Edav N. 393

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393 ottobre 2011

Il gruppo di lavoro osserva il regista che, a sua volta, ha lo stesso atteggiamento mentre osserva la realtà circostante: il deserto. Il recarsi in questo ambiente viene vissuto come una necessità indispensabile dopo aver visto, in monitor, il suo film teatrale, l’opera di Salomè, che non lo convince definitivamente; – la parte centrale del film infine viene strutturata da Al Pacino in diversi filoni che si intersecano tra di loro come la caratteristica treccia fatta dalle nostre nonne: a) il filone della ricostruzione storica di Wilde: mentre in modo documentaristico si racconta la storia dello scrittore (nascita, gioventú, professione, contestatore, carcere e morte), Al Pacino si immedesima sempre piú nel personaggio storico sino ad immaginare alcune scene reali di Wilde rappresentate con il suo volto. Un modo questo per dire che durante la ricostruzione della storia avveniva via via la sua identificazione con Wilde; b) il filone della costruzione filmica dell’opera di Salomè nella quale il regista (Al Pacino) cerca di attualizzarne il dramma, coinvolgendo il suo gruppo di lavoro. L’autore del film ritiene cosí che quell’opera sia di grande attualità anche ai giorni nostri: un dramma rilevante realizzato con lo strumento della cinematografia, utilizzando un modo narrativo nuovo e originale tale da rendere efficace la comunicazione tematica; c) il filone della rappresentazione dell’opera di Salomè in abiti moderni e in funzione di ripresa filmica. Re Erode (Al Pacino) si trova costretto a cedere ai

desideri di Salomé (dopo un ballo conturbante), che gli chiede la testa del profeta Giovanni Battista. Salomè, con estrema fermezza esprime questo desiderio, perché il Battista, incatenato in prigione,

ha rifiutato, per motivi religiosi e morali, un bacio da lei richiesto. Al contrario Re Erode portava rispetto e ammirazione per il Battista. Costretto a concedere la testa su un piatto di argento, poi baciata ed accarezzata con trasporto dalla stessa Salomé, inorridito, rientra nelle sue stanze, intimando alle sue guardie «uccidetela». Emerge quindi, un giudizio fortemente negativo su Salomé, donna carica di invidia, di superbia, che cerca il potere, che vuole ottenere tutto ciò che

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desidera, utilizzando, con una certa maestria, accorgimenti libidinosi e false passioni amorose. Da questa struttura narrativa, quindi, ne scaturisce l’Idea Centrale che si può cosi sintetizzare: «il mondo tradizionale nei rapporti umani, come li pensava Al Pacino nella sua gioventú, non esiste piú. Bisogna ricercare altre vie, quali ad esempio quella di Oscar Wilde (trasgressivo in senso lato e libero da ogni condizionamento sociale). In questo ambito è necessario contrastare la natura della donna che utilizza la sua femminilità per scopi non certo nobili e considerare la figura maschile dedita alle libertà e della trasgressione con attenzione. Fatta questa riflessione Al Pacino è come preso da un dubbio amletico e “si chiede”: ma sarà proprio cosi?» Le immagini finali di Al Pacino dubbioso nel deserto con il gruppo di lavoro che un po’ lo irride, sembra produrre un supplemento di idea centrale, quasi un monito «guarda che non la racconti giusta, tu stesso sei molto dubbioso dell’idea che stai maturando in questo periodo. Datti una regolata e rifletti meglio con un altro prossimo film». Cosa dire di piú, se non che Al Pachino si è superato e ha costruito un film che, se in concorso, avrebbe meritato un premio, premio che certamente il pubblico gli riconoscerà. (GIAN LAURO ROSSI)


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