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Eppure le potenzialità ci sono

zone ampiamente protette, vedi le città, ma le valli sono a rischio, i loro ospedali vengono defogliati da ogni competenza, anno dopo anno, e tutti i valligiani, anche i più lontani, vengono dirottati sulle città. E se le cose vanno male per gli anziani, non vanno meglio per i giovani. La precarietà lavorativa è una delle problematiche più evidenti. Molti giovani faticano a trovare un lavoro stabile e ben retribuito e sono costretti ad accettare contratti a termine, stage non retri- buiti, o lavori sottopagati. Mancano specializzati, le scuole sono spesso inefficienti, non li preparano adeguatamente alle competenze richieste dal mercato del lavoro e dalla società moderna. Molti giovani si sentono frustrati e demotivati dallo studio e abbandonano gli studi prima del tempo o si laureano in ritardo. D’altronde ci sono sempre meno giovani, siamo in piena denatalità. Chiediamoci a questo punto se l’Italia è un Paese evoluto visto che gran parte dei suoi cittadini non fanno più figli perché non possono permetterseli, ma non si fa niente per farglieli permettere. Per consentire alle donne di averli senza dover abbandonare il lavoro, quando hanno la fortuna di averlo. E per finire, l’Italia è davvero un Paese moderno visto che la sua burocrazia imperversa in ogni settore del pubblico e del privato, burocrazia fatta per impedire invece che consentire e aiutare le varie iniziative pubbliche e sociali. Visto che la diseguaglianza fra i territori è ormai endemica e non c’è nessuno che muova un dito. Per non dire dei politici. E’ normale che i politici rispondano ai loro partiti e non agli elettori che li hanno votati? L’Italia è un Paese moralmente accettabile visto che ha la più alta diseguaglianza fra giovani ed anziani, fra ricchi e poveri, fra uomini e donne? Infine, chiediamoci se l’Italia sia un Paese avveduto e prudente visto che ha il più alto debito d’Europa, ma anche la più alta evasione fiscale d’Europa. E visto che se combattesse con più severità l’evasione potrebbe curare meglio, insegnare meglio e avere di nuovo figli, ma non la combatte per non perdere i voti degli evasori, sanguisughe a carico di tutti noi. Così questo Paese sta distruggendo il suo stato sociale, ne sono più che mai convinto e rammaricato, così questo Paese sta svilendo l’amore per la nostra terra, la nostra Patria.

Il Museo della Grande Guerra a febbraio, in comunione con il museo di Spiazzo, ha acquisito un lascito da parte della famiglia di Francesco Orlandelli di Noceto di Parma di due tonnellate di cimeli. La parte di dieci quintali arrivata a Bersone, ancora negli scatoloni, va ora catalogata e sistemata nelle vetrinette espositive. Un compito che si va ad aggiungere ad altre novità per il museo. Agli inizi di aprile è stato eletto il nuovo direttivo del Museo della Grande Guerra di Bersone.

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Nella prima seduta sono state definite le cariche sociali per il prossimo triennio. Di fatto Denis Bugna succede alla presidenza a Francesco Bologni (che manterrà comunque ancora la funzione di segretario in vista di un passaggio di consegne, così come Maddalena Pellizzari per la funzione di tesoriere), mentre Massimo Parolari rimane vicepresidente e responsabile del Gruppo

Armi.

Oltre alle cariche sociali definite dallo statuto sono stati confermati i primi gruppi di lavoro o funzioni specifiche con i rispettivi responsabili: Gaja Pellizzari guiderà il Gruppo “Catalogazione/Didattica”, Francesco Bologni sarà responsabile della comunicazione e del coinvolgimento dei soci, mentre Alessio Cimarolli sarà il referente per la Sicurezza. Fanno ancora parte del direttivo i consiglieri Amos Bologni, Elio Bugna e David Liveri.

Importanti gli obbiettivi che il nuovo direttivo si propone, come quello, in accordo con comune di Valdaone, di riorganizzare il magazzino dei pezzi donati e ultimare la sistemazione della sala didattica (ex sala consigliare di Bersone,)