Marittimo Vol.2

Vol.2

EDIZ ION E CA MP AG NA

il Dj Set più salato di Maggio Speciale intervista: Anna de Franceschi

EDITO DA SVARIATE PARTI \\ PRODOTTO DA ORTICA COMPANI SRL PRO 33

L. 5000

Cari lettori, care lettrici, cari tutt* Dopo l’incipit più politicamente corretto della storia posso finalmente avere l’onore di percorrere insieme a voi questo immacolato retro copertina fino a condurvi sulla soglia dell’ultimo tanto atteso, bramato, desiderato Volume della testata più stilosa d’Italia.

Prima di iniziare, devo avvertirvi, avrete bisogno di avere con voi delle cuffie, una penna e se vi va l’occorrente per un conviviale aperitivo.

Questa volta, belli miei, ci siamo organizzati.

Musica maestro e intrattenimento ve li impacchettiamo tutti su sti pochi fogli tirati giù e voi dovete solo sorridere e lanciarvi su della sabbia o su un più probabile divano.

Assestate le chiappe perche questo viaggio sarà pieno di storie, immagini, disegni e alla fine vi verra voglia di fare pure voi qualcosa prima che arrivi l’estate, perchè come dice mia nonna: “chi non fa non sbaglia”.

Via con la musica!

MARITTIMO

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edOproduction MARITTIMO

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AD AMBURGO È PRIMAVERA. IL FINE SETTIMANA, IN CENTRO CITTÀ, OGNI LEMBO DI TERRA COPERTO DI SABBIA O PRATO SI TRASFORMA IN UN DANCEFLOOR. I GRANDI IMPIANTI, LE PICCOLE RADIO, NON IMPORTA. L’IMPORTANTE È QUEL RITMO DEI PIEDI, I FIANCHI CHE ONDULANO, OSCILLANO LE TESTE IN RISPOSTA, E CHI DANZA DAVVERO, SONO GLI OCCHI. IL MIO BALLO INIZIA SULLA BICICLETTA. LA MIA MUSICA ATTRAVERSO LE CUFFIE. UN RITMO TRIBALE, PAROLE PORTOGHESI, CHE RIEVOCANO POSTI LONTANI: STRIDONO CON L’ARCHITETTURA MODERNA DEI MAGAZZINI, MA ATTRAVERSANDO IL PORTO PENSO, MAGARI QUESTI CONTAINER PROVENGONO PROPRIO DA LÌ. POSO LA BICI, SONO ARRIVATA. NO, NON IN CENTRO CITTÀ. LÌ LE FESTE SONO FACILI. ARRIVARE QUI VUOL DIRE CONQUISTARSI LA FESTA, CREARNE UNA A TUA MISURA, ALL’ARIA APERTA, DOVE I PALAZZI NON LIMITANO LA VISTA. SUDORE SULLA PELLE, LO ANNUSO QUANDO APPOGGIO IL MIO ORECCHIO SULLA CUFFIA. UNA PELLE CHE SA DI ESTATE, DI NATURA CHE SBOCCIA, DI SALSEDINE CHE GIÀ SI IMMAGINA PRIMA DI VEDERE IL MARE. NON CONOSCO MOLTI QUI, CI SONO LE MIE PERSONE DAVANTI ALLA CONSOLLE… LO SO SU COSA VOLETE BALLARE, ANCHE IO HO LE MIE TRACCE GIÀ IN CODA, MA HO BISOGNO DI SENTIRE ANCHE QUELLE IMPERCETTIBILI E TIMIDE VIBRAZIONI DELLA FOLLA, CHE NON MI CONOSCE, MA MI VUOLE DIRE CIÒ DI CUI HA BISOGNO: UN BEAT COSTANTE E BASSO, UN PO’ DI URLA SGUAIATE SU UN RITMO DANCE, O SUONI DI STRUMENTI SCONOSCIUTI, DI CUI NON SI IMMAGINA NEMMENO LA FORMA? INFONDO FARÒ COME AL SOLITO, MI FARÒ TRASPORTARE DALLA MARITTIMO

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MUSICA, SORPRENDERE DA CANZONI ASCOLTATE E BALLATE DOVUNQUE, E NEL MEZZO METTERÒ SU QUALCOSA CHE NÉ IO NÉ NESSUNO QUI CONOSCE, MA CHE COMINCIA A PIACERCI INSIEME… VA BENE, QUESTO INIZIO CON UN BEAT LENTO, CI DO IL TEMPO DI CAPIRE QUELLO CHE SUCCEDE, TORNARE PER UN ATTIMO SUL PRATO, I PIEDI INTRISI DI TERRA, DI CHI È SCALZO E ANCHE DI CHI SI OSTINA A INDOSSARE SCARPE BIANCHE. IL SOLE TRAMONTA. E INFONDO, CARI TUTTI, CIÒ CHE INDOSSO NON È CASUALE. LO SAPETE CHE PEZZI STANNO ARRIVANDO. UNA CAMICIA DALL’ARMADIO DI UNA CHE, COME MIA MADRE, NEGLI ANNI ’80 CI SARÀ ANDATA A BALLARE SU QUESTA MUSICA: OGGI MI SENTO COSÌ, E SEMBRA PURE VOI. ARRIVA COSÌ VELOCE EPPURE ARMONICO, QUEL MOMENTO IN CUI SMETTETE DI GUARDARE PER ARIA O SOTTOTERRA E VI GIRATE, A GUARDARE CHI SONO I VOSTRI VICINI, A SCAMBIARVI SGUARDI D’INTESA E COMINCIATE A MUOVERVI IN SINCRONIA, INCROCIATE I VOSTRI CORPI, E DA QUI SEMBRATE UN MARE DI ALGHE MOSSE DALLA CORRENTE. MI STO DIVERTENDO, MA IN REALTÀ UN PO’ MI IMMAGINO DI ESSERE LÌ IN MEZZO A VOI, A MUOVERMI SU QUESTO RITMO FUNK CHE VI FA RIMBALZARE COME MOLLE FINO A CHE… VI CONFONDO DI NUOVO LE IDEE, CON QUESTA TRACK UN PO’ DETROIT, UN PO’ NON CAPITE NEANCHE VOI COSA. LO SO, STATE PENSANDO ANCHE VOI CHE È TROPPO LENTA, MA È COME UNA CURVA STRETTA PRIMA DELLA DISCESA. ADESSO FACCIO ROTOLARE IL RITMO FINCHÉ NON ABBIAMO RAGGIUNTO LA VELOCITÀ MASSIMA, E POI… GUARDA LE STELLE. VI LASCIO CON QUESTA ITALO ROMANTICA, UN PO’ COME ME ADESSO. MARITTIMO

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Vol.2

Made in ITALY 30Aprile2021

Ortica Associati

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Carolina Ortica Ada Libranti Alice Maesano Annachiara Trabacchin Aurora Pamio Silvia Galligani Irene D’Autilio Emma Michieletto Francesca Trabacchin Vanni Renzini Benedetta Pistolini Tanada Livia Sgrò Guido Barbieri Letizia Nuzzo Giacomo Lamonica Edoardo Pamio Giulia Dalicco Aries Gianluchino Simone Giavara Martina Mastromei Martina Bardini Sara D’Amico Emanuela Pistone Paolo FlipdeGraaf MARITTIMO

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INDICE Sono di più i giovani vecchi o i vecchi giovani?

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Tutto e Niente

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Fatti i cazzi tuoi che campi cent’anni

LA• POSTA DEL CUORE La prima volta in cui mi sono innamorata • •

Il mio 1 giorno in cui mi sono fidanzato Colpo di fulmine

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Memorie

34 Approcci Marittimi

Proibito.

Un articolo mai scritto.

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SPECIAL GUEST

Intervista ad Anna De Franceschi

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La notte io vedo.

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L’appuntamento

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Puzza di Piscio

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Tutto questo, sia chiaro, per ipotesi remota.

73 BUGIA 74

PEOPLE WILL BE PEOPLE

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Sigamos este camino.

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Tra i due litiganti, il terzo gode.

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Io mi pensavo che eri serio.

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Ode al mattino.

SCHEMA 88 SENZA

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foto di Francesca Trabacchin e Vanni

Sono di più i giovani vecchi E alla fine si ritorna sempre a fare le cose che più o meno per qualche motivo qualche volta o mai o sempre spesso t’hanno fatto divertì.

E poi diciamocelo pure, ma che dobbiamo fa? Stiamo invecchiando in casa davanti le luci bianche degli schermi del pc con le cuffie

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testo di Ortica

o i vecchi giovani?

nelle orecchie e le sigarette in bocca, a me di avere la faccia grigia non mi è mai piaciuto. Poi come tanti pazzi intorno ad un tavolo parliamo soli e a tanta gente di cani gatti e bombe atomiche, nulla ha più senso e insieme all’agnello ci siamo fritti pure i cervelli.

Ma che cazzo.

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Sui Tetti siamo Franchi

Veloci e Furiosi

TVB ma è Sabato

5 minuti di pausa per il barbiere di Siviglia

Memorie Volti, volti di quelle persone che non vedi da ore, giorni, mesi.

Sospiri, sospiri di quei momenti che non hai vissuto, non hai vissuto perchè non gli davi importanza, perche ti sentivi stupida.

Respiri, respiri e ti rendi conto che anche l’aria che entra nel tuo corpo può essere essa stessa un nemico, quindi ti fermi.

Smetti di respirare, trattieni il fiato e senti un battito dopo l’altro, ti senti viva.

Ti rendi conto che anche quel momento in cui non ingerisci l’aria può essere un nemico.

L’aspetto paradossale è che si possa valutare oggettivamente la nostra vita se e solo se ci alieniamo da questa, se ci fermiamo un attimo.

Se quei volti, quei momenti ce li ricordiamo e basta, li sentiamo solo dentro di noi . Solo in quel momento quando ci rendiamo conto che è tutto così lontanto da noi, possiamo dire di essere felici, soddisfatti, tristi, malinconici, determinati, ora si , ora possiamo dirlo.

Io ho fatto questo e sono felice.

Felice, felice di vedere il volto di mio padre, gli occhi di un uomo stanco , stanco di tornare a casa tardi da lavoro, con il cuore pulsante di affetto, e gli occhi tristi di malinconia.

Solo lui sa cosa vuol dire perdere un padre.

Io no.

Io non so cosa vuol dire .

Si io no, non lo so.

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di Martina Bardini

Felice di sfiorare con lo sguardo le mani di mia madre, si mia madre ha delle belle mani, anche io ho sempre voluto delle belle mani.

Quelle sono le mani di una donna che ha sempre saputo cosa fare nella sua vita, lei è il volto della resilienza.

Lei è la forza di chi ha saputo rialzarzi da un dolore che avrebbe sotterrato chiunque.

A volte mi chiedo come si fa.

Come si fa a potersi sentire vivo quando non hai nessuno che ti renda la vita felice, nessuno che ti dice buongiorno, che ti rimbocca le coperte , che ti ascolta, che ti dice cosa è meglio fare.

Io non lo so, si io non lo so.

E poi sono felice di me . Perchè anche io sto combattendo le mie battaglie e anche se so che non potrò vincere, so che ci potrò coinvivere, perche anche lei è parte di me , mi rende particolare a mio modo, non mi fa sentire bella, quello no, chi vorrebbe delle mani come le mie ? Però solo io ce le ho, solo io so cosa si prova nel vedere gli occhi di chi ti guarda in quel modo.

Io si, questo lo so .

Mio nonno mi diceva sempre che durante la guerra è come diventare ciechi. e l’unica cosa che puoi vedere è quello che ti sei messo nella memoria e te la tieni lì come un diamante prezioso che solo tu puoi toccare.

Io si , io farò cosi , non voglio dimenticare, voglio ricordare questi giorni e raccontarli a mio figlio , a mio nipote, come ha fatto mio nonno con me . Dirò che anche io sono stata cieca per un attimo.

Dirò che dopo quei giorni avrei visto tutto in modo piu chiaro .

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Tutto

e

Niente

Fatti i cazzi tuoi che campi cent’anni Cent’anni sono tanti ma forse non abbastanza. di Silvia

Ma poi chi lo sa quanti anni sono abbastanza per ritenersi soddisfatti di aver vissuto per un certo lasso di tempo necessario a godere di tutto ciò che merita di essere goduto ? E poi oltretutto pare che il bello della vita stia anche nel superare una certa quantità di ostacoli e difficoltà, che diventi più forte, ti fai la corazza e migliori le tue abilità. L’abilità di vivere in un certo modo quindi l’acquisisci, tra le altre cose, scavalcando i muretti che la vita ti mette davanti. Che poi anche la vita non si potrebbe fare i cazzi suoi invece di metterti i muretti davanti a te ? Evidentemente non c’ha altro da fare.. e tu sei la vittima sfigata della tua stessa vita e ti tocca trovare dei trucchetti per tirare avanti e magari campare cent’anni e più.

Insomma, la vita il modo di farti AMMATTIRE lo trova sempre e te che cammini sereno verso i cent’anni o più devi stare attento che a un certo punto ti appare l’ostacolo davanti e se ci sbatti il naso stai un po’ di tempo a piangere perché ti sei fatto male, oppure il muro t’è caduto sui piedi e allora lì imprechi durissimo ma poi il dolore passa e comunque devi trovare il modo di oltrepassarlo. E lì continua a stare attento, perché magari nei dintorni c’è una scaletta o una corda e forse hai anche imparato ad arrampicarti nella vita, oppure impara proMARITTIMO

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listarella:

prio adesso a farlo! Magari c’hai uno zaino e dentro c’è un martello e allora demoliscilo quel cazzo di muro ma ci metti cent’anni, o forse meno se picchi forte ma poi dopo sei stanco morto e devi sperare che la vita non abbia in serbo per te un altro muro sennò son cazzi.

Insomma pare che avere delle abilità sia meglio che usare la forza bruta per avere a che fare con la vita e non rimanere cent’anni di fronte allo stesso muro. Ma poi s’e detto che è anche importante stare attenti, guardarsi intorno, ma anche dentro (allo zaino) per capire se ci sono gli strumenti giusti per scavalcare gli ostacoli che la vita, quella birichina, ti mette davanti.

Ma stai attento anche perché mentre vai verso i cent’anni o più magari ci sono delle cose belle da vedere, da fare e se stai coi paraocchi sul prossimo muro ti perdi le cose ganze e goderecce, che anche quelle ci sono.

Quindi insomma guardati intorno, poi guardati dentro ( si parlava di zaino prima ma qualcuno porta il marsupio o la borsetta o il trolley ma lo zaino secondo me è più comodo, è meglio ), prenditi il tempo per piangere se ti fai male o imprecare se ti arrabbi ( ma per poco sennò perdi troppo tempo e cent’anni sono tanti ma anche pochi ) e poi fatti i cazzi tuoi, che di roba da fare ce n’è.

MARITTIMO

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- “Ragazze vado a fare la spesa, vi serve qualcosa?”

- Ti andrebbe di raccontarci una storia? hai voglia di condividere o discutere?

- ”Io prenderei solo un’ insalata”

Paolo

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LOVE <3

L’Amore si dice, si pensa o si fa?

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LOVE <3

La posta del cuore di Marittimo

Raccontaci della prima volta che hai sentito le farfalle nello stomaco

Scrivi a: marittimotestata@gmail.com MARITTIMO

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LOVE <3

La prima volta che MI SONO INNAMORATA Avevo 15 anni.

Il mio primo amore l’ho vissuto sola, senza l’altra metà; o meglio, il mio primo amore l’abbiamo vissuto solo io e le mie amiche.

Cito testualmente dalla mia prima dichiarazione d’amore “ogni volta che ti scrivo mi sento più stupida ma allo stesso tempo più felice”.

Ebbene sì, ho dichiarato il mio amore folle e oggi, rileggendo quelle parole, mi faccio paura al punto che avvierei un procedimento penale contro me stessa per atti persecutori.

Tra le righe delle mie dichiarazioni però, si intravede la mano di una bambina coraggiosa, spontanea, senza filtri, fiera dei suoi sentimenti e di questo non mi pentirò mai. Le mie parole sono di una tenerezza che negli anni si è affievolita, lasciando, purtroppo, spazio ad una briciola di cinismo tipico dell’età adulta.

Guardando indietro vedo quanto credevo di stare male, quanto questi sentimenti non ricambiati mi apparivano sotto le sembianze di una montagna invalicabile e mi faccio una risata.

Facendo un resoconto di quel periodo, ciò che rimane davvero nei miei ricordi è: la presenza costante delle mie amiche che hanno pianto e riso con me; il più gran numero di sigarette (comunque poche) fumate nella mia vita, con loro, distese, piangendo, sul pavimento di casa di mia nonna.

Non vi preoccupate, dopo la mia vita amorosa è andata decisamente meglio!

(Niente firma. Grazie.

Vorrei evitare ulteriori magre figure) MARITTIMO

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LOVE <3

LEO, Ti voglio bene, 2021, Cera, pastello, pennarello su MarittimoTestata, Collezione privata, 15.000000000 $

LOVE <3

LOVE <3

Colpo di fulmine di zia Manu

Lui aveva dei capelli a caschetto biondi, con quella frangia disordinata sempre davanti agli occhi, da vero sciupafemmine. Era il più bello del mondo. Il brivido lungo la schiena (no le farfalle no) l’ho sentito per la prima volta quando il suo sguardo, distratto e strafottente, ha incrociato il mio per la prima volta. Diventavo rossa, mi sentivo inadeguata, timida, magra come un chiodo, e con quei capelli ricci impossibili che mortificavano le mie ambizioni di femminilità. Non gli ho mai detto del tumulto che mi provocava la sua presenza, ero perdutamente innamorata ma lui non mi vedeva nemmeno. Credo sia durato un paio di mesi, forse meno. Un amore non corrisposto non merita di sopravvivere troppo a lungo. Di lui però qualcosa è rimasto, da qualche parte in un cassetto: grembiule nero e fiocco blu, foto ricordo della IV Classe alla Scuola Elementare Mario Rapisardi di Catania.

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A me piace il mare, poi quando è estate che ve lo dico a fare... Mi piace anche fare foto spensierate con la macchinetta che mio papà mi ha regalato alla Prima Comunione (era il 2009).

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foto di Annachiara

Approci marittimi MARITTIMO

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Proibito di Aurora

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Ne esistono a bizzeffe di questo tipo di cose. Cose di un’estate di mare che speri sempre diventino materia ma non sai quando e non sai se lo vuoi veramente però restano nell’aria per un sacco di tempo. C O S E D I A R I A. A volte mesi, a volte anni, a volte tutta la vita. Loro se ne stanno lì sdraiate nei tuoi pensieri, che si alzano e si sgranchiscono e si fanno vedere quando meno te lo aspetti. Ed è quasi un dolore che siano lì, però un dolore di nuvola, soffice, un dolore piacevole. Improvvisamente ritornano e loro lo sanno come ti faranno sentire e iniziano a giocare con i tuoi pensieri, a saltarci la corda, a baciarli, a farci l’amore. A tutte le ore. Ossessione. E tu sei lì, che ti senti come in trappola in una vita che hai scelto e che però poteva anche essere altro. E a te piace da impazzire quella vita lì finché non ti ricordi che poteva essercene anche un’altra, con quella cosa lì. E chi saresti tu allora? E come sarebbe? Beh, Sicuramente più felice perché le cose di aria hanno sempre qualcosa in più delle cose della realtà. Sono sempre più bionde, più P A Z Z E, con la lingua più morbida, più per te. Tu credi. E allora come sarebbe? E come sarei? E H chi lo sa come sarebbe ah magari fosse beh ma magari sarà massì c’è tempo chissà la vita non sai mai come va a finire! Chi lo sa la vita. Giorni e giorni e giorni camminano mentre la tua realtà ti sta sempre più stretta come i jeans appena usciti dalla lavatrice, che combattono con la ciccia incazzata delle cosce. Poi alla fine loro si allargano quando li metti un po’..e anche tu. E allora torni alla tua realtà mentre pensi a dove vanno tutte le occasioni perse. Sono davvero perse?

La mia amica Giorgi dice che orbitano attorno a noi come S A T E L L I T I e che aspettano il momento giusto per tuffarsi su di noi. E io penso lo stesso da quando me lo ha detto lei. Per questo la mia cosa di aria resta sempre lì a sonnecchiare su una sedia di vimini in una stanza della mia testa gigante dai muri arancioni.

Perché un giorno uscirà, lo so, chissà da dove .. magari dagli occhi o dalle orecchie. Magari la tirerò fuori io con la mano. A me piace immaginarmi la mia cosa di aria che un giorno scende dal treno perché i treni sono nella mia lista delle sette cose più romantiche del mondo assieme all’erba e alle finestre senza tende e ai muri illuminati di sole e alle rose rampicanti (non quelle gialle né quelle bianche né quelle rosse. Quelle rosa) e alle cose che svolazzano e alle gambe umane nude sotto le magliette bianche. E i treni trasportano tantissime occasioni ogni giorno.

Lo fanno da quando esistono. Sono sicura siano nati soprattutto per questo. Spero che un giorno da un treno che arriva da nord scenda luccicante la mia occasione persa. Nuova di zecca. Tutta lì, piena, reale, la posso T O C C A R E. E la vorrei persino L E C C A R E, come i cani. E P R O V A R E l’elettricità e il brivido leggero di qualcosa che ha ancora il sapore dell’impossibile.

E S E N T I R E sulla pelle sui capelli sugli occhi sulle labbra sui piedi sulle mani sull’ombelico sulle cosce sul culo sulle spalle e fino nelle viscere più profonde il vero significato della parola F I N A L M E N T E. MARITTIMO

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Un articolo

mai scritto di TanAda

con

Anna De Franceschi di Annachiara

VIVA IL TEATRO, VIVA LA COMMEDIA! MARITTIMO

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Come stai?

le ho detto “voglio lavorare con voi!” e gli ho rotto il cazzo. Abbiamo rifondato Stivalaccio.

All’inizio eravamo noi 4 poi ci siamo resi conto che serviva un ufficio. Guidavo io il furgone, loro montavano i fari e poi io tiravo su le luci ma non potevamo continuare a rompere le palle a tutto il mondo per farci prestare un furgone e ci serviva un tecnico.Ora abbiamo una sede e siamo una decina.

Domanda di riserva?

Il 23 febbraio 2020, quando ci hanno chiusi, abbiamo tirato un sospiro di sollievo. Dopo due mesi intensissimi in cui abbiamo lavorato tutti i giorni. “Ah che bello ci riposiamo!” abbiamo detto.

L’estate, il panico. Con la questione del distanziamento tra noi attori e tra noi e il pubblico, i vari spettacoli in arene piccolissime con le persone tutte ammucchiate erano difficili da fare. Ci sembrò di far quasi niente in questi tre mesi. Però, cercavamo di vedere sempre il lato positivo: siamo riusciti ad andare in vacanza a luglio! Cosa impossibile prima! È stato pazzesco.

Il 9 ottobre, con Romeo e Giulietta, è stata l’ultima data. Richiudere è stata una botta emotiva gigantesca. È stata tosta. Rimasti a casa, il primo giorno ho provato ad andare in bici ma non ce la facevo. Sono tornata e mi sono buttata sul divano a guardare la Regina degli Scacchi tutto il giorno. Dovevo distrarmi per non pensare alla chiusura.

Ora ho un pensiero da coltivare. Sto preparando il mio nuovo spettacolo, Full Metal Ginger che andrà in scena in estate ma l’atteggiaento del: “c’è teeeeempoooo...” è sempre lì e con questa scusa fissarsi degli obbiettivi, lavorativamente parlando, è complicato.

Artisticamente ci lamentiamo perchè solitamente hai 3 settimane per preparare un lavoro. Ma ora, lavorare senza delle scadenze mi è difficile, posso farlo anche domani, tra due giorni, tanto c’è tempo...

Quindi fare l’attore è un lavoro vero!

Immaginavi che l’essere attore fosse più un’essenza o un mestiere a tutti gli effetti?

Finita l’accademia ho detto “ok, questo è quello che voglio fare. Punto” e quindi ho fatto di tutto per far si che diventasse il mio lavoro anche perchè inizi l’accademia che pensi di sapere un sacco di cose e quando la finisci capisci quante cose non sai e devi ancora imparare ma al di là di quello hai la certezza che vuoi fare questo per campare.

ah, fare l’attrice era il lavoro dei tuoi sogni da bambina?

Si, di film. In realtà volevo vincere un Oscar. Ma è ancora li eh! Guarda, ci sono attori che sono diventati famosi nel cinema a 60 anni. Secondo me da anziana sarò bellissima. Molto più bella di adesso e quindi vincerò un Oscar.

Durante il lockdown ho fatto alcuni provini. Il cinema è un mondo completamemnte diverso ma è lì e mi attrae.

Chissà cos’accadrà....

Ma qual è la differenza di recitare davanti ad un pubblico e davanti allo schermo della macchina da presa?

Come nasce la vostra compagnia?

È completamente diverso. Lo spettacolo teatrale è totalmente performante. Hai quell’occasione lì! Punto, fine. O ti va o non ti va. Non puoi dire fermi fermi ricomincio e soprattutto non sei solo tu!

C’è un protagonista in più. Il pubblico.

Lo senti, è vivo. Devi ascoltarlo sennò lo perdi.

Nel cinema l’attore ha un valore differente. É importantissimo, sia chiaro, ma ciò che gestisce il gioco è il montaggio.

Beh, io sono entrata di prepotenza. Ho provato a fare alcuni provini nella mia vita ma non fa per me... sono pessima.

Una volta ero ad un provino con Alessandro Gasman. Dovevo fare la parte di una arrabbiata. Ho pianto. Io non piango mai cazzo. Ho pensato subito “mi prenderà ovvio, guarda che bel pianto spontaneo!” peccato che non era quello che voleva.

Quando ho conosciuto Marco e MicheMARITTIMO

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Ti manca tutta la parabola della creazione. Nelle fiction poi, quando hai i micro ruoli da fare, hai la tua battuta da fare e ti dicono: “falla con rabbia o felicità “, un po’ come su Boris. Poi ovviamente dipende dal tipo di produzioni in cui finisci.

Mi piacerebbe sapere se durante gli spettacoli si instaura sempre un rapporto con i pubblico.

Certo, assolutamente. Noi facciamo commedia popolare proprio per questo. Nei nostri spettacoli il pubblico interviene e partecipa un po’ come se la sente.

Alcune volte solo perchè leggono sul cartellone che si esibisce Stivalaccio Teatro, stanno già ridendo quando entriamo in scena anche se non c’è nulla da ridere, altre volte ci mettono un po’ a lasciarsi andare.

Ma senti, è differente anche il modo nel quale ti immedesimi nel personaggio sul palco?

Certo. Nel cinema bisogna interpretare un ruolo che tenda al realismo e alla verosomiglianza. Puoi giocare con delle sfumature, con dei piccoli dettagli del viso, del corpo, del tono di voce. In teatro invece non puoi sussurrare. Devi giungere al pubblico.Devi essere molto visibile, grande e soprattutto il linguaggio teatrale è più sintetico.

Hai avuto un attore che ti ha fatto innamorare di questo mestiere?

Ho amato follemente Silvio Orlando.

Per me era l’attore più bravo che potesse esistere sulla faccia della terra. Mi faceva morir dal ridere e piangere in 02.

Tant’è che una volta, a Roma, l’ho conosciuto. Eravamo su questo tavolino a far colazione con altre persone e come una cretina non ho aperto bocca. Con un sorriso ebete sulla faccia.

Silvio Orlando è stato micidiale per me.

Poi ti fissi con altri attori come Ryan Gosling ma lì per altri motivi...(occhiolino) stiam parlando di cose di un certo tipo. É vero che per essere un buon attore

bisogna essere senza vergogna?

Assolutamente no. Ci sono tantissimi attori timidi, che si vergognano e soffrono di balbuzie e poi in scena non balbettano. C’è una quarta parete e quando tu entri in scena sei una cosa diversa da te stesso.Lì non sei te anche se sei te.

Cosa significa l’applauso del pubblico per voi?

C’è un aspetto tecnico ed uno emotivo.

Tecnicamente ti da i ritmi. Nei nostri spettacoli d’improvvisazione e di maschere, è un fine scena. Ti da il respiro e la possibilità di cambiare. Molto spesso quando scriviamo uno spettacolo appuntiamo: “e qui ci va l’applauso.” perchè sappiamo ci sarà. Quella volta che non c’è lo chiediamo. “Ma l’applauso?”

Emotivamente parlando è una conferma.

Ok ci siamo, ok gli piace.

Mi immagino che stare sul palco sia una botta di adrenalina pazzesca. Si soffre di astinenza da palcoscenico?

L’adrenalina è pazzesca. Ti fa stare lassù anche quando hai 38° di febbre e una caviglia rotta. Stare sul palco è proprio una droga. Infatti quando abbiamo smesso per il lockdown, mi è nato un rifiuto per il teatro. Era troppo doloroso non viverlo e il solo pensarlo mi faceva stare male.

Facendo commedia, le cose divertenti che dite fanno ridere anche voi?

un’impresa e paghiamo le tasse comunque. Cosa chiediamo? Fateci lavorare correttamente ma con intelligenza.

Quella che è la mia speranza di adesso è che con questa crisi le persone si siano svegliate e abbiano voglia di far valere i propri diritti di lavoratori. non siamo solo saltimbanchi che fanno ridere.

Siiiiiii si ride a manetta. Il teatro popolare è pericoloso: se ti metti a ridere in scena, il pubblico inizia a ridere ancora di più e li è la fine perchè ti vede bloccato. La risata è geniale ed è contagiosa per fortuna.

Ho letto che gli attori non vivono mai una vita reale perchè in qualche modo stanno sempre interpretando una parte e perciò la loro vita è come se fosse una continua performance...

Stivalaccio, che nome curioso! Da dove l’avete tirato fuori?

All’inizio inizio c’erano anche degli altri attori che venivano da tutto lo stivale ma siccome Michele, il nostro presidente, è toscano e insomma siamo tutti un po’ sgarruppati, ( scusa, erano sgarruppati! da quando ci sono io siamo fighissimi) è stato partorito questo nome.

Devi trovare il tuo centro! C’è il personaggio della sceneggiatura e te, con la tua voce, il tuo corpo, i tuoi capelli ect.. Il personaggio che prende vita sul palco è l’uninone di questi aspetti. Il fatto è che devi sapere bene chi sei te e cos’è il personaggio che interpreti affinchè uno dei due non prenda il sopravvento e ti ritrovi in una sorta di psicosi inesistente..

Hai qualcosa da dire ai giovani che non vanno a teatro? Perchè in fondo non è una cosa solo da vecchi.

Come fai a sintonizzarti con i personaggi che interpreti? Anche con quelli che non ti piacciono...

Eh purtroppo è passata questa informazione... Se pensi anche agli spettacoli che vanno nelle scuole cioè dici che cazzo è questa merda. È noioso non mi piace dura troppo non capisco. La scuola fa quello che può, con le finanze che ha e molto spesso si ritrova a prendere quello che le costa meno .... e poi la gente non capisce quanto possa essere bello. Il mio consiglio è di non mollare. Continuate ad avere fiducia in noi. Ce ne sono tante di tipologie di teatro.. uno deve iniziare a capire qual è la sua.

Io spero che la gente si sia stancata di Netflix.. hai bisogno di uscire e di fare altre coseeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee.

Andare a teatro è un’esperienza, ma bisogna saper scegliere, informarsi, chiedere e PRETENDERE.

Devi difenderli fino alla morte. Devi stare sempre dalla loro parte sennò viene fuori una macchietta. Se fai una caricatura del personaggio, quella rimane e non ti crederà nessuno. Devi credere in loro.

Se il personaggio è comico, è perchè possiede una doppia personalità. Ma se tu non fai intravedere questo conflitto interiore, che tutti noi abbiamo, perde di credibilità. Ed inoltre non fa ridere. La comicità sta nel contrastro.

Cosa desideri in questo momento?

Ah beh vorrei innanzitutto la tutela e la riconoscibilità del nostro lavoro. Si pensa sempre che l’aspetto attoriale sia una velleità, qualcosa che fai per divertimento.

E sono fortunata a fare un lavoro che mi diverte, che mi piace, ma è pur sempre il mio mestiere. Lavorare in ufficio, in un bar, un supermercato, un palcoscenico o una banca non è la stessa cosa. Non puoi trattare tutti i lavori allo stesso modo, ma li puoi tutelare tutti nella stessa maniera.

Non c’è ancora stata la riforma del terzo settore e quindi siamo costretti ad essere un’associazione culturale, però siamo MARITTIMO

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Per farti due risate, spulciati il calendario. il link di è questo:

https://www.stivalaccioteatro.it/

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La notte io vedo

di

MARITTIMO

Aries

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Espiazione

Brucia ma non si consuma

L’Appunamento

A

Metà della muraglia cinese dove le correnti si scontrano, dove le sciarpe annodate intorno ai colli prendono vita tra i profumi del cielo, dove i lacci delle scarpe i sciolgono e la pioggia entra nei calzini, dove dai tuoi dannati capelli volano via stormi di corvi grandi come galline.

Incontriamoci lì, un giorno che nevica, poggiati sulla soglia di un bar.

A guardà dai bordi del mondo il vento con nel petto un solo cuore.

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PUZZA di PISCIO di FlipDeGraaf

Firenze, 2021 VIETATO: Ridere Sedersi su panchine Amoreggiare Idratarsi Grattarsi la faccia Scaccolarsi

I bevitori anonimi di birre della Coop nelle strade a doppia uscita non sanno più dove pisciare.

Forza e coraggio che dopo aprile viene maggio

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Tutto questo, sia chiaro, per ipotesi remota illustazioni di Emma Michieletto testo di Giacomo Lamonica

Ho trovato questo brano tra le carte del mio prozio.

Un uomo molto attaccato alle cose, ai soldi diciamo.

Almeno questo è quello che mi raccontano in famiglia, non l’ho mai conosciuto. Comunque mi sembrava una cosa carina. Ho aggiunto qualche particolare per renderlo un po’ più attuale, ma il senso è quello.

Godetevelo.

1. Thinker 2. Red wine 3. Nightmares IG @emma.michieletto tempo di lettura: IN UN FIATO. MARITTIMO

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Il mio giudizio più sincero sulle persone senza denaro è di totale disgusto.

Non ci posso fare niente. Ecco, mi sembra già di vedervi voltare pagina.

Con distacco. Ma cosa ne sapete voi delle vostre opinioni. Poniamo il caso.

Diventate ricchi. Per ipotesi. Vi comprate di tutto. Vi sposate, se non lo siete già, fate una figlia bellissima, coi boccoli d’oro e gli occhi del colore dei minerali, lo sguardo puro e genuino di chi incarna i valori che difendete ad ogni costo, di chi crede all’uguaglianza sociale, di chi si reputa un privilegiato e non abusa della propria posizione di spicco. Poniamo che vostra figlia si chiami Elenoire. Un giorno, avendo compiuto i suoi sedici anni, Elenoire vi porta a casa il suo nuovo ragazzo. Poniamo che si chiami Denis. Ecco. Voi lo vedete mentre varca la soglia. Lui si sta guardando intorno, perché chiaramente è la sua prima volta in una barchessa di fine ‘700, completamente restaurata. Entrando in casa Denis è visibilmente spaesato. Forse è per questo che tiene una mano sul sedere di vostra figlia minorenne Elenoire dai boccoli d’oro. E vi viene da piangere. Vi accorgete che state stringendo tra le mani due pugni giganti armati in stile carpa koi, che è una delle mosse vietate dal codice etico dell’arte marziale segreta di cui siete ormai allievi di livello. Rilassate i muscoli. «Buongiorno, tesoro» dite e sentite il cuore mancare un battito. Vi sembra normale, dopo tutto. «Ciao, papi» dice il vostro unico amore sorridendo di gioia e vi sentite un po’ meglio fino a che «lui è Denis» una goccia di sudore gelido vi scende lungo le tempie nuove di zecca di capelli folti e riccioluti, freschi freschi di trapianto mono follicolare, una tecnica d’avanguardia che vi ha permesso di accedere all’illusione dell’eterna giovinezza. E tutto questo grazie al denaro. Denis vi guarda. È trasandato. Le scarpe sporche, i jeans rotti. La felpa col cappuccio, di colore nero, probabilmente acquistata ad un concerto.

I denti storti. Dice «come va» sollevando di poco il mento. Vi accorgete che l’unico vostro pensiero è di totale repulsione verso il povero Denis.

Ma resistete. E lo fate perché ci credete davvero. Le lotte di classe, lo Statuto dei Lavoratori, la Costituzione della Repubblica Italiana, sacrosanta e intoccabile, fa tutto parte di voi perché sono questi ideali, e non il denaro, a definirvi, a restituirvi ciò che vi permette di addormentarvi la notte come un bambino paffuto: il senso di identità. E quindi quando il timido Denis, non avendo ricevuto risposta, vi volta le spalle e inizia a sussurrare cose all’orecchio da coccinella di vostra figlia Elenoire e voi la vedete arrossire leggermente mentre sorride di un sorriso puro e incontenibile, in MARITTIMO

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quel momento, in quell’istante infinito vi sentite soli al mondo e realizzate che un giorno, non molto lontano, di voi non resterà più nulla se non il ricordo impresso con l’oro su una lastra di marmo nel cimitero della capitale. Ma l’idea della morte è solo un pensiero indotto, conseguenza inevitabile di alcune rivelazioni escatologiche che vi travolgono l’anima e il cuore: siete l’opposto di quello che pensavate di essere. Siete senza valori. Siete senza coerenza. Siete il fantasma che avete da sempre stigmatizzato sorseggiando whiskey col giudice «pensa ai migranti, per Dio, poveri cristi, dovete fare qualcosa, voi che potete» e intanto il magistrato che vi guarda perplesso riscoprendo in sé l’amore per le chiacchere da ricchi «ah, se fosse così semplice, caro mio, li salveremo tutti, ma cosa possiamo fare noi, nulla, credimi, abbiamo le mani legate» e intanto sorseggiate whiskey e vi ubriacate aha alla faccia dei migranti e di tutto il resto.

«Noi siamo su in camera, papi». Siete tornati con la mente lì dove non volevate più stare e guardate il vostro tesoro sparire su per le scale col rustico Denis. Vi girate. Lo specchio vi restituisce la vostra immagine, ma voi abbassate lo sguardo. Forse per non guardarvi negli occhi. Forse per vergogna. Forse per non vedere quello che rimane di voi. Andate in cucina. Stappate una bottiglia di rosso di Sassicaia. È solo per voi. Ve lo siete guadagnato col sudore della fronte. Aprite una delle ante del vostro frigorifero su misura e scegliete il pezzo di carne da rifilare a quel pezzente. Dovete fare in fretta, però, perché il tempo è denaro e voi lo sapete benissimo, ma soprattutto il tempo è feroce e non perdona. Pensate a vostra figlia in balìa dei sussurri di quel tale. Chiusi in camera. A fare cosa? È pieno di stanze in questa casa. Per Dio. Perché in camera da letto. Ma voi non andate nel panico, sapete controllarvi.

Quindi guardate la bottiglia di Sassicaia e pensate che certe cose non hanno prezzo. Pigiate il touch screen dell’interfono e aspettate. «Dimmi, papi». Oh amore mio cosa ci fai lì con quello là, pensate voi, ma in verità dite «ragazzi venite giù che ho aperto una bottiglia di quelle buone» e il vostro amore più grande vi rimbecca dritto nel cuore senza pietà «ma papiii». Sentite mancarvi il respiro per un istante ma siete in gran forma, cazzo, siete sul pezzo «dai su tesoro, così mi presenti il tuo amico». Silenzio. Ed ecco la sinfonia magica della voce di marmellata di mango di vostra figlia regalarvi il dono più bello di tutta la giornata: «arriviamo».

Ah che bella la vita, pensate.

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Ora Denis non indossa più la felpa col cappuccio, deve averla lasciata di sopra nella cameretta della vostra bambina. Il tavolo da 12 metri di legno massiccio vi permette di giocare con le distanze, per stabilire una qualche dinamica di potere-soggezione nei confronti di Denis, ora in maglietta maniche corte di colore rosso. Intravedete il segno di un tatuaggio spuntargli fuori dalla manica e quasi vi sentite mancare. Ma riprendente il controllo dei vostri sensi. Dei vostri pensieri.

Della ragione. L’apparenza, lo sapete, non determina chi siamo. Non incide sul nostro carattere, sulla nostra intelligenza, sul nostro giudizio. Se così fosse, sarebbe un mondo bieco e sudicio, e voi lo sapete.

L’apparenza è il bersaglio di chi non osserva, o di chi osserva senza comprendere. Vi sentite meglio. Senza volerlo, però, ripensate perché proprio lui. Perché Denis. Vi rendete conto che non è una mera questione di denaro. È classismo. Guardate quel parassita trangugiarsi la dose di vino che gli spettava e pulirsi la bocca col dorso della mano.

Vi sentite morire. Ma non è ancora il momento. Vostra figlia ridacchia.

Prende in mano il suo calice. E lo imita. No amore mio con il dorso della mano no. Ora è Denis che ridacchia. Ridacchiano tra di loro. Si sbaciucchiano. Vi sentite scomparire. Assorbiti dallo spazio-tempo. Risucchiati in qualche altra dimensione del cazzo. Deve essere un incubo. «Papiiii» eccola ancora ti prego amore mio non uccidermi «ti volevo dire una cosaaa». State per piangere. Ormai potrebbe essere qualsiasi cosa. Ma potrebbe anche essere che Denis è vegetariano o allergico alle noccioline o qualsiasi altra cosa che riguardi la cena e basta. Indicate il pezzo di carne. Giocate in anticipo. «Ah, tesoro, se è per il filetto possiamo preparare qualcos’altro». Vi compiacete. E fate bene, perché siete dei cazzo di numeri uno.

Ma Denis interviene. Senza essere interpellato. Dice qualcosa che non riuscite a sentire, perché lo dice sussurrandolo all’orecchio da chiocciolina del vostro amore, e lei ridacchia e poi dice «no no papiii, è buonissima la carneeeeeee» e poi ancora, senza avvertirvi, senza prepararvi, senza pensarci vi comunica che vuole lasciare il liceo e girare il mondo col suo nuovo ragazzo Denis e magari vivere in Australia per un po’, lavorando in un campo di patate. Tutto per ipotesi. Perché potrebbe anche essere la Colombia. O un campo di fragole. Vi irrigidite. Appoggiate il calice sul tavolo. Fate cinque respiri, come vi ha insegnato il sensei; e quindi li fate col diaframma. Ma non basta. Percorrete tutti i 12 metri che vi separano dal Denis senza dire una parola e lo afferra MARITTIMO

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te per il polso, stritolandolo. Lui mugugna qualcosa. Vi guarda senza capire. Iniziate ad accompagnarlo all’uscita. «Pa-pi» accenna Elenoire ma voi la fissate col vostro sguardo assetato di sangue e lei capisce che è finita per sempre. Con Denis. Coi suoi piani. Col suo futuro in Australia o in Sud America. Perché è intelligente. Perché, in fondo, lei è la cosa migliore che abbiate mai fatto e comprende ogni cosa. Intanto, Denis non prova nemmeno a divincolarsi. Si lascia trascinare.

Il che rende più agile la procedura di espulsione. Probabilmente stordito dalla situazione. Forse nemmeno quello. Forse è solo fatto così.

Insulso. Vi girate di nuovo per un millesimo di secondo. La vostra bambina è lì che guarda la scena con le lacrime agli occhi. Vorrebbe parlare, ma non ci riesce, perché ogni suono le resta intrappolato nella risacca del singhiozzo. Le cedono le ginocchia e inizia a piangere fragorosamente, mentre voi scagliate il povero Denis fuori dalla finestra. Nemmeno la porta, per te. È questa l’uscita coglione. Lo vedete atterrare sui cespugli e darsela a gambe. A mai più, pensate. E restate per un po’ a guardare la scena del Denis rimpicciolirsi sempre di più nell’orizzonte della vostra tenuta. Un puntino, ora. Una formichina rossa. E infine addio, caro Denis, addio. Silenzio. E poi eccola. Sentite vostra figlia urlarvi cose che non riuscite nemmeno a processare. E vi si spezza il cuore. Ma resistete.

Non vi girate. Non sareste in grado di farlo. Lei ve lo chiede però. Vi supplica di guardarla negli occhi. Ma voi no. «ti odio» a queste parole vi scende una lacrima fatta di cemento armato. Ma avete fatto quello che dovevate fare. Avete preso in mano la situazione. Avete salvato vostra figlia da un futuro di merda. Dalla povertà, dall’ignoranza, dalla droga, dalla carestia, dal sesso sfrenato, dalle malattie sessualmente trasmissibili, dal fast-food e dalla prostituzione e allora vi girate ma lei non c’è più.

Dove sei bollicina di sapone della mia vita, dove sei. Ti prego non mi fare questo, riappari, e sentite dei passi dal piano di sopra. Adesso dalle scale.

Amore mio eccoti, non te ne eri andata. Ma quando sbuca dall’ombra della scalinata non è più lei. Ha lo sguardo assente e indossa la felpa nera del Denis. Scende le scale. Si avvicina alla finestra. No la finestra no, ti prego usa la porta se devi proprio farlo. Ma invece è la finestra. Si lancia fuori, proprio come il Denis, e voi impassibili immobili paralizzati bloccati per sempre in un istante che si dilata e si dilata e vi comprime il petto e non vi lascia più scampo mentre il vostro batuffolino di cotone sparisce lungo il giardino, anche lei, nell’orizzonte della vostra tenuta. Questa MARITTIMO

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volta un puntino nero. Per la felpa del Denis, probabilmente acquistata ad un concerto. Sentite il cuore fermarsi ed esalate il vostro ultimo respiro mentre urlate con tutte le forze che vi restano il nome altisonante di quell’individuo inatteso. Coi pugni in aria, come farebbe uno scimmione.

E infine morite. Tutto questo, sia chiaro, per ipotesi remota.

Dovreste essere ricchi, prima.

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STESSA STORIA STESSO POSTO STESSO B A R

BU

GI A

di Psycho.

Non è più ne la stessa storia, ne lo stesso posto e tanto meno lo stesso bar.

Il bar non cè più.

Il bar non apre più.

Ho il batticuore.

Ho il batticuore ogni volta che vedo le porte chiuse.

Ho una strana sensazione addosso.

Dovremmo cambiare il testo alla canzone.

Dovremmo cambiare il testo di tutte le canzoni che dicono bugie.

Si bugie.

Oggi ce ne raccontiamo tantissime.

Tante bugie .

Tante bugie per autoconvinzione.

Bugie come mezzo di evasione.

Bugie per autocompassione.

Bugie per stare al centro dell’attenzione.

Ma la smettiamo.

Dico amo perchè siamo tutti.

Amò. Aò. Svegliate. Ripiate.

Si ripiate. Ma non puoi riprenderti le tue vecchie abitudini. È un circolo. Un circolo vizioso.

Ah no i vizi non ce li ho più.

Non c’ho più un cazzo.

STREAM OF CONSCIOUSNESS. Il mio cervello sta delirando.

La deliranza. Danzo. No. Non danzo. Mi siedo. Sono stanca. Ho fame. Ho sonno. Aiuto. Accanno.

Ciao.

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PWILLE OBE PPEOPLE LE testo e foto di Benedetta

Spesso sento il bisogno di fotografare non solo le persone che incontro per caso, a una festa magari, o in giro all’università, ma anche persone che conosco da anni, come amici e parenti. Lo faccio perché ho sempre sofferto il non ricordare perfettamente i volti su cui ho posato i miei occhi, sia quelli che ho osservato a lungo sia quelli che ho visto di sfuggita. Mi piace avere la possibilità di accedere a quell ricordo subito, immediatamente. Del volto voglio poter ricordare la curvatura del labbro, il sopracciglio meno folto, la punta del naso, la posizione dei capelli sulla fronte, le venature dell’iride, la linea delle spalle. In riferimento a ciò vorrei ricordare una frase citata dal regista tedesco Wim Wenders, del quale sono grandissima fan: “Something happens, you see it as it happens, you film it as it happens, the camera sees it and records it, and you can look at it again, afterwards.

The thing may no longer be there,

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but you can still see it, the fact of its existence hasn’t been lost… The camera is a weapon against the tragedy of things, against their disappearing. Why make films? Bloody stupid question.” Ovvero: “Accade qualcosa, tu vedi quella cosa accadere, la filmi, cioè la camera la vede e la registra, registrandola la puoi vedere quando vuoi, quante volte vuoi. Quella stessa cosa può non esserci più, ma la puoi ancora vedere, la sua esistenza non è andata persa… La camera è un’arma che va scagliata contro la tragedia delle cose, contro la loro scomparsa, la loro fine. Perché fare film? E’ una domanda dannatamente stupida.”

Beh, ecco, non ci potrebbero essere parole migliori per descrivere quello che cercavo di dire, il perché ho scelto di fotografare. Il volto di una persona è il ricordo di un momento, e credo siano i momenti a costituire la vita. Io voglio potermeli riguardare tutti, dal primo all’ultimo.

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IO MI PENSAVO CHE ERI SERIO crisi mistica: “tra due settimane uscirete”, poi diventarono quattro ed infine son diventati due mesi. In pratica peggio di mia madre quando mi diceva: “vieni qui che non ti faccio niente”. I giorni passavano, passavano, passavano, passavano, passavano, passavano, passavano e continuavano a passare, ormai non sapevi più che angolo della casa pulire. Era tutto così pulito che guardavi a terra e invece di vedere la tua immagine riflessa, vedevi Mastro Lindo che ti faceva l’occhiolino e che ti cedeva l’immagine sullo sgrassatore. Ma a parte gli scherzi, passiamo alle cose serie: gli aperitivi in quarantena! Quegli aperitivi che nonostante fossi a casa non sapevi se potevi farli o meno, anzi non sapevi neanche se potevi comprare l’alcol o meno. “Sarà un bene di prima necessità o no?”, questa è la domanda che ci siamo fatti tutti per due mesi interi. Che non sapevi mai se una volta posata

Bene Signore e Signori, come state? Vi siete ripresi? Ditelo anche voi che ormai non vedete più il meteo per capire se potete uscire o meno, bensì vi ritrovate a guardare se è uscito o meno il nuovo D.P.C.M. (Acronimo di Date i Pugni Contro i Menti).

Quest’ultimo è chiaramente più difficile da seguire senza le spiegazioni di Conte. Ma a proposito, ve lo ricordate? L’uomo che entrava nelle case di tutti noi, che ogni volta che parlava avevi in mano cazzuola e calce perchè sapevi che, prima o dopo, avresti dovuto murarti in casa. Le sue conferenze… le più attese della settimana… c’era chi si organizzava con l’aperitivo, chi doveva anticipare il “CE LA FAREMOOOO” in balcone e poi c’era lo stoico della situa che stava ancora dormendo (questi ultimi senza dubbio erano la categoria élite). All’inizio il nostro Presidente era un guru dell’ottimismo alla Richard Gere in piena MARITTIMO

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di Simone Giavara

la bottiglia di vino alla cassa saresti uscito illeso oppure se avresti vinto un soggiorno tutto pagato al 41bis. E poi accadeva, uscivi illeso e daje con la botta di adrenalina della settimana, che da lì a due minuti scemava peggio della\o ………………… (non lo so perché non conosco le droghe, riempi punti, caro lettore, con la droga che più ti affascina o aggrada). E finalmente arrivava il momento clou della giornata, l’aperitivo, che in realtà così lo si chiamava perchè: “ bevo visto che non ho nient’altro da fare era troppo mainstream”. Poi arrivava il momento bevuta con gli amici davanti a un computer o a un telefono mobile, che era una pratica antropologica ben attestata [ATTENZIONE: ultima frase da leggere con intonazione di Alberto Angela], pregando una connessione internet e soprattutto pregando che si facesse tramite skype.

Anche perché diciamocelo, chi aveva capito come si MARITTIMO

utilizzasse google meet con il famoso “crea una nuova riunione”? Manco fosse un impegno di lavoro. E poi nulla, iniziava la chiamata con 14 persone che per due ore non si capiva cosa dicessero, uno che parlava sopra l’altro, l’altro che sembrava stesse vendendo carciofi sull’Appia antica e altri ancora non sapevi se stavano comunicando in etrusco o erano semplicemente posseduti dal demonio. Insomma

fare l’aperitivo diventava come guardare una TV che non ha segnale. È così per

due lunghissimi mesi. E poi finalmente arrivò il giorno tanto agognato, la conferenza finale, nessuno ci credeva più, neanche lo stesso Conte (che nel mentre controllava se avesse i fogli giusti in mano), ed è successo: TANA LIBERA TUTTI! ma di quella estate, in realtà, nessuno ricorda molto… che forse è meglio va!

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Ortica

Od e

al

mattino

Quando mi sveglio e non ci sei mando a fanculo il giorno.

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Ortica

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En días algo grises de incertidumbre y confusión, nos ponemos a reflexionar.

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Pensamos en la montaña, el vino y les amigues

SIGAMOS ESTE CAMINO di GuiLet MARITTIMO

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FILM storyboard

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SCHEMA Le 11 Tavole RICORDA! 1. Non restare fermo ad aspettare il verde se per strada non c’è una macchina 2. Non mettere più di tre gusti nel gelato 3. Non ordinare mai una pizza quando sei all’estero 4. Non iniziare mai una frase con la parola oggigiorno 5. Non fare la fila per comprare cose che qualcuno comprerà prima di te 6. Non chiedere al paninaro di tagliarti il panino a metà

Vogliosa, umida e nascosta in un paio di mutande.

La bocca è diventata una fica.

Tutti dicono cazzate.

Di questi tempi abbiamo scambiato la nostra faccia con il culo.

7. Non fingere di intenderti di vino 8. Non guardare quei programmi con tribune elettorali 9. Non scrivere con le tue sporche mani sui vetri appannati 10. Non ripetere le cose più di una volta quando parli con qualcuno 11. Non decolorarti i capelli

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SCO OR O

PO MARITTIMO

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di Martina Mastromei Sara D’Amico

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Ariete (21/03-20/04)

(21/04-19/05)

Cari amici dell’Ariete, siete stati i primi ad arrivare al bar in questa zona gialla. Finalmente avete vinto qualcosa, ma vi siete già offesi perché nessuno ha voluto brindare con voi. Restate i più sexy dello zodiaco, ma probabilmente già lo sapete.

Locale del mese: 9/7

Pigri compagni del Toro, ci spiace informarvi che sono finite le scuse per non uscire. Adesso vi tocca alzare il culo dal divano e riprendere le fila di una parvenza di socialità. Ma non preoccupatevi, non dovrete rinunciare alla comodità, per ora sono legali solo i tavolini.

Locale del mese: La cité

Finalmente Gemelli potete smettere di parlare alle mattonelle del bagno e tornare a fermar gli sconosciuti per strada. È ora che smettiate di leggere uno nessuno e centomila per rispecchiarvi nelle vostre personalità e che usciate a spargere la vostra follia.

Locale del mese: Sosta dei Papi

Cari amici del cancro, il mondo non ce l’ha con voi e vi ha messo in zona gialla. Vi tocca uscire, ma non preoccupatevi troverete sempre qualcosa di cui lamentarvi. Con riluttanza ammettiamo che la vostra emotività ci era mancata.

Locale del mese: il Volume

Toro

Gemelli (20/05-21/06)

MARITTIMO

Cancro (21/06-21/07)

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Leone (22/07-22/08)

Vergine (23/08-23/09)

Il vostro ego risplende quasi quanto il sole di questa settimana.

Piove tutti i giorni. Ma non preoccupatevi ci illuminerete sempre voi e forse capirete il sarcasmo. La buona notizia è che rimarrete comunque i più radiosi anche sotto l’ombrello con la birra annacquata.

Locale del mese: I Macci

L’ordine metodico vi renderebbe perfetti per la municipale, ma siete a bere già da troppo tempo e avete ormai messo il vino in ordine di colore.

Tranquilli i tavolini sono igienizzati.

Locale del mese: l’articolo 17

Scorpione (23/10-22/11)

Bilancia (24/09-22/10)

Il vostro charme non interessa a nessuno.

Sono tutti troppo sbronzi per accorgersi del vostro alone di mistero nascosto dietro a troppi negroni.

Sono finite le scuse per l’essere ancora single, no nessuno vi sopporta e non è colpa del segno zodiacale.

Locale del mese: Rex

Siete felici che per una volta non tocchi a voi scegliere se uscire o meno, la zona gialla impone aperitivi serrati. Grazie a voi c’è qualche speranza di ritrovare l’equilibrio in questa folle baraonda.

Locale del mese: le Ménagère MARITTIMO

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Sagittario (23/11-21/12)

Capricorno (22/12-20/01)

Dovete finalmente smetterla di dire quello che si può e non si può fare, qualcuno scrive i dpcm e no, non siete voi. Molto apprezzata la parlantina al terzo gin tonic ma placatevi che l’emicrania viene a tutti.

Locale del mese: Santa Rosa bistrot

Riuscite a dare del filo da torcere persino alla municipale e no, non ne andrei fieri.

Vorreste comandare l’universo e invece siete solo in coda per il bagno. Per fortuna cari amici del Capricorno, la vostra testardaggine garantisce a tutti un posto al tavolino.

Locale del mese: Virgin

Acquario (21/01-19/02)

Pesci

(20/02-20/03)

Continuate pure a vagare nei meandri della vostra esistenza, non siete mancati a nessuno. Siete confusi e lo capiamo, ma anche in questa zona gialla siete quelli che sfoggiano i look migliori.

Locale del mese: The Box MARITTIMO

Siete gli ultimi dello zodiaco e nessuno riesce a dimenticarsi di voi. L’ultima volta che vi siete lamentati è esplosa una pandemia, ora vi prego uscite e tornate a bere tutti i gin tonic di sempre.

Locale del mese: da Carmelo 91

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IL NOSTRO SOGNO È LA PACE NEL MONDO E STAMPARE MARITTIMO. PER FARO ABBIAMO BISOGNO DEL TUO AIUTO. SE TI VA DI FARE UN’OFFERTA TI RINGRAZIEREMO CON IL NOSTRO AMORE ETERNO E CHISSÀ MAI, UN GIORNO, CON LA TUA COPIA CARTACEA DI MARITTIMO.

Grazie MARITTIMO

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Scansiona, dona, fatto.

In conclusione Un tradizionale GRAZIE a:

26 Splendide menti, 52 Curiosi occhi, 520 Rapide dita, 52 Chiappe sedute, che solo in 1 anno, hanno realizzato le fogne e gli acquedotti della nostra personalissima ROMA

MARITTIMO

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FINE