

JA WI M
LA VIA DEL GUERRIERO
alla prof Triani, che ci ha sempre incoraggiato a dare del nostro meglio
LA DECISIONE DI JACK
“Svegliati Jack!” - Era l’ennesima volta che il professor
Barbagiannilotofago mi riprendeva perché sognavo ad occhi aperti durante la lezione: - “Mi scusi prof.!” - dissi io mentre i miei compagni di classe mi deridevano come al solito.
- “Se ti metti di nuovo a sognare nella mia classe ti farò espellere dalla scuola Garibaldi di Boston!” - urlò il professore con così tanta rabbia da far tremare un vulcano. Lui era molto severo con i perditempo come me. Finita la scuola mi sorbii le prese in giro dai miei compagni di classe. Per fortuna Rodney, il mio migliore amico, ancora mi difendeva. Tornai a casa demoralizzato, come sempre, ma i guai non erano ancora finiti. - “Scansafatiche!” - urlò mia zia appena misi piede in casa. - “E’ da mezz'ora che ti aspetto! Dove ti eri cacciato?”
Come al solito mi mise in punizione: - “A letto senza cena!”disse Quella notte sognai di cavalcare un drago Fare il domatore di draghi era da sempre stato il mio più grande sogno.
La mattina seguente, quando mi svegliai, trovai un bigliettino sopra il mio letto. Lo lessi:“Ehi pa m e! Se vu ri re il tu am gi to da po n vi su al to n vi ca !” - Fir : Mar .
Mi precipitai giù per le scale e corsi a più non posso verso il fiumiciattolo. Quando arrivai trovai le mie due cugine, Mary e Cary, che tenevano per la coda il mio cane robot giocattolo Asso e stavano per buttarlo nel fiume: - “Forza pappamolle! Vieni a prenderlo! Eddai scemo! Il tuo cagnolino ha bisogno di una mano! Ah! Ah! Che stupido!”. Io mi chiedevo come mai, proprio a me, fossero toccate due cugine così rompiscatole come loro Ma dopo quell’ultima derisione di Cary, il mio altruismo e la mia generosità fecero posto ad un’insolita rabbia: - “Giuro che se non mi ridate subito Asso io vi…” - “Tu ci picchi? Oh mamma sto tremando di paura!” - disse Mary scoppiando a ridere. Fu la goccia che fece traboccare il vaso. Scattai in avanti, ma non riuscii a fare nemmeno un passo che Asso fu gettato nel torrente. “Asso!!!” - gridai, e mi lanciai al suo inseguimento. Dopo cinque minuti di nuoto riuscii a recuperarlo. Tornato a casa mi feci una doccia calda e poi corsi a scuola: - “Sei in ritardo signor Williams!! Esci dalla classe!!” - “Ha ha!! Che stupido!”, mi derisero i miei compagni. Non ce la facevo più: il mio prof., mia zia e tutti i miei compagni mi insultavano e mi deridevano in continuazione. Mandai a quel paese tutti e uscii dalla classe sbattendo la porta. Tornai a casa correndo per evitare che mia zia mi vedesse. Zia Prysselius, era felice che non fossi in ritardo, ma era arrabbiata per la punizione che avevo preso. - “È la terza punizione ed è solo mercoledì!!! Non aprire bocca, vai in camera tua e andrai a letto senza cena!!”. Era da così tanto che non cenavo da non averne più bisogno quindi, a parte per
il fatto di non poter uscire dalla mia stanza, non era più una punizione non cenare. Il giorno dopo era uguale a quello precedente: mi svegliai, ripresi il mio cane rubato dalle mie cugine, feci la doccia, mangiai, andai a scuola dove, come al solito mi addormentai, il professor Barbagiannilotofago mi svegliò, mi fece andare fuori dalla porta dopo essere stato puntualmente deriso. - “Hai 16 anni e sei ancora così irresponsabile!” - disse il professore Tornai correndo ancora più veloce del giorno prima per evitare la zia, ma non feci in tempo e andai di nuovo a letto senza cena. E così per tutta la settimana. Il lunedì le mie cugine Mary e Cary non solo rubarono il mio cane, ma lo nascosero e ci misi 2 ore per trovarlo, dopo andai a scuola dove il prof. non solo mi mise in punizione, ma mi fece anche sospendere per una settimana; allora mi fece venire a prendere da mia zia, che disse che non sarei potuto uscire di casa per un mese tranne che per andare a scuola o in biblioteca per studiare con un accompagnatore che avrebbe controllato che non me la fossi svignata e ovviamente, sarei andato a letto senza cena. Quella settimana passò abbastanza velocemente tranne per il fatto che dovetti nascondere il cane per non doverlo seguire e quindi peggiorare la mia condizione. La settimana dopo tornai a scuola dove il professore mi disse che avrei fatto un test ogni volta che sarei arrivato in ritardo e che se avessi preso meno di 8, il voto sarebbe stato diviso per 2. Questo fu il momento in cui decisi di scappare. Era troppo per me! Il giorno dopo arrivai in orario e chiesi di andare in bagno: quel giorno avevo portato
solo il materiale per la prima ora e il mio cane, l’unica cosa di cui mi importava davvero. Arrivato in bagno presi il mio cane dallo zaino ed andai verso la finestra. Prima di arrivare però, mi fermai. Volevo davvero tutto questo? La mia vita era un inferno sì, ma c’era una piccolissima parte di me che non voleva che cambiasse. In un certo senso, mi divertivo a cercare Asso tra i cespugli o a doverlo rincorrere giù per il fiume Non sapevo più che cosa fare Mi misi a sedere e scoppiai a piangere: un pianto lungo e silenzioso. Dopo un po’ nel bagno entrò qualcuno. Era Rodney e aveva con sé due panini ed un cuscino. Il cuscino era grande, il più grande che avessi mai visto. Potevano appoggiarci la testa due persone. Non avevo idea di cosa volesse fare ma non glielo chiesi. O meglio, non feci in tempo.
- “Allora? Dove vai senza il tuo migliore amico?”
- “Rodney, tu non capisci…” - e provai a spiegargli.
- “Certo che capisco! Anzi sai, qui secondo me sei tu quello che non capisce!!” - mi urló Rodney in faccia.
Io però, avevo le idee chiare su quello che dovevo fare. Se volevo scappare, avrei dovuto rompere con tutti, anche con Rodney. Se invece volevo restare…NO!! Avevo preso una mia decisione.
Diedi uno spintone al mio migliore amico e lui, essendo un po' in sovrappeso, cadde subito a terra.
- “Se dici a qualcuno questa cosa, finisci male. Chiaro?”gli dissi bruscamente. Lui annuì in preda al panico. Subito dopo scappai dalla finestra, pentendomi di tutto quello che
avevo detto. Mi sarei anche pentito di quello che stavo per fare?
L’ANELLO BRILLANTE
Mi allontanai da scuola piangendo e correndo, affannato, superando i tronchi caduti e le rocce appuntite nel bosco vicino alla scuola. Mi trovai in quel bosco per un motivo preciso: quando sono triste o pensieroso cerco il mio rifugio: una capanna che ho costruito con i miei amici, con i quali ho vissuto tanti bei momenti e tante belle avventure. Mi avvicinai alla capanna, ma vidi che la porta era completamente rotta, mi salì l’ansia nel cuore, ma mi feci coraggio ed entrai. In effetti vidi qualcosa che non andava: una grossa palla di pelo marrone Capii che qualcuno era entrato nella mia capanna Guardai intorno e vidi un’ombra molto grande, andai a vedere ed era un orso bruno che stava mangiando le scorte di cibo: merendine, barattoli di miele, barrette di cioccolata, insomma, la mia amata scorta. Andai in panico: avevo la fronte ricoperta di sudore e non sapevo cosa fare, perciò gli urlai contro dicendo: - “Shó shó brutto animale!” - Dato che non funzionava, provai a portare l’orso fuori dalla capanna agitando un bastone.
Nel mentre Rodney, che mi aveva seguito a distanza, arrivò alla capanna con un fucile da caccia carico: mirò l’orso e gli sparò, ma non lo centrò, perciò l’orso iniziò ad inseguirmi e cominciai a correre verso una grotta buia e spaventosa. Io non sapevo se
farmi sbranare da un orso o andare dentro la grotta. L’orso si stava avvicinando sempre di più, perciò io decisi di entrare nella grotta buia con il mio bastone a portata di mano; lì vidi in lontananza uno sbrilluccichio di colore oro.
Mi avvicinai alla strana luce abbagliante; quando arrivai di fronte a quell'oggetto splendente, vidi che era un bellissimo e costoso anello d’oro con scritte arabe. Meravigliato dalla scoperta, controllai sul mio telefonino se potesse valere qualcosa, ma scoprii che non c’era su internet, quindi sarei dovuto andare in gioielleria per una valutazione. “Ma cosa mi viene in mente? Un orso mi insegue e penso a far valutare uno stupido anello?” pensai rendendomi conto della strana situazione in cui mi ero cacciato.
Mi feci coraggio e mi guardai attorno: la grotta era enorme e profonda. Dalle pareti ogni tanto gocciolava qualcosa di freddo che il buio non mi permetteva di riconoscere.
In fondo vidi una luce abbagliante di colore viola. Non riuscivo a capire cos'era, perciò mi avvicinai sempre di più. Mano a mano che proseguivo verso la luce mi pareva di scorgere un meraviglioso, fantastico... PORTALE.
Rimasi stupito per così tanto tempo che l’orso mi raggiunse, ma di Rodney nessuna traccia. Che fine aveva fatto? Non sapevo cosa fare, ero tra la vita e la morte.
IL REGNO DELL’ACQUA
Il cuore mi batteva forte e la morte si nascondeva dietro l’angolo; davanti a me avevo due scelte: affrontare l’orso e rischiare la morte dolorosa o entrare nel portale, mettendo a rischio la mia vita.
Con le ultime energie che mi rimasero, mi tuffai dentro il portale.
Inizialmente pensavo che stessi sognando, ma non feci in tempo a fare un passo che svenni in quell’istante. Quando mi risvegliai, guardai quello che c’era attorno e vidi degli alberi alti e scuri Non sapevo dove ero finito, ma ero certo di una cosa
Non ero al sicuro. Infatti sentii dei cavalli che trottavano e si aggiravano nella foresta, con in sella dei cavalieri molto agguerriti, ma più che dei cavalieri mi sembravano dei pesci; al posto della pelle possedevano delle squame color verde acqua iridescente. Io rimasi molto colpito e mi chiesi: - “Forse mi aiuteranno e riuscirò finalmente ad uscire da qui!”.
Andai da loro e dissero: - “Alza subito le mani straniero! Come ti chiami?” - “Mi chiamo Jack e sono un adulto molto intelligente e molto buono ” - dissi
- “Se sei veramente buono, allora dimostralo!” - disse un cavaliere.
- “Già, facendo tutto quello che ti diciamo; devi essere sveglio e ben attento, oppure ti aspetterà morte certa e dolorosa.”disse l’altro.
- “Per prima cosa ti facciamo diventare acqua come noi!”disse il cavaliere: - “E ti mettiamo in questa borraccia.” - disse l’altro.
- “Anzi no, leghiamolo con una corda (d’acqua).” - disse il cavaliere
Dopo avermi legato e incappucciato con un sacco fatto a bolla, mi portarono dal Re. Il viaggio fu sereno e molto calmo, non sentii neanche delle voci attorno a me.
- “Sua maestà, oggi le abbiamo portato un prigioniero che dice di essere intelligente e buono!” - disse il cavaliere e il Re rispose con aria molto saggia e coraggiosa: - “Ne siete sicuri?
Un prigioniero? Ma pensateci! E’ un essere umano normale, non fa neanche parte di un elemento!” - “Ma… ma… ma… “
balbettò il cavaliere. - “Niente ma!” - rispose il re.
Io gli feci una richiesta e gli chiesi: - “Che regno è questo?
Dove mi trovo?”
Il re per un attimo esitò e mi rispose: - “Straniero, questo è il regno dell’Acqua, uno dei quattro regni.”
Io in quel momento capii che ero finito in un mondo strano e misterioso. Gli feci qualche domanda sui regni: - “Da quanto tempo esistono i regni? Come sono stati creati?”.
Lui decise di raccontarmi tutta, ma proprio tutta, ma tutta tutta, la storia dei regni partendo da quando sono stati creati:
-
“I regni un tempo erano uniti e furono creati da quattro fondatori, Acquetto, Fuocone, Arione e Terrina. Ma un giorno i quattro andarono in conflitto per dichiarare chi fosse il capo dei regni, ognuno desiderava esserlo ma… Non posso più continuare, non posso fidarmi di te.”
Improvvisamente il Re cambiò idea su di me e mi lasciò andare via dal castello. Io non sapevo dove andare, perciò, mi misi alla ricerca di qualcuno, un’anima viva che avesse finalmente pietà di me e mi dicesse cosa mi stava succedendo. Ad un certo punto, mentre camminavo, sentii della musica e decisi di andare a vedere da dove provenisse. Appena arrivai in quel punto trovai il deserto più totale.
La notte si avvicinava e trovare un posto per dormire diventava sempre più difficile, ma quando tutto sembrava finito mi appoggiai ad un albero e… La pianta si divise in due ed io caddi in un tunnel buio e viscido. Appena arrivai alla fine del tunnel, mi trovai in un posto spettacolare: una città scintillante, sembrava come se fosse un regno fatto di acqua e ghiaccio.
C’erano case, edifici, supermercati, un po’ come la Terra, ma con una differenza: tutto era fatto di ghiaccio ed acqua. Gli abitanti erano identici ai soldati che mi portarono dal re, ricoperti di squame con al posto degli zigomi delle branchie, i capelli erano formati da alghe argentate. Erano vestiti con delle spugne come scarpe e delle piante marine, ad esempio posidonia, come pantaloni, mentre il torace era scoperto.
A primo impatto gli abitanti della città sembravano molto intelligenti ed amichevoli, con un modo di pensare efficace e
spedito. Tutti nel regno mi fissavano, forse per il mio aspetto diverso dal loro, però fin dall’inizio mi ospitarono e mi offrirono cibo e bevande gassose, perché nel loro regno non si beveva acqua.
Trovai un ragazzo molto amichevole diverso dagli altri, si chiamava Liamnani a cui raccontai la mia storia: - “Io sono qua perché tutti mi trattavano male, mia zia mi diceva che non sapevo fare niente, le mie cugine buttarono il mio giocattolo preferito nel fiume e a scuola i professori mi odiavano. Perciò ho deciso di scappare ed entrare in un portale che mi ha portato qua. Adesso che ci penso però voglio tornare nel mio mondo, anche se tutti torneranno a volermi male.” Liamnani mi rispose: - “Mi dispiace per quello che hai passato, se vuoi posso aiutarti nel trovare un nuovo portale. Ti posso far vedere il Portale dell’Acqua.”
Non esitai un secondo e decisi di andare con lui al portale. Il portale si trovava lontano dal villaggio, ma tutto il viaggio fatto ripagò quelle fatiche. L’ingresso del portale era fantastico, mi trovavo in una caverna di ghiaccio e c’erano spuntoni ghiacciati che scendevano dal soffitto, cascate d’acqua gelida, liane azzurre sulle pareti e il pavimento era ricoperto di vetro con sotto un mare con dei pesci rossi. Liamnani prese una bolla gigante e la lanciò contro il portale ed esso si attivò. Liamnani scoppiò in lacrime, mi disse che era il momento di entrare nel portale e mi salutò: - “Addio amico! A mai più! Addio, addio, addio.”
Io risposi in lacrime: - “Addio Liamnani, spero di rivederti un domani. Addio.”
Quando fu il momento mi tuffai dentro il portale ma…
Una specie di barriera mi respinse ed io caddi a terra. L’abitante del regno dell’Acqua mi disse: - “Jack tutto bene? Sei vivo?”
In quel momento avevo gli occhi socchiusi. Quando mi ripresi tentai di nuovo di entrare nel portale, ma niente da fare, quella specie di barriera mi respinse di nuovo. Non sapevamo come mai non riuscivo ad entrare nel portale, eppure, tutto quello che avevo quando ero entrato nel primo portale lo avevo, tranne una cosa… IL MIO ANELLO.
LA CITTA’ DELL’ARIA
Non sapevo dove potesse essere il mio anello Con Liamnani tornai nel villaggio del regno dell’Acqua, nella speranza di trovare l’oggetto magico, ma niente da fare, non c’era neanche lì. Ero disperato. Sarei rimasto lì per sempre? Stavo per scoppiare in lacrime, quando ebbi un colpo di genio, forse mi era caduto nel viaggio per il portale e decisi di rifare, purtroppo, il tragitto all’indietro.
Dopo due ore di ricerca con il mio amico, non ci potevo credere, mi toccai le tasche dei pantaloni e… l’anello era lì.
Come era potuto accadere? Perchè non me ne ero accorto prima? Ero su tutte le furie con me stesso, ma l’importante in quel momento era aver trovato l’anello.
Misi al dito l’oggetto magico e dovetti salutare, questa volta veramente, Liamnani. - “Addio amico, non so se ci rivedremo un domani, ma sei stato un amico importante per il mio ritorno a casa.” Liamnani non disse una parola, lo salutai con la mano e mi tuffai nel portale, ignaro di quello che potevo trovare.
Appena arrivai, il regno era tutto blu, scoprii che molte volte
c'erano dei venti forti Gli abitanti erano delle specie di fantasmi
senza gambe, con una lunga camicia di solito blu, ma poteva essere di altri colori. Furono tutti gentili, erano pelati e potevano
volare e il loro più grande sogno era rendere la città il meglio possibile.
Per i turisti, come me c’erano delle maniglie trasparenti che servivano per non volare via a causa del forte vento che continuamente soffiava. Io scoprii che il cibo tipico era la gelatina trasparente. Io, visto che ero curioso e decisamente affamato, decisi di provare la gelatina.
Andai in un ristorante e chiesi:
“Mi scusi, potrei avere una gelatina trasparente?”
“Certo! Arrivo tra qualche minuto!” - rispose il cameriere. Dopo poco, finalmente, arrivò la gelatina. La assaggiai e pensai: “questa è la gelatina più buona che io abbia mai assaggiato!”.
La cosa più deludente di questo paese era che tutto il resto del cibo, oltre ad essere trasparente, non aveva nessun sapore.
Mi informai che nella città dell’aria, vivevano 400.000 abitanti trasparenti e la sua superficie era grande 104.326 km quadrati. Vidi un grande castello che si trovava sopra una collina tutta blu, assomigliava ad un castello medievale: al posto delle finestre, aveva dei buchi, veniva anche chiamato il Castello del ghiaccio perché all’interno c’era molto freddo, quindi ci volevano delle tute anti-freddo. Vicino alla cima del castello c’era una stanza medievale con le armature dei soldati. In fondo alla stanza c’era una leva che attivava uno scudo a forma di cupola. Sentii che i soldati del castello volevano fare una prova per vedere se lo “scudo a cupola” li proteggeva dal fumo
che arrivava dal regno del fuoco, quindi nel castello, attivarono
la leva per la cupola trasparente che proteggeva tutta la città per impedire al fumo di entrare. La cupola ebbe successo e tutti festeggiarono, ma la cosa importante era che non poteva durare per sempre: ogni volta che non funzionava più veniva ricaricata con una “tanica” a forma di bolla contenente aria.
Era molto grande, circa quanto un insieme di dieci rocce attaccate.
Il pericolo della città non era solo il fumo ma anche gli uragani e i tifoni. Erano super potenti e potevano distruggere una città grande quanto New York.
Dopo un’ora infatti, l’allarme suonò e un uragano iniziò a formarsi.
Tutti gli abitanti si nascosero sotto le loro case, nelle cantine. Io cercai un rifugio e fortunatamente ne trovai uno. Qualcuno, con il megafono, annunciò: - “Signori e signore, l’uragano durerà 2 ore! E’ pazzesco! E’ da 13 anni che non arriva un uragano che dura 2 ore o di più! Per favore, cercate rifugi, grazie!”.
“Figuriamoci se potevo avere più fortuna di così… Mi trovo in un mondo chissà dove e deve arrivare proprio adesso qualcosa che non si vedeva da 13 anni!” - pensavo mentre cercavo di proteggermi il più possibile.
Il mio rifugio era una mini caverna blu. L’uragano distrusse le case, la maggior parte degli abitanti sopravvissero nelle loro cantine. Finalmente, la furia dell’uragano finì e tutti gli abitanti sopravvissuti, contenti, iniziarono a ricostruire le case.
Mentre osservavo gli abitanti mettersi al lavoro, scorsi in lontananza qualcosa che era circondato da una fitta nebbia e
stranamente delle gocce d’acqua che cadevano dal cielo. Mi
feci una domanda: - “Questa è la città dell’aria, come fa ad esserci acqua? O magari non ho mai capito che vendono anche l’acqua…”. Provocava anche uno strano rumore, sembravano le onde del mare ed io, visto che ero curioso, decisi di andare.
NON MI PENTIRO’ MAI DI AVERTI CONOSCIUTO
THE NERO? SFERA MAGICA?
QUESTA LA DEVO RACCONTARE!
Mi trovai davanti una fitta scala, candida come la neve, soffice come le piume di un pettirosso, la quale arrivava in cima ad una tenda nera sospesa in aria, dall'aspetto inquietante
Quando arrivai sopra sentii una sensazione di terrore, il cuore batteva come non mai, le mani mi si congelarono e iniziò a salirmi un’ansia terribile, la testa mi girava come una ballerina
dentro al carillon e in quel momento mi resi conto che ero lì: dovevo affrontare la realtà, dovevo entrare.
Mi feci coraggio e mi addentrai. Appena dentro vidi una luce tonda dai colori della galassia, poi qualcuno mi sfiorò la schiena: era qualcosa di viscido come lo slime, freddo come il ghiaccio ed esile come la lama di un coltello; gli unici due
rumori che si sentivano erano il mio respiro affannoso e il ticchettio di un vecchio orologio a cucù, e dopo qualche
secondo all’improvviso da esso uscì un uccellino nero dallo sguardo triste e cupo come la notte nei giorni d’inverno.
Non ero riuscito a stare in piedi dallo spavento e “BOOM” caddi
a terra privo di sensi, il cuore smise di battermi: ero come
addormentato ma non solo per qualche ora, forse per sempre. Appena mi svegliai vidi tutto sfocato, i colori erano spenti, ma quando mi ripresi notai davanti a me un signore sottile come uno stecchino dalla lunga barba bianca, gli si vedeva l’ossatura: magra come il grano durante le carestie, dagli occhi gialli e luminosi come quelli di un serpente, dalle labbra pallide e quasi totalmente invisibili, vestito da colori scuri, come le tenebre e probabilmente come la sua anima, spenta Mi raccontò che le sue braccia portavano dei segni, non solo delle lunghe e sconfortanti battaglie vissute, ma anche di ricordi di quando era un bambino, che giocava ed era circondato da amici che gli volevano bene.
Abbiamo chiacchierato insieme accompagnati da un amarissimo the nero e lui mi raccontò un po’ la sua storia: dal modo in cui mi parlava capivo che era solo, triste e aveva bisogno di amici e di qualcuno di cui potersi fidare, scommetto che anche lui nel profondo del suo cuore nascondeva la sua felicità, solo che non riusciva a tirarla fuori e aveva bisogno di qualcuno per farlo.
Si chiamava Charlie e sognava un mondo migliore, dove tutti avrebbero dovuto aiutarsi e accogliersi a vicenda, come lui cercava di fare con il prossimo, perché sono proprio le diversità che ci uniscono.
Mi raccontò che aspettavano il prediletto per ristabilire la pace nei quattro mondi.
Allora gli chiesi cosa sapeva fare con quella sfera incantevole,
così mi rispose: - “Questo, mio caro ragazzo, è un globo dai poteri straordinari.”
- “Davvero?! - gli risposi.
- “Ohh, questo mi permette di vedere il tuo futuro e quello delle altre persone - disse.
- “Ma ora, cosa devo dirti esattamente? - mi chiese con una faccia perplessa e un po’ pensierosa.
Io rimasi in silenzio per qualche secondo, ero confuso e non sapevo se dire la verità, però risposi: - “Perchè sono qui?
Sopravviverò? Conoscerò qualcuno che mi aiuterà? Questa storia finirà bene? Verrò aiutato da qualcosa?”
- “Mio giovane” - mi rispose lui, “in questo momento non posso darti tutte queste risposte, posso dartene solo unacon la quale capirai la soluzione alle altre!” - aggiunse poi.
- “Proviamo!” - dissi io.
- “Ora ti faccio un indovinello, se la risposta giusta azzeccherai, le risposte avrai, ma sta attento perché se la sbaglierai, una brutta punizione riceverai!
Ecco l’ indovinello che ti spetta: tondo bel tondo, piccolo come il mondo, la luce ti indirizzerà in questo mondo senza pietà, indovina che cos’ è?”
- “L’ANELLO” - urlai io.
- “La risposta all’ indovinello è l’ anello, essa è giusta, ma cosa c’entra un anello con le mie domande?
Hmm avevo chiesto quanti mondi attraverserò, se sopravviverò, se verrò aiutato da qualcosa, se questa storia finirà bene, se conoscerò qualcuno che mi aiuterà e….ahhh ho trovato!!
Devo porgli questa domanda, si si è la risposta corretta, ne sono più che sicuro.
- “Salverò il mondo o verrà salvato da qualcuno?” - Gli
domandai.
- “Bravo ragazzo mio! Hai scelto la domanda giusta! Vediamo subito o prima prendiamo un altro the nero?” - chiese lui
- “Preferirei prima la risposta e poi il the nero.”- risposi.
Si mise il mantello, tenebroso come la notte di Halloween, si incappucciò e iniziò la magia: - “Shhhhh stai zitto altrimenti non mi concentro!” - mi disse un po’ scontroso. Io annuii.
- “Hfhfhfh hshshsh hfhfhfhfh!” - la palla magica emetteva dei suoni strani.
- “Gr grgrgrgr hfhfhfhfhfhf sfsfsfsfs fhfhfhfh!”.
Dopo poco tutto finì e Charlie era pronto per dirmi ciò che aveva visto.
Il globo iniziò a fumare e, a causa del futuro troppo mutevole, Charlie cadde a terra come una pera cotta, il mal di testa aveva preso il possesso di lui, come se si fosse scolato venti bicchieri di vodka. La nebbia si sollevò in alto, iniziò a girare come una trottola trascinando tutto quello che incontrava sul suo percorso mentre un tornado stava sterminando la piccola tenda. La sfera per il trambusto scivolò da suo piedistallo e si frantumò in microscopici pezzi cristallini come l’acqua e subito dopo iniziò la strage: tuoni, lampi, saette, fulmini, e soprattutto molto vento che era pronto a devastare ogni cosa; si stava dirigendo sulla piccola tenda nera, ci vedevamo perduti, quando Charlie
si ricordò che c’era una chance di vita ma era solo per una persona.
- “Jack!!!!! - mi urlò - Devi salvarti, CORRI COME NON HAI
MAI FATTO PRIMA D’ ORA!”
Allora iniziai a correre come mi disse Charlie, il mio cuore batteva come una bomba, mi allontanai da quella tenda piccola come un granellino di sabbia rispetto a quell’immenso mondo, nera come la pece, con decori luminosi come le stelle nelle notti d’estate.
Tutto quello che successe sono ricordi che formeranno un grande mosaico nel mio cuore, ma non solo, sono sicuro che questo ricordo rimarrà anche a Charlie, ma nel mio cuore c’era ancora un buco, il rimpianto per avere abbandonato il mio amico Charlie!
Attraversai il portale di un nuovo mondo, un nuovo inizio, ma non appena messo piede per terra, volai nell’infinito e oltre, non c’era il pavimento, ero nel nulla e totalmente solo.
VI
LEMMING A VOLONTA’
Una volta sceso dal regno dell’aria atterrai in una foresta tutta buia.
Vidi uno strano bagliore di luce che zampettava. Andai a controllare e vidi un lemming infuocato. Mi guardò intensamente con i suoi occhi infuocati e iniziò a scappare. Io lo seguii ma andava troppo veloce e mi persi per strada. Vidi un’immensa cupola di fuoco. Una volta entrato vidi giganteschi ammassi di fuoco, quelle che dovevano essere le case. Presi la strada principale, una strada gigantesca dove passavano tanti fuocherelli Vidi uno strano fuocherello che veniva bullizzato Ricordandomi di come era brutto essere bullizzato decisi di aiutarlo: - “Lasciatelo stare, brutti pezzi di carbone!” - dissi, ma commisi un grande errore. Infatti loro mi risposero: - “Perchè dovresti difendere questo fallito?”
Io gli urlai con voce decisa: - "Io so come ci si sente ad essere così maltrattati!"
Loro accennarono un sorriso ed esclamarono: - "Allora se non possiamo bullizzare lui bullizzeremo te!!". Impaurito iniziai ad arretrare Ma quando pensavo di essere spacciato, un fuoco molto corpulento si intromise nella situazione:
- "Cosa state facendo bambocci!" - sbraitò.
- "Lasciateli stare!"
A quel punto i bulletti scapparono via e il soldato se ne andò.
- "Grazie per avermi salvato, ma perché ti saresti battuto con loro per me? E’ pericoloso!?"
- "Lo so bene, anch'io ero vittima di bullismo un tempo, quindi so bene cosa si prova.”
- "Grazie amico, se posso chiamarti così; potresti venire a casa mia a mangiare e bere qualcosina?"
- “Certo! Verrei volentieri!" e ci incamminammo a casa di quello strano fuocherello.
Findus non sembrava quel tipo di amico sempre acceso e pieno di energia. La sua casa non era molto grande, infatti presentava solamente due stanze: la camera da letto e la cucina.
Lui non amava parlare molto infatti ad ogni domanda che gli ponevo lui si limitava a rispondere con un cenno del capo.
- "Perché tu sei così diverso? Perchè hai in fronte una goccia
d’acqua?” - E lui mi rispose amaramente: - “Perchè io sono figlio sia di acqua sia di fuoco, è per quello che mi bullizzano” - e mi offrì del tè.
Ad un certo punto spuntò da dietro l’angolo un esserino: - “Lui è Fuffi, il mio animale domestico” ed io esclamai: - “E’ un drago!”
e lui mi rispose: - “Certo, noi qui alleviamo draghi, non lo fate anche voi umani?” ed io gli dissi: - “No, certo che no!” - e mangiai un altro biscotto.
Osservandolo bene notai che rispetto agli altri era più piccolo e snello.
- “Eccciuuuuuuu!”
- “Salute” - dissi, ma notai che starnutiva piccole goccioline d’ acqua, quindi pensai subito che appartenendo anche al regno dell’acqua avesse delle particolarità.
- “Adesso ti devo portare dal capo”. Appena arrivammo al cospetto del re, Findus mi disse:
- ”Inchinati davanti al trono di Gagoor” e poi, rivolgendosi al capo: - "Non riconosci il prescelto?"
- E il re rispose: "Come sarebbe? Il prescelto?" - domandò. A prima vista sembrava un fuocherello qualunque, solo un po' ciccione, ma ad osservarlo bene, con questo sguardo infuocato ti faceva gelare il sangue. Alto non più di novanta centimetri, ma pur sempre grande per il suo regno, si ergeva sul suo trono infuocato, maestoso ed imponente. Il suo più grande sogno, mi aveva detto Findus era quello di conquistare tutti gli elementi, anche se secondo me con quella pancia non riusciva a fare più di due metri. In testa aveva una corona sfavillante e sulla schiena poggiava un mantello rosso acceso. Avrei voluto dire che secondo me a parte gli occhi, era carino ma visto il suo esercito, decisi di stare zitto.
- “Come può essere questo il prescelto?" - chiese il re. Findus rispose: - “Me lo sento, fagli fare delle prove per dimostrarlo". Il re scoppiò in una risata che quasi sembrava malvagia: - "Quindi adesso dovrò fargli affrontare delle prove?"
- e a quel punto scoppiò di nuovo in una fragorosa risata.
- “Vieni straniero, per verificare se sei veramente il prescelto quindi, affronterai delle prove, ma prima voglio farti vedere il mio immenso castello”.
Addirittura il portone mi stupì che di solito non è la mia parte preferita. Era pieno di decorazioni scintillanti e luminose. La bellezza dell'interno mi fece venire la voglia di essere questo re così strano: migliaia e migliaia di corridoi si ramificavano nel castello portando a sale e sotto sale. In cima c'era una grande terrazza con vista, con vista lava. Al suo interno brulicavano centinaia di servi e alcuni lemming infuocati Una volta svoltato l'ennesimo corridoio, il re annunciò che eravamo arrivati.
- "Questa sarà la tua sala da letto. Riposati! Con tutte le prove che affronterai domani ne avrai bisogno!". E scoppiò nella sua classica risata malvagia. Solo dopo che uscì, mi resi conto di quanto fossi stanco e crollai disteso sul letto riscaldato. Quando mi svegliai trovai un soldato che mi fissava.
- “Cosa stai facendo?”chiesi d’istinto e lui mi rispose con voce debole: - “Il capo ti chiama, vestiti e vieni nella sala 114 per fare colazione”.
Ci misi un po’ a trovare la stanza, visto le 500 camere, ma infine, dopo innumerevoli tentativi riconobbi il numero 114.
- “Sei in ritardo!” - esclamò il re - “Fai colazione! Come ti ho anticipato ieri, oggi farai delle prove per verificare se sei veramente tu il prescelto!” - e con questo cominciò ad abbuffarsi.
Non mangiai molto, visto che il cibo era fatto quasi tutto con il fuoco e colate di lava. Poi mi portarono in uno spiazzo, con tantissime armi e il re esclamò: - “Scegli l’arma che ti
accompagnerà per le tue prove, orsù non esitare, prendi l'arma che ti farà da compare in queste sfide!”.
Ero molto indeciso su quale arma avrei dovuto scegliere: l’ascia era potente, ma troppo pesante, l’arco era buono, ma troppo lento. Ad un certo punto il mio anello s’illuminò e mi trascinò verso una spada piena di antiche rune. Appena mi avvicinai, anche la spada prese ad illuminarsi con gli stessi colori dell’anello La sollevai: era davvero leggera, affilata, manovrabile e stupenda.
- “Hai scelto la tua arma che ti sarà d'ausilio in questa battaglia memorabile?” - Ed io risposi: “Certo, questa spada mi accompagnerà in questo scontro!”
- E il re disse: - “Diamo inizio alle sfide!”
Ammetto che ebbi molta paura. La prima bestia da affrontare era un lemming gigante infuocato. Attaccò prima lui e mi prese alla sprovvista, ma risposi subito con un fendente. Dal suo fianco iniziò a colare della lava che pensai fosse il suo sangue. Invece no! Era il suo asso nella manica, si stava dividendo in tanti piccoli lemming: mi colpirono all’improvviso e incominciarono a punzecchiarmi ed assalirmi. Erano in tantissimi che mi mordevano e si arrampicavano su di me, sembrava che fossi spacciato e che mi dovessi arrendere, ma io non mi ritiro facilmente anzi, in quel momento feci un balzo disumano, impugnai la mia spada ardente ed incominciai la mia ascesa. Avevo già steso diversi di quegli esserini minuscoli fino a quando, ad un certo punto, si riunirono in un unico ammasso di lava e si scagliarono contro di me. Io, che ero esausto, feci
un ultimo sforzo e conficcai la mia spada all’interno di quella palla infuocata che, dopo pochi istanti, esplose.
- "Buono straniero, ma mi aspetto molto di più da te" - disse il re, poi con un cenno del capo fece segno ad una guardia di aprire un altro sportello. A quel punto uscì un gigantesco orco
dall'aspetto terrificante che, con una mazza infuocata gigantesca, cercò di mozzarmi la testa, ma io ero pronto, lui mi sfiorò, ma poi mi tirò un colpo al fianco che mi fece svenire dal dolore.
- “Allora ti sei svegliato finalmente, pensavamo che fossi morto!” - esclamò il soldato: - “No” - risposi: - “Ho solo preso una brutta botta alla testa, perciò sono svenuto!” e Findus
disse: - "Meno male che non ti sei fatto nulla di grave, ma non hai superato le prove, quindi il re vuole fare una chiacchierata con te.”
Avevo fallito, mi sentivo incapace, inutile, senza nessuno scopo di vita.
Il cuore mi batteva a mille ed ero in preda al panico: cosa avrebbero fatto di me, dopo aver fallito? Mi avrebbero cacciato od ucciso? Il re mi voleva vedere, cosa avrebbe detto?
Tutte queste domande mi brulicavano in testa, come uno sciame di api.
Mi mancava un po’ la vecchia vita senza ansie, senza colpi subiti, senza la preoccupazione di morire. Mi incamminai verso la sala del re dove lui mi aspettava con un grande peso nell’anima.
- “Buongiorno, ti devo parlare!” - disse con tono tenebroso “Ti aspettavo. Adesso parliamo delle prove!”
- “Mi dispiace, sire” - dissi - “Ho fallito, non ho superato le sfide, fate di me quello che volete!”
- “Noi non uccidiamo gente per errori, soprattutto se sono degli stranieri. Ma dovrai servirci, visto che sei entrato nel nostro regno”.
A quel punto notò i segni che avevo sulle braccia:
- “I segni che hai sulle braccia sono quelli annunciati nella profezia!” - esclamò: “Per questo ti darò un’altra possibilità!"
Ed io chiesi: - "Cosa dovrò fare, o mio re?"
- "Non so se ne sei all’altezza, ma dovrai andare in un posto magico; nessuna persona è tornata viva da lì, quindi, se non te la senti…" - disse con tono titubante.
- "Nella foresta del Picchio, ma è veramente molto pericoloso, puoi anche rinunciare.”
- ”No, vostra maestà, io non potrei mai rifiutare un vostro incarico. Ma dovrei chiedervi un favore: se non fallisco la missione, potrò portare con me Findus?"
- Certo che puoi!”
A quel punto un soldato mi diede una piccola mappa.
- "Arrivederci o re" - esclamai.
Andai in sella ad un cavallo, che era infuocato, ed uno stalliero mi indicò una di quelle piccole creature.
- "Eih! Ed io non vengo con te scusa!?" - disse il lemming, ed io sorpreso risposi: - “Tu sai parlare?" e lui affermò: - "Si è
ovvio, comunque devo venire con te ad accompagnarti purtroppo" - rispose.
Ci incamminammo con il cavallo. Dopo un paio di chilometri incontrammo un signore che non parlava, era inquietante e aveva la faccia oscurata dal cappuccio, un bastone che muoveva senza interruzioni.
- "Cosa fai qui?" - dissi con tono minaccioso. Non mi rispose ma con il bastone colpì il terreno e provocò un forte terremoto da farmi cadere per terra, il cavallo scappò in preda al panico con sopra il lemming ed io caddi nel buio più profondo.
VII
LA GEMMA DELLA TERRA
Dopo il buio apparve una fioca luce che mi riaccese la mente.
Appena il mondo riapparve davanti a me, sentii una leggera scossa che proveniva da sotto ai miei piedi. Vidi sparire le mie speranze appena scorsi una creatura agghiacciante davanti a me. Mi afferrò con violenza, senza dire una parola mi trascinò con lui da dove era venuto. Mi portò in una regione che ricordava gli inferi. Un luogo ripugnante che faceva gelare il sangue. La figura misteriosa se ne andò, e finalmente tirai un sospiro di sollievo
Appena vidi il luogo in cui mi aveva catapultato mi vennero i brividi: davanti a me si erigevano numerose abitazioni malmesse; le pareti di legno marcio a malapena reggevano il tetto, anch'esso trasandato. Mi incamminai in mezzo a quelle case prive di vita e scrutai un essere il cui l’aspetto non era rassicurante.
Ogni passo di quell’animale corrispondeva a un battito del mio cuore. Il mio istinto mi suggeriva di scappare, ma la mia mente mi spinse ad avvicinarmi Misi la mano avanti nell’intento di sfiorare la testa dell’animale, ma la creatura si scostò con sguardo diffidente.
Poi tirai fuori dalla mia sacca del cibo e lo posai per terra.
L’animale impaurito lo prese e si allontanò leggermente. Aveva
piccoli occhi incavati nel cranio, una grande bocca con denti sporgenti con cui stava divorando quello che gli avevo dato e il corpo sproporzionato rispetto alla testa era ricoperto da verdi squame lucenti.
Dopo che ebbe finito di mangiare riprovai ad approssimarmi lentamente a lui: a differenza del tentativo precedente la bestia incuriosita si avviò verso di me e mi si intrufolò nello zaino
Me lo tolsi velocemente e mi accorsi che stava mangiando le scorte rimanenti, lo presi per il collo e lo tirai fuori.
L’animale sembrava molto impaurito, ma non capivo ancora da cosa. Lo ripresi in braccio e lo riposi con cautela nello zaino. Continuai per il percorso con il mio nuovo amico. In tutto quel trambusto non mi accorsi però che non era presente anima viva a parte quella creatura. Successivamente capii che quello che aveva distrutto il villaggio era lo stesso essere che spaventava il mio nuovo amico.
Il buio che penetrava in ogni luogo tralasciava però il ponte sconnesso che si trovava davanti a me. Impaurito mi avvicinai e lo scrutai con attenzione.
Mi guardai attorno e capii che il ponte era l’unica via di uscita, appoggiai lo zaino che aveva dentro la bestiolina dormiente, mi rimboccai le maniche e iniziai a rimuovere le assi di legno marcio, le portai al ponte, ma mi accorsi che mancava la corda per tenere insieme il tutto. Allora me ne andai per procurarmene subito una, ma ebbi difficoltà a trovarla: stavo per
perdere le speranze, quando ne trovai una dentro un’abitazione quasi del tutto distrutta.
Presi la corda e andai subito al ponte per cercare di passare.
Iniziai ad assemblare le assi e la corda fin quando non ebbi finito. Mi incamminai verso il ponticello e con cautela lo attraversai; dall’altra sponda intravidi un’ ombra raccapricciante. Appena vidi la creatura, pensai che fosse l’essere che aveva spaventato il mio amico, ma quando guardai meglio capii che era un abitante della roccia: - “Chi sei? E cosa ci fai qui?”chiese il misterioso individuo.
Aveva un corpo robusto fatto di terra e roccia, due occhi scuri come la notte, al posto della mano destra possedeva un martello capace di creare sismi e voragini:
ERA ORRIBILE!
Con calma mi azzardai ad emettere dei suoni simili a parole: - “Io… mi chiamo Jack… e tu chi sei?”.
Mi rispose dicendo: - “Mi chiamo Gatev, sto cercando una creaturina con squame verdognole!”.
Il sudore mi iniziò a scendere per il volto, avevo molta paura per il mio amichetto. I pensieri giravano liberi nella mia mente già piena di preoccupazioni, ma ce n'era uno che li sovrastava tutti: la paura di perdere quella creatura indifesa. Non sapevo cosa rispondere e andai nel panico.
Iniziai a trovare lettere sparse nella mia testa, ma non andò molto bene e pronunciai frasi che non sembravano della mia lingua. La strana creatura si allontanò senza dire una parola, con uno sguardo perfido che ti penetrava gli occhi.
Appena voltò lo sguardo iniziai a correre più forte che mai e mi rifugiai dietro la sporgenza di una montagna. Riposi lo zaino per terra e controllai al suo interno. La creaturina era scomparsa, andai nel panico e iniziai a cercare da tutte la parti, ma non lo trovai. All'improvviso sentii qualcosa che mi sfiorava la gamba, mi girai ma non notai nulla e, sconfortato, continuai il mio cammino. Dopo ore di cammino arrivai sulla cima dell’altura e mi misi a sedere pensando alla creatura
Ero molto stanco quindi mi sdraiai e dormii per un paio di ore.
Al mio risveglio con enorme sorpresa vidi il mio amico raggomitolato sulla mia pancia, con cautela gli accarezzai il dorso e lo rimisi nello zainetto.
Mi guardai intorno e in lontananza avvistai una sorta di muraglia, con al centro un varco sorvegliato da due creature, le stesse che mi avevano trascinato in quel posto rigurgitante.
Volevo vendicarmi di quegli esseri, ma non ne avevo il coraggio, allora mi indirizzai verso quella valle con tutte le paure che mi farfugliavano per la testa.
Il percorso era molto ripido, quindi camminavo lentamente; arrivati a circa metà discesa inciampai in una roccia mezza interrata, ruzzolai giù per la collina e quando arrivai in fondo un po’ scombussolato mi ritrovai con la faccia schiacciata a terra e il naso sanguinante. In tutto quel trambusto non mi accorsi però
delle due creature che mi guardavano titubanti.
Con tutta l’energia che avevo in corpo iniziai a correre, ma inciampai di nuovo e svenni.
Quando mi svegliai ero sdraiato su un letto circondato da un piccolo tappetino viola, mi sedetti e vidi il mio amico molto spaventato, ma non capivo da cosa.
Allora mi avviai verso la porta ma la creatura non mi seguì, agitato tastai la pelle del mio piccolo amico e poi spostai la mano sul tappeto, finalmente forse avevo capito perché aveva così paura.
Lo presi in braccio e piano piano uscii dalla stanza, riposi la creaturina dentro lo zaino, ma all’improvviso esso si illuminò e lo ritirai nuovamente fuori.
Intuii subito che quello strano essere che mi aveva condotto fino a lì aveva un collegamento con quella gemma, allora la lasciai per terra e la seguii: forse proprio quella creatura mi ci avrebbe portato.
Iniziò a zampettare più forte che mai e quasi facevo fatica a seguirla, uscii dall’ abitazione in cui mi trovavo senza farmi troppe domande, nonostante le sorprendenti abitazioni violacee.
L’essere si infilò in un piccolo cunicolo in cui io facevo molta fatica ad infilarmi ma con un po’ di problemi e un vestito rotto riuscì a passare.
Nella mia testa mi facevo molte domande: “E se avessi perso la creatura? Se non fossi riuscito a prendere la gemma? Se fossi rimasto incastrato nel cunicolo?”
Purtroppo non riuscivo a rispondere a nessuna di queste.
Inciampai di nuovo, ma stavolta mi rialzai velocemente e davanti a me si ergeva un muro. Mi fermai, non trovavo più la
creatura, mi guardai sotto i piedi e la trovai lì, accovacciata sotto di me.
La creatura mi indicò con la testa il muro, allora io stressato la rimproverai: - “Cosa siamo venuti qui a fare se poi siamo davanti ad un muro!”. Allora l’esserino appoggiò ripetutamente la testa su un mattone.
La presi in braccio e con flebile voce le dissi: - “Grazie, grazie per tutto quello che hai fatto”
Allora schiacciai sollevato il mattone e si aprì davanti a me una porta.
Era lì pronta per essere aperta con il suo colore vivace, emetteva una luce quasi divina in quel posto orribile, la afferrai, uno squarcio si aprì sopra di me, delle scale si plasmarono davanti ai miei occhi e con un piccolo sorriso iniziai a salire.
LA BATTAGLIA FINALE
Si sentì un’altra scossa e si formò un cratere gigante grande come la città di Tokyo. Pensavo che da un momento all’altro il regno del fuoco ci potesse attaccare, ma non successe niente per due giorni. Nel frattempo mi curai le ferite che mi accorsi di avere dopo tutto quel trambusto. Ma che cosa stavo facendo?
Dovevo andare a prendere Findus nel regno del fuoco: - “E’ vero, mi stavo quasi dimenticando della Foresta del Picchio.
Dov’è il portale? Ah! Adesso mi ricordo! Devo assolutamente riuscire in questa missione. Finalmente qualcuno ha fiducia in me e io non posso tradire il mio re” Non ci pensai troppo e proseguii. Arrivato al castello Findus mi stava ancora aspettando. Mi chiese che fine avessi fatto, ma ora non c’era tempo per le chiacchiere, dovevamo andare nella Foresta. Mi consigliò di andare da una persona: circolavano voci che fosse un assassino e che fosse meglio non fidarsi mai e poi mai di lui, ma era l’unico che sapeva come raggiungere la mia meta.
Ebbi paura ad entrare nella sua dimora, ma alla fine non era come lo avevano descritto: era sempre da solo perché non aveva nessuno con cui parlare, si chiamava Elder
Dopo le ferite subite ero diventato più debole, volevo tornare forte come prima, volevo recuperare in fretta.
Si sentirono delle urla provenire dalla città: c’era un attacco in corso...
Elder non si preoccupò molto, perché era convinto che fosse finto, ma non era così.
I soldati che proteggevano la città si misero in guardia e appena iniziò l’attacco capirono che era un’illusione e tutto scomparve.
Ci fu un altro attacco e un altro scontro, i soldati pensarono che fosse di nuovo un attacco simulato, nel mentre, io mi girai a chiedere una cosa ad Elder, ma era sparito!
Uscii dalla casa e gridai: - “No, Elder è in difficolta’! E’ stato colpito allo stomaco”. Andai ad aiutarlo, ma era svanito nel nulla. Quella battaglia era molto silenziosa, ma vera, purtroppo.
Mi voltai ed erano tutti morti a causa di un’esplosione. La battaglia finì e vidi Elder in mezzo al campo, sdraiato senza forza e cercai di salvarlo, ma scoprii che era la copia di se stesso.
Ci avevano catturato e ci portarono dentro ad una grotta tetra e cupa: era piena di scheletri e di insetti e c’era una luce leggera, portava ad una piccola uscita, e davanti a una porta c’era un cane a tre teste che faceva da guardia. Per distrarlo gli diedi un osso e iniziò a rincorrerlo finchè non si vide più, entrai e vidi un grosso...
- "Ma dove era finito Elder?” - "Oh oh no! Elder è sparito di nuovo!” - sospirai ormai stremato.
Lo cercai dappertutto ma non lo trovai. Sentii una voce in lontananza e all'improvviso una forte scossa, forse la battaglia
finale era iniziata. Ritrovai subito Elder e dopo la scossa riuscimmo a trovare l’uscita: eravamo usciti da un ingresso segreto che solo lui conosceva. Quando uscimmo vedemmo che i soldati combattevano ancora. Anche Findus era là in mezzo. Io ed Elder ci buttammo nella mischia. Non si capiva più niente: chi colpiva da una parte, chi cadeva dall’altra. Avevo paura: che fine avrei fatto? Che fine avrebbe fatto Findus? Ed Elder? Questa battaglia doveva finire L’odio tra i regni doveva trovare una soluzione. All’improvviso successe qualcosa che rovesciò la situazione: i miei pensieri si materializzarono e un silenzio inquietante calò sul campo di battaglia. Tutti si girarono verso di me. Cosa dovevo fare? Con le poche forze che mi rimanevano provai a dare voce ai miei sentimenti: ero grato a questi esseri che mi avevano accolto, avevo ritrovato la fiducia persa nel mio mondo e volevo con tutto me stesso che i regni trovassero un accordo. E così fu. La Foresta del Picchio dove si era svolta la Battaglia più sanguinosa della storia si era trasformata in un luogo di pace.
E io?
Be’ sono qui nel mio banco, il professor Barbagiannilotofago sta spiegando non so bene cosa. Quel che so è che non ho cavalcato un drago come ho sempre sognato di fare, ma ho contribuito a riportare la pace in un mondo diviso e se ci sono riuscito là non vedo perchè non sia possibile anche qua. Basta crederci!