La figura del tiranno nei libri VIII e IX della Repubblica di Platone IL TIRANNO: NELLA “REPUBBLICA” DI
1. PLATONE, LIBRO VIII.
Nello scorrere il libro VIII della Repubblica di Platone si assiste al ritorno verso le intenzioni pronunciate alla fine del IV libro (445a): la descrizione delle forme politiche ingiuste e i loro corrispettivi rappresentanti1. Ivi è tra le altre cose indicativo della crescente sfiducia platonica, il suo procedere –in quella che Vegetti definisce una sorta di fenomenologia della decadenza - come al contrario2, verso la forma di governo maggiormente degenerata, la tirannia, arrivandovi mano a mano dalla forma a suo modo di vedere migliore 3. Scopo di questa sorta di ripresa è rispondere alla iniziale provocazione di Trasimaco (libro I) 4, dimostrare cioè che la giustizia nella città e nell’individuo rende maggiormente felici dei luoghi (fisici e psichici) in cui regna l’ingiustizia: di come dunque la giustizia fosse desiderabile per se stessa e di come la città ingiusta ed il suo rappresentante, il tiranno, fossero sommamente ed irrimediabilmente i più infelici in assoluto 5. Ed è alla degenerazione ulteriore e totale del buon governo, che passa attraverso il dominio violento dei poveri6, che si giunge seguendo la lettura iniziale dell’VIII libro -ove si legge che «l’inizio, bello e gagliardo, donde viene la tirannide» porta, nonostante l’iniziale euforia, «dalla somma libertà (…) alla schiavitù maggiore e più feroce», (563e; 564a-b)7. Così viene infatti chiamata e definita la tirannide, come la peggiore delle schiavitù; ed il tiranno come colui che da buon cane pastore del popolo si trasforma in lupo spietato 8: pieno di cupidigia e
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Cfr. Sartori-Vegetti-Centrone 1997, n. 1, p. 786 e Vegetti 2003, p. 144-141: «L’anima plasmava la città a
sua immagine, poiché l’assetto pubblico dipendeva dalla configurazione psichica del tipo di uomo in esso prevalente». 2
Giorgini 2005, p. 425, n. 2.
3
L’aristocrazia, già ampiamente descritta e definita come la migliore nei libri che precedono il l’ottavo
ora in analisi. 4
In seguito ripresa da Glaucone ed Adimanto, cfr. in merito Giorgini 2005, p. 424-425 e n. 3 e Vegetti
1999, p. 65. 5
In merito Vegetti 1999, in particolare il paragrafo 3.2. La felicità e il piacere, a p. 102-103.
6
Quando Platone descrive la democrazia e i suoi difetti ha in mente quella del suo tempo, quella che nel
399 aveva mandato a morte l’amato maestro, cfr. per ciò 562e-563d, e Sartori-Vegetti-Centrone 1997, p. 795, n. 75. 7
Corsivo mio.
8
Cfr. 571c-d: nel tiranno la razionalità è sopita al punto di lasciare che l’elemento ferino e selvaggio
cerchi e riesca ad esprimere i propri istinti, libero da ogni pudore e saggezza. Perduta la razionalità dunque l’uomo tirannico non è altro da una belva; cfr. in merito Giorgini 2005, p. 435 e soprattutto n. 21: «Il tiranno-lupo diverrà una immagine canonica nel pensiero politico occidentale».
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