Stefano Toso - Crisi economica edistribuzione del reddito

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LaBo – Laboratorio di formazione politica del PD di Bologna 12 dicembre 2011

Crisi economica e distribuzione del reddito Stefano Toso UniversitĂ di Bologna


• Diseguaglianza e povertà nelle economie avanzate nell’ultimo trentennio: evidenze empiriche e interpretazioni • Recessione economica e distribuzione personale del reddito • Contrasto della povertà e politiche pubbliche


Il trend della diseguaglianza nelle economie avanzate •

Tendenza negli ultimi 30 anni verso un incremento della diseguaglianza, ma emergono pattern temporali differenti (anche di segno) nell’area OCSE

I primi incrementi si registrano a cavallo degli anni ‘70-’80 solo in USA e UK, a cui fa seguito un aumento generalizzato della diseguaglianza nel decennio successivo (metà anni ‘80-’90)

Nell’ultimo decennio si registrano variazioni di segno opposto e gli incrementi maggiori si verificano nei paesi meno diseguali (Svezia, Finlandia, Germania)

Gli USA sono l’unico paese in cui la diseguaglianza aumenta costantemente in tutto il trentennio

L’Italia è tra i paesi più diseguali, assieme a quelli anglosassoni; all’estremo opposto il Nord Europa, in mezzo l’Europa continentale


Trend della diseguaglianza* in alcune economie avanzate

Svezia Finlandia Francia Olanda Belgio Germania Australia Canada Irlanda Regno Unito Italia Stati Uniti

Variazione da Variazione da Indice di Gini Variazione da metà anni ’70 a metà anni ’80 a metà anni ’90 a alla metà del metà anni ’80 metà anni ’90 metà primo primo decennio decennio del del 2000 2000 + ++ 0,234 + ++ 0,269 + 0 0,270 0 ++ 0,271 0 + 0,271 + ++ 0,298 0 + 0,301 + ++ 0,317 ++ + 0,328 ++ ++ 0,335 -++ + 0,352 ++ ++ + 0,381

Fonte: Smeeding (2002) e OECD (2008). (*) Diseguaglianza nei redditi familiari disponibili (al netto di imposte e trasferimenti), espressi in termini equivalenti. Legenda: (-) lieve calo (da -1 a -6%); (--) forte calo (almeno -7%); (+) lieve aumento (da 1% a 6%); (++) forte aumento (almeno 7%); (0) variazione non significativa


Il trend della diseguaglianza nelle economie avanzate (2) • Gli incrementi nella diseguaglianza dei redditi familiari sono dovuti in larga parte ai mutamenti nella distribuzione dei redditi da lavoro (salari e stipendi), che spiegano circa il 75% dei redditi degli adulti in età di lavoro • Salvo eccezioni, la crescita reale dei redditi da lavoro nel decile più ricco della distribuzione è stata più elevata di quella verificatasi nel decile più povero • Rispetto a quello dei redditi da lavoro, il contributo dei redditi da capitale al reddito familiare è relativamente basso (circa 10%) ma è aumentato negli ultimi 20 anni. La concentrazione di tali redditi è aumentata mediamente di più di quella dei redditi da lavoro • Rinnovato interesse verso la distribuzione funzionale del reddito


La diseguaglianza in Italia negli ultimi 30 anni La diseguaglianza dei redditi familiari disponibili in Italia sembra aver seguito un moderato andamento ad U o a W: • in diminuzione dalla metà degli anni ’70 fino alla fine degli anni ’80, in aumento nel decennio successivo, con un andamento stazionario dai primi anni 2000 in poi.

La diseguaglianza dei redditi familiari disponibili è in parte determinata da quella dei redditi individuali da lavoro, che si è mossa in modo simile: • ridotta fino alla fine degli anni ’80 (onda lunga dell’”autunno caldo”?) • aumentata nel decennio successivo (abolizione nel 1992-1993 dell’indennità di contingenza, diffusione di forme contrattuali flessibili, …)


La diseguaglianza della distribuzione del reddito equivalente in Italia 0,45 0,4 0,35 gini y1

0,3

gini y2 dev. log. media y1

0,25

Atkinson y1 0,2 0,15

Nota: y1: reddito non comprensivo dei redditi da attivitĂ finanziarie, y2: reddito al lordo delle attivitĂ finanziarie. Fonte: Baldini, Toso (2009), p. 194.

06 20

02 20

98 19

93 19

89 19

86 19

83 19

81 19

79 19

19

77

0,1


La diseguaglianza in Italia 1995-2006 • La diseguaglianza in Italia è stabile in questo periodo (Gini intorno allo 0.33-0.35) … • … tuttavia, se si esamina ad es. l’evoluzione del reddito disponibile reale delle famiglie, distinte per condizione del principale percettore di reddito nel nucleo, si notano alcune differenze rilevanti: • il reddito disponibile dei lavoratori indipendenti è cresciuto più della media, • quello di operai e impiegati meno della media • [l’aumento del reddito dei lavoratori indipendenti è anche dovuto al processo di ricomposizione interno al lavoro autonomo: la quota degli indipendenti sul totale della forza lavoro risulta in calo]


Reddito disponibile equivalente reale, al netto degli affitti imputati, per condizione del principale percettore di reddito in famiglia (valori in euro 2006) 35000

operaio (+12%)

30000

impiegato, insegnante (+13%)

25000

dirigente, quadro (+22%) autonomo (+58%)

20000 altro indipendente (+40%)

15000

pensionato (+27%)

10000

totale (+26%)

1995 1998 2000 2002 2004 2006 Fonte: elaborazioni di M. Baldini sull’archivio storico dell’Indagine Banca d’Italia sui bilanci delle famiglie.


Il decennio 1995-2006: alcune spiegazioni •

Colpa dell’Euro? Improbabile, perché il miglioramento relativo dei redditi da lavoro autonomo inizia a metà degli anni ’90, prima della sua introduzione, che può solo aver accentuato gli effetti di una tendenza di fondo

La scarsa crescita dei redditi da lavoro dipendente ha due cause principali, la prima internazionale, la seconda tipica dell’Italia:

1) la globalizzazione, che comprime il loro potere negoziale a causa della concorrenza dei beni provenienti dai paesi a basso costo del lavoro e della minaccia di delocalizzazione

2) la dinamica insoddisfacente della produttività, che ha determinato una crescita del Pil pro capite molto inferiore alla media europea a partire dalla metà degli anni ’90. A parità di potere d’acquisto, il reddito italiano per abitante nel 2000 era del 4% più alto della media dell'Ue15; nel 2006 era più basso dell’8%.


La diseguaglianza di lungo periodo: i top incomes • L'andamento di medio-lungo periodo della diseguaglianza dei redditi può essere esaminato anche con riferimento all'evoluzione nel tempo della coda di destra (i ricchissimi) della distribuzione • La maggiore diseguaglianza negli ultimi 30 anni nei paesi anglosassoni è stata accompagnata da un aumento delle top income shares • Tra le cause dell’aumento i maggiori emolumenti (stock options) ai CEO. Tuttavia, tra i top incomes oggi troviamo non solo redditi da capitale ma anche da lavoro “dipendente” (star dello sport/spettacolo) • E’ una tendenze comune a tutti i paesi industrializzati? E l’Italia?


Top income* shares (0,1% pi첫 ricco) in alcuni paesi 0.12 0.1 0.08 Francia 0.06

Usa Uk

0.04 0.02

2003

1998

1993

1988

1983

1978

1973

1968

1963

1958

1953

1948

1943

1938

1933

1928

1923

1918

1913

0

(*) In all three countries, income is defined before individual taxes and excludes capital gains. The unit is the family as in the current U.S. tax law. Source: Atkinson, Piketty (2007)


Top income shares – USA 1913-2008

Source: Economic Policy Institute analysis of data from Piketty and Saez (2003): series updated to 2008. Income is defined as market income including capital gains. Top 1% denotes the top percentile (families with annual income above $368,000 in 2008) Top 5-1% denotes the next 4% (families with annual income between $153,000 and $368,000 in 2008) Top 10-5% denotes the next 5% (bottom half of the top decile, families with annual income between $109,000 and $153,000 in 2008).


The Top 0.1% Income Share* and Composition, 1916-2008

(*) Top 0.1% defined by market income including realized capital gains. Source: Economic Policy Institute analysis of data from Piketty and Saez (2003): series updated to 2008.


I top incomes in Italia • L’analisi dei top incomes in Italia non abbraccia un secolo ma solo un trentennio (1974-2004) • Le top income shares mostrano un pattern persistente di crescita a partire dalla metà degli anni ’80, guidato dalla dinamica dei redditi da lavoro autonomo e “dipendente” • Nonostante questo trend, l’incremento delle top income shares non assume le proporzioni degli USA o degli altri paesi anglosassoni • La maggiore concentrazione del reddito tra i ricchi, dalla metà degli anni ’80 in poi, sembra essere un fenomeno interno all’ultimo ventile (top 5%) e in particolare all’ultimo percentile (top 1%) o sottomultipli.


Evoluzione delle top income shares in Italia

Fonte: Alvaredo, Pisano (2009)


Top income shares (0,01%) e composizione del reddito in Italia

Fonte: Alvaredo, Pisano (2009)


L’evoluzione della diseguaglianza nelle economie avanzate: interpretazioni • Progresso tecnologico • Apertura dei mercati dei beni e dei capitali (globalizzazione) • Aumento dell’importanza del settore dei servizi • Cambiamenti istituzionali sul mercato del lavoro • Variazioni negli effetti redistributivi delle politiche pubbliche • Cambiamenti nella struttura demografica e delle famiglie • Cambiamenti nelle “norme sociali” verso la redistribuzione • L’economia delle superstar


Progresso tecnologico •

Skill-biased technological change: il progresso tecnologico ha prodotto un aumento della domanda dei lavoratori skilled e una diminuzione di quella unskilled, che si sono scaricati sui salari provocandone una maggiore dispersione

• Questa interpretazione non è esaustiva per almeno 2 motivi: 1) lo sbtc è comune a tutti i paesi ricchi, ma la diseguaglianza è cresciuta con intensità e durata differenti nel trentennio, 2) lo sbtc non spiega perché la diseguaglianza è aumentata anche all’interno di gruppi omogenei per livello di istruzione, compresi quelli ad alta qualificazione •

Il caso italiano: l’argomento sbtc è forse calzante per USA e UK ma poco per l’Italia: la domanda di lavoro skilled è bassa (imprese medio-piccole, poca ricerca di base, scarso rendimento dell’istruzione)


Perché il rendimento dell’istruzione in Italia è così basso? • • •

Due spiegazioni alternative: 1) imprese piccole fanno poca ricerca e non hanno bisogno di capitale umano molto qualificato → bisognerebbe incentivare le imprese a crescere di dimensione e a diventare più innovative 2) la scuola e l’università in Italia producono un capitale umano “scadente”. Indagine PISA sui quindicenni nel 2009: risultati lievemente superiori alla media OCSE nel Nord, di molto inferiori al Sud. Indagine ALL nel 2003: l’80% degli italiani di età 16-65 anni non sono in grado di compiere ragionamenti lineari e fare inferenze di media complessità estraendo informazioni fornite in testi poco più che elementari (USA: 50%, CND: 40%, NOR: 30%)

→ bisogna riformare la scuola e l’università

Chi ha ragione? Forse entrambe le tesi hanno una parte di verità.


Globalizzazione •

Aspetto fondamentale: i paesi poveri producono beni e servizi che vengono venduti in tutto il mondo

Delocalizzazione delle produzioni ad alta intensità di lavoro (tessile, calzature, metalmeccanico) verso i PVS → riduzione della domanda di lavoratori poco qualificati nei paesi ricchi

Anche quando non c’è delocalizzazione, i salari dei lavoratori occupati nei settori industriali che producono beni ad alta intensità di lavoro vengono fissati sul mercato globale → effetto di freno sui tassi di crescita dei salari dei lavoratori dei paesi ricchi

Eppure i paesi avanzati hanno una quota di importazioni sul PIL dai PVS ancora bassa (2% negli anni ’90), quindi servono altre spiegazioni, anche perché il tasso di incremento della diseguaglianza nei paesi ricchi della metà anni ‘80-’90 si è poi ridotto o ha cambiato di segno ma la globalizzazione non si è arrestata.


L’importanza del settore dei servizi • Ridimensionamento del contributo del settore dell’industria alla formazione del PIL e contestuale incremento del peso del settore dei servizi, sia in termini di valore aggiunto sia di occupati • Figure professionali più eterogenee nel settore dei servizi (dalla donna delle pulizie all’avvocato, …), bassa adesione sindacale, contrattazione collettiva meno diffusa, forme di lavoro nero: tutto questo favorisce un’elevata concentrazione delle retribuzioni.


Cambiamenti istituzionali sul mercato del lavoro • In Italia la “concertazione” ha portato all’abolizione nel 1993 dell’indennità di contingenza (la scala mobile), che nei 15 anni precedenti aveva favorito la compressione dei differenziali salariali (effetti dell’autunno caldo: l’accordo 1975 Lama-Agnelli e il punto unico di contingenza: aumenti assoluti uguali per tutti) • Cambiamenti strutturali del sistema produttivo: diffusione di contratti a tempo determinato, … • Mutamenti del clima ideologico, che hanno ridotto con tempi diversi l’adesione e l’influenza dei sindacati e dei partiti di sinistra (sconfitte del sindacato dei minatori contro la Thatcher negli anni ’80, sconfitta del PCI di Berlinguer nel referendum sulla scala mobile nei primi anni ‘80, …)


Variazione negli effetti redistributivi delle politiche pubbliche •

Fino a metà anni ‘90 i sistemi tax-benefit della maggior parte dei paesi OCSE compensavano circa la metà della diseguaglianza indotta dal mercato. Da allora, mentre la diseguaglianza di mercato è cresciuta, l’effetto perequativo del sistema tax-benefit si è affievolito.

Riforme della tassazione personale del reddito. Regola aurea: riduzione degli scaglioni di reddito e abbassamento dell’aliquota massima → riduzione della progressività e del gettito → minore redistribuzione. Effetti redistributivi pro-rich di alcune forme di detrazioni d’imposta

La maggiore integrazione dei mercati finanziari ha indotto una corsa al ribasso della tassazione dei redditi da attività finanziarie

Maggiore ricorso al targeting nella spesa di welfare

Modifiche in senso restrittivo del sistema di assicurazione sul mercato del lavoro (politiche di workfare)


Quali lezioni per le politiche pubbliche? •

Il sistema tax-benefit è uno strumento potente di redistribuzione del reddito. Tuttavia, strategie redistributive basate solo sulla leva fiscale e di spesa rischiano di essere, oltre che poco efficaci, finanziariamente poco sostenibili

Necessarie politiche di investimento in capitale umano (istruzione, formazione sul lavoro, …), in grado di aumentare il potenziale produttivo e i redditi futuri dei lavoratori, soprattutto quelli con bassa qualificazione

Metà del decennio scorso: la spesa complessiva pubblica e privata in istruzione superiore, ricerca e sviluppo, software in Italia era del 2,4 del PIL, nell’area OCSE del 4,9%

In assenza di efficaci meccanismi di integrazione, la nostra dotazione di capitale umano rischia di essere anche penalizzata dal rapido aumento della quota di giovani con origini straniere (supererà il 30% nel 2050), la cui performance scolastica è minore di quella dei figli di cittadini italiani.


Cambiamenti nella struttura demografica e delle famiglie • Aumento delle famiglie single-headed, con o senza figli, anche in relazione ai maggiori tassi di dissoluzione delle famiglie e di diffusione dei nuclei monoparentali (nei paesi anglosassoni diffusione del fenomeno delle lone mothers, senza partner e senza lavoro) → minori economie di scala familiari → aumento della diseguaglianza • L’aumento della partecipazione femminile al mercato del lavoro può portare ad un aumento della diseguaglianza, se sono soprattutto le mogli di individui a reddito medio-alto ad entrare nel mercato del lavoro • “Ci si sposa tra simili”, per istruzione, per reddito, … e la tendenza è in aumento: il 40% delle coppie in cui entrambi i partner lavorano appartengono allo stesso decile di reddito da lavoro o in vicino, rispetto al 33% di circa 20 anni fa.


Cambiamenti nelle “norme sociali” • Mutato atteggiamento dell’opinione pubblica verso la diseguaglianza (siamo disposti ad accettare come normali livelli diseguaglianza più elevati di un tempo) • Spostamento del baricentro culturale verso posizioni pro-mercato in tutti i paesi • Sviluppi programmatici della sinistra europea (New Labour inglese anni ‘80-’90): maggiore enfasi all’uguaglianza delle opportunità (nei punti di partenza) e meno all’uguaglianza dei risultati • Recupero di una visione procedurale dell’equità (Nozick 1974: solo uno Stato “minimo”, limitato alle funzioni di protezione contro violenza, furto, frode e tutela dei contratti è giustificato; tassazione del reddito da lavoro = lavoro forzato; la redistribuzione viola i diritti naturali della persona)


L’economia delle superstar • Le interpretazioni precedenti non spiegano perché dalla metà degli anni ‘90 sono aumentati in molti paesi i redditi degli individui più ricchi in assoluto (top incomes) • Idea di base della teoria: la rendita che può essere estratta dalla persona più abile nel produrre un bene/servizio dipende dall’estensione del mercato che si può raggiungere. • I top incomes non sono un gruppo omogeneo: 1) star dello sport/spettacolo, il cui reddito è molto aumentato grazie alle innovazioni tecnologiche nei mezzi di comunicazione che consentono di diffondere le loro performance ad una platea molto ampia di consumatori; 2) alcune categorie di professionisti e i massimi dirigenti delle grandi società per azioni remunerati tramite stock options


L’economia delle superstar (2) • La teoria delle «superstar», per spiegare il fenomeno dei working rich, si attaglia anche al caso italiano? • Nell'elenco nominativo dei 500 maggiori contribuenti Irpef 2000, pari a circa lo 0,01% del totale dei contribuenti, accanto ai maggiori e più noti imprenditori italiani (Tronchetti Provera, Armani, Del Vecchio, Versace, Agnelli, Berlusconi, ecc.) trovavano posto 120 individui il cui reddito prevalente proviene dal lavoro dipendente: di questi ultimi 2/3 risultavano essere calciatori o allenatori di calcio (Del Piero, Totti, Batistuta, Ronaldo, Maldini, Vieri, Inzaghi, Lippi, ecc.)


La povertà in Italia: una prospettiva internazionale • Il ranking riflette quello relativo alla diseguaglianza: i meno poveri sono i paesi del Nord-Europa, i più poveri gli anglosassoni. L’Italia ha una diffusione della povertà comparabile a quella dei paesi anglosassoni • La povertà negli anni’80-90 è aumentata in quasi tutti i paesi • Tuttavia, l’incremento ha riguardato soprattutto i minori, mentre la condizione degli anziani è spesso migliorata Metodologia di calcolo: linea di povertà relativa al 60% mediana distribuzione individuale dei redditi familiari disponibili equivalenti (scala di equivalenza: N0,5). Fonte: LIS


Povertà relativa nelle economie avanzate: trend e livelli recenti Valore più recente del tasso di diffusione (e anno)

Periodo di variazione

Variazione dell’indice di diffusione tra l’inizio e la fine del periodo

Variazione dell’indice di diffusione calcolato sui minori (<18)

Variazione dell’indice di diffusione calcolato sugli anziani (>64)

Olanda

11,1 (1999)

83-99

+3,5

+5,2

+8,2

Svezia

12,0 (2005)

81-05

+2,8

+3,2

+8,7

Germania

13,4 (2000)

81-00

+2,8

+6,1

-7,3

Finlandia

13,5 (2004)

87-04

+2,4

+3,3

-6,2

Francia

13,7 (2000)

79-00

-0,8

+2,3

-7,8

Belgio

16,1 (2000)

85-00

+5,6

+1,9

+14,7

Regno Unito

19,2 (2004)

79-04

+1,9

+8,8

-21,1

Canada

19,9 (2004)

81-04

+1,0

+3,9

-21,7

Italia

20,0 (2000)

86-00

+2,6

+7,4

+0,9

Australia

20,4 (2003)

81-03

+2,0

+1,9

-4,8

Irlanda

22,5 (2000)

87-00

+2,5

-3,2

+29,4

Stati Uniti

24,1 (2004)

79-04

+2,8

+2,2

-2,7

Fonte: www.lisproject.org


Come si misura la povertà in Italia •

Rilevazioni ufficiali dell’Istat (dataset: indagine sui consumi delle famiglie)

Stime della povertà relativa e (dal 1997 con interruzioni) della povertà assoluta

Analisi per famiglie

Variabile economica di riferimento: spesa per consumi

Linea della povertà relativa: consumo medio procapite (per una famiglia di 2 membri: 993 euro mensili nel 2010). Scala di equivalenza: Carbonaro

Linea di povertà assoluta: spesa minima essenziale per generi alimentari, abitazione più una voce residuale (vestiario, trasporto, …) Soglie differenziate per caratteristiche familiari (numero comp., età, macroarea geografica, dimensione comune di residenza) (2 comp. 4-10 e 2 comp. 18-59 di un’area metropolitana al Nord: 1524 euro mensili nel 2010)


La povertà in Italia nel 2010 • • •

Diffusione della povertà relativa familiare: 11,0% Intensità della povertà relativa familiare: 20,7% Diffusione della povertà assoluta familiare: 4,6%

• •

Le condizioni di maggiore disagio si riscontrano: al Sud, con il 23% delle famiglie in povertà relativa e il 6,7% in povertà assoluta, tra gli anziani e tra le famiglie numerose

Le caratteristiche socio-demografiche della povertà assoluta sono simili a quelle della povertà relativa

La diffusione della povertà relativa tra le famiglie nel 2010 è sostanzialmente stabile, se paragonata ai valori dell’ultimo decennio, mentre la diffusione della povertà assoluta (4,6%) è in linea con i valori del biennio precedente e di mezzo punto superiore rispetto ai livelli 2005-2007.


Diffusione della povertĂ in Italia - 2010 % famiglie povere per tipologia familiare Persona sola < 65 anni Persona sola >=65 anni Coppia con persona di riferimento < 65 anni Coppia con persona di riferimento >=65 anni Coppia con 1 figlio Coppia con 2 figli Coppia con 3 o piĂš figli Monogenitore % famiglie povere per area geografica Nord Centro Mezzogiorno % famiglie povere % individui poveri Numero famiglie povere Numero persone povere

PovertĂ relativa

PovertĂ assoluta

2,9 8,9 5,0 11,5 9,8 15,6 27,4 14,1

2,8 5,7 1,9 3,8 2,9 5,1 9,4 6,9

4,9 6,3 23,0

3,6 3,8 6,7

11,0 13,8 2.734.000 8.272.000

4,6 5,2 1.156.000 3.129.000


La povertà nel periodo 1977-2006 •

La diffusione della povertà relativa (nel reddito) tra tutti gli individui mostra un andamento simile a quello della diseguaglianza [data-set: SHIW]:

lieve riduzione fino alla metà degli anni ’80, incremento successivo fino alla fine del periodo, che porta gli indici a livelli di poco superiori a quelli iniziali

Il dato aggregato nasconde però che, mentre la fascia centrale di età (18-64 anni) ha un andamento simile a quello complessivo, i due rimanenti (<18 e >64) si sono mossi in modo opposto: aumento della povertà minorile, riduzione della povertà tra gli anziani, che è ora di poco inferiore alla media

Riflesso delle caratteristiche del WS italiano (la previdenza assorbe più della metà della spesa sociale totale, transizione lenta verso la riforma Dini a regime; scarso peso delle politiche di contrasto della povertà e sostegno delle responsabilità familiari)


Diffusione della povertĂ relativa in Italia per classi di etĂ , 1977-2006 0.35

tutti <=17 18-64 >=65

0.3

0.25

0.2

0.15

Fonte: Baldini, Toso (2009), p. 197.

2006

2004

2002

2000

1998

1995

1993

1991

1989

1987

1986

1984

1983

1982

1981

1980

1979

1978

1977

0.1


Recessione ed economia reale nei paesi OCSE • Diminuzione del 5% del PIL nell’area OCSE tra il picco ciclico del 1° trimestre 2008 e il minimo toccato nel 2°trimestre del 2009 (prima forte contrazione economica globale dal 1945; unico antecedente paragonabile: Grande Depressione anni ‘30) • In tutti i paesi la recessione ha determinato la maggior caduta dell’attività produttiva dalla seconda guerra mondiale, ma diversi sono stati i suoi caratteri, l’impatto sull’occupazione e la velocità della ripresa successiva • Nonostante la contrazione del PIL, il reddito disponibile reale delle famiglie nel 2007-09 è cresciuto nella gran parte dell’area, grazie alla compensazione operata dalle politiche redistributive: solo in DK, GR e IT il reddito delle famiglie è calato


Effetti della crisi sull’economia reale italiana •

Caduta del 27% della produzione industriale e del 7% del PIL nel periodo agosto 2007-agosto 2009; caduta del 3,2% del numero di occupati (764.000 unità) nel periodo maggio 2008-agosto 2010

Il sistema tax-benefit ha sostenuto la dinamica dei redditi familiari nel biennio 2008-09 (+2%), in linea con DK, FR, BE, ma al di sotto di FIN, SP, UK (+4-6%), USA e SW (+7-8%) e IR (+11%)

L’esposizione delle famiglie alle turbolenze dei mercati finanziari è stata attenuata da: bassa quota di attività finanziarie detenute in azioni, prevalenza e diffusione della ricchezza immobiliare sulla ricchezza totale, bassi livelli di indebitamento privato

Gli effetti della crisi reale sono stati anche attutiti dalla particolare struttura demografica del paese (la famiglia è un ammortizzatore sociale “di ultima istanza”)


Effetti della crisi sull’economia reale italiana (2) • La crisi economica ha amplificato il problema della mancata crescita dell’economia italiana, evidente già fin dall’inizio del decennio (tasso medio annuo composto di variazione del Pil dal 2000-2010: +0,19% a fronte del +1,59% del decennio precedente) • Circa 2/5 dei nuovi posti di lavoro dipendente creati tra il 1997 e il 2007 erano a tempo determinato • L’allargamento dell’area della “precarietà” è andato di pari passo con una sostanziale moderazione salariale (crescita annuale dei salari reali dei lavoratori a tempo pieno nel periodo 1997-2007: +0,5%) e con una progressiva diminuzione dei salari di primo impiego


Effetti della crisi sull’economia reale italiana (3) • L’impatto della crisi sul tenore di vita delle famiglie va inquadrato in un contesto di economia stagnante, sostanziale costanza dei redditi da lavoro dipendente in termini reali, crescente insicurezza sul mercato del lavoro e limitata capacità di intervento anticiclico da parte del settore pubblico, in relazione ai noti squilibri di bilancio • Come si è distribuita la crisi economica e la conseguente caduta dell’attività produttiva e del reddito tra le famiglie italiane? • Impossibile valutare a priori gli effetti distributivi di una recessione poiché la relazione tra distribuzione del reddito e recessione dipende dalla struttura del mercato del lavoro e da come è configurato il sistema di protezione sociale


Crisi economica e distribuzione del reddito • L’impatto della crisi sulla diseguaglianza dei redditi in Italia è modesto e ambiguo nel segno: nel biennio 2008-09 il reddito medio scende dello 0,4%, mentre l’indice di Gini passa dal 45,9 al 45,5% e il rapporto P90/P10 sale da 12,7 a 12,8 • La quota di reddito dell’1% più ricco passa dal 9,5 al 9%, mentre quella dei contribuenti che occupano la parte restante del decile più ricco non cambia • Nel periodo 2003-07, il reddito medio era cresciuto del 4,4%, mentre il Gini era oscillato tra il 45,3 e il 46%


Crisi economica e distribuzione del reddito (2) •

La stabilità negli indicatori distributivi, che si estende al quinquennio precrisi (2003-07), nasconde effetti di ricomposizione

Un’analisi per condizione professionale e principale fonte di reddito mostra che: I redditi reali dei dipendenti sono caduti in tutti e due i periodi (2003-07 e 2008-09), soprattutto nei decili più poveri → la diseguaglianza interna al lavoro dipendente è aumentata

I redditi dei pensionati mostrano una crescita moderata e omogenea per decile in tutto Il periodo

I redditi dei lavoratori indipendenti risultano i più erratici, con una crescita sostenuta nel 2003-07 soprattutto nei decili mediani, e una riduzione nel biennio successivo, minore in valore assoluto e concentrata di nuovo nei decili mediani


Tassi di variazione annui cumulati del reddito lordo d’imposta, valori medi e per percentili

Fonte: Brandolini et al. (2011)


Crisi economica e distribuzione del reddito (3) • La crisi sembra quindi aver influenzato solo i redditi dei lavoratori indipendenti, invertendo il segno della variazione del quinquennio precedente, … • … mentre i redditi dei lavoratori dipendenti e dei pensionati registrano un tendenza simile a quella pre-crisi: negativa i primi, positiva i secondi. • Caveat sulla fonte dei dati (statistiche fiscali): • Non si tiene conto dell’evasione fiscale, nè dei redditi esenti d’imposta (pensioni assistenziali, assegni familiari, …) • Non si hanno informazioni sui cambiamenti distributivi indotti da eventuali variazioni dei redditi da capitale • I dati sono individuali e non permettono di esaminare il sostegno del reddito esercitato dalla famiglia


La distribuzione del reddito in Italia: i dati IT-SILC 2006-2010 •

La fonte statistica più recente (Eurostat) sulle dinamiche distributive a livello familiare in Italia non evidenzia nel 2006-2010 (redditi riferiti al periodo 2005-2009) variazioni significative e di segno univoco, in particolare nell’ultimo triennio

Nella stessa direzione vanno gli indicatori scelti dal Consiglio Europeo per valutare il progresso verso l’obiettivo di far uscire dalla povertà e dall’esclusione sociale 20 milioni di persone nell’UE entro il 2020: il tasso di basso reddito (at-risk-poverty rate) dopo i trasferimenti sociali, l’indice di deprivazione materiale grave, la quota di individui che vivono in famiglie a intensità di lavoro molto bassa → Anche secondo una definizione di esclusione sociale che ne riflette il carattere multidimensionale ed estende il concetto di povertà relativa a dimensioni non monetarie e all’esclusione dal mercato del lavoro, non emerge dai dati una tendenza verso un sensibile peggioramento nella distribuzione delle risorse tra le famiglie.


Diseguaglianza e povertà in Italia – EU-SILC Indicatori di diseguaglianza e povertà Coefficiente di Gini Rapporto interquintilico S80/S20

2006 2007 2008 2009 2010 32,1 5,5

32,3 5,5

31,0 5,1

31,5 5,2

31,2 5,2

Tasso di basso reddito (at-risk-of-poverty rate) dopo i trasferimenti sociali [soglia al 40%]

7,5

7,0

6,7

6,7

6,9

Tasso di basso reddito (at-risk-of-poverty rate) ancorato ad un punto nel tempo (2005)

20,0

19,7

18,3

18,3

18,0

19,6

19,9

18,7

18,4

18,2

6,3

6,8

7,5

7,0

6,9

Quota di individui che vivono in famiglie con intensità di lavoro molto bassa

10,8

10,0

9,8

8,8

10,2

Tasso di basso reddito o di esclusione sociale

25,9

26,1

25,3

24,7

24,5

Indicatori Strategia Europa 2020 Tasso di basso reddito (at-risk-of-poverty rate) dopo i trasferimenti sociali Deprivazione materiale grave


Come il governo Berlusconi (2008-2011) ha affrontato la recessione • Nessuna riforma strutturale delle politiche pubbliche per l’assistenza • Incremento della spesa corrente per ammortizzatori sociali (estensione della CIG in deroga) • Introduzione di un “bonus famiglia” (solo 2009) di 200-1.000 euro annui, riservato alle famiglie con redditi prevalenti da lavoro dipendente o da pensione, inferiori a 15-22.000 euro annui • Mancata revisione del sistema degli ammortizzatori sociali, che lascia molte categorie di disoccupati senza sostegno monetario (lavoratori temporanei, “atipici” e con carriere frammentate) • Le misure anti-crisi non hanno intaccato i limiti strutturali di due comparti nevralgici della spesa sociale, la spesa per assistenza e il sistema degli ammortizzatori sociali


Chi è stato maggiormente colpito dalla crisi • La crisi sembra aver colpito in particolare: – lavoratori temporanei, principalmente giovani [nel 2009 il tasso di occupazione dei figli conviventi è sceso del 2,9%, quello dei capofamiglia o dei loro coniugi dello 0,7%] e con bassi livelli di istruzione

– molti di loro vivono ancora in famiglia e possono quindi essere mantenuti dai redditi di genitori e nonni – lavoratori stranieri (senza voce politica) – lavoratori indipendenti a reddito medio-basso → Effetti sociali della recessione ancora poco evidenti • Il ricorso alla CIG ha interessato soprattutto le regioni del Nord a causa della loro struttura produttiva (forte dipendenza dalla domanda di importazione che proviene dall’estero), le fasce centrali di età e i lavoratori dell’industria • Blocco degli stipendi dei dipendenti pubblici


Recessione, mercato del lavoro e distribuzione del reddito •

La dinamica del mercato del lavoro è uno dei canali principali attraverso i quali la recessione influenza la distribuzione dei redditi familiari

Simulazioni eseguite applicando su un campione di famiglie italiane (ITSILC 2008) le variazioni nei tassi di occupazione misurate negli ultimi anni (IFL 2007-2010) e il conseguente ricorso alla CIG mostrano che la recessione potrebbe avere accresciuto diseguaglianza (1 punto di Gini) e povertà relativa di circa (HCR +2,4% con soglia fissa al 60% della mediana), oltre a diminuire il reddito disponibile di circa il 2,5%; i trasferimenti pubblici avrebbero compensato solo 1/3 della riduzione dei redditi disponibili delle famiglie

Una riforma degli ammortizzatori sociali in senso universalistico avrebbe un maggior impatto perequativo e andrebbe a vantaggio soprattutto delle famiglie con minori e delle generazioni più giovani di lavoratori [Baldini, Ciani 2011]


Contrasto della povertà e politiche pubbliche: nuovi orientamenti •

La povertà “vera” è quella assoluta → la povertà relativa è un concetto vago e troppo simile a quello della diseguaglianza, meglio concentrarsi sulla povertà assoluta [→ “Libro Bianco sul futuro del modello sociale” del Ministero del Lavoro, 2009]

Nonostante questo orientamento, il governo Berlusconi non ha mai mostrato interesse allo studio di un schema di reddito minimo di carattere universale, ossia means-tested ma riservato ai poveri in quanto tali

L’Italia, assieme a Grecia e Ungheria, è l’unico paese nella UE-27 a non avere uno schema di reddito minimo garantito [sperimentazione del RMI 1999-2003, poi lasciata cadere; RUI mai finanziato]

Introdotta la Carta acquisti (Social Card) nel 2008


La Carta acquisti •

Un buono spesa (voucher) in forma di bancomat riservato alle famiglie con anziani (over 65enni) o con almeno un minore di 3 anni

Finalizzato al contrasto della povertà assoluta: criteri di means-testing molto selettivi

La carta può essere usata per acquistare qualunque tipo di bene e/o servizio, seppure solo in negozi e supermercati selezionati, o per il pagamento delle utenze energetiche (gas, luce, acqua)

Importo mensile accreditato sulla carta: 40 euro, indipendentemente dal grado di povertà della famiglia

La carta è riservata ai cittadini italiani residenti

Brutta copia del modello a cui ci si è ispirati, il Food Stamp Program vigente negli USA, di cui recepisce le caratteristiche meno attraenti


La Carta acquisti •

Brutta copia del modello americano poiché:

non impone i vincoli merceologici alla spesa del Food Stamp, consentendo l’acquisto di generi alimentari non coerenti con standard dietetici corretti

non ha le medesime caratteristiche di universalità

è di un importo mensile ridotto (copre poco più di un quarto della spesa mensile in alimentari di un pensionato con più di 65 anni)

non è differenziato territorialmente e quindi non tiene conto del diverso costo della vita in generi alimentari tra macroaree

non è condizionato alla disponibilità a lavorare essendo rivolto in prevalenza alla popolazione anziana.


Effetti distributivi della Carta acquisti • Beneficiari stimati: 800.000 persone, 1,4% della popolazione totale (3% di famiglie). Spesa annua complessiva: 400 milioni • Quasi il 50% dei beneficiari vive in 4 regioni del Sud (Campania, Puglia, Calabria, Sicilia) • 60% della spesa totale va al 10% più povero della famiglie, … ma solo il 17% delle famiglie povere in senso assoluto ha diritto alla social card • Motivo principale: tutte le famiglie senza anziani o con minori con più di 3 anni sono esclusi dalla platea dei potenziali beneficiari. La social card è di fatto un trasferimento a favore degli anziani: 80% dei beneficiari hanno più di 65 anni. → nonostante la Carta acquisti e i nuovi orientamenti in tema di contrasto della povertà, l’efficacia redistributiva delle politiche pubbliche a favore dei più deboli rimane insoddisfacente.


La Carta acquisti dopo il Milleproroghe • Il Milleproroghe (l. n. 10/2011) avvia una sperimentazione della Carta Acquisti a favore degli enti caritativi operanti nei Comuni con più di 250.000 abitanti, della durata di 12 mesi • Viene ampliata l’utenza: target su “persone e famiglie in condizioni di grave bisogno” (→ senza dimora e residenti stranieri?) • Gli enti caritativi ricevono le carte dallo Stato e le consegnano agli aventi diritto (ambiguità della definizione “ente caritativo”: chiara la volontà di attribuire un ruolo privilegiato al terzo settore, meno chiaro lo spazio per i Comuni) • Sono introdotti i “progetti individuali di presa in carico”: percorsi di inserimento sociale da affiancare al contributo economico • In attesa del decreto attuativo


Conclusioni • Diseguaglianza e povertà relativa sostanzialmente stabili in Italia nel periodo fine anni ‘90-metà primo decennio 2000. La stabilità dei valori aggregati nasconde effetti di ricomposizione: peggiora la condizione relativa dei lavoratori dipendenti e dei minori; migliora quella dei lavoratori indipendenti e degli anziani • La recessione non sembra finora (redditi 2009, consumi 2010) aver prodotto sensibili variazioni nella distribuzione del tenore di vita delle famiglie, ma persistono effetti di ricomposizione tra redditi da lavoro dipendente, indipendente e da pensione • Il decennio è trascorso senza che si sia posto mano ad una riforma strutturale sia delle politiche per l’assistenza sia degli ammortizzatori sociali ricorso a misure temporanee o insufficienti a sostegno del reddito delle famiglie colpite dalla recessione


Conclusioni (2) • Problemi strutturali di stagnazione della produttività del lavoro e possibile tendenziale impoverimento dell’Italia in una prospettiva comparata, resi più evidenti dalla crisi economica • Prospettive di medio-lungo periodo? • Dipende da quando e se l’economia tornerà su di un sentiero di crescita stabile, dal modo in cui verrà risolto lo squilibrio della finanza pubblica, dalle politiche di integrazione dell’immigrazione, dalle scelte future in materia di riforma della spesa per la protezione sociale


Riferimenti bibliografici •

Alvaredo F., Pisano E., “Top incomes in Italy. 1974-2004”, in Top incomes over the Twentieth century. Vol. II: A global view, a cura di A.B. Atkinson e T. Piketty, Oxford, OUP, 2010.

Baldini M., Ciani E., “Inequality and poverty during the recession in Italy”, lavoro presentato alla conferenza ESPANET, Valencia, Settembre 2011.

Brandolini A., “Indagine conoscitiva sul livello dei redditi di lavoro nonché sulla ricchezza in Italia nel periodo 1993-2008”, Audizione presso la 11a Commissione (Lavoro, previdenza sociale) del Senato della Repubblica, 21 Aprile 2009.

Brandolini A., “Grande Recessione e distribuzione dei redditi”, Il Mulino, 6/2011.

CIES, Rapporto sulle politiche contro la povertà e l’esclusione sociale, Luglio 2010.

Gori C., Baldini M., Ciani E., Pezzana P., Sacchi S., Spano P. e U. Trivellato, Per un piano nazionale contro la povertà assoluta, Roma, Carocci, 2011.

Istat, “La povertà in Italia nel 2010”, Statistiche in breve, Luglio 2011.

OECD, Divided we stand. Why Inequality Keeps Rising, OECD Publishing, 2011. http://dx.doi.org/10.1787/9789264119536-en.


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