MD Material Design Post-it Journal, vol.IV (2013)

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Dopo aver esplorato le potenzialità di diversi tipi di materiali, la carica figurativa del lavoro del designer Raffaello Galiotto, unita alla felice e illuminata collaborazione di Lithos Design, raggiunge e sorprende il mondo del materiale lapideo. Questa straordinaria esperienza, che coniuga creatività e conoscenza approfondita della pietra, know-how tecnologico e ricerca continua, è raccontata con attenta sensibilità dall’autrice Veronica dal Buono, nel libro recentemente pubblicato e dedicato al giovane Designer, quinto volume della Collana Lithos, casa editrice Librìa. Attraverso il percorso che permette di riscoprire non solo le caratteristiche intrinseche e quindi materiche dell’elemento lapideo, ma anche il suo forte valore memoriale, si rivela gradualmente l’approccio che ha condotto alla realizzazione delle collezioni firmate da Galiotto, manifestazione delle potenzialità nascoste nella pietra. Esse, come sottolinea Pavan, sono esemplificazione del superamento del concetto che ha accompagnato l’utilizzo di questo materiale nella progettazione, considerato in grado di fare “di per sé “, al quale fino a pochi decenni fa veniva attribuito valore solo per il fatto di essere pietra esule da ogni tipo di lavorazione. Partendo da questo nuovo punto di vista trae origine il percorso di indagine del progettista e dell’azienda, spaziante dal rivestimento fino ad arrivare a veri e propri elementi strutturali che portano alla definizione degli spazi. Come anticipa la stessa autrice, nella prima parte del libro, la pietra si offre al designer quale massa profonda, suscettibile di definizione disegnativa, che scavata e incisa porta alla luce l’attributo della forma. Tenendo presente ciò, sfogliando le pagine del libro, si procede su una strada carica di elementi di sperimentazione e ricca di inediti, che permette di scoprire l’iter ideativo e creativo, processuale e produttivo delle diverse collezioni.

Indispensabile per la progettazione diventa il supporto informatico, nell’accezione del designer industriale che non concepisce la lavorazione della pietra come faceva l’artigiano. Da essa vuole trarre l’anima e sfruttarne le potenzialità, evitando però quelle imperfezioni tipiche della lavorazione manuale. Come afferma lo stesso Galiotto non si può parlare di produzione artistica ma di design. Il designer industriale è un progettista che non mette mano direttamente all’opera ma la affida a un esecutore esterno, quindi non è la capacità manuale il fattore primario di resa dell’opera ma la congiunzione fra la visionarietà, la forza del progetto, la precisione e la forza dell’esecuzione meccanica. In questo senso l’apporto del design digitale risulta indispensabile, poiché attraverso esso il progettista mette forma alla materia naturale per dare origine a singolari risultati modulari dove la matericità litica si dissolve per dare origine ad apparati eterei, in cui la pietra trova ragione nella contrapposizione e nella diversa combinazione delle masse, degli spessori, delle superfici. Anche la luce, altro elemento naturale imprescindibile nella progettazione, si ritrova a definire la materia che, nei riflessi chiaro scuri, vede esaltate le linee morbide delle collezioni. Il percorso di Galiotto, come si scopre proseguendo nella lettura, è imprescindibile dal forte rapporto simbiotico con l’azienda vicentina, con la quale ha condiviso la stessa sensibilità di approccio nei confronti del

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