Contesto: contemporaneità. Estetica relazionale come nuova frontiera dell'arte

Accademia di Belle Arti di Venezia Laurea Triennale in NTA - Nuove Tecnologie per l’Arte dipartimento di Arti Multiemdiali A.A 2019/2020

CONTESTO: CONTEMPORANEITÀ ESTETICA RELAZIONALE COME NUOVA FRONTIERA DELL’ARTE

tesi di MARTINA PIZZIGONI matricola 8843T relatore RICCARDO CALDURA corelatrice ANNA SOSTERO

INDICE

INTRODUZIONE

1.

11

PARTE PRIMA. LA VITA NELLA SOCIETÀ POST-MODERNA

1.1. CONTESTO. LA FINE DELLA MODERNITÀ, L’AVVENTO DELLA MODERNITÀ LIQUIDA

21

Le teorie di Zygmunt Bauman Analogie e differenze tra modernità pesante e leggera

23

L’assoluzione nel presente

24

1.2. STRUTTURA. LA VITA ESTETIZZATA E LA PRODUZIONE DI IMMAGINI Dalla nascita della fotografia, alla pratica della condivisione

27 28

La fotografia nel villaggio globale: le immagini oggi La condivisione L’estetica investe l’ambiente: la transestetica

31

1.3. CORPO. NUOVI BENI DI CONSUMO, LA COMUNITÀ E L’INDIVIDUO

35

La mercificazione della cultura e dell’esperienza Il viaggio come eterotopia: il turismo e l’effetto Disneyland La società e la costruzione dei rapporti sociali

38

Comunità Individuo ed identità

2. PARTE SECONDA. L’ARTE RELAZIONALE

2.1. IL NOVECENTO E LA VOLONTÀ DI ROTTURA CON LA TRADIZIONE

49

La grande Serata futurista Aleksandr Bognadov e il teatro Proletkult Il Dadaismo e il Cabaret Voltaire Gli anni Sessanta

56

Le derive del Situazionismo L’happening e il movimento Fluxus 2.2. Nicolas Bourriaud, Estetica relazionale La forma relazionale

71 72

Il pubblico non spettatore ma co-interprete L’artista come semionauta radicante

79

La cultura globalizzata La figura del radicante L’arte relazionale in Italia

81

2.3. ARTE RELAZIONALE 2.0, LA NEW MEDIA ART

87

L’avvento delle nuove tecnologie La nascita del World Wide Web I media come habitat I new media Socialità online: i social media L’arte nell’era della distribuzione digitale

90

La reazione del sistema La New Media art L’artista plurale Postproduction

100

La società come repertorio di forme Il dirottamento delle immagini

CONCLUSIONI Perché l’Italia non ama più l’arte contemporanea

109

Bibliografia, Sitografia e Documenti fotografici

115

«Come, voi qui, mio caro? In un bordello voi, il bevitor di quintessenza, voi, il mangiator d’ambrosia! Veramente c’è di che stupire».

«Mio caro, sapete quanto temo i cavalli e le carrozze. Poco fa nell’attraversare il Boulevard, in gran fretta, mentre saltellavo nel fango tra quel caos dove la morte giunge al galoppo da tutte le parti tutt’in una volta, la mia aureola è scivolata a causa di un brusco movimento, giù dal capo nel fango. Non ebbi il coraggio di raccattarla, e mi parve meno spiacevole perdere le insegne, che non farmi rompere le ossa.

E poi, ho pensato, non tutto il male vien per nuocere. Ora posso passeggiare in incognito, commetter bassezze, buttarmi alla crapula come il semplice mortale. Eccomi qua, proprio simile a voi, come vedete!».

«Per lo meno dovreste metter un avviso per chi trovi quest’aureola; farla richiedere alla polizia urbana».

«No, in fede mia! Sto bene qui. Mi avete riconosciuto solo voi.

D’altronde la dignità mi annoia, e inoltre penso con gioia che qualche poetastro la prenderà su e se la metterà sulla testa impudentemente.

Fare la felicità del prossimo, che gioia! E specialmente d’un prossimo che mi farà ridere! Pensate a X …, o a Z …! Eh? Che bellezza!».

- Charles Baudelaire, 1857

11

INTRODUZIONE

INTRODUZIONE

A

differenza della maggior parte degli animali, l’essere umano non è legato ad un ambiente specifico. Proprio per questo motivo, dalla sua apparizio-

ne sulla faccia della Terra, è stato in grado di insediarsi nei territori più diversi non solo termini di ambiente naturale, ma anche in uno specifico ambiente sociale e culturale: la condizione umana non è pensabile se non in termini di organizzazione sociale, di comunità. Ogni pensiero dell’uomo è sociale, e quindi ogni antropologia è anche sociologia1. L’indagine di questa tesi si pone l’intento di avere delle solide basi teoriche e concettuali, motivo per il quale ho trovato appoggio proprio in queste discipline.

L’esempio Mi sono avvicinata alla materia estetica relazionale2 similmente al modo in cui è stata svolta l’organizzazione della X edizione di Documenta a Kassel (21 giugno 28 settembre 1997) intitolata Politics/poetics. Catherine David (1955) fu la prima donna ad assumere la direzione artistica della manifestazione tedesca, concependo l'edizione come riflessione sul nesso Politica-poetica. Il titolo allude al fatto che in questo modo Kassel divenga simbolo e crocevia degli sconvolgimenti storici, geopolitici e culturali che si sono succeduti nell'Europa del dopoguerra.

— 1. (M. Augé 2006, p. 25).

2. (Bourriaud, Estetica relazionale 1998)

12

INTRODUZIONE

Dal 1995, Documenta ha sempre sviluppato una relazione di tipo spaziale con la città di Kassel contribuendo enormemente alla diffusione del modello di esposizione promenade che si è sviluppato dalla fine degli anni Sessanta come un compromesso accettabile tra la presentazione tradizionale del museo e l’idea di una estensione all’apertura al pubblico di massa, alla pratica, alla consumazione delle avanguardie artistiche. Oggi, mentre testimoniamo la (finale?) dissoluzione nel museo e la sfera pubblica nella <<società dello spettacolo>>, le strategie che cercano di contrastare lo spazio istituzionale con quello <<esterno>> appaiono naïve o ridicole, così come quelle <<in situ>> , interventi che voltano le spalle non solo all’attuale trasformazione del modello Habermasiano dello spazio pubblico, ma anche alle nuove modalità di investimento immaginario e simbolico dei luoghi da parte dei soggetti contemporanei3. (Catherine David 1997)

Il nuovo format di Documenta X David utilizza questa manifestazione culturale di fama internazionale per ragionare sulla contemporaneità, concependo l’esperienza estetica come una dimensione critica personale, mettendo in discussione l’identità dell’esposizione stessa ed evidenziando “l’intento di avvalersi dello strumento polemico di reazione contro la spettacolarizzazione dell’arte e il consumismo culturale”, scrive Laura Poletto per la rivista “Saggi e memorie di storia dell’arte”.4 Il risultato più importante ottenuto da Documenta X, è stata probabilmente la sua interdisciplinarità.5 Politics/poetics insiste nel presentare una dimensione laboratoriale, una piattaforma per dibattiti dal vivo, riflessioni teoriche ed informazioni concrete, volta ad indagare sul ruolo dell’arte e la sua possibilità in quanto — 3. Traduzione dell’autore 4. Poletto, Laura.

“Biennale Di Venezia - Documenta Di Kassel 1997: Prospettive Sull’arte Contemporanea.”

Saggi E Memorie Di Storia Dell’arte, (2008): p. 328.

5. (ibidem. p.100) 6. (Amor 2008)

esperienza cognitiva ed etica della società contemporanea.

Promuovendo un ambizioso programma di lectures chiamato 100 days-100 guests, 100 giorni-100 invitati, David ha permesso di espandere il classico canone euroamericano di Documenta. La strategia ha lasciato allo spettatore l’esperienza dell’esposizione a un livello differente, forzandolo a pensare alle connessioni dei diversi frammenti che hanno costituito la parte concettuale e formale dei percorsi6. Se in passato il confine tra la sociologia e l’antropologia era di tipo geografico, con il mondo occidentale appannaggio dei sociologici e il cosiddetto terzo mondo battuto dagli antropologi, oggi il confine si è fatto frontiera.

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INTRODUZIONE

È uno spazio più ampio che consente molti attraversamenti dal punto di vista del metodo e degli oggetti di ricerca. L’antropologia diviene allora un crocevia disciplinare7. Si può paragonare l’operazione di supporto teorico svolto in Documenta X alle alleanze che l’arte ha fatto con i Cultural Studies8, che non solo prendono la cultura come loro oggetto di studio, ma che cercano anche di ampliarne lo scopo.

L’approcio interdisplinare di Catherine David all’esposizione include un catalogo di 830 pagine9, che punta ad un rinnovato interesse nell’arte sociale e politicamente orientata. Aiutandosi con saggi di storia dell’arte e scritti di filosofi, urbanisti e antropologi, David postula la filosofia politica e la sociologia come nuove cornici interdisplinari per l’arte contemporanea10. […] L’estrema eterogeneità estetica delle pratiche artistiche contemporanee e dei medium si conforma sulla pluralità degli spazi di esposizioni contemporanei (il muro, la pagina, il poster, lo schermo della televisione, Internet), e le differenti e a volta inconciliabili esperienze dello spazio e del tempo che le stesse implicano - necessariamente superano i limiti di una esposizione contenuta <<interamente>> a Kassel, proprio come così oggi l’arte supera la spazialità e la temporalità ma anche i limiti ideologici del <<white cube>> che nella sua versione <<aperta>>, è una progenie volontaria o non disposta. Il modello universale è limitato e limitante rispetto la (rap) presentazione di una forma estetica contemporanea in tutta la sua diversità, e anche rispetto gli adempimenti locali di una modernità complessa e ora <<globalizzata>>, che d'ora in poi manca dell’ <<esteriorità>> autentica, del tradizionale e pre/o antimoderno nonostante una nostalgia persistente per l'esotismo, nella migliore delle ipotesi e il colonialismo, nella peggiore delle ipotesi11. (Catherine David 1997) 11

Il viaggio dell’antropologo non si è concluso con la “spartizione dei selvaggi e dei primitivi, ma continua a livello culturale studiando le diversità per comprendere meglio noi stessi”. La globalizzazione ha aperto scenari nuovi, attirando l’attenzione di molti studiosi sociali, che hanno accettato la sfida di confrontarsi con la modernità e i contesti globali, sempre più articolati.12 Partendo da questi presupposti, la prima parte della mia tesi è dedicata alla contestualizzazione del contemporaneo per poi dimostrare come l’arte relazionale sia una pratica generata all’interno del proprio tempo, e non avulsa dalle proble-

— 7. (M. Augé 2006, p. 8 ) 8.

I Cultural Studies nascono nel 1946 presso il Dipartimento di Inglese dell’Università di Birmingham e sono un’area di ricerca tesa a studiare i fenomeni e le pratiche della società e della cultura contemporanea secondo una prospettiva sociologica e critica insieme. (Cappello s.d.)

9.

1997 Documenta X, a cura di Catherine David, Cantz Verlag, Ostfildern-Ruit (Germania), 1997 (Kassel, 21/06-18/09/1997).

10. (Bishop 2012, a.p. 194) 11. Traduzione dell’autore 12. (M. Augé 2006, p.11 )

14

INTRODUZIONE

matiche odierne. Prima di tutto rivolgo la mia attenzione alla postmodernità, uno dei punti focali del pensiero del sociologo polacco Zygmunt Bauman (1952-2017).

Bauman postula nel suo testo “Modernità liquida” (1999) i concetti di “modernità pesante” e “modernità leggera”. La prima coinciderebbe con il periodo storico dei primi del Novecento, mentre la seconda si riferisce alla nostra contemporaneità: un mondo che grazie all’avvento delle nuove tecnologie risulta in perenne divenire. Gli effetti prodotti sulla società includono minor sicurezza e instabilità, mentre l’uomo oramai libero da norme coercitive cerca l’emancipazione della propria indi— 13. Marshall McLuhan in Gli strumenti del comunicare, prima edizione: 1968.

(McLuhan 2008) 14. In senso filosofico, dispositivo “è un concetto teorizzato da Michel Foucault (1926-1984), per descrivere alcuni aspetti con cui il potere agisce e si riproduce tramite quello strumento con il quale interviene nei rapporti di forza per orientare, bloccare, servirsi a suo vantaggio delle strutture sociali che vengono così influenzate dagli effetti pratici di un discorso, di una tecnica, di una ideologia”. Il concetto è stato poi ripreso da Giorgio Agamben (1942) nel suo testo Cosa è un dispositivo? (Agamben 2006)

vidualità, pratica che per Bauman la “società liquida” svolge nel consumo.

Il passaggio a questa nuova fase viene identificato nel momento in cui la società industriale introduce progressivamente i nuovi mezzi di locomozione, i quali hanno generato la dislocazione delle tradizionali unità di misura di spazio e tempo. L’emancipazione del tempo sullo spazio porta all’istantaneità, dove passato e futuro tendono a dissolversi nel momento-presente, in un’accelerazione progressiva della vita. Un’implosione improvvisa e una fusione tra spazio e funzioni.13 Il tempo incorporeo, istantaneo del mondo software è anche un tempo insignificante. <<Istantaneità>> significa acquisizione immediata, <<sul posto>>, ma anche immediata perdita di interesse. La distanza temporale che separa la fine dall’inizio va assottigliandosi o svanendo del tutto; […] Ci sono solo <<momenti>>: punti senza dimensioni. (Bauman, Modernità liquida 2011, p.134-5)

Nella società post-moderna il fattore istantaneità viene accentuato dalla presenza dei nuovi media, in particolar modo dall’assuefazione causata dai dispositivi e dalla larga produzione di immagini, un compito che fino all’invenzione della fotografia era sempre stato delegato alla figura dell’artista. La larga diffusione di immagini genera il fenomeno di “iperestetica”, o come Jean Baudrillard (19292007) lo definisce, di transestetica, dove tutti gli ambiti della vita sono estetizzati.

Il paesaggio di un universo tecnologico prevede la costante innovazione, che non si predispone più soltanto a rispondere alle esigenze umane, ma crea anche nuove necessità, spesso facendo sì che queste diventino indispensabili e generino dipendenza.15

15

INTRODUZIONE

L’uomo si è dimostrato inadeguato nel gestire la complessità dell’apparato tecnologico da lui stesso creato, con la conseguenza di pesanti ricadute sul piano ambientale e sociale. La comunicazione come interazione sociale avviene in maniera sempre più rarefatta nel mondo reale; ancora una volta, Baudrillard parla di “sparizione del sociale”.16 Guy Debord (1931-1994) sostiene come gli individui, ormai separati, ritrovino l’unità persa nella pratica “dello spettacolo”17, un tipo di comunicazione unilaterale che contempla l’assenza di dialogo e una fruizione di tipo passivo. Debord in quanto esponente del movimento Internazionale Situazionista, non ritiene che l’arte possa fornire delle risposte concrete a questa situazione, in quanto al minimo del suo peso storico di necessità sociale. Diventata “mero meccanismo dell’apparato decorativo del sistema produttivo ed economico”, l’arte è ormai giunta allo stadio di una circolazione ultrarapida in uno scambio impossibile dove “qualsiasi forma o colore coesiste pacificamente nell’indifferenza generale. Nulla si contraddice, e tutto si accetta simultaneamente.”18 L’arte deve ritrovare una propria centralità sociale, cioè una funzione simbolica nell'immaginario delle relazioni collettive, ma occorre che il “fare” di oggi si orienti diversamente: l’artista può fungere da catalizzatore di energie, trovando soluzioni creative in percorsi inediti. Nicolas Bourriaud (1965), critico d’arte francese, è il primo a riconoscere questa tendenza di cambiamento all’interno dell’arte relazionale. L’artista non è più solo concepito come un produttore di oggetti, ma viene visto come un produttore di situazioni. 19 Il ruolo del fruitore viene ripensato radicalmente: le opere si basano sulla partecipazione dello spettatore nella sua condizione attiva e non più passiva, necessaria per dare senso e compimento al progetto artistico. Il pubblico che prima veniva chiamato spettatore o visitatore, è ora riposizionato come co-produttore o partecipatore.

Le avvisaglie di questa nuova modalità operativa si possono già riscontrare sia all’interno delle Avanguardie storiche, sia nelle Neoavanguardie, con declinazioni ed implicazioni differenti. Inoltre, l’arte partecipativa si può manifestare sotto forma di due dimensioni profondamente diverse.

— 15. (Balzola e Rosa 2019) 16.

Jean Baudrillard espone per la prima volta questo concetto nel suo testo All’ombra delle maggioranze silenziose, la cui prima edizione è del 1978.

17. La società dello spettacolo, prima edizione del 1967. (Debord 1998) 18. (Baudrillard 1993) 19. (Bishop 2012)

16

INTRODUZIONE

Quella più diffusa occorre quando l'artista riproduce un frammento della “ritualità sociale” senza l’uso di dispositivi tecnologici.

Il secondo ambito di ricerca, molto più trascurato, presenta l’uso del dispositivo e non si limita a coinvolgere lo spettatore nell'opera, ma gli offre la possibilità di “sperimentare nuove esperienze percettive e differenti modalità di relazione con gli altri spettatori”. 20 Si può affermare che tutta la produzione di arte relazionale che utilizza le nuove tecnologie rientri nel secondo ambito. Entrambe le modalità verranno argomentate prendendo come esempio i lavori di artisti appartenenti a background e a tempi storici molto differenti.

— 20.

L’arte fuori di sé, prima edizione del 2011.

(Balzola e Rosa 2019)

1.

PARTE PRIMA LA VITA NELLA SOCIETÀ POST-MODERNA

ANDRES GURSKY, 99 Cent II Diptychon, 2001 L'opera è diventata famosa come la fotografia più costosa al mondo quando è stata messa all'asta da Sotheby's il 7 febbraio 2007, per un prezzo di 3,34 milioni di dollari.

21

LA VITA NELLA SOCIETÀ POST-MODERNA

1.1 CONTESTO: LA FINE DELLA MODERNITÀ, L’AVVENTO DELLA MODERNITÀ LIQUIDA

Utilizziamo la parola contemporaneità per definire il periodo storico che dalla fine dell’età moderna, giunge ai nostri giorni.

Essa è sia la “la nostra epoca” intesa come il momento nel quale viviamo, che l’intero arco temporale nel quale si sono sviluppate le [1]

strutture che identifichiamo come elementi costitutivi del mondo.

Il periodo che precede il contemporaneo, l’epoca moderna, è stato attraversato da grandi cambiamenti; l’industrializzazione capitalistica partita dall’Inghilterra negli ultimi decenni del Settecento è certamente uno dei più importanti.

Con la fine del XX secolo si può invece parlare dell’avvento della società postindustriale, dove la maggior parte della forza lavoro è ora concentrata nella produzione di servizi nel settore terziario; si entra nella fase postmoderna 21 che Marc

[2]

Augé (1935) definisce surmoderna 22.

La società postmoderna è consumista 23 , caratterizzata dalle dimensioni planetarie dell'economia e dei mercati finanziari,

E. Treccani 2020 i

dall’abbondanza di beni disponibili per tutte le fasce della popolazione e non solo per quelle più agiate, a differenza del passato.

La condizione culturale post-moderna sul versante creativo vede una sorta di estetica della citazione e del riuso ironico e spregiudicato del repertorio di forme del passato, in cui viene abolita ogni residua distinzione tra prodotti alti della cultura e quelli della cultura della “società di massa”.

— 21.

Il concetto di «postmoderno» è stato introdotto nel dibattito filosofico e culturale dal saggio di J.F. Lyotard La condition postmoderne (1979), in cui il filosofo francese descrive l’Età contemporanea come quella in cui la modernità ha raggiunto il suo termine con la delegittimazione dei «grandi racconti», non più legata ai grandi progetti, si caratterizza per la pluralità dei discorsi la cui validità è solo strumentale e contingente. (Treccani, Postmodernismo s.d.)

22

PARTE PRIMA

Le teorie di Zygmunt Bauman La sociologia è una delle discipline che cerca di analizzare gli effetti che questi grandi rinnovamenti hanno avuto sulla società. Uno dei contributori di maggior rilevanza è di Zygmunt Bauman (1952-2017), il cui lavoro ha come punto di riferimento l’individuo che nella società dei media e dell’informazione perde la sua capacità di analisi critica e di interazione con gli altri individui.

Queste trasformazioni inducono le persone a riconsiderare la propria esi— 22.

La condizione di surmodernità rappresenta ciò che ha da offrire di positivo e di negativo la società postmoderna. Augé lo spiega tramite la figura dell'eccesso, nelle sue declinazioni in eccesso di tempo, eccesso di spazio ed eccesso dell'individuo o dell'ego. (De Agostini s.d.)

23.

Termine coniato da Thorstein Veblen (1857-1929).

Appare per la prima volta nel 1899 nel suo saggio The Theory of the Leisure Class, dove esamina i valori e le istituzioni diffuse dopo l'apparizione del concetto di «tempo libero» a partire dall'inizio del XX secolo. Verrà poi ripreso da Herbert Marcuse e della Scuola di Francoforte.

(Treccani, Consumismo s.d.)

stenza secondo i valori della società dei consumi: tutti i rapporti umani vengono considerati alla stregua di un prodotto da consumare e quindi non più costruiti collettivamente, ma consumati individualmente.

Bauman individua due fasi contrapposte tra di loro. La modernità è divisibile in una prima fase detta "solida", ormai passata, e una seconda fase "liquida".

La nozione di fluido è una metafora che viene utilizzata per descrivere la modernità nella quale viviamo, dal momento che le principali caratteristiche di un fluido sono la liquidità e la “temporalità”. Grazie alla prima riesce facilmente ad eludere lo spazio essendo ogni fluido capace di adattarsi al contenitore che lo accoglie.

La seconda invece è una caratteristica intrinseca dello stesso, poiché la dimensione spaziale di un fluido esiste in quella forma specifica in un dato momento.

Associamo ai liquidi la leggerezza e l’assenza di peso; la fluidità è a sua volta la principale caratteristica della modernità.

La società appena entrata nel XXI secolo non è meno “moderna” di quella che entrò nel XX; il massimo che si può dire è che è moderna in modo diverso. Ciò che la rende altrettanto moderna di quanto fosse un secolo fa è ciò che differenzia la modernità da tutte le altre forme storiche di coabitazione umana: la compulsiva e ossessiva, continua, irrefrenabile, sempre incompleta modernizzazione; l’incontenibile e inestinguibile sete di distruzione creativa (o di creatività distruttiva, a seconda dei casi; di “fare piazza pulita” in nome di un progetto “nuovo e migliore”; di “smantellare”, “tagliare”, “eliminare gradualmente”, “fondere” o “ridimensionare”, il tutto in funzione di una futura maggiore capacità di fare meglio la medesima cosa: accrescere la produttività o la competitività.

(Bauman, Modernità liquida 2011, p. 18)

23

LA VITA NELLA SOCIETÀ POST-MODERNA

1.1.1 ANALOGIE E DIFFERENZE TRA MODERNITÀ PESANTE E LEGGERA

La prima versione della modernità, quella pesante, era caratterizzata dall’idea di progresso e di costruzione di un nuovo ordine, fatto di fabbriche con dimensioni sempre crescenti e occupazione di spazio sempre maggiore.

Il capitalismo era ossessionato dalla dimensione e dal peso, dall’organizzazione meticolosa e la separazione che venivano attuate dalla standardizzazione fordista 24. Il fordismo in questo senso rappresen[3]

ta l’auto-coscienza della società moderna nella sua fase solida, in quanto il capitale era inchiodato al suolo quanto i lavoratori che assumeva.

La ricchezza prodotta veniva spesa entro i confini nazionali, che di conseguenza andavano resi inaccessibili e invalicabili. Vi era l’urgenza del movimento e della velocità, dell’impossibilità di restare fermi.

Una corsa e uno sforzo perenni, in vista di una gratificazione costantemente posticipata, sull’accelerare sempre più lo svolgimento delle operazioni da compiere e sull’eliminazione del tempo

[4]

improduttivo.

Il passaggio dal capitalismo pesante a quello leggero, dalla modernità solida a quella liquida, potrebbe rivelarsi una frattura più radicale e gravida di conseguenze dello stesso avvento del capitalismo e della modernità, in passato considerati gli spartiacque di gran lunga più significativi della storia umana quanto meno a partire dalla rivoluzione neolitica. Di fatto, in tutta la storia dell’umanità l’opera svolta dalla cultura è consistita nel setacciare e far sedimentare granelli di perpetuità dalla fugacità delle vite umane e dalla transitorietà delle azioni umane, nell’evocare durata dalla fugacità, continuità dalla discontinuità, e nel trascendere di conseguenza i limiti imposti dalla mortalità umana ponendo uomini e donne mortali al servizio delle specie umane immortal (Bauman, Modernità liquida 2011, p. 143).

Tutto questo cambia con l’avvento della seconda modernità, quella leggera, dove sparisce l’idea di progresso per come lo si intende tradizionalmente in quanto tutta la nostra vita è rivolta a cogliere solo gli aspetti gratificanti del carpe

— 24.

Sistema di organizzazione e politica industriale, attuato a partire dal 1913 da Henry Ford (1863-1947) nella sua fabbrica di automobili. Mirava ad accrescere l'efficienza produttiva attraverso una rigorosa pianificazione delle singole operazioni e fasi di produzione, l'uso generalizzato della catena di montaggio, un complesso di incentivi alla manodopera come paghe più alte o orari di lavoro ridotti. (Treccani Enciclopedia s.d.)

24

PARTE PRIMA

diem. Oggi il lavoro non può più essere incatenato al suolo poiché sempre più disgiunto e incorporeo, espletato da qualsiasi luogo e da sempre meno persone grazie all’automazione. Chiara indicazione di ciò è la crescente flessibilità, ovvero precarietà, che investe il mondo del lavoro, ed il fatto che anche il capitale viaggia liberamente al di fuori dei confini nazionali.

1.1.2 L’ASSOLUZIONE NEL PRESENTE L’analisi del tempo è compiuta partendo dall’importanza che questo ha rivestito a partire dagli albori della modernità pesante, dal momento che “La modernità

abbastanza recente e strettamente legata all’idea di produttività.

Max Weber (1864 – 1920), sociologo tedesco, lo definisce lo “spirito del

Fabietti 2004, p. 105 i

[5]

tempo”: l’idea del tempo-denaro si afferma come tempo dedicato alla produzione di beni quantificabili, divetando esso stesso qualcosa di quantificabile.

Bauman spiega a sua volta il concetto con una metafora molto interessante.

Nella storia moderna, il tempo è stato inizialmente identificato con il tempo che occorre per attraversare uno spazio; in passato, anche l’uomo più ricco del mondo era soggetto a delle limitazioni.

Poniamo ad esempio il caso di un sovrano che abbia la necessità di spostarsi: egli poteva usufruire dei vantaggi che il suo titolo comportava, permettendogli di viaggiare in completa comodità mediante carrozza.

I suoi sudditi invece potevano spostarsi in base alla propria disponibilità, significasse questo andare a piedi o essere abbastanza agiati da potersi permettere un cavallo. Il sovrano possedeva più privilegi dunque, ma

[6]

non poteva fisicamente muoversi tanto più velocemente dei suoi sudditi.

Quando la distanza, misurata in unità temporali, inizia a dipendere da mezzi di trasporto meccanici con l’invenzione prima del treno, poi dei moderni sistemi di locomozione, il tempo nella modernità fluida si approssima all’istantaneità e

Bauman 2011, p.124

La nostra concezione del tempo intesa come entità misurabile è

i

è il tempo nell’epoca in cui il tempo ha una storia.”.

25

LA VITA NELLA SOCIETÀ POST-MODERNA

sancendo l’equivalenza di qualsiasi luogo rispetto al tempo necessario per raggiungerlo. È possibile associare l’inizio dell’era moderna a vari aspetti delle mutevoli prassi umane, ma l’emancipazione del tempo dallo spazio, la sua subordinazione all’ingegno e alle capacità tecniche dell’uomo e dunque la sua contrapposizione allo spazio come strumento di conquista e appropriazione di terra non è un punto di partenza peggiore di altri. La modernità nacque sotto le stelle dell’accelerazione e della conquista di terra, e tali stelle formano una costellazione che contiene tutte le informazioni sul suo carattere, condotta e destino. (Bauman, Modernità liquida 2011, p. 126)

i

M. Augè 2006

Ciò afferma la predominanza del tempo come fattore di dominio sullo spazio.

Questo fenomeno trova la propria concertazione nel concetto di surmodernità, che Marc Augé definisce tale in quanto si vengono a modificare irreparabilmente le “coordinate” dell’essere umano. Lo spazio dematerializza, perché gli spazi vengono frequentati con sempre maggior rapidità, gli scambi avvengono in luoghi non-reali e diventato sempre più “superfici” immateriali.

E’ in questa condizione che nascono quelli che Augè definisce non-luoghi, ovvero spazi come i supermercati e gli aeroporti, pressoché uguali in ogni angolo del pianeta, che non intrattengono alcun rappor[7]

to di carattere identitario con il territorio sul quale sono situati. Il tempo inteso come interno ed esterno si iper-materializza nella propria velocità, limitando la sedimentazione di idee e informazioni e decretando la fine della memoria storica, così per come la conoscevamo.

— [1] [2] [3] [4] [5] [6] [7]

NICÉPHORE NIÉPCE, Vista dalla finestra a Gras, 1826 ALFRED STIEGLITZ, Equivalente, 1923. Gelatin silver print; 12.2 x 9.2 cm ALEXANDER RODCHENKO,The stairs, 1929. Gelatin silver print; 3.2 x 9.5 cm PAUL STRAND, Wall Street, 1915, New York City. 25.2 x 32.2 cm MAN RAY, Rayogramma, 1922. Gelatin silver print; 23.9 x 17.8 cm ROBERT DOISNEAU, Le Baiser de l'hôtel de ville (Il bacio), Parigi, 1950.

ROBERT FRANK, Fourth of July, Jay, New York, 1954. New York.

27

LA VITA NELLA SOCIETÀ POST-MODERNA

1.2 STRUTTURA: LA VITA ESTETIZZATA E LA PRODUZIONE DI IMMAGINI

Se la modernità solida eleva la durata eterna a principale stimolo e principio operativo, la modernità fluida la svaluta, in un processo di addomesticamento del

incarnando “l’eterea immortalità”. Contrariamente, gli oggetti effimeri [1]

sono di pronto consumo e svaniscono una volta utilizzati. L’affermazione dei beni effimeri su quelli duraturi porta alla conseguente svalutazione dell’immortalità.

i

Bauman 2011

Uno sconvolgimento culturale: in tutta la storia dell’umanità, la funzione della cultura è sempre stata quella di ritardare la fugacità delle vite umane, con il tentativo di trascendere tale limite. La memoria del passato e la fiducia nel futuro sono stati pilastri su cui poggiano i ponti culturali e morali tra l’umanità, e le proprie azioni. Sin da quando nel 183925 sono state inventate le prime macchine ta con una macchina fotografica è letteralmente la traccia di qualcosa che è stato posto davanti all'obiettivo. La capacità di mimesis della fotografia si eleva dunque sopra dipinto nel fornire un momento di un passato svanito, o di un caro estinto.

La fotografia è un mezzo che offre uno “spaccato istantaneo” del mondo visibile, dissolvendo la realtà solida e compatta della percezione quotidiana, in un'infinità di profili fugaci. “Aspetti impercettibili, perché effimeri, del mondo vengono fissati ed isolati, per poi essere diffusi in serie, come una merce da acquistare” sostiene Walter Benjamin (1892- 1940) in “L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica” (1936).

C’è una “storia dell’arte”, ma “l’arte” in noi non ha storia. L’immagine fabbricata è dotata nella sua fabbricazione; lo è anche nella sua ricezione. A essere atemporale è la facoltà che essa possiede di venire percepita come espressiva anche per coloro che non ne detengono il codice. (Debray 2004, p. 37)

Sontag 2003 i

fotografiche, la fotografia ha corteggiato la morte, poiché ogni immagine ottenu-

Bourdieu 2018, p.135 i

Vaccari 1979, p.36

Gli oggetti durevoli sono progettati per essere preservati nel tempo,

i

tempo e dello spazio al quale anche la fotografia partecipa.

— 25.

Ufficialmente la fotografia nasce il 7 gennaio 1839, quando lo studioso François Jean Dominique Arago (1786-1853), spiega all’Accademia di Francia i dettagli dell’invenzione di Louis Mandé Daguerre (1787-1851) ovvero la dagherrotipia. (Rovere s.d.)

28

PARTE PRIMA

Benjamin esplora anche gli effetti che la nascita della fotografia ha effettivamente avuto sull’opera d’arte, intesa come oggetto e prodotto artistico, dal momento che per la prima volta è stata possibile la sua riproduzione mediante la tecnica. E’ venuta meno l’aura26 dell’opera d’arte, ossia la sua unicità originale e irripetibilità.

1.2.1. DALLA NASCITA DELLA FOTOGRAFIA, ALLA PRATICA DELLA CONDIVISIONE Agli albori della fotografia si può parlare di “estetica vittoriana”. Vigeva severamente il concetto greco di mimesis del mezzo tecnico: “se la fotografia riproduce Per questo motivo, i fotografi tendono alle pratiche romantiche del pittorialismo, con tematiche solitamente tratte dal mondo classico.

Solo verso gli anni Trenta del XX secolo, la fotografia acquisisce la nozio[2]

ne di macchina creativa e, congiuntamente al cinema, si afferma come strumento chiave dei moderni mass-media. Dopo la prima guerra mondiale, gli sviluppi

i Bauman 2011, p. 29

le cose, come può essere considerata arte?”.

tecnologici della fotografia accelerarono.

Sino alla fine del Modernismo le immagini erano state prodotte da addetti, ovvero gli artisti, individui talentuosi che tramite la loro [3]

maestranza si predisponevano alla realizzazione di immagini e rappreCon l’avvento della fotografia, anche l’arte dovette cambiare: il mondo era già

— 26.

Con aura si intende la sacralità dell'alone ideale che rende sensibile al fruitore l'unicità irripetibile dell'atto creativo (Benjamin 2011)

troppo fotografato per essere anche dipinto, e si passò all’arte astratta interiore.

Negli anni Sessanta e Settanta, l'eccitazione intellettuale e culturale irruppe nelle strade con le rivolte studentesche del ’68, i movimenti per i diritti civili sulle questioni razziali e l’emancipazione femminile. In questo contesto, i nuovi movmenti fotografici hanno avuto lo scopo di critica sociale.

i Mc Luhan 2008

sentazioni della realtà verosimili.

29

LA VITA NELLA SOCIETÀ POST-MODERNA

La fotografia nel villaggio globale: le immagini oggi Fino la metà degli anni Settanta, la teoria fotografica ha a che fare con l'idea che le fotografie possano essere lette come processi di significazione e codificazione culturale. In poche parole, la chiave per capirne il senso deriva dalla conoscenza culturalmente connotata che noi abbiamo sia di immagini generiche, che Barthes (1915-1980) e Michel Focault (1926-1984).

La scuola antropologica è stata la prima a tentare di sviluppare una teoria che consideri la comunicazione come generatrice di significati sociali, attraverso la trasmissione di testi ed immagini. Il ruolo ricoperto dalle fotografie nella nostra vita è importante, e la loro analisi critica può aiutarci a svelare qualcosa circa il modo in cui vediamo noi stessi e i valori in cui crediamo. L’ideologia viene trasmessa innanzitutto attraverso immagini, miti e concetti, diventando senso comu-

cati, riproduca valori comuni, e leghi gli individui in relazioni sociali: si possono Sontag 2003 i

presentare rapporti visivi senza sintassi, poiché l’immagine fotografia rispecchia

Bate 2011

La semiotica si preoccupa di come la comunicazione definisca questi signifi-

i

ne venendo riprodotti nella società.

automaticamente il mondo.

Il modernismo aveva sempre letto il significato della fotografia nella sua paternità autoriale, dove “pochi eletti” erano dotati della trascendenza formale ed intellettuale necessaria per creare canoni e modelli da seguire, spesso correlati agli sviluppi e alle innovazioni estetiche e tecniche del mezzo espressivo. La rivisitazione critica post-moderna, invece, considera la fotografia da un diverso punto di vista, esaminandola in funzione della sua ricezione, entrando in conflitto con la

Cotton 2010 i

Rifkin 2000 i

Cotton 2010, p. 225 i

specifiche, speculazioni fortemente influenzate da pensatori francesi quali Ronald

sua possibilità di riproduzione mimetica e falsa.

Mc Luhan in “Gli strumenti del comunicare” (1964) spiega come per medium si intenda qualsiasi tecnologia che crea un’estensione del corpo e dei sensi. Nella nostra società spettacolare27, la diffusione di immagini attraverso il cellulare assume una forma di interazione sociale, una proiezione della nostra dimensione individuale nella sfera collettiva.

— 27.

Concetto centrale della critica di Guy Debord (1931 – 1994) all’ordine postmoderno, in cui Lo spettacolo è il prodotto della mercificazione della vita moderna, il progresso del capitalismo consumistico verso il feticismo e la reificazione. (Debord 1998)

30

PARTE PRIMA

La fotografia non serve più solo a fermare il tempo, ma lo riproduce come in streaming.

Fotografare qualcosa allevia la nostra mente dal ricordare, giustificando la delegazione ad una memoria esterna che lo faccia al nostro posto.

La sua funzione cambia dal ricordare, al condividere: una pratica imme[4]

diata e continuativa, ma quasi sempre transitoria.

L'incessante susseguirsi delle immagini (televisione, streaming video, film) domina il nostro ambiente, ma quando si tratta di ricordare la fotografia è più incisiva. La memoria ricorre al fermo immagine; la sua unità di base all'immagine singola. In un'epoca di sovraccarico di informazioni, le fotografie forniscono un modo rapido per apprendere una forma compatta per memorizzare. Una fotografia simile a una citazione, a una massima o un proverbio. (Sontag 2003, p. 18)

La condivisione

tato ad un eccesso di libertà da parte dei singoli foto-amatori, i quali dispongono di un mezzo che da solo può considerarsi una vera e propria rivoluzione, ovvero Internet.

Bauman 2011 i

La diffusione e la democratizzazione dello strumento fotografico, hanno por-

Lo statuto della fotografia all'interno del sistema dei computer ha indotto a parlare di una condizione post-fotografica dell’obsolescenza [5]

analogica, o di un assorbimento intra-media della fotografia, dove molti pure, le macchine funzionano tecnicamente seguendo i medesimi principi, dove la luce entra nella lente ed è catturata dal sensore digitale.

Con la condivisione dell’immagine, tutto avviene sotto i nostri occhi in tempo reale, e la dimensione del presente sembra dilatarsi sempre più.

Al contempo la de-territorializzazione è una caratteristica che unita alla sempre maggiore circolazione di informazioni, dà vita a una serie di immaginari sempre più complessi.

M. Augè 2006 i

inneggiano alla “morte della fotografia” stessa, sancita dai nuovi dispositivi. Ep-

31

LA VITA NELLA SOCIETÀ POST-MODERNA

Baudrillard 2012

mentato. Anche una catastrofe di cui si ha esperienza diretta, finisce spesso per

i

La circolazione sempre più rapida di informazioni, immagini, dati e persone, crea situazioni sempre nuove e costringe ogni individuo e ogni comunità a ripensare all’immagine di sé stessi e dell’altro. La globalizzazione ha prodotto una frattura tra il luogo di produzione di una cultura e quello o quelli della sua fruizione. L’immaginazione, grazie alla sempre maggiore rapidità e onnipresenza dei mass-media, è divenuta così un fatto collettivo e si è trasformata in un campo organizzato di pratiche sociali (M. Augé 2006, p.12)

sperienza è captabile, ma non esperibile.

Per chi è altrove e segue una notizia, un evento è reale perché viene docusembrare stranamente simile alla sua rappresentazione: le immagini prodotte digitalmente, a livello pragmatico, sono codificazioni di numeri. L’immagine dell’e-

Assistere da spettatore a calamità che avvengo in un altro paese è una caratteristica essenziale dell’esperienza moderna, risultato complessivo delle opportunità che da oltre un secolo e mezzo ci offrono quei turisti di professione altamente specializzati noti come giornalisti. La guerra è ormai parte di ciò che vediamo e sentiamo in ogni casa. Le informazioni su quel che accade altrove, definite <<notizie>>, mettono in risalto i conflitti e la violenza. (Sontag 2003, p. 15)

1.2.2. L’ESTETICA INVESTE L’AMBIENTE: LA TRANSESTETICA L’importanza della fotografia nella società contemporanea, è subordinata alla

i

Di Stefano 2012, p.7

velocità con la quale è stata decretata la sua supremazia come mezzo di comunicazione. Il mondo è ora permeato dal fenomeno dell’ iperestetica28 o di inquinamento dell’iconosfera.

Ciò si realizza nella “proliferazione delle immagini proposte dai media, dalla pubblicità in tutte le sue forme, dai cartelloni che tappezzano le strade e le facciate dei palazzi, spesso trasformate in veri e propri schermi: un’euforia d’immagini prodotte con svariate tecnologie, che ha indotto alcuni filosofi a parlare di pictural turn29. Con la moltiplicazione delle immagini nel mondo, perdiamo il “senso della realtà” degli oggetti misurati e manipolabili. Il mondo del reale è

— 28.

L’iperestetica viene a esprimere l’esigenza di qualcosa di ulteriore, allude cioè a quell’eccesso di bellezza e d’immagini che investe capillarmente la società odierna.

29.

Nell’ambito dei Visual Studies con pictural turn si intende la “svolta”, operata dalla riproduzione tecnologica ed elettronica, che ha determinato una cultura interamente do-minata dalle immagini.

32

PARTE PRIMA

diventato il mondo delle merci e delle immagini, dei mass media: Jean Baudrillard definisce il fenomeno transestetica.

Il sociologo descrive il postmoderno come una sovversione di tutte le tradizionali categorie. Una situazione in cui i domini una volta separati dell’economia, dell’arte, della politica e della sessualità sono generalizza[6]

ti ai massimi livelli, contaminandosi gli uni con gli altri. In particolare, la fine della separazione della sfera estetica, chiusa in principio nel mondo dell’arte e accessibile a pochi, appare così come un aspetto del più generale venir meno dell’autoBargna 2013

La legge che ci è imposta è quella della confusione dei generi. Tutto è sessuale. Tutto e politico. Tutto estetico. Simultaneamente. Tutto ha preso un senso politico, soprattutto dopo il sessantotto: la vita quotidiana, ma anche la follia, il linguaggio, i media, anche il desiderio diventano politici nella misura in cui entrano nella sfera della liberazione dei processi collettivi di massa. Allo stesso tempo tutto è diventato sessuale, tutto oggetto di desiderio: il potere, il sapere - tutto si interpreta in termini di fantasie e di repressione, e lo stereotipo sessuale ha impegnato ogni cosa. (Baudrillard 2012, p. 40)

i

nomia delle sfere della vita, che è stata alla base della modernità occidentale.

Inoltre, a svanire è quel potere discriminante del “buon gusto” che, opponendo il carattere elitario e raffinato delle Belle Arti alla trivialità dei divertimenti popolari, aveva consentito alla borghesia di accumulare il “capitale simbolico” che lo

significato. Tutto ormai è puro segno veicolato dalle immagini, specialmente dai media e dalla pubblicità: “Come i barocchi, noi siamo [7]

creatori sfrenati di immagini ma segretamente siamo iconoclasti. Non di quelli che distruggono le immagini, ma di quelli che ne fabbricano una profusione indiscriminata.”

Baurilliard 1993 i

L’estetizzazione del mondo comporta anche la sua mancata di

Bourdieu 2001

Attraverso la liberazione senza precedenti di forme, linee, colori, concezioni estetiche, attraverso il missaggio antropologico di tutte le culture di tutti gli stili, la nostra modernità ha prodotto una situazione generale, una promozione di tutte le forme di cultura (senza dimenticare quelle di anti-cultura), un'assunzione di tutti i modelli di rappresentazione e di anti-rappresentazione. (Baudrillard 1988, p. 46)

i

ha storicamente distinta dalle classi sociali inferiori.

33

LA VITA NELLA SOCIETÀ POST-MODERNA

Ciò che ne consegue è questo stato paradossale dove vige l’inabilità di distinguere fra “buona” e “cattiva” arte, data l’impossibilità di appellarsi all’universalità del giudizio di gusto, ma anche la progressiva incapacità di discernere fra la realtà e la sua rappresentazione. Nella società dello spettacolo30 o dei simulacri31 , la realtà si confonde con la propria immagine, a causa della presenza pervasiva dei

Debray 2004 i

media nella vita quotidiana, apparendo a sua volta sempre più fatta e composta da immagini.

— [1] BERND AND HILLA BECHER, Gas-holders Germany, Belgium, France, Britain, USA. 1966-93, 40x30cm [2] DIANE ARBUS, Identical Twins, Roselle, N.J., 1966. Gelatin silver print, 38 × 37 cm [3] WILLIAM EGGLESTON,Tricycle, Memphis, 1968. Dye transfer print, 30.2x44.1 cm [4] GARRY WINOGRAND,Los Angeles,1969. Gelatin-silver print, 27.9x35.6 cm [5] STEPHEN SHORE, Tyler, Texas, June 1972 [6] LEE FRIEDLANDER,Father duffy, Times Square, New York city, 1974. 18.7 x 28.9 cm [7] NAN GOLDIN, Nan and Brian in Bed, 1983, New York City

— 30. (Debord 1998) 31.

(Baudrillard 2002)

35

LA VITA NELLA SOCIETÀ POST-MODERNA

1.3 CORPO: NUOVI BENI DI CONSUMO, LA COMUNITÀ E L’INDIVIDUO

1.3.1 LA MERCIFICAZIONE DELLA CULTURA E DELL’ESPERIENZA Nell’epoca postmoderna della new economy32, l’industria culturale33 e le forme immateriali dell’economia hanno un’importanza determinante. La dimensione creativa, estetica, sensibile ed emozionale, svolgono una funzione centrale nella

Bargna 2013 i

definizione del valore delle merci, nelle strategie di marketing e nell’innovazione produttiva.

Jeremy Rifkin (1945) è un economista, sociologo e saggista statunitense i cui studi vertono sul rapporto che l'evoluzione della scienza e della tecnologia hanno con lo sviluppo economico, ambientale e culturale.

Nel suo testo “L’era dell’accesso” (2000) egli approfondisce i meccanismi scaturiti dalla diffusione della sfera estetica, con una particolare attenzione all’impatto che il capitalismo culturale e le mutate reazioni umane hanno avuto in ambito economico.

i

Rifkin 2000

Rifkin teorizza come il futuro nella new economy vada inesorabilmente verso l’emancipazione dalla ristretta concezione di “bene” o “servizio”, per concentrarsi su quella assai più vasta e problematica della mercificazione del tempo e della durata della vita, “l’industria dell'esperienza”.

L’esperienza umana condivisa viene ora trascinata all'interno della sfera economica, grazie alla presa che le nuove tecnologie di comunicazione hanno cominciato a esercitare sulla vita quotidiana. Jean Baudrillard parla di sparizione del sociale, dove viene meno la condivisione reale tra individui, dal momento che la proprietà di linguaggio viene delegata al dispositivo.

Con la fine della vita sociale, è la cultura stessa a divenire merce, trasformando ogni rapporto, interpersonale e affettivo, in una relazione economica.

L’experience economy, che comprende uno spettro di attività culturali che si estende dal turismo all'intrattenimento, è destinata a dominare il nuovo mercato.

— 32.

Con New Economy si intende l’insieme dei fenomeni economici, ma anche sociali e culturali, associati all’impetuoso sviluppo delle tecnologie dell’informazione e delle comunicazioni ICT (Information and Communication Technologies), che ha caratterizzato l’ultimo scorcio del 20° sec. a partire dagli Stati Uniti per poi estendersi agli altri Paesi industrializzati. (L. R. Treccani 2012)

36

PARTE PRIMA

non ho?", ma, invece, "Cosa voglio provare che non ho ancora provato?"».

L’identità di un individuo si costruisce a priori, sulla base di scelte arbitrarie, prima ancora di aver avuto l’occasione di vivere un’esperienza. conomia classica, si introduce il “valore di messa in scena”, prioritario in una “economia estetica” volta alla produzione di atmosfere. La merce non è più valutata in base alle proprietà che possiede e per le quali si differenzia dalle altre, ma

Bauman 1997

Per questo motivo, accanto al valore d’uso e al valore di scambio propri dell’e-

i

Rifkin 2000, p.64 i

I consumatori di oggi non si domandano più "Cosa vorrei possedere che ancora

per la sua estasi, qualità che irradia nello spazio, in virtù della quale assolve a una funzione puramente scenica. I prodotti non soddisfano più solo bisogni e non de-

diviene più importante del prodotto stesso. (ibidem.)

Di Stefano 2012

L’oggetto bello indica un modo di essere o meglio di apparire agli altri e contribuisce a far esperire esteticamente la vita. Da qui l’importanza sempre più marcata del design, del packaging, perché la maniera in cui la merce è presentata, il valore di messa in scena,

i

vono semplicemente essere utili, ma esprimono stili di vita, soddisfano desideri.

Nella nuova economia delle reti, quello che in realtà viene venduto sono immagini e idee, e la forma che assumono sta diventando sempre più irrilevante ai fini del processo produttivo. Se il mercato dell'era industriale era caratterizzato dallo scambio di oggetti, la new economy è caratterizzata dall'accesso a concetti, contenuti in forma materiale. La stessa cosa si è verificata parallelamente come lard parla di “sparizione dell’arte”.

Se l’arte si è smaterializzata è per il fatto che oggi mette in circolazione, ben più che opera, idee. Lo scolabottiglie di Duchamp è un'idea, la scatola di Campbell di Wharol è un'idea, la vendita di un po' di aria nella galleria in cambio di un assegno in bianco proposto Yves Klein è un’idea. Sono idee, segni, allusioni, concetti. Tutto questo significa l'assenza del mondo, la fine dell'opera, o altro, ma significa. Il colmo della raffinatezza e di non significare più niente ma di significare comunque. […] Tutta l'arte moderna è concettuale in quanto senso, che ciò che feticizza nell'opera il concetto, lo stereotipo e il modello cerebrale dell'arte - così come ciò che è feticizzato dalla merce non è affatto il valore reale ma lo stereotipo del valore. (Baudrillard 2012, p. 58)

Rifkin 2000, p. 64

un riflesso nel mondo artistico; dopo aver parlato di sparizione del sociale, Bauril-

i

— 33.

Termine utilizzato per la prima volta da Max Horkheimer e Theodor W. Adorno in “Dialettica dell’Illuminismo” (1947), per indicare il processo di riduzione della cultura a merce: la legge dello scambio si estende ai prodotti dello spirito che l’i. c. valuta secondo logiche di profitto. (Farinotti s.d.)

37

LA VITA NELLA SOCIETÀ POST-MODERNA

Il viaggio come eterotopia: il turismo e l’effetto Disneyland L’investimento estetico della realtà, trasforma in modo sempre più pervasivo anche lo spazio e l’ambiente in cui viviamo, attraverso la produzione manieristica

Bargna 2013 i

di paesaggi, la patrimonializzazione dei siti culturali, la moltiplicazione dei parchi naturalistici e di divertimento, dei centri commerciali e i villaggi vacanze.

“Il motivo del viaggio è, per esempio, vedere di persona cose già viste in foto, non scoprire cose nuove”. Forse, è proprio per questa motivazione che il concetto di viaggio ha assunto una fascinazione tanto grande all’interno della nostra

(1997), descrive il turista come una figura privilegiata, che nella società postmoderna attua la strategia “dell’effimero”. Infatti è in grado, ovun[1]

que vada, di “liquefare” i corpi soldi, poiché ovunque egli si trovi è sempre “al di

Mc Luhan 2008

Ancora una volta, Zygmunt Bauman in “Il disagio della post-modernità”

i

società contemporanea: il viaggio diviene una forma di matrice visiva.

fuori”, come se fosse intrappolato volontariamente all’interno di una bolla traspa-

Bauman 2011 i

rente. “In un mondo insicuro ed imprevedibile, sono i cosmopoliti senza bagaglio ad avere la meglio; niente e nessuno ostacola le loro mosse”.

Il turista viaggia leggero, pronto ad evadere repentinamente da ogni situazione scomoda che possa minare la sua libertà, minaccia intesa come possibilità di affezionarsi ad un luogo, essendo la mobilità il suo valore supremo. Nella vita del turista l’importante è “andare”, non dove andare, plasmando l’avverarsi degli avvenimenti a proprio piacimento. Similmente a una serie televisiva, riduce le proprie azioni a “momenti”, “episodi”, manifestazioni di una vita senza passato

Bauman 1997 i

né futuro, come in un sogno. Il turista inoltre preferisce avere nostalgia di casa, piuttosto che rimanerci.

Anche il concetto di viaggio è stato pesantemente attaccato dalla surmodernità; i nonluoghi34, vengono sempre più presi d’assolto dal turismo di massa, contrassegnati da un crescente “effetto Disneyland”35: il visitatore è al contempo spettatore e attore, o comparsa. Intere città divengono musei a cielo aperto, così come nel caso di Venezia, o ritrovano vigore intorno ad eventi e manifestazioni, come Documenta a Kassel.

— 34.

Termine coniato da Marc Aujé nel suo testo “I non-luoghi” (1992) 35.

Ibidem., in riferimento al famoso parco di divertimenti a tema americano.

35.

Ibidem., in riferimento al famoso parco di divertimenti a tema americano.

38

PARTE PRIMA

È in questo contesto che vanno a collocarsi alcune definizioni elaborate da Foucault il quale, anche con riferimento a questi ambienti, introduce il termine di eterotopia36. L’eterotopia è un luogo simultaneamente immaginario e reale, che sovverte le scontate convenzioni in quanto porta, in esse, un elemento di alterità. All’interno di un’eterotopia la percezione del tempo cambia: rallenta, come avviene all’interno dei villaggi vacanze, o talvolta si velocizza, come all’interno dei cinema.

1.3.2 LA SOCIETÀ E LA COSTRUZIONE DEI RAPPORTI SOCIALI Abbiamo visto che nel corso dell’età contemporanea le comunicazioni mate-

ni s.d.)

u

riali e culturali hanno subito un tale rinnovamento, per cui l’intero globo ha visto intensificarsi in maniera crescente la rete, che consente lo scambio massiccio di informazioni tra gli individui.

Il mondo tende perciò rapidamente a trasformarsi in un villaggio globale37, in cui i consumi e i gusti vanno omologandosi, indebolendo le differenze tra i popoli e le civiltà. Questo stesso villaggio, resta più che mai segnato da profondissime spaccature interne, come il divario tra paesi ricchi e paesi poveri, tra modi altamente conflittuali di concepire i valori della vita, e le sue forme di organizzazione sociale e politica.

Rispetto alle modificazioni avvenute all’interno del tessuto sociale, in “Sesto potere” (2014) Zygmunt Bauman ci ricorda di due grandi scrittori, George Orwell (1903– 1950) e Aldous Huxley (1894–1963), che rispettivamente nelle loro opere “1984” (1949) e “Il mondo nuovo” (1932), delinearono uno scenario in cui il mondo finiva diviso fra una maggioranza controllata, e una minoranza di controllori.

Per entrambi, sebbene i mondi delineati fossero diversi, il futuro aveva in serbo il medesimo destino: meno libertà e più controllo, supervisione e oppressione.

Contrariamente, la modernità fluida ha preso un’altra strada.

Secondo l’autore, il Panopticon38 è la suggestione che meglio esemplifica la prima fase della modernità: le persone vivono costantemente controllate e

Zanichelli 2020 i

— 36.

Eterotopìa: termine medico impiegato dal filosofo francese Michel Foucault (1926 -1984) per indicare quei luoghi reali, riscontrabili in ogni cultura di ogni tempo, strutturati come spazi definiti, ma «assolutamente differenti» da tutti gli altri spazi sociali, dove questi ultimi vengono «al contempo rappresentati, contestati, rovesciati». Il termine e compare per la prima volta nella prefazione de Les mots et les choses (Une archéologie des sciences humaines) (1966). (E. Trecca-

39

LA VITA NELLA SOCIETÀ POST-MODERNA

sorvegliate dal potere, che può imporsi sui cittadini mediante la disciplina, pro-

sociali ad esso collegate sono definitivamente entrati in crisi e liquefacendosi hanno aperto una nuova fase della storia umana [2]

post-panottica. Questa fase di liquidità attraversa aspetti importanti della nostra vita sociale come ad esempio il lavoro, la comunità, l’individuo, l’idea di libertà e

Bauman & Lyon 2013

Nella nostra fase di modernità, il modello panottico e tutte le strutture

i

pria della velocità d’azione.

quella ad essa collegata di emancipazione.

Comunità La progressiva modificazione dei legami sociali, ha come risultato il paradossale aumento dell’idea comunitarista dei rapporti interumani. Paradossale, in quanto la società fluido-moderna spinge da una parte verso l’individualizzazione di tutti i legami sociali. Dall’altra, dal punto di vista sociologico, viene visto come una naturale reazione alla liquefazione accelerata della vita, e allo squilibrio generato dal costante cambiamento, che causa insicurezza.

Rispetto a questo argomento, Bauman sostiene che il bisogno di comunità è una caratteristica essenziale dell’uomo, ma che nel contemporaneo non ne è più

Bauman 2011 i

chiaro il valore. Le comunità oggi si assicurano la loro esistenza grazie al vantaggio fornito dalla facilità con la quale si formano, e dall’adesione dei singoli.

L’idea di comunità è divenuta oramai imprescindibile da quella di identità, sebbene l’una rappresenti il limite dell’altra: la nozione di identità è infatti concepita come “esclusiva”, mentre il concetto di comunità tende ad unire più membri possibili.

La nozione di individuo rinvia al singolo, in quanto unico esemplare diverso da tutti gli altri, mentre la nozione di persona rinvia il modo in cui l'individuo entra in relazione con il mondo sociale di cui fa parte. In quanto persona l'individuo condivide con gli altri molte caratteristiche riconosciute dalla società come proprio di tutti gli altri individui.

(Fabietti 2004, p. 146)

— 37.

Villaggio globale è un ossimoro creato da McLuhan nell’indagine sul progresso tecnologico della società. I due termini si contraddicono a vicenda: il ‘villaggio’ è la forma elementare di abitato umano, mentre l’aggettivo ‘globale’ si riferisce all’intero pianeta. La forzatura serve per esprimere la situazione in cui ora tutto è a portata di mano, anche in tempo reale.

38.

Termine coniato da Jeremy Bentham (1748 -1832) e ripreso da Michel Foucault, il quale lo identifica come una struttura carceriera a metà tra l’utopico e il distopico, il cui fulcro una torre di sorveglianza

u

40

PARTE PRIMA

Nel moderno, continua Bauman, lo Stato era incaricato di costruire un ordine sociale con l’emanazione di leggi che si basassero sull’idea di ordine, inteso come chiara identificazione delle divisioni, delle classificazioni e dei confini.

Gli stranieri solitamente sono figure estranee all’ordine costruito, indefinite e a cavallo tra diverse realtà: per questo motivo necessitano di restrizione in quanto

fronte in continua avanzata, i secondi sono riconoscibili per le loro appariscenti caratteristiche distintive.

L'appartenenza di un individuo a un gruppo è resa possibile dalla condivisione, almeno parziale, di determinati modelli culturali. L'idea di far parte di un Sé collettivo, di un "Noi" (una tribù, una nazione, una confessione religiosa, una casta, una tifoseria ecc.), si realizza attraverso comportamenti e rappresentazioni che contribuiscono a tracciare dei confini, delle frontiere nei confronti degli "altri". Appartenenza da un lato distinzione dall'altro sembrano infatti costituire due aspetti opposti, e tuttavia complementari, del vivere del sentire umani. (Fabietti 2004, p. 137)

La modernità liquida, implica la necessità di imparare l’arte della convivenza con la diversità. La tendenza pluralista39 del comunitarismo in questo senso, aggrega tutti in uno sforzo comune di convivenza, tessuto a partire dal riconoscimento delle differenze e dalla volontà di convivere con esse, risultando in questo modo l’unica forma di unità che è davvero compatibile con la modernità liquida.

Bauman 2011

La costruzione dell’individuo: l’identità

i

Gli antropologi si trovano in comune accordo nel constatare che la costruzione dell’identità, avviene prima di tutto dal confronto del singolo con il mondo, e con l’alterità. Noi comprendiamo la realtà che ci circonda perché il nostro corpo è stato esposto fin dalla nascita alle "regolarità" del mondo, anticipando in tal modo comportamenti che mettono in moto ciò che il sociologo francese Pierre Bourdieu (1925-2002) ha chiamato appunto una “conoscenza attraverso il corpo”.

Bourdieu 2001 i

— la cui funzione era permettere il costante monitoraggio degli internati, senza che questi potessero rendersene conto.

Psicologicamente parlando, questo tipo di struttura puntava a disciplinare i detenuti con la propria presenza pervasiva.

39.

Nel linguaggio sociologico, la condizione di una società e di uno stato in cui coesistono individui e gruppi di orientamenti diversi sul piano etnico, razziale, religioso, culturale, politico, ecc., mantenendo un’autonoma partecipazione alla vita pubblica, sulla base di una reciproca tolleran za e del rispetto di norme costitutive della vita civile e politica. (E. Treccani s.d.)

Bauman 1997, p.27

“postmoderni”, consiste nel fatto che mentre i primi vagano al margine di un

i

minacciano l’ordine. La principale differenza tra gli stranieri “moderni” e quelli

41

LA VITA NELLA SOCIETÀ POST-MODERNA

Si tratta di una forma di conoscenza che è diversa da quella logica e intenzionale poiché incorporata e silente. Questa conoscenza "incorporata" sta alla base di ciò che lo stesso Bourdieu ha chiamato habitus40, cioè il complesso degli atteggiamenti mediante cui gli esseri umani interagiscono con il mondo.

Ciò viene inteso sia dal punto di vista sociale che culturale, motivo per il quale

ibidem. i

che, sia a seconda dei modelli comportamentali e delle rappresentazioni culturali.

Ugo Fabietti (1950-2017) sostiene, in “Elementi di antropologia culturale” (2004) che il corpo diviene anche un veicolo privilegiato per manifestare la propria identità, sociale e individuale, divenendo “un luogo di messa in scena del Sé”.

Fabietti 2004 i

il nostro habitus varia in base sia alle nostre particolari caratteristiche psico-fisi-

Essendo gli individui esseri sociali, senza un gruppo che li educa, li forma e li sostiene, sarebbero dei derelitti. Secondo alcuni antropologi tutte le società si adopererebbero, sebbene in misura diversa, a sottolineare questo fatto "plasmando" e "fabbricando" i loro membri secondo un proprio modello ideale di umanità.” (Ibidem., p. 141)

priorità di ogni individuo, principalmente l’acquisto di beni personali, attraverso il quale presentare la propria identificazione. Questo “mercato delle identità” ben si combina con i processi flessibili della modernità liquida.

Inoltre, il consumismo che riguarda la società di oggi si presenta diversamente da quello dell’epoca solido-moderna; quello passato era indotto dal bisogno e dalla mancanza, mentre nella modernità liquida, il [3]

consumo è rivolto unicamente verso l’appagamento dei desideri.

La natura autoreferenziale del desiderio, che ha per oggetto sé stesso, chiarisce bene come il fenomeno consumo divenga così una compulsiva ricerca di soddisfazione che non si esaurisce mai. Come abbiamo visto, le modalità di comunicazione che ci offre “l'industria dell’immagine”, fanno sì che la comunicazione oggi avvenga sempre di più mediante i media.

Il messaggio viene successivamente decodificato da chi lo riceve, sulla base del suo bagaglio conoscitivo. Nel mondo surmoderno però, il messaggio può giungere senza preavviso: in questo modo i legami interumani, si riducono a una serie

Bauman 1997 i

Proprio per questo motivo, nella modernità liquida il consumo diviene la

— 40.

Il concetto di habitus viene espresso dal sociologo all’interno del suo testo “La distinzione.

Critica sociale del gusto” (1979). Per habitus si intende la chiave della riproduzione culturale, in quanto sistema di schemi messi che generano azioni coerenti relativamente al gruppo o classe di appartenenza.—

42

PARTE PRIMA

di momenti, incontri-interazione; le storie di vita sono un insieme di episodi.

Come tutte le immagini, anche la nostra memoria si scompone in una serie di istantanee. Prima dell’avvento della “società dell’immagine”, l’identità si costruiva come una casa, mattone per mattone.

Oggi subentra la tecnica “degl’inizi assoluti”, per ricominciare sempre da capo, nel caso in cui si vogliano sperimentare nuove forme, che devono [4]

essere “veloci da montare”, e “facili da smontare”, come avviene nel palinsesto televisivo. Un'identità del genere si adatta molto meglio ad un mondo dove svuotare la memoria, piuttosto che riempirla, predispone le condizioni necessarie per conservare la propria efficienza.

— [1] [2] [3] [4]

CINDY SHERMAN, Untitled Film Still #21, 1978. Gelatin silver print, 19.1 x 24.1 cm MARTIN PARR, Italy from the series Small World, 1987-1994, Pisa WOLFGANG TILLMANS, Me in the shower, 1990, 40.6x30.5 cm, Chromogenic print ANDREAS GURSKY, Montparnasse, 1993. Farbfotografie, 206 x 406 cm

MARTIN PARR, Tenby, Wales, 2018. Photographic pigment print, 50.8x76.2 cm

WOLFGANG TILLMANS, Freischwimmer 190, 2011

ANDREAS GURSKY, F, Rhein III (Rhine III), 2018

CINDY SHERMAN, FI’m ready, 18 marzo 2018. Instagram post on @cindysherman

2.

PARTE SECONDA L’ARTE RELAZIONALE

RIRKRIT TIRAVANJA (ARTIST) Untitled (Tomorrow Is the Question), 2019.

ELA BIALKOWSKA (PHOTOGRAPHER) Exhibition view at Centro Pecci, Prato

49

L'ARTE RELAZIONALE

2.1. ORIGINI E INFLUENZE

2.1.1 IL NOVECENTO E LA VOLONTÀ DI ROTTURA CON LA TRADIZIONE

A partire dalle Avanguardie del primo Novecento, gli artisti non si sono più posti come fine quello di rappresentare la realtà, ma piuttosto quello di trasformarla cercando di sfuggire sia alla mercificazione, che alla museificazione. Diverse sono le tattiche adottate per raggiungere tale scopo: si sostituiscono alla manualità umana le procedure di lavorazione industriale, si utilizzano oggetti di uso comu-

Bargna 2013 i

ne, oppure si scopre il corpo come nuovo materiale con il quale produrre performance41 e happening42.

Claire Bishop è una critica e storica dell’arte, attualmente Professoressa presso il Graduate Center di New York. Nel suo testo “Artificial Hells”43 (2012) cerca di snocciolare la questione collegando l'ascesa delle attività artistiche partecipative al fenomeno del consumismo e del capitalismo, così come agli avvenimenti sociali e politici verificatosi in Europa nel XX secolo. Un tipo di arte più "sociale” è infatti collegata all’insorgere prima, e alla caduta poi, dei programmi politici di estrema sinistra; momenti storici catalizzatori di cambiamento, che mostrano una posizioBishop 2012 i

ne differente circa l'inclusione del pubblico, affrontando la relazione come contesto politico.

Bishop individua tre fasi distinte, tutte di fondamentale importanza per quanto riguarda la progressiva affermazione della pratica arte relazionale.

La prima manifestazione concerne il movimento del Futurismo italiano, con l’organizzazione delle cosiddette serate futuriste a partire dal 1910. L’intento dei Futuristi era quello di rompere con i convenzionali modelli di spettacolarità, inaugurando la performance come operazione artistica, e rivolgendosi a un’audience di massa utilizzando gesti provocatori, sia on-stage che nelle strade.

La seconda, vede l'innovazione teatrale che occorre negli anni successivi alla rivoluzione bolscevica.

— 41.

Nel linguaggio della critica d’arte, forma di esibizione nata negli anni Settanta del Novecento, basata sull’improvvisazione, sul coinvolgimento del pubblico e sull’impiego di tecniche multimediali. (E. Treccani s.d.)

42.

Forma d’arte nata negli Stati Uniti alla fine degli anni ’50 del Novecento e diffusasi in Europa subito dopo; si basa sulla spontaneità e sull’improvvisazione dell’azione (teatrale, pittorica, musicale) che si svolge in luoghi non convenzionali, spesso con interventi diretti sui materiali e sugli oggetti, alla presenza di un pubblico che viene coinvolto a u

50

PARTE SECONDA

L'evoluzione della cultura in Russia dopo il 1917 è caratterizzata dalla progressiva appropriazione da parte dallo stato; nasce il teatro Proletkult.

L’ultimo esempio riguarda i contrastati legati alla stagione Dadaista dal 1921.

Sotto l'influenza di André Breton (1896-1966), il movimento spostò la propria ibidem.

La Grande Serata Futurista

i

relazione con l'audience dai cabaret in eventi partecipativi.

Il 20 febbraio 1909, Filippo Tommaso Marinetti (1874-1994) avvia il movimento futurista, pubblicandone il Manifesto sulla prima pagina del quotidiano francese Le Figarò. Nato essenzialmente come movimento letterario, il Futurismo si apre quasi immediatamente anche alle arti visive e alla musica, ponendo tra i propri principi essenziali il rifiuto del passato e la necessità di operare una profonda trasformazione dell'uomo, affermando il legame dell'avanguardia con

ferendo l'oggetto industrializzato alla unicità dell’opera e cercando il confronto diretto con il pubblico.

Per propagandare le loro idee, i futuristi iniziano ad organizzare dei propri e veri eventi: la prima “serata” si tiene il 12 gennaio 1910, al Politeama Rossetti di Trieste. Da quel momento in poi, lo svolgimento delle serate prevede le attività più svariate; leggono i loro manifesti e le loro composizioni letterarie, tengono concerti, rappresentano spettacoli e, in seguito, iniziano ad esporre opere d’arte visiva.

Itinerante per tutta Italia, l'attività futurista si tiene sia in teatri che nelle strade, supportando “l’attacco alla coscienza pubblica” mediante materiale stampato.

Gli spettacoli sono preceduti da opere di volantinaggio e affissione di manifesti per la città, di modo da attirare l'attenzione; dopo le performance, la stampa rilascia articoli che poi vengono diramati a tutti i giornali nazionali ed esteri, facendo così velocemente acquisire loro notorietà in tutta Europa.

Bishop 2012 i

— partecipare all’evento artistico.

(E. Treccani s.d.)

La versione italiana di “Inferni artificiali” è pubblicato da Luca Sossella Editore, 2015.

43.

La versione italiana di “Inferni artificiali” è pubblicato da Luca Sossella Editore, 2015.

Foster, etal. 2013

Gli slogan del Futurismo celebrano il dinamismo esaltando la macchina, pre-

i

quello della cultura di massa.

51

L'ARTE RELAZIONALE

L'atteggiamento degli artisti verso il pubblico è deliberatamente provocatorio,

Brockett 2016 i

diretto a scuotere gli spettatori dalla loro “inerzia” e dal loro “torpore”, sperimentando nel loro intento diversi mezzi.

Viene inoltre prediletto il teatro di varietà, con il tentativo di superare il dramma tradizionale, ricreando l’atmosfera degli intrattenimenti popolari: l’interazione con musicisti e attori, la rapida successione di numeri diversi, la mescolanza di elementi tratti da molte forme artistiche differenti, tra cui il cinematografo.

ibidem. i

Tutto ciò era teso al dinamismo dell'azione, dal momento che il “nuovo teatro” deve catturare la vita moderna, risultando simultaneamente logico e irreale.

Nel 1915, i futuristi pubblicano settantasei opere brevi o “sintesi”, opere che differiscono notevolmente tra loro, sia per le tecniche narrative che i temi trattati.

Alcune di queste sintesi cercano di coinvolgere il pubblico nell'azione dello spettacolo, come ad esempio in Luce (1919) di Francesco Cangiullo (1884-1977).

La rappresentazione si apre con il teatro immerso nel buio più completo, che si prolunga, provocando così le reazioni del pubblico affinché irritato, non inizi a chiede la luce. Viene accesa allora una luce abbagliante, che arriva proprio mentre cala il sipario.

Dopo il 1930, l'interesse per il Futurismo declina rapidamente. Molte delle

Foster, etal. 2013 i

sue proposte esercitano una profonda influenza sui movimenti artistici in Europa, soprattutto in Russia.

Alesksadander Bognadov e il Proletkult In Russia, dopo la rivoluzione del 1917 che porta al potere i bolscevichi, il

ibidem. i

ruolo di guida in campo artistico viene prevalentemente assunto dalle idee futuriste. Alexander Bognadov (1873-1928), economista, filosofo, fisico e scrittore è il fondatore teorico del movimento Proletkult44.

In termini generali, il suo scopo è quello di portare la cultura ad allinearsi con l'ideologia della rivoluzione bolscevica: uno degli argomenti di rigetto per la cultura precedente, è il fatto che sia prodotta è consumata individualmente.

— 44.

Il termine “proletkult” indica una coalizzazione degli interessi delle classi lavorative. Per il 1918, quest’ultima era diventata un'organizzazione nazionale, dedicata al riferimento delle nuove forme della cultura proletaria come dottrina collettiva. (Bishop 2012)

52

PARTE SECONDA

Per Bognadov, la produzione culturale va razionalizzata come l'industria, rivoluzionando l'originalità autoriale, che non deve essere concepita più solo come espressione indipendente nelle arti, ma piuttosto come espressione di partecipazione nella vita collettiva.

La cultura è l'arma più potente per avvicinare collettivamente le forze in una classe sociale: proprio per questo motivo arte, letteratura, teatro e musica sono soggetti di riorganizzazione, dal momento che Bognadov crede che l’utopia collettivista possa essere risolta con l'educazione e con una nuova politica culturale, mirata alla produzione dell'intelligenza dei lavoratori per trasformarla in “intelli-

e analfabeta, delineando così una discrepanza tra la reale possibilità e l’utopia bognadoviana.

Il problema viene presto risolto nel momento in cui l’organizzazione teatrale

Bishop, 2012

Si da il caso che la maggior parte della popolazione all’epoca sia illetterata

i

genza corale”.

è affidata al commissario del Popolo per l'istruzione; per incoraggiare lo sviluppo del teatro professionale, cominciano a essere organizzati gruppi di dilettanti composti da contadini, operai e soldati. Entro il 1936, i due terzi delle strutture

il lavoro stesso, con la fusione della figura dell'artista-attore con il pubblico-collaboratore. Successivamente nello stile di vita, dal momento che la pratica teatrale diviene luogo di raccoglimento e coesione sociale. All’interno degli spettacoli,

Brockett 2016

Il Proletkult vede un rovesciamento culturale su diversi fronti. Primo tra tutti

i

teatrali appartengono allo stato.

il testo è una vera e propria propaganda sovietica: autentici bollettini di notizie vengono letti dal palcoscenico, mentre si tengono assemblee alla quale prende parte il pubblico.

Nel 1934, il realismo socialista diviene l'arte ufficiale dello Stato, mentre nel 1936 tutte le sale vengono poste sotto la direzione centrale di teatro; la nuova i

politica implica la graduale repressione delle compagnie di Avanguardia.

ibidem.

Sergei Eisenstein, dall'articolo di Mel Gordon Eisenstein’s Later Work at the Proletkult. In The Drama Review, 1978

aleksander zugrin, Copertina di Gorn magazine #7, organo ufficiale del Proletkult, 1922

fortunato depero, per il balletto Anihccam del 3000, 1924, Museo di Depero, Rovereto

gerardo dottori, A futurist Serata in Perugia, 1914, Ink on Paper, Archivi Dottori, Perugia

Cabaret Volltaire, 1935, Zurigo, Baugeschichtliches Archiv Zürich

ANDRÉ BRETON & TRISTAN TZARA, Poster for the tour around St Julien le Pauvre church in Paris, 1921

TRISTAN TZARA, Reading to the crowd at St Julien le Pauvre church, Parigi 1921

HUGO BALL, Reciting Karawane in a cubist costume at the Cabaret Voltaire, 1916, Zurigo

55

L'ARTE RELAZIONALE

Il Dadaismo e il Cabaret Voltaire Il movimento dadaista nasce dal clima generato dalla prima guerra mondiale e dalle reazioni dei movimenti del Futurismo e dell'Espressionismo, sviluppandosi a Zurigo tra il 1916 ed il 1920 per poi diffondersi a New York, Parigi, Berlino, Colonia e Hannover.

Foster, etal. 2013 i

Alcune città rimangono in contatto tra di loro tramite riviste, altre grazie ad artisti itineranti, ambiziosi promotori come Tristan Tzara e Francis Picabia.

I dadaisti combattono contro ogni norma e iniziano ad organizzare bizzarri spettacoli, esposizioni e pubblicazioni, prendendo di mira la cultura borghese che incolpano del disastroso conflitto mondiale.

Il 5 febbraio 1916, a Zurigo, viene fondato il Cabaret Voltaire. Le sperimentazioni degli eventi dadaisti sono contrastanti con quelle russe del tempo poiché entrambi, cercano di coinvolgere l’audience in uno spazio pubblico, ma con fini completamente diversi. Lo “spettacolo di massa” russo risulta spesso troppo ideologico, mentre quello dadaista nelle sue prime fasi risulta tutto negazione, Bishop 2012 i

vanti-ideologico e anarchico, mirando a rappresentare la crisi moderna in modo isterico.

Durante gli eventi recitano manifesti contraddittori, sia futuristi che espressionisti, in francese, tedesco e russo, cioè nelle lingue parlate nei paesi che hanno partecipato alla guerra, mescolandoli a canti quasi africani; escogitano concerti con macchine da scrivere, timpani, rastrelli e coperchi: un pandemonio assoluto.

Ma non sono solo dei nichilisti. Mettono in scena i disagi e formano una comunità ibidem. i

di artisti impegnata in politiche internazionali, usando un linguaggio universale.

Sono distruttivi nello spirito, ma spesso anche affermativi.

La breve vita del cabaret finisce bruscamente il 23 giugno 1916, con una leggendaria performance di Hugo Ball (1886-1927) dove, in parte sciamano e in parte sacerdote, mette in scena uno spettacolo dove il Dadaismo diviene un “rito di possessione di ed esorcismo”. (Foster, et al. 2013)

56

PARTE SECONDA

Usando tecniche di provocazione e pubblicità avviate dai Futuristi, il cabaret dadaista parigino si costruisce sull'innovazione di quello zurighese, e organizza un misto di performance, musica e poesia in sale da concerto come il Salle Gaveau, riuscendo contemporaneamente ad andare “oltre”.

La prima parte della stagione teatrale si intitola Excurison & Visites45, e proietta gli eventi in un nuovo tipo di sfera pubblica: la prima di queste [1]

escursioni avviene il 14 aprile 1921, alle tre del pomeriggio. L'incontro si tiene nel cimitero della chiesa di Saint Julien-le-Pauvre [1], un edificio deserto e poco conosciuto, totalmente non-interessante.

Incominciano così una serie di visite in posti che non avevano “alcuna ragione di esistere”, invece che portare l'attenzione su siti pittoreschi, di interesse storico o valore sentimentale. Lo scopo era quello di fare del nonsense una forma speciale di esperienza.

La partecipazione a questi eventi è anche soprattutto grazie al merito di Tzara, il quale manipola la stampa per attirare l'attenzione delle folle, pubblicizzando gli eventi sui giornali che riportano, ad esempio, la presenza fittizia di Charlie Chaplin. Il loro desiderio era sicuramente, ancora una volta, quello di causare

2.1.2 GLI ANNI SESSANTA E SETTANTA

Bishop, 2012

scandalo.

i

Molta della migliore arte concettuale e arte performance viene prodotta tra gli anni Sessanta e gli anni Settanta, e rifiuta l'oggetto in favore di un'esperienza esclusiva. Tutto ciò che rimane di queste sperimentazioni è la documentazione fotografica, piuttosto che ottenere un’immagine definitiva, un concetto o un oggetto.

L’opera d’arte di questi anni non è più visibile e consumabile dentro una temporalità monumentale, intesa come apertura del museo, distanza geografica etc., ma si svolge dentro un tempo reale per un’audience convocata ad hoc dall’artista, che suscita connessioni ed incontri.

Bouriaud 1998 i

— 45. Dal francese: Escursioni e visite.

46. Lettrismo: movimento letterario e artistico avanguardista fondato a Parigi nel 1945 dal poeta, scrittore, autore teatrale e in seguito cinematografico francese Isidore Isou (19252007). La forma di componimento che utilizza è il poema lettrista, testo-partitura destinato all’esecuzione vocale, composto da suoni privi di significato, trascritti mediante le lettere dell’alfabeto. Sul versante visivo, la ricerca si concretizza nella scrittura (ipergrafia), che utilizza tutti i mezzi di notazione possibili (grafici, stenografici, criptografici, u

57

L'ARTE RELAZIONALE

i

Foster, et al. 2013

Le derive del Situazionismo Internazionale Il Situazionismo Internazionale (1957-1972), ha una storia complicata: deriva dalla fusione di due movimenti. L'internazionale lettrista46, guidata dal teorico francese Guy Debord, e dal Bauhaus immaginista47, guidato dall'artista danese Asger Jorn (1914-1973). L’obbiettivo dell’SI era prima di tutto quello non di subordinare l’arte alla politica, ma di ravvivare entrambe tentando di superarle; questo

ibidem. i Bishop 2012 i

per loro si può realizzare quando la domanda rivoluzionaria delle Avanguardie storiche si integra con l'arte e la vita.

Debord sostiene che una critica culturale non deve creare nuove forme ma piuttosto usare quelle già esistenti, cosa che i Situazionisti fanno attraverso l’utilizzo di diverse “tecniche” culturali, quattro delle quali spiccano: la deriva, la psicogeografia, l’urbanismo unitario e il détournement48.

Il détournement ad esempio applica perfettamente questo concetto, dal momento che è un tipo di approccio sovversivo nei confronti delle immagini, volto a “deviarne il senso” attraverso la perturbazione. Il risultato ottenuto è così un’opera nuova che assume un significato inedito rispetto a quella precedente, antago-

i

Bishop 2012

i

Foster, et al. 2013

nista o antitetico all'originale. Questa pratica si costruisce sicuramente sul retaggio delle esperienze del photomontage dada e dell’assemblaggio surrealista.

Il Situazionismo Internazionale dei primi anni utilizza la deriva come forma comportamentale di disorientamento, una tecnica di passaggio transitoria attraverso vari ambienti, intrapresa nell'interesse di creare un rapporto diverso con la vita quotidiana nella città capitalista. Queste passeggiate/derive vengono eseguite durante le ore diurne in gruppi di due o tre persone, e sono cruciali strumenti nella disciplina della psicogeografia, lo studio che cerca di attribuire agli individui emozioni e comportamenti esaminando l'ambiente nella quale si trovavano.

Queste sono entrambe due forme artistiche di recupero dati per accvrescere la consapevolezza dell’habitat circostante, lo spazio urbano unitario.

L'attività dei Situazionisti si sviluppa come Avanguardia artistica fino al 1962, quando uno scisma divide gli attivisti dagli artisti, e continua successivamente come avanguardia politica fino alla sua dissoluzione nel 1972.

— algebrici, numerici, musicali), come materiale estetico non-oggettivo. (E. Treccani s.d.

47.

Aseger Jorn voleva formare un'organizzazione di liberi artisti sperimentali, nello spirito del primo Bauhaus di Weimar, che si opponesse al nuovo Bauhaus di Ulma, fondato dall'architetto Max Bill, teorico del funzionalismo architettonico e favorevole all'industrial design.

(E. Treccani, Lettrismo s.d.)

Dal francese: dirottamento, deviazione.

48.

Dal francese: dirottamento, deviazione.

La tecnica del photomontage è stata utilizzata per la prima volta dai dadaisti dal 1915 per manifestare il loro dissenso u

58

PARTE SECONDA

Constant Nieuwenhuys (1920-2005), pittore olandese e componente del SI, è la mente ideatrice di un progetto espositivo molto ambizioso, ma sfortunatamente mai realizzato; Die welt als Labyrinth50 è un’opera pianificata nel maggio del 1960, che sarebbe stata installata presso lo Stedelijk Museum [2] di Amsterdam.

La monumentale opera era un tentativo di costruire una serie di situzioni, combinando tre giorni di derive nel centro della città, più delle [2]

micro-derive collocate all’interno del museo.

Questi “micro” percorsi si snodavano grazie ad una serie di passaggi labirintinebbia artificiale, vento e pioggia, installazioni sonore e un tunnel di Industrial painting51 realizzato da Pinot Gallizio (1902-1964). Nell’ esterno la deriva continuava con due gruppi, entrambi composti da tre situazionisti, in contatto tra di loro mediante walkie-talkie, che vagano per la città e occasionalmente seguivano le indicazioni diramate dell’orchestratore Constant.

Da quello che si può notare, il progetto non prevedeva esplicitamente l'inclusione dell’audience, seppur l’impianto dovesse possedere una facciata teatrale per avere effetto sul pubblico; la cura di questo dettaglio probabilmente alludeva all'aspetto spettacolare e visuale del gruppo di artisti, che si sarebbe mosso per la città, ma i cui intenti non erano chiari. Anche qui, viene suggerito un confronto con il teatro visuale d’Avanguardia ed in particolar modo con la stagione dadaista, dove l’appropriazione della forma del tour guidato serviva per produrre una scultura sociale con il pubblico, richiamando in questo modo l’esperienza proposta nel cimitero di San Julien-le-Pauvre. visuale per l'analisi postuma. È difficile trovare della documentazione sia perché volevano sottolineare la struttura e la parte relazionale delle situazioni, sia per evitare la reificazione dei loro lavori. l'eterna bellezza dell'arte tradizionale. L’esperienza è direttamente percepita dai sensi anziché riportata; la sua determinazione è autoprodotta e non può essere “incasellata”.

ibidem. i

L'enfasi viene accentuata sulla istantaneità e sulla rottura, in contrasto con

Bishop, 2012

Da un punto di vista artistico, i situazionisti hanno lasciato poco materiale

i

— contro la Prima Guerra mondiale. Uno degli esempi più iconici è l’opera L.H.O.O.Q (1919) di Marcel Duchamp (1887-1955), o la critica politica di John Heartfield (1891-1968) con i fotomontaggi anti-hitler del 1930. È stata successivamente adottata dai surrealisti, che l’hanno sfruttata per lavorare sull’inconscio della mente, e ne fa utilizzo anche Aleksandr Rodchenko (1891-1956), pittore appratente al Costruttivismo russo. (Tate, Photomontage - Art Term s.d.)

50.

Dal tedesco: Il mondo come un labirinto

Foster, etal. 2013 i

ci dalla lunghezza variabile dai 200 metri ai 30 chilometri e dovevano includere

CONSTANT NIEUWENHUYS, New Babylon, 1958,Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofia

PINOT GALLIZIO, Industrial painting, 1958, Galleria Martano

GUY DEBOARD,The naked city, 1957, Litografia, inchiostro su carta. 33,3x48,3cm. Illustrazione di ipotesi psicogeografica

CARSTEN HÖLLER,Upside Down Mushroom Room, 2000, Fondazione Prada, Milano. Foto di Attilio Maranzo

CARSTEN HÖLLER, Test site, 2006,Tate, Londra

CARSTEN HÖLLER (Artist), The Florence Experiment, 2018, Palazzo Strozzi, Firenze. Foto di Martino Margheri

61

L'ARTE RELAZIONALE

l’esperienza all’interno dello spazio urbano in una sorta di gioco, inteso non come

i

Sammmicheli 2016

rivelazione surrealista data dalla casualità, ma piuttosto concepito nell’accezione baudleriana della società contemporanea, dove il flaneur52 diventa il critico situazionista del tempo libero.

Constant riprende la dimensione ludica nei disegni di Nuova Babilonia (1956) dove si dedica alla progettazione urbana di una “città estendibile all’infinito”, che fosse adatta al movimento nomadico, come in un gioco di massa e “pronta ad ospitare una società fondata sull’automazione delle funzioni”.

Il progetto si compone di una serie di megastrutture hi-tech collocate in varie

Foster, et al. 2013 i

città europee, che potevano essere trasformate a piacere dai residenti come giganteschi pezzi di LEGO. Almeno questa era l'idea: anche alcuni situazionisti non furono convinti dai disegni dei modelli, in cui diventavano difficili da distinguere le linee guida utopiche, che parevano divenire forme di sorveglianza distopiche.

Carsten Höller, The Florence experiment The Florence experiment (19 aprile al 26 agosto 2018) è un progetto espositivo site-specific unico nel suo genere. Ideato dall’artista e scienziato tedesco Carsten Höller (1961), è stato installato per la durata [3]

Foster, et al. 2013 i

Un altro aspetto molto importante per il movimento, è dato dal trasformare

di quattro mesi presso Palazzo Strozzi [3] a Firenze.

L’opera si può definire un esempio d’arte relazionale a tutti gli effetti, ma anche eredità delle sperimentazioni avanguardiste del Situazionismo. Da sempre Höller utilizza all’interno dei propri lavori la meccanica ludica, mediante la creazione di strutture di grandi dimensioni che possono essere attraversate, arrampicate, percorse, scivolate o saltate, richiamando così il piacere del gioco.

Strozzi 2018

permettono ai visitatori una discesa di 20 metri di altezza dal loggiato del se-

i

The Florence experiment si realizza “attraverso due monumentali scivoli che

facciata del Palazzo”.

condo piano al cortile, e uno spazio laboratoriale nella Strozzina, collegato alla

— 51. La pittura industriale, il tentativo cioè di ridurre inflazionando il mercato l'opera d'arte al suo semplice valore d'uso eliminandone così nei fatti il carattere di merce, fu nel biennio 1958-59 al centro della prassi situazionista 52.

Charles Baudelaire (18211867) sosteneva che l'arte tradizionale fosse inadeguata per le nuove dinamiche e complicazioni della vita moderna. I cambiamenti sociali ed economici portati dall'industrializzazione richiedevano che l'artista si immergesse nella metropoli e diventasse “un botanico del marciapiede", un conoscitore analitico del tessuto urbano. Il termine viene poi ripreso da Walter Benjamin che pone il parallelismo con la figura del turista.

62

PARTE SECONDA

Höller inizia ad avvalersi dell’utilizzo di scivoli nel 1998, in occasione della prima edizione della Biennale di Berlino. In un’intervista rilasciata in occasione di Test Site (2016) in mostra presso la Turbine Hall della Tate Modern di Londra, l’artista afferma che “lo scivolo è un oggetto che associamo con il parco giochi, i vparchi divertimenti e le uscite d'emergenza. A me è piaciuto estendere l'uso dello scivolo: non vedo alcuna ragione per la quale gli scivoli debbano essere utilizza-

riflettere sulla percezione che ognuno ha di stesso in rapporto allo spazio circostante, dal momento che le strutture che utilizza suggeriscono una [4]

fruizione ambivalente. Possono essere assorbite nella contemplazione della loro forma statuaria, o possono diventare sistemi di interazione. La dimensione passi-

V. H. Tate 2016

Trasformando con le sue sculture l’ambiente, Höller porta il visitatore a

i

ti solo dai bambini o in caso di necessità.”53

va dello spettatore è importante tanto quella attiva: anche chi osserva non viene mai escluso dal suo progetto, dal momento che entrambe le parti partecipano

a Milano, è un altro esempio di opera di Höller che allude al tentativo di deriva situazionista. All'interno di un percorso labirintico e sensoriale, lo spettatore

ibidem.

Synchro System (2000) esposto permanentemente presso Fondazione Prada

i

alla realizzazione dell’opera. [4]

affronta situazioni progressive di percezione alterata causata da luci intermittenti, dispositivi che influenzano le sensazioni corporee, spazi bui e disorientanti e

mative. In una società dove il tempo della vita è scandito dal ritmo del lavoro, la creazione di un momento di sospensione nello spazio museale, tradizionalmente adibito alla mera funzione espositiva, può svegliare temporaneamente dalla propria condizione lo spettatore.

— 53. Traduzione dell’autore

— In foto: CARSTEN HÖLLER, Test site, 2006,Tate, Londra A fianco: (Sopra) Emilio Vedova nel suo studio; (Sotto) Jackson Pollock nel suo studio

Fodazione Prada 2000

Gli spazi che si delineano in questa dimensione ludica sono eterotopie affer-

i

ambienti che provocano un effetto allucinatorio.

63

L'ARTE RELAZIONALE

L’happening e il movimento Fluxus Il “corpo” dell’artista come materia d’arte inizia a farsi strada sin dal Medioevo del Novecento, grazie agli studi di psicologia freudiani, viene progressivamente sdoganato il tabù che lega la corporeità alla psiche. Si passa dalla rappresentazione del corpo alla sua manipolazione diretta. Dal secondo dopoguerra, l’esserci dell'artista si accentua ulteriormente.

Baldacci e Vettese i

nelle rappresentazioni pittoriche, sotto la forma di autoritratto. Valicata la soglia

Basti pensare alla presenza violenta che Emilio Vedova (1919-2006), uno dei protagonisti dell'arte informale europea, infonde nelle proprie [5]

tele tramite le ampie gestualità concitate. [5] Il corrispettivo americano nell’action painting è Jackson Pollock (1912-1956) che si avvale del pavimento come piano di lavoro, utilizzando poi la tecnica nel dripping, a metà tra una danza e un atto cerimoniale. [6] Dopo soli due anni dalla tragica morte dell’artista, Allan Kaprow (19272006) scrive, per rendergli omaggio, il saggio L'eredità di Jackson Pollock,

[6]

pubblicato nel numero di Artnews54 dell’ottobre del 1958. Kaprow sottolinea come il modo di dipingere di Pollock abbia esteso le possibilità all’infinito:

Foster, et al. 2013 i

lo spazio pittorico si è esteso all-over, scardinando l’autonomia del quadro come oggetto d’arte, e investendo l’ambiente. Per Kaprow, ci sono solo due alternative: o si continua a dipingere in questo modo, oppure si smette completamente.

Per molti anni l’artista si limita ed esporre quadri sinché, alla fine del 1957, realizza la sua profezia e comincia a creare “ambienti” spaziali, che chiama action collage, sull’onda del lascito del maestro Pollock.

Ad ispirarlo “la disponibilità del mondo in generale come nuovo omnicom-

ibidem. i

prensivo materiale dell'arte; la dissoluzione delle gerarchie dei sistemi di valore; la soppressione della specificità del medium e la simultanea inclusione di tutti gli aspetti della percezione della sfera estetica.” Come spesso succede, fenomeni simili si stavano sviluppando anche altrove.

Nel 1954 andava affermandosi in Giappone il gruppo Gutai55 che con la concretezza delle proprie azioni vuole inventare nuovi modi radicali di produrre segni,-

— 54.

Fondata nel 1902, ARTnews è la più vecchia e diffusa rivista d’arte al mondo.

La Gutai Bijutsu 55.

Kyokai (Associazione artistica Gutai) è stata fondata nel 1954.

La parola è stata tradotta come "incarnazione" o "concreto". L’attività del gruppo a metà degli anni Cinquanta costituisce uno dei momenti più importanti della cultura giapponese del dopoguerra, ed è dovuta alla volontà di prevenire un ritorno protezionista alle pratica artiste tradizionali, come ad esempio la calligrafia. (Tate, Art term - Gutai s.d.)

64

PARTE SECONDA

ma anche esasperare la natura rituale della cultura giapponese, trasformando l’atto artistico in una performance trasgressiva e ludica.

Le esperienze di Kaprow sono di fondamentale importanza; mentre cerca di introdurre il suono nei suoi ambienti, “incappa” nell’happening. Insoddisfatto della scarsità degli effetti musicali che produceva da solo, chiede consiglio a John for Social Research di New York. Affascinato dagli insegnamenti di Cage, decide di unirsi alla schiera dei musicisti che assistevano alle lezioni, i medesimi che più

ibidem. i

Cage (1912-1992) che allora teneva un corso di composizione alla New School

tardi sarebbero diventati i componenti del versante Fluxus americano.

Il primo vero happening pubblico, Eighteen happening in Six parts, viene

Lo spazio è suddivido in tre stanze. Alle pareti ci sono dei tramezzi trattati pittoricamente fatti di legno, fogli di plastica e tela, ricoperti con assemblaggi di vari oggetti. Lo spettacolo è diviso in sei parti, e ogni parte contiene tre eventi che si verificano contemporaneamente: al pubblico viene consegnato un flyer, con riportate le indicazioni da seguire per svolgere la performance.

Queste istruzioni stipulano anche quando i membri del pubblico devono

Baldacci e Vettese 2012

sintetizza i suoi collage con gli eventi musicali interpretati di Cage.

i

presentato alla Reuben Gallery di New York nell'autunno del 1959, dove Kaprow

cambiare posti a sedere, per passare alla successiva delle tre stanze in cui era suddivisa la galleria. Poiché le azioni avvengono simultaneamente, non è chiaro per i partecipanti prendere coscienza della totalità del lavoro, dal momento che

i

possono fare esperienza solo della parte che è stata loro assegnata.

Schimmel 1998, p.61

L'abbattimento della barriera di separazione tra performer e pubblico è l'ele-

i

Foster, et al. 2013

mento che più ha colpito i fruitori dei primi happening: guidato dalla sua volontà di rinunciare al controllo autoriale, il desiderio di Cage è quello di incoraggiare il pubblico alla partecipazione.

Contrariamente però, molti dei partecipanti diventano “oggetti di scena” attraverso i quali è eseguita la visione di Kaprow.. Il collasso del confine attore e spettatore era in accordo con la deliberata indifferenza degli happening nei confronti di qualunque rapporto causa-effetto e principio di coerenza.

65

L'ARTE RELAZIONALE

Fluxus è un movimento, o "non movimento" come lo definiscono i membri, che si sviluppa nei primi anni Sessanta in parallelo e in aperta contrapposizione al Minimalismo55 e alla Pop Art56 negli Stati Uniti, e al Nouveau réalisme56 in Europa.

Il gruppo risulta da subito “più aperto” negli scopi rispetto a qualunque altra

i

Foster, et al. 2013

avanguardia e neoavanguardia59, volendo negare qualsiasi distinzione tra arte e vita: la routine, il banale e le azioni quotidiane devono essere considerati eventi artistici, secondo il concetto che tutto è arte, e chiunque la può fare. Le attività svolte dal gruppo includono concerti e festival Flux, performance musicali e teatrali, pubblicazioni dalla grafica innovativa, arte postale, gesti ed azioni effimere, con l'insistenza sulla partecipazione dello spettatore.

Il termine Fluxus viene coniato nel 1961 da George Maciunas (1931-1978), fondatore del gruppo, un lituano che nel dopoguerra emigra negli Stati Uniti.

Egli afferma di aver creato il termine come i dadaisti, ovvero aprendo una pagi-

i

Foster, et al. 2013

i

Baldacci e Vettese 2012

i

Home 2003

na casuale del dizionario. In realtà l'idea del “fluire”, in particolare del fluire del tempo, è già ampiamente presente nella dialettica filosofica, soprattutto grazie alle teorie di Henri Bergson (1859-1941), il quale sostiene che l'esperienza che l’uomo fa del mondo non viene acquisita all'istante, bensì in un flusso continuo come la musica. Inoltre, il movimento Fluxus emerge nel momento cruciale in cui gli artisti post-bellici iniziano a svincolarsi dal dominio dell'espressionismo astratto americano. Si tratta di un passaggio che viene agevolato dagli insegnamenti di John Cage, che lavorando presso la New School for Social Research è ispirato dal Dadaismo e dal modo di lavorare di Duchamp, spesso guidato dall'influenza operativa dettata dal caso.

Fluxus si attiva sin dall'inizio in una critica radicale dei concetti tradizionali d'identità e autorialità artistica, impegnandosi nel cancellare i confini tra la produzione linguistica e visuale, tra testo e oggetto. Il loro tentativo è quello di cancellare l’ultima barriera che rimane a separare il ready-made, cioè l'oggetto d'uso isolato, e il vero motivo del suo isolamento, cioè il dispositivo della “cornice”. In altre parole, cercando di azzerarne le differenze, Fluxus considera la cornice di presentazione non come un supporto separato, poiché non meno importante alla definizione del linguaggio che assume la forma dell’opera.

— 56. Corrente artistica sviluppatasi tra il 1960 e il 1970 negli Stati Uniti d’America.

Definita minimal art è caratterizzata dall’utilizzo di forme semplici (minimal), derivate generalmente dalla geometria elementare, da strutture modulari e seriali e dall’uso di materiali della moderna tecnologia industriale. (E. Treccani s.d.)

57.

La pop art è un movimento artistico emerso negli anni Cinquanta e fiorito negli anni Sessanta in America e in Gran Bretagna, che trae ispirazione da fonti della cultura popolare e commerciale. (Tate s.d.) u

ALLAN KAPROW (Artist), JULIAN WASSER (Photographer), YFluids,1967

ALLAN KAPROW (Artist), KEY HEYMAN (Photographer), Yard. Overview for 'Enviroments, Situations, Spaces,1961. Marthe Hackson Gallery, NY

ALLAN KAPROW (Artist), ROBERT R. MCELROY (Photographer), Rearrangeable Panels, 1957-9

JACKSON POLLOCK (Artist), HANS NAMUT (Photographer), exhibition atThe Betty Parsons Gallery,1950, New York

JOSEPH BEUYS, 7000 Oak Trees,1982, Kassel, Germany

ALLAN KAPROW (Artist), 18 Happenings in 6 Parts, 1959. Reuben Gallery, New York

68

PARTE SECONDA

Quando nell'estate del 1964, Joseph Beuys (1921-1986) espone una piccola selezione dei suoi disegni e sculture prodotti tra il 1951 e il 1956 alla terza edizione di Documenta, un ampio pubblico si trova difronte alla sua pratica per la prima volta. Quello stesso anno la sua notorietà cresce fino allo scandalo, consacrandolo infine come uno degli artisti di punta, se non il più importante, della ricostruzione culturale della Germania del dopoguerra.

Dopo aver incontrato nel 1962 Maciunas, Beuys si avvicina molto al gruppo Fluxus. Tuttavia, non verrà mai accettato del tutto dai suoi colleghi perché, ai loro occhi, il suo contributo rimane troppo specificatamente “tedesco”. Il movimento era invece animato dall’internazionalismo, che aveva posto l'accento su una concezione della cultura post-nazionale e post-statale.

Ciò che rende l'opera di Beuys peculiarmente tedesca, è in primo luogo un eclettismo che deriva dall'assenza di un background d’avanguardia, negato in tutte le sue forme dai nazifascisti. Inoltre, nel momento in cui in Germania persiste “un’estetica ufficiale del disconoscimento”, Beuys sviluppa “un'estetica della memoria”.

Le invenzioni radicali dell’avanguardia storica come il ready-made dadaista e il costruttivismo, nelle sue mani non erano altro che un cumulo di rovine di residui utopici, di tracce irrecuperabili di un'avanguardia del passato.

Joseph Beuys si colloca insieme a due altri grandi artisti dei primi anni Sessanta, Yves Klein (1928-1961) e Andy Warhol (1928-1987), al centro delle molteplici confluenze e delle cruciali trasformazioni storiche, che distinguono le pratiche degli artisti delle avanguardie, da quelli degli artisti delle neoavanguardie.

L’implicazione di ciò all’interno della sua modalità operativa, risulta in quella che l’artista stesso definisce scultura sociale, che utilizza per incarnare la sua comprensione delle potenzialità dell'arte per trasformare la società.

ibidem. i

Essa unisce la visione idealistica di Beuys di una società utopica, alla sua pratica estetica: per lui la vita è una scultura sociale, che tutti aiutano a plasmare.

Come opera d'arte, una scultura sociale implica l’attività umana di strutturare la società o l'ambiente. Per fare ciò, l’artista utilizza il linguaggio, i pensieri, le azioni e gli oggetti.

Tate s.d. i

— 58.

Il Nouveau réalisme, Nuovo realismo, è un movimento artistico fondato nel 1960 dal critico Pierre Restany (1930-2003) e da pittori e scultori che, con mezzi e modi non tradizionali, intendevano proporre una realtà colta nelle sue stesse materie, oggetti ed impronte. Il lancio del manifesto e la prima esposizione avvenne a Milano nel 1960, presso la Galleria Apollinaire. (E. Treccani s.d.)

59.

Movimenti artistici e letterari d’avanguardia sorti dopo la Seconda guerra mondiale; più in particolare, il movimento letterario cui diedero vita critici e scrittori italiani sul finire degli anni 1950. (E. Treccani s.d.)

69

L'ARTE RELAZIONALE

Molte delle sculture sociali di Beuys hanno preoccupazioni politiche e ambientali, come ad esempio 7000 querce (1982), un progetto presentato a Documenta VII. Il lavoro si sviluppa nel tempo, in quanto ha una sua semplice complessità; davanti al Fridericianum, l’artista accumula settemila lastre di basalto, e lancia la

ibidem. i

sfida di poterle rimuovere solo se al posto di ognuna di esse, venga piantata una quercia.

Il progetto ha sollevato molte domande sulla pianificazione urbana, il futuro dell'ambiente e le strutture sociali. A livello locale è stato visto come un gesto verso il rinnovamento dell’area verde, portato a pieno compimento nell’arco di cinque anni.

71

L'ARTE RELAZIONALE

2.2. NICOLAS BOURRIAUD, ESTETICA RELAZIONALE

Interessante è osservare come, anche in un contesto extra statunitense ed europeo, si siano manifestate sperimentazione analoghe. In Brasile ad esempio, è stato rivalutato soltanto recentemente l'operato di Lygia Pape (1927-2004) e Lygia Baldacci e Vettese 2012 i

Clark (1920-1988) le quali sovvertendo l’eredità razionalista, generano occasioni di partecipazione e di dialogo con il pubblico.

Pape realizza un “abito collettivo”, Divisor (1968), presentato per la prima volta al Museu de Arte Moderna di Río de Janeiro. L'azione consiste in un enorme pezzo di tessuto bianco, nel qvuale sono praticate delle fenditure attraverso cui i membri del pubblico possono far passare il capo. L’opera simula così una sorta di

i

Baldacci e Vettese 2012

Con questo pezzo l’artista propone la propria ricerca volta da un lato, ad includere la partecipazione del fruitore, e dall’altro ad illustrare un modo di appropriazione dello spazio pubblico, per portare una trasformazione creativa nella vita urbana. Inoltre, Divisor, è un lavoro collettivo che può essere ripetuto anche quando l’artista non è presente. Un altro esempio risale al 1968, quando Clark collauda alcuni oggetti partecipativi, i cosiddetti “trailings” da usare in due o più persone per stimolare e coordinare l'azione di corpo e mente.

Tutte queste esperienze portano a ciò che, a metà degli anni Novanta, il critico d'arte francese Nicolas Bourriaud (1956) definisce nel suo omonimo libro Estetica relazionale (1998). L’analisi teorica che è stata svolta nella mia tesi sino a questo punto, è anche la premessa sulla quale Bourriaud costruisce le proprie concezio-

i

BourrIiaud 1998

ni.

Il libro si apre con un’introduzione nella quale l’autore sostiene che il compito del critico è quello di riconoscere il sistema di problemi che insorgono in un dato periodo storico, per poi esaminare le risposte fornite dagli artisti. Oggi per Bourriaud il problema di maggior rilevanza concerne la comunicazione che, incasellata in spazi di controllo, porta il legame sociale a diventare un prodotto.

Il modernismo era immerso in un “immaginario di opposizioni” che procedeva

Reina Sofia 2011 i

veste collettiva.

72

PARTE SECONDA

per separazioni e contrasti, spesso liquidando il passato a vantaggio del futuro, del progresso, del nuovo. Le Avanguardie60 “preannunciavano un avvenire”, e adottando un’ideologia volevano cambiare la cultura, la mentalità e la condizione degli individui.

Oggi invece si esplorano “universi paralleli”: bisogna abbandonare il progetto di ricostruzione globale. Le opere attuali non hanno più finalità di immaginare, poiché l’artista abita le circostanze che il mondo gli offre preoccupandosi di negoziazioni, legami e coesistenze. Se le Avanguardie volevano realizzare un’utopia, l’artista contemporaneo si limita a prende atto della realtà e ad utilizzare le forme che il mondo gli offre.

2.2.1. LA FORMA RELAZIONALE L’opera d’arte contemporanea si deve porre come “intersizio sociale”61 creando un microcosmo, avente come oggetto del proprio orizzonte teorico le interazioni umane e il contesto sociale, piuttosto che uno spazio autoreferenziale e privato. Ciò dimostra un totale discostamento dagli ideali estetici, politici e culturali modernisti; l’evoluzione è causata dalla globalizzazione, grazie alla quale si ha un ampiamento della cultura, si intensificano gli scambi sociali e vi è una maggiore mobilità individuale. modellando, piuttosto che rappresentando ed inserendosi nel tessuto sociale.

L’arte si avvale dell’intersoggettività62 dell’opera, ovvero il legame che si genera dal suo incontro con l’osservatore, nella condivisione di stati soggettivi da parte

BourrIiaud 1998

Parallelamente ai mutamenti del mondo, anche la pratica artistica si evolve

i

di due o più persone. L’estetica relazionale non costituisce una teoria dell’arte, ma una teoria della forma, che può essere definita come un “incontro durevole”: non è un movimento, ma è una modalità operativa. Ogni lavoro di un artista che rientra nell’estetica relazionale si avvale di un universo di forme, che riguarda la sfera dei rapporti interumani; “questo processo sta a oggi, come la produzione di massa stava alla Pop Art”.

ibidem. i

— 60.

L’avanguardia è il reparto che in guerra precede, in genere a scopo di sicurezza, truppe in movimento. Il termine è stato poi stato assunto da (o attribuita a) movimenti letterari e artistici, che propugnano o attuano nuove poetiche o nuovi modi espressivi, in contrasto, apparente o effettivo, con la tradizione e il gusto corrente. (E. Treccani s.d.)

61.

Termine che l’autore riprende da Karl Marx (18181833) per riferirsi alla comunità di scambio che sfugge all’economia capitalista. Si inserisce nel sistema globale e facilita la creazione di micro-comunità.

HUBER JOSSE (Photograper), LYGIA CLARK & HÉLIO OITICICA, Dialogue , 1968, Rio de Janeiro

LYGIA CLARK , Óculos (Goggles), 1968, Rio de Janeiro

LYGIA PAPE, Divisor, 1968, Rio de Janeiro

FELIX GONZALES-TORRES, 1992, Untitled (portrait of Ross in LA), Chicago

RIRKRIT TIRAVANIJA, 1992, Untitled (free), September 12 - October 10, New York

75

L'ARTE RELAZIONALE

La forma può essere vista come una rappresentanza che si contrappone ad un contenuto. La critica contemporanea sostiene che si soppesa il valore di un’opera sulla base della sua forma plastica, sulla sua efficacia o risolutezza formale. Quando la discussione estetica evolve, lo statuto della forma evolve con e grazie ad essa.

L’intersoggettività’ nell’ambito relazionale non rappresenta il quadro sociale della ricezione dell’arte, che costituisce il suo “ambiente” o “campo”, ma diventa l’essenza della pratica artistica. (BourrIiaud 1998, p. 22)

Uno dei primi artisti che per Bourriaud è iscritto all’interno delle pratiche dell’arte relazionale è il tailandese Rirkrit Tiravanija (1961), la cui prima mostra personale porta il titolo di Untitled (Free/Still), tenutasi nel 1992 presso la 303 Gallery nel quartiere SoHo di Manhattan. Per l'occasione, l'artista trasforma la

MoMa 2012 i

galleria in una cucina temporanea e prepara e serve gratuitamente curry tailandese di verdure, a chiunque lo desideri.

L’artista sostiene come la sua ispirazione sia derivata dall’interesse per l’antropologia e l'archeologia. Negli anni Ottanta frequenta l'Art Institute di Chicago, il quale ha una vasta collezione di manufatti asiatici, in particolare Thai. È proprio in quegli anni che Tiravanija diventa consapevole del discorso post-coloniale: all’interno dell’esposizione museale ogni manufatto viene presentato come un oggetto estetico, anziché antropologico. Influenzato dal movimento Fluxus, decide di incorporare elementi della vita quotidiana all’interno delle sue azioni, per porre

Tiravanija 2015 i

l'attenzione sulle relazioni sociali. Realizza così un progetto che possa fungere da revival culturale.

Era una critica all’idea occidentale che riduceva l’oggetto a oggetto estetico, e di come qualsiasi cosa “viva” fosse esclusa dal discorso. Sembrava che la vita fosse stata tolta dall'equazione, che è una premessa centrale nella filosofia del sapere. Al fine di capire l'altro, l'istituzione occidentale aveva collezionato oggetti, oggetti che venivano da posti lontani. Loro possedevano l'oggetto e pensavano che questo bastasse per capirne la cultura. Per questo motivo i miei lavori iniziali la pensavano così: no, non hai la minima idea di quello che sta attorno a queste cose. Le guardi e le capisci attraverso le tue convinzioni e le tue strutture estetiche. E ovviamente il cibo era qualcosa di molto immediato e giornaliero, molto ordinario. Ma a quel tempo, negli anni Ottanta, il cibo Thai era qualcosa di cui non tutti avevano avuto esperienza. Era ancora qualcosa di nicchia, qualcosa di esotico, probabilmente. Sicuramente, sfidava il normale gusto in fatto di cibo. (Dall’intervista a Rirkrit Tiravanija: Meaning Is Use, 2015)

— 62.

L’intersoggettività: Insieme delle forme e strutture del rapporto fra soggetti. l’essenza dell’umanità è puramente trans-individuale, costituita da legami che uniscono gli individui in forme sociali.

76

PARTE SECONDA

Per Bourriaud, le opere di Tiravanija creano l’illusione di una “democrazia interattiva”, che lascia il posto alla fruizione da parte del pubblico della società dello spettacolo, ma che allo stesso tempo crea un’esperienza individuale di comunità.

Le sue installazioni spesso assumono la forma di palcoscenici o stanze, con grandi strutture architettoniche per suonare musica, condividere pasti, cucinare o leggere. Offrendo un ambiente utilitaristico, invita lo spettatore a prendere parte al

ne sociale, talvolta utilizzano un quadro di relazioni già esistenti, al fine di trarne principi di produzione, come ad esempio i rapporti che si generano all’interno del campo dell’arte.

Guggenheim s.d.

Quando gli artisti propongono in quanto opere d’arte momenti di partecipazio-

i

suo lavoro.

Bourriaud definisce questo modo di lavorare realismo operativo: l’autore opera nel “campo reale” della produzione di servizi e merci, mirando ad instaurare una certa ambiguità nello spazio o nella pratica, tra la funzione estetica e quella

della galleria: ne è consapevole Yves Klein, che nel 1958 gestisce l’opening della sua mostra presso l’Iris Clert Gallery di Parigi [1], serven[1]

do da bere un cocktail blu fatto con una sostanza che rimaneva poi nelle urine

BourrIiaud 1998

Anche il vernissage è un dispositivo che fa parte del modello espositivo

i

utilitaria degli oggetti che presenta.

per più giorni. “Un modo per far sì che anche lo spettatore diventasse un'opera, o

Untitled (Portrait of Ross in L.A.), è un’opera realizzata dall’artista cubano Felix Gonzalez-Torres (1957-1996) nel 1991. La tensione tra il lavoro e il visitatore diventa oggetto di un’opera: una pila di caramelle di ottanta chili circa, la cui esistenza si appella al senso di responsabilità del pubblico. Ognuno è infatti libero di portare via una caramella, consapevole che questo gesto, porti all’irrimediabile dissoluzione del lavoro. [2]

Baldacci e Vettese 2012

Il pubblico non spettatore ma co-interprete

i

perlomeno contribuisse a contaminare il mondo con un gesto artistico”.

77

L'ARTE RELAZIONALE

Gonzalez-Torres, malato di AIDS, non rappresenta solo la malattia e l’esaurimento progressivo verso il quale va il suo corpo, ma anche l'amore tra la persona afflitta dalla malattia e quella che è lì per soste-

Baldacci e Vettese 2012 i

[2]

nerla e condividere il dolore. L’artista ci rinnova l’offerta simbolica del proprio corpo e il sentimento trascende la semplice materia.

La forza del suo lavoro, risiede nella capacità di strumentalizzare le forme, evadendo le identificazioni comunitarie per andare nel cuore dell’esperienza umana.

Uno slancio universale, piuttosto che una “rivendicazione di categoria”. Un’opera che piuttosto che scadere nell’autoreferenziale, crea una micro-comunità di persone composte dagli osservatori che la ricevono.

“Lo spazio dell’arte minimalista si costruiva nella distanza che separa lo sguar-

Bourriuaud 1998 i

do dall’opera; quello di Torres si elabora nell’intersoggettività e nella risposta emozionale, comportamentale e storica data dall’esperienza proposta”.

L’arte occupa un posto particolare nel processo di produzione collettiva, dato che è fatta dello stesso materiale di cui sono fatti gli scambi sociali. […] Un’opera d’arte possiede una qualità che la distingue dagli altri prodotti delle attività umane: la (relativa) trasparenza sociale. Quando è riuscita, un’opera d’arte mira sempre al di là della sua semplice presenza nello spazio; si apre al dialogo, alla discussione, a quella forma di negazione interumana che Marcel Duchamp chiamava “Coefficiente d’arte”, un processo temporale che si gioca qui e ora. Questa negoziazione si effettua in una “trasparenza” che la caratterizza in quanto prodotto del lavoro umano: in effetti, l’opera d’arte mostra (o suggerisce) al contempo il suo processo di fabbricazione e produzione, la sua posizione nel gioco degli scambi, il posto (o la funzione) che assegna all’osservatore e, infine, il comportamento creatore dell’artista (cioè la catena di posture e gesti che compongono il suo lavoro, e che ogni opera individuale ripercuote come se fosse un campione o un emblema). (Bourriuaud 1998 p. P. 47)

L’arte relazionale ha la connotazione principale di non avere più un “primato” del sistema di lavoro sul modo in cui viene formalizzata. Viene utilizzato il medium più corretto, atto a materializzare un’idea.

Nell’arte moderna, un quadro o una scultura erano caratterizzati dalla propria disponibilità perenne alla contemplazione. Contrariamente, l’arte relazionale usa per esistere lo spazio dell’interazione, quello in cui le opere si dispiegano, dove

78

PARTE SECONDA

esse producono tempi determinati: spazio-temporalità relazionali. L’incontro con l’opera non genera tanto uno spazio, quanto una durata. Tempo di manipolazione e comprensione, che supera l’atto di completare l’opera con lo sguardo, creando una dimensione esperienziale.

L’aura è scivolata sull’audience. Il feedback, generato dalla relazione fra gli artisti e la loro produzione dove il pubblico viene sempre più coinvolto, porta ad una sorta di fenomeno di riconoscimento dello statuto d’opera, strascico della vecchia aura. L’aura non sta più nel retro-mondo dell’opera, né nella forma stessa,

Umberto Eco (1932-2016), riferito alle arti visive e alla pittura Informale, aveva definito opera aperta63. Quando l’opera si realizza in un input di stimoli indetermi-

ibidem.

Paradossalmente, ciò pare quasi essere un’estrema conseguenza di quello che

i

ma nella forma collettiva che questa produce espandendosi.

nati, è ad una serie di letture variabili da parte del pubblico.

Agire sulla struttura vuol dire invece muoversi nella direzione del Magnasco, o del Tintoretto, o meglio ancora degli impressionisti: il segno si fa impreciso e ambiguo, nel tentativo di dare un'impressione di animazione interno. Ma l'ambiguità del segno non rende indeterminata la visione delle forme rappresentate: e suggerisce come una connaturata vibratilitá, ben più intimo contatto con l'ambiente, mette in crisi i contorni, le distinzioni rigide tra forma e forma, tra forme e luce, tra forme e sfondo.

(Eco 2016, p. 154-155)

Eco vede la possibilità di interazione con l'opera nella sua integrità, nel momento in cui questa non viene realizzata per essere osservata da un unico punto di vista. Quando l'opera è costruita in modo da esigere l'esclusiva visione frontale, viene definita una volta per tutte nei segni che lo compongono.

Quando invece non è ben definita, viene data la possibilità al fruitore di scegliere le proprie direzioni e i propri collegamenti, le prospettive privilegiate per Il concetto informale esce dal proprio ambito di riferimento e diventa tendenza generalizzata della cultura, dove l’opera aperta è una proposta di un campo di possibilità interpretative. L’osservatore è dunque il co-creatore dell’opera che fruisce.

BourrIiaud 1998

— 63.

Eco, Umberto.

Opera aperta, Forme e indeterminazione nelle poetiche contemporanee, 1962.

i

escludere o di implicare ciò che più gli interessa.

79

L'ARTE RELAZIONALE

L’opera è un progetto parziale che beneficia di “automatizzazione soggettiva relativa”. Ha bisogno di essere attivata dall’osservatore, che si aggancia ad essa mediante la propria soggettività.

2.2.2. L’ARTISTA COME SEMIONAUTA RADICANTE La cultura globalizzata Nicolas Bourriaud torna nuovamente sulla questione autoriale nel suo testo Il radicante (2009), dove pone una serie di ragionamenti circa la natura dell’artista stesso. Con la fine della storia, che Bourriaud individua con la conclusione della Guerra Fredda e del bipolarismo USA-URSS, non si ha più modo di gerarchizzare

Bourriuaud 2014 i

i segni artistici. Fino ad allora l’arte del XX secolo era stata una successione di invenzioni formali, mentre adesso si definisce il cosiddetto pensiero post-moderno.

Noi facciamo parte della post-storia, o come sostiene Bauman, della modernità liquida, che vede l’affermazione della cultura globalizzata: da un lato essa facilita il movimento delle culture ancora arretrate verso la civilizzazione, dall’altro porta all’unificazione delle culture e dei linguaggi.

Quando l’ibridazione culturale distrugge tutti i particolarismi, i loro residui vengono allora adottati come simboli di appartenenza, diventando il cuore del nuovo immaginario. Le differenze culturali sono oro per salvaguardare il villaggio globale, e per arricchire l’offerta del turismo culturale. L’immigrato, l’esiliato, il

ibidem. i

turista e l’errante urbano sono pertanto figure dominanti nella società contemporanea.

La figura del radicante Il modernismo e le Avanguardie erano ossessionate dalla “radicalità”, dalla forma pura, dagli inizi assoluti: facevano del nuovo un’estetica in sé, stabilendo una gerarchia di valori ed imponendosi sull’ideologia precedente; ciò presuppone che

80

PARTE SECONDA

la radicalità sia una forma di violenza distruttiva e di rottura. Nel post-moderno, il nocciolo della questione è smantellare la radicalità, instaurando un immaginario

difendere le proprie differenze culturali, costruendo così la figura [3]

dell’artista radicante. La metafora viene presa dalla botanica dove i radicanti, o rampicanti, tra cui l’edera [3], sono quelle graminacee che crescono

BourrIiaud 2014

Per Bourriaud, l’artista deve essere concepito come autore in grado di

i

in linea con le idee capitaliste di fluidità e di de-territorializzazione.

adattando la loro avanzata” alla disponibilità di spazio, capaci di arrampicarsi praticamente ovunque.

Lo sviluppo di queste piante, infatti, tende sempre verso l’alto contrariamente ai radicali, come i tuberi [4], i quali per crescere si [4]

devono attaccare necessariamente al suolo. Nel contemporaneo, sostie-

radicanti significa mettere in cammino le proprie radici, negando la possibilità di definire la propria identità. Significa essere in grado di tradurre le idee, transcodi-

ibidem.

me con la propria terra, dalla quale viene sradicato dalla globalizzazione. Essere

i

ne l’autore, ciò simboleggia la necessità da parte dell’individuo di avere un lega-

ficare le immagini, trapiantare i comportamenti e scambiare, piuttosto che imporre. L’artista radicante deve produrre “itinerari” nel paesaggio dei segni, come ad esempio fa Rirkrit Tiravanija, che coniuga l’arte concettuale con la propria cultura e filosofia buddista, accettando consapevolmente lo status di semionauta.

Il semionauta è colui che è in grado di creare percorsi all’interno del paesaggio culturale compost di segni. Nella realtà globalizzata, l’artista diventa così traduttore che procede per selezione, creando punti di contatto tra le culture. Mentre l’artista radicale intende tornare verso le proprie origini, quello radicante si mette in viaggio senza predisporre un luogo dove tornare. Invece che subire, questo tipo di comportamento fluido permettere di abituarsi al permeante capitalismo: flussi, velocità, nomadismo. tano come circuiti e sperimentazioni, non installazioni permanenti, penalizzante e costruite. L’artista semionauta elude la specificità del medium e si confronta con tutti i format disponibili.

ibidem. i

La forza di questo modus operandi si evince nelle nuove opere, che si presen-

81

L'ARTE RELAZIONALE

2.2.3 L’ARTE RELAZIONALE IN ITALIA Il banco di prova delle pratiche partecipative inaugurate negli anni Sessanta e

i

Baldacci e Vettese 2012

Settanta provocano lo spostamento dell’attenzione dal corpo dell’artista, a quello dello spettatore, iniziando a diffondere l’idea di “opera aperta” e di “arte relazionale”.

Nel frangente relativo alle sperimentazioni Fluxus europee e americane, scaturisce anche la nozione di intermedia, ovvero di un’arte diffusa e in continuo movimento, perché la partecipazione dello spettatore diventa attiva anche soltanto tramite l'atto del guardare.

Nel medesimo periodo, anche in Italia si verifica un tentativo di accogliere le nuove modalità. Ciò avviene da parte del Gruppo N64, del Gruppo T65, e di artisti quali Michelangelo Pistoletto (1933). Egli introduce il pubblico nelle sue opere fin da quando nel 1962, si dedica alla realizzazione di quadri specchianti, in cui chi M. Fondazione Pistoletto s.d

rare con gli spettatori: a prova di ciò, presenta a Documenta X (1977) curata da

i

guarda si ritrova “forzatamente incluso”. Pistoletto non ha mai smesso di lavo-

tradizionali barriere tra diverse discipline artistiche”.

Catherine David un’opera dove, appropriatosi di un ufficio, si rende disponibile a conversare con chiunque voglia scambiare delle idee.

L’artista inoltre, contestualmente all’attività di insegnate dal 1991 al 1999 presso l’Accademia di Belle Arti di Vienna, crea Progetto arte, un’iniziativa dove “l’artista imposta con i suoi studenti un programma innovativo che abbatte le Il progetto trova la sua sede in Cittadellarte [5], un laboratorio-scuola aperto ad artisti, imprenditori, innovatori sociali, scienziati

[5]

amministratori e politici, che opera in collaborazione con una rete composta da soggetti pubblici e privati, che ne condividono i principi. “Uno spazio di co-working dedicato allo studio, alla sperimentazione e allo sviluppo di pratiche implicate nell’ambito sociale e organizzativo, come strumento di trasformazione del sociale responsabile”.

— 64.

Il Gruppo N nasce nel 1959 a Padova, come libera associazione denominata Ennea. Il Gruppo N aveva forti idee innovatrici in tutte le direzioni comportamentali e di progettazione. I problemi sui quali incentra la sua attività sono ricerche visive e cinetiche, agganciate alla psicologia della percezione, finalizzate alla realizzazione di oggetti ed ambienti che coinvolgono lo spettatore. (Kanalidarte s.d.)

65.

Il Gruppo T fu tra i più importanti gruppi di Arte cinetica e programmata in Italia. Introdusse una forma di arte innovativa, attraverso la realizzazione di esperimenti percettivi e di ambienti interattivi finalizzati a sollecitare e ricreare reazioni diverse e inaspettate nello spettatore. (Kanalidarte s.d.)

82

PARTE SECONDA

"Progetto Arte si fonda sull'idea che l'arte è l'espressione più sensibile e integrale del pensiero ed è tempo che l'artista prenda su di sé la responsabilità di porre in comunicazione ogni altra attività umana, dall'economia alla politica, dalla scienza alla religione, dall'educazione al comportamento, in breve tutte le istanze del tessuto sociale". (M. Pistoletto, Manifesto Progetto Arte, 1994)

Un’attività molto simile viene portata avanti anche dal Gruppo Oreste, a cui partecipano numerosi artisti tra i quali Cesare Pietroiusti (1955) e Salvatore Falci (1950). Nato nell’omonima residenza artistica nel 1997, Oreste si pone come luogo di incontro per realizzare esperienze volte allo scambio e alla ricerca; le sperimentazioni culminano con la partecipazione alla Biennale del 1999, per poi sciogliersi nel 2001.

Durante gli anni di attività, Oreste organizza due convegni particolarmente significativi nelle estati del 1997 e del 1998, presso la Foresteria comunale di Paliano. Tali riunioni si pongono come obbiettivo la discussione delle problematiche legate al contesto italiano, perlopiù causate dalla crisi del mercato dell’arte e dall’impatto irrisorio che le istituzioni pubbliche hanno sul territorio. “Lo scopo di queste permanenze non è quello di produrre opere collettive o mostre, ma di Vettorini 2016

«Oreste non è nessuno. Non è un gruppo che produce opere collettive, non è un sindacato che rivendica riconoscimenti, non è un’associazione culturale. Per ora è un insieme variabile di persone, in prevalenza artisti italiani» (Pietroiusti e Fantin 2010)

i

creare opportunità di incontro tra artisti e operatori culturali”.

Per rivivere le residenze alle quali hanno partecipato quasi 300 persone, uno troiusti e Falci gli assegnano il compito di realizzare la documentazione video-fotografica dell’intera rassegna: l’outcoming che l’artista propone, si articola nella creazione di Album Oreste Zero e Album di Oreste Uno, due album di “figurine collezionabili”.

Questi sono suddivisi in varie sezioni, e fra una sezione e l’altra è inserito il diario delle residenze: “con lo stesso tono leggero che caratterizza tutto il progetto, sono raccontati gli eventi delle varie giornate, passando dagli aspetti più scherzosi

Boresta 2019 i

dei fondatori del gruppo, Pino Boresta (1962), escogita uno stratagemma. Pire-

83

L'ARTE RELAZIONALE

Cagliari Art Magazine 2016 i

e goliardici alle riflessioni su quanto è emerso nelle discussioni e nei dibattiti nati nel corso delle varie serate.”

In quattro anni, Oreste non organizza soltanto residenze estive e convegni, ma anche laboratori, pagine Web, riunioni, viaggi, chat, libri, cene, eventi, presentazioni ed esposizioni, ma mai una mostra. La partecipazione alla 48° Biennale66 avviene grazie al progressivo interessamento da parte del curatore Harald Szeemann (1933-2005), il quale ha modo di entrare in contatto con le loro attività grazie al periodo di studio visit.

La partecipazione del gruppo si declina in una programmazione durante tutta la durata della Biennale con una serie di incontri, performance, discussioni, conferenze, pranzi e incontri informali, nella Sala A del Padiglione Centrale e nel terrazzo adiacente. “Lo spazio era allestito con tavoli, sedie e materiale di documentazione dei progetti precedenti. In questo modo fu costruito una sorta di Vettorini 2016 i

spazio di decompressione rispetto ai ritmi tradizionali della mostra, e funzionale alla programmazione di Oreste.”

— 66.

Dal titolo Dappertutto, la XLVIII Biennale d’arte di Venezia è stata inaugurato il 13 Giugno 1999, e si è conclusa il 6 Novembre del medesimo anno.

Pino Boresta, Album di Oreste Uno, 1998 PINO BROSETA, 1998, Censimetno Orestiano, 1998, Rimini

Pino Boresta, Quarta di copertina Album Oreste Uno, 1998

GIORGIO BIANCHI, No, Oreste, No! Diari da un archivio impossibile. Installation view at MAMbo Museo d’Arte Moderna di Bologna, 2019, Bologna

Giancarlo NORESE, Oreste alla Biennale, 1999, Venezia

87

L'ARTE RELAZIONALE

2.3. ARTE RELAZIONALE 2.0, LA NEW MEDIA ART

2.3.1. L’AVVENTO DELLE NUOVE TECNOLOGIE Internet è una rete ad estensione mondiale, mediante la quale le informazioni contenute in un dispositivo possono essere messe a disposizione di altri utenti situati in una qualsiasi località del mondo.

Questo apparato globale è caratterizzato dal fatto di essere sempre presente.

Infatti, se fino ai primi anni Novanta si parla del cosiddetto Web 1.0 al quale si accede con l’utilizzo di un calcolatore-computer, adesso è evidente il passaggio alla nuova modalità 2.0, che modifica radicalmente il modo in cui ci approcciamo al mezzo stesso. Nei primi anni Settanta il sociologo Daniel Bell (1919-2011) prefigura lo sviluppo della cosiddetta “società dell’informazione”.

Oggi parliamo di Digital society, un’era nella quale le nostre vite sono caratterizzate dalla digitalizzazione, generata dalla proliferazione del mezzo digitale.

La nascita del World Wide Web La storia di Internet comincia nel 1959, durante la Guerra Fredda, quando al computer scientist Paul Baran (1926-2011), impiegato presso le forze militare statunitensi, è affidato il compito di creare un nuovo sistema di comunicazione.

Il sistema doveva essere in grado di resistere ad un’emergenza di tipo nucleare: il controllo de-centralizzato assicurava l’assenza di vulnerabilità in caso di attacco presso il quartier generale.

Finalizzato entro la fine degli anni Sessanta attraverso i fondi dell’ARPA67, il lancio avviene in risposta a quello dello Sputnik68 russo. Il World Wide [1]

Web69 è il primo protocollo dotato di una user interface70, sviluppato nel 1989 dal programmatore Tim Berners-Lee (1995) presso il CERN71.

Tuttavia, è solo con l’aggiunta nel 1991 della prima interfaccia grafica Mosaic72 che la rete si diffonde [1]; gli strumenti che utilizzano le infrastrutture di Internet

— 67.

ARPA è un acronimo che sta per Advanced Research Project Agenc.

Creata nel 1957, cambia nome nel 1971, premettendo il termine Defense, e diventando così la DARPA, dal dipartimento della Difesa statunitense per finanziare i progetti di ricerca suscettibili di applicazioni militari. (E. Treccani s.d.)

68.

Sputnik è un'agenzia di stampa, un sito di notizie e un'emittente radiofonica russa governativa.

69.

La sigla WWW, viene tradotta letteralmente ragnatela intorno al mondo, ed è sistema che permette la condivisione di documenti ipertestuali multimediali, costituiti cioè da un insieme di contenuti testuali, visuali e audio/ video, sfruttando l’infrastruttura di Internet. (E. Treccani s.d.)

88

PARTE SECONDA

sono diventati una parte integrante di come otteniamo informazioni, comunichiamo e interagiamo. Questo “ecosistema digitale” e culturale provvede a fornirci

I media come habitat

Lindgren 2017

Dalla prospettiva della media ecology73, internet è una infrastruttura che crea un rapporto di interdipendenza: è sia un medium alla base della digital society, sia creatore esso stesso di un envirovent, di un’ambiente.

McLuhan illustra come i media siano qualcosa di più ampio respiro rispetto ai tradizionali sistemi di comunicazione. Il medium diventa una qualsiasi struttura simbolica in grado di definire le interazioni umane e la produzione di cultura, ma soprattutto di fornire “un’estensione dei sensi”. Il giornale ad esempio è un medium, perché in sé comporta un certo modo di rapportarsi con il mondo attraverso il testo stampato, l’immagine fissa e le convezioni di scrittura giornalistiche, stabilendo anche dei limiti. Anche molti luoghi di ritrovo sociale possono essere considerati media per le medesime ragioni: implicano l’adattamento a determinati modelli di comportamento, che regolano la nostra interazione con il mondo.

Mc Luhan 2008 i

I new media Secondo Lev Manovich (1960), docente del Computer Science Program presso il City University di New York, i new media sono i media basati sul computer e sulle tecnologie digitali. Essi sono rivoluzionari più di ogni altro mezzo che li ha preceduti, perché “la rivoluzione dei media computerizzati investe tutte le fasi della comunicazione”.

Un’altra caratteristica dei new media è la multimedialità: riqualificano ogni media preesistente, per poi inglobarlo nella sua digitalizzazione.Il processo di medialization descrive come i media siano integralmente diven-

Manovich 2001 i

— 70.

Interfaccia grafica che facilita l’utilizzo da parte dell’utente. (E. Treccani s.d) 71.

CERN: The European Organization for Nuclear Research, è un’organizzazione di ricerca Europa che possiede il più grande laboratorio di acceleratore di particelle del mondo. Fondata nel 1954, è situata a nord di Ginevra sul confine franco-svizzero. (E. Treccani s.d.)

72.

NCSA Mosaic, o semplicemente Mosaic, è stato il primo web browser a rendere popolare il World Wide Web e Internet. Il browser è stato così chiamato per la sua caratteristica di avere un’intuitiva interfaccia grafica, simile a quella del mostro Microsoft Windows. Dalla semplice installazione, è stato il primo protocollo a permettere il trasferimento di dati worldwide.

i

uno strumento di comunicazione, facendo di internet un medium.

89

L'ARTE RELAZIONALE

tati parte della nostra realtà. Internet ha un forte impatto sulle nostre strutture

I nuovi media sono inoltre interattivi, poiché ogni cosa generata nell’ambito dei media digitali deve essere attivata da un fruitore, richiedendo un’interazione dell’utente. Esistono ovviamente vari livelli di interattività, ma ognuno di essi vieta la dimensione passiva.

Lindegren 2017

i

doci nell’ambiente simbolico del medium stesso.

i

Manovich 2001

sociali; ciò dipende delle abitudini che apprendiamo socializzando e acculturan-

Socialità online: i social media Attorno agli anni Duemila si è verificato il fatidico passaggio dal cosiddetto early web 1.0 a quello 2.0. L'epiteto 1.0 si riferisce alla tradizionale web page

ibidem. i

che permetteva di eseguire azioni e interazioni limitate: ciò presupponeva che la maggior parte degli user consumassero contenuti passivamente.

Il passaggio al web 2.0 è implicito alle soluzioni tecnologiche e alle innovazioni: dalle nuove piattaforme di blog e sharing, alle pagine wiki, alla nascita dei social network, che hanno incoraggiato la partecipazione con strumenti volti a massimizzare le potenzialità di creazione di contenuti da parte degli utenti.

I siti “popolari” che siamo abituati ad utilizzare oggi sono emersi nell’era 2.0.

Wikipedia, Yotube, Facebook e Twitter, che si discostano dal vecchio web e permettono un nuovo livello di interazione espletando nuove funzioni. Ciò comporta ibidem. i

anche l’introduzione di un nuovo mondo sociologico, attraverso la nozione di "amico", "gruppo", "like", e via discorrendo.

Quello che viene chiamato social media è uno strumento che permette lo sviluppo della socialità on-line, l’engagement e la costruzione di comunità. Abbiamo acquisito nuove infrastrutture per gli scambi sociali, che ogni giorno diventano sempre più sofisticate. Un aspetto importante dell'utilizzo di queste piattaforme è identificabile con la creazione di un “profilo” che permette di stimolare l’interazione attraverso la costruzione dell’immagine che vogliamo fornire di noi agli altri.

— 73.

Lo studio dei media, della tecnologia, e di come la comunicazione hanno avuto effetti sull’ambiente umano. McLuhan fonda le premesse per questi studi, coniando il termine nel 1962. Ecologia si riferisce a come il medium è utilizzato e quali effetti ha avuto sulla società.

90

PARTE SECONDA

2.3.2 L’ARTE NELL’ERA DELLA DISTRIBUZIONE DIGITALE

La reazione del sistema L’evoluzione delle società moderne in società dell’informazione ha fortemente modificato il ruolo sociale dell’arte così come i suoi sistemi di distribuzione, la relazione tra opera e pubblico, i contesti del commento critico, i meccanismi del mercato. In questa esplosione generata dal contemporaneo, è inevitabile che l’arte vada incontro alle medesime dinamiche che regolano tutti i processi mediatici, L’arte ha dovuto così organizzarsi sempre più come una struttura funzionale; il mercato dell’arte è un sistema che non si occupa più soltanto di realizzare le vendite ma scopre, promuove e gestisce gli artisti mediante una fitta rete fatta di fondazioni, gallerie, musei ed editoria. Sollecita i compratori all’acquisto generando desiderio e assorbendo modalità dalle dinamiche del mondo economico commerciale. Si sviluppa così una produzione impressionante di opere basate sul

Balzola e Rosa 2019 i

fondati sull’immediatezza della comunicazione in tempo reale.

“potenziale comunicativo” di trasformarsi in un evento, in una ricerca espressiva del segno forte, provocatorio, aggressivo e violento. Dall’eccesso di pornografia esasperata, all’effetto di meraviglia immediato, “siamo più a livello della trovata che dell'idea, perché il sistema chiede qualcosa di immediatamente riconoscibile, riproducibile serialmente e facilmente riconducibile alle categorie delle grandi

(2009) illustra ampliamente le dinamiche e i fenomeni che stanno dietro le logiche del mercato dell’arte, ed in particolare delle case d’aste.

Thompson descrive la nascita degli artisti come delle vere e proprie operazioni di branding. Se nel periodo delle Avanguardie storiche una corrente artistica si affermava poiché generata dallo spirito creativo degli artisti, dagli anni Ottanta le cose cambiano. Sono le gallerie stesse che si occupano di scovare e “allevare” il genio artistico, selezionando a priori cosa possa essere di tendenza e cosa no.

ibidem.

Donald N. Thompson, economista, in “Lo squalo da 12 milioni di dollari”

i

manifestazioni artistiche”.

91

L'ARTE RELAZIONALE

Riferendosi a due delle case d’asta d’arte contemporanea più importanti al mondo, Thompson scrive che "Se Christie’s e Sotheby's sono il luogo in cui branding si sviluppa in modo più evidente, le gallerie di brand sono luogo dove gli artisti brandizzati nascono e vengono incubati”. Le gallerie di brand sono posti “poco

i

l'idea che quello che si stia guardando è arte, e che le gallerie siano luoghi elitari”.

Per l’economista uno degli esempi più eclatanti è rappresentato dall’artista Damien Hirst (1965). Membro degli Young British Artists, Hirst raggiunge la massima notorietà grazie al contributo dell’imprenditore Charles Saatchi (1943).

Il gruppo diviene presto famoso grazie all’utilizzo nei loro lavori della tecnica dello shock, e alle numerose esibizioni che Saatchi promuove a partire dal 1992 in poi. L’opera di maggior rilevanza di Hirst è certamente The Physical Impossibility of Death in the Mind of Someone Living74 (1991), uno squalo tigre conservato in formaldeide in una teca di vetro, i cui costi di realizzazione si aggirano intorno alle 50 mila sterline.

L’opera è stata poi venduta per 12 milioni di dollari al miliardario Steve Cohen (1956); l’esempio è perfetto per descrivere come il coinvolgimento della finanza sia oggi di importanza determinante per la definizione del mercato dell’arte.

La facilità e l’immediatezza di riconoscibilità sono funzionali all’arte come all’intrattenimento: Hirst realizza gli Spot paintings (1986-2011), tele che raffigurano dei “punti” di colore. Le macchie, che possono sembrare realizzate da delle

Gagosian, Damien Hirst 2012 i

ibdem.

Thompson 2017, p.28 i

amichevoli”, pronti a “non far sentire le persone a proprio agio”, per “rafforzare

macchine, in realtà “celebrano la precisione tecnica, e la semplice gioia cromatica”. I dipinti sono frutto del lavoro di un team, e spesso il quadro vede la mano dell’artista solo nel momento in cui questi vi appone la sua firma. Inoltre, gli

Thompson 2017 i

Spot paitings vengono prodotti in misure differenti per incontrare la disponibilità economica di chiunque ne desideri uno. La riconoscibilità gioca un ruolo molto importante alle fiere e alle biennali.

Ne è certamente consapevole l’artista italiano Maurizio Cattelan (1960), che per l’Art Basel75 di Miami dello scorso anno (2019), rompe la monotonia dell’esposizione con irriverenza, il suo marchio riconoscitivo, appiccicando una banana al muro dello stand della Galerie Perrotin con del nastro adesivo.

— 74.

Dall’inglese: L’impossibilità Fisica Della Morte Nella Mente Di Un Essere Vivente.

92

PARTE SECONDA

Comedian, questo è il nome dell’opera, esiste in due esemplari: le due banane

un post su Instagram: “Vogliamo ringraziare con calore tutti coloro che hanno partecipato a questa avventura memorabile […] Ci scusiamo sinceramente con tutti i visitatori che oggi non saranno in grado di partecipare a Comedian”. È cer-

Cascone 2019

Durante la rimozione del manufatto la galleria ha commentato il congedo con

i

vengono vendute entrambe per 120mila dollari ciascuna.

tamente interessante notare come in questo caso si parli di “partecipazione” da era proprio quello di creare una sorta di “evento”.

Comedian di Cattelan non sottolinea altro che l’illogica situazione nella quale destano queste fiere. Un contesto artistico che essendo tale permette “tutto” e nel quale non si fa altro che riconfermare le parole di Bourriaud quando sostiene che l’aura sia scivolata dall’opera al pubblico, la cui presenza legittima il lavoro.

Intanto i musei d’arte contemporanea diventano spazi sempre più asettici e del tutto distinti rispetto alla dimensione storica e territoriale nella quale sono inseriti, arrivando a somigliare sempre di più a dei non-luoghi. Si sviluppa l’incapacità di dialogare con il grande pubblico, che nel frattempo è stato totalmente catturato dall’invasività mediatica.

Se l’arte cerca soprattutto un pubblico, la logica del sistema dell'arte contemporanea tende paradossalmente ad estrometterlo. In questa catena il pubblico diventa secondario, non ha altra funzione che partecipare all’intrattenimento di grandi eventi come le biennali, ma non è l’interlocutore il target delle strategie curatoriali.

(Balzola e Rosa 2019 p. 34)

Nella digital society i flussi informatici sono una copia del funzionamento della vita, il che introduce un doveroso confronto con le cose reali e materiali.

La tecnologia crea un doppio della realtà, aspirando a divenire “più reale del reale stesso”, scrive Marc Augé che parla della cosiddetta fase “dello specchio”. La realtà divenuta immagine di sé stessa è quella con la quale il soggetto instaura una relazione. La nostra percezione viene allora modificata e la natura passa in secodo piano, mentre il tecnologico diviene compenetrazione della nostra realtà.

Augé 1997 i

— 75.

Art Basel è un’organizzazione no-profit privata fondata nel 1970, che organizza ogni anno un art fair internazionale in Basel in Svizzera, Miami Beach in Florida e Hong Kong.

Art Basel lavora in collaborazione con la città ospitante per sviluppare programmi a sfondo artistico, fornendo una piattaforma per le gallerie per mostrare e vendere i loro lavori, guadagnando molta notorietà.

(Art|Basel s.d.)

Balzola e Rosa 2019 i

Quaranta 2020 i

parte del pubblico, quasi a evidenziare che l’intento dell’artista con questo gesto

MAURIZIO CATTELAN, Comedian, , Comedian, 2019, Perrotin at Art Basel Miami Beach

DAMIEN HIRST, Abalone Acetone Powder, 1991. © Damien Hirst and Science Ltd., DACS 2012

DAMIEN HIRST, The Physical Impossibility of Death in the Mind of Someone Living, 1991. 2170 x 5420 x 1800 mm, Glass, painted steel, silicone monofilament, shark and formaldehyde solution. Prudence Cuming Associate (aPhotopgraher), 2012.

94

PARTE SECONDA

La New Media art “Da almeno quindici anni l’arte contemporanea è l’arte dell’età dell’informazione” scrive Domenico Quaranta (1978), che in “Media, New media, Post-media” (2010), affronta la questione della New Media art, andando prima di tutto a definirne la complessa vicenda terminologica. essa include l’utilizzo di tutti i media con una tradizione che parte dalle Avanguardie, fino ad arrivare all’uso della rete e dei computer. E’ verso la seconda metà degli anni Novanta che “New Media” comincia a essere utilizzato specificamente in relazione ai media digitali.

Quaranta 20107 i

Nata inizialmente come Media art nell’accezione mcluhaniana del termine,

L’espressione “New Media art” invece, nel suo senso etimologico più vasto, descrive progetti che impiegano tecnologie mediatiche emergenti e che si occupano delle potenzialità culturali, politiche ed estetiche di questi strumenti.

Ciò include ogni strumento creativo o mezzo espressivo messo a disposizione genere artistico, un movimento o una categoria estetica.

Il mondo della New Media art offre agli artisti che desiderano sperimentare con le tecnologie la possibilità di farlo, al di fuori dalle “costrizioni” dell’arte contemporanea. Le sue radici concettuali ed estetiche risalgono al movimento Dadaista, le cui sperimentazioni di pratiche e idee radicalmente nuove vengono riportate in varie forme e allusioni per tutto il corso del XXI secolo. Nella New Media art appaiono molte strategie dadaiste come il fotomontaggio, il collage, il ready-made, l'azione politica e la performance, così come l'uso provocatorio dell'ironia e dell'assurdo per scuotere le platee.

Proprio come il dadaismo fu in parte una reazione all'industrializzazione della guerra e alla riproduzione meccanica di testi e immagini, la New Media art può essere vista come una risposta alla rivoluzione della tecnologia dell'informazione della digitalizzazione della cultura. (Tribe, Reena e Grosenick 2006, p. 8)

ibidem. i

Tribe, Reena e Grosenick 2006 i

degli artisti, dalla fotografia alle biotecnologie. Non viene dunque considerato un

95

L'ARTE RELAZIONALE

Mentre l'arte degli anni Settanta era caratterizzata da correnti ben precise, gli anni Ottanta alimentano molti “micromovimenti”. Dopo il crollo del mercato artistico che segue il black monday76, questi perdono slancio e nei primi anni Novanta entrano in crisi, lasciando un vuoto. che non sono riconducibili a movimenti definiti. L’utilizzo dei nuovi media in abito artistico occorre in quegli anni solo per la comunicazione via e-mail e tramite i

ibidem. i

siti web, che servono da canali alternativi per discutere, promuovere ed esporre opere già esistenti nel mondo non-digitale.

A suscitare un acceso dibattito, è la presenza del digitale nello spazio espositivo della sezione di Net Art allestita per Documenta X (1997), curata da Catherine David. La sezione è affidata al curatore svizzero Simon Lamuniere (1961), responsabile anche del sito web della manifestazione.

Tribe, Reena e Grosenick 2006 i

Da allora l'arte contemporanea continua a prosperare, ma le pratiche artisti-

Quaranta scrive che questa Documenta passa alla storia come “l’edizione del risveglio della coscienza critica e politica”, “della ripresa delle istanze delle neoavanguardie degli anni Sessanta” e del rifiuto della “domesticazione dell’arte”.

Le opere dichiarano la propria resistenza all’istituzione, spesso distribuendosi nello spazio pubblico. La mostra è così organizzata in cinque sedi espositive: l’eQuaranta 2010, p. 107 i

sposizione a Kassel, il libro ed il catalogo, il programma di dibattito 100 days, 100 guests e il sito.

Questo ultimo, oltre a fornire le informazioni di “servizio”, permette di partecipare all’evento di Kassel in modalità remota, in una cornice intima ma globale. Sul sito è anche presente la lista di una serie di progetti pensati per la rete, alcuni dei quali commissionati da Documenta stessa.

All’interno dello spazio espositivo però i lavori sono estraniati, consultabili in uno spazio distaccato, chiuso e circoscritto, che genera molte polemiche per via dell’allestimento “da ufficio” e per la mancanza della rete internet, cosa che estrapola i lavori dal contesto per il quale sono stati creati.

A prescindere dal dibattito, è interessante la posizione di David in rapporto alla questione “new media”.

— 76.

Dall’inglese: il lunedì nero. Wall Street crolla del 22,6% il lunedì 19 ottobre del 1987, causando una fortissima crisi economica con ripercussioni a livello mondiale.

96

PARTE SECONDA

[…] Mi è stato spesso chiesto del mio rapporto con i New Media. La mia risposta è sempre stata: le nuove tecnologie non sono altro che nuovi mezzi per raggiungere un fine. Da soli hanno un significato; dipende sempre da come vengono applicati.

Sono contraria a una ingenua fede nel progresso, alla glorificazione delle possibilità degli sviluppi tecnologici. La maggior parte di ciò che gli artisti di oggi producono con i New Media è molto noioso. Ma sono anche contraria alla condanna della tecnologia.

Semplicemente, per me la tecnologia in sé non è una categoria in base alla quale giudico un lavoro. Questo tipo di categorizzazione è antiquato quanto la divisione dei generi tradizionali. Sono interessata all’idea di un progetto; i mezzi per la sua realizzazione dovrebbero conseguire all’idea.77 (David 1997)

La New Media Art può esistere dunque dell’ambito dell’arte contemporanea solo se quest’ultima viene a patti con l’utilizzo delle tecnologie. Un esempio di arte relazionale recente che utilizza i nuovi media è rappresentato dall’artista russo Valia Fetisov (1989), un media artist e software engineer interessato all’intersezione creata dalla psicologia con la tecnologia. Nello specifico, la sua passione Pur essendo molto giovane, il suo lavoro è già stato esposto presso diverse importanti sedi espositive. Time, Forward! È una mostra collettiva presentata presso la V-A-C Foundation di Venezia, nella quale Fetisov presenta il suo lavoro Call to Action. (2019) La call to action è una tecnica del marketing sviluppata nell'era — 77.

Traduzione dell’autore 78.

Lead: potenziale acquirente di un dato prodotto o servizio. Si genera un lead quando, attraverso un’iniziativa di marketing, un’impresa ottiene dall’utente informazioni utili a stabilire un contatto commerciale, da utilizzare in un secondo momento per generare un’opportunità di vendita.

(Glossario di marketing s.d.)

digitale, generalmente finalizzata a convertire i visitatori in “vendite” o “lead"78.

L'installazione in questione è un'implementazione fisica di questa tecnica.

L’opera si concretizza in tre parti: ad accogliere lo spettatore un banner pubblicitario, dei cellulari e una poltrona. Tutti gli elementi contribuiscono alla promozione di un prodotto, di cui lo spettatore è invitato a fare esperienza.

La prima sezione dovrebbe accendere il desiderio e attirare i visitatori. Proprio come una pubblicità, non rappresenta un determinato prodotto, ma espone in modo elusivo i lati attraenti di esso o promuove lo stile di vita ad esso associato. […] La sezione successiva fornisce un rinforzo sociale: i visitatori guardano video di altre persone disposte a condividere le loro esperienze sulle loro azioni. Le loro diverse opinioni consentono ai visitatori di allinearsi, entrare in empatia e concordare con le opinioni espresse da altre persone. La sezione finale si svolge in un ambiente interattivo controllato dalla macchina, che combina tutti i passaggi precedenti in uno, inteso a influenzare la decisione effettiva.79 (Fetisov s.d.)

V-a-c Foundation 2019 i

si costruisce sulle situazioni artificiali per esplorare la reazione del pubblico.

PHP script. Whitney Museum of American Art, New York

VALENTIN FETISOV, Call to action, 2019. Delfino Sisto Legnani e Marco Cappelleti

DOUGLAS DAVID, The World’s First Collaborative Sentence,1994–, conserved 2012. Historic version: HTML and CGI script; live version: HTML and

98

PARTE SECONDA

Il prodotto in questione è un taser, che Fetisov colloca fisicamente nella stanza in prossimità della seduta, e che l’audience è invitato a testare sulla sua pelle. I cellulari alle pareti mostrano dei video di unboxing80 dell’oggetto, descrivendo l’efficacia e testandone la funzione. Ovviamente l’oggetto in mostra non è funzionante, ma di questo ce né si rende conto solo provandolo, o realizzando di trovarsi all’intero della cornice dell’arte.

L’artista plurale Internet non è una simulazione, ma la realtà risultante dalle dinamiche che si formano nel continuo scambio di dati e informazioni. La vera innovazione si dimostra essere il rapporto che si instaura tra i processi svolti nella entità immaindividuale e sociale.

Tutto ciò ha sconvolto la rigida divisione tra arte “tradizionale” e quella che utilizza le “nuove tecnologie”: i nuovi media hanno suscitato un crescente interesse in artisti che non appartenevano al mondo della New Media Art; le nuove generazioni ritengono obsoleto fare distinzioni, e parlano di multimedialità.

Quaranta 2010 i

Balzola e Rosa 2019 i

teriale della rete, e quelli che avvengono nella dimensione concreta della vita

Nicolas Bourriaud è il primo ad individuare l’impatto socio-culturale dei nuovi media, uno dei punti di svolta per l’arte contemporanea.

Con lo sviluppo progressivo delle tecnologie interattive a metà degli anni Novanta, gli artisti cercano di esplorare l’ambito della partecipazione sociale e

— 79.

Traduzione dell’autore 80.

Il format di blogging che prevede che le persone acquistino e recensiscono un prodotto che hanno appena ricevuto per posta.

avviata delle opere avviata dalle Avanguardie storiche mediante performance e happening, porta l’esperienza dell’arte fuori dagli spazi convenzionali.Il corpo e l’azione dell’artista sono parte integrante dell’opera, così come la presenza del pubblico. Internet facilita la formazione di comunità, che vanno al di là delle distanze geografiche. Questo cambiamento è causato dalla globalizzazione delle culture e dell'economia e allo stesso tempo dalla diffusione dell'uso di internet e dal sorgere del villaggio globale.

Bourriaud 1998 i

dell’interazione. La teatralizzazione della produzione e della fruizione delle opere,

99

L'ARTE RELAZIONALE

L'uso delle tecnologie interattive mette in scena un nuovo concetto di performatività diffusa: l'artista crea simulazioni/dispositivi che fanno conoscere e sperimentare la tecnologia, dai quali emergono nuovi modelli possibili di percezione e di comportamento, esportabili anche nella quotidianità. Ogni singolo gesto

Douglas Davis, considerata uno degli esempi più precoci di net art collaborativa. È un record il fatto che sia stata acquisita già l’anno seguente dal Whitney Museum

Tanni 2013 i

of Art considerando che, appunto, la New Media art non era ancora molto accreditata.

Davis ha iniziato la "frase senza punto" nel 1994, presso la galleria d'arte del Lehman College, invitando le persone a contribuire con parole, fotografie, video, grafici, collegamenti WWW e suoni tramite Internet, World Wide Web, e-mail,

meno negoziarla continuamente: si accetta la collaborazione con altri e la delegazione ad utenti o software, come parte del processo creativo.

La stessa identità può essere simulata o costruita, mettendo fine al mito roQuaranta 2010

mantico dell’artista.

Il concetto di opera-feticcio viene indebolito: i dati sono, per natura, replicabili, e l’informazione è libera. Ogni tentativo di ovviare a questo problema può essere aggirato, e risulta comunque contrario alla natura del medium. Operare in un orizzonte mediatico che ci riversa addosso enormi quantità di informazioni rende le pratiche di riciclaggio e del remix del tutto normali.

Whitney Museum of American Art s.d

Lavorare in rete significa spesso rinunciare alla propria autorialità, o quanto-

i

posta e visite personali.

i

Balzola e Rosa 2019

The World's First Collaborative Sentence è un’opera dell’artista americano

i

partecipativo porta con sé una dimensione teatrale.

100

PARTE SECONDA

2.3.3. POSTPRODUCTION La variabilità è una delle caratteristiche più importanti del mezzo tecnologico.

Tutto ciò che viene prodotto dai nuovi media è continuamente riconfigurabile, perché anche gli strumenti utilizzati sono variabili. A un unico “codice” possono corrispondere diverse interfacce. La variabilità viene poi estesa concettualmente dai New Media artist: a un unico contenuto possono corrispondere diversi layout.

In altre parole, i loro lavori possono assumere forme diverse a seconda del conte-

sull’impatto dei media digitali sui modi della produzione artistica: l’artista contemporaneo opera da semionauta, pescando oggetti culturali dal “caos proliferante della cultura globale nell’età dell’informazione”, ed includendoli in nuovi

Quaranta 2010

Con “Postproduction”(2002), Nicolas Bourriaurd introduce una riflessione

i

sto in cui vengono presentati, e del pubblico a cui si rivolgono.

contesti.

L’opera contemporanea non è un prodotto finito, ma un processo generatore riferisce a come dagli anni Ottanta l’artista non abbia più creato nulla di nuovo, ma si sia sempre basato su forme pre-esistenti. Ciò contribuisce allo sradicamento della tradizionale distinzione tra produzione e consumo; non si elabora più del materiale grezzo, ma si lavora su oggetti già “informati”.

La società come repertorio di forme A partire dalla fine del Settecento, la parola “mercato” si allontana dal suo referente materiale per designare l’ambito astratto della vendita e dell’acquisto.

Essendo innanzitutto il commercio una forma di relazione umana, gli artisti si preoccupano della sua “sparizione”. Questo è il motivo alla base dei tentativi di ri-materializzare le relazioni generate dal commercio che, per colpa della globalizzazione, sono diventati invisibili; non è più possibile fare ciò tramite oggetti fisici, ma occorre farlo tramite l’esperienza: l’arte, frantumando la logica dello spettacolo, ci restituisce il mondo come esperienza del vivere.

Bourriaud 2004 i

di attività. Postproduction è un termine tecnico ripreso dall’audiovisivo, che si

101

L'ARTE RELAZIONALE

Duchamp ad esempio pensa che anche il consumo sia un modo di produrre,

ibidem. i

e il readymade stablisca un’equivalenza tra scegliere e fabbricare, consumare e produrre, mostrando il risultato finale del processo consumistico.

La Pop Art invece esplora il condizionamento visivo, ovvero la pubblicità e il packaging, che accompagna il consumo di massa. Con la Pop Art, il consumismo costituisce un tema astratto legato alla produzione; non gli sarà attribuito un valore concreto se non negli anni Ottanta, quando viene collegato ai desideri individuali.

Oggi il consumatore statico degli anni Ottanta sta scomparendo a favore di

i

ibidem.

un consumatore intelligente e potenzialmente sovversivo: l’utilizzatore di forme.

Una cultura che nega l’opposizione binaria tra la proposta di chi “trasmette” e la partecipazione di chi “riceve”, che è stata al centro di ogni dibattito sull’arte moderna. Il produttore è solo un trasmettitore e ogni artista ormai cresce in un network di forme contigue che si accavallano all’infinito.

i

L. Pratesi 2017

i

Quaranta 2020

Nel 1966 Maurizio Cattelan avvia Permanent Food, un progetto editoriale che prevede l’appropriazione di immagini da altre riviste, poi ri-editate e re-inquadrate in una nuova narrativa. “Manipolando le forme frantumate dello scenario collettivo, considerandole cioè non come fatti indiscutibili, ma come strutture precarie da utilizzare come strumenti”, l’artista produce nuovi itinerari di racconto, dei quali l’opera è la messa in scena.

Secondo Bourriaud questo è un tipo di ricezione attiva del mondo, mentre la sua contemplazione passiva relega ogni produzione umana allo spettacolo comunitario. In questo caso la cultura “alta” si mischia con quella “bassa”, in un vortice di forme intercambiabili. Permanent food viene dismesso nel 2007 in concomitanza con All, il “lungo addio” dell’artista, mostra che si è tenuta il 4 novembre 2011 presso il museo Guggenheim di New York.

Cattelan ha lasciato il mondo delle gallerie per entrare simbolicamente in un nuovo tipo di produzione artistica.

Toilet Paper è il nuovo progetto lanciato nel 2010 con il fotografo Pierpaolo Ferrari, che riparte “dall’addio al museo e dalla volontà di contribuire al flusso delle immagini con modalità differenti.

102

PARTE SECONDA

Gli artisti superano la pura appropriazione di Permanent Food, rinunciano al fardello autoriale proprio dell’opera musealizzata, per accogliere la leggerezza Cattelan 2020

video trailer, al merchandise, all’approdo sui social media, è un intervento in una cultura della partecipazione e della circolazione. La rivista condensa una rete di

Quaranta 2010

riferimenti in un’immagine “originale”, li accelera e li ri-distribuisce.

Ogni immagine di Toilet Paper nelle sue declinazioni dalla rivista cartacea, ai

i

estetica della fotografia di moda”.

i

immateriale della fotografia, i codici espressivi dell’immagine-meme, e la patina

Il dirottamento delle immagini Nel campo delle arti visive, la contemporaneità “arriva al culmine della secolare crisi dei due valori fondamentali del sistema dell'arte, ossia l'unicità e l'originalità dell’opera. Si delinea un elemento destabilizzante: “l’emergere prepotente e incontrollato della creatività amatoriale”, come scrive la storica dell’arte Valentina Tanni, docente di culture digitali, la cui ricerca si concentra sulle pratiche artisti-

remixando materiali esistenti, per poi disseminarli tramite la pratica della condivisione. All'interno del continuo flusso del web, i contenuti non hanno differenza

Tanni 2020

Tutti possono partecipare alla produzione di immaginario collettivo creando e

i

che derivate e scatenate dal web.

qualitativa, essendo tutti dei pacchetti di codice binario, in grado di viaggiare

blicate accanto ai materiali più eterogenei e non avendo cornici, né una didascalia museale, non sono protette dalla comunicazione. Il nuovo scenario costringe a una riflessione sul ruolo che l’arte ha assunto nella nostra epoca, trasformata in strumento di comunicazione come tanti altri, realizzando l’utopia delle Avanguardie che aspiravano a una compenetrazione tra arte e vita.

Nel 2010, Marina Abramović (1946) trascorre circa quattro mesi dentro il MoMA di New York, sette giorni su sette, per sette ore al giorno, con la sua

ibidem.

Le immagini delle opere possono pervenire in una qualsiasi pagina web pub-

i

senza etichetta in un processo frenetico fatto di download, editing, upload.

103

L'ARTE RELAZIONALE

performance The artist is present. Dall'inizio degli anni '70, Abramovic esplora la complessa relazione tra artista e pubblico, attraverso lavori che sfidano i suoi

i

ibidem.

MoMa 2010 i

limiti, sia intellettualmente, sia fisicamente.

I concetti che ispirano le sue opere sono fondamentali, così come l'uso del proprio corpo per trasmettere le sue idee.

Durante tutta la durata di The artist is present, Abramović incontra lo sguardo delle persone che si siedono di fronte a lei, molte delle quali si dimostrano estremamente toccate dall'esperienza. I volti dei mille e cinquecento partecipanti sono immortalati in espressioni intese e spesso in lacrime. Non manca nemmeno il colpo di scena, ovvero l'arrivo dell’ex compagno di vita e di lavoro Ulay (19432020), un incontro che ha spezzato la compostezza della performer visibilmente commossa.

L'incredibile risonanza mediatica dell'evento, amplificata dalla grande quantità di materiale fotografico e video circolato per tutta la durata della mostra anche dopo, ha dato vita a quello che potremmo definire un caso paradigmatico per lo studio di rapporti tra arte social media. L’immagine di Marina Abramović seduta e avvolta nell’ iconico abito rosso ha dato vita a centinaia di reinterpretazioni e parodie; l’opera è stata oggetto di recitazioni e rivisitazioni; sono apparsi fumetti, videogiochi e meme di ogni genere, a partire dal blog Marina Abramovic Made Me Cry aperto da Katie Notopoulus durante l'evento è divenuto popolarissimo nel giro di pochi giorni. (Tanni 2020, p. 120)

La partecipazione del pubblico alla costruzione dell’opera avviene in questo caso sia dentro che fuori dal museo, in un processo interrotto. La popolarità del genere della performance è una conseguenza dell’attitudine contemporanea alla partecipazione, stimolata dall'avvento di internet e delle reti sociali. Si tratta di un tipo di arte che permette una fruizione meno statica, che spesso prevede il

Come spiega Claire Bishop esprimendosi sull’arte relazionale, oggi il concetto di spettacolo debordiano si è totalmente fuso con quello di partecipazione, in un mondo in cui tutti possono diffondere le proprie opinioni. “Un empowerment di massa di un flusso di ego banali”.

Tanni 2020

i

seguente disseminazione on-line.

i

Bishop 2012

contributo diretto del pubblico, e che si presta alle registrazioni video e alla con-

MAURIZIO CATTELAN, Toilet Paper, 2010 – On going

MAURIZIO CATTELAN, Permament Food, published in 2007. No text, 20,5 x 27,5 cm. 190 pages (b/w & colour ill.)

MAURIZIO CATTELAN, Permament Food, published in 2007. No text, 20,5 x 27,5 cm. 190 pages (b/w & colour ill.)

MAURIZIO CATTELAN, , The Artist is Present,Poster della mostra tenutasi dal 11.10 al 16.12.2018 a Shanghai, Museo Yuz

VADIMIR MAISLIN, ,Fotoritocco di “512 Ore” di Marina Abramovic, 2014

MARCO ANELLI, Portraits in the presence of Marina Abramovic, 2010. Profilo Tumblr di Katie Notopoulos

MARINA ABRAMOVIĆ, The artist is present, 2010. Performance realizzata presso il MoMA di New York

106

PARTE SECONDA

In questo “reality show dell'arte” il museo è trasformat in un palcoscenico e l'artista in un'entità semidivina, mentre partecipazione da parte del pubblico porta l’opera a vivere in due universi paralleli: “quello di partecipazione diretta, che richiede allo spettatore uno sforzo fisico proporzionale a quello dell'artista, […] e quello interamente mediatico, fatto di racconti, fotografie, video, meme e

pera nel presente, ma soprattutto all'interpretazione che di essa verrà tramandata ai posteri.

Un'interpretazione che sta diventando sempre meno statica, e sempre più aperta alle revisioni: se il materiale documentativo dell’opera è abbondantemente e continuamente reperibile, oltre che prodotto da fonti diversificate, la moltiplicazione dei punti di vista rende anche l'apparato critico che accompagna il lavoro instabile. Il destino dell'arte nell'epoca post-mediale è quello di diventare un segno che resta sempre in attesa di essere decodificato, all'interno di una cornice interpretativa che non fissa mai i propri contorni.

Tanni 2020, p- 123

Noi concorriamo con tutti questi elementi a determinare la percezione dell'o-

i

GIF animate.”

GIULIO ALVIGINI, Make Italian Art Great Again 1 giugno 2020, Post su Instagram

109

CONCLUSIONI

CONCLUSIONI

A

lla luce degli argomenti trattati risulta evidente ora più che mai la necessità di rivolgere la propria attenzione verso un tipo di produzione artistica

completamente differente. Evadere l’autoreferenzialità generata dalla struttura del contesto dell’arte è l’unico modo per prendere nuovamente contatto con la realtà e con il pubblico.

L’estetica relazionale è il mezzo attraverso cui questa dimensione può essere ristabilita, dal momento che si genera sia attraverso i circuiti già esistenti interni al sistema dell’arte, sia all’esterno attraverso quelli del digitale, perpetrando però il medesimo fine: generare una comunità, creando interazione.

L’Italia risente degli stessi problemi elevati in maniera esponenziale. Ha perso di vista l’attitudine all’apprezzamento del contemporaneo e Ludovico Pratesi (1961), curatore e critico d’arte italiano, lo descrive molto bene. Storicamente il Bel Paese ha fondato la propria identità sull’arte prodotta a partire dai monumenti pubblici come piazze, palazzi, chiese e strade sino ad arrivare nei musei, dove dimorano i quadri d’autore dei maestri. Tutti questi elementi hanno contribuito a restituire l’immagine dell’Italia e a costruire il suo immaginario, creando un territorio unico al mondo. Rinunciare ad una concreta produzione di arte contemporanea significherebbe, dunque, rinunciare anche alla costruzione della sua identità culturale.81 Uno dei maggior problemi dell’Italia, scrive Pratesi, è strutturale. Il paese non è stato in grado di conferire al contemporaneo una vera e propria struttura istituzionale: mancano sul territorio musei dalla rilevanza culturale sulla scena mondiale, paragonabili alla Tate Modern82 inglese, al Centre Pompidou83 francesce o al Reina Sofia84 spagnolo.

— 81.

(L. Pratesi, Arte come identità, Una questione italiana 2015) 82. Fondata nel 1897, Tate è un circuito di gallerie localizzare in diverse parti dell’Inghilterra.

Tate Modern, e Tate Britain a Londra, Tate Liverpool, e Tate St Ives a Cornwall. (TATE 2020) 83.

Il Centro Georges-Pompidou è stato inaugurato nel 1977, ed è situato nel cuore di Parigi. (Pompidou 2020) 84.

Situato a Madrid, il Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía è stato fondato nel 1992. (Reina Sofia 2011) 85.

La Biennale viene inaugurata per la prima volta nel 1883 per volontà del Consiglio comunale della città di Venezia per celebrare l’anniversario del Re Umberto I e di Margherita di Savoia.

(Venezia 2017)

110

CONCLUSIONI

Un tentativo viene fatto verso la fine del XIX secolo, con il finanziamento e la creazione della Biennale d’Arte di Venezia85 e la GNAM86 di Roma, mente all’alba — 86.

Galleria Nazionale d’Arte Moderna, istituita nel 1883 a Roma.

Custodisce la più completa collezione dedicata all'arte italiana e straniera dal XIX secolo a oggi. (GNAM 2018) 87.

La storia della Galleria d’Arte Moderna di Bologna inizia nel 1916, con la donazione al Comune da parte della contessa Nerina Armandi Avogli di una prestigiosa villa situata nel quartiere Saragozza.Il museo apre al pubblico nel 1925. (Bologna Musei 2020) 88.

Il Palazzo storico, costruito nel 1710 per volontà della famiglia Pesaro, viene adottato a partire dal 1898 come Museo d’Arte Moderna.

Nel 1902, grazie al lascito della Duchessa Felicita Bevilacqua La Masa, il Comune di Venezia ha deciso di utilizzare il palazzo per ospitare la collezione comunale di Arte Moderna. (Fondazione Musei Civici di Venezia 2020)

del secolo seguente vengono fondate la GAM87 di Bologna e Cà Pesaro a Venezia.

Allora, lo Stato arricchiva le proprie collezioni con illustri artisti del Novecento.

All’inizio del XXI secolo, gli artisti italiani non sono “né sostenuti”, “né difesi”: la sfida della globalizzazione ha premiato i sistemi forti, e l’Italia è rimasta indietro.

Queste carenze strutturali del sistema determinano una “deformazione nel curriculum di un giovane artista italiano rispetto ai suoi colleghi europei”, a cominciare dalla scarsa possibilità di esposizione in spazi frequentati da curatori italiani e internazionali. “Ignorati dai direttori della Biennale, poco considerati dai musei del proprio paese, ai giovani non resta che cominciare presto a lavorare con le poche gallerie private attente agli emergenti”.90 Dal punto di vista della formazione, la situazione appare altrettanto critica.

Salvo alcune eccezioni, l’Accademia di Belle Arti non è in grado di fornire piani di studio adeguati alla divulgazione delle competenze professionali necessarie all’inserimento nella scena globale, soprattutto se paragonata alle accademie estere.91 Basti pensare al fatto che, pur essendo nel 2020, i laureati presso un istituto del Sistema AFAM92 non conseguono un titolo equivalente a quello delle altre università, svalutando di conseguenza l’operato di chi decide di lavorare nel settore della produzione culturale. Spesso e volentieri, gli artisti italiani trovano la loro fortunata solo emigrando all’estero, come nel caso di Maurizio Cattelan e Vanessa Beecroft (1969).

Avulsa dal presente che si è negata, l’Italia si è rifugiata in un’immagine di territorio del passato che funziona per il turismo, ma che non è sufficiente per definire la concezione di una nazione che produce cultura, cosa che avveniva fino alla fine degli anni Settanta. Eppure gli strumenti esistono, dal momento che basterebbe una strategia consapevole da parte delle numerose fiere d’arte italiane e delle fondazioni private.

Dalla prospettiva di un giovane artista italiano “semplice”, Make Italian Art Great Again93 è frutto della trovata geniale di Giulio Alvigini, classe 1995, che nel 2018 decide di aprire sulle piattaforme social media facebook e instagram una

111

CONCLUSIONI

pagina a sfondo umoristico. Utilizzando la formula del sarcasmo per prendersi gioco del sistema artistico italiano, egli afferma verità tramite l’utilizzo di meme: “l’ironia e la critica consapevole, non arrabbiata o frustrata. Anche perché critica e ironia si verificano nel distacco, che è necessario per osservare i meccanismi, comprenderli e analizzarli”.94 Alvigini si presenta come una figura a metà tra l’artista e il social media manager, in un mondo artistico contemporaneo in cui l’esposizione mediatica del proprio lavoro conta quasi, se non è più importante, del lavoro stesso. Mancando un’educazione al sistema, l’artista italiano soffre di due complessi simultanei: Da una parte, si sente arrogantemente portatore di un passato glorioso, di una tradizione culturale soffocante, “siamo gli eredi di…”. Allo stesso tempo soffre del complesso opposto, un vittimismo pietoso, passivo, perché – a quanto pare – ha sentito dire che al collega straniero le cose sembrano andare molto meglio. Da una parte c’è la tua pratica, il tuo essere artista, il tuo sguardo sul mondo. Dall’altro la comunicazione del tuo lavoro, le dinamiche relazionali che permettono alla tua opera di essere veicolata correttamente. (Alvigini 2019)

L’Italia dunque non solo non ama più l’arte contemporanea ma non è nemmeno in grado di promuoverla, sostenerla e finanziarla, mentre “l’italiano medio”, la cui unica colpa è quella di non aver ricevuto un’adeguata istruzione in materia, di fronte a un’opera che non capisce afferma che “la poteva fare anche lui”.

— 89.

(L. Pratesi, Arte come identità, Una questione italiana 2015) 90.

(L. Pratesi, Perché l'Italia non ama più l'arte contemporanea 2017) 91. (ibidem.)

92. MIUR: Alta Formazione Artistica, Musicale e Coreutica. L’AFAM comprende tutte le Accademie, i Conservatori e le Scuole di danza e recitazione approvate dal Ministero.

93.

(Alvigini 2018); https:// www.facebook.com/ makeitalianartgreatagain/ 94. (Alvigini 2019) 95. (ibidem.)

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