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Orsi e ricorsi

L a notizia della cattura dell’orsa Jj4 è stata accolta dai trentini alla stessa stregua di quella di un boss mafioso o di Godzilla dopo aver distrutto Tokio.

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Occhio gente che di questo passo si torna dritti ai tempi del Covid. E non mi riferisco a chi (allevatori, contadini, proprietari di case da mont) legittimamente richiede protezione contro la carica dei 101 plantigradi, protagonisti non solo di pericolosi (e mortali) incontri ravvicinati con l’uomo ma anche di sempre più numerose devastazioni e predazioni.

Ieri i guelfi e i ghibellini del vaccino. Oggi i Capuleti e i Montecchi dell’abbattimento plantigrado.

La faccenda degli orsi, ora come allora lo fu l’ossessione per la pandemia, è diventata totalizzante nella pubblica dialettica. Infiamma i dibattiti pubblici e privati, cannibalizza le prime pagine dei quotidiani, appassiona le chiacchiere dell’apericena. E, cosa più triste, partorisce migliaia di post dei novelli zoologi del web che lanciano soluzioni e rilasciano pareri non richiesti, spesso a casaccio.

E parlane oggi e parlane domani. E guarda un video virale dell’orso a spasso per il borgo. E poi lo inoltri su Whatsapp. E fallo vedere ai figlioli. E agli amici. Poi vai a comprar il Gratta e Vinci e mentre imprechi

Diario Massimo di un osservatore minimo di Massimo Ceccherini Podio

contro la sorte avversa ti becchi pure l’edicolante super informato che snocciola i dati aggiornati sulla demografia plantigrada nel Trentino occidentale. All’uscita realizzi che ti mancano le melanzane per la ratatouille. Allora vai all’ortofrutta e lì ti tocca sorbirti anche le lezioni del verduraio su ordinanze di abbattimento e sentenze del TAR, su interpellanze miste, ricorsi amministrativi e controricorsi animalisti. Al crepuscolo il rientro a casa è travagliato. Sopraffatto da tutto sto clima di allarmismo ti ritrovi a guardarti le spalle a ogni passo. Meglio un ladro che un orso, pensi. Ora sei a casa. Sano e salvo. E mentre sul divano ascolti le novità sul TG3 Trentino ti rendi conto di essere precipitato nell’ennesima psicosi collettiva. Un vortice fatto di contrapposizioni ideologiche, ferocia dialettica e, soprattutto, paura.

Sì, perché l’orso è più divisivo di una puntata di ‘Ciao Darwin’. Fugatti lo sa bene e punta al consenso elettorale dei ‘giustizialisti’. E poi lui l’orso lo preferisce nel piatto mica in giro per i boschi: correva l’anno 2011 e l’attuale Presidente della Provincia di Trento, allora semplice deputato, organizzò un banchetto a base di carne d’orso per la festa della Lega Nord in Primiero. Geniale, goloso, ma illegale. Sopraggiunsero i Nas a spegnere le fiamme del barbecue. In queste settimane il bosco è tornato ad essere quello raccontato dalle fiabe e da un certo cinema: un luogo minaccioso, oscuro, affollato di presenze ostili, insidie e sinistri scricchiolii. Un posto da cui è meglio stare alla larga. Un luogo che fa PAURA, ma non solo al singolo.

A tutti. Ennesimo caso di paura collettiva.

C’è stato un tempo in cui ‘paura’ faceva rima con Isis. Uno zaino abbandonato per strada o alla stazione bastava per far scattare l’allarme bomba. Per non parlare degli effetti dello scoppio di un petardo sulla folla. A quel tempo tanti rinunciarono a condurre una vita normale. Si evitavano posti affollati come musei, stadi, concerti, mercati. Nessuno andava in vacanza nei paesi arabi. Con l’avvento del Covid l’origine della paura virò in ambiti sanitari degenerando in derive complottiste e visioni di società distopiche.

Da più di un anno conviviamo con la paura della Terza Guerra Mondiale. Poi con quella delle bollette. Tra l’una e l’altra ogni tanto il nord coreano sgancia un missile nucleare. Giusto per non farci mancare niente. Se conservassimo lucidità ragioneremmo su altri numeri, tipo questi.

Nel 2022 in Italia:

1.489 vittime di incidenti stradali. Quattro al giorno. Eppure continuiamo ad andare in auto. Magari mezzi ciuc- chi. Spesso con la mano sul volante e l’occhio sul cellulare;

307 pedoni investiti e uccisi. Eppure continuiamo a passeggiare in città;

14 bambini e ragazzi investiti e uccisi. Eppure li lasciamo liberi di uscir di casa;

8 mila vittime di incidenti domestici. Ventuno al giorno. Eppure in casa continuiamo a svitar lampadine e a scendere scale. Gli squali, per tornare in ambito faunistico, nel mondo fanno 10 vittime l’anno. Circa 73 gli attacchi. Eppure gli appassionati continuano a fare surf e snorkeling. Lasciamo che siano Guardia Forestale, zoologi veri e Provincia a gestire il problema della pericolosità e del sovrannumero degli animali selvatici.

Se il dibattito ci appassiona tanto, continuiamo pure a divulgare le nostre analisi da navigati conoscitori di psicologia plantigrada.

Non rinunciamo però a fruire dei nostri spazi con sueti. Piste ciclabili, bosco, sentieri. Con le dovute precauzioni certo, ma non rinunciamo. Evitiamo di ricadere nell’ennesima paura da contagio. Non diffondiamola.

Perché altrimenti nella trappola tubo, quella mentale, la più pericolosa, rischiamo di finirci noi.