghi e supervisori

Cliente e partner

Cliente e partner

Individuale

Receptionist e co-worker

Allineamento con il partner e presentazione al supervisore

Organizzare i feedback e gestire la fase successiva

Correzioni e planning delle prossime operazioni

Saluti e allineamento

Allineamento con il partner e colloquio con il cliente in remoto o in struttura

Organizzare i feedback da remoto con il partner e gestire la fase successiva

Correzioni, aggiunte e approfondimenti

Saluti e log-out

Postazione aperta senza barriere per la condivisione o ambiente circoscritto

Dialogo, postazione parzialmente aperta

Concentrazione, privacy visiva e/o acustica totale

Relax

Comfort acustico, privacy visiva

Tranquillità, privacy visiva e/o acustica

Concentrazione, privacy visiva e/o acustica totale

Relax

PC, Schermo extra o proiezione, timer

PC, Bloc-notes

PC, Bloc-notes, Smartphone

Pc, Smartphone, Tavoletta grafica, cuffie

Pc, Smartphone, Tavoletta grafica, luce personale

Oggetti personali

PC, schermo condiviso, cuffie

Oggetti personali + Badge

p. 227

5.3.3. Dal brief al prodotto In sintesi la precedente analisi di contesto evidenzia che all’interno dei makerspace: 1- Gli spazi di movimento sono ridotti; 2- Le macchine più rumorose generalmente sono isolate in altre stanze; 3- Le attività ruotano attorno alle postazioni desk dove si svolgono con strumenti di diversa natura; 4- La postazione non viene generalmente isolata visivamente e acusticamente per favorire il dialogo.

Nei co-working: 1- Gli spazi aperti sono ampi; 2- Il rumore è associato principalmente al parlato; 3- L’attività individuale ruota attorno alla postazione desk, mentre quella collettiva è spesso spostata verso ambienti chiusi paralleli.

4- Le postazioni desk possono essere aperte o isolate visivamente e acusticamente con elementi generalmente fissi.

Come potrebbe quindi evolversi la linea Snowsound nel cercare di avvicinarsi al mondo maker e agli spazi del saper fare digitale mantenendo una coerenza con gli altri spazi di Co-working?

Seguendo lo sviluppo e gli elementi d’interesse individuati dall’analisi tipologica, morfologica, di contesto e dei bisogni degli utenti di riferimento si sono individuati gli ambiti di azione del progetto.

Il concept si sviluppa, fin dalle prime idee, a partire dall’individuazione di 3 fattori fondamentali: A- Makerspace e Co-working ospitano attività differenti con focus variabili (da individuale a collettivo).

p. 228

B- La conformazione della postazione varia in base al flusso di lavoro. Il lavoratore utilizza dei tool maggiormente adatti alle proprie esigenze.

C- Gli ambienti devono avere determinate caratteristiche in termini di privacy visiva ed uditiva. L’utilizzo di un elemento di separazione non deve però ostacolare il dialogo e il confronto.

L’obiettivo del prodotto diventa quindi: offrire un sistema dinamico che permetta di organizzare la propria postazione in base al flusso di lavoro individuale o collaborativo dando la possibilità di aprire una finestra di dialogo con i collaboratori.

Un sistema modulare, flessibile e personalizzabile a seconda delle attività svolte.

186-261

La sinergia tra Fab Lab e azienda può offrire soluzioni valide per i bisogni di makerspace e co-working?

p. 229

Un sistema dinamico che organizzi la postazione desk in base al flusso di lavoro, dando la possibilità di aprire e chiudere una finestre di dialogo con colleghi e partner

p. 230

5.4. Il prodotto Il progetto prevede, un sistema da tavolo dinamico che permette di migliorare la gestione della postazione sfruttando il pannello Snowsound per migliorare la privacy visiva e l’acustica degli ambienti.

Le caratteristiche complessive del sistema sono quattro.

1- La modularità: più moduli vanno a costituire la postazione desk permettendo di adattarsi alla struttura e il dimensionamento di più tavoli.

2 La flessibilità: moduli e giunti diversi permettono diverse configurazioni di supporto ad attività differenti.

3- La dinamicità: il pannello si muove all’interno del sistema per facilitare la comunicazione e la collaborazione, permettendo di cambiare focus, da individuale a collaborativo e viceversa, in qualsiasi momento.

4- La personalizzazione: il sistema è facilmente integrabile con dei moduli aggiuntivi che comprendono accessori di sostegno alle varie attività.

186-261

Caratteristiche

Condizioni

Bisogni

Ambienti a dimensioni variabili

Libertà di movimento

Ingombro minimo

Focus individuale o collaborativo

Dialogo o isolamento

Mobile

Spazio personale

Postazione definita e riconfigurabile

Modulare e dinamico

Attività diversificate

Supporto alle attività

Integrabile

Spazio condiviso

Privacy visiva

Livello di rumore

Privacy uditiva

Fig. 135 Condizioni del contesto e bisogni degli utenti definiscono le caratteristiche del prodotto.

p. 231

Fig. 136 Il sistema con i giunti principali e i moduli per il sostegno del pannello Snowsound.

p. 232

186-261

Fig. 137 Il sistema con i giunti principali e i moduli per il sostegno del pannello Snowsound, visto da un’altra prospettiva.

p. 233

5.4.1. Le componenti La prima componente chiave è il modulo.

All’interno del progetto ha due funzioni principali: 1- Organizzare la postazione desk; 2- Costruire i binari su cui i pannelli Snowsound scorreranno per permettere una gestione dinamica della privacy visiva.

Si tratta di un semilavorato ligneo dimensionato sulle sezioni e le dimensioni maggiormente reperibili sul mercato della grande distribuzione del fai da te.

Semilavorato

L’obiettivo è stato ottenere un elemento compatibile con il dimensionamento standard dei tavoli da lavoro, 1600x800 mm, riducendo le operazioni di taglio e il materale di sfrido.

Il risultato di questa operazione ha portato ad individuare due moduli base.

Di seguito si propone inoltre un calcolo dei costi in rapporto al materiale utilizzato ed ai moduli ottenuti, per ottenere una configurazione completa in grado di fornire a tutti gli utenti la possibilità di un focus individuale.

Sezione 15x15 mm

1000 321,5 16 moduli; 5 metri + 1 extra

Operazioni di taglio: 20 mm di materiale asportato Sfrido per dimensionamento modulo: 15,5 mm 1000 234

Costo tot. *Faggio 2 €/M Operazioni di taglio: 25 mm di materiale asportato Sfrido per dimensionamento modulo: 40 mm

p. 234

186-261

Fig. 138 La disposizione a croce in vista isometrica, con gli elementi componenti.

p. 235

Il secondo macro gruppo di componenti prevede i connettori per i moduli lignei, pensati per essere stampati in 3D.

le potenzialità nel portare l’energia nel sistema.

Il risultato di questa fase ha aperto a due possibili scenari:

Si tratta di elementi fondamentali per la strutturazione del sistema da tavolo che mettono in qualità il semilavorato.

1- La facilitazione dell’inserimento di prese preesistenti; 2- L’utilizzo di binari elettrificati standard.

Le geometrie sono pensate per supportare la dinamicità del sistema permettendo ai moduli accessori di scorrere sui “binari” mentre il dimensionamento permette di distanziare i semilavorati così da poter ottenere uno spazio utile per posizionare le prese Schuko.

Il progetto nel calcolo degli ingombri generali ha tenuto conto del possibile inserimento di un binario a sezione variabile fino ad un massimo di 45 mm.

Durante la fasi di ricerca si sono valutate, infatti,

Nel fare ciò si è quindi sviluppato una variante del giunto di connessione, per permettere la continuità e la giunzione tra gli estrusi.

Connettori

40x93x47

44x44x47

*

20x93x47

* Il modulo contrassegnato è pensato per il sostegno e blocco del binario elettrificato, presente all’interno dei moduli aggiuntivi.

p. 236

40x93x47

186-261

Fig. 139 Le componenti di sostegno e i semilavorati che costituiscono il sistema.

p. 237

La terza categoria comprende i moduli aggiuntivi ossia gli elementi che vanno a parassitare la struttura del prodotto donandole le sue funzioni.

In particolare ci si riferisce al sostegno per il pannello, che con uno Snap-fit “slide” aderisce ad un altro elemento, che scorre direttamente sul semilavorato.

Il sostegno del pannello è formato da due parti separate connesse da un perno centrale che permettono all’elemento superiore, quello in presa sul pannello, di ruotare.

leggerezza del prodotto in poliestere.

L’altro elemento presente in tabella è un morsetto, per garantire la stabilità del sistema per le configurazioni che si sviluppano particolarmente in lunghezza.

L’ultimo riferimento riguarda la possibilità di integrare nel sistema un pannello, fresato o laserato, a copertura del vano prese, presente solitamente sul tavolo.

La presa sul divisorio non è mediata da nessun fastner bensì avviene per compressione vista la Moduli aggiuntivi

ø 370

25x100x150

*

65x100x65

40x50x40

Sezione max 45 mm

**

45x234x45

* Il morsetto non presenta nella visualizzazione. ** La visualizzazione del binario elettrificato fa riferimento agli standard di estrusi sul mercato; il progetto tiene conto del suo dimensionamento ma per le variabili legate all’adattamento al sistema non viene inserito in questa fase di visualizzazione.

p. 238

Dimensioni variabili

3x90x90

***

186-261

Fig. 140 Gli elementi che costituiscono il sistema.

***Il dimensionamento della tavola raffigurata fa riferimento allo spazio centrale ricavato nella configurazione a croce dal posizionamento dei vari semilavorati e connettori.

p. 239

5.4.2. Le configurazioni La configurazione principale di riferimento per il sistema è quella a croce con un utilizzo in egual misura del modulo da 234 e da 321,5.

Si tratta, infatti, della disposizione maggiormente adatta alla gestione e suddivisione di due tavoli di 1600x800 mm disposti uno di fronte all’altro.

Nonostante ciò Il dimensionamento dei moduli permette, utilizzando metrature diverse di semilavorato, di ottenere la stessa configurazione con un grado minore o maggiore di copertura del tavolo o differenti disposizioni che si adattano alla gestione del lavoro individuale, collaborativo e misto.

16 moduli; 6 Metri + 2 extra

16 moduli; 4 Metri Focus individuale

Focus individuale

La zona desk è suddivisa in 4 aree coperte su due lati.

La zona desk è suddivisa in 4 aree coperte su due lati.

Costo tot. *Ayous; 1,30 €/M

12 moduli; 4 Metri

Costo tot. *Balsa; 2,50 €/M

+ 2 extra

12 moduli; 4 Metri Focus misto

Focus collaborativo

La zona desk è suddivisa in 3 aree. Due zone sono isolate su due lati mentre l’altra solo su una.

La zona desk è suddivisa in 2 aree coperta su un lato.

Costo tot. *Faggio; 2 €/M

Modulo 234

p. 240

Modulo 321,5

Costo tot. *Faggio; 2 €/M

Collaborativo

Individuale

186-261

Fig. 141 La disposizione longitudinale.

Fig. 142 Dettaglio del modulo aggiuntivo morsetto che fissa la struttura al tavolo.

p. 241

5.4.3. Le modalità di utilizzo Il sistema nella sua dinamicità si adatta a flussi di lavoro variabili durante l’arco della giornata supportando il dialogo e la collaborazione.

L’analisi seguente visualizza la variabilità del flusso all’interno di un gruppo di lavoro di quattro persone, disposte in due tavoli 1600x800.

La fase iniziale vede il gruppo concentrarsi con un focus individuale; i pannelli creano 4 aree ben definite che permettono di ottenere la tranquillità necessaria all’impostazione della giornata di lavoro e alla fase successiva di avvio.

La configurazione utilizzata per l’organizzazione della postazione è quella a croce, con moduli in egual misura da 234 e 321,5 mm.

Setting Task

Lavoro Focus iniziale individuale La zona desk è suddivisa in 4 aree coperte su due lati.

Fig. 143 La configurazione dall’alto: flusso di lavoro individuale.

p. 242

Modulo 234

Individuale

Modulo 321,5

Collaborativo

186-261

Fig. 144 Vista laterale della prima fase a focus individuale.

p. 243

Fig. 145 La configurazione iniziale e il flusso di lavoro individuale: un’altra prospettiva.

p. 244

186-261

Fig. 146 Dettaglio delle prese Schuko al centro del sistema.

Fig. 147 Transizione da una conformazione ad un’altra; il pannello in movimento.

p. 245

La seconda fase implica il confronto tra due utenti del sistema posti uno di fianco all’altro.

Il divisorio viene spostato e ruotato eliminando le barriere fisiche tra le parti. I due si confrontano sullo sviluppo del lavoro utilizzando il pannello come bacheca per fogli e mind map sul progetto.

Confronto Focus misto La zona desk è suddivisa in 4 aree coperte su due lati.

Fig. 148 La configurazione dall’alto: flusso di lavoro misto.

p. 246

Modulo 234

Individuale

Modulo 321,5

Collaborativo

186-261

Fig. 149 Lo scorrimento e la rotazione del pannello permettono il dialogo; collaborazione laterale.

p. 247

Nella terza fase di assestamento, la situazione è maggiormente dinamica. Il pannello che separa due degli utenti posti frontalmente si sposta e ruota aprendo il confronto. Gli altri utenti, nonostante si siano mossi dalle rispettive postazioni, mantengono i pannelli in posizione di chiusura, evidenziando che il focus lavorativo è ancora individuale.

Setting Task 2 Focus misto La zona desk è suddivisa in 4 aree coperte su due lati.

Fig. 150 La configurazione dall’alto: flusso di lavoro misto. .

p. 248

Modulo 234

Individuale

Modulo 321,5

Collaborativo

186-261

Fig. 151 Lo scorrimento e la rotazione del pannello permettono il dialogo; la collaborazione frontale.

p. 249

5.5. Il modello di distribuzione L’ultima parte inerente allo sviluppo del contributo riguarda la stesura di un’ipotesi di modello di distribuzione legato al prodotto. Considerando che per Caimi Brevetti si tratta della prima contaminazione con il mondo della fabbricazione digitale ci si è interrogati sulle modalità con cui il progetto potesse inserirsi a catalogo.

Si è quindi pensato di incrementare le potenzialità del sito dell’azienda inserendo una sezione legata alla sinergia tra questi due mondi. L’ipotesi, già presentata all’azienda, prevede un configuratore online che permetta ai clienti di personalizzare il sistema in termini di: materiali, tecnologie utilizzate, geometrie e accessori.

L’obiettivo è che Caimi riesca, non solo ad ampliare le vendite del proprio brevetto aprendosi alle logiche del mondo maker, ma ricopra il ruolo di facilitatore tra fornitori, makerspace e clienti garantendo un servizio più completo.

Questa esigenza emerge soprattutto qualora il cliente, intenzionato ad acquistare il sistema da tavolo, sia una realtà lontana dal mondo maker ed abbia quindi la necessità di produrre effettivamente le parti da terzi.

Inoltre, non è la prima volta, che Caimi si affaccia a questa tipologia di servizio al cliente. All’interno del proprio sito web è presente infatti la sezione Software 3D dove si offre il download di: “p Con. planner”, programma che permette di progettare con facilità degli ambienti 3D e arredarli con gli articoli di Caimi Brevetti.

I paragrafi che seguono evidenziano quindi le esigenze di due utenti tipo estranei e non agli dagli spazi di fabbricazione digitale.

p. 250

186-261

L’obiettivo è che Caimi riesca ad ampliare le vendite del proprio brevetto aprendosi alle logiche del mondo maker e diventando l’attivatore e il facilitatore delle relazioni, intorno al prodotto, tra fornitori, makerspace e clienti garantendo un servizio più completo

p. 251

5.5.1. Gli utenti di riferimento Carla 40, Lab Manager

Carla ha 40 anni, ha un passato lavorativo tra azienda e spazi del saper fare digitale a Torino; da 10 anni vive però a Milano dove 5 anni fa ha aperto il proprio Fab Lab con due soci.

Ha un background di architettura e management; da sempre interessata al legno ha fatto di una sua passione il suo mondo. È sempre alla ricerca di nuovi modelli da applicare per innovare e innovarsi.

Interessi Lettura Cinema Running

Goal C. conscia delle problematiche di acustica dei makerspace sta cercando una soluzione sul mercato in linea con lo spazio che gestisce.

Pain Le attività di formazione e co-working all’interno del Fab Lab spesso si sovrappongono creando un ambiente non confortevole.

Team Lavora all’interno di una sala ricavata da un open space con i due soci.

Gli altri co-worker sono, invece disposti, in due tavoli da 4.

Oggetti personali C. si muove in scooter per la città; non esce mai di casa senza il suo tablet e il suo smartphone; è un’organizzatrice precisa, e una lavoratrice nomade.

Oggetti sul lavoro C. sul lavoro sfrutta principalmente il personal computer e lo smartphone.

Durante la giornata osserva spesso il flusso di lavoro nell’open space cercando migliorie da apportare.

Fig. 152 Utente di riferimento per il modello di distribuzione: il lab manager.

p. 252

186-261

Paolo 50, Imprenditore

Paolo ha 50 anni è nato in Brianza e ha lavorato in Lombardia in diversi campi come Digital Marketing Strategist.

Dopo i primi successi lavorativi, ha deciso di investire sul mondo del lavoro aprendo due piccoli co-working dentro la città di Milano.

Crede nella trasformazione digitale e i benefici che questa può portare alle aziende.

Interessi Disegno Teatro Vini e alta cucina

Goal P. sta cercando delle modalità nuove e dinamiche per arredare i propri co-working; elementi di arredo che comunicano al di là del prodotto stesso.

Oggetti personali P. si muove in macchina o in metropolitana per Milano; porta sempre con sè un’agenda con cui annota stimoli e idee di interesse.

Pain L’affitto a Milano è caro e gli spazi hanno dimensioni ridotte; l’arredo varia nelle sale con dimensionamenti fuori dagli standard.

Team Lavora principalmente da remoto.

I due co-working che gestisce hanno tavoli misti da 4 a 6 persone.

Oggetti sul lavoro P. nei sopralluoghi nei coworking lavora e annota tutto sul tablet; è sempre pronto a fare networking per l’impresa e per questo non si separa mai da smartwatch e smartphone.

Fig. 153 Utente di riferimento per il modello di distribuzione: l’imprenditore.

p. 253

5.5.2. Customer journey Carla

Paolo

lab manager

imprenditore

IN

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caimi.com

- Lab&Design

-Software 3D -su Misura

- su Misura: spiegazione del configuratore

1° e 2° fase

A. Vai al configuratore B. Download cataloghi

1. Best pratices

2. Pannelli Snowsound

3. Giunti

4. Accessori

Azioni

Acquisto Riepilogo degli elementi a carrello divisi per categorie:

3° fase

Azioni

1. Pannelli Snowsound

Modifica Lista 1. Acquista Subito

2. Semilavorati

2.1. Acquista con Noi (tempistiche più lunghe) - Caimi acquista da terzi e spedisce 2.2. Trova il fornitore più vicino - In base alla posizione e alla scelta di materiali fatti si è reindirizzati ai centri convenzionati

Fig. 154 Customer journey all’interno del sito per l’acquisizione del pannello.

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186-261

Configuratore Durante il caricamento della pagina viene richiesta la posizione - su Misura: schermata principale interattiva navigabile;

A. Scena B. Scelta progetto C. Personalizzazione 1. Movimenti 360° 1. Pannelli 2. Semilavorati 1. Sistema Desk 2. Salva immagine - geometria - sezione - Dimensione desk 3. Orbit/Zoom/Pan - Posizione prese - colore - materiale - finitura - Configurazione -Orientamento

3. Giunti

3.1. Acquista con Noi (Tempistiche più lunghe) - Caimi acquista da Makerspace e spedisce 3.2. Trova il fornitore più vicino - Caimi reindirizza verso Makerspace

convenzionati in base alle caratteristiche selezionate 3.3. Acquista File - Dopo la transazione il download del file è immediato

3. Giunti - geometria - materiale - finitura

4. Accessori

4. Accessori - tipologia - materiale - finitura

Downolad Riepilogo ordine

4.1. Acquista con Noi (Tempistiche più lunghe) - Caimi si affida ai Makerspace convenzionati 4.2. Trova il fornitore più vicino - Caimi reindirizza verso Makerspace

convenzionati in base alle caratteristiche emerse per i giunti 4.3. Acquista File - Dopo la transazione il download del file è immediato

p. 255

5.5.3. Il sistema e le sue relazioni La customer journey del paragrafo precedente mette in risalto la quantità di stakeholders coinvolti all’interno dell’ipotetico modello di distribuzione.

Caimi nel gestire il configuratore ha la possibilità di dare vita a nuove partnership all’interno delle quali l’azienda viene coinvolta fin dalla prima fase per la tecnologia Snowsound. Una tecnologia che è infatti l’elemento cardine di tutto il progetto.

Questo sistema offre a Make in Progress la possibilità di diventare, per Caimi, un riferimento sul territorio per la produzione e per la ricerca e sviluppo legata agli elementi presenti all’interno del configuratore. Il modello prevede inoltre la possibilità di una contaminazione su più livelli dove i fornitori dialogano con i makerspace e i makerspace si aprono a nuovi mercati.

L’impatto del progetto per Make in Progress non si limita quindi esclusivamente all’ottenimento di una “best practice” da vendere in termini di comunicazione, bensì va a costruire le basi di un’operazione in grado di generare ulteriori collaborazioni.

La distribuzione di un progetto nato dalle sinergie di due mondi distanti diventa lo strumento per ampliare la rete di MiP sul territorio dando vita a nuovi sistemi ibridi.

p. 256

La distribuzione di un progetto nato dalle sinergie di due mondi distanti diventa lo strumento per ampliare la rete di MiP sul territorio dando vita a nuovi sistemi ibridi

186-261

Carla

Paolo

makerspace

co-working

Produzione Vendita File Da terzi compra/vende crea una rete

Interna

Pannelli Semilavorati

Centri convenzionati sul territorio

Giunti

Accessori

Makerspace convenzionati sul territorio

MiP

Relazioni tra Stakeholders Relazioni tra Caimi e Stakeholders

Fig. 155 Mappa sistemica tra produzione e relazioni costruite tra stakeholders.

p. 257

Fig. 155 La prima fase di ricerca della sezione per il servizio sul sito Caimi.

Fig. 156 La ricerca della sezione dedicata sull’Homepage di Caimi Brevetti.

p. 258

186-261

Lab&Design >

Caimi Lab

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Software 3D pCon Planner su Misura

SU MISURA su Misura è il configuratore online che permette di personalizzare i progetti nati dalla collaborazione tra Caimi Brevetti e la rete globale dei Fab Lab. Una soluzione, intuitiva da utilizzare, che permette di personalizzare al massimo il proprio sistema grazie alle tecnologie di fabbricazione digitale. Scegli geometrie, materiali, colori, finiture e progetta con noi il tuo prodotto.

Una volta creato è possibile: acquistare direttamente le parti distribuite da Caimi, ordinare le parti provenienti da diversi fornitori e/o scaricare file di riferimento per le lavorazioni.

Per avere una panoramica delle soluzioni offerte scarica direttamente i nostri cataloghi illustrati.

Download Download Download Download

Best Practices su Misura Snowsound su Misura Catalogo dei Giunti per il sistema Catalogo degli Accessori integrabili

vai al configuratore

Fig. 157 La pagina “su Misura” nella sezione Software 3d del sito di Caimi.

p. 259

tot.

>

SU MISURA Glide

Snowsound

3

Pannello 1 Geometria

Colore >

>

+ Aggiungi

su Misura

tot.

>

>

Prodotti

Duplica

Semilavorati

14

Glide >

Semilavorato 1

Fornitori

Materiale

Finitura >

> Sezione

Faggio

>

Legno pesante con buone caratteristiche; adatto ad usi interni

+ Dimensioni tavoli Configurazioni

Giunti

Accessori

Fig. 158 Il configuratore e le possibilità che offre in termini di personalizzazione.

p. 260

Aggiungi

Duplica

1600x800 mm > tot.

> tot.

18

3

186-261

Riepilogo elementi del sistema Snowsound Pannelli Cerchiio - 370X370 mm - Trevira verde Quadrato - 370X370 mm - Trevira Arancio

su Misura >

Prodotti

>

Fornitori

Semilavorati Partner convenzionati

Ordina

David Legnami s.r.l https://www.davidlegnami.it/

regione: Lombardia provincia: Milano

Partner convenzionati

x1 x1

Semilavorati Quadrato - 15x234x15 mm - Faggio - Piallato Quadrato - 15x321x15 mm - Faggio - Piallato

x8 x6

4 metri di materiale Cerca fornitore

Ordina

Verifica disponibilità

Giunti Partner convenzionati

Make in Progress http://www.makeinprogress.it/

regione: Lombardia provincia: Monza Brianza

Verifica disponibilità

Giunti Chiusura - 20x93x47 mm - PLA - Giallo Connessione - 40x93x47 mm - PLA - Giallo Angolari - 44X44X47 mm - PLA - Bianco Scorrimento - 40x50x40 mm - PLA - Giallo Cerca fornitore

Ordina

Download

Accessori Sostegno Snowsound - 25x100x150 mm PLA - Bianco Cerca fornitore

Ordina

x7 x6 x3 x3

x3

Download

Fig. 159 Dopo la selezione dei moduli si passa al riepilogo spesa che permette di verificare la disponibilità dei partner convenzionati.

p. 261

p. 262

Conclusioni

6. Conclusioni 6.1. Bilancio della ricerca Nel rinnovamento della proposta di Make in Progress il design ha svolto un ruolo fondamentale attraverso l’implementazione di varie azioni: 1- Analisi dei limiti e della reticenza del territorio; 2- Pacchetto per il coinvolgimento dei giovani professionisti; 3- Analisi approfondita di un pool di aziende locali; 4- Strategia per l’engagement aziendale e progettazione dei suoi strumenti; E- Attivazione e sviluppo della partnership con l’azienda.

Il percorso del contributo ha evidenziato gli elementi che orientano e ostacolano il successo dei progetti nati dal terzo settore e i punti di contatto con lo sviluppo degli spazi del saper fare.

Come ampiamente sottolineato, nell’analisi dell’importanza che il capitale umano assume in questi contesti, uno dei fattori decisivi, per i progetti ibridi tra il terzo settore e il mondo maker, è rappresentato dalla solidità del team di lavoro.

Un’attenta ed equilibrata profilazione è essenziale al fine di selezionare le giuste figure professionali stabili e su base temporanea.

L’informazione sui modelli di economia generabili dalla partecipazione a progetti di questa natura è imprescindibile. Questi infatti prevedono un coinvolgimento che fa maggiormente riferimento al progetto d’impresa che alle dinamiche legate al direct employment (Franceschinelli, 2019).

Nel caso del contesto peri-urbano una delle sfide più grandi è ed è stata quella di ritrovarsi con un progetto in cui risulta più difficile costruire una comunità attiva e patecipe.

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Sulbiate è un contesto a bassa densità dove serve lavorare in sintonia con il territorio per attivare e gestire relazioni e risorse a livello locale e non, creando una rete attiva di collaborazioni durature per la co-progettazione e co-erogazione.

Ex-Filanda come progetto di action-research deve quindi diventare effettivamente uno spazio flessibile capace di leggere i segnali deboli e adattarsi di conseguenza, in modo costante.

Il perseguimento degli obiettivi prefissati di pari passo ad un continuo dialogo con le istituzioni deve permettere di costruire una strategia di governance che permetta di formare contesti territoriali maturi e abilitanti, grazie anche a servizi di collegamento con i maggiori centri creativi della regione permettendo quel necessario scambio di saperi alla base della strutturazione del progetto.

La formazione di una massa creativa dinamica in grado di offrire il giusto ventaglio di competenze e specializzazioni permette di agganciare un numero maggiore e più eterogeno di partner.

Un ambiente multidisciplinare di questa natura con un apertura controllata, che fa riferimento alla strutturazione dell’Open Innovation lab (Schmidt & Brinks, 2017), offre un luogo di sintesi caratterizzato da elementi di forte originalità.

La creazione di una rete sul territorio, edificata sulla sperimentazione e l’empowerment giovanile, oltre a potenzialmente permettere di generare le economie necessarie allo sviluppo d’impresa, garantirebbe la visibilità nei network nazionali ed internazionali legati al movimento maker.

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Ex-Filanda in quest’ottica rappresenta un luogo unico, per il distretto evoluto Monza-Brianza, con una disponibilità manifatturiera e un pool di competenze in grado di dialogare con l‘imprenditorialità locale di generare un rapporto collaborativo continuo con le istituzioni e il territorio.

opportunità relazionali ipotizzate nel modello di distribuzione.

Territorio che nei prossimi anni, alla luce dalla pandemia globale legata alla diffusione del virus COVID-19 sarà costretto ad interrogarsi su nuovi asset per lo sviluppo, la produzione e la distribuzione locale.

Un progetto che in ultima analisi cercando di identificare gli elementi di apprendimento emersi fa leva su alcuni fattori principali che rendono originale il processo.

Il percorso del contributo offre quindi nella sua interezza gli elementi per definire un “modus operandi” per il rapporto con l’impresa.

Una nuova modalità di professionalizzazione del designer che nasce da una forte riflessione sul ruolo del progettista in relazione al contesto dell’impresa e dei luoghi del saper fare.

Una figura, quella del designer, che per l’analisi svolta è chiamata a utilizzare gli strumenti in suo possesso per abilitare, visualizzare e tradurre linguaggi differenti. Esistono le possibilità di innovare a livello sistemico, ma per farlo c’è bisogno di collaborazioni sinergiche in grado di portare al tavolo del dibattito figure anche apparentemente lontane.

Un nuovo focus per il progetto che nasce dal recupero e lo sviluppo dei suoi obiettivi. Un percorso che ha portato a delineare un polo professionale per il territorio Brianzolo nel territorio Brianzolo. Un potenziale luogo di incontro per professionisti, artigiani e imprese in grado di generare valore per tutto il distretto.

Indipendentemente dalla natura dell’azienda è evidente la necessità di costruire un confronto basato sulla visualizzazione delle possibili contaminazioni reciproche.

Per questo all’interno del modello progettato per Make in Progress una parte dei profitti ricavati va a coprire l’investimento su una figura professionale che si occupa di progettare proposte specificatamente pensate sulle esigenze delle aziende.

Una fase di analisi iniziale che, come testimoniato dal percorso intrapreso con Caimi, permette di generare una condizione win-win che parte dal prodotto per poi generare delle opportunità per il sistema.

In ultimo luogo, il progetto portato avanti ha avuto un ruolo chiave per la contestualizzazione della strategia.

Il riscontro positivo da parte dell’azienda ha evidenziato le opportunità generabili per l’attività di Make in Progress e per il territorio grazie alle

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6.1.1. Le proiezioni sul futuro I passaggi successivi di sviluppo si dividono fondamentalmente in operazioni sul breve, medio e lungo periodo. Elementi che sono influenzati nel grado di sviluppo dalle sicure ripercussioni della pandemia di COVID-19 che stiamo vivendo.

Prescindendo da questa considerazione si potrebbe considerare: nel breve periodo: l’inserimento dell’autore all’interno di Make In Progress con una formula intermedia tra il dipendente e il Team Resident.

In questi mesi una delle ipotesi sollevata è stata quella di affidare all’autore del contributo la gestione del gruppo di giovani professionisti sulla base del modello collaborativo descritto nel contributo di tesi.

Inoltre, sarà essenziale nei prossimi mesi affittare le postazioni di co-working a professionisti in grado di portare anche il loro contributo per lo sviluppo interno e delle relazioni con l’impresa.

Con Caimi Brevetti, visti i pressupposti degli ultimi colloqui, si prospetta una collaborazione per lo sviluppo ulteriore del progetto.

In termini pratici, al di là dello sviluppo di tesi è già in atto la verifica degli strumenti di engagement: il gift pack, e una presentazione per le aziende articolata sul rinnovamento del progetto e le possibilità di collaborazione.

Nel breve medio-termine sarà fondamentale per MiP costruire e continuare a consolidare il network iniziando effettivamente a spendersi sul territorio in più contesti.

La formazione deve restare centrale per la pianificazione e per questo verranno utilizzati

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i palcoscenici già in programma nel calendario di Make in Progress per dare visibilità all’intero progetto.

Nel medio periodo, saranno contattati ulteriori partner tecnici e di progetto per sviluppare altre collaborazioni da considerare nell’insieme del programma di attività del 2020. In questa fase sarà necessario il coinvolgimento delle Istituzioni per avere maggiore visibilità sul territorio.

Nel lungo periodo si prevede la creazione di una rete attiva sul territorio cercando di agire in collaborazione con partner differenti in base all’offerta erogata. La partecipazione a bandi italiani ed europei sarà, inoltre, un fattore decisivo in termini di sostenibilità e comunicazione.

Questi presupposti devono essere portati avanti con la consapevolezza dell’importanza di mantenere sempre aperto il processo di actionresearch documentando ogni passaggio di progettazione e verifica degli strumenti in modo da poter alimentare i riferimenti legati ai progetti ibridi tra il terzo settore, il mondo maker e l’impresa.

Un tema, quello dello sviluppo locale e distribuito, che oggi, visti i recenti sconvolgimenti degli asset globali, potrebbe avere maggiore risonanza e possibilità di applicazione.

Design e sistemi ibridi. Una riflessione sul rapporto tra giovani professionisti e spazi del saper fare che si articola nell’intreccio tra capitale territoriale e modelli di sostenibilità economica.

262-329 6.1.2. Ringraziamenti Ci tengo a ringraziare Venanzio Arquilla per l’opportunità di sviluppo del progetto. Questo percorso di tesi mi ha permesso di entrare in contatto con le problematiche reali degli spazi del saper fare, fatti non solo di tecnologie ma principalmente di persone. Grazie, inoltre, ad Alessandro Arosio per il costante confronto di questi mesi e Giorgio Caimi per la disponibilità e l’opportunità che mi ha concesso.

Grazie di cuore alla mia correlatrice Patrizia Bolzan per il continuo sostegno in ogni momento del progetto e in ogni fase di sconforto.

Grazie, quindi a tutto il team di Polifactory, per la collaborazione dimostrata negli ultimi mesi e la completa apertura all’ascolto.

Grazie a Enrico Bassi e Matteo Ordanini per la disponibilità e la stima dimostratami in questi mesi.

Un grande ringraziamento va agli amici che mi hanno accompagnato in questo percorso: Jakub, per gli anni più duri in Maciachini in cui ci siamo scannati ma senza il quale sarei crollato; Nicco, per esserci sempre stato qua a Milano. Un grazie gigantesco agli amici dell’università con cui ho condiviso tutto in questi anni.

Un abbraccio di cuore, in questi tempi di distanziamento sociale, a Ema, amante segreto e compagno di viaggio; all’Ele P(anciona), per il supporto e la stima (super ricambiata) che mi hai sempre dato; a Chiarina, per i sorrisi e gli abbracci anche nei momenti più stressanti; a Gab, per l’affetto e la follia; a Susi, sempre disposto ad ascoltare; a Billy, vabbè già che scrivo billy in tesi si commenta da solo, il mio comasco preferito (cheers); a Davidone nazionale, grazie per la tua innata capacità di aiutare senza chiedere e grazie per le infamate e le botte di questi mesi; a Aureliè e Leo, con cui abbiamo condiviso quest’anno di follia!

Grazie a Kelly, Bruno e all’Ele, amici sinceri che sono contento di aver incontrato sulla mia strada.

Infine, grazie a Giorgione, chi lo avrebbe mai detto eh?! “Quello col piercing pff”; ci sei sempre stato fin dal primo giorno e non sarebbe stato lo stesso senza di te. Grazie a voi che siete la mia famiglia milanese, sono felice di aver condiviso tutto con voi perché siete meravigliosi.

Grazie agli amici di Firenze, perché questi anni sono stati veramente duri per tutti noi ma siete riusciti a farmi sentire la vostra vicinanza in ogni momento. Non mi sono mai sentito solo e di questo vi sarò grato per sempre. Non sto nemmeno a fare i nomi, non come Conte, perchè con ognuno di voi custodisco grandi ricordi preziosi. Locanda Ventre non si scorderà facilmente. Volemosebbene.

Grazie alla mia famiglia, a Babbo e Mamma per essermi stati vicini in questi anni difficili.

Ne abbiamo viste delle belle eh?!. Se sono la persona che sono riuscendo a raggiungere questo traguardo lo devo a voi. Mi avete insegnato a rialzarmi ma soprattutto eravate pronti a tendermi la mano e portarmi in spalla.

A mia sorella, che dire, grazie di esserci Sara, per l’esempio che sei stata come donna e sorella.

Sono fiero della persona che sei e di quello che hai costruito. Grazie per il sostegno che mi hai dato ad affrontare questo grande percorso di crescita, mi hai dato speranza anche quando non ne avevo più.

Questa tesi ma soprattutto questi anni di impegno totale li dedico a te, Ricca, per la persona che eri e per quello che ogni giorno rappresenti per noi.

Ti ho nel cuore e ti porto con me, nelle piccole e grandi cose. Ti prometto che prima o poi mi darò al cabaret come mi dicevi sempre quando iniziavi a ridere a crepapelle per qualche battutona.

Sempre con noi, ovunque nel tempo.

p. 267

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Indice delle immagini Fig. 1 Ceci n’est pas un Bansky, Tecnificio.

p. 17

Fig. 2 Micro giardino diffuso, Filippo Protasoni.

p. 17

Fig. 3 Andy Lamb, Co-authorship network map of physicians publishing on hepatitis C, 2012.

p. 24

Fig. 4 Dati del monitoraggio 2019 del bando Culturability - Stato dei progetti vincitori.

p. 27

Fig. 5 Dati del monitoraggio 2019 del bando Culturability - Funzionalità degli spazi.

p. 28

Fig. 6 Dati del monitoraggio 2019 del bando Culturability - Gli spazi ibridi.

p. 29

Fig. 7 Dati del monitoraggio 2019 del bando Culturability - Governance.

p. 32

Fig. 8 Dati del monitoraggio 2019 del bando Culturability - Distribuzione territoriale.

p. 33

Fig. 9 Le Serre prima del Restauro, ph Kilowatt.

Fig. 16 ExFadda, laboratorio urbano inclusivo.

p. 41

Fig. 17 Dentro gli spazi, ph Claudia Corrent. p. 42 Fig. 18 LottoZero prima del restaturo, ph Cladia Corrent.

p. 43

Fig. 19 Il team di lavoro, ph Claudia Corrent. p. 43 Fig. 20 Il laboratorio, ph Claudia Corrent.

p. 45

Fig. 21 La sede di Spazio 13, Ex-Scuola Melo. p. 46 Fig. 22 L’autocostruzione della Falegnameria, Spazio 13.

p. 46

Fig. 23 Locandina evento di apertura, #Nontiscordardimelo.

p. 47

Fig. 24 Proposta di progetto Spazio 13, Borderline 24.

p. 49 p. 53

p. 34

Fig. 25 Gli elementi principali per la gestione della complessità del progetto socio-culturale, l’autore.

Fig. 10 Kilowatt, ph Lorenzo Burlando.

p. 35

Fig. 26 7 driver fondamentali dell’offerta di p. 62 un Fab Lab, l’autore.

Fig. 11 Gabbia del Leone, ph Lorenzo Burlando.

p. 35

Fig. 27 5 strategie per la sostenibilità del Fab Lab, l’autore.

p. 65

Fig. 12 Le Serre dei Giardini, Culturability.

p. 37

p. 68

Fig. 13 Antigua, il mercato dell’antiquariato mensile.

p. 38

Fig. 28 The Fab City Manifesto, Fab City project - Fab Foundation.

p. 70

Fig. 14 Al lavoro per adibire gli spazi di ExFadda.

p. 39

Fig. 29 Le quattro rivoluzioni industriali, l’autore.

p. 72

Fig. 15 Interni di X-Food designed by Sara Mondaini.

p. 39

Fig. 30 Gli elementi che costituiscono l’impresa 4.0, l’autore.

p. 272

Fig. 31 Fattori ritenuti più importanti per la

262-329

sopravvivenza di un’azienda - Talent Garden, p. 76 2017.

Fig. 44 La natura delle problematiche p. 94 emerse durante la fase ex-post, l’autore.

Fig. 32 Figure professionali ritenute chiave per fa fronte alla digital trasformation Talent Garden, 2017.

p. 77

Fig. 45 a. Lo sviluppo di MiP, dall’origine ai limiti di oggi, l’autore.

p. 96

Fig. 33 Figure professionali ritenute chiave per fafronte alla digital trasformation Talent Garden, 2018.

p. 98

p. 77

Fig. 45 b. Lo sviluppo di MiP, dall’origine ai limiti di oggi, l’autore.

Fig. 46 Makers’ Inquiry, q. 13 - Bianchini et al., 2015.

p. 104

Fig. 34 Gli ostacoli percepiti alla digital trasformation - Talent Garden, 2018.

p. 78

Fig. 35 Fasi in cui la digital trasformation può avere maggiore impatto - Talent Garden, p. 78 2017.

Fig. 36 La struttura prima del restauro Comune di Sulbiate, 2008.

p. 87

Fig. 37 La struttura dopo il restauro, ph.

Cosimo Filippini.

p. 87

Fig. 38 Le tre cartoline di ingaggio della comunità - Make in Progress verso la Filanda, 2015.

Fig. 47 Makers’ Inquiry, q. 49 - Bianchini p. 105 et al., 2015.

Fig. 48 Makers’ Inquiry, q.49 - Bianchini et al., 2015.

p. 106

Fig. 49 Dati occupazionali Politecnico di Milano, 2019.

p. 108

Fig. 50 Caratteristiche del pool di intervistati - Job Aspiration for Young Designer, l’autore.

p. 109

p. 88

Fig. 51 I fattori che determinano la scelta p. 110 di un posto di lavoro, l’autore.

Fig. 39 La riqualificazione del centro civico Make in Progress verso la Filanda, 2015. p. 89

Fig. 52 I fattori ritenuti di maggiore p. 111 interesse nella proposta della strategia, l’autore.

Fig. 40 Uno dei workshop tenutosi nel centro civico - Make in Progress verso la Filanda, p. 89 2015.

Fig. 53 Il pacchetto di offerta per il p. 113 coinvolgimento dei giovani professionisti, l’autore.

Fig. 41 Il sito di Make in Progress verso la Filanda, 2015.

p. 90

Fig. 42 Attività itineranti artistiche, workshop - Make in Progress, 2016.

Fig. 54 La nuova suddivisione degli spazi di Ex-Filanda, l’autore.

p. 90

Fig. 43 I due fattori principali che hanno generato le difficoltà ex-post, l’autore.

Fig. 55 La nuova suddivisione degli spazi p. 120 del Creative Lab, l’autore

p. 92

Fig. 56 Capitale territoriale e

p. 118

p. 123

p. 273

competitività regionale - Camagni, 2008.

Fig. 57 La stratificazione del territorio Villari, 2009.

SRL - Opendot, 2016. p. 125

Fig. 58 Joule 4.0 le prime visualizzazioni del p. 128 prodotto - The Fab Lab, 2016.

Fig. 59 L’evoluzione del prototipo - The Fab Lab, 2016.

p. 128

Fig. 60 Joule 4.0 le prime visualizzazioni del p. 129 prodotto. a una piattaforma desk e mobile The Fab Lab, 2016.

Fig. 61 Scala, l’ultimo assistente vocale di Joule 4.0 - The Fab Lab, 2016.

p. 129

Fig. 62 Cruscotti espositivi Magneti Marelli - p. 130 The Fab Lab, 2016.

Fig. 63 Dettaglio Cruscotti espositivi Magneti p. 130 Marelli - The Fab Lab, 2016.

Fig. 64 Paddock espositivo Magneti Marelli - p. 131 The Fab Lab, 2016.

Fig. 65 Il vestito sorretto dai 3 archi, Versace p. 132 Woman Couture Fall - Opendot, 2016.

Fig. 66 La cintura che avvolge il vestito, Versace Woman Couture Fall - Opendot, 2016.

p. 132

Fig. 67 La struttura interna del vestito laserata, Versace Woman Couture Fall Opendot, 2016.

p. 133

Fig. 68 Il software di controllo del sistema Lift-Bit - Carlo Ratti Associati SRL, 2016.

p. 134

Fig. 69 Lift-bit, il prodotto sviluppato per la p. 135 produzione industriale, Carlo Ratti Associati

p. 274

p. 135 Fig. 70 Prototipo finale risultato della collaborazione tra Opendot e Caro Ratti Associati SRL - Opendot, 2016.

Fig. 71 Lo sviluppo bidimensionale delle calzature - Opendot, 2017.

p. 136

p. 136 Fig. 72 Il risultato del workshop di co-progettazione tra designer e terapisti portato avanti per Vibram - Opendot, 2017.

Fig. 73 Introduzione alla stampa 3D per Henkel - WeMake, 2014.

p. 137

Fig. 74 40 dipendenti divisi in 8 postazioni nel Workshop per Henkel- WeMake, 2014.

p. 137

Fig. 75 PROXIM W650 - Catalogo Prologo, 2017.

p. 138

Fig. 76 PROXIM W650 negli spazi di Polifactory, l’autore.

p. 138

Fig. 77 Vodafone 5G Challenge for Smart City & Smart Campus - Polifactory, 2019.

p. 139

Fig. 78 Il campione dell’indagine per settori, p. 150 l’autore.

Fig. 79 L’output prodotto dalle aziende del campione, l’autore.

p. 151

Fig. 80 Le aziende del campione per materiali di utilizzo, l’autore.

p. 151

Fig. 81 La mappa delle aziende taggate secondo l’indagine, l’autore.

p. 151

Fig. 82 Il risultato dei tag e la percetuale del loro utilizzo all’interno del campione, l’autore.

p. 154

262-329

Fig. 96 L’evoluzione e ottimizzazione della dima della scatola, l’autore.

p. 167

p. 155

Fig. 97 Tutte le tavole sovrapposte, l’autore.

p. 168

p. 156 p. 156

Fig. 98 La tavola n.2: Make in Progress, l’autore.

p. 168

Fig. 99 La tavola n.3: “Il Creative Lab”, l’autore.

p. 169

Fig. 100 La tavola n.4:“Cresciamo insieme”, l’autore.

p. 169

Fig. 83 Il campione dell’indagine per settori, p. 154 l’autore.

Fig. 84 Le schede di analisi di 15 aziende taggate, l’autore.

Fig. 85 La metafora dell’incontro tra professionisti e community, in un’ipotesi grafica per banner Facebook, l’autore.

Fig. 86 Postcard n.1: “Non solo tecnologie ma opportunità”, l’autore.

p. 157

Fig. 87 Postcard n.2: “Non solo tecnologie ma progetti”, l’autore.

p. 158

Fig. 88 Postcard n.2 “Non solo tecnologie ma visioni”, l’autore.

p. 159

Fig. 89 Frame del video, realizzato da un videomaker Freelancer- www. makeinprogress.it, 2019.

p. 160

Fig. 90 Il sito Web, landing page per la campagna “Cresciamo insieme”, l’autore.

p. 161

Fig. 91 Il sito Web, l’offerta alle aziende; per p. 162 la campagna “Cresciamo insieme”, l’autore Fig. 92 Il sito Web, il team di lavoro e le competenze, l’autore.

p. 163

Fig. 93 Le illustrazioni delle 4 tavole, l’autore.

p. 165

p. 166 Fig. 94 I vari tentativi durante la fase di prototipazione con materiali differenti come la seta.

Fig. 95 Tentativi di incisione necessari al settaggio della macchina, l’autore.

p. 167

Fig. 101 Il gift pack con tutte le tavole al suo p. 170 interno, l’autore.

Fig. 102 La scatola aperta del gift pack, l’autore.

p. 171

Fig. 103 Tutti gli elementi del gift pack, l’autore.

p. 171

Fig. 104 Il manifesto di Make in Progress inserito per l’Usb Drive del gift pack, l’autore.

p. 172

Fig. 105 Il rapporto tra la community e il network, l’autore.

p. 174

Fig. 106 Il sistema Make in Progress e la sua p. 176 nuova prospettiva dopo la strategia, l’autore.

Fig. 107 Fase 1: Manutenzione macchine per la riattivazione del laboratorio, l’autore.

p. 180

Fig. 108 Fase 2: Formazione sulla gestione p. 180 delle macchine, l’autore.

Fig. 109 Fase 3: Testing effettivo Fig. 106 del p. 181 funzionamento delle macchine, l’autore.

p. 275

Fig. 110 Fase 4: Recupero e documentazionep. 181 dei settaggi macchina, l’autore.

Fig. 111 Lo sviluppo degli obiettivi per rendere sostenibile il progetto, l’autore.

p. 182

Fig. 112 I possibili scenari della collaborazione con l’azienda, l’autore.

p. 190

Fig. 113 a Calcolo dei costi e della distribuzione ipotetica di una collaborazione. simulata, l’autore.

p. 194

Fig. 113 b Calcolo dei costi e della distribuzione ipotetica di una collaborazione. simulata, l’autore.

p. 196

Fig. 113 c Calcolo dei costi e della distribuzione ipotetica di una collaborazione. simulata, l’autore.

p. 198

Fig. 113 d Calcolo dei costi e della distribuzione ipotetica di una collaborazione. simulata, l’autore.

p. 200

Fig. 114 Scheda di Analisi di Caimi Brevetti p. 203 successiva alla valutazione rispetto ai Tag, l’autore.

Fig. 115 La composizione interna in p. 206 poliestere a densità variabile del pannello Caimi Brevetti.

Fig. 116 Snowsound nella versione a sospensione - Caimi Brevetti.

p. 206

Fig. 117 L’indice di frequenze assorbite dalla tecnologia Snowsound - Caimi Brevetti.

p. 207

Fig. 118 Analisi del catalogo Snowsound per p. 208 tipologia, l’autore.

Fig. 119 Analisi Snowsound per

p. 276

p. 208

caratteristiche del prodotto, l’autore.

Fig. 120 Analisi Snowsound per materiali, l’autore.

p. 209

Fig. 121 Progetti e categorie per caratteristiche emerse dall’analisi tipologica, l’autore.

p. 210

Fig. 122 Progetti e categorie di rilievo emerse dall’analisi tipologica, l’autore.

p. 212

Fig. 123 La divisione degli spazi di Polifactory - Polifactory.

p. 218

Fig. 124 Il tavolo principale per il Co-workin, p. 219 ph Diego Mayon.

Fig. 125 Lo svolgimento di un workshop nello spazio multifunzionale - Polifactory.

p. 219

Fig. 126 La sala Workshop interna con il lab di elettronica e ele stampanti 3d, ph Diego Mayon.

p. 219

Fig. 127 Gli spazi di Talent Garden Calabiana p. 220 - Carlo Ratti & Associati Studio, 2015.

Fig. 128 L’open space sul primo piano Talent Garden.

p. 221

Fig. 129 Due co-worker a lavoro in una p. 221 postazione desk - Talent Garden Calabiana.

Fig. 130 Una struttura chiusa per il p. 221 pacchetto OFFICE all’interno dell’open space - Talent Garden Calabiana.

Fig. 131 Snowsound e i due contesti applicativi, l’autore.

p. 222

Fig. 132 Utente di riferimento per il contesto n.1: il maker, l’autore.

p. 224

262-329

Fig. 133 Utente di riferimento per il contesto n.2: il co-worker, l’autore.

p. 225

flusso di lavoro individuale: un’altra prospettiva, l’autore.

Fig. 134 User journey dei due utenti nei loro rispettivi contesti di riferimento, l’autore.

p. 226

Fig. 146 Dettaglio delle prese Schuko al centro del sistema, l’autore.

Fig. 135 Condizioni del contesto e bisogni degli utenti definiscono le caratteristiche del prodotto, l’autore.

p. 231

Fig. 136 Il sistema con i giunti principali e i moduli per il sostegno del pannello Snowsound. l’autore.

p. 232

Fig. 137 Il sistema con i giunti principali p. 233 e i moduli per il sostegno del pannello Snowsound, da un’altra prospettiva, l’autore.

p. 245

Fig. 147 Transizione da una conformazione p. 245 ad un’altra; il pannello in movimento, l’autore.

Fig. 148 La configurazione dall’alto: flusso di lavoro misto, l’autore.

p. 246

Fig. 149 Lo scorrimento e la rotazione del pannello permettono il dialogo; collaborazione laterale, l’autore.

p. 247

Fig. 150 La configurazione dall’alto: flusso di lavoro misto, l’autore.

p. 248

Fig. 151 Lo scorrimento e la rotazione del pannello permettono il dialogo; collaborazione frontale, l’autore.

p. 249

Fig. 138 La disposizione a croce in vista isometrica, con gli elementi componenti, l’autore

p. 235

Fig. 139 Le componenti di sostegno e i semilavorati che costituiscono il sistema, l’autore.

p. 235

Fig. 140 Gli elementi che costituiscono il sistema, l’autore.

p. 239

Fig. 153 Utente di riferimento per il modello p. 253 di distribuzione: l’imprenditore, l’autore.

Fig. 141 La disposizione longitudinale, l’autore.

p. 241

Fig. 154 Customer journey all’interno del p. 254 sito per l’acquisizione del pannello, l’autore.

Fig. 142 Dettaglio del modulo aggiuntivo morsetto che fissa la struttura al tavolo, l’autore.

p. 241

Fig. 155 Mappa sistemica tra produzione e p. 257 relazioni costruite tra stakeholders, l’autore.

Fig. 143 La configurazione dall’alto: flusso di lavoro individuale, l’autore.

p. 242

Fig. 156 La ricerca della sezione dedicata sull’Homepage di Caimi Brevetti, l’autore.

p. 258

Fig. 144 Vista laterale della prima fase a focus individuale, l’autore.

p. 243

p. 259

Fig. 145 La configurazione iniziale e il

p. 244

Fig. 157 La pagina “su Misura” nella sezione Software 3d del sito di Caimi, l’autore.

Fig. 152 Utente di riferimento per il modello p. 252 di distribuzione: il lab manager, l’autore.

p. 277

Fig. 158 Il configuratore e le possibilità che offre in termini di personalizzazione, l’autore.

p. 260

Indice delle Appendici

Fig. 159 Dopo la selezione dei moduli si passa al riepilogo spesa che permette di verificare la disponibilità dei partner convenzionati, l’autore.

p. 261

Sezione A. Le schede di analisi delle aziende risultate positive al Tag. Fig. 1 La scheda di analisi di Giovanardi Spa. p. 280 Fig. 2 La scheda di analisi di SempreLegno. p. 281 Fig. 3 La scheda di analisi di S.I.L.F.A S.R.L.

p. 282

Fig. 4 La scheda di analisi di Union Foam.

p. 283

Fig. 5 La scheda di analisi di Playmobil. .

Fig. 6 La scheda di analisi di Giganplast.

p. 284

Fig. 7 La scheda di analisi di Gatto Group.

p. 286

Fig. 8 La scheda di analisi di Formenti & Giovenzana.

p. 287

p. 285

Fig. 9 La scheda di analisi di Caimi Brevetti. p. 288 Fig. 10 La scheda di analisi di Millefiori.

p. 289

Fig. 11 La scheda di analisi di Variati.

p. 290

Fig. 12 La scheda di analisi di Elle Fratelli.

p. 291

Fig. 13 La scheda di analisi di Cleaf .

Fig. 14 La scheda di analisi di Sampietro.

p. 292 p. 293

Sezione B. La presentazione per l’incontro esplorativo con Caimi Brevetti.

p. 278

Slide. 1 Introduzione al progetto MiP

p. 295

Slide. 2 3 livelli di intervento

p. 296

Slide. 3 Mission

p. 297

262-329

Slide. 4 Pacchetto di offerta

p. 298

elettrificato.

Slide. 5 Modello di gestione

p. 299

Slide. 6 Caimi: 3 livelli di analisi

p. 300

Slide. 7 Ambito di progetto

p. 301

Fig. 5 Gli accessori possibili da integrare p. 323 nel sistema elettrificato. .

Fig. 6 Dettaglio della sezione dell’estruso p. 323 e dello scasso interno per la casistica.

Slide. 8 Win-win

p. 302

Slide. 9 Riferimenti

p. 303

Slide. 10 Primo stimolo

p. 304

Slide. 11 Ipotesi

p. 305

Sezione C. CMF - Digital Fabrication.

1- Taglio laser e Legno

p. 306

2- Taglio laser e Polimeri

p. 308

3- Stampa 3D

p. 310

4- Fresa

p. 314

5- Giunti e incastri

p. 316

6- Pattern

p. 318

Fig. 7 La terza proposta: la versione free p. 324 standing con luce orientabile.

Fig. 8 Dettaglio della stazione di ricarica p. 325 presente nella terza proposta e del proiettore da tavolo.

Fig. 9 Prima variante della proposta p. 326 selezionata dall’azienda: semilavorato e binario standard elettrificato. p. 327 Fig. 10 Seconda variante della proposta selezionata: semilavorato e spazio per lo scorrimento delle prese standard.

Sezione. D Sviluppo prodotto; l’evoluzione del progetto.

Fig. 1 La prima proposta per Caimi: modulo p. 320 fresato.

Fig. 2 La variante della prima proposta: il semilavorato.

p. 321

Fig. 3 Vista laterale della variante della prima proposta.

p. 321

Fig. 4 La seconda proposta: il binario

p. 322

p. 279

Sezione A. Le schede di analisi delle aziende risultate positive al Tag Fig. 1 La scheda di analisi di Giovanardi Spa.

DATI

Nome: Giovanardi Spa (& Lettera G).

Indirizzo: Via Ozanam, 35; Concorezzo.

Fatturato: 18.814.524 €, 2016.

Settore: Arredamento.

Swot analisi:

Output: Prodotto A // espositori, vetrine, packaging e esposizioni.

Punteggio Tag: 6/8.

Partner: Dior, Chanel, D&G, Damiani, Calvin Klein, Gucci, Samsung, Campari, Ferrari, Amplifon e Bticino.

Attinenza per competenze

Output C/MG/S

Comunicazione

Rapporto a lungo termine

Output A/B

(5;4)

(-1;4)

CANALI DI COMUNICAZIONE

Sito web: https://www.giovanardispa.com/it/ Instagram: https://www.instagram.com/ giovanardi_spa/ LinkedIn: https://www.linkedin.com/company/ giovanardi-spa/ Mail: info@giovanardispa.it direttore e ufficio commerciale: max@giovanardispa.it; roberta.scimia@ giovanardispa.it

key account manager: balconi@giovanardispa.it dariush@giovanardispa.it Profili LinkedIn collegati (tot. 38): Massimo Giovanardi - AD Fabio Pirotta - Project Manager; Beniamino Balconi - Key Account; Max Miglio - Diretto commerciale; Chiara Elena Redaelli - Designer; Andrea Recalcati - Digital Innovation.

tag

p. 280

6/8

262-329

Fig. 2 La scheda di analisi di Sempre Legno.

DATI

Nome: Sempre Legno.

Indirizzo: Via San Martino, 79; Lissone.

Fatturato: // Settore: Arredamento.

Swot analisi: Attinenza per competenze

Output: Prodotto A // Arredamento.

Punteggio Tag: 7/8.

Partner: Confartigianato, Brianza Design District, Studio Ghigos, Dossofiorito, Zanellato, Bortotto, Francesco Faccin, Tania de Cruz, Lucidi e Pevere e Miranda Morico.

Comunicazione

Output A/B

Output C/MG/S

(5;5)

Rapporto a lungo termine

(2;4)

CANALI DI COMUNICAZIONE

Sito web: http://www.semprelegno.it/ Facebook: https://www.facebook.com/SempreLegno/ Instagram: https://www.instagram.com/ semprelegno/?hl=en LinkedIn: https://www.linkedin.com/company/ semprelegno/about/

Profili LinkedIn collegati (tot. 3): Sempre Legno - Direttore generale; Cristina Reccagni - Creative Director; Federico Fumagalli - Designer.

Mail: info@semprelegno.it

tag

7/8

p. 281

Fig. 3 La scheda di analisi di S.I.L.F.A. S.r.l..

DATI

Nome: S.I.L.F.A. S.r.l.

Indirizzo: Via Manzoni, 9; Sulbiate.

Fatturato: 32.156.656 €, 2016.

Settore: Imballaggi.

Output: Prodotto B // contenitori in acciaio.

Punteggio Tag: 5/8.

Partner: colosso del settore che distribuisce in 28 paesi differenti.

Swot analisi: Attinenza per competenze

Output C/MG/S

Comunicazione

Rapporto a lungo termine

Output A/B

(3;4)

(-2;3)

CANALI DI COMUNICAZIONE

Sito web: http://www.silfa.it/en/ Mail: info@silfa.it Tel.: +39 039 62415 Fax: +39 039 60.22.636

tag

p. 282

5/8

262-329

Fig. 4 La scheda di analisi di Union Foam.

DATI

Nome: Union Foam.

Indirizzo: Via dell’Industria, 1; Bellusco.

Fatturato: 14.878.450 €, 2016.

Settore: Plastiche.

Output: Prodotto C // Isolamento termico e acustico.

Punteggio Tag: 5/8.

Partner:primo produttore in Italia e leader sul mercato Europeo per prodotti isolanti.

Swot analisi: Attinenza per competenze

Comunicazione

Output A/B

Output C/MG/S

(-4;2)

Rapporto a lungo termine

(-2;3)

CANALI DI COMUNICAZIONE

Sito web: http://www.unionfoam.it/en/ Instagram: https://www.instagram.com/ unionfoam_insulation/?hl=en LinkedIn: https://www.linkedin.com/company/ union-foam-s.p.a./about/

Profili LinkedIn collegati (tot. 5): Alessia Solcia - Responsabile Cutomer Service; Giorgia Cirillo - Marketing; Alberto Benedusi - Procuratore.

Mail: sales@unionfoam.it Tel: +39 039 620891 Fax: +39 039 6840849

tag

5/8

p. 283

Fig. 5 La scheda di analisi di Playmobil Italia.

DATI

Nome: Playmobil Italia.

Indirizzo: Via Trieste, 26; Vimercate.

Fatturato: 13.249.777 €, 2016.

Settore: Giocattoli in plastica.

Output: Prodotto A // giocattoli.

Punteggio Tag: 6/8.

Partner:

Swot analisi: Attinenza per competenze

Output C/MG/S

Comunicazione

Rapporto a lungo termine

Output A/B

(5;3)

(-1;5)

CANALI DI COMUNICAZIONE

Sito web: https://www.playmobil.it/ Facebook: https://www.facebook.com/ playmobilitalia/ Instagram: https://www.instagram.com/ playmobil/?hl=en LinkedIn: https://www.linkedin.com/company/ playmobil_2/

Profili LinkedIn collegati (tot. 97): Andrea Galmozzi - Marketing coordinator; Enrico Gabella - National account manager; Stefania Errico - Trade Marketing specialist; Gianfranco Ressa - Customer Service; Silvia Dall’Angelo - Supply chain coordinator

Mail: //

tag

p. 284

6/8

262-329

Fig. 6 La scheda di analisi di Giganplast.

DATI

Nome: Giganplast.

Indirizzo: Via Roma, 21; Mezzago.

Fatturato: 10.156.261 €, 2016.

Settore: Imballaggi.

Output: Prodotto A // Contenitori plastici alimentari e per rifiuti.

Punteggio Tag: 5/8.

Partner: Azienda di calibro internazionale è rappresentata in 19 paesi di Europa e 15 del resto del mondo.

Swot analisi: Attinenza per competenze

Comunicazione

Output A/B

Output C/MG/S

(3;4)

Rapporto a lungo termine

(2;3)

CANALI DI COMUNICAZIONE

Sito web: https://www.giganplast.it/ Facebook: https://www.facebook.com/ Giganplast-Spa-160588691242907/ LinkedIn: https://www.linkedin.com/company/ giganplast-s.p.a./about/

Profili LinkedIn collegati (tot. 5): Franco C. - Responsabile commerciale; Silvia Gigante - Responsabile commerciale.

Mail: // Tel.: 039 627471 Fax: 039 6274747

tag

5/8

p. 285

Fig. 7 La scheda di analisi di Gatto Group.

DATI

Nome: Sarno Display - Gatto Group.

Indirizzo: Via G. Galilei, 30; Carnate.

Fatturato: 14.399.808 €, 2016.

Settore: Packaging/allestimento.

Swot analisi: Attinenza per competenze

Output C/MG/S

Output: Prodotto A // espositori e packaging.

Punteggio Tag: 6/8.

Partner: lavorano con aziende di alta moda che hanno reparti di cosmetici, occhialeria, bevarage gioiellerie e packaging per il lusso.

Comunicazione

Rapporto a lungo termine

Output A/B

(5;4)

(2;5)

CANALI DI COMUNICAZIONE

Sito web: https://gatto.it/en/sarno-display-srl/ Facebook: https://www.facebook.com/ GattoAstucci/ LinkedIn: https://www.linkedin.com/company/ sarno-display-s.r.l./about/ https://www.linkedin.com/company/gatto-group/ Mail: gatto@gatto.it hr@gatto.it

Profili LinkedIn collegati (tot. 52): Maurizio Rocca - Sales Manager (SD); Andrea Tentori - Tecnico Digitale (SD); Gabriele Margani - Sales Group (GG); Lina Casagrande - Risorse Umane (GG); Cristian Paravano - Direttore Generale (GG); Andrea La Camera - Key Account Manager (GG); Cecilia Crestale - Designer (GG); Sara Zagatti - Key Account Manager (GG); Manuela Marazzato - Key Account Manager (GG).

tag

p. 286

6/8

262-329

Fig. 8 La scheda di analisi di Formenti e Giovenzana.

DATI

Nome: Formenti & Giovenzana S.P.A. Indirizzo: Via Concordia, 16; Veduggio Con Colzano.

Fatturato: 199.076.154 €, 2016.

Settore: Arredamento.

Output: Prodotto C // Cassetti, cerniere e sitemi di apertura.

Punteggio Tag: 6/8.

Partner: azienda di calibro internazionale con partner in tutto mondo.

Swot analisi: Attinenza per competenze

Output A/B

Output C/MG/S

(-3;3)

Comunicazione

Rapporto a lungo termine

(-2;4)

CANALI DI COMUNICAZIONE

Sito web: http://www.fgv.it/index.php/en/ Facebook: https://www.facebook.com/FormentiGiovenzana-FGV-Jordan-1917744668475454/ LinkedIn: https://www.linkedin.com/company/ formentiegiovenzana/ Mail: info@fgv.it Tel. +39 (0)362 9471 Fax +39 (0)362 998788

Profili LinkedIn collegati (tot. 67): Gaia Formenti - HR Specialist; Silvana Riboldi - Sales Manager; Marco Daniel - Quality Manager; Alberto Nava - Group Controller; Corrado Redaelli - Direttore Stabilimento; Marco Fasani - Market Manager; Massimiliano Ciceri - Agente di Vendita; Elisa Ricchi - Design & Engineering; Stefano Cattaneo - Market Manager.

tag

6/8

p. 287

Fig. 9 La scheda di analisi di Caimi Brevetti.

DATI

Nome: Caimi Brevetti.

Indirizzo: Via Brodolini 25; Nova Milanese.

Fatturato: 13.220.386 €, 2016.

Settore: Arredamento.

Swot analisi:

Output: Prodotto A // arredo vario/pannelli fono assorbenti.

Punteggio Tag: 6/8.

Partner: azienda storicamente design oriented, collaborazione con diversi progettisti.

Attinenza per competenze

Output C/MG/S

Comunicazione

Rapporto a lungo termine

Output A/B

(5;5)

(3;5)

CANALI DI COMUNICAZIONE

Sito web: https://www.caimi.com/it/index/ Facebook: https://www.facebook.com/caimibrevetti/ LinkedIn: https://www.linkedin.com/company/ caimi-brevetti-s.p.a./ Instagram: https://www.instagram.com/ caimibrevetti/?hl=en Mail: vendite.italia@caimi.com export.dept@caimi.com

Tel: 0362 49101 Profili LinkedIn collegati (tot. 13): Chiara Albano - Tecnico Acustico; Nicoletta Corvatta - Sales Agent; Ferruccio Nicolò - Executive Sales; Stefano Bellesso - Funzionario Commerciale; Silvia Sottocorno - Export Sales; Andrea Ettore Buscaglia - Export S. Manger.

tag

p. 288

6/8

262-329

Fig. 10 La scheda di analisi di Millefiori.

DATI

Nome: MilleFiori Milano S.r.L..

Indirizzo: Via del Commercio 28; Bernareggio.

Fatturato: 22.973.275 €, 2016.

Settore: Chimico/fragranze.

Output: Prodotto A // Profumatori d’ambiente per casa, auto e locali.

Punteggio Tag: 6/8.

Partner: //.

Swot analisi: Attinenza per competenze

Comunicazione

Output A/B

Output C/MG/S

(3;3)

Rapporto a lungo termine

(3;4)

CANALI DI COMUNICAZIONE

Sito web: https://www.millefiorimilano.com Facebook: https://www.facebook.com/ MillefioriMilano-128705553820630/ Instagram: https://www.instagram.com/ millefiori_milano/?hl=en LinkedIn: https://www.linkedin.com/company/ millefiori-s-r-l-/

Profili LinkedIn collegati (tot. 19): Alejandra Galbiati - Responsabile sv. prod.; Stefano Luparelli - Ufficio acquisti; Luca Pellegata - CFO; Davide Turla - Export Manager; Monica Sarni - Respnsabile amministrativo.

Mail: infomillefiori@newellco.com Tel.: +39-039-922097 Fax: +39-039-9220943

tag

6/8

p. 289

Fig. 11 La scheda di analisi di Variati.

DATI

Nome: Variati S.P.A. Indirizzo: Via Guido Rossi 36; Concorezzo.

Fatturato: 11.783.541 €, 2016.

Settore: Chimico .

Output: Prodotto C // cosmetica/nutraceutica.

Punteggio Tag: 5/8.

Partner: //.

Swot analisi: Attinenza per competenze

Output C/MG/S

Comunicazione

Rapporto a lungo termine

Output A/B

(-4;2)

(-1;3)

CANALI DI COMUNICAZIONE

Sito web: https://www.variati.it/ LinkedIn: https://www.linkedin.com/company/ variati-s.p.a./

Profili LinkedIn collegati (tot. 15): Robin Variati - Proprietario; Vincenzo Follino - Marketing Manager; Laura Caimi - Sales & Manager; Matteo Villa - Responsabile Commerciale;

Mail: info@variati.it;cosmetic.info@variati. it; nutrizionale@variati.it Tel: +39 039 611581 Fax: +39 039 6041340

tag

p. 290

5/8

262-329

Fig. 12 La scheda di analisi di Elli Fratelli.

DATI

Nome: Elli Fratelli (Delo).

Indirizzo: Via Prealpi, 14; Giussano.

Fatturato: //.

Settore: Arredamento.

Output: Prodotto A // letti, armadi, cabine, complementi.

Punteggio Tag: 6/8.

Partner: // .

Swot analisi: Attinenza per competenze

Comunicazione

Output A/B

Output C/MG/S

(3;3)

Rapporto a lungo termine

(3;4)

CANALI DI COMUNICAZIONE

Sito web: http://www.ellifratelli.com/ Facebook: https://www.facebook.com/ CollezioneDelo?fref=ts Instagram: https://www.instagram.com/elli_ delo/?hl=en

Tel.: +39 0362 850602 Fax: +39 0362 851441 Profili LinkedIn collegati (tot. 1): Davide Elli - Imprenditore.

Mail: info@ellifratelli.com; amministrazione@ ellifratelli.com; ordini@ellifratelli.com; ufficiotecnico@ellifratelli.com; contract@ ellifratelli.com

tag

6/8

p. 291

Fig. 13 La scheda di analisi di Cleaf S.P.A.

DATI

Nome: Cleaf S.P.A. Indirizzo: Via Bottego 15; Lissone.

Fatturato: 119.025.041 €, 2016.

Settore: Arredamento .

Output: Prodotto A/B // pannelli e arredo.

Punteggio Tag: 6/8.

Partner: in primo piano Bestetti associati, Studio Milo, Studio Azzurro e Mauro Staccioli.

Swot analisi: Attinenza per competenze

Output C/MG/S

Comunicazione

Rapporto a lungo termine

Output A/B

(4;4)

(2;5)

CANALI DI COMUNICAZIONE

Sito web: https://www.cleaf.it/ Facebook: https://www.facebook.com/ cleafofficial/ Instagram: https://www.instagram.com/cleaf_ official/?hl=en LinkedIn: https://www.linkedin.com/company/ cleaf-spa/ Mail: info@cleaf.it; cleaf@pec.cleaf.it Tel: +39 039 2074 Fax: +39 039 6041340

Profili LinkedIn collegati (tot. 76): Luca Pangrazzi - Communication Manager; Alessandro Carrara - General Manager; Blanca Pulbea - Inside Sales; Stefano Monti - R&D; Bruno Mora - Technical Manager; Daniele Malberti - Account Manager; Paola Mazzoletti - CFO; Julia Kerschke - Area Export Manager; Elisabetta Caldara - Project Manager.

tag

p. 292

6/8

262-329

Fig. 14 La scheda di analisi di Sampietro 1927.

DATI

Nome: Sampietro 1927.

Indirizzo: Via Belvedere, 2; Lipomo.

Fatturato: //.

Settore: Arredamento.

Output: Prodotto A // artigiani dei metalli.

Punteggio Tag: 5/8.

Partner: // .

Swot analisi: Attinenza per competenze

Comunicazione

Output A/B

Output C/MG/S

(3;3)

Rapporto a lungo termine

(2;2)

CANALI DI COMUNICAZIONE

Sito web: http://www.sampietro1927.com/ Facebook: https://www.facebook.com/Sampietro1927-146622165398673/?fref=ts

Profili LinkedIn collegati (tot. 0)

Mail: contact@sampietro1927.com Tel.: 031 280357

tag

5/8

p. 293

ciao@makeinprogress.it

2019_2020

Sezione B. La presentazione per l’incontro esplorativo con Caimi

MAKE IN PROGRESS Brianza Creative Lab

makeinprogress.it

p. 294

pictures@Cosimo Filippini

262-329

Slide. 1 L’introduzione al progetto Make in Progress attraverso i momenti salienti della sua storia.

Introduzione Make in Progress

Make in Progress nasce con il supporto di Politecnico di Milano da una sperimentazione che ha luogo all’interno della rivalutazione e restauro del complesso della Ex-Filanda.

Un progetto strategico del Distretto Culturale Evoluto di Monza e Brianza (DCE), finanziato dalla Camera di Commercio di Milano, Monza Brianza e Lodi e da Fondazione Cariplo.

900 mq totali 540 mq di sale 250 mq di uffici Il making come collante delle attività presenti.

p. 295

Slide. 2 I 3 livelli d’intervento del contributo di tesi.

Tesi

I 3 livelli di intervento Lo studio ha l’obiettivo di redigere un nuovo modello per Make in Progress, Creative Lab, nato all’interno di Ex-Filanda.

Un piano strategico che sia in grado di portare alla sostenibilità economica facendo leva su un rapporto collaborativo tra progettisti e imprese del territorio all’interno di uno spazio fondato sulla condivisione delle competenze legate al “saper fare”.

Lv. 1: l’analisi dello sviluppo ex-post.

1

Economie

Business Plan

Mission

2

Competenze

Profilazione

Pacchetto di offerta

Team di lavoro

Gli spazi

Modello di gestione

Lv. 2: la necessità di competenze di progetto.

Lv. 3: l’attivazione di un network d’imprese per il progetto.

p. 296

3

262-329

Slide. 3 Economie

Business Plan

1

Mission

Il recupero e sviluppo della Mission.

Lv. 1: l’analisi dello sviluppo ex-post.

Mission La formazione resta un obiettivo centrale del progetto grazie a dei percorsi di apprendimento multilivello per professionisti, aziende e cittadini.

L’investimento sui giovani laureati e professionisti per un confronto diretto con l’imprenditorialità.

1

Formazione multilivello - learning by doing/by experts

2

Accesso alle macchine, struttura e network

Il coinvolgimento della fitta rete di realtà aziendali e artigianali del territorio per offrire uno spazio fisico per uno scambio di saperi continuo che offra l’opportunità a tutti i soggetti di una crescita.

Ob. 1: costruire competenze.

Ob. 2: i giovani professionisti al centro.

Ob. 3: valorizzare il capitale territoriale.

3

Un luogo fisico per il contatto con una massa creativa

p. 297

Slide. 4

2

Competenze

Profilazione

Pacchetto di offerta

Il pacchetto di offerta per i giovani professionisti.

Lv. 2: la necessità di competenze di progetto.

Pacchetto di offerta In prima fase vengono individuati dei progettisti con specificità differenti per creare il Team Resident e delle figure full-time per la gestione del laboratorio: i Lab manager e un Project manager.

Ai Team Resident viene offerta la formazione alle macchine gratuita; accesso gratuito ad una postazione nelle aree Fab Lab o Sala Eventi; accesso al Wi-Fi e accesso a pagamento ridotto alle macchine.

A

Selezione

Figure part-time

Figure full-time

B

Formazione

Abilitazione e postazione

Accesso al network

Il modello offre ai giovani l’accesso ad un network di aziende e istituzioni. In base alle collaborazioni con MiP si ottengono dei benefit.

Fase A: selezione figure part/full-time.

-

Fase B: formazione, abilitazione, postazione e network.

Fase C: favorire il lavoro indipendente e con Make in Progress.

p. 298

+ benefit

C

Il lavoro con MiP permette di guadagnare benefit

262-329

Slide. 5

Lv. 3: l’attivazione di un network d’imprese per il progetto.

Il modello di gestione interno ed esterno di MiP.

3

Team di lavoro

Gli spazi

Modello di gestione

Start uppers

1

Interno

Make in Progress si prefissa di gestire le relazioni interne tra chi occupa i differenti ambienti della struttura offrendo agli stakeholders esterni (istituzioni, enti, artigiani e imprese) gruppi di lavoro contaminati da formazioni e competenze differenti.

Co-workers

La proposta prevede un nuovo modello collaborativo tra start-uppers, co-workers, lab experts e team resident per creare un ambiente lavorativo multidisciplinare fondato sulla condivisione delle conoscenze legate alle tecnologie e al “saper fare”.

Team Resident

Modello di gestione

Lab experts

Istituzioni

Imprese

Enti sociali

Sistema 1: modello di gestione interno dei diversi gruppi di lavoro.

Sistema 2: gli stakeholders con cui costruire le relazioni progettuali.

2

Esterno

Artigiani

p. 299

Slide. 6 Caimi: 3 livelli di analisi.

Come potrebbe evolversi la linea Snowsound nel cercare di avvicinarsi al mondo maker e agli spazi del saper fare digitale?

I 3 livelli di analisi L’obiettivo è ampliare la linea Snowsound grazie alla collaborazione tra Make in Progress e Caimi Brevetti.

Un progetto sviluppato a partire dall’analisi di 3 livelli:

1

Formazione

Lv. 1: un contesto che ospita attività differenti.

2

Macro ambienti

Utilizzo Macchine

Lavoro individuale e di gruppo

Micro ambienti

Lv. 2: le attività definiscono le conformazioni dello spazio.

Lv. 3: gli ambienti devono avere determinate caratteristiche.

p. 300

3

Strumenti di supporto

Flessibili

Funzionali per le attività

262-329

Slide. 7 L’ambito di progetto e i possibili campi di azione.

Lv. 3: gli ambienti devono avere determinate caratteristiche.

3

Strumenti di supporto

Flessibili

Funzionali per le attività

Ambito di progetto Facendo leva sulle tre categorie individuate si potrebbe definire un brief per lo sviluppo congiunto di un progetto.

Un pannello potenzialmente in grado non solo di migliorare le condizioni del lavoro bensì modificarsi e adattarsi in base alle necessità dello spazio e delle attività presenti al suo interno.

Gestione spazi Supporto attività

Ob. : un pannello Snowsound mobile e trasformabile che permetta una gestione degli spazi dinamica offrendo degli strumenti di supporto alle differenti attività.

Flessibilità

Modulare

Mobile

Funzionale

Livelli di analisi

p. 301

Slide. 8 La potenziale condizione winwin per i due partner.

Win-win L’operazione può condurre ad una condizione winwin, dove Caimi permea nel mondo dei Fab Lab con un prodotto frutto del dialogo tra il proprio brevetto, le competenze di fabbricazione digitali e quelle del Caimi Acoustic Lab. Un progetto che offre:

1

Caimi Brevetti

win 1: a Caimi un punto di contatto con il mondo maker e un nuovo prodotto trasferibile sul mercato. win 2: ai Fab Lab una soluzione per gestire al meglio attività e spazi sfruttando le tecnologie di fabbricazione digitale.

p. 302

2

Fab Lab network

262-329

Slide. 9 I riferimenti d’ispirazione dal catalogo Snowsound.

Riferimenti Analizzando il catalogo Snowsound emergono 4 progetti chiave che mettono in evidenzia caratteristiche compatibili con i Makerspace e i valori precedentemente individuati.

Sono i progetti di Sezgin Aksu (Sepà), di Lorenzo Palmieri (Corista), di Lorenzo Damiani (Blade) e di Philippe Nigri (President).

1

Mobilità e flessibilità nei progetti Sepà e Corista.

Lv. 1: mobilità, flessibilità e trasportabilità.

Lv. 2: funzionalità e modularità.

2

Funzionalità e modularità nei progetti Blade e President

p. 303

Slide. 10 Primi stimoli per contestualizzare l’intervento.

Primo stimolo

1: Personalizzabile 2: Modulare 3: Mobile 4: Ruotabile 5: Str. a terra

p. 304

262-329

Slide. 11 Prima ipotesi di caratteristiche di prodotto.

Ipotesi: pannello mobile a 3 moduli 60x60. Ad ogni modulo è associata una funzione legata a formazione e attività laboratoriali.

p. 305

Sezione C. CMF - Digital Fabrication Taglio laser

Legni

Soft Wood #f4eba8 #35469d #0e9a48 R: 244 G: 235 B: 168 R: 53 G: 70 B: 157 R: 14 G: 154 B: 72

Legno di balsa o il pioppo, richiedono un livello di potenza laser inferiore e possono essere incisi e tagliati più velocemente.

L’incisione produce meno contrasto (è più leggera).

Hard Wood #9e5431 #f0bb8f #c07c59 R: 158 G: 84 B: 49 R: 240 G: 187 B: 143 R: 192 G: 124 B: 89

Quercia o ciliegio, sono esempi di legni densi, che richiedono un livello di potenza laser più elevato per il taglio e l’incisione.

L’incisione stessa diventa più contrastante rispetto al soft wood.

Legni coniferi #e9eae5 #dbcab8 #af8f69 R: 233 G: 234 B: 229 R: 219 G: 202 B: 184 R: 173 G: 145 B: 105

Larice o abete, non sono adatti per l’incisione laser. Hanno un gran numero di venature irregolari. Il legno circostante (“non granuloso”) è piuttosto morbido, il che rende difficile trovare i parametri giusti.

Piallacci #f2d4b0 #ba782e #c7a67bR: 242 G: 212 B: 176 R: 186 G: 120 B: 46 R: 199 G: 166 B: 123

Pannelli sottili di alberi differenti reagiscono all’incisione con le medesime proprietà del legno massello.

Compensato #e0bf89 #65462a #23201bR: R:224 G: 191 B: 137 R: 101 G: 70 B: 42 R: 35 G: 32 B: 27

Costituito da almeno tre strati di legno la cui venatura viene incollata e pressata con un angolo di 90 °. Il compensato è disponibile in vari tipi di legno e diversi spessori. Il tipo di colla influenza il taglio. Si adattano meglio quelli che utilizzano colla bianca.

Mdf #d4b893 #bdad96 #aa895c R: 212 G: 184 B: 147 R: 189 G: 173 B: 150 R: 170 G: 137 B: 92

p. 306

L’MDF è un materiale omogeneo in soft wood finemente defibrato, principalmente privo di corteccia, che viene pressato delicatamente nelle direzioni longitudinale e trasversale.

La superficie e i bordi sono lisci e sodi.

Quindi MDF può essere facilmente inciso e tagliato. Tuttavia, va notato che i bordi di taglio diventano molto scuri durante l’elaborazione laser.

262-329

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Polimeri

Plexiglass #ff0000 #00ff00 #0000ff R: 255 G: 0 B: 0 R: 0 G: 255 B: 0 R: 0 G: 0 B: 255

Per il Plexiglass a parità di spessore (con una macchina Trotec) rispetto al compensato l’incisione avviene a potenza, velocità e PPI (pulses per inches) minori. Nel caso del taglio invece si utilizzano velocità e potenza simili ma con Hz molto maggiori (pulses for second).

Trasparente

Tra. colorato

Traspa. FLUO

Colorato lucido

Opalino colorato

Satinato incolore

Satinato colorato

Colorato opaco

ABS/PC/Laminati #ff0000 #00ff00 #0000ff R: 255 G: 0 B: 0 R: 0 G: 255 B: 0 R: 0 G: 0 B: 255 ABS

PC

Laminati

Schiumati/Gomme (PE/PES/PUR/PEVA) #cfcfcf #565656 #e7daa3 R: 207 G: 207 B: 207 R: 86 G: 86 B: 86 R: 231 G: 218 B: 163

PE

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PES

PUR

EVA

Specchiato

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Stampa 3d

FDM

PLA/ABS/PET #ff0000 #00ff00 #0000ff R: 255 G: 0 B: 0 R: 0 G: 255 B: 0 R: 0 G: 0 B: 255

Trasparente

Traslucido

Satinato

Metalizzato

PC #cbc8bf #35469d #0e9a48 R: 203 G: 200 B: 191 R: 53 G: 70 B: 157 R: 14 G: 154 B: 72

Filamento flessibile (TPE/TPU) #ff0000 #00ff00 #0000ff R: 255 G: 0 B: 0 R: 0 G: 255 B: 0 R: 0 G: 0 B: 255 Filamento ibrido a matrice di PLA #d4b893 #b7bbc4 #fb8152 R: 212 G: 184 B: 147 R: 183 G: 187 B: 196 R: 251 G: 129 B: 72

Legno

Canapa

Marmo

Filamento solubile (HIPS/PVA) #ff0000 #00ff00 #0000ff R: 255 G: 0 B: 0 R: 0 G: 255 B: 0 R: 0 G: 0 B: 255

p. 310

Scarti organici

262-329

Argilla #6b7d7f #a2a39d #e0dbb3 R: 107 G: 125 B: 127 R: 162 G: 163 B: 157 R: 224 G: 219 B: 179

Materiale organico #6b89c7 #c1a98f #232429 R: 107 G: 137 B: 199 R: 193 G: 169 B: 143 R: 35 G: 36 B: 41

Resine Ibride #ff0000 #00ff00 #0000ff R: 255 G: 0 B: 0 R: 0 G: 255 B: 0 R: 0 G: 0 B: 255

SLA

Trasparente

Lucida

Opaca

Ceramica

Biocompatibile

Cera

Flessibile

Elastica

Metalli #c3a475 #c79c8c #7f8084 R: 195 G: 164 B: 117 R: 199 G: 156 B: 140 R: 127 G: 128 B: 132

DMP

Acciaio

Titanio

Bronzo

Rame

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p. 312

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p. 313

Fresa a CNC

Legni

Soft Wood #f4eba8 #35469d #0e9a48 R: 244 G: 235 B: 168 R: 53 G: 70 B: 157 R: 14 G: 154 B: 72

Polimeri

Hard Wood #9e5431 #f0bb8f #c07c59 R: 158 G: 84 B: 49 R: 240 G: 187 B: 143 R: 192 G: 124 B: 89

Compensato #e0bf89 #65462a #23201bR: R:224 G: 191 B: 137 R: 101 G: 70 B: 42 R: 35 G: 32 B: 27

Legni coniferi #e9eae5 #dbcab8 #af8f69 R: 233 G: 234 B: 229 R: 219 G: 202 B: 184 R: 173 G: 145 B: 105

Mdf #d4b893 #bdad96 #aa895c R: 212 G: 184 B: 147 R: 189 G: 173 B: 150 R: 170 G: 137 B: 92

Schiumati #cfcfcf #565656 #e7daa3 R: 207 G: 207 B: 207 R: 86 G: 86 B: 86 R: 231 G: 218 B: 163

Nylon

HDPE

Cera schiumata

Metalli #c3a475 #c79c8c #7f8084 R: 195 G: 164 B: 117 R: 199 G: 156 B: 140 R: 127 G: 128 B: 132

Metalli

Alluminio

p. 314

Ogni materiale richiede: la scelta dell’utensile (punta), l’impostazione della giusta velocità di taglio (v. di avanzamento e v. di affondamento), la quantità di materiale che si può rimuovere ad ogni passata (profondità per passata e p. di taglio) e la velocità di rotazione dell’utensile (v. di rotazione Mandrino RPM).

Ottone

Bronzo

PUR

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Giunti

Lineare

Il giunto più semplice è quello lineare; può essere regolare o irregolare a seconda delle necessità di comprensione

Un giunto lineare può presentare degli appositi fori per inserire viti e bulloni per un vincolo maggiore tra i due pezzi.

I giunti lineari posso essere montati anche utilizzati per incastri non perpendicolari.

Un’ altra tecnica utilizzata per aumentare la forza del giunto è quella di utilizzare geometrie diverse come nell’incastro a puzzle.

Snapfit

Chiavi

Giunti complessi

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Sfruttando l’elasticità del materiale si possono creare degli SnapFit. Sono giunti delicati con un incastro dovuto alla conformazione geometrica dele due parti.

Giunti a chiave che sfruttano lo scorrimento e la rotazione per ottenere un legame tra i due pezzi.

Combinando le varie tipologie d’incastro viste precedentemente si ottengono giunti complessi. In figura è rappresentata la combinazione di un giunto a chiave con uno snapfit.

262-329

I giunti 2.5d sono i tipici collegamenti per le parti ottenute tramite fresa a controllo numerico.

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Pattern

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Pattern Lineare

Il pattern per la flessibilità più comune e affidabile. Il raggio della curva dipende dalla lunghezza dei tagli, dalla distanza tra loro e dallo spessore del materiale.

Pattern Fabric

Un pattern dove maggiore è la distanza tra i punti fissi e più sottili sono gli elementi, più flessibile è la superficie.

Moltiplicare il taglio aumenta enormemente la flessibilità.

Pattern ad onda

Come nel consiste onde, ma maggiore

Pattern taglio a nido d’ape

Il modello appositamente organizzato di questo taglio di flessione consente la maggiore flessibilità e di ottenere una piegatura in più direzioni simultaneamente.

Pattern a molla

Pattern nato per distribuire lo stress di torsione in modo più uniforme. Gli angoli tendono ad essere punti di debolezza quando un materiale si piega.

Pattern geodetico

Pattern che permette una piegatura in tutte le direzioni. La forma è adatta per materiali fino a circa 3 mm. A partire da uno spessore del materiale di 5 mm, la curva diventa rigida e non flessibile.

Pattern a nido d’ape largo

Le curve sono rastremate su ciascuna estremità e tagliate fuori dal foglio. Tavole di legno fino a 5 mm di spessore possono essere utilizzate grazie alle grandi forme a nido d’ape. I favi possono essere facilmente separati e uniti.

pattern 1, questo modello di taglio in linee di taglio a forma di differisce nelle proprietà per una flessibilità.

262-329

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Sezione D. L’evoluzione delle idee e delle proposte Fig. 1

Fig. 2-3

Prima proposta di sviluppo per Caimi. Moduli con due binari fresati su due livelli per scorrimento dei pannelli.

Variante della prima proposta; il modulo fresato viene sostituito da un semilavorato ligneo a sezione standard .

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Fig. 4

Fig. 5

Seconda proposta di sviluppo per Caimi. I moduli sono estrusi metallici con una parte che ne permette l’elettrificazione.

Dettagli della seconda proposta legati alle potenzialità del sistema in termini di accessori.

Fig. 6 Dettaglio interno dell’estruso e dello scasso dove nascondere la cavistica.

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Fig. 7

Fig. 8

Terza proposta alternativa per Caimi. Dal binario si passa ad una versione free standing. Il pannello circolare fonoassarbente diventa anche il diffusore di un punto luce.

La stazione pensata per posizionarsi sopra il tavolo oltre ad essere un punto di ricarica è dotata di un proiettore per la gestione del flusso lavorativo.

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Fig. 9

Fig. 10

Prima evoluzione della proposta selezionata dall’azienda; lo spazio tra i due semilavorati ospita un estruso standard elettrificabile.

Seconda evoluzione della proposta seleziona per l’azienda lo spazio ricavato tra i due semilavorati si adatta ad ospitare le classiche prese Schuko.

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