Lo Sguardo sui 5 Reali Siti – Anno XIII – n°8 – Dicembre 2015

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Il Palasport di Andria ha fatto da cornice alla Celebrazione di Ordinazione Episcopale di don Luigi Renna, eletto Vescovo di Cerignola - Ascoli Satriano. La Celebrazione presieduta da S.E. Mons. Francesco Cacucci, Arcivescovo Metropolita di Bari e come consacranti S.E. Mons. Raffaele Calabro, Vescovo di Andria e S.E.Mons. Felice Di Molfetta, Amministratore Apostolico di Cerignola Ascoli Satriano. Presenti al Sacro rito il Cardinal Salvatore De Giorgi, Arcivescovo Emerito di Palermo e il Cardinal Francesco Monterisi, Arciprete della Basilica Papale di San Paolo fuori le Mura e la partecipazione dei Vescovi di tutte le diocesi della Puglia, nonchè di S.E.Mons. Nunzio Galantino, Segretario della Conferenza Episcopale Italiana, di S.E. Mons. Agostino Superbo, Amministratore Apostolico di Potenza e concittadino di don Luigi Renna in quanto entrambi di Minervino Murge. È stata per la città federiciana un evento importante per l'intera comunità ecclesiale e civile che manca, nella città di Andria, dal lontano 1938 allorquando fu S.E. Mons. Giuseppe Ruotolo ad essere ordinato Vescovo presso la Chiesa di San Nicola. Lo stemma episcopale fatto realizzare da don Luigi Renna esprime bene il suo programma di vita e di servizio. Nella parte inferiore c'è una corona di spine: è il ricordo della reliquia della Sacra Spina conservata nella Cattedrale di Andria e di cui quest'anno si celebra il giubileo unitamente a quello universale della Misericordia. La presenza nello stemma della corona di spine è un richiamo alla centralità del mistero pasquale ma indica anche l'intento del Vescovo eletto di condividere le “spine” che oggi fanno soffrire tanti nostri fratelli. Dalla corona di spine si leva un ramo che fiorisce in un melograno, frutto che richiama la carità e, per la modalità compatta con cui sono disposti i chicchi al suo interno, la comunione ecclesiale che don Luigi è chiamato a servire. La banda trasversale con tre stelle è una “memoria di Maria”, madre di Cristo e della Chiesa. Le tre stelle sono un ricordo della sua Verginità, e quindi dell'opera di Dio in lei. Maria è stata accanto a don Luigi. L’ingresso in diocesi avrà luogo sabato 16 gennaio prossimo, il programma prevede l’arrivo alle ore 16,00 da corso Aldo Moro, visita agli ospiti della Casa di

Riposo Diocesana, alle ore 16,30 in piazza della Repubblica l’incontro con i sindaci dei 9 comuni del territorio diocesano ed infine alle ore 18,00 la S. Messa in Cattedrale. Mons. Renna è nato il 23 gennaio 1966 a Corato, provincia di Bari ed arcidiocesi di Trani-Barletta-Bisceglie. Entrato nel Seminario di Andria, ha conseguito la maturità classica, mentre la formazione al sacerdozio ministeriale è stata svolta presso il Pontificio Seminario Regionale “Pio XI” di Molfetta. Nel 1993 ha conseguito la Licenza in Teologia Morale presso la Pontificia Università Gregoriana, e nel 2003 si è perfezionato con il Dottorato presso la Pontificia Università Lateranense. È stato ordinato sacerdote il 7 settembre 1991, per la diocesi di Andria. Dopo l’ordinazione sacerdotale ha svolto i seguenti incarichi: Vicario parrocchiale presso la parrocchia “SS.mo Sacramento” in Andria (1991-1993); Vice Rettore del Seminario Vescovile (1993-1997); Direttore della Scuola di formazione diocesana all’impegno socio-politico “Mons. Di D o n n a ” (1993-2009); Docente di Religione

Cattolica al Liceo Classico di Andria (1993-1999); Direttore del Centro diocesano Vocazioni (1994-2009); Rettore del Seminario Minore Diocesano (19972009); Docente di Teologia Morale presso la Facoltà Teologica Pugliese di Molfetta (1999-2000); Direttore del mensile diocesano “Insieme” (1999-2009); Delegato episcopale per i Diaconi permanenti (2000-2001); Vice Postulatore nella Causa di beatificazione del Ven. S.E. Mons. Giuseppe Di Donna, Vescovo di Andria (2002-2009); Coordinatore del Gruppo di Ricerca della Facoltà Teologica Pugliese su “Neuroscienze e Comportamento Umano” (2005-2009); Direttore della Rivista dell’Istituto di Scienze Religiose “Regina Apuliae” di Molfetta (2008-2010). Inoltre, dal 1998 è Canonico del Capitolo della Cattedrale di Andria; dal 1999 è Direttore della Biblioteca diocesana “San Tommaso d’Aquino”; dal 1999 è Membro del Collegio dei Consultori; dal 2005 è Direttore dell’Archivio diocesano “San Luca Evangelista”; dal 2006 è Direttore della Scuola di formazione per gli Operatori pastorali; dal 2009 è Rettore del Pontificio Seminario Regionale “Pio XI” di Molfetta. Dal 2009 è Cappellano di Sua Santità. È autore di numerose pubblicazioni su temi di teologia morale, spiritualità e storia ecclesiastica locale. L’editore Annito Di Pietro e la redazione tutta porgono un saluto filiare a S.E. Mons. Luigi Renna ed esprimono la loro vicinanza al suo apostolato.


Tempi davvero opachi quelli che stiamo attraversando, totalmente immersi in una sorta di “brodo primordiale” degradato, in cui predominano caos e confusione a livello socio-politico, disordine e smarrimento sul piano etico. Nasce di qui il profondo malessere che serpeggia nel Paese e tra la gente, che è ormai stanca di aspettare il cambiamento promesso dalla politica, incapace di dare risposte concrete ai bisogni emergenti, mentre a ritmo incalzante aumentano la corruzione, la disoccupazione, la crisi economicofinanziaria, le disuguaglianze sociali tra chi detiene la ricchezza e chi è costretto a frequentare i marciapiedi delle stazioni di Milano o di Roma o di qualunque altra città italiana alla ricerca di un posto dove dormire e di un pasto caldo, sorretto dalla speranza di riuscire a sopravvivere. Si tocca così con mano tra la gente, nella nullificazione valoriale generale, una sorta di sindrome collettiva al limite della disperazione, dinanzi alla quale la politica continua a cincischiare senza approdare a nulla, rivelando tutta la sua impotenza e, meglio, la sua incapacità a trovare soluzioni adeguate al malessere della gente. A causa di questa conclamata inadeguatezza - sottolineata dal progressivo arretramento della dialettica politica nelle sacche del degrado e dell’intolleranza, come testimoniano i talk show televisivi (pollai) oggi più in voga, da Ballarò a Virus - Il contagio delle idee, da La gabbia ad Agorà - si è determinata una frattura profonda tra il Paese legale e il Paese reale, al punto che il partito dell’astensione sta diventando il primo partito d’Italia. Orbene, in virtù di questo stato di cose, le istituzioni - tutte - sono oggi dinanzi ad un bivio, perché o ripiegano definitivamente su se stesse o sono obbligate a ripensarsi con urgenza sul terreno ontologico, nella speranza di recuperare sostenibilità e credibilità. Non è solo la politica, però, oggi a fare acqua da tutte le parti, perché - condizione ancora più allarmante e drammatica - è il relativismo morale oggi diffuso non solo nei gangli della pubblica amministrazione, ma anche nelle coscienze individuali: siamo dinanzi ad una deleteria assenza di principi ai quali l’agire possa far rife-

rimento, perché la società odierna, complessa e globalizzata, ha reso ormai incerto e confuso il quadro valoriale che un tempo dava fondamento ed ordine alla convivenza. Oggi sono saltati tutti gli schemi, perché si è perduto il valore della vita umana e della dignitas hominis: rapine, furti, omicidi, femminicidi, corruzione, concussione, appalti truccati, prostituzione minorile (con il consenso delle mamme, spesso), violenze in famiglia, banche che falliscono e che vengono salvate con i risparmi dei clienti, crimini di ogni tipo, sono ormai

all’ordine del giorno e testimoniano, in tutta la loro sconcertante sostanza negativa, la desertificazione spirituale nella quale l’uomo contemporaneo è caduto, dopo aver smarrito i veri punti di riferimento della vita. Tutto questo contribuisce ad alimentare il drammatico stato di crisi di questi primi quindici anni del XXI secolo, che minaccia di soffocare il Paese in una morsa non solo di povertà e di disuguaglianze rievocanti il clima dell’immediato secondo dopoguerra, oltre che di tensioni sociali e di rivolte popolari, ma anche di paura e di intolleranza, di disperazione esistenziale e di rigetto dell’“altro”. Già paura e rifiuto dell’ “altro”, entrambi figli dello spaesamento collettivo di un Paese in ginocchio: la prima generata dalle minacce dell’Isis per le quali nessuno più è al sicuro nelle

città dell’Europa intera, dopo i fatti parigini del 13 novembre 2015, l’altro legato ai processi emigratori in atto in Italia e in tutto il vecchio continente, amplificato in maniera inconsulta dai vari movimenti politici nazionalisti, xenofobi e populisti, sparsi ovunque sul territorio europeo, a dispetto di quanto va dicendo papa Francesco sulla tolleranza, sul dialogo interculturale e sulla sinodalità, cioè sulla necessità di camminare insieme, per ricostruire quei legami spezzati dalla storia ma che vanno con urgenza ricomposti, anche per evitare quella che lo stesso papa Francesco chiama “la guerra a pezzettini”. In questo difficile contesto, pericoloso ed esplosivo ad un tempo, occorre rimettere al centro la persona e la sua dignità, per provare tutti insieme a ricercare nuovi itinerari di progettualità, capaci di promuovere un modello di sviluppo diverso, fondato - come ricorda la Centesimus annus) - non esclusivamente sulla dimensione economica, ma anche sulla prospettiva umana, fondata su una revisione etica di portata sostanziale e tale da configurarsi come prospettiva di un nuovo profilo di uomo e di una nuova immagine di società, in cui tutti possano vivere con dignità la propria esistenza, accogliendo la diversità e il pluralismo come fondamento di una società multietnica, che vuole vivere in pace e bandire per sempre le minacce di guerra come quella di Vladimir Putin che, mentre sale di giorno in giorno l’escalation guerrigliera tra la Turchia e la Russia, avverte l’Isis e tutto l’Occidente di avere 35 nuovi missili nucleari. La politica - che, per dirla con Paolo VI, è la forma più alta di carità - deve, però, far presto ad immaginare scenari diversi nell’interesse della collettività europea, ad abbattere i muri della paura e dell’indifferenza, a recuperare, in altri termini, i valori fondamentali della creatività, della progettualità e della fiducia nel futuro, proprio come sta facendo papa Francesco che, dando inizio l’8 dicembre al Giubileo straordinario della Misericordia, ha inteso veicolare tra i popoli tutti l’urgenza del confronto reciproco, aprendo nuovi spazi al dialogo interreligioso ed interculturale.


Orta Nova: la Guardia di Finanza indaga sull’Autovelox sulla SS. 16 Nella mattinata di ieri la Guardia di Finanza, con l’ausilio del Comando Provinciale dei Carabinieri, ha acquisito presso il Comune di Orta Nova tutta la documentazione relativa all’autovelox posto sulla SS 16. Sarebbero inoltre stati ascoltati amministratori comunali ed agenti del Corpo di Polizia Municipale, per chiarire alcuni aspetti di una vicenda finita al centro di una polemica legata all’assegnazione della gestione dell’autovelox alla società romana Simtech, che secondo la convenzione stabilita con il Comune, incasserebbe circa l’ottanta per cento degli introiti relativi alle sanzioni. Nelle scorse settimane l’Associazione dei Consumatori aveva diffidato il Comune, chiedendo l’accesso agli atti, a seguito della richiesta di poter visionare la documentazione, richiesta che però non ha trovato risposte da parte del Comune. Una vicenda, che assieme al Caso Tarsu, complicherebbe e non di poco la prosecuzione del mandato dell’Amministrazione Tarantino. Un corteo per dire no alla violenza sulle donne Il decennale della giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne è visto come location la città di Orta Nova. Alla manifestazione è intervenuta Carla Costantino, segretario territoriale della Ust Cisl. La manifestazione si è svolta nella mega struttura della Villa Comunale con uno spettacolo di spettacolo con la partecipazione del 1° e 2° Circolo Didattico e della “Star Dance ASD diretta da Samantha Todisco. Nel suo intervento la segretaria cislina ha ribadito che: “In base alla nostra esperienza sul campo siamo sempre più convinti che il lavoro rappresenta la più vlaida ancora di salvezza per le donne in ogni parte del mondo e di fronte ad ogni possibile ingiustizia.” Bomba a Ordona, intervengono gli artificieri dell’Arma di Matteo Piarulli Nei giorni scorsi è stata rinvenuta una bomba artificiale in Via dei Mille ad Ordona. L’ordigno rudimentale era all’interno di una busta di plastica ed era indirizzata a un commerciante ortofrutticolo. Proprio quest’ultimo, mentre rientrava a casa nelle prime ore del pomeriggio ha rinvenuto una busta vicino la porta d’ingresso e nel prenderla - secondo alcune indiscrezioni - sarebbe scivolata una bomba e poi rotolata al centro strada e rimasta miracolosamente inesplosa. Sul posto sono arrivati i Vigili Urbani, i Vigili del Fuco, i sanitari del 118 e i Carabinieri che hanno circoscritto l’aera ed evacuato la vicinia scuola elementare e gli abitanti del quartiere. Nel tardo pomeriggio sono arrivati gli artificieri dell’Arma di Bari che hanno fatto brillare l’ordigno in sicurezza, prima un grosso boato e poi una grande nube di fumo che hanno

messo fine al panico perdurato per tutto il pomeriggio. Il movente ancora ignoto, ma il fatto sembrerebbe una vera e propria intimidazione, sull’accaduto indagano i Carabinieri di Foggia. (L’ordigno in Via dei Mille ©Foto www.lucacaporale.com) Notizie flash dal 2° Circolo Didattico Sempre attenta alle proposte del territorio e sulla linea delle tradizioni popolari, quest’anno la scuola Primaria di via Scarabino e dell’Infanzia di via Mameli, in collaborazione con le varie associazioni: Misericordia, Guardie ambientali e Proloco hanno lanciato un’iniziativa di grande successo “Il Presepe Vivente”. Tutti gli alunni, protagonisti di tale iniziativa che si è svolta in Piazza Pietro Nenni, hanno saputo interpretare i vari personaggi, per rilanciare e sottolineare il messaggio di pace e l’importanza della preghiera, creando una atmosfera magica e suggestiva. Splendida la natività e le scene di vita quotidiana con la riproduzione di antichi mestieri, ormai dimenticati,come il vinaio, il ciabattino, la massaia, la lavandaia, il pastore, il fabbro ecc. Canti di Natale e letture di alcuni passi del Vangelo accompagnavano scene di vita agreste. Lo scopo di tale iniziativa è stato quello di condividere con tutto il pubblico, accorso numeroso, l’autenticità del Natale che rilancia messaggi di speranza e di pace. In un mondo in cui non c’è verità, né armonia, le insegnanti del 2° Circolo, insieme ai loro alunni, hanno voluto fortemente realizzare questo progetto, impegnandosi con passione e professionalità, per non rinunciare alla riconquista di quei sentimenti di bontà, generosità, altruismo, amore e amicizia, di cui il mondo intero ha bisogno. Sulle orme di Papa Francesco apriamo i nostri cuori per portare gioia e pace al mondo intero con la consapevolezza che uniti si è più buoni. Orta Nova, “Se ti regalo un sorriso mi ridai la vita” serata dedicata al Gaslini di Genova al Cicolella “Se ti regalo un sorriso mi ridai la vita”, in questa frase si riassume l’obiettivo della serata organizzata dall’Associazione Non solo Social, in collaborazione con il Comune di Orta Nova, nei giorni scrosi al Teatro Cicolella. Una serata dedicata a raccogliere fondi da destinare al centro di rianimazione dell’ospedale Giannina Gaslini di Genova. L’evento è stato preceduto dalla presentazione del gruppo di clown terapia della Misericordia di Orta Nova, e dagli interventi della Dott.ssa Miriam Tumolo, vice primario del reparto rianimazione del Gaslini, e dal Dott. Maurizio Di Bisceglie, oncologo degli OO.RR. di Foggia. E poi seguito lo spettacolo con Salvatore Mazzella, sosia di Pino Daniele protagonista delle scorse edizioni del Festival Sosia d’Italia, diretto da Luigi Ferrazzano, che è stato anche direttore artistico della serata, e da Paolo Caiazzo, della trasmissione televisiva Made in Sud.

Il Natale della Misericordia È stato un Natale denso di appuntamenti per la Misericordia di Orta Nova, che all’insegna della tradizione, della festa e soprattutto della carità, ha visto i volontari ortesi particolarmente impegnati in diverse iniziative. La sede dell’associazione è stata gioiosamente trasformata nella “Casa di Babbo Natale”, che ha accolto i piccoli alunni degli istituti ortesi. Ben 100 pacchi sono stati destinare alle famiglie bisognose, inoltre ampio spazio anche alle leccornie preparate per “Un dolce anche per te”, donati ai poveri ed anziani soli assistiti dagli stessi volontari. Orta Nova, terza edizione di Natale in Shopping, musica e animazione in Via Papa Giovanni XXIII Inaugurata una nuova scuola dell’infanzia. La Direzione Didattica Statale “Vittorio Veneto” di Orta Nova si arricchisce una nuova scuola dell’Infanzia, il plesso inaugurato nei giorni scorsi nella sua sede di via Pirandello, è stato dedicato allo scrittore siciliano. Ottava rassegna di musica sacra Si è svolta nella Chiesa Madre di Orta Nova l’ottava rassegna di musica sacra dei “Cinque Reali Siti”. Si sono esibite alla kermesse musicale ben conque corali polifoniche provenienti dalla provincia di Foggia: la Corale della diocesi di San Severo, diretta dalla maestra Cinzia Coco; la corale polifonica L. Murialdo di Foggia, diretta dal M. Antonio Forchignone; il coro polifonico “Laureano” di Trinitapoli diretto dal M. Daniele Argento; la scuola cantorum “Immacolata” di Trinitapoli, diretta dal M. Domenico Virgilio e dalla corale polifonica “Zoltàn Kodàly di Orta Nova diretta dalla M. Antonella Tarantino. Lutto E’ venuto a mancare agli affetti dei suoi cari Paolo Lasalvia. L’editore Annito Di Pietro e la redazione tutta sono vicini al dolore dei figli Salvatore e Vincenzo. *** Munita dei conforti religiosi ha raggiunto la beatitudine celestiale Antonietta Francesca Conte in Di Fonso. La redazione e Annito Di Pietro partecipano al dolore del marito, dei genitori e dei parenti tutti. *** Antonio, Leonardo e Massimo Torchiarella annunciano con dolore la dipartita della cara mamma Lucia Roggia. Annito Di Pietro e la redazione tutta si associano al dolore dei figli, delle nuore, dei nipoti e dei parenti tutti. Per versare un contributo al giornale: Banco Posta – L’Ortese via Trieste, 1 – 71045 Orta Nova c.c.p.: 1025487479


Una foto in bianco e nero esprime già tutto quello che sono i ricordi di oggi di quelle persone che hanno conosciuto Don Michele Ventrella, un prete umile e tuttofare, uno “avanti con i tempi”. Animato dall’amore verso il prossimo si accorciava le maniche e si metteva a lavoro per aiutare i più poveri e i meno abbienti. Organizzava lui stesso gli aiuti umanitari per gli immigrati e insieme ad altri sacerdoti aveva fondato la Caritas, ma lui, nel cuor suo, aveva ancora un sogno, realizzare un centro per gli anziani, affinché si aggregassero alla vita sociale e prendessero parte, anche in vecchiaia, alla vera “comunione dei santi”. Oggi Orta Nova si deve sentire fiera di aver realizzato una struttura simile, un nuovo Centro Polivalente che sarà usato dai diversamente abili e dagli anziani, un punto di aggregazione sociale che tanto manca ai nostri territori. La struttura, ha ospitato per anni la Caserma dei Carabinieri “A.A. Lombardi”. Il piano terra sarà adibito alle attività ludiche di persone diversamente abili e il secondo piano sarà dedicato agli anziani che vogliono ritrovarsi e stare insieme. La struttura è stata realizzata grazie a dei fondi del Piano di Zona mirati proprio al miglioramento sociale e culturale dei 5 Reali Siti. Gli enti gestori sono due società di cooperativa sociale, la Social Service di Orta Nova e Sanità Sociale di Cerignola. Gran-

La settimana della lettura ha avuto come scopo, quello di far nascere negli alunni un autentico amore per il libro. Il progetto ha previsto, per ogni interclasse, una serie di attività volte a promuovere, consolidare e potenziare il piacere della lettura, attraverso l’incontro con l’autore, la visita presso la Biblioteca Comunale, la lettura e la drammatizzazione presso le Scuole private dell’Infanzia, presenti sul territorio. Un percorso ricco che ha saputo trasformare la lettura richiesta dagli alunni in un interessante Offerta Formativa, considerandola come

de successo ha avuto la cerimonia di inaugurazione avvenuta giovedì 19 novembre durante la quale hanno preso parte il sindaco di Orta Nova dott. Tarantino, il sindaco di Carapelle dott. Capuozzo e i sindaci e delegati dei comuni di Stornara, Stornarella e Ordona. Erano presenti alcuni volti noti della politica provinciale e regionale come l’Europarlamentare Elena Gentile. Non è mancata la presenza delle autorità ecclesiastiche, erano presenti Don Giacomo Cirulli e Don Angelo Festa e altri confratelli della Diocesi di Cerignola

- Ascoli Satriano. I racconti di Don Giacomo Cirulli stretto collaboratore di Don Michele hanno fatto rivivere la vita e le opere del fondatore della Caritas. Grandissima emozione durante la recita di una poesia da parte di una ragazza diversamente abile che durante la lettura è scoppiata in lacrime e poi l’abbraccio del sindaco Dino Tarantino anche lui commosso, seguito da un lungo applauso dei tanti cittadini di Orta Nova e dei 5 Reali Siti che hanno partecipato con gioia alla cerimonia tra ricordi e forti emozioni.

momento essenziale di animazione, il cui

risultato finale è stato e sarà sempre, il vissuto attivo e coinvolgente dell’alunno, ricco di esperienza positive significative ed espressive. Il racconto delle fiabe: “Il Mago di Oz, Peter Pan, La Gabbianella e il Gatto” ha favorito l’avvicinamento affettivo ed emozionale dei bambini al libro, alle sue avventure e ai suoi personaggi. Le attività di animazione alla lettura sono risultate piacevoli, perché proposte sotto forma di gioco e hanno riscontrato un notevole successo tra i bimbi piccoli dell’infanzia e i genitori presenti in sala.


Domenica, 13 dicembre 2015, è calato il sipario sulla nona edizione della “Settimana della cultura” di Orta Nova, dopo un’intensa settimana di eventi calibrati sull’arte, sullo sport e sullo spettacolo: un mix significativo che ancora una volta ha determinato il successo dell’intera manifestazione, dovuta non solo alle capacità organizzative del patron Annito Di Pietro e del suo team di collaboratori, ma soprattutto alla sua mente creativa e alla sua intraprendenza personale. Così il corpus delle iniziative realizzate a dar data dal 7 dicembre 2015 - tutte ben confezionate e tali da coinvolgere toto corde il pubblico accorso numeroso presso la Sala della Rimembranza del palazzo ex gesuitico di Orta Nova - ha trovato il suo punto clou nella serata finale, egregiamente condotta dal versatile Gianfranco Vallario e dedicata interamente alla consegna del trofeo “Carolina Pugliese” a personalità del territorio (“5 Reali Siti” e città di Ascoli), che si sono distinti per impegno e professionalità fuori dai confini comunali e/o provinciali. Due le novità del premio rispetto al passato, entrambe volute caparbiamente da Annito Di Pietro capace, grazie alla sua profonda esperienza degli uomini e delle cose, di guardare oltre gli steccati municipali ed ideologici: da un lato il cambio dell’intitolazione del premio, una volta dedicato a “L’Ortese nel mondo”, oggi a “Carolina Pugliese” (Orta, 2 agosto 1852 - Roma, 24 giugno 1957), prima maestra di Orta Nova (poi anche direttrice didattica), benefattrice dei suoi concittadini, docente benemerita nel campo dell’istruzione e dell’educazione popolare, oltre che donna impegnata sul piano sociale e patriottico; dall’altro l’apertura del premio anche alla città di Ascoli Satriano, che non solo ha tutte le carte in regola (per posizione, storia, archeologia, cultura, ecc.) per poter entrare a far parte di una sorta di “alleanza strategica” con Orta Nova, Carapelle, Ordona, Stornara

e Stornarella, ma soprattutto può rappresentare un elevato valore aggiunto per i cinque centri che hanno dato vita, nel 2008, all’«Unione dei comuni dei 5 Reali Siti». I due elementi citati non “raccontano”, però, solo una questione di respiro nominalistico, ma sono i segnali di una visione territoriale ampia e lungimirante, resa effervescente e concreta dalla cultura, innovativa e aperta al futuro, prospettica e foriera di scenari possibili. In questa direzione, così come ha sostenuto il patron della manifestazione ed ha ribadito chi ha illustrato la figura di Carolina Pu-

gliese (Alfonso Maria Palomba) - alla presenza dei familiari dell’insigne maestra ortese, rappresentati al tavolo della presidenza dall’ottimo Attilio Acquistapace - la cultura dimostra di essere decisamente avanti rispetto alla politica, perché, mentre quest’ultima continua a cincischiare sul destino della «polis sovracomunale» - in vero oggi afflitta da pericolose spinte centrifughe legate all’angusto municipalismo di tutti “gli attori in campo”- la cultura opera concretamente ed è capace di far riflettere tutti, stimolando, in modo particolare, la politica a pensare ciò che non c’è ancora, a cogliere la speranza come attesa del nuovo, a percorrere i labirinti del «non essere ancora» e ad immaginare percorsi alternativi rispetto al “già dato”. Il seme è stato gettato tra gli amministratori locali presenti - Dino Tarantino (sindaco di Orta Nova), Nicola Maffione (assessore alla cultura di Orta Nova), Massimo Colia (sindaco di Stor-

narella e presidente in carica dell’“Unione”), Brigida Cifaldi (assessore alla cultura di Stornarella), Serafina Stella (sindaco di Ordona), Biagio Gallo (assessore alla cultura di Ascoli Satriano)- nell’auspicio che qualcosa possa cambiare nel prossimo futuro. Chi vivrà vedrà. Intanto, è possibile sostenere come la premiazione delle personalità destinatarie del trofeo “Carolina Pugliese” sia stata seguita con particolare attenzione da tutti i presenti, ben consapevoli della qualità degli ospiti (intervenuti anche da Cuneo e da Pisa, oltre che dai territori limitrofi), portatori di un messaggio importante orientato a far comprendere a tutti – ma soprattutto alle nuove generazioni come solo con l’impegno, la creatività e la professionalità si possa riuscire nella vita, con la speranza che nel futuro, quando si saranno create le condizioni necessarie anche nel nostro Sud, le eccellenze possano restare qui da noi e non emigrare più, nell’interesse delle nostre collettività e della nostra gente (cfr. per i nomi e i profili dei premiati l’intervento di Luigi Battaglini, qualificato storico locale, sempre in questo numero de “Lo Sguardo”). Una manifestazione, dunque, davvero “bella” e coinvolgente, emozionante e densa, resa ancora più ammaliante dal fascino del Concerto del duo “I Bellincantisti”(Soprano/pianista M. Cianci; baritono D. Longo)che hanno scandito le varie tappe della premiazione con brani legati a “La vocalità barocca in Europa nel XVII e XVIII secolo”. Obiettivo centrato, dunque, quello della “Settimana della cultura” ortese da assegnare, senza ombra di dubbio, al tenace “vegliardo”, presidente dell’Associazione culturale “L’Ortese”, che, nonostante le difficoltà sparse qua e là lungo il cammino, continua a spendere tutte le sue energie umane ed intellettive per la cultura, per lo “Sguardo” e per il territorio dei “5 Reali Siti”, d’intesa con la locale amministrazione e con il sempre disponibile assessore Nicola Maffione.


Nell’ambito della kermesse della “Settimana della cultura”, svoltasi ad Orta Nova, presso il palazzo ex gesuitico dal 7 al 13 dicembre 2015, mercoledì 9 dicembre 2015 (alle ore 18.00), si è tenuta la presentazione dell’ultimo libro di Michele Campanaro, intitolato “La cucina di Capitanata” ed edito, per i tipi di Progedit (Bari). Non è nuovo a pubblicazioni di cucina Michele Campanaro, avendo già al suo attivo altre opere del genere, come Natale a tavola (2009) e Deliceto in cucina. Odori e sapori dei Monti Dauni (2011), ma credo proprio che questa volta egli abbia regalato ai suoi lettori un interessante libro, che ha trovato notevole accoglienza tra le persone accorse numerose, presso la Sala della Rimembranza di Orta Nova, per saper di più sulla cucina della Capitanata. Nella cittadina di Orta Nova, in fondo, ma anche nei restanti “Reali Siti” Michele Campanaro - nativo di Deliceto ma trapiantato a Foggia - è conosciuto soprattutto quale direttore responsabile de “Lo sguardo sui 5 Reali Siti”, ma la serata di mercoledì è stata l’occasione per conoscere meglio la poliedrica personalità dell’ospite delicetano, che ha, accanto a quella per il giornalismo (carta stampata e video), altre due grandi “passioni”: da un lato, infatti, coltiva da sempre l’interesse per il cinema, come testimonia il 1°premio “Vincenzo Di Lascia” per la sceneggiatura “La voce del silenzio”, conseguito a Manfredonia, nel luglio di

quest’anno, nell’ambito dell’8ª edizione di “Corto e cultura film festival”; dall’altro la sua curiositas per la cucina, nel cui contesto riveste un ruolo importante come quello di prefetto dell’Accademia Italiana Gastronomica Storica e Gastrosofia, un’associazione culturale, che promuove la conoscenza dei valori storici e tradizionali dell’alimentazione e della cucina. Proprio in quest’ultima “passione” trova radicamento il libro La cucina di Capitanata, che si configura come un significativo repertorio di ricette riguardanti tutte le aree della Capitanata (Gargano, Monti Dauni, Tavoliere), all’interno del quale il lettore può ritrovare tutti i sapori e i colori della terra daunia che - è bene ricordarlo - può vantare ben quattro importanti primati (grano, vino, olio, pomodoro), veri e propri «capisaldi della nostra cucina spiccatamente mediterranea», come a giusta ragione annota l’autore stesso nella prefazione al libro, non a caso intitolata “Un tripudio di colori e di sapori”. Ridurre, però, l’opera di Michele Campanaro ad un semplice ricettario sarebbe riduttivo e ingeneroso, perché significherebbe tradire la finalità ultima dell’autore: il libro, invece, è molto di più di un insieme di ricette, perché, per Michele Campanaro parlare di cibo e di vini, di oli e di liquori della nonna, è l’occasione non solo per raccontare la storia del territorio e dei suoi prodotti, dei gesti che si compiono per trasformare la materia in esperienza,

ma anche per raccontare le ritualità e le motivazioni simboliche che accompagnano la tradizione gastronomica. Attraverso il racconto dell’orditura storicoantropologica che ha generato un particolare tipo di cibo è, infatti, l’autore capace di dar vita e respiro ad ogni singola ricetta, che in questo modo acquisisce motivazione e ritrova il suo legame armonico con il territorio di origine: in questo modo le ricette diventano tanti tasselli di un mosaico, parti di una grande composizione che obbliga chiunque abbia interesse a compiere un viaggio contaminante tra dati storici e vissuti personali, finalizzato a veicolare il convincimento che, se ogni territorio ha la sua cucina, ogni cucina può raccontare il territorio di appartenenza, interpretando quello che gli antichi Romani chiamavano il genius loci, lo spirito, cioè, del luogo. Danno, infine, al libro un valore aggiunto non solo la Breve storia della cucina (pp. 133-152) e I colori della cucina (pp. 153158), collocati in fondo al testo, ma anche le pagine dedicate a p. Antonio Maria Tannoja e alle api “allevate” all’ombra del Convento della consolazione di Deliceto (pp. 87-91)e a “Le ricette del maiale”, che si devono, però, alla penna del cugino Ortensio Campanaro (pp. 105109). Il libro, poi, contiene utili spunti di riflessione per quanti hanno nelle mani le sorti di un territorio (amministratori ed imprenditori, soggetti pubblici e privati), perché cultura ed enogastronomia possono diventare, se ben coniugate, un binomio vincente per determinare lo sviluppo di una comunità. Questa, però, è un’altra storia, sulla quale, tuttavia, potrebbero cominciare a riflettere anche gli amministratori dei «5 Reali Siti» assenti nella circostanza, sicuramente perché in tutt’altre faccende affaccendati.


Tra gli eventi che maggiormente hanno entusiasmato il pubblico presente alla Nona Edizione della Settimana della Cultura Ortese; spicca, senza dubbio, l’appuntamento con lo scrittore Raffaele Colucci, reduce (come sempre si dice in questi casi), dalla sua ultima produzione letteraria dal titolo: “Sotto la Palma”. Personalità poliedrica, per nulla scontata, del panorama letterario contemporaneo; Raffaele Colucci conserva intatta tutta la genuinità e la freschezza delle sue origini ortesi, insieme a quel patrimonio di tradizioni e valori che questo territorio ha ormai dimenticato, nel lento incedere del tempo. Quest’ultimo lavoro è, a detta dello stesso autore, “un Quaderno” che raccoglie gli articoli pubblicati sui periodici: “Lo Sguardo sui Cinque Reali Siti” e “La mia città”, fra il 2007 e il 2012, oltre ad alcuni racconti inediti. Lo scopo del volumetto, è quello di stabilire una sorta di “gemellaggio” fra i Comuni di Orta Nova e di Sannicandro, nei quali Raffaele Colucci ha trascorso finora gran parte della sua vita; offrendo ai rispettivi abitanti la possibilità di cogliere somiglianze e differenze (le ultime un tempo assai marcate), fra una popolazione della “piana” ed una della “montagna”. Non solo, ma l’intento è anche quello di offrire nuove conoscenze e, soprattutto di rendere manifesta l’inconsistenza e la stupidità dei pregiudizi, alimentati dallo spirito di campanile. Capace di tenere sempre desta l’attenzione del pubblico, accorso numeroso ad ascoltarlo lo scorso 11 dicembre, presso la Sala Conferenze di Palazzo Ex Gesuitico ad Ortanova; l’autore ne ha rallegrato l’ani-

È stata una piacevole serata quella di martedì 10 dicembre 2015 per la presentazione del libro “Il colore delle nuvole” di Raffaella Sacchitelli, presso la sala della “Rimembranza” del palazzo ex Gesuitico di Orta Nova. Nel corso della mia relazione ho evidenziato l’importanza del Prologo, da cui si desume il titolo del romanzo, oltre alla vicenda e ai personaggi: «Ma ricordate, semmai doveste perdermi, Helen, tornate a quella panchina sotto il tasso. Io sarò già lì ad aspettarvi, affinché lo stelo del nostro tulipano non venga mai più reciso. E poi voltatevi ancora una volta a guardare le nuvole che camminano veloci e libere nel cielo, guardate il loro colore che muta eppure che resta: perché saremo per sempre lì, Helen». (Yosseph) Raffaella si muove nella narrazione tra resoconto cronachistico, diario personale, epistolario, e osservazione puntuale sui fatti. Gli argomenti trattati sono molteplici e consentono al lettore di addentrarsi nei

mo, consegnando alla lettura della Vocalist Valeria Sanguedolce accompagnata dalle musiche del Maestro Salvatore Di Pietro, diversi brani tratti dallo stesso volume in presentazione. Si tratta per lo più di aneddoti, che si ricollegano ad una civiltà contadina pressoché scomparsa; lasciando emergere sempre, una chiara morale di fondo. E fondamentale si rivela anche la palma citata nel titolo, quella che fa bella mostra di sé al centro della Villa di Torre Mileto; all’ombra della quale , nella prima decade di agosto di ogni anno, si svolge “la rimpatriata” con gli amici ortesi, i famigliari e, i parenti sannicandresi dell’autore. Per Raffaele Colucci è questa, una impor-

tante occasione per raccogliere ricordi, testimonianze ma anche; per rievocare avvenimenti e persone che diventeranno in seguito, protagonisti dei suoi stessi racconti. Tra gli ospiti intervenuti nel corso della serata: Antonio Mauriello, in rappresentanza dello Sguardo sui Cinque Reali Siti; l’Assessore Comunale all’Agricoltura, Alessandro Paglialonga ed il Presidente dell’Associazione Nazionale Caduti e Dispersi in Guerra - Sez. di Ortanova, Saverio Pandiscia. Da segnalare inoltre, l’efficace servizio organizzativo e di accoglienza predisposto dalle Guardie Ambientali del Gadit; e la presenza dei colleghi del Blog dei Cinque Reali Siti, che hanno registrato l’intero evento.

complessi meandri dell’animo umano; le immagini scorrono veloci e raccontano la vita nel bene e nel male. L’autrice rappresenta nel complesso un imponente repertorio del costume e della storia di Varsavia negli anni che vanno dal 1939 al 1945, oscillando tra saggistica e rievocazione della seconda guerra mondiale. Imposta una ricerca dei sentimenti, inquadrandola nel contesto storico, culturale e sociale, corredata da una serie di osserva-

zioni sugli eventi visti dai deboli, dagli esclusi e dagli oppressi; emergono gli umili in contrasto con i personaggi dispotici. Il narrare ha il pregio della semplicità e il tema centrale è l’amore. Raffaella è stata scelta e premiata per “La Vie en Rose” l’evento dedicato a chi scrive e legge d’amore: l’amore che nasce tra due giovani e, poi, si evolve in quello per la natura, l’amicizia, la fede religiosa, la fratellanza umana. La finalità: comunicare un’emozione scrivendo, pur attraverso il filo della memoria di esperienze non vissute in prima persona. A mano a mano che ci avviciniamo all’oggi e si allontanano nel tempo gli avvenimenti, anche il ruolo della testimonianza si allontana dall’ambito letterario, per essere assorbito in sfere affini, ma distinte. Primo Levi con “Se questo è un uomo” è senz’altro l’esempio più limpido tra gli scrittori testimoni; una tipologia letteraria in cui confluisce l’impegno narrativo accompagnato con la volontà di dare conto del presente, che ha segnato un’epoca.


Mercoledì 9 dicembre 2015 nella sala della “Rimembranza” del palazzo Gesuitico in Orta Nova è iniziata la consueta settimana della cultura, organizzata dall’Associazione culturale “L’Ortese” con il patrocinio del Comune. L’evento si è svolto alla presenza di un folto pubblico per l’interesse che tale manifestazione suscita ogni anno e delle associazioni Anfcd, Avis, Carabinieri, Circolo Professionisti, Anffas, Pro Loco, Arte Nuova, Social Service, Guardie Ambientali, Ciofila, Misericordia. Queste costituiscono il mondo variegato e straordinariamente operoso della realtà territoriale. Il segretario dell’associazione “Misericordia” nel suo intervento ha evidenziato le difficoltà e le situazioni di emergenza nell’operatività quotidiana. Tuttavia il volontariato, con generosità e impegno, sa portare all’esterno il suo messaggio positivo. Nella prima giornata si è voluta in-

serire anche l’inaugurazione del nuovo anno accademico 2015/16 dell’Unitre “Unione dei Comuni dei 5 Reali Siti” con una mostra dei lavori effettuati nel corso dell’ultimo anno dai corsisti guidati da Angela Mastropietro e Cosimo Tiso. Le opere, sapientemente esposte nel corridoio del palazzo, sono risultate di grande pregio artistico e sono state ammirate con grande stupore per il gusto estetico che riescono ad esprimere: oggetti in ceramica, presepi, quadri, lavori di chiacchierino, taglio e cucito. La serata è proseguita con la presentazione del libro di Michele Campanaro “La cucina di Capitanata”; ha presentato gli ospiti il presidente dell’Associazione “L’Ortese” Annito Di Pietro, promotore della complessa settimana della cultura. L’Assessore alla Cultura, Dott. Nicola Maffione, ha portato i saluti dell’Amministrazione comunale, dicendosi sempre disponibile a patrocinare

eventi che portano cultura nel paese. La presidente dell’Unitre, prof.ssa Rina Di Giorgio Cavaliere ha ringraziato quanti sono intervenuti al convegno e ha messo in evidenza le finalità dell’Università, che si afferma proprio interagendo con le associazioni presenti sul territorio nella condivisione dei valori e delle linee guida. La sede, ormai al quinto anno di vita, permane luogo d’incontro, di dialogo fra le generazioni e di accoglienza. E’ seguita la relazione del Prof. Alfonso Palomba con un’ampia trattazione degli argomenti gastronomici che l’autore della “Cucina di Capitanata” propone sia in questo nuovo lavoro sia tramite altri canali di comunicazione. Il relatore ha sottolineato la passione e la ricerca dell’autore nella riscoperta dei sapori della nostra tradizione. In effetti, il principio della territorialità valorizza i prodotti delle nostre terre e offre garanzie di genuinità.

Nell’ambito dell’Edizione 2015 della Settimana della Cultura l’Amministrazione Comunale Ortese ha voluto premiare gli

atleti che si sono distinti nel corso dell’anno. Premiata Anita Di Pietro, campionessa regionale under 12 e 13 di tennis.

E gli atleti Gianluca Cifaldi e Anna Grazia Grillo campioni del mondo di Kick Boxing.


Alla Memoria di Rocco Auciello Rocco Auciello, nato a Ordona il 27 luglio 1951, ha sempre vissuto a Roma. Laureatosi in Lettere ha esercitato la professione di insegnante. Sposatosi con Marcella Marcellino ha avuto due figli: Leone e Laura. Nel 1971 ha pubblicato la sua prima raccolta di poesie intitolata semplicemente Poesie. In seguito ha pubblicato altre tre raccolte: Angelo, La poesia sarà nelle strade e Salve amici. Ha vinto due premi letterari per la poesia.

Da adulto ha frequentato corsi universitari di Matematica e Fisica. Come ha scritto Fabio Pierangeli: “C’è sempre un cuore palpitante in queste poesie, come nella sua vita. Capacità di commuoversi, senza vergogna, per le sorti dell’uomo, di versare lacrime per un gesto di perdono, di aprirsi alla contemplazione della natura, di sorridere e ringraziare. Un calcio netto all’ignavia e all’indifferenza, dato con tenerezza e forza: anche in questo poesia e vita coincidono”. È venuto a mancare il 25 marzo 2014 a Roma.

Francesco Capriglione Francesco Capriglione è nato ad Ascoli Satriano nel 1946. Si è laureato in Lettere e Filosofia presso l’Università “La Sapienza”, in Filosofia presso la “Pontificia Università Gregoriana” e in Fisica teorica presso la “Libre Universitè” de Bruxelles. Ha conseguito il dottorato di ricerca in Teologia Dogmatica e Biblica presso la “Pontificia Università Lateranense”.

Abilitato all’insegnamento di scienze umane e storia, è stato docente di materie letterarie, latino e greco, filosofia e storia, psicologia e scienze dell’educazione e scienze sociali. Tra le sue pubblicazioni: La patria d’origine del martire Potito; Le Facetiae di Poggio Bracciolini; Ascoli Satriano, storia, arte, lingua e folclore; Tra Eros e Logos; A killer on the Occident Express; Chiesa locale e unità nazionale in Il vento tra le spighe.


Giuseppe D’Alessandro Giuseppe D’Alessandro, nato a Stornara il 9 ottobre 1933, fin da ragazzo viene avviato alla coltivazione dell’orto di famiglia. Frequenta la prima classe elementare che è però costretto ad interrompere per il sopraggiungere del secondo conflitto mondiale, tuttavia, all’età di 13 anni, avvertendo la necessità di un’istruzione inizia a frequentare le scuole serali fino alla 1ª classe della Scuola di Avviamento. Intanto prosegue nell’attività di bracciante agricolo che deve interrompere per il servizio militare. Dopo il congedo svolge per 3 anni l’attività di camionista, grazie all’apposita patente conseguita durante la leva. Nel 1954 coi suoi risparmi il padre, Antonio, gli acquista il primo terreno agricolo. In seguito incrementerà sempre

più i possedimenti terrieri lavorando indefessamente, non trascurando di aiutare anche il fratello Lorenzo. A 33 anni sposa Gerarda Pasquale, da cui avrà 4 figli. Nel 2001 è in fin di vita a causa di un grave tumore al colon, il quale supera con tenacia e grande fede. Nonostante l’età e le gravi conseguenze della sua malattia egli continua imperterrito a svolgere i lavori agricoli con l’aiuto dei figli e confidando sempre nella Divina Provvidenza. Giuseppe, persona dotata di grande umanità, nonostante i suoi problemi è sempre pronto a tendere la mano ai più bisognosi. Il suo motto è: “abbiate fede”, e la sua fede è talmente grande che nel giorno del Signore egli, qualsiasi attività stia svolgendo, lascia tutto e corre in chiesa per lodare e ringraziare Dio. Fede, famiglia e lavoro: i suoi punti cardinali.

Savino Roggia Savino Roggia è nato ad Orta Nova. Nel settembre 1960, all’età di 14 anni, lascia il paese natale alla volta di Milano; qui si adatta a fare i lavori più disparati e nel contempo frequenta le scuole serali che raggiunge a piedi camminando per chilometri dopo una giornata di lavoro. Così dopo il diploma di perito chimico, nel 1974 consegue la laurea in Farmacia. Si sposa con Vittorina, con cui avrà due figlie: Sara Lucia e Rossella. Si afferma nel campo della ricerca farmaceutica,

ma il suo lavoro lo porta molto tempo all’estero, lontano dagli affetti, dunque nel 1980 cambia rotta e diviene farmacista di un piccolo paese in provincia di Cuneo. Oltre ad aver ricoperto diverse cariche istituzionali a livello scientifico-professionale, numerose sono le sue pubblicazioni e le relazioni tenute a congressi nazionali ed internazionali del settore. Tra i suoi lavori più recenti: Pinocchio ritrovato. La forza di riconoscersi burattino e La poetica del gonfalone di Orta Nova in Il vento tra le spighe.


Savino Gerardo Sardella Savino Gerardo Sardella è nato a Carapelle il 16 novembre 1946. Ha conseguito nel 1972 la laurea in Medicina e Chirurgia a Pisa, poi le specializzazioni in Chirurgia Generale e in Chirurgia d’urgenza e Pronto Soccorso con il massimo dei voti; successivamente, sempre col massimo dei voti, ottiene l’idoneità dapprima ad Aiuto ospedaliero e poi a Primario ospedaliero. Ha prestato servizio presso la U.O. di Chirurgia Vascolare dell’Ospedale di Pisa, ricoprendo l’incarico di

responsabile del Centro Regionale per il trattamento endovascolare degli aneurismi aortici e degli arti inferiori. Ha eseguito migliaia di interventi chirurgici sia in elezione, che in urgenza, procedure endoscopiche dell’apparato digerente e trattamenti percutanei degli itteri neoplastici. In pensione dal 2009, è autore di oltre 120 pubblicazioni scientifiche su importanti riviste del settore e di relazioni a congressi nazionali ed internazionali.

Pasquale Stafano Pasquale Stafano, nato nel 1972, è pianista, compositore e arrangiatore. Nel 1994 ha conseguito la laurea in Pianoforte e nel 2000 quella in Jazz presso il Conservatorio di Musica “U. Giordano” di Foggia; nel 2004 si è laureato anche in Economia e Commercio presso l’Università degli Studi di Foggia. Parallelamente agli studi di jazz, grazie alla sua profonda passione per la musica sudamericana e ispirato dalle opere di Astor Piazzolla, nel 1999 ha fondato con

Gianni Iorio il Nuevo Tango Ensamble, un trio jazz con cui presenta composizioni originali. Attualmente si esibisce nei principali teatri, festival e jazz club di tutto il mondo; collabora con alcuni tra i migliori musicisti del panorama musicale internazionale e con famosi attori italiani, oltre ad alcune importanti orchestre. È anche insegnante di pianoforte jazz e classico, composizione e arrangiamento in diverse scuole pubbliche e private. Copiosissima la sua produzione musicale recensita da molti periodici musicali di tutto il mondo.


Gaetano, appassionato di mobili antichi, aveva trovato un piccolo mobile scrittoio di noce nel negozio di un rigattiere del centro storico di Foggia. Era piuttosto malandato, tarlato in più punti, con la vernice scrostata, ma gli era piaciuto per l’intarsio sul cassetto e per la forma tipica degli Anni Trenta. L’aveva acquistato per cinquanta euro e si era ripromesso di dedicare il tempo libero al suo restauro, una passione che gli era nata da pochi anni. Dedicarsi ad un lavoro manuale lo aiuta a sgombrare la mente dagli affanni provocati dalla sua vita intensa di manager di un’importante multinazionale presso cui lavora. La seconda volta che vi aveva messo mano, spostandolo, aveva accostato con una certa forza lo scrittoio al suo banco di lavoro. A causa dell’urto, la tavoletta che sporgeva dal piano di scrittura di qualche centimetro, si era spostata in avanti e, inaspettatamente, si era sollevata anteriormente. Incuriosito, l’aveva sollevata completamente e, ai suoi occhi sgranati per la meraviglia, era apparso un piccolo vano nascosto della profondità di qualche centimetro, sul fondo del quale c’erano una fotografia e un pacco di lettere. La fotografia ritraeva due giovani vestiti alla moda degli Anni Trenta e le lettere erano indirizzate ad una certa signorina Incoronata *** di Orta Nova. Gaetano si era chiesto per quali misteriose vie quel mobiletto, finito chissà come nel deposito di un rigattiere foggiano, alla fine fosse tornato nelle mani di un ortese. Aveva tralasciato ogni altra attività e aveva cominciato a leggere le lettere. Il cognome della famiglia della destinataria gli era noto e, in Orta viveva un suo conoscente la cui madre aveva quello stesso cognome. La prima lettera era datata 3 ottobre 1931 e cominciava con: “Mia adorata, questa notte non ho dormito perché il mio cuore scoppiava per la felicità. Per la prima volta hai detto che il tuo cuore batteva in sintonia col mio e il nostro amore, che è appena sorto all’orizzonte come il sole che questa mattina illumina la mia stanza, comincerà, il cuore me lo dice, a salire sempre più in alto nel cielo, caldo e luminoso come il tuo volto angelico, nel quale gli occhi splendono come due stelle scintillanti”… La lettera continuava con lo stesso tono e sullo stesso tema per altre tre pagine e mezza di una scrittura fitta e ordinata. Gaetano aveva sorriso per l’accostamento degli occhi della ragazza alle stelle, scintillanti in un mattino illuminato dal sole, perciò necessariamente invisibili, però si era intenerito a quel frasario certamente giovanile, pieno di ardore e di passione amorosa. Mancava la risposta di Incoronata e in realtà le lettere erano tutte a firma del “tuo per sempre Pasquale”. Ciò stava a significare che Incoronata aveva

conservato le lettere del suo innamorato e che le sue lettere dirette a Pasquale non erano state recuperate. Gaetano non aveva continuato nella lettura per una sorta di rispetto che gli era venuto spontaneo, di fronte ai pensieri intimi di un innamorato. Gli era venuta invece la voglia irrefrenabile di conoscere l’identità di Pasquale e decise immediatamente di contattare quel suo conoscente per saperne di più. Gli aveva telefonato dicendogli che voleva parlargli, che aveva qualcosa che forse apparteneva a lui o ad un altro membro della famiglia e gli aveva dato appuntamento, per la mattina successiva, presso il bar Annese. L’indomani, alle nove, emozionato, era andato a quell’incontro e si era trovato di fronte un anziano dall’apparente età di settanta anni e oltre. In realtà, come seppe più tardi, Francesco ne ha settantacinque e, fortuna nella fortuna, era proprio il figlio di Incoronata e di Pasquale***. Dopo i convenevoli d’uso, dopo aver gustato il caffè e i pasticcini per i quali Pasqualino Annese è famoso in tutta la provincia, Francesco e Gaetano si erano avviati verso la casa di quest’ultimo, più precisamente verso il locale a piano terra, un tempo adibito a stalla e ora a laboratorio. Gaetano aveva mostrato il piccolo scrittoio e Francesco lo aveva immediatamente riconosciuto. - “Come mai è finito a Foggia?” - “ Questo bisognerebbe chiederlo a mia figlia e a mia moglie, le quali, innamorate dei mobili moderni, a poco a poco hanno dato via, senza soldi, tutto il vecchio mobilio di casa, sostituendolo con orribili - almeno per me - mobili moderni, con la scusa che sono più funzionali e più facili da pulire. Gaetano aveva sollevato il coperchio dello scrittoio e ne aveva tirato fuori la fotografia e il pacco delle lettere. A quella vista, Francesco era scoppiato a piangere, un pianto irrefrenabile di fronte al quale Gaetano era rimasto in silenzio, in attesa che cessasse. Capiva cosa stava provando il suo interlocutore e capiva anche che quel pianto non poteva e non doveva essere interrotto da frasi di circostanza, che sarebbero apparse inopportune e inadeguate. Quando Francesco si era calmato, Gaetano aveva detto: “Ti restituisco la fotografia e le lettere delle quali ho letto solo la prima e ti prometto che restaurerò questo mobiletto per restituirtelo come era quando tua madre vi si sedeva di fronte per leggere e rispondere alle lettere di tuo padre. È giusto che torni in tuo possesso. In cambio, ti chiedo di raccontarmi la loro storia. Francesco si era asciugate le lacrime e stava per cominciare a parlare, ma Gaetano l’aveva interrotto, gli aveva porto le lettere, dicendo: “Portatele a casa tua e domani mattina, dato che è sabato e io non dovrò andare in ufficio, ti aspetto qui

perché dopo aver riordinato i tuoi ricordi, tu mi possa raccontare in modo preciso ed esauriente questa storia che mi ha incuriosito e mi appassiona”. La mattina seguente, puntuale, Francesco era tornato al laboratorio di Gaetano. Avevano bevuto il caffè, preparato dalla moglie di Gaetano, la quale, messa al corrente dal marito della straordinaria scoperta e fremente di curiosità, aveva chiesto: “Posso restare? A noi donne piacciono le storie d’amore e a me in modo particolare!”. “Certamente, signora”- aveva risposto Francesco - “anche se è una storia d’altri tempi, quando la condotta degli uomini e delle donne era ispirata a valori e norme di comportamento molto diversi da quelli attuali. Quale giovane, oggi, si rivolgerebbe alla sua ragazza chiamandola “mia adorata”, come faceva mio padre con mia madre nel lontano 1931?”. “Nessuno. Ciò non toglie però che, l’amore, quello vero, sia rimasto inalterato, in qualunque modo espresso, dal tempo di Catullo e Lesbia nel I° secolo dell’era volgare, di Abelardo ed Eloisa nel Medioevo, di Giulietta e Romeo, opera scritta nel Rinascimento, fino a Lara e Zivago, per parlare di un tempo a noi molto vicino e sono sicura che vale anche nell’era degli Sms e di Internet! - “Questa dissertazione è certamente interessante” - aveva detto Gaetano -“ma può essere rimandata. Adesso mi interessa la storia di Pasquale e Incoronata. Perciò, caro Francesco, ti prego di raccontarla”. E Francesco, dapprima con voce incerta per l’emozione e poi sempre più ferma, aveva cominciato il suo racconto. Pasquale aveva sedici anni, quando scrisse la prima lettera e Incoronata ne aveva quindici. Erano cresciuti nella stessa strada. Incoronata era figlia di un ricco massaro che conduceva i terreni di un latifondista abruzzese; Pasquale era invece figlio di un bravissimo falegname, che come tutti i falegnami dell’epoca realizzava infissi ma anche mobili con rifiniture a mano, perciò era conosciuto e molto richiesto anche nei paesi vicini. Siccome gli affari andavano bene, seguendo i consigli del maestro di Pasquale, egli aveva deciso di farlo studiare oltre la Licenza Elementare. Pasquale aveva frequentato il Ginnasio (attuale Scuola Media) e successivamente si era iscritto al Liceo “Lanza” di Foggia. Nel 1931 egli frequentava la Vª Ginnasio. Incoronata, dal canto suo, grazie all’intervento della maestra, era riuscita a vincere la resistenza paterna ed era stata messa nel Convitto delle suore “Marcelline”di Foggia dove, dopo i tre anni di Ginnasio, si era iscritta all’Istituto Magistrale. Nel 1931 frequentava la prima classe dell’Istituto Magistrale. (continua - 1)


Le Ricette Natalizie di Rosa Il mangiar bene è anche scegliersi una macelleria di fiducia, ed io da anni sono uno dei tantissimi clienti assidui della macelleria Moreo a Foggia, a due passi dallo stadio. Franco e Rosa da pochissimo tempo hanno perfino un sito su internet dove la cuoca Rosa propone delle ottime ricette, ho scelto

Disponete la Faraona in una teglia, dopo aver steso un leggero strato d’olio. Bagnate la Faraona con olio e vino bianco, aggiungendo ancora un po’ di sale. Posizionate attorno le castagne lessate, e salate leggermente. Coprite la Faraona con della stagnola e cuocete in forno per 45 min. Passato questo tempo di cottura scoprite la faraona e

per voi un piatto tradizionale con qualche modifica: La Faraona in “Rosa” meglio la Faraona disossata ripiena con castagne e contorno di Zucchine gratinate e barchette di Patate. Preparazione Ripieno: Mescolate in una ciotola la salsiccia e i ritagli di Faraona. Aggiungete la pancetta a cubetti, il prosciutto cotto, le castagne lessate sbriciolate, il formaggio e il parmigiano grattugiati. Non dimenticate di aggiungere un pizzico di sale, pepe, un pò di ariosto e pan grattato. A questo punto amalgamate con le uova e mescolate fino ad ottenere un composto omogeneo. Vi ricordiamo di lasciare da parte delle castagne lesse intere, da cuocere poi in forno con la faraona e utilizzarle come contorno e guarnizione per il nostro piatto. Procedete nella farcitura della Faraona, cercando di farlo in maniera più omogenea possibile, in modo da restituirle la sua forma originaria. Una volta terminata l’operazione avvolgetela bene con dello spago colorato per compattare il tutto.

cuocete per altri 45 minuti abbondanti. Fate attenzione a controllare di tanto in tanto lo stato di secchezza della nostra Faraona Farcita. All’occorrenza

bagnatela come meglio credete: con il fondo di cottura stesso, con acqua, vino o del brodo. Mentre la Faraona è nel forno, possiamo procedere alla preparazione dei contorni. Abbiamo scelto di abbinare delle zucchine e della patate per dare al nostro piatto un tocco di colore e di sapore in più. Tagliate le zucchine a fettine sottili e grigliatele. Una volta grigliate disponetele su una teglia e bagnatele con dell’olio. Aggiungete il parmigiano e tenetele in forno fino a farle gratinare bene.nLessate le patate intere. Tagliatele a metà e svuotate un po’ l’interno fino a creare delle piccole barchette. Fate attenzione a svuotarle con delicatezza in modo da non romperle. A parte preparate il ripieno mescolando in una ciotola: formaggio e parmigiano reggiano grattugiati, formaggio fuso(fontina) e prosciutto cotto senza polifosfati . Amalgamate con uno o due uova, in base alla quantità di ripieno. Aggiungete sale e pepe. Usate il ripieno per riempire le barchette di patate. Potete aiutarvi con un sac à poche per crearci sopra delle decorazioni e rendere così più belle e appetitose le vostre barchette. Posizionate su una teglia un foglio di carta da forno e cospargete con olio. Infornate le barchette per 15 min circa, fino ad ottenere la doratura desiderata.


Felice da Corsano un raggio agostiniano tra i Santi riformatori del XVI secolo di Mario Aucelli Nella chiesa di San Bartolomeo di Montecalvo Irpino è stato presentato l'interessante e documentato libro di Giovanni Bosco Maria Cavalletti: Felice da Corsano - Un raggio agostiniano tra i santi riformatori del XVI secolo. Hanno introdotto i lavori il parroco abate don Teodoro Rapuano e l'autore Cavalletti. La presentazione dell’informato e illustrato testo, la cui pubblicazione ha lo scopo di ottenere la canonizzazione di un altro figlio della Terra di Montecalvo (già patria di San Pompilio Maria Pirrotti), l'ha fatta, da par suo, il biblista Padre Massimiliano Palinuro, missionario in Turchia e Rettore della Cattedrale di Smirne, che ha analizzato, molto applaudito, in ogni parte le 432 pagine del volume. Montecalvo, patria di Santi e di Beati, grazie alla tenacia di don Teodoro vuole raggiungere un traguardo ardito (e molto dispendioso): riprendere ciò che nel Millesettecento non fu possibile ai promotori della petizione redatta per ottenere il culto ab immemorabili di Felice Pomes, come scrive nella presentazione del volume don Teodoro. Quando fu istruita la pratica, ai promotori non fu possibile dimostrare il culto centenario ante 1634, data limite imposta da papa Urbano VIII per il riconoscimento istantaneo della canonizzazione di coloro la cui beatitudine era acclarata da tempo. Non si conosceva il dies natalis (la data della morte) del Beato Felice da Corsano (frazione di Montecalvo Irpino). Non si aveva memoria nemmeno del luogo della sepoltura. Il processo canonico avviato nel 1775 dalla diocesi di Bovino, e che conteneva quei dati, si pensava che fosse andato irrimediabilmente perduto in due disastrosi incendi dell'archivio vescovile della diocesi dauna. Qui interviene, all'attualità, la ricerca certosina del Cavalletti coadiuvato dal parroco don Teodoro. Sfogliando datati manoscritti della Biblioteca di Montevergine i due appassionati ricercatori hanno tolto il velo di incertezza sulla morte del nostro Beato (tutti, da sempre cosi chiamano Felice Polles o Pomes da Corsano). Anche il ritrovamento da parte del Padre Sciberras, Postulatore Generale dell'Ordine di Sant'Agostino, negli archivi dell'Ordine, dell'istruttoria preparata nel '700, ha tolto il velo all'incertezza. Il nostro morì, forse ad Atripalda, il 20 settembre 1526 e le ossa riposano, questa è un'altra importante scoperta ai fini della riapertura della pratica di canonizzazione, nella chiesa dei Liguorini di Avellino, che non hanno,

inspiegabilmente, permesso ai due studiosi montecalvesi, di entrare nel tempio e visitarne la tomba. La presenza della Sacra Urna nella chiesa avellinese, come ricorda l’autore, non e stata mai rilevata, ne dagli studiosi, ne dai fedeli delicetani che ancora, per tutto questo tempo, erano intenti a ricercarla fra le mura del convento di Deliceto (FG). Chi era Felice da Corsano? Un Agostiniano, riformatore delle regole del suo Ordine, portate avanti in particolare a Deliceto, Casa Madre della sua Riforma, dove viveva in una grotta e, si racconta, si nutriva di una pagnotta di pane che un corvo ogni giorno gli portava nel suo misero ricovero. In proposito Sant'Alfonso Maria de' Liguori, appassionato devoto dell'Agostiniano montecalvese, cosi tramanda: Il Beato Felice per attendere maggiormente alla vita contemplativa fecesi cavare una grotta, e in quella si ritirava a vivere per mesi intieri e che per un buco della detta grotta fosse venuto l'Angelo del Signore e anche un corvo che giornalmente gli avesse portato una pagnotta di pane. Scrive nella prefazione del libro Padre Josef Sciberras OSA: La grandezza di Felice da Corsano ... è stata propriamente quella di voler ritornare alla sorgente primaria dell'esistenza cristiana, ossia il Vangelo, letto alla luce del magistero del grande vescovo di Ippona. Ricorda nella presentazione don Teodoro Rapuano: Da oltre un trentennio Giovanni Bosco Maria Cavalletti conduce una ricerca sulla vita e le opere del beato Felice Polles (o Pomes) da Corsano, ricerca condivisa, agli inizi, con il compianto Giuseppe Lo Casale e successivamente condotta con una brillante capacità di districarsi in preziosi e inediti documenti". La speranza è che si possa giungere, a Dio piacendo, alla canonizzazione del Beato Felice da Corsano, per la cui conoscenza tanto si sono spesi illustri delicetani, sia di

felice memoria, come padre Francesco Pennetta e Amedeo Iossa, sia ancora fiorenti. Proprio in questi giorni le autorità ecclesiastiche competenti stanno muovendo i primi passi per l’istruzione di un regolare processo di canonizzazione del fondatore della Consolazione di Deliceto. Evento che oltre a fare dono del Beato Felice alla Chiesa Universale, riempirà di orgoglio e soddisfazione i fedeli dei luoghi ove massimamente si concentrò la sua opera riformatrice: Deliceto, Ariano Irpino, Ascoli Satriano, Panni, Troia, Corsano, Gildone, Montecalvo Irpino, Atripalda, Montefalcione, Castelluccio Valmaggiore, Baselice, San Bartolomeo in Galdo, Campobasso, Sant’Agata di Puglia, Orsara di Puglia… Tommaso Lapenna Pietre di Margnier Book Sprint Edizioni “A volte ci sono pensieri che diventano parole. A volte, le parole si trasformano in poesia. La poesia come una carezza senza tocco, sfiora l’anima di chi legge”. Cosi introduce la sua pubblicazione “Pietre di Margnier”, Tommaso Lapenna. Un racconto che inizia con la sua nascita sotto la tenda ad Orta Nova a causa del terremoto del 1948, prosegue a nove anni, con l’emigrazione nelle fitte nebbie di Torino. Le amicizie in terra piemontese e il trascorrere dei giorni. Nel 1970 conosce Antonietta, sua futura sposa e grazie a lei, scopre Margnier, un lembo di terra bellissimo valdostano, che ai suoi occhi gli pare incastonato nella montagna come un diamante al suo anello. Resta affascinato dalla gente semplice e speciale che vive in casette di pietra, addossate l’una vicina all’altra, i suoi vicoli stretti, le mucche, il pane nero d’inverno, il vino di montagna, la grappa fatta in casa, le piccole cantine tutte voltate in pietra. Nel 1985 intraprende la sua “impresa impossibile” acquistando un primo rustico da ristrutturare, poi un altro e u altro ancora che con ostinazione, delusioni, ostacoli e avversità della vita riesce a restaurarli. Il magico rapporto dell’uomo con la pietra.


È abbastanza comune mentre si studia qualcosa aiutarsi con degli esempi per capire meglio quello che abbiamo letto, ancora meglio se l'esempio ha a che fare con un nostra esperienza personale. Questo perché se vogliamo davvero partecipare ad un processo di apprendimento dobbiamo mettere in gioco non solo la parte "fredda" del nostro intelletto ma anche quella parte che funziona poggiandosi sulle emozioni e sulle esperienze personali. Solo in questo modo le cose ci rimangono effettivamente dentro, non in testa ma proprio dentro: diventano parte di noi. Questa sorta di legge la conosciamo intuitivamente tutti. Vi sarà forse capitato di aiutare un bimbo a risolvere i primi problemi di matematica in cui la mamma fa la spesa al mercato e bisogna fare la somma di quanto si è speso ai diversi banchi considerando il prezzo per chilogrammo. Quasi sempre intuitivamente, per far entrare il bambino completamente nella questione, il problema di matematica viene calato nella sua realtà facendo finta che invece di occuparci di mele al mercato si stia parlando di caramelle, colori, videogiochi etc etc. Così il bimbo capirà effettivamente l'utilità e il meccanismo delle operazioni matematiche perchè immaginerà quelle operazioni al servizio del suo desiderio di comperare ciò che vuole con i soldi che ha a disposizione. Mai il bimbo in autonomia avrebbe potuto accostare l'esercizio del sussidiario alla propria esperienza di tutti i giorni se un adulto non lo avesse aiutato inizialmente a fare nella mente un legame tra queste due situazioni in cui cambiano i contenuti ma non i meccanismi. Una volta fatto ciò però esiste una altissima probabilità che il piccolino farà proprio quel modo di pensare innescando un processo di apprendimento davvero trasformativo. Senza questo passaggio il bimbo imparerebbe tutto a memoria limitando l'effetto delle

cose imparate al solo contesto scolastico. Se siete d'accordo con me fino a questo punto possiamo andare oltre in questo discorso. Spessissimo persone che vivono momenti di disagio, in riferimento a situazioni specifiche o proprio come condizione stabile della loro vita, mi chiedono consiglio per scegliere qualche libro di psicologia che possa aiutarli. Tutte le volte in quelle situazioni penso che con la voglia di autocurarsi si arrivi solo ad essere più esperti in qualcosa ma con lo stesso problema di prima oltre alla delusione per non aver ricevuto un vero aiuto nella psicologia. Per questo motivo si tratta di richieste che assecondo solo in parte, evitando di consigliare libri di psicologia ma piuttosto romanzi o film, sperando che l'immedesimarsi con i vari personaggi delle storie possa aiutare le persone a contattare dentro di loro emozioni ed esperienze, aspetto dì per sê molto importante, piuttosto che teorie su come funzionano questi processi. È sacrosanto che qualcuno abbia un interesse per un argomento e lo approfondisca, anche quello è un modo per occuparsi intellettualmente di questioni molto personali e profonde. Muoversi però sulla fantasia che se si ha un problema lo si risolva istruendosi su cosa significa o su cosa fare suona un po' come un azzardo che lascia fuori la cosa fondamentale e davvero curativa ovvero il fare esperienza di qualcosa passando dal coinvolgimento emotivo alla riflessione e viceversa in una dialettica inscindibile e davvero trasformativa all'interno di una relazione, quella con il terapeuta. D'altra parte questo è alla base anche della formazione degli psicoterapeuti stessi che per non essere solo esperti di psicologia vengono coinvolti in prima persona in un percorso di psicoterapia al fine di trovare dentro di loro le cose studiate apprendendo dalla propria esperienza.




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