Vito Pavan - Viaggio nel colore

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VITO PAVAN Viaggio nel colore Catalogo a cura di Mario Guderzo Testi Mario Guderzo Bruno Passamani Ennio Pouchard Organizzazione della mostra Associazione Pro Bassano Curatore scientifico Mario Guderzo Comitato promotore Renzo Stevan, Luciano Fabris, Mario Guderzo, Flavio Reffo, Mario De Marinis Allestimento della mostra Renzo Arch. Stevan Mario De Marinis Progetto grafico e coordinamento editoriale Mario De Marinis Fotografie Vito Pavan Flavio Reffo Mario De Marinis Stampa Grafiche Novesi Febbraio 2019

Catalogo stampato in occasione della mostra

VITO PAVAN Viaggio nel colore

Bassano del Grappa 2 Marzo - 19 Maggio 2019 CORONA

Organizzata dall’Associazione Pro Bassano nel rinnovato SPAZIO CORONA in Largo Corona d’Italia a Bassano del Grappa, per ricordare l’amico Vito Pavan, attivo animatore della vita cittadina e instancabile promotore di iniziative culturali.

Si ringraziano tutte le persone che a vario titolo hanno offerto il loro aiuto per la realizzazione di questo progetto

In copertina l’incudine, 2005 - acrilico su tela cm 100x110 © 2019 Associazione Pro Bassano Opere provenienti dalla collezione privata della famiglia Pavan.


VITO PAVAN Viaggio nel colore


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Trovo particolarmente felice la scelta fatta dalla Pro Bassano di aprire il nuovo “Spazio Corona” con una mostra dedicata a Vito Pavan, indimenticabile bassanese, a lungo anima culturale della nostra comunità. Artista curioso e cantore appassionato della bellezza di Bassano, è stato tra i fondatori del Circolo Artistico Bassanese, premiato con la targa di benemerenza San Bassiano nel 1991, ed ha promosso con grande impegno il talento degli artisti cittadini e non solo, con l’organizzazione di iniziative e manifestazioni di grande interesse. Le sue opere, custodite dalla Pro Bassano, possono ora essere ammirate da tutti, in un luogo che sono certo Vito Pavan avrebbe apprezzato, non solo perché negli anni è sempre stato un luogo di accoglienza per i bassanesi e per migliaia di turisti che da ogni parte del mondo giungevano in città, ma anche per l’antico glicine che, soprattutto nel periodo della sua splendida fioritura, fa di Largo Corona d’Italia un luogo di grande fascino e storia. Mentre il mio pensiero commosso, di fronte alle sue tele e alla magia dei suoi colori, va a Vito Pavan e ai suoi familiari e amici, la mia gratitudine va ai volontari della Pro Bassano, colonna portante della nostra città, anima di mille iniziative e manifestazioni, custode preziosa delle nostre tradizioni. Il Sindaco Riccardo Poletto

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Tutto pronto caro Vito, eri ancora con noi quando, con gli amici Mario e Luciano ti abbiamo promesso di allestire la mostra con le tue ultime opere. Allora, a causa della malattia che ti ha colpito non ci siamo riusciti, però l’impegno preso non lo abbiamo mai dimenticato. Da quando ci hai lasciati, ci siamo fatti carico di custodire, catalogare e inventariare tutti i tuoi quadri e disegni e cercare i locali adeguati per la mostra promessa. L’occasione è arrivata con la concessione in uso alla Pro Bassano da parte dell’Amministrazione Comunale del fabbricato ex APT/IAT in Largo Corona d’Italia. Edificio che tu conoscevi e frequentavi spesso quando Luigi Agnolin presiedeva l’APT e tu eri a capo del Comitato Festeggiamenti. Dal prossimo due marzo, giorno dell’inaugurazione della tua mostra, questo edificio si chiamerà “Spazio Corona” e tornerà ad essere il contenitore a disposizione per esposizioni, incontri, workshop… come lo era in quegli anni. La mostra, che resterà aperta per due mesi, sarà l’occasione per mettere in evidenza l’importanza culturale e turistica che il nuovo spazio avrà per Bassano. Come vedi la Pro Bassano, gli amici e i bassanesi non ti hanno dimenticato, aspettavano da tempo di ritrovare esposte le tue opere espressione della tua creatività. Sarà una mostra completa e spettacolare, l’unica cosa che mancherà sarà la tua presenza, il tuo savoir fair, la tua eleganza, il tuo sorriso… la tua amicizia. Renzo Stevan con Pro Bassano

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L’atelier di Vito Pavan nella Caserma Cimberle Ferrari in viale delle Fosse a Bassano

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VITO PAVAN Diario di viaggio Mario Guderzo “Un dipinto è prima di tutto un prodotto dell’immaginazione dell’artista, che non deve mai essere una copia. Se, in seguito, può aggiungere due o tre tocchi di natura, evidentemente non fa male. L’aria che si vede nei quadri dei maestri non è un’aria respirabile. […]. Un dipinto richiede un certo mistero, un che di vago, di fantastico: quando si mettono sempre i puntini sulle “i”, si finisce per annoiare.” E. Degas, Note varie sulla pittura.

UN VIAGGIO TRA I SENSI Entrare in relazione diretta, quasi fondersi con la materia per viverla come propria e darle animo, è ciò che Vito Pavan intendeva compiere con i suoi dipinti. La sua era una convinzione profondamente radicata che lo ha portato ad adottare un’espressione artistica, carica di creatività, nel tentativo di rappresentare la prospettiva più consona alla sua personalità, perché con essa è stato possibile fruire della dimensione autentica e completa del reale e di tutti i suoi molteplici aspetti. Pavan ha cercato di plasmare con forza viva, compendiata dai sensi, la materia per veicolare all’interno delle opere la sua visione della realtà. La necessità di cogliere questa dimensione lo ha portato alla convinzione che la materia non è solo una condizione dell’arte, ma la tensione dell’artista che non si ferma, ma procede oltre. I sensi, infatti, parlano all’uomo con un linguaggio arcano, ed è solo quando l’artista scopre questa specificità che si attiva la relazione tra l’interiorità e la necessità di esprimersi con la forma. Allora l’opera d’arte diventa una questione vitale che si completa e favorisce una fusione totale tra materia ed espressione sensoriale. L’interiorità dell’uomo diventa esteriorità dell’artista ed il suo “prodotto” potrà trasformarsi in parole, suoni ed immagini. L’opera d’arte si costruisce senza concetti che pretendono di definirla e parla un linguaggio che rende evidente il “mistero” che è in ognuno di noi, facendo sgorgare una sorgente di idee e portandosi a quella contemplazione ragionante che è il fine ultimo della ricerca artistica la quale non si ferma alla sola sensazione, ma procede oltre diventando vita. Cogliere la finalità di un’opera d’arte significa, quindi, tentare di dare comunicabilità alle facoltà dell’animo in modo preciso, ma spontaneo, e consente la piena espressione anche per chi gode dell’opera d’arte stessa.

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Ecco perché Vito Pavan si è dedicato a far ‘abitare’ le sue tele da ancestrali figure che emergono e vivono lo spazio in cui sono immerse. La sua attività d’artista è diventata un viaggio ed ogni dipinto si è trasformato nelle pagine di un diario che racconta l’istante ‘magico’ della creazione. Le sue pitture diventano così partecipi, attraverso il colore, dello spazio, sofisticate atmosfere che rinviano anche ad interpretazioni di figurazioni scultoree. Ma è alla pittura che viene affidata la trasmissione della sua poetica visione. Essa, infatti, è la prima forma di arte ‘bella’, in quanto è l’espressione più diretta, poiché non costruisce una realtà virtuale, ma plasma una forma e coglie l’attimo pieno di vita. “L’armonia del nostro tempo non debba essere ricercata attraverso una via “geometrica”, ma al contrario attraverso una via rigorosamente antigeometrica, antilogica. Questa via è quella delle “dissonanze nell’arte”, sottolineava Kandinskij e seguendo questo rifiuto della linea a vantaggio della libertà del colore Pavan si è espresso. Gli artisti migliori della generazione attuale hanno imparato a non lasciarsi più guidare la mano in bravure realistiche, ma hanno sempre convogliato la loro rappresentazione verso una chiarezza assoluta così come i sentimenti dell’uomo più puri si manifestano con forza e sono in grado di provocare visioni impressionanti e quasi ‘metafisiche’, cioè capaci di andare oltre la realtà. Sono pronti piuttosto ad affrontare direttamente la tenace tempra degli amalgami materiali più nobili, pur di ritrovare le ragioni di una verità plastica più legittima di quella naturale. Hanno, in una parola, compreso come le fasi per le quali il pittore deve passare, dal momento in cui concepisce l’opera, sino a quello in cui le assegna l’ultimo tocco, siano le stesse per le quali sono passati gli altri che lo hanno preceduto.

ATMOSFERE MEDIATE DAL REALE Della lunga esperienza artistica di Vito Pavan, costruita direttamente nel rapporto tra superfici e materie, rimane oggi una memoria profondamente radicata nei luoghi della sua creatività tesa al diretto contatto con il ‘fare arte’. La sua presenza costante in esposizioni collettive e personali di pittura e la sua prima produzione testimoniano un iniziale approccio ad una ricerca naturalistica che molto si confà alla genesi di un artista veneto. Il suo percorso artistico è avvenuto in una forma lineare, direttamente a contatto con le testimonianze dell’evoluzione dell’arte italiana e straniera che, a partire dagli anni Cinquanta del Secolo scorso, giunge integra alla contemporaneità. La stessa collocazione di sue opere in collezioni ci attesta il valore della sua attività. Inoltre Pavan si è formato in una città in cui la tradizione artistica vanta una storia antica, in cui la cultura ha goduto di profonde radici e dove è sempre stato possibile arricchirsi sensibilmente, assorbire esperienze, assimilare tradizioni, approfondire maniere e confrontarsi con la realtà. E’ rilevante, allora, constatare come Pavan non abbia mai avuto timore di confrontarsi con i luoghi della memoria, quei luoghi in cui gli eventi storici sono diventati testimonianze: i musei, per esempio, dove avviene l’incontro con le opere dei grandi protagonisti dell’arte veneta che lo hanno portato a meditare sui generi dell’arte attraverso i ritratti, le nature morte, i paesaggi e le vedute che vengono da lui assimilati ed interpretati secondo uno stilema molto personale. I confronti, pertanto, con la storia e poi con quegli autori che testimoniano la tradizione della cultura figurativa dell’ultimo Secolo, lo hanno profondamente formato. Come Savinio che sosteneva il valore della pittura sottolineando che “Dipingere sempre più forte, significa portare con ogni mezzo la “cosa” dipinta al suo massimo d’intensità: richiedere a ogni segno, a ogni pennellata il massimo risultato. Dipingere forte per accrescere la portata della “parola” pittorica: per “cantare” la parola pittorica, come si canta la parola liturgica, e renderla più lunga e risonante; noi che dobbiamo parlare di là dagli occhi che ci guardano, di là dalle montagne che si chiudono, di là dai mari che ci separano, di là dai secoli che ci aspettano”, così Pavan si è dedicato alla resa di atmosfere su superfici piane attraverso una grande maestria nell’uso del colore.

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Pavan si è confrontato con suggestioni stilistiche ed atmosfere coinvolgenti, realizzando eleganti composizioni cromatiche, ma, soprattutto fino agli anni Settanta, la sua attenzione è stata rivolta alla rivisitazione dell’espressionismo confrontandosi, a volte, con alcuni maestri, i più rappresentativi di questo linguaggio, che hanno sempre creduto nell’uso nel colore come strumento per raccontare la propria storia. Ed è proprio da questi maestri che ha ricavato il valore ed il ‘gusto’ del colore: un colore equilibrato, tra toni e timbri, capace sempre di evocare atmosfere particolari. Gli spazi sono risolti con segni dirompenti e colori puri ed intensi, in cui si manifesta un tentativo di proporre l’infinità dei luoghi e la rarefazione della luce in una continua, addirittura martellante, scomposizione e ricomposizione dei soggetti. “Le combinazioni sono illimitate: la mescolanza di colori dà un tono sporco; un colore solo è crudo e non esiste in natura. Essi esistono soltanto in un arcobaleno, ma la natura nella sua ricchezza ha avuto cura di mostrarceli gli uni accanto agli altri, in un ordine voluto e immutabile, come se ogni colore nascesse dall’altro”, così scriveva Paul Gauguin.

Acrilico su tela, 100x100 cm

COLORE PER COLORE Quello che si verifica, nel percorso della pittura di Vito Pavan è uno spostamento da una rappresentazione naturalistica all’accentuazione proprio dell’uso dei materiali, che vengono invocati per attuare una traduzione dell’immagine in una forma d’interpretazione della materia stessa, plasmata sulla tela, fino a spingersi verso pure astrazioni. A partire dagli anni Novanta, possiamo dire che la conclusione stilistica cui approda è indirizzata ad un recupero sempre più “forte” del gesto, del segno e del colore, utilizzati per una traduzione più emozionale della rappresentazione. L’approdo finale dell’artista è relativo al connubio tra realtà e pittura che è diventato fondamentale nella sua arte. Il rimando a Kandinskij appare, perciò, naturale: “Il valore del verde chiaro e vivace, del bianco, del nero, del rosso carminio e del giallo ocra, viene così sottolineato. Sono impressioni che diventano un elemento tangibile per rapportarsi ad altre emozionanti sensazioni, come quelle che si possono ricavare dall’ascolto.” Scopre così accostamenti fortissimi, dove l’uso di colori scuri, il blu ed il rosso predominano e dove la pennellata diventa ‘maniera’ e metodo per far risaltare la sua sensibilità che ha necessità di emergere e di diventare con forza e con decisiva convinzione la rappresentazione più profonda e determinante di una stato d’animo che apparentemente sembrava solare, ma che era pervaso nell’intimo da dolcezza e, allo stesso tempo, da una certa sensualità. Pavan come Kandinskij annuncia, nei suoi dipinti, un messaggio definitivo sulla sua arte: “io sogno un’arte equilibrata, pura, tranquilla, senza soggetti inquietanti e preoccupanti, che sia per ogni intellettuale, per ciascuno di noi un esempio lenitivo, un calmante cerebrale”. Ed è proprio grazie al connubio tra la sensibilità della visione e la traduzione di un’immagine su una tela che il segno ed il colore assumono un compito estetizzante fondamentale.

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ESPRESSIONISMI

CONCEPIRE LA PITTURA

Di Vito Pavan, Bruno Passamani scrisse. “Nella luce della mia memoria, ecco gli estemporanei vestiti in lino leggero, con le cravatte sgargianti, che Vito sfoggiava per i suoi ludi di simpatico seduttore, tra Crespano e Mussolente, e quella sua pittura satura di atmosfere tutta veneta e memore di maestri come Saetti e Santomaso, pittura trasparente come i vetri soffiati dai maestri muranesi che, nella sua fragile e spaziosa, dinamica immaterialità, riflette i cieli dei mezzogiorni bassanesi, come quelli, spazzati dalle fini e salubri arie del Grappa, che sapeva dipingere il grande Jacopo”. Per arrivare a questi risultati il suo percorso è derivato da una sensibilità non comune, segnato da una passione viscerale nei confronti della vita, dal bisogno di stare a contatto con la gente, in relazione con il mondo “altro” da sé. Ma Vito Pavan non ha mai sottovalutato la tecnica e la ricerca artistica, il suo espressionismo astratto sapeva manipolare il reale, decontestualizzarne le parti e ricollocarle entro un reale “alternativo”, metaforicamente risignificate dal sogno, che si manifesta come lo spazio della memoria sollecitata. La sua pittura ha un centro, in cui la potenzialità del colore entra nello spazio del mistero e prende il sopravvento sul racconto essenziale, proponendosi come un sogno dirompente.

Il nuovo modo di concepire la pittura e l’arte secondo le esigenze della cultura contemporanea, costituiva, per lui, una nuova conquista e una nuova affermazione dei concetti evolutivi dell’arte come della cultura, anche se bisogna dire che Pavan non ignora l’apporto della tradizione e proprio partendo dalle nozioni e dalle tecniche tramandate nel tempo è stato capace di realizzare una vera evoluzione della sua pittura. Per questo motivo la strada che percorre lo porta ad un deliberato impiego di tecniche diverse che assumono toni evocativi di “movimenti” musicali. Le sue opere vanno pertanto lette con questa precisa ottica e con questo intendimento. Si noterà facilmente allora come anche in Pavan ci sia stata un’evoluzione passando attraverso una pittura figurativa, cioè naturalistica, per giungere ad una pittura essenzialmente astratta, collocabile in quello che si può definire “neoespressionismo astratto”. Il passaggio non è certo stato facile né casuale, ma graduale e, soprattutto, motivato e rigenerante. Ogni artista, infatti, nel suo intimo è mosso dal desiderio di sperimentare nuove strade e, nello stesso tempo, di offrirsi agli altri, di presentare ‘qualcosa’ di nuovo, perché ogni suo progredire è una vera ragion d’essere. Non si tratta di ricercare la novità fine a se stessa, bensì di un incentivo ad un cammino più spedito verso ideali sempre più concreti e realizzabili. Bisogna dire che l’artista sia riuscito nel suo intento, qualche volta la sua pittura potrà sembrare di non immediata comunicabilità e richiedere pause di riflessione e di concentrazione, così come lo è stato per lo stesso pittore, che non è giunto alle sue ‘scoperte’ con immediata illuminazione, bensì dopo lunghe e, sicuramente difficili, esperienze. Pavan invita l’osservatore a penetrare nell’idea da lui espressa con l’immagine, per giungere a comprendere appieno il significato di quelle atmosfere che egli costruisce, elabora ed arricchisce di forme e di cromatismi. D’altra parte la pittura moderna o contemporanea permette all’osservatore di aggiungere altri suoi pensieri a quelli già espressi dall’artista e di diventare così ‘co-creatore’ delle sue opere. In un simile contesto è evidente l’ottimismo di Vito Pavan, in cui si riflette la sua serena sensibilità, la sua disinvolta ‘estroversibilità’, peculiarità che inondano con la loro presenza ogni opera. Pavan non ha timore di rivelarci il suo mondo interiore,

Acrilico su tela, 100x100 cm

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anzi, lo rappresenta con sequenze armoniche di forme e colori in immagini che determinano tipiche atmosfere proprie dello stile dell’artista, stile molto personale e nel quale si riscontrano elementi tecnici e compositivi che danno alla struttura d’insieme una forma intrinseca più che avvincente. A conferire carattere, dunque, forma e senso alla sua vicenda espressiva è stato, ed è, quell’intreccio di pittura ed emozioni che sono proprie di una acutissima sensibilità nei confronti dei colori, dei suoni della materia e dello spirito che tradotti sulle tele contraddistinguono in modo la vicenda di un artista e la sua produzione artistica. La conclusione la sottoscrive Apollinaire: “Con buona fede assoluta e con la pura preoccupazione di conoscere se stesso e realizzarsi, questo pittore non ha smesso di seguire il proprio istinto. A questo lascia la cura di scegliere fra le emozioni, di valutare la fantasia, e inoltre di scrutare profondamente la luce, nient’altro che la luce. La sua arte si è fatta più spoglia e, nonostante la semplicità sempre maggiore, è tuttavia divenuta più ricca.”

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Acrilico su tela, 100x100 cm


Prima di tutto Papà! Un papà non molto severo, un papà al di sopra delle righe. Un papà che ci ha insegnato l’educazione, il rispetto verso il prossimo e la libertà di pensiero. In casa si respirava l’arte, con un viavai di amici artisti, da Andreose, Ilfiore, Breggion, Pistorello, Furlan e molti altri. Un uomo, un signore d’altri tempi. Elegante, raffinato e colto, un uomo con un saluto e una parola per tutti. Ringraziamo la Pro Bassano per il bellissimo omaggio fatto al nostro caro papà. Una mostra che aveva preparato con grande amore, ma che purtroppo non è riuscito a realizzare a causa della sua malattia. Quindi ancora di più grazie a tutti quelli che hanno voluto coronare il suo ultimo desiderio. Il ricordo dei figli

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Foreword: PAVAN Bruno Passamani

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Sono particolarmente grato al caro amico e collega Mario Guderzo per avermi offerto l’opportunità di attestare l’affetto e la stima verso Vito Pavan, figura di uomo e di artista al quale opportunamente si vuole fare omaggio. Conservo di Vito un ricordo felice e luminoso nel quale si materializzano figure familiari dell’orizzonte artistico bassanese, come Danilo Andreose, Bruno Breggion, Ennio Verenini, Natalino Andolfatto, il fiore, Rino Furlan, Federico Bonaldi e Gino Pistorello; era la compagnia che si trovava puntualmente ai tavolini del “Pick Bar” e della “Veneziana” e che anticipò il Circolo Artistico Bassanese, discutendo dell’arte con quella cadenzata e musicale parlata, della quale conservo nostalgico ricordo. Nella luce della mia memoria, ecco gli estemporanei vestiti in lino leggero, con le cravatte sgargianti, che Vito sfoggiava per i suoi ludi di simpatico seduttore, tra Crespano e Mussolente, e quella sua pittura satura di atmosfere tutta veneta e memore di maestri come Saetti e Santomaso, pittura trasparente come i vetri soffiati dai maestri muranesi che, nella sua fragile e spaziosa, dinamica immaterialità, riflette i cieli dei mezzogiorni bassanesi, come quelli, spazzati dalle fini e salubri arie del Grappa, che sapeva dipingere il grande Jacopo. Brescia, settembre 2007

Figura e metafora nelle spazialità reali e simboliche di Vito Pavan Ennio Pouchard

Le piazze, i tetti e gli scorci di Bassano, i volti familiari e le figure caratteristiche, come i “marangosèi”, erano i soggetti con cui era cresciuta la pittura spontanea di Vito Pavan, tra gli anni Cinquanta e i Sessanta; allora si parlava della sua “sincerità” e “chiarezza”, non esitando a definirle “grandi”, o della sua “calda e travolgente sensualità” per le forme e il colore dei nudi femminili. Ma lui, il non più giovanissimo pittore bassanese (filava verso i quaranta) stava elaborando un suo linguaggio figurativo nuovo; e si sentiva pronto a portarlo e portarsi oltre il fiume, le mura, i vicoli, le torri e i fantasmi della sua città, per inserirsi in quell’ambito senza confini e vincoli — pur senza allontanarsi dalle cose amate — dove l’atto creativo si fa più categoricamente mentale e intellettualmente libero. Così, dai Settanta agli Ottanta si sarebbe compiuta la metamorfosi per la quale — così ebbe a scrivere un autore molto stimato dal pubblico locale — era legittimo dire che la sua pittura non si limitava a rappresentare, poiché aveva acquisito la capacità di esprimere. Tradotto nella terminologia propria della storia dell’arte, Pavan aveva giudicato superati i motivi del pittoresco, dell’ispirato, del descrittivo o, in forma meno mimetica, dell’allusivo, per adottare — senza formule, o riferimenti agli esempi trainanti del periodo — la poetica di un espressionismo tendenzialmente astratto, sebbene non del tutto non-figurativo, reso concreto da titoli chiarificatori. Certo questo suo fare non escludeva la forte suggestione della memoria, o delle memorie; metabolizzate, però, in un processo evolutivo cresciuto in lui attraverso una ricerca impegnata, forse non palese, ma innegabile. “Privazione, ‘avarizia’, ricchezza folle, ‘prodigalità’, scoppio di tuono, ronzio di zanzare. Ecco che cosa c’è in un quadro. Non ci voleva meno di millenni per arrivare al fondo, ai limiti estre-


mi delle possibilità…”: leggiamo queste parole, a firma di Vasilij Kandinskij, in una delle citazioni inserite nel catalogo di Vito Pavan. Fossero già note all’artista, o no, è da meditare il fatto che alle sue opere, dagli anni Ottanta in poi, esse si possano agevolmente adattare. Però, se ricchezza folle, ‘prodigalità’, scoppio di tuono appaiono compatibili con le dominanti gestualità del nostro pittore, sarà improbabile, a prima vista, che privazione e ‘avarizia’ sembrino appropriate al

suo fare; sempreché non vengano associate concettualmente al rigore cui egli, nel costruirsi, si è sottomesso, accettandone le relative rinunce e le conseguenti forme anche severe di parsimonia, da non intendere in senso strettamente materiale: non si vedranno nel dipinto come dice Kandinskij, ma si potrà convenire che sono parte della sua realtà. Quanto al ronzio di zanzare, si pensi all’insistente ripresentarsi, qua e là nelle opere di questo catalogo — certamente non casuale, piut-

Acrilico su tela, 100x100 cm

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tosto, quasi subdolo, perché in apparenza immotivato, e pertanto misterioso — di elementi grafici o numerici: quel “5”, per esempio, che ritorna nelle tre riuscitissime versioni di Ossessione (datate 2001 e 2002) e in Computer del 2002. Mi chiedo: pensando al clima di straordinaria prolificità che ha caratterizzato il lavoro del pittore nell’ottavo decennio della sua vita (di cui l’esposizione intende coronare il recente compimento, il 3 agosto scorso), sarà lecito supporre che consapevolezza ed esperienza abbiano generato in lui, coniugandosi, la sottile, insinuante, eppure rassicurante saggezza del dubbio? Come un ronzio, appunto. Io credo di sì: lontano dall’ingannevole certitude juvénile, infatti, l’artista può così placare — proprio con l’accettare l’insicurezza connaturata nelle cose — l’inquietudine del contrasto da lui stesso denunciato tra l’intelligenza razionale e l’agitarsi compulsivo della psiche. Sta in questa logica anche l’inclinazione al ragionare esatto rivelata da quel suo insistere a dipingere nel formato quadrato (rigorosamente 100 x 100 centimetri): ben cinquantasei tele su un totale di settantuno, ossia l’ottanta per cento, contando separatamente le quattro dello straordinario Polittico, ed escludendo le undici opere su carta, realizzate su tagli di dimensioni standard. L’essenza del lavoro di Vito Pavan, comunque, va ricercata al di là di queste considerazioni, fin dove ci porta la sua felice inventiva, basata su un intransigente bisogno di libertà e una conoscenza

costruita sul campo, verificabile in quella “fragile e spaziosa, dinamica immaterialità” proposta nella premessa di Bruno Passamani. La scelta porta a un prevalere netto di opere recenti: quasi cinquanta quelle datate dal 2004 al 2007, contando come opera unica il citato Polittico, più altre sedici dal 2000 al 2003. Quel che rimane, e si dipana negli anni dal 1978 al ’99, vale più per far vedere che la pittura di oggi ha radici profonde che come documentazione, essendo chiaro che la fase più matura ha caratteristiche già ben delineate trent’anni prima: le forti modalità timbriche, la costruzione razionale dell’impianto globale, un tutto-pieno che fa esplodere idealmente il dipinto oltre i bordi della tela, il continuo rapporto con una realtà inventata e rivelata dai titoli, quasi una natura naturans a-temporale. La presenza dell’umano è ricorrente. Per l’elemento femminile, ha versioni concettualmente e pittoricamente diversificate. Chiaramente evidenziata nei Nudi sparsi nel tempo, dov’è delineata con tratti sinuosi e vibranti, appena sfiorati dal manto lieve di ampie macchie grigio-trasparenti, o tagliati da rapide pennellate azzurrine. Quasi allusa quando si manifesta in composizioni di geometrie variamente assemblate, in una scala di colori espansa fino all’acceso del rosso carminio, esasperato da uno sguardo opaco affiorante da un’ombra buia che assorbe la testa. Quale pittoricissimo groviglio percorso da due larghe pennellate che disegnano di sfuggita

Acrilico su tela, 100x100 cm

Acrilico su tela, 100x100 cm


un corpo ad anfora, dove spiccano i segni tipici di seni e sesso: due tondi e un punto in mezzo, una foglia stilizzata; ma cosa significano, lì, le parole tronche “…a don…” scritte in corsivo, come il residuo di “la donna”, o “una donna”? Più genericamente, invece, le presenze possono essere solo intuibili attraverso tracce legate al loro vivere. Forme brulicanti attorno al tondo giallo di un Circo del 2003, quasi una grancassa marcata di geometrie bianche e blu. Segni-essenze, violentemente marcati sulle aperture rosse tra due ante nere, con riquadri sghembi in oro zecchino (Finestra del 2004). Vaghi richiami nei Momenti, che si ripetono dal 1979 e oggi arrivano al numero 18, dove tutto sembra rimandare a una dinamica spaziale accesa dai bagliori geometrici di non riconoscibili astronavi. Metafora forte, infine, in quella specie di colonna senza fine costituita, alla maniera di Brancusi, dall’insieme ascendente del Polittico: quattro metri di forme bianche agitate, che si stagliano in un impianto timbrico-geometrico intricato, di non lontana matrice cubista. Altre sono le incursioni che Vito Pavan continua a compiere nei domini della forma pura, dello spazio reale e simbolico, del segno, del ritmo, del colore, dell’espressione e dei significati. Notevoli, per esempio, le composizioni Blu-Nero-Oro e Rosso-Nero-Oro del 2004, totalmente prive di richiami figurativi, dove lacerti gestuali s’innestano su forme rigorosamente rettangolari. O le altrettanto astratte Composizioni 2003, 2005 (in Acrilico su tela, 100x100 cm

numero di due) e 2007, marcatamente delineate dall’energia del segno-disegno. Sempre su questo versante si situano le invenzioni intitolate Meccanismo, la cui numerazione — compresa nel titolo, dal 2004 e fino a oggi — qui arriva al 7, che mi sembra un traguardo alchemico: costituiscono un insieme convincentemente coerente, meritando di essere considerate come un’opera unica ed emblematica. Nessun meccanismo reale somiglia ad alcuna di esse: semplicemente ne rappresentano l’essenza, o, platonicamente, l’idea.

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Acrilico su tela, 100x100 cm


Leggere la realtà attraverso le forme e interpretarla con i colori è una prerogativa degli artisti, a volte i nessi sono immediatamente percepibili perché realistici e familiari, altre volte provocano rottura perché non conformi, disagio perché colpiscono, curiosità perché veicolano messaggi da decifrare attraverso un gioco di proposte dell’artista al suo pubblico. L’ispirazione non è scontata e mediata ma prepotente, esige a volte con frenesia di trovare realizzazione.

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Il mistero sono le mani che lavorano e creano, il risultato che offro è la mia lettura del Mondo, della Vita e delle Cose, non passiva, ma forte, tagliente, energica. Vito Pavan


OPERE

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SacralitĂ

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Inchiostro acquerellato su carta, 240x330 mm


Tecnica mista su cartone, 440x510 mm

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Acrilico su tela, 100x100 cm

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Acrilico su tela, 100x100 cm

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Tecnica mista con foglia oro su forex, 170x230 mm

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Tempera e acquerello su carta, 500x700 mm


Tempera e acquerello su cartone, 500x700 mm

Tempera e acquerello su cartoncino, 500x700 mm

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Acrilico su tela, 100x100 c

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Tempera e acquerello su carta, 240x330 mm


cm

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Atmosfere

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Inchiostro e acquerello su carta, 240x330 mm


Acrilico su tela, 100x100 cm

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Tecnica mista su cartone, 500x700 mm Acquerello su carta, 240x330 mm

Acrilico su tela, 100x100 cm


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Acrilico su tela, 100x100 cm

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Tecnica mista su tela, 100x100 cm

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Acrilico su tela, 100x100 cm

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Tecnica mista su tela, 100x100 cm

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Acrilico su tela, 100x100 cm

Tecnica mista su tela, 100x100 cm


Acquerello su cartoncino, 150x150 mm

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Acquerello su cartoncino, 500x700 mm

Acrilico su tela, 100x100 cm

Acrilico su tela, 100x100 cm


Acrilico su tela, 100x100 cm

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46 Matita e acquerello su cartoncino, 500x700 mm

Acrilico su tela, 100x100 cm

Acrilico su tela, 100x100 cm


Acrilico su tela, 100x100 cm

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Tecnica mista su tela, 100x100 cm

Acrilico su tela, 100x100 cm


Cere e acquerello su cartoncino, 500x700 mm

Cere e acquerello su cartoncino, 500x700 mm

Inchiostro e acquerello su cartoncino, 500x700 mm

Tempera e acquerello su cartoncino, 500x700 mm

48


Tecnica mista su cartone, 340x240 mm

Tecnica mista su cartone, 500x580 mm Inchiostro e acquerello su cartoncino, 700x500 mm

49


Geometrie, segni e colori

50

Acrilico su tela, 100x100 cm


Acrilico su tela, 100x100 cm

51


Acrilico su tela, 100x100 cm

Acrilico su tela, 100x100 cm

Acrilico su tela, 100x100 cm

Acrilico e foglia oro su tela, 100x100 cm

52


Acrilico su tela, 100x100 cm

Tecnica mista su tela, 100x100 cm

53

Tecnica mista su tela, 100x100 cm

Acrilico su tela, 100x100 cm


Acrilico su tela, 100x400 cm polittico

54 Tecnica mista su faesite, 70x100 cm

Acrilico su tela, 100x100 cm


Acrilico su tela, 100x100 cm

55


Nudi

56

Cere e acquerello su cartoncino, 330x480 mm


Tecnica mista su tela, 100x100 cm

57


Acrilico su tela, 100x100 cm

58


Tecnica mista su tela, 100x100 cm

59


Acrilico su tela, 100x100 cm

60

Acrilico su tela, 100x100 cm

Acrilico su tela, 100x100 cm


Acrilico su tela, 100x100 cm

61

Acrilico su tela, 100x100 cm

Acrilico su tela, 100x100 cm


Acrilico su tela, 100x100 cm

62

Acrilico su tela, 100x100 cm

Acrilico su tela, 80x100 cm


Acrilico su tela, 100x100 cm

63

Acrilico su tela, 100x100 cm

Acrilico su tela, 100x100 cm


64 Tecnica mista su cartoncino, 410x680 mm

Tecnica mista su cartoncino, 500x700 mm

Acrilico su tela, 100x100 cm

Acrilico su tela, 100x100 cm


65 Tecnica mista su cartoncino, 500x700 mm

Tecnica mista su cartoncino, 500x700 mm

Acrilico su tela, 100x100 cm

Acrilico su tela, 100x100 cm


66

Tecnica mista su cartoncino, 500x700 mm

Tecnica mista su cartoncino, 500x700 mm

Tecnica mista su cartoncino, 500x600 mm

Tecnica mista su cartoncino, 230x480 mm


Tecnica mista su cartoncino, 500x700 mm Tecnica mista su cartoncino, 500x700 mm

Tecnica mista su cartoncino, 500x700 mm Tecnica mista su cartoncino, 250x350 mm

67


68

Tecnica mista su cartoncino, 500x700 mm Tecnica mista su cartoncino, 330x470 mm

Tecnica mista su cartoncino, 500x700 mm Tecnica mista su cartoncino, 240x330 mm


Tecnica mista su cartoncino, 330x480 mm Tecnica mista su cartoncino, 500x700 mm

Tecnica mista su cartoncino, 500x700 mm Tecnica mista su cartoncino, 500x700 mm

69


70

Inchiostro acquerellato su cartoncino, 230x480 mm Inchiostro acquerellato su cartoncino, 340x240 mm

Inchiostro acquerellato su cartoncino, 230x480 mm


Inchiostro acquerellato su cartoncino, 230x480 mm Tecnica mista su faesite, 100x70 cm

Inchiostro acquerellato su cartoncino, 330x470 mm

71


72

Tecnica mista su cartoncino, 500x700 mm

Tecnica mista su cartoncino, 410x530 mm

Tecnica mista su cartoncino, N.P. mm

Matita acquerellata su carta, 210x300. mm


Tecnica mista su cartoncino, N.P. mm

Tecnica mista su cartoncino, 330x490 mm

Tecnica mista su cartoncino, N.P. mm

Matita acquerellata su cartoncino, 330x480 mm

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Ritratti

74

Cere e acquerello su carta, 240x330 mm


Acrilico su tela, 100x100 cm

75


76

Acrilico su tela, 90x100 cm Acrilico su tela, 100x100 cm

Acrilico su tela, 100x100 cm


77

Acrilico su faesite, 60x80 cm Acrilico su tela, 100x100 cm

Acrilico su tela, 100x100 cm


Acrilico su tela 70x80 cm

Acrilico su faesite, 70x100 cm

78 Tecnica mista su cartoncino, 500x700 cm

Tecnica mista su cartoncino, 500x700 cm


Acrilico su faesite, 50x70 cm

Acrilico su faesite, 70x100 cm

Cere e acquerello su cartoncino, 330x480 mm

Tecnica mista, 500x700 mm

79


80

Acquerello su carta, 500x700 mm


Inchiostro acquerellato su carta, 240x340 mm

Inchiostro acquerellato su carta, 210x300 mm

Inchiostro acquerellato su carta, 210x300 mm

Inchiostro acquerellato su carta, 500x700 mm

81


82

Inchiostro acquerellato su carta, 230x480 mm

Inchiostro acquerellato su carta, 230x480 mm

Tecnica mista su cartoncino, 500x700 mm

Tecnica mista su cartoncino, 500x700 mm


Inchiostro acquerellato su carta, 230x480 mm

Inchiostro acquerellato su carta, 230x480 mm

Tecnica mista su cartoncino, 500x700 mm

Tecnica mista su cartoncino, 500x700 mm

83


84

Tempere e acquerello su carta, 500x700 mm

Tempere e acquerello su carta, 500x700 mm

Tecnica mista su faesite, 70x100 cm

Tecnica mista su faesite, 70x100 cm


Cere e acquerello su carta, 500x700 mm

Cere e acquerello su carta, 500x700 mm

Tempere su cartoncino, 480x230 mm

Tecnica mista su faesite, 60x80 cm

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Astrazioni

86


Acrilico su tela, 100x100 cm

87


Acrilico su tela, 100x100 cm

88

Acrilico su tela, 100x100 cm

Acrilico su tela, 100x100 cm


Acrilico su tela, 100x100 cm

89

Acrilico su tela, 100x100 cm

Acrilico su tela, 100x100 cm


Acrilico su tela, 100x100 cm

Acrilico su tela, 100x100 cm

Acrilico su tela, 100x100 cm

Acrilico su tela, 100x100 cm

90


Acrilico su tela, 100x100 cm

Acrilico su tela, 100x100 cm

91

Acrilico su tela, 100x100 cm

Acrilico su tela, 100x100 cm


Acrilico su tela, 100x100 cm

92

Acrilico su tela, 100x100 cm

Acrilico su tela, 100x100 cm


Acrilico su tela, 100x100 cm

93

Acrilico su tela, 100x100 cm

Acrilico su tela, 100x100 cm


Tecnica mista su cartoncino, 500x650 mm

94

Tecnica mista su cartoncino, 500x700 mm Tecnica mista su cartoncino, 500x700 mm

Tecnica mista su cartoncino, 500x700 mm


Tecnica mista su cartoncino, 500x700 mm

Tecnica mista su cartoncino, 500x700 mm

95 Tecnica mista su cartoncino, 500x700 mm

Tecnica mista su cartoncino, 380x23 mm


Antologia critica e testimonianze

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1963

“… Un assiduo e serio lavoro per istituire quell’essenziale colloquio del pittore con la sua opera e dell’opera con il rimanente della umanità nel quale il Pavan raggiunge il tono della più grande sincerità e della più grande chiarezza…”. (Gino Barioli) “…Vito Pavan ha facilità di getto spontaneo e sincero, che si rivale spesso in temi arditi nei quali denota una spiccata personalità ben definita, difficilmente accostabile al solito conformismo impersonale e abulico…”. (Ellero [Livio Remonato]) “…La “Maniera” di usare il colore che contraddistingue il pittore Vito Pavan è ormai nota, ad anche in questa mostra è ravvisabile sia nelle opere dove gioca il contrasto delle luci e delle ombre, sia in quelle dove tale contrasto è velato, temperato da sfumature più dolci, da pennellate più morbide e chiare…” (Il Gazzettino) “…Pavan non ignora deliberatamente che dipingere è soverchio quando si vuol dire tutto allo spettatore. Il pittore come il letterato, come il musicista, come l’architetto od operano per esprimere ciascuno col suo mezzo tecnico qualcosa a chi guarda le loro opere, o si dannano a risultati senz’anima. Pavan l’anima la fa sentire nelle sue tele ed anche lo spettatore medio (intendo di media cultura) che può capire la prosa di Joyce o la musica di Procofiev o le costruzioni di Wright, anche se non sa dissertarvi sopra, li sente quei quadri…”. (Il Nuovo Prealpe) “… pur restando complessivamente nei modi espressivi in precedenza elaborati, si nota in Pavan un ammorbidirsi dell’insieme in modo che il raffinarsi o modificarsi in certi rapporti tonali, la predilezione per certe atmosfere lo portano verso accenti romantici, che non mancano di una loro suggestione…”. (Antonio Zuccato) Vito Pavan – Pittore istintivo “Che il nome del pittore Vito Pavan assurgesse di nuovo agli onori della cronaca in occasione del 2° premio “città di Thiene” era cosa già scontata. La commissione giudicatrice del concorso composta dai professori Dino Menato e Salvatore Maugeri e dall’Ingegnere Gino Canale, non ha avuto grosse difficoltà ad inserire nel gruppo che più meritava particolare attenzione la “Piazza Chilesotti” con la quale il pittore Pavan, estroso ed emotivo, ma equilibrato nel tocco e negli accostamenti, si era presentato. Feconda è la carriera di questo nostro

artista…egli ha presenziato in moltissime mostre, a carattere anche nazionale, a Venezia, Burano, San Benedetto del Tronto, Padova, Vicenza, Belluno, Cittadella, riscuotendo sempre elogi, segnalazioni e premi. Vito Pavan ha facilità di getto spontaneo e sincero, che si rivela spesso in temi arditi, nei quali la pennellata rapida e d’impeto denota una spiccata personalità ben definita, difficilmente accostabile al solito conformismo impersonale e abulico. I suoi paesaggi, nei quali giocano notevoli movimenti di masse accoppiate a toni di colore caldi e vibranti, sono inconfondibili per la loro sensibilità cromatica e il loro linguaggio figurativo, vigoroso e valido, sempre teso verso migliori esperienze. Della sua raccolta, che ha fornito gli elementi per la personale di qualche anno fa, ci piace segnalare queste due felici composizioni, di schietta ispirazione locale: “I marangosèi” o “Case in collina” e “Testa di Giovane”. Entrambi questi lavori, il secondo in sanguigna, meritano particolare menzione, sia per il tema trattato ispirato a note locali, sia per la composizione svolta con impegno e con istintiva sensibilità pittorica in un tripudio cromatico di alta carica poetica”. (Ellero [(Livio Remonato])

1964

Due brillanti affermazioni del pittore Vito Pavan Vito Pavan, l’egregio pittore concittadino, ha colto a distanza di una settimana l’una dall’altra due significative manifestazioni di arte. Domenica 6 settembre, a Schio, ha vinto il primo premio di pittura estemporanea al concorso denominato delle Tre Valli organizzato e indetto dalla Pro Schio in unione al Circolo scledense Pittori. La domenica successiva, cioè il 13 corrente, Vito Pavan si è recato a Feltre per concorrere al Premio Pedavena. Questo importante “ex tempore” di pittura, ispirato al paesaggio feltrino, ha visto la partecipazione di circa 130 concorrenti, fra i quali molti assai noti e quotati. Della giuria facevano parte artisti e scrittori fra cui Murer e Com’isso. La prova era pertanto particolarmente impegnativa pur tuttavia Vito Pavan è riuscito ad affermarsi fra i primissimi cogliendo un brillante terzo posto. Vito Pavan è venuto alla ribalta del mondo artistico con l’esposizione a Cittadella di un autoritratto. In tale occasione il Pavan fu oggetto di favorevoli commenti da parte del pubblico e della critica per l’opera che, segnalata, gli valse una brillante affermazione. Vito Pavan è nato a Bassano del Grappa il 3 agosto del 1927 e da allora ha risieduto sempre nella nostra città, ove lavora come impiegato presso l’ufficio anagrafe del Comune. Nei ritagli di tempo e durante le ferie dipinge. Espone poi con successo in varie città d’Italia e organizza una mostra personale quasi annual-

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mente. La sua partecipazione a mostre e concorsi è stata dal ’49 a oggi vastissima. Nel ’59 ha avuto il premio di “Nove”. Nel ’61 un’opera segnalata alla Mostra Premio Città di Valdagno. Premio Montagnana per un’opera in Bianco e Nero nel ’62. Premio Pieve di Soligo sempre nel ’62. Premio “Thiene” nel ’63. Nell’ottobre dello stesso anno ha partecipato alla “Mostra Tarvisium” a Treviso. Quest’anno ha esposto alla Galleria Bigoni di Ferrara ed al Premio del Lido Degli Estensi. In luglio ha esposto alla Galleria del Cappello a Verona e di questi giorni ha vinto il premio alla Mostra del Settembre Scledense tenutasi a Schio, con l’opera “San Vito”. Recentemente Vito Pavan ha vinto il terzo premio “Birra Pedavena” una ex tempore svoltasi a Feltre.

1964

98

“L’ambiente artistico bassanese ha festeggiato in questi giorni il pittore Vito Pavan che ha vinto il premio nell’ex tempore di pittura svoltosi domenica scorsa a Schio sotto l’egida della Pro Loco e per l’organizzazione del Circolo Pittori. Vito Pavan può dirsi un veterano di tali prove. Egli infatti ne ha vinte parecchie, ma la sua attività va ben oltre, avendo egli partecipato con successo a mostre di pittura nazionali e internazionali. L’ex tempore d’autunno in Bassano lo avrà quale esperto e animatore. Questa può considerarsi in partenza una garanzia di successo per la simpatica manifestazione.”

1966

Il Dott. Barioli, direttore dei Musei Civici di Vicenza scrisse nel presentare una “personale” di Pavan al Pick: “Pavan manifesta attraverso i suoi paesaggi e i suoi ritratti, il più serio intento di istituire quell’essenziale colloquio (del pittore con la sua opera e dell’opera con il rimanente dell’umanità) nel quale egli raggiunge il tono della più grande sincerità e della più grande chiarezza.” (L. M. [Licisco Magagnato]

1967

“… Il giovane Vito Pavan colpisce per la potenza plastica dei suoi “nudi” femminili e per la calda e travolgente sensualità del colore…” . (Mario Gorini, “Pittori e scultori italiani alla “Palette Bleue” di Parigi in Il Sestante Letterario”) “L’importantissima rassegna d’arte triveneta che è giunta alla sua 17 edizione ha visto allinearsi nella Sala della Ragione in Padova, sede della manifestazione, anche alcune opere di artisti nostri. Sono il prof. Danilo Andreose, scultore, e i pittori prof. Bruno Breggion e Vito Pavan. Sono nomi ben noti ai bassanesi che seguono ormai da molti anni l’attività artistica dei tre concittadini, il cui curriculum vanta significative affermazioni anche in campo internazionale. Riservandoci di

scrivere nei prossimi giorni circa la partecipazione alla biennale triveneta di Breggion e Andreose, ci è gradito cogliere intanto l’occasione per qualche cenno sui più recenti successi di Vito Pavan che ha tra l’altro partecipato con felice esito, recentemente, a una mostra collettiva a Lubiana. Pavan ha colto quest’anno due secondi premi rispettivamente alla mostra del paesaggio veneto in Treviso e alla mostra “città di Piove”, oltre a un secondo premio ex aequo ad Agordo. Ha vinto inoltre un premio speciale a Viareggio e due terzi premi rispettivamente a Rovigo e ad Agna. Significativa la sua affermazione al premio nazionale Garda, dove gli è stata assegnata la medaglia d’oro unitamente a un premio acquisto, e ancora a Fiume Veneto ed al Premio nazionale Camera dei Deputati a Portogruaro, vincendo in ambedue le prove una medaglia d’oro. Tutte queste affermazioni non sorprendono chi conosce la pittura di Vito Pavan, calda, istintiva, aderente al nostro tempo e di chiara ispirazione. L’invito rivoltogli di partecipare con due opere alla XVII biennale triveneta (invito riservato a coloro a cui viene riconosciuta una capacità creativa di elevato livello) riconferma dunque la piena validità del suo impegno artistico. (Licisco Magagnato 1967)

1968

Al pittore Vito Pavan il premio “Città di Feltre” “Il pittore Vito Pavan ha vinto l’ex tempore che viene ogni anno organizzata a Feltre e che ha registrato la partecipazione di circa 150 concorrenti. L’opera eseguita dal Pavan, uno scorcio del paesaggio feltrino, è andata ad arricchire la galleria del museo Rizzarda d’arte moderna di Feltre. Vito Pavan che è sulla breccia da una quindicina di anni è segretario e animatore del Circolo artistico bassanese sotto la cui egida ha organizzato un centinaio di mostre d’arte. In questi ultimi due mesi ha ottenuto il 2° premio alla recente ex tempore di Rovigo, il premio Comune di Vicenza alla mostra dei pittori veneti alla basilica palladiana, una medaglia con diploma all’ex tempore di Gardone Riviera, il 4° premio al concorso di pittura paesaggistica di Agna, ed un premio acquisto all’ex tempore di Bormio”

1969

“Andreose, Pavan, Massarin” – La collettiva inaugurata il 20 dicembre. “…Vito Pavan, conosciutissimo e apprezzatissimo nell’ambiente bassanese, è qui presente con la sua produzione più pregnante e densa di significati. Le sue tele, sistemate sulle pareti del Pick – Bar, rappresentano vari momenti di una vita spesa per l’arte, stati d’animo di un artista che continua, con ritmo incessante a mietere successi…”. (Il Prealpe, 23 dicembre 1969)


1970

“Né gli apporti della memoria sono estranei, a mio parere, all’inverarsi dell’opera di Vito Pavan poiché, a badar bene, l’una all’altra accoste, le sue immagini compongono una specie di portolano dell’animo: “pagine” in cui, per la precisa consistenza delle stesure formali e cromatiche e degli improvvisi interventi segnici, viene a conchiudersi l’eco mutevole del mondo, ch’è l’eco, alla fine, dell’inesausto duello fra intelligenza razionale e insorgenza di pulsioni della psiche profonda.” (Carlo Munari)

1972

“Vito Pavan è un pittore che ha una dimensione logica pittorica ed umana con profondissime radici esistenziali. La sua estrazione, poetica senza concessioni. I suoi paesaggi, le sue figure, disacerbate da un primitivo amore son ritornati per noi essenza nel tempo: il discorso di ogni uomo…”. (Gino Pistorello 1972)

1974

“Si è costruito un suo mondo poetico, Vito Pavan di Bassano; si è composto un insieme di cose, fatti, sensazioni, memorie da inquadrare con scioltezza, con attenzione, senza effetto di rimpianti, giorno per giorno, omogenei, complessi e compatti nelle sue tele, come fogli di un lungo e intenso diario denso di scritture, di sottintesi, di felici allusioni. La luce nera del vivere nella più brillante, arguta, misteriosa delle bellissime città vecchie del Veneto, qual è Bassano, si fa nelle pitture di Vito, solerte e veloce e indaga, senza scadimenti verso il pittoresco dello apologo comune e scontato, la nuova anima, raffinata e gentile, sensualmente involuta nei drammi di oggi e di sempre, della nuova società, gli infiniti e profondi segreti proustiani che girano fra i vicoli medievali, sotto le torri, nei tanti giardini sempre freschi e sempre potati; sogni, giusti e sbagliati, che entrano dalle finestre, che si coagulano sui vetri delle finestre, che si stendono sul cristallo, che sfuggono dal neon brillante verso fantasmi laccati, verso forme lampanti, verso colori e “figure”. Sempre un discorrere delicato ma corposo, visivamente evidenziato nei riferimenti al gusto dei nostri giorni al quale, è ovvio, aderisce nei parametri essenziali e fondamentali. Sempre un raccontare su una dimensione sospesa a mezz’aria fra quelle tradizionali che ti attira in una sua armonia gradevole, ma anche non semplice, anzi piuttosto complessa e piena di densi misteri: quelli, dicemmo, proustiani di Bassano, che sono, ora in tutto il mondo. Vito Pavan, a questi misteri, dà una voce che è, si può dire, perfetta. (Gino Barioli 1974)

1987

“La pittura di Vito Pavan non si limita a “rappresentare”, bensì “esprime”. Essa trae cioè i suoi suggerimenti ispiratori dalla memoria, dal mondo dell’immaginazione e dei sogni (gli azzurri), dalla profondità dell’inconscio (i neri) da ciò che pullula e affiora alle soglie della coscienza (monocromie in nero e grigio e/o illuminazioni emergenti). Forti passioni permeano la pittura di Vito Pavan, che è sempre veloce e decisa nei suoi tratti (i rossi accesi e stracciati); nello stesso tempo l’autore rivela carezzevoli e gioiosi sentimenti poetici (tinte tenui e uniformi, con lievi e delicati tratteggi segnici). Mi preme però dire che l’artista sente sempre l’esigenza di inquadrare il tutto entro sottese e più o meno evidenti impalcature razionali, le quali danno sponda e contenimento al magma materico mediante geometrie di fondo che notiamo sia nel grande che nel piccolo campo. Quelli di Vito Pavan sono quadri “aperti”, perché sembrano procedere oltre la cornice (la quale ovviamente non c’è). Essi lasciano quindi spaziare la nostra fantasia e ci consentono di procedere con somma libertà anche nelle nostre interpretazioni, muovendoci insieme all’autore nell’immenso mondo possibile! Le strutture, dense di sottintesi, raggruppano contenuti sempre in movimento, incompiuti, in fieri, tesi ad arricchirsi in più o in meno a seconda dei suggerimenti della nostra immaginazione. Gli steroidi, gli elementi romboidali, che affiorano e procedono quasi in serie, sembrano riprodurre – in microcosmo – le stesse caratteristiche dell’universo spaziale il quale, nelle sue ampie campiture, ci fa intravedere il macrocosmo. Ciò quasi a indicare come sia il “piccolo” che il “grande” riflettano – in natura – problemi comuni di formazione, sviluppo e conservazione. Accade infatti che sia la natura biologica degli organismi viventi, che i processi storici della convivenza umana, che infine la laboriosa evoluzione delle ere geologiche, sebbene procedano con velocità e tempi diversi, mantengono precise analogie nelle apparenti contraddizioni che caratterizzano i loro cicli di sviluppo. Pertanto, quali problematiche possiamo fissare nella lettura delle opere di Vito Pavan? Anzitutto egli sembra dirci che dal mondo dell’inconscio (i neri e i blu) affiora e si condensa la natura, che è costituita da contenuti che la nostra coscienza formalizza (colore, luce, segni, sviluppo di forme). Simile ad un insieme di in sommergibili sugheri che tendono alla superficie, la materia affiora e si affaccia quale massa che galleggia nella spazialità (ampie e uniformi campiture cromatiche) e, man mano che entra nell’orbita del nostro controllo, tende a darsi ordine, a imbrigliare e contenere i suoi impulsi, emergendo come rettangolo (concetto fisso), rombo (concetto in movimento) e soprattutto come sfera. Particolarmente la sfera, infatti, è simbolo dell’uovo che

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genera la vita; è concentrato di energia cosmica che tende alla perfezione organica; rappresenta il sole, che è luce e calore, datori di vita; è segno di perfezione razionale quale luogo geometrico dei punti equidistanti dal centro; e, infine, come diceva il Froebel, la sfera è un elemento mobile teso alla conquista dell’ambiente che pertanto ci guida a stringere rapporti comunicativi e a commisurarci con chi ci sta accanto. Per concludere, non saprei dire quanto le opere, che Vito Pavan espone, esprimano ottimismo per un mondo in formazione o sorridente ironia per un mondo in dissolvimento. Progresso? Regresso? Ovvero ambedue? Tocca a noi dare risposta a ciò che l’autore fissa sulla tela (non so fin dove in modo cosciente e fin dove in modo inconscio” come dice lui stesso. “Quando io pitturo mi sento veramente libero perché esprimo tutto me stesso”. Questa convinzione di Vito Pavan noi la cogliamo nel fascino di quell’avventura aperta all’infinito che i suoi quadri ci suggeriscono così da rendere noi pure partecipi alla felicità che invade l’autore nel momento creativo. Bassano del Grappa, 21 novembre 1987. (Tranquillo Bertamini)

1991 100

“…la sua personale posizione, articolata in razionalismo formale e particolare sensibilità percettiva, lo attrae inizialmente verso l’informale di cui però non accetta la fondamentale posizione esistenzialistico-distruttiva; si rivolge quindi a tendenze più vitalistiche, di estrazione segnino-gestuale americana, proprie del neoespressionismo astratto”. (Flavia Casagranda) “Tra i pittori fondatori del Circolo, ancor oggi attivissimi animatori di iniziative, manifestazioni e collaborazioni culturali a ogni livello, Vito Pavan (1927), attuale presidente dal 1987, dopo la scomparsa di Danilo Andreose e artista di profonda e raffinata sensibilità. Dopo un inizio autodidatta, l’esigenza di aggiornamento e di conoscenza lo induce a confrontarsi con quanto di più attendibile avviene nella pittura europea, specie in Francia e Germania, dopo gli anni Cinquanta. La sua personale posizione, articolata in razionalismo formale e particolare sensibilità percettiva, lo attrae quindi inizialmente verso l’Informale di cui però non accetta la fondamentale posizione esistenzialistico-distruttiva; si rivolge quindi a tendenze più vitalistiche, di estrazione segnino-gestuale americana, propria del neoespressionismo astratto, nel quale meglio identifica la propria naturale disponibilità al segno forte, elegante e codificato, al colore vivo e pregnante di derivazione hartunghiana. Vengono così definiti, sul supporto, pittorico e grafico, spazi materici gestualmente precisi, di colore acceso e unito, ai margini dei quali giocano, con sensibilità cromatica tutta veneta,

colori complementari od opposti a velature e controspazi che permettono il gioco, sia coerente che ambiguo, del segno grafico netto, preciso e avvolgente a dettare un nuovo codice perenne e personalissimo col quale opera ed espone, - dai primi anni ’60, nel Veneto, in Italia, e in tutte le più importanti rassegne estere (Parigi, Stoccarda, Lubiana, New York, San Gallo, Mühlacher…) organizzate, anche per suo merito, dal Circolo stesso.” (Flavia Casagranda, in “L’Illustre bassanese”, numero speciale in occasione della Mostra Circolo Artistico Bassanese – 40 anni nell’arte. 14 dicembre 1991 – 20 gennaio 1992, p. 15)

2000

“L’albero e l’uomo”. L’interesse artistico di Vito Pavan, la sua straordinaria ricerca pittorica continuano a percorrere i due sentieri per raccontare la natura e capire e descrivere la complessità dell’uomo. “Le sue immagini – ha scritto di Vito Pavan il critico Carlo Munari – compongono una specie di portolano dell’animo: “pagine” in cui per la precisa consistenza delle stasure formali e cromatiche e degli improvvisi interventi segnici, viene a conchiudersi l’eco mutevole del mondo, ch’è l’eco, alla fine, dell’inesausto duello fra intelligenza razionale e insorgenza di pulsioni della psiche profonda”. Del carattere della sua pittura Vito Pavan, animatore del circolo degli artisti bassanesi, ha dato recentemente saggio del suo valore, in quel suo apprezzato e ammirato “neoespressionismo astratto” in una bella mostra allestita da Bruna e Sandro Scremin nella loro Galleria – Incontri in vicolo Vendramini. Pavan, che continua a risiedere in città, con studio in via Schiavonetti, 9, esprime una sua personalissima posizione nel panorama artistico veneto, articolata in un razionalismo formale e con una particolare sensibilità percettiva che lo attrae inizialmente verso l’informale ma non gli fa accettare la quiete di questa dimensione, portandolo a esprimere tendenze più vitalistiche e cromatiche che inducono vera curiosità all’osservatore. (Il Gazzettino, 26/04/2000)

2003

Nelle biblioteche dei bassanesi Le Letture degli altri Alla fine, avviene dovunque, una città, piccola o grande che sia, si manifesta attraverso i suoi personaggi più significativi, coloro che hanno dato e danno un senso, un segno tangibile di distinzione al borgo natìo. Vito Pavan, pittore nato a Bassano dove vive, resta senza dubbio di smentita, uno di codesti personaggi. Non abbiamo spazio per elencare le mostre in italia e all’estero, Stati Uniti compresi, tenute dall’artista, i premi, quasi sempre il primo, ottenuti nelle sue innumerevoli partecipazioni. Nel lontano 1950 assieme ad altri


amici costituisce il Circolo Artistico Bassanese che onora la città da oltre mezzo secolo, tuttora attivo, del quale Vito è presidente. Ci sia lecito ricordare, oltre agli indiscussi meriti di Vito nella pittura, dell’atteggiamento dell’uomo Pavan verso tutti i suoi concittadini nessuno escluso, sempre spontaneamente pronto a sincera signorile cortesia e disponibilità. Doti umane, nell’epoca corrente, più significative e importanti di ogni altra. Cosa legge attualmente? Sto leggendo in una edizione d’arte Notre Dame de Vie. Segreti d’alcova di uno studio di Helene Parmelin, interessante lubro sull’opera e la vita di Pablo Ricasso, contemporaneamente a Addio a questi mondi. Fascismo, nazismo, comunismo – Uomini e storie, che cosa è rimasto di Enzo Biagi. Un libro che permette alla coscienza di ognuno di noi giudicare quanto è accaduto. I suoi primi libri? Dalla terra alla luna, Cinque settimane in pallone, I figlio del Capitano Grant capolavori di Giulio Verne, creatore di sconvolgenti romanzi di avventure scientifiche e geografiche e precursore della fantascienza. Il romanzo più struggente? Il monaco nero di Anton Cechov, dove la malinconia si fa sempre più grave e intensa sino a sfociare nel pessimismo. Libri scritti che secondo il suo giudizio non hanno avuto la rilevanza che meritano… Direi proprio i romanzi di Mario Dalla Palma, che apprezzo moltissimo, non perché a lui legato da antica amicizia, ma per il modo tanto efficace e intelligente di rappresentare immagini poetiche e umane, degno di un grande scrittore. L’opera di un moderno sopravvalutata? Quella di Vittorio Sgarbi. Più personaggio (discutibile) che critico d’arte, proposto dalla televisione italiana, il cui fenomeno è dovuto soprattutto all’odierna indifferenza culturale nostrana di oggi. Spesso egli è portato a confondere cultura con forzato protagonismo. Il migliore dei classici? Indubbiamente Omero e Virgilio, indiscussi maestri della letteratura greca e latina. (Mario Dalla Palma interroga Vito Pavan, in Bassano News – Periodico di attualità, cultura e servizio, marzo – aprile 2003, p. 16)

2007

Nel cinquantesimo anniversario di attività artistica e non solo, credo sia giusto ricordare il fondamentale apporto di Vito Pavan nell’organizzazione di attività e manifestazioni per la città di Bassano del Grappa. Si tratta di una figura di “gran signore” che in occasione di vari eventi si è sempre prodigato al massimo delle sue capacità per la buona riuscita delle iniziative. Una delle principali attività oggetto del suo interessamento è stato il carnevale bassanese, della cui rinascita era stato fondamentale fautore, inoltre con le sue doti umane e le sue capacità organizzative è

sempre riuscito a risolvere agevolmente gli innumerevoli problemi che la complessa manifestazione poneva. Forse nessuno lo sa, ma in uno dei primi anni del carnevale si doveva organizzare in modo diverso l’apertura della sfilata e pensando di far aprire il corteo dalla filarmonica bassanese, di cui ero responsabile, si poneva il problema di fare “bella figura” e di accompagnare il “nasone” simbolo del carnevale bassanese…ma non c’erano i costumi. Dopo cinque giorni ci siamo ritrovati con trentacinque abiti completi per tutti i componenti che vengono usati ancora oggi. Vito pensava e pensa in grande, con le sue idee per il futuro, tanto è vero che ideò una associazione che doveva lavorare per la promozione nel nostro territorio di cui aveva già ideato il nome: la Promo che oggi si chiama Promo Bassanopiù. (Adriano Loss – Presidente della Promo Bassanopiù) Per Vito Pavan Non sono un critico d’arte come quei grandi esperti che in Italia e all’Estero hanno scritto su Vito Pavan, definendone l’ispirazione, i progetti, i compimenti artistici. Quando per oltre quarant’anni mi allontanai da Bassano e mi era patria il mondo, quando in ogni paese che di volta in volta mi ospitava cercavo di aprire nel campo della conoscenza e dell’arte nuove pacifiche vie, avevo necessità di trovare in Italia dei personaggi di riferimento che con me creassero l’occasione di notabili fruttiferi incontri: e a Bassano scopersi con altri anche Vito Pavan. Ne ammiravo la capacità di radunare intorno a sé nel Circolo Artistico Bassanese (il celebre CAB!) alcuni degli artisti più tipici ed espressivi di quella effervescente temperie che animava il Pick Bar, ove regnava tra gli altri il pittore-poeta Gino Pistorello, mi era di grande aiuto la sua volontà di ampliare per sé e per i suoi amici i contatti col mondo (virtù tipicamente bassanese!), di uscire insomma dallo stretto ambito di una città d’arte quale pur sempre era Bassano e farsi conoscere in terre lontane. Quando arrivai a Stoccarda agli inizi del 1979 collaborai subito alla predisposizione nella città gemella di Mühlacker di una mostra, che avvenne due o tre mesi dopo il mio arrivo e che comprendeva alcuni dei più vitali esponenti dell’arte che operavano nel Bassanese. Lasciatemi a futura memoria- citare tutti i componenti di quella indimenticabile adunanza: Anna Saugo, Natalino Andolfatto, Danilo Andreose, Franco Barbon, Bruno Breggion, Bepi Furlan, Rino Furlan, Umberto Ilfiore, Giampaolo Lucato, Luciano Pontarollo, Sergio Schirato, Alessio Tasca, Attilio Taverna, Enio Verenini, e naturalmente Vito Pavan. Tenni allora il mio primo discorso in lingua tedesca nella mia nuova funzione di Direttore dell’Istituto di Cultura Italiana di Stoccarda sotto il segno della memorabile frase di

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George Sand, secondo la quale Bassano era “un frammento di cielo caduto sulla terra”, e parlai delle luminose tradizioni dell’arte veneta (e della bassanese in particolare) e nell’ambito di queste glorie del passato cercai come mi chiedeva Vito di qualificare e collocare gli artisti bassanesi della modernità. In particolare Vito rimane non solo nel mio ricordo (altre mostre organizzammo insieme anche in seguito -per esempio nel 1984-), ma forse più ancora nella realtà dell’oggi la figura di un uomo affabile, concreto, creativo, nel quale l’elegante raffinatezza è solo un segno della sensibilità -come dissi allora in Germania- con la quale egli sa dalla congerie del caos universale trarre alla luce della forma linee, colori, immagini, come se fossero il simbolo di una purificazione e di una riscoperta non solo artistica ma anche morale. (Giorgio Pegoraro)

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Vito l’amico di sempre. Gli anni passano in fretta, il tempo non perdona e i ricordi si congedano da noi quasi inavvertitamente. Alcuni, specie quelli della giovinezza, per fortuna rimangono. Si giocava alla presenza di Vito, dopo la scuola, in Terraglio nel cortiletto di sassi davanti alla Chiesa di Santa Maria in Colle. Il pallone un grumo di giornali bagnati legati con lo spago, le porte segnate con i nostri cappotti. Per il vero nessuna delle due formazioni, cinque per parte, voleva Vito non portato e adatto per quel gioco, già sofferente per qualche problema alla vista. Inutili le mie insistenze per inserirlo nella squadra ma l’esclusione però non lo turbava più di tanto. Andava, per seguire il gioco, a sedersi sui gradini del campanile. Traeva di tasca un piccolo notes e tratteggiava con la matita degli schizzi. Noi ragazzi, la chiesa e sempre il cipresso tuttora in quel sito. Ancora ricordo, riusciva nei disegni appena accennati ma alquanto significativi, a proporli sempre in maniera diversa. Sicuramente l’amore per il segno già allora sicuro gli veniva da dentro senza particolare fatica. Più avanti negli anni ritrovavo Vito in Municipio, allo sportello dell’anagrafe. Premuroso, gentile, con tutti disponibile. Mai un cenno di fastidio, di malumore. Restavamo un momento a guardarci in silenzio, ricordavamo entrambi i ragazzi che eravamo stati senza sciupare il ricordo con inutili superflue parole. Ognuno seguì la propria strada. Ogni tanto vedevo un quadro di Vito, alcuni ne ho avuti, con quei colori particolari intensi matrici e unici, il gesto sicuro dell’artista nato con vocazione antica. Per qualche mio racconto gli ho chiesto uno schizzo, un disegno, sicuro, com’ero, che avrebbe saputo interpretare il mio pensiero. Così infatti accadeva. Non abbiamo avuto modo di intrattenerci in lunghi discorsi, spesso convenzionali, ma incontrandoci nelle vecchie strade del nostro Bassano, care al comune amico poeta Gino Pistorello un

semplice “ciao” bastava a confermare quella amicizia unica, preziosa ed affettuosa quando risale e continua dalla giovinezza. (Mario Dalla Palma)

2008

“È un artista!”. Si dice così quando si vuole definire una personalità effervescente, multiforme, originale, assolutamente impossibile ad essere circoscritta in senso univoco, riconoscibile e rassicurante. E’ veramente artista chi sa “dare forma” all’energia creativa che lo agita, che non lo fa mai sentire a posto, che gli fa muovere le mani e lavorare la materia e la cui abilità viene scrutata, indagata, conosciuta e confermata da quanti si imbattono nelle tracce che lascia. Nel corso del tempo ad alcuni creativi sono bastate poche opere per rivoluzionare e arricchire la storia e l’evoluzione dell’arte, in altri casi si è avuta la fortuna di poter vedere lunghe carriere, feconde in produttività ma spesso avare di riconoscimenti. E’ anche il caso di Vito Pavan, che di tutto questo ha goduto la parte migliore: cinquant’anni di lavoro ed esperienza ad alti livelli, continue conferme e riconoscimenti in ambito nazionale e internazionale attraverso mostre e conseguimento di numerosi premi. La sua è una pittura strana e d’impatto, fatta di segni veloci, fluidi, a volte meccanici, provocatori e con l’uso di colori che attaccano: blu elettrici, punti di rosso, inserzionati d’or. Un’aggressività che in realtà è un’energia positiva e familiare per chi lo ha conosciuto per lungo tempo ed ha avuto modo di apprezzare la sua opera. Pavan è uno dei tanti motivi di orgoglio per la sua città di Bassano, perché vi è nato, l’ha vissuta e vi ha lavorato. E se vale sempre l’equazione tra l’Artista e l’Uomo, la stessa esuberanza l’ha avuta nell’animare la socialità, nel promuovere iniziative culturali e turistiche. La storia è fatta anche di “radici”, per questo ricordare e continuare a proporre il dialogo tra il passato e il presente rende attuale il suo messaggio artistico. (Luciano Fabris)


L’artista con Ivo Ivanissevich e Monsignor Ferdinando Dal Maso

Vito Pavan con Antonio Zuccato e Giuseppe Maria Pilo

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L’artista con amici alla mostra personale di Danilo Andreose con lo scultore Luciano Minguzzi

Circolo Artistico Bassanese (CAB)


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MOSTRE PERSONALI E COLLETTIVE

PREMI CONSEGUITI

1964 – Galleria del Cappello 1964 – Asolo (Galleria Castello Regina Cornaro) 1965 – Asolo (Galleria Asolana) 1966 – Padova (Galleria Primo Piano) 1967 – Padova (Galleria Venezuela) 1967 – Biennale Triveneta 1967 – Lubiana SLO (Mostra dei Pittori Veneti) 1967 – Parigi F (Galleria Palet Bleu) 1968 – New York USA (Valigia Diplomatica) 1968 – Dubrovnik HR (Festival) 1968 – Roma (Circolo Giornalisti e Scrittori) 1968 – Abbiategrasso (Galleria Comunale) 1968 – Modena 1969 – Biennale Triveneta 1970 – Stoccarda D (Istituto Italiano di Cultura) 1979 – Vicenza (Basilica Palladiana) 1980 – Dachau D (Affresco Cappella Caduti Italiani) 1984 – Bassano del Grappa (Grafica ’84) 1984 – Mühlacker D (Grafica ’84) 1986 – Venezia (Galleria San Vidal) 1987 – San Gallo CH (Istituto Italiano di Cultura) 1987 – Onè di Fonte (TV) 1988 – Mühlacker D (Istituto Cultura) 1988 – Bassano del Grappa (Palazzo Agostinelli) 1994 – Pavia (Collegio Fratelli Cairoli) 1994 – Treviso (Casa dei Carraresi) 1998 – Bassano del Grappa (Chiesa dell’Angelo) 1998 – Treviso (Casa dei Carraresi) 2004 – Bassano del Grappa (Galleria Scrimin) 2008 – Bassano del Grappa (Palazzo Agostinelli) 2019 – Bassano del Grappa (Spazio Corona)

1959 - Nove – Premio 1961 - Valdagno – Opera segnalata 1962 - Montagnana – Premio 1962 - Pieve di Soligo – Premio 1963 - Thiene – I° Premio 1964 - Biennale Triveneta – Premio Acquisto 1964 - Schio – I° Premio Concorso delle Tre Valli 1964 - Feltre – Premio Pedavena 1964 - Piove di Sacco – II° Premio 1965 - Treviso – Grolla D’oro 1966 - Ravenna – Premio Acquisto 1966 - Biennale Triveneta – San Martino di Lupari – Medaglia D’oro 1967 - Lubiana SLO – Premio 1967 - Treviso – II° Premio 1967 - Città di Piove di Sacco – II° Premio 1967 - Agordo – II° Premio 1967 - Viareggio – II° Premio 1967 - Garda – I° Premio 1967 - Portogruaro – Premio Nazionale 1967 - Premio Garda – Medaglia d’oro 1967 - Loreo (Rovigo) – I° Premio 1968 - Fiume Veneto – I° Premio 1968 - Mantova – II° Premio 1968 - Ravenna – Medaglia D’oro 1968 - Torreglia – II° Premio 1968 - Feltre – I° Premio 1968 - Rovigo – II° Premio 1968 - Vicenza – Premio Comune Vicenza 1968 - Gardone Riviera – Medaglia con diploma 1968 - Bormio – Premio acquisto 1969 - Verona (Tavolettisti) – Premio Acquisto 1969 - Campalto (VE) – I° Premio 1969 - Grado – III° Premio 1969 - Mirandola – I° Premio 1969 - Treviso – Premio Orleans 1969 - Rovigo – III° Premio 1969 - Agna – III° Premio 1972 - Eraclea – I° Premio 1972 - Spilimberto – II° Premio 1972 - Gardone Riviera – Med. d’Oro 1973 - Treviso – Premio Ciardi 1974 - Castelnuovo Nei Monti – III° Premio 1975 - Treviso – Premio Ciardi – I° Premio 1976 - Bologna – Galleria S. Unione




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