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by Penelope Filacchione
SABìR
VISIONARY BRIDGE Sabìr is a language of men, men who travel by sea. While men are away, on the shores, in the villages, in the houses, women weave the threads of their lives, carry on their families, raise their children, wait and tear themselves in expectation of a return that is as uncertain as ever. They are tattered like sails in the wind, skillfully stitched together by the feminine and colored hands of different dialogues and other intimacies. This is how the Sabìrs by Luigia d’Alfonso and Ada Perla are born, pictorial textures that shape thought and silence, impalpable and yet visually powerful tapestries, born from the alchemy of color and friendship that unites their artistic partnership. Torn and recomposed cloths on gauzes, light yet strong enough to hold up for a long journey, strong enough to weave a bridge between stories and cultures overlooking the Mediterranean. A web of signs and threads that tie together to conjure an enchantment of abstract lines, each time imperceptibly different, labyrinths of the soul and the heart. Talking about female art is always a matter of discussion, but the dialogue, the patience of a long undertaking, the ability to exchange, the desire to plan and reach far belongs to women. Women who know how to infuse in art not strength but resistance to the wear of a prolonged tension. In fact, the two artists propose a long journey: this exhibition is only a landing place for a voyage that began long ago, which intends to give voice to other stories of other women artists. Women facing the same millennial sea, once united by Sabìr, now divided by cultural differences, seemingly insurmountable. Nevertheless, the will of women, the will to communicate, has the power to restore the value of universal language that once n belonged to Sabìr.
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l Sabìr è una lingua da uomini. Uomini che viaggiano per mare. Ma mentre gli uomini viaggiano, sulle rive, nei villaggi, nelle case, le donne tessono le trame delle loro vite, portano avanti le famiglie, crescono i figli, aspettano e si lacerano nell’attesa di un ritorno quanto mai incerto. Si lacerano come le vele al vento, ricucite con sapienza dalle mani femminili e colorate di altri dialoghi e di altre intimità. Così nascono i Sabìr di Luigia d’Alfonso e Ada Perla, trame pittoriche che danno forma al pensiero e al silenzio, arazzi impalpabili e pure visivamente potenti, nati dall’alchimia del colore e da quello dell’amicizia che unisce il loro sodalizio artistico. Tele lacerate e ricomposte su garze, leggere eppure robuste abbastanza da poter reggere per un lungo viaggio, sufficientemente forti per tessere un ponte tra storie e culture affacciate sul Mediterraneo. Una trama di segni e di fili che si allacciano a formare un incanto di linee astratte, ogni volta impercettibilmente diverse, labirinti dell’anima e del cuore. Parlare di arte al femminile fa sempre discutere, ma il dialogo, la pazienza di un lungo lavoro, la capacità di scambio, la voglia di progettare e di arrivare lontano è propria delle donne, che sanno infondere nell’arte non la forza, ma la resistenza al logorio di una tensione prolungata. Quello che si propongono le due artiste è infatti un lungo percorso: questa mostra è solo un approdo di un viaggio iniziato da tempo, che intende dar voce ad altre storie di altre donne artiste. Donne affacciate su quello stesso mare millenario un tempo unito dal Sabìr e oggi diviso da differenze culturali e che sembrano insormontabili. Ma la volontà delle donne, la volontà di comunicare ha il potere di restituire al Sabìr il valore di lingua universale. n
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