SABINA

periodico di informazione del centro italia anno 96 N. 2 apr-giu 2019

€ 2,00

DA RIETI A BOLSENA 1

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Sommario 4 La città intelligente di Maria Grazia Di Mario

Dal 1923 Fondatore: Giuseppe Lolli Rifondato da Maria Grazia Di Mario

Anno 96 numero 2 aprile-maggio-giugno 2019 Direttore responsabile Maria Grazia Di Mario mgraziadimario@gmail.com tel. 347 3628200 Vicedirettore Ettore Nuara Caporedattore Daniela Delli Noci Editore Associazione Angelo Di Mario Via S. Antonio, 1 Vallecupola di Rocca Sinibalda (Rieti) Redazione Via G. Mameli 48b - 02047 Poggio Mirteto (Rieti) hanno collaborato: Maria Grazia Di Mario, Margherita Filippeschi, Ettore Nuara, Annalisa Parrano foto: ANSA, Marco Belardi, Maria Grazia Di Mario, Jacopo Eusepi Progetto: Francesco Cristino Stampa: RiStampa srl Via Salaria per l’Aquila km 91,350 - 02015 Santa Rufina di Cittaducale (Rieti) - tel. 0746 606732 Registrazione al tribunale di Rieti n. 3 del 09/11/2016 La collaborazione è gratuita La rivista si può sfogliare anche su www.sabinamagazine.it Tutto il materiale, foto, articoli, pubblicità sono soggetti a copyright In copertina: Alcune immagini di Bolsena e Rieti

8 Uniti per la ricostruzione di Maria Grazia Di Mario

10 piccoli artisti crescono di Ettore Nuara

12 Navegna Hotspot

di Margherita Filippeschi

16 Bolsena: un delizioso Eden di Annalisa Parrano

22 Il mistero di velzna di Maria Grazia Di Mario

28 I sentieri nascosti di marco testi di Maria Grazia Di Mario

30 MURALEs

di Ettore Nuara

www.tipografiaristampa.it

info 347 36 28 200 - bibliotecasamuseoangelodimario.com

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La città intelligente di MarIA Grazia di Mario foto di jacopo Eusepi

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arlare di una città che diventa intelligente ed alimenta la propria intelligenza, attraverso le proprie risorse umane, può sembrare utopia. Ma utopia non è, se già dal 1999 alcune città nel mondo sono entrate a far parte della rete delle città educative.

Il movimento “Città Educative” parte da Barcellona nel 1990, a seguire a Bologna, nel 1994, viene istituita l’Associazione Internazionale delle Città Educative (AICE), una struttura collaborativa permanente tra diversi governi locali europei, attorno al tema dell’Istruzione e della Formazione Continua. Più di recen-

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te, nel 2015, e nella stessa direzione, va l’iniziativa dell’UNESCO per la realizzazione di una rete mondiale di Città della Conoscenza cui hanno aderito 223 città nel mondo, in Italia ne fanno parte solo Torino e Fermo.

Parola d’ordine una formazione continua e trasversale (che coinvolga persone di ogni età e non solo i giovani) in grado di trasformare i nostri capoluoghi in veri laboratori di creatività che possano, rispettando l’identità dei luoghi, individuare alternative vie di sviluppo, un tentativo di rispondere alla crisi postindustriale e che ha portato città come Detroit, Chicago, Melbourne, Dublino,

Attualità

L’Associazione Culturale Nuovi Percorsi lancia a Rieti una nuova sfida: quella di trasformare questa cittadina in “Città della Conoscenza”, aderendo alla rete mondiale dell’Unesco.

Ad illustrare le opportunità offerte lo scrittore Giovanni Fioravanti Stoccolma, ad una vera rigenerazione.

Un Nuovo Rinascimento sarà dunque possibile? Possibile e necessario per Giovanni Fioravanti, autore del libro “La città della Conoscenza”, ideatore del Manifesto per “Ferrara Città della Conoscenza” ed estensore dello stesso per Rieti. Fioravanti ha incontrato i cittadini presso la sala convegni della Sabina Universitas, su invito dell’Associazione Culturale Nuovi Percorsi, fondata dall’operatore culturale Carlo Latini e diretta da Carlo Ciccaglioni. Al termine dell’incontro è stato siglato un documento cui dovrebbe seguire un percorso in questa direzione, anche se la parola decisiva

Nelle foto: alcune immagini del fiume Velino, presso il Ponte Romano nella città di Rieti

spetterà sempre al Comune, l’adesione è politica e non è scontata.

“Quello della città dell’apprendimento dovrebbe essere, per i Governi locali, un obiettivo strategico per il futuro – ha spiegato Fioravanti – il modello della Learning city è adattabile a qualunque capoluogo. Noi siamo un Paese con un patrimonio immenso ma non ci preoccupiamo della conoscenza, da questo punto di vista infatti il sistema Italia vive uno stato di grave “emergenza”, da dati Ocse ed Istat emerge una situazione tragica, abbiamo conquistato i primi posti per la dispersione scolastica, mentre la percentuale di laureati è del 26% contro il 39% della media europea. In generale nel settore cultura siamo seguiti solo dalla Romania. Le città possono imparare, autorigenerarsi, trovare nuove strade di sviluppo economico sostenibili, attraverso lo scambio di conoscenze, la scelta di coinvolgere i propri talenti e di conseguenza di attrarne di nuovi. Tutte hanno un patrimonio di istituzioni quali musei, biblioteche, gallerie, teatri, addirittura famiglie/privati, in cui si può fare apprendimento, ma i luoghi vanno aperti all’incontro, non devono essere solo di conservazione. Inoltre le occasioni di conoscenza vanno messe in rete, pubblicizzate”.

“In tutta l’Italia questo aspetto è stato molto trascurato, non si è ancora compreso a pieno che la conoscenza è un investimento per il futuro – ha precisato Giovanni Fioravanti – Organizzare grandi eventi attrattori di risorse non rappresenta un investimento a lungo termine, le amministrazioni devono capirlo perché hanno il compito di creare opportunità concrete affinché i cittadini si trasformino in un capitale umano che possa esprimersi al massimo delle possibilità, in ogni luogo esiste un bagaglio di conoscenze (pensiamo alle associazioni di categoria che rappresentano i vari ambiti produttivi), che non riusciamo a far emergere e condividere”.

Si tratta di una vera sfida che potrebbe portare ad un reale cambiamento e ad una nuova partecipazione alla vita sociale (visto anche l’allontanamento dei giovani da una politica che non riesce a dare risposte). Aderendo alle Città della 5

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Conoscenza a sedere al tavolo decisionale non ci saranno solo gli amministratori (a Barcellona è nato addirittura un assessorato specifico) ma tutti i soggetti coinvolti e in grado di comunicare saperi, dalle scuole, alle Università, alle associazioni culturali, agli organismi di categoria, al singolo cittadino.

Per Fioravanti (dirigente scolastico in pensione con grande esperienza nel settore della formazione), quella di estendere il Manifesto di Ferrara (firmato da 400 intellettuali, ma non ancora accolto dal Governo della sua città) è diventata quasi una missione.

“L’interesse per una educazione continua – puntualizza – nasce in primis dal mio lavoro, sono stato insegnante e preside, ma ho anche operato nei centri territoriali di istruzione permanente dove, attraverso i bandi europei, ho avuto l’occasione di approfondire le tematiche legate alle opportunità che ci offre l’Unesco. La sopravvivenza della stessa umanità è legata all’apprendimento continuo, alla formazione, alla cooperazione”.

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Il cambiamento dovrà partire dalle città perché a livello globale l’80% della ricchezza viene prodotta nelle metropoli.

L’idea forte per il nuovo millennio (spiega Fioravanti nella prefazione del suo libro) sarà insomma di fare dei capoluoghi i siti dei saperi diffusi, capaci di festeggiare la conoscenza, la cultura e quanti, grandi e piccoli, noti e meno noti, sono impegnati a studiare, a conoscere, ad apprendere, a ricercare, ad essere creativi, ad inventare. Città che coltivano intelligenze, che nell’incontro con l’altro valorizzano le intelligenze, perché l’intelligenza è l’unico vero capitale che accomuna tutti i cittadini in uno spazio di ricerca, dialogo, conoscenza, accettazione, di sfide e difficoltà da affrontare insieme.

Chissà se partendo dalle città non si possano rilanciare anche le campagne, i piccoli borghi, riscoprendo una rete di saperi che portino alla rinascita e valorizzazione di un intero tessuto sociale.

Una esigenza quanto mai necessaria per la provincia di Rieti e la Sabina intera.

AttualitĂ

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UNITI PER LA RICOSTRUZIONE di MarIA Grazia di Mario

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Rieti è stato firmato, il 9 maggio, presso il Palazzo Potenziani, un Accordo Quadro tra la Fondazione Varrone (ideatrice dell’Accordo stesso), l’Ufficio del Soprintendente speciale per le aree colpite dal sisma, la Soprintendenza Archeologica, Belle Arti e Paesaggio delle province del Lazio, La Soprintendenza Archivistica e Bibliografica del Lazio, i comuni di Rieti, Amatrice, Accumoli, Cittareale, la Diocesi di Rieti. Finalità quella di costruire autonomamente un futuro precorrendo i tempi di una ricostruzione chiaramente “troppo lenta” e ripartendo da una valorizzazione di quello che è rimasto, anche se “danneggiato”. I Ritardi nella ricostruzione, attribuiti alla lentezza pa-

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chidermica di un Governo che continua a “penalizzare le aree colpite”, anche attraverso una burocrazia che impedisce l’utilizzo di somme ingenti donate da realtà sia private che pubbliche, il rischio “dimenticanza” e l’indifferenza, hanno prodotto qualcosa di diverso, un messaggio che proviene da un’Italia che vuole ripartire dai piccoli centri e che reagisce agli eventi, che non si piange addosso (come ha sottolineato il sindaco di Rieti, Antonio Cicchetti). “L’idea di lavorare insieme per il territorio è una cosa eccezionale, non ordinaria – ha spiegato Antonio D’Onofrio, Presidente della Fondazione Varrone – l’insoddisfazione nel non poter contribuire al problema della ricostruzione nei comuni del cratere, anche considerando la consistente cifra

Sviluppo e Territorio

A Rieti è stato firmato un Accordo Quadro con la finalità di recuperare e valorizzare il patrimonio attraverso iniziative di restauro e valorizzazione dei beni artistici, trasformando questa attività in un momento di rinascita per l’intera comunità donata e che non siamo riusciti a spendere, l’apprensione per le tempistiche, la nostra particolare realtà fatta di piccoli comuni caratterizzati da una economia legata alle risorse locali, dunque con una criticità maggiore rispetto all’Aquila, che pure ancora “non vive”, ci hanno portato a trovare soluzioni su come partecipare e contribuire”. E l’Accordo ha davvero un taglio innovativo: da qui a 5 anni l’impegno dei firmatari è di recuperare e valorizzare il patrimonio attraverso attività di restauro e valorizzazione dei beni artistici, trasformando questa attività in un momento di rinascita per l’intera comunità. “Il restauro diventerà un’occasione per vivere il restauro da parte del cittadino, i cantieri dovranno essere fruibili, sia in forma diretta che in

Nelle foto: momenti della firma dell’Accordo siglato presso la sede della Fondazione Varrone

remoto”, ha sottolineato Paolo Iannelli, soprintendente speciale per le aree colpite dal sisma. I laboratori di restauro si trasformeranno così in Laboratori di Rinascita/Cultural Point, non solo luoghi di lavoro ma di aggregazione e risveglio sociale, con l’intento di recuperare una identità e provocare (soprattutto nei giovani ed anziani) una fidelizzazione ai propri luoghi di origine. Ad un laboratorio collocato in un punto centrale, ossia a Rieti, ne saranno affiancati altri distribuiti nelle diverse sedi e collegati tra di loro anche con webcam in live streaming. I laboratori di rinascita serviranno a promuovere la valorizzazione del patrimonio e insieme dei contesti di origine. I tempi sono a stretto raggio: tra il 2019 e il 2020 è prevista l’attivazione di quello di Rieti, con presa in carico di un pacchetto di opere da restaurare (scelte anche in base al valore religioso-comunitario) attraverso il lavoro di professionisti del luogo, a fine anno è in programma la pubblicazione di un libro-catalogo sui beni culturali scampati al sisma e, nei primi mesi del 2020, l’allestimento, a Palazzo Potenziani, di una mostra con le opere d’arte recuperate. Un progetto ambizioso ed innovativo che vuole contrastare l’immobilismo delle istituzioni, e questo in attesa di una ricostruzione che preveda il ritorno dei beni ai luoghi di appartenenza, così come ha tenuto a precisare il Vescovo di Rieti, Domenico Pompili. “Considero l’Accordo come la possibilità di un percorso virtuoso che aiuti le Istituzioni ad intraprendere un cammino concreto – ha affermato Pompili - dal forte impatto simbolico in un momento in cui, a livello di Governo, siamo fermi da più di 1 anno e mezzo, con 150 chiese chiuse ed inagibili. Sono passati ben 3 Commissari, ma non si è visto nulla di concreto. Naturalmente sarà necessaria una contestualizzazione, nel senso che le opere, una volta restaurate, dovranno tornare ai paesi di origine”.

Il ruolo delle Soprintendenze sarà quello di vigilare, promuovere le attività di restauro e di valorizzazione, oltre che di garantire la fruizione dei beni artistici, librari ed archivistici, così come hanno precisato, per la Soprintendenza Archivistica e Bibliografica, Monica Grossi e per la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio, Paola Refice.

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Sabina

Piccoli artisti crescono di Ettore Nuara

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ormai consolidata a livello internazionale l’idea che il museo, così come uno spazio espositivo, quale è l’Art Forum Würth Capena, debba essere sempre di più non un luogo statico, chiuso in se stesso, dove osservare le opere in maniera passiva, ma rappresentare un’occasione privilegiata per l’apprendimento, la socializzazione ed il confronto, sia per chi in Würth lavora, sia per ogni tipo di pubblico.

L’Art Forum Würth Capena rappresenta una realtà eccezionale proprio per il connubio che instaura tra l’arte e i suoi valori ed il contesto aziendale in cui è integrato. La promozione dell’arte con-

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temporanea ha come focus l’organizzazione di mostre (basate sulle opere della Collezione Würth) arricchite da eventi e manifestazioni ad esse legati.

Nella varietà delle offerte un posto centrale è occupato dalle attività didattiche, nelle quali rientrano naturalmente le classiche visite guidate per singoli, clienti e gruppi, ma anche percorsi mirati per il pubblico più giovane, costituito da bambini e ragazzi, una fascia che necessita di particolari attenzioni, affinché l’esperienza al museo possa essere il più possibile positiva e stimolante.

Due sabati al mese, dalle 15.00 alle 17.00, vengono proposti laboratori artistici e creativi rivolti sia alla fascia di età 5-12

Arte e Cultura

Frequentare volgente. La mostra comprende infatti più di 100 fotografie di ritratti d’artista l’Art Forum di 32 tra i maggiori fotografi del XX secolo, insieme ad opere originali (tra gli Würth Capena altri di Hans Arp, Jean-Michel Basquiat, Salvador Dalí, Max Ernst, Keith Haring e è una Andy Warhol).

Diverse iniziative si stanno svolgendo occasione a corollario di questa esposizione, ad un corso base di fotografia per apprendere esempio (da maggio ad ottobre 2019) tenuto da professionista, specialize socializzare. un’insegnante zata presso l’Accademia di Belle Arti di Roma. Le lezioni, adatte anche ai princiUn posto pianti, hanno l’obiettivo di fornire le conoscenze base per imparare ad usare al centrale è meglio la propria macchina fotografica.

Altro aspetto importante è accogliere occupato e sostenere progetti per l’integrazione, realizzando attività volte all’inclusiodalle ne delle persone con disabilità. Grazie alla collaborazione con l’Associazione attività Hairam onlus, ormai da diversi anni si svolgono Tavole Rotonde e Percorsi di didattiche Arteterapia condotti da personale speper bambini cializzato con mostre finali delle opere create. Le Tavole Rotonde sono aperte e famiglie, a tutti i professionisti che operano nel mondo della disabilità e alle famiglie, ma anche con l’obiettivo di attuare, consolidare e una rete territoriale di servizi dall’Arteterapia migliorare di qualità.

Percorso di Arteterapia è giunto per persone Ilquest’anno alla sua sesta edizione. Un gruppo affiatato di circa 20 partecipancon disabilità ti, provenienti anche da Centri Diurni del anni, sia per tutta la famiglia (necessaria la prenotazione; costo: 5,00 €).

Le prossime date sono: sabato 22 giugno (per le famiglie), sabato 6 luglio (età 5-12), sabato 20 luglio (età 5-12), sabato 14 settembre (età 5-12), sabato 28 settembre (per le famiglie), sabato 12 ottobre (età 5-12), sabato 26 ottobre (età 5-12), sabato 9 novembre (per le famiglie), sabato 23 novembre (età 5-12), sabato 7 dicembre (età 5-12).

L’ultimo progetto espositivo (visitabile fino al 14 marzo 2020) è “Art Faces. Ritratti d’artista nella Collezione Würth”, un’occasione davvero unica per avvicinarsi all’arte da un’angolazione diversa dal solito, più immediata, intima e coin-

territorio, sta frequentando con entusiasmo i laboratori. L’esperienza si concluderà a novembre con una grande mostra d’arte “integrata”, in cui saranno esposti insieme lavori di autori con e senza disabilità, per offrire un’opportunità di confronto tra coloro che, attraverso l’arte, hanno svolto esperienze di crescita personale individualmente o in gruppo.

Nelle foto: bambini al lavoro durante i laboratori artistici

Orario di apertura al pubblico: lunedì – sabato 10.00 – 17.00 domenica e festivi chiuso Ingresso gratuito Per prenotazioni ed informazioni: Art Forum Würth Capena Viale della Buona Fortuna, 2 00060 Capena (Rm) T: +39 06 90103800 art.forum@wuerth.it www.artforumwuerth.it 11

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Navegna HOTSPOT di MArgherita Filippeschi

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a “Rete Hotspot” e la “Fabbrica del Cittadino”: due le app presentate dalla Riserva Naturale Monte Navegna e Cervia, presso il Palazzo Iacobuzzi di Vallecupola (Rocca Sinibalda – Rieti).

La prima con l’obiettivo di mettere in connessione reale abitanti, politica e amministrazione, per favorire la partecipazione del cittadino alle problematiche del territorio e supportarlo nel proporre idee e nuovi progetti (accessibile anche dal sito della Riserva), la seconda a sostegno di uno sviluppo turistico e per garantire la sicurezza di residenti e visitatori. Costituita da una rete di dispositivi (al momento 12) di accesso internet gratuito nei territori di Rocca Sinibalda, Ca-

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stel Di Tora, Vallecupola, Varco, Marcetelli, Paganico Sabino, Nespolo, Collalto, si caratterizza per una facile fruizione: è sufficiente recarsi in un’area Hotspot Navegna On – Air ed attivare il proprio dispositivo wireless. Un servizio che permette di favorire la nascita di nuove aree wi-fi, sostenere la cultura digitale e il diritto di accesso ad internet, in una zona finora carente.

Il sistema (già operativo) consente di avere accesso diretto ai punti di interesse, numeri utili, nonché proposte culturali e turistiche. Un progetto unico nella Regione Lazio, fortemente voluto dagli organi gestionali della Riserva per implementare le potenzialità di un’area ricchissima di risorse naturali, paesaggistiche e culturali e che, attraverso una

Sviluppo e Territorio ne. Nonostante le evidenti potenzialità, Presentate vive in una condizione di isolamento e di dalla Riserva forte arretratezza.

“La rete Hotspot andrà a colmare una Naturale lacuna per i comuni compresi nella Ril’introduzione gratuita della fibra Monte Navegna serva, renderà facile la comunicazione per il cittadino, ma garantirà anche un mage Cervia gior controllo per la sua incolumità. Hota Vallecupola spot è infatti un progetto collocato all’interno di un piano più ampio denominato di Rocca Sigat, nel quale sono previste centrali per il monitoraggio della sicurezza. Il Sinibalda programma rende possibile inoltre la raccolta di dati sui visitatori, da riversale due app: re alle aziende locali”, ha spiegato Carlo Gregori, il tecnico creatore delle due la “Rete app. “E’ un momento decisivo, perché riHotspot” e la lancia il ruolo della Riserva in una fase in cui c’è molto da lavorare, e in “Fabbrica del storica sinergia, per la valorizzazione del territorio - ha sottolineato il sindaco di Rocca Cittadino”, Sinibalda, Stefano Micheli - Parlare di tecnologia a Vallecupola segnala una strumenti importante voglia di guardare avanti. Le indispensabili due app rappresentano una infrastruttura tecnologica necessaria”. per la Vallecupola è una frazione del comune Sinibalda, borgo medioevale valorizzazione dinelRocca quale vivono solo 15 persone, un sito turistica della di prossimità con grosse problematiche, preso ad emblema del territorio incluso Valle del Salto nella Riserva, ma nel quale non è così poter sviluppare logiche di ecoe del Turano utopico nomia, che potranno essere supportate

T spinta “smart”, intende valorizzare il proprio patrimonio. Gli hotspot garantiranno inoltre un servizio fondamentale di gestione e vigilanza da parte dei Guardiaparco che potranno rilevare e trasmettere in tempo reale eventuali criticità o emergenze, nonché elaborare dati utili sulla morfologia e la conservazione del territorio. La Riserva di Navegna e Cervia è stata istituita nel 1981 e si caratterizza per la presenza di paesaggi eterogenei, una bassa antropizzazione, ampie aree boschive, l’esistenza di flora e fauna di particolare valore naturalistico, ragioni per le quali è stata riconosciuta quale habitat di importanza Comunitaria. Comprende anche le Dighe del Salto e del Turano, i due laghi dunque e borghi medioevali di grande suggestio-

Nella foto: vista del lago del Turano dal Monte Navegna

proprio dalla presenza di servizi in grado di invertire la tendenza allo spopolamento, non ultimo l’ausilio di nuove tecnologie. Luogo ideale dunque per lanciare un messaggio di speranza, di ripartenza, anche perché, già dal 2014, singoli cittadini hanno iniziato ad investire. Qui è nata la Biblioteca Casa Museo Angelo Di Mario (riconosciuta dal Mibac e dalla Regione Lazio), successivamente l’Home Restaurant da Daniele e una realtà di borgo-albergo, in via di organizzazione. E c’è anche chi, con impegno e coraggio, ha appena iniziato la coltivazione di lenticchie, farro e ceci (famiglia Flamini). “Non sarei qui se non avessi la consapevolezza che da luoghi come questo si può ripartire – ha affermato Vincenzo Regnini, Presidente della CCIAA Rieti– l’aspetto più importante è creare opportunità per realizzare reddito, sono 13

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Nelle foto: in alto il borgo di Vallecupola e il Pastore Angelino mentre lavora il formaggio Pecorino.

Sopra: un’immagine della Biblioteca Angelo Di Mario 14

necessari innovazione e startup con giovani che investono”.

Anche per Giuseppe Ricci, il neo Presidente della Riserva, l’aver scelto Vallecupola, per presentare e lanciare le due app, rappresenta una vera sfida.

“Questo territorio è oro, un unicum ed ha la potenzialità di attrarre risorse importanti – ha precisato - la piazza virtuale può rappresentare un grande stimolo per la partecipazione del cittadino e insieme la rete hotspot può diventare uno strumento in grado di fornire dati sui fruitori, utili a mettere in atto attività di

tipo economico. Non dimentichiamo la possibilità di lanciare sul mercato prodotti tipici come il famoso pecorino di Vallecupola”.

Sul tema della fidelizzazione degli abitanti verso i propri territori di residenza o di origine, ha centrato l’attenzione il direttore Luigi Russo: “In zone come questa va favorita la partecipazione, anche le aree protette devono fare attenzione al principio di sussidiarietà, noi abbiamo l’obbligo di sostenere tutti coloro che si impegnano a tutelare beni comuni ed ambiente”.

AttualitĂ

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BOLSENA: UN delizioso eden di ANNALISA PARRANO guida turistica foto di Marco Belardi

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ittà pelasga, ricca, popolosa, Dal suo natal, Volseno fu in ogni arte Agli Etrusci maestra, e al par famosa Per gli aruspici suoi, questa di Marte Ai forti figli la Tarquinia sposa Folle scienza apprendeva. E nelle carte Di Diodoro Volseno anco si noma Ne’ combattuti campi emula a Roma.

(D. Giuseppe Cozza) It was a glorious day when I approached Bolsena. The sky was without a cloud — the lake, its islets, and every object on its shores, were in a summer blaze of light and warmth — the olive-groves were full of half-clad labourers, gathering

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the unctuous harvest — myriads of water-fowl darkened the sail-less waters — my eye roved round the wide amphitheatre which forms the ancient crater, and on every hand beheld the hills from base to summit dark with variegated foliage. How then discredit the evidence of my eyes — of every sense, and admit it to be the depth of winter, ere vegetation had put forth a single bud or blossom?

Yet so it was — but it was the winter of Southern climes.

(George Dennis) J’ai parcouru les bords d’un lac délicieux appelé Bolsena, au milieu duquel se trouvent deux petites îles, l’une est habitée et contient sept maisons, on dit que c’est un petit Eden; je regrettais bien de

Sabina e Tuscia

Bolsena, città etrusca conosciuta nel mondo antico come Velzna, ebbe illustri e mitici fondatori. è un luogo ricco di storia e leggenda per un turismo di alta qualità ne pouvoir pas aller les visiter.

(Hector Berlioz) Bolsena, piccola cittadina di quasi 4000 abitanti, ci racconta antiche storie e curiosità. Le più antiche leggende narrano che la città ebbe illustri e mitici fondatori, Velzna, lucumonia etrusca ed una delle dodici principali città dell’Etruria, sorgeva sulle sponde del lago omonimo lacus Volsiniensis e sulla via Cassia fra Chiusi e Vetralla. La cittadina divenne un ricco municipio romano grazie alla posizione strategica sulla consolare Cassia, che ne attraversava il Borgo. Nel IV secolo, probabilmente a seguito delle incursioni dei Longobardi la città romana venne abbandonata e la comunità volsiniese andò ad insediarsi nella parte su-

Nella foto: Bolsena e il suo lago, una suggestiva immagine

periore del paese, che ospita il quartiere medievale del Castello e che costituirà il primo nucleo abitato dell’odierna Bolsena. Per Bolsena passava anche la “Via Francigena” o “Romea”che, dal Medioevo fino all’epoca romantica, è stata l’arteria principale lungo la quale sono passati secoli di guerre e di pellegrinaggi.

Nel corso dei secoli a Bolsena transitarono illustri personaggi: dal poeta Dante Alighieri, a Petrarca, ai papi del Rinascimento, quali Leone X, Pio II e Paolo III, dallo scrittore tedesco Goethe, al diplomatico ed etruscologo britannico George Dennis, dal pittore inglese Turner, al musicista francese Berlioz, che definì il lago “un delizioso Eden”. Proprio per la sua posizione obbligata nei pellegrinaggi verso Roma accadde che nel 1263 un sacerdote boemo, di nome Pietro da Praga, transitò per Bolsena dopo essersi recato a Roma ed aver pregato sulla tomba degli Apostoli, per fugare i suoi dubbi di fede sulla reale presenza di Gesù nell’ostia e nel vino consacrati durante la messa. Il sacerdote celebrò la messa nella chiesa di Santa Cristina e con sua grande sorpresa, al momento della consacrazione, mentre teneva l’ostia sopra il calice, pronunciate le parole rituali, dall’ostia uscì sangue che bagnò il corporale e i marmi del pavimento. Pietro si riprese dallo sbigottimento, accompagnato dai canonici di Santa Cristina e dai testimoni del prodigio, si recò nella vicina Orvieto dove temporaneamente soggiornava con la sua corte papa Urbano IV, il pontefice istituì la solennità del Corpus Domini con la bolla Transiturus de Hoc Mundo, l’11 agosto 1264. Una visita all’ incantevole borgo di Bolsena può cominciare con l’area archeologica di Poggio Moscini, i resti monumentali di un Foro risalente all’epoca dei Flavi, una Basilica civile trasformata in seguito in chiesa cristiana, edifici pubblici e due domus: la Casa delle Pitture e la Casa del Ninfeo; questo è ciò che è stato riportato alla luce da una importantissima campagna di scavi, cominciata negli Anni Sessanta del secolo scorso diretta da R. Bloch. Più recentemente l’archeologo Angelo Timperi ha trovato sottostanti a quelli romani resti estruschi. A brevissima distanza la Rocca Monaldeschi della Cervara risalente al 1156, quando il papa 17

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Adriano IV fece fortificare i borghi situati sulla Cassia a difesa delle incursioni dei longobardi. Attualmente il Castello accoglie il Museo Territoriale del lago di Bolsena, dove si possono ammirare alcuni reperti archeologici e pannelli didattici che ricostruiscono la storia del lago di Bolsena e delle diverse civiltà che si sono affacciate sulle sue rive, in particolare si segnala il celebre “Trono delle Pantere” dedicato al culto di Bacco. Il museo ospita anche un acquario con venti vasche incluse quelle tattili, un percorso dove scoprire e conoscere l’ambiente fluviale e quello lacustre; dagli spalti della Rocca, infine, si può godere un magnifico panorama che spazia sull’intero lago e sugli scavi della città etrusco – romana di Volsinii. A poca distanza dalla Rocca al pianoterra di Palazzo Monaldeschi è stata inaugurata nel 2013 una nuova sezione archeologica, dedicata alle ricerche e alle scoperte effettuate nell’antico territorio volsiniese (reperti etruschi arcaici e tardo-etruschi e reperti romani da Volsinii). Allo stesso piano è stata riallestita nel 2017 la sezione medievale, trasferita dalla Rocca per fare posto alla sezione tropi18

cale dell’acquario; vi sono esposte secondo un nuovo ordinamento le ceramiche medievali e rinascimentali rinvenute nel “butto” della torre maggiore della Rocca e altre ceramiche di varia provenienza.

Al primo piano di Palazzo Monaldeschi, nel 2013, è stata riallestita la sezione dedicata all’Ars Wetana (la tradizione del merletto di Orvieto) ed è stata inaugurata la nuova sezione sui relitti del lago di Bolsena, cronologicamente compresi tra l’età del Bronzo (piroghe) e l’ultimo conflitto mondiale (resti di un bombardiere americano B-17 precipitato nelle acque nel gennaio del 1944). Ai piedi della Rocca Monaldeschi della Cervara un imponente e articolato complesso architettonico cinquecentesco attualmente palazzo di proprietà della famiglia dei principi del Drago, ma costruito per volontà da Tiberio Crispo (1498-1566), Cardinale Diacono di Sant’Agata nel 1544, profondamente legato a Paolo III. Palazzo circondato da terrazze e giardini fu realizzato fra il 1533 e il 1561 su progetto degli architetti Simone Mosca e Raffaello da Montelupo, e decorato da pittori manieristi di scuola romana. La passeggiata prosegue fino a Porta San Giovanni, la

Sabina e Tuscia porta cittadina collocata sulla direttrice principale all’uscita di Borgo sotto, in direzione nord e per questo detta anche “porta fiorentina”, che fu commissionata dal cardinale Tiberio Crispo. Poco più avanti un’altra splendida dimora storica, palazzo Cozza Caposavi. Questo palazzo è stato nei secoli tappa obbligata per chi, sulla via Francigena, attraversava la regione Etrusca della Tuscia. Nel corso dei secoli, vi hanno soggiornato diversi membri di famiglie reali europee e personaggi di tutte le scienze e le arti, fra essi il Principe Carlo Ludovico di Borbone, Stendhal, Giovanni Verga, Guglielmo Marconi, Federico Fellini, due Papi e molti altri ancora. Eretto intorno al 1561 per volere del Cardinale Crispo come dimora personale, il Palazzo sorge nel centro storico della cittadina lacustre, prospiciente la fontana medicea di San Rocco. Percorrendo corso Cavour si raggiunge piazza Matteotti, cuore della cittadina

e dalla piazza per arrivare al lago si può passeggiare lungo un grande viale alberato, lungo 500 metri, affiancato su entrambi i lati da 66 platani, ormai divenuti monumentali, e 4 ippocastani che, nel loro complesso, costituiscono un bene culturale di ambito naturalistico. Il Viale prende il nome dall’allora Gonfaloniere della Città Nicola Colesanti, che ne aveva fatto approvare il progetto durante il consiglio comunale del 2 settembre 1868.

All’ombra dei platani monumentali, grazie al terreno vulcanico ricco di minerali e dell’abbondanza di acqua, all’ inizio del 1900 vennero piantumate le prime specie di ortensie; oggi Bolsena è diventata un habitat naturale per questo genere di pianta e la cittadina attrae ogni anno migliaia di appassionati, attirati anche dalla Festa delle Ortensie, che si svolge in giugno. A poche centinaia di metri di distanza dalla piazza troviamo la Basilica di S. Cristina. Il complesso monumentale

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della Basilica di Santa Cristina sorse fuori dell’area urbana, a 350 metri dal limite meridionale dell’antica Volsinii, nei pressi della necropoli paleocristiana e sul sepolcro della martire. Attualmente esso è composto da tre nuclei ben definiti e distinti: - la Basilica, un edificio a tre navate con pianta a croce latina, consacrata nel 1078 dal papa Gregorio VII; - la Cappella Nuova del Miracolo, edificata a partire dal 1693;- la Grotta di Santa Cristina e la Catacomba (IV-V secolo). Al tempo dell’imperatore Diocleziano Santa Cristina, a causa della sua fede cristiana, venne gettata nelle acque del lago di Bolsena con una pietra legata al collo, ma la pietra anziché portarla in fondo al lago la sostenne e la salvò. L’elegante facciata della Basilica è tripartita e corsa da lesene riccamente decorate. Sul portale centrale spicca una stupenda terracotta invetriata rappresentante la Madonna con il Bambino tra i santi Giorgio e Cristina. L’alto campanile presenta tre piani di bifore.

L’interno romanico è a tre navate con tetto a capriate, ha tre absidi quadrate 20

con volta a crociera. Nella navata di destra appeso alla parete si trova un Crocifisso ligneo del ‘500 sormontato da un arco decorato con teste di angeli in terracotta invetriata. Nella Navata di sinistra troviamo la Cappella di Santa Cristina, l’altare in travertino conserva e al suo interno in una preziosa urna d’argento un reliquiario. Attraverso un ricco portale marmoreo dell’XI secolo si accede alla Cappella Nuova del Miracolo, barocca, a pianta circolare, custodisce le reliquie del Miracolo Eucaristico del 1263. Sull’altare maggiore si trova una tela eseguita agli inizi del XVIII secolo da Francesco Trevisani raffigurante il prodigio. In una teca dorata, sotto la pala, sono custodite le pietre macchiate di sangue. Bolsena celebra solennemente la festa del Corpus Domini con una processione e le splendide infiorate, cioè un percorso costituito da un tappeto di fiori profumati, sapientemente composto nei disegni. A sinistra della Cappella del Miracolo ci si immette alla Grotta di Santa Cristina, scavata nella roccia, composta da un ampio vestibolo, con la Cappella del Cor-

Sabina e Tuscia po di Cristo, e da una Basilichetta ipogea.

A destra, circondato da un elegante balaustra del ‘500 è conservato l’altare del miracolo; il paliotto dell’altare è costituito dalla pietra che salvò Santa Cristina quando venne gettata nel lago. In fondo alla grotta si apre l’ingresso alle catacombe che racchiude il sarcofago in cui nel 1880 furono trovati i resti del corpo della martire. Il culto locale di Santa Cristina è molto radicato a Bolsena, la sera del 23 luglio di ogni anno, si svolge la Sacra rappresentazione dei Misteri, solenni celebrazioni liturgiche e folcloristiche. In questa antica rappresentazione alcuni quadri viventi, detti Misteri, vengono allestiti per ricordare le sofferenze e i martirii che subì la fanciulla. Per giungere al porto turistico il visitatore potrà scegliere se percorrere il viale dei platani o un viale situato poco distante dalla basilica, là sarà possibile ammirare lo splendido specchio d’acqua del lago di Bolsena che è il più grande lago vulcanico d’Europa e un tour in battello consentirebbe di vedere alcuni tra i suoi più affascinanti e suggestivi paesaggi: si potranno scoprire le meraviglie naturalistiche del lago, le due isole, la Martana e la Bisentina.

Navigando sul lago per 9 km si raggiunge la splendida isola Bisentina, antica residenza estiva papale, oppure il tour prevede di circumnavigare la più piccola delle due isole del lago: l’isola Martana, dove si narra fu tenuta prigioniera la Regina dei Goti Amalasunta. In alternativa a 10 minuti dal porto costeggiando la costa est del lago, raggiungiamo una zona che come paesaggio naturalistico somiglia a quello che troviamo nelle isole, il promontorio del Gran Carro dove nel 1959 fu scoperto un insediamento sommerso, forse il più antico del lago. Per l’economia locale e per la salute dell’ecosistema i pesci hanno da sempre rappresentato un anello fondamentale nel lago di Bolsena; sono state segnalate 21 specie diverse di pesci, alcuni autoctoni, altri volontariamente introdotti negli anni passati. Le specie indigene sono il barbo, la rovella, il vairone, il cavedano, la tinca, la scardola, il cobite, il luccio, lo spinarello, il più diffuso di origine alloctona il coregone, famose le storiche anguille che furono particolarmente gradite al papa Martino IV che Dante Alighieri colloca nel Purgatorio.

BOLSENA IN CUCINA Una cucina genuina che si può gustare nei numerosi ristoranti e trattorie, il pesce si può mangiare fritto, arrosto, in salsa verde, lesso in umido e secondo la fantasia dei ristoratori, il tutto annaffiato con il vino locale. La sbroscia è una zuppa di antica tradizione fatta con il pesce di lago.

Veniva preparata con i pesci spinosi, il luccio e la tinca, quelli di piccolo taglio come le anguille, i persici, i coregoni che, non potendo essere facilmente commercializzati, venivano utilizzati dagli stessi pescatori per il proprio pasto.

Inoltre veniva spesso preparata su una brace sulla spiaggia e si utilizzava direttamente l’acqua del lago per liquido di cottura. Nella preparazione, si aggiungevano vari odori, dalla mentuccia alla cipolla, e a seconda dei gusti, prezzemolo, basilico, patate e pomodoretti. Il condimento era costituito dall’olio extra vergine d’oliva di produzione locale, che era servito su fette di pane raffermo, preferibilmente abbrustolite Un piatto povero consumato dai pescatori che si alzavano all’alba e giravano tutto il lago, in cerca di pesci da mangiare e da vendere.

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Sabina

Il mistero di velzna di Maria Grazia Di Mario

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secolo a.C.: gli etruschi si insediano sulla roccaforte (di origine naturale-vulcanica) di Orvieto e qui fondano Velzna, i cui resti si possono ammirare sotto la Chiesa di Sant’Andrea. Velzna diventerà la capitale sacra, con il centro politico collocato più in alto (sotto la Chiesa di San Francesco, vicino al Duomo) e il centro religioso in basso, sotto la rupe. Proprio qui sarebbe stato edificato il Santuario Federale, meta ogni anno di pellegrinaggio da parte di esponenti della dodecapoli. Gli archeologi starebbero lavorando per riportarlo alla luce, insieme alla

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Via Sacra. Uno scavo considerato come il “più importante al mondo”. Con l’avvento dei romani, nel 264 a. C., Velzna fu rasa al suolo, ribattezzata Volsini, e alla popolazione residua si permise di fondare Volsinii Novi (Bolsena). A Volsinii Novi non sarebbero state trovate mura, né reperti di particolare rilievo, perché di fatto fu città romana. Gli etruschi, dopo il trasferimento sulle rive del lago, sposarono cultura e lingua romane, il latino.

Ma la via crucis del popolo di Velzna (Orvieto) non sarebbe finita, con la devastazione barbarica, che causò la distruzione di Volsinii Novi, tornarono nella loro roccaforte naturale (la città vecchia) ribattezzandola “Urbs Vetus”, da qui Orvieto.

Sabina e Tuscia logo discorso per il Santuario, senz’altro Per la un Santuario può essere presente, ma quello federale” a parlare è Angelo identificazione non Timperi, ispettore archeologo della Soprintendenza degli Scavi Archeologici di Velzna, per l’Etruria Meridionale in pensione e capitale sacra responsabile, dal 1982 al 2010, del verorientale del lago di Bolsena. Timdegli etruschi, sante peri, grazie alle sue ricerche sul campo, anni, è arrivato, senza ombra di e del Fanum durate dubbio, alla conclusione che Bolsena è l’antica Velzna.

Voltumnae, “Il sito di Bolsena è riconducibile almeurgono no al settimo secolo a.C. Entrambe sono state due grandi città etrusche. Persoricerche più nalmente non vedo un aut/aut, ma un i due centri non dovrebbero esseapprofondite et/et, re in conflitto, perché Orvieto è parte del per l’archeologo territorio di Velzna, un’area estesa che contiene tutto il lato orientale del Lago Angelo Timperi. di Bolsena e l’intera zona compresa tra il Paglia, il Tevere e la Pianura di ViterNuovi scavi bo. Montefiascone, Orvieto, Grotte di sono anch’essi centri abitati che sono ripartiti Castro, rientrano in quel distretto. In una Città – Stato grande come l’antica Velzna nell’area non stupisce che ci sia stata una rocca a di Poggio Montefiascone, un altro insediamento a Grotte di Castro (territorio di Porsenna) Moscini e, a difesa, nella parte più orientale, Orvieto”. a Bolsena Che proprio Bolsena sia Velzna, la città sacra, lo dimostrano (per Timperi) le nel mese grandi distese di mura arcaiche e clasdi aprile siche, davvero imponenti, decine di necropoli a corona intorno alla città e nelle 2019 Gole che dal lago risalgono verso Grotte È questa è la versione accreditata, quella che ad Orvieto divulgano gli operatori turistici e che si può ascoltare visitando il sotterraneo della Chiesa Sant’Andrea.

Una versione peraltro confermata dalla archeologia ufficiale, con il benestare della Soprintendenza. La scelta di Orvieto sarebbe giustificata dalla presenza di mura e di un Santuario federale, mentre a Bolsena strutture e reperti rinvenuti sarebbero irrilevanti. Il problema è che questa ipotesi (più che ipotesi certezza) non sarebbe confermata dal ritrovamento di evidenze archeologiche a sicura riprova. “A Orvieto stanno cercando le mura ma non le troveranno, perché non esistono se non in misura limitata, ana-

Nelle foto: alcune immagini del sito archeologico di Poggio Moscini e l’ingresso del Museo Archeologico di Bolsena

di Castro e San Lorenzo Nuovo, i templi. Particolare la presenza di almeno 3 edifici sacri di età etrusca, testimoniati da resti, nell’area di Poggio Moscini che sarà occupata, in età imperiale romana, dal Foro e dagli edifici pubblici collegati.

Inoltre la centralità rispetto al territorio, la vicinanza con il vulcano, significativo (per l’individuazione della città) anche il ritrovamento di un cippo sul quale è raffigurato il Dio Voltumna.

Considerando la versione ufficiale che negherebbe l’esistenza di mura a Bolsena, per Timperi è doverosa una precisazione:” Le mura etrusche del periodo arcaico e classico sono state individuate dagli scavi francesi di Bloch alla metà del secolo scorso, a Mozzetta di Vietena, altri tratti a Gratte, il più grande vicino alla

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Sabina

Rocca, ulteriori lungo il perimetro della città, in particolare un grosso tratto, lungo almeno 30 metri, è stato scoperto in Via della Pescara, nella parte bassa della cittadina. Ve ne sono comunque diversi intorno al lago, come quello di Porta Capite, sulla Piazza San Giovanni”. Angelo Timperi inizia a studiare il sito di Poggio Moscini dal 2000, fino a quel momento studiosi di etruscologia della Università di Roma e delle altre università italiane, consideravano come una evidenza che Bolsena fosse una città romana, e lui stesso aveva sposato la “vulgata ufficiale”. Poi però, da una attenta analisi, inizia a capire che la città romana era stata costruita sull’antica città etrusca, non solo in piccole parti, ma su tutto il territorio compreso all’interno delle mura che cingono varie colline.

Di esempi se ne potrebbero fare molti, ma sono ben spiegati e documentati nei libri “Bolsena e il suo lago” e il “Fanum Voltumnae a Bolsena”, che meriterebbero di essere letti e presi in considerazione dal mondo accademico.

“Dopo ricerche e analisi di materiali e 24

strutture monumentali – spiega Timperi – compresi, ad esempio, che le due domus, indicate dai francesi come costruite all’esterno del Foro romano, in realtà fossero parte di un’unica struttura romana realizzata all’interno di un edificio di culto etrusco di grande risalto: il tempio dedicato a Fufluns, Dallo studio di questo tempio passai ad analizzare i resti che si trovano nel Foro. Qui la presenza di terracotte votive, di ex voto, di colonne, resti di bacini lustrali, segnalerebbero l’esistenza di una ulteriore area di culto che occupava una posizione di rilievo, collocata più in alto rispetto a Fufluns e realizzata su un basamento lungo 100 metri che si affacciava sul lago (con muratura in opera poligonale sostituita, nel V secolo, con opera a scacchiera). A mio avviso potrebbe essere il tempio dedicato a Voltumna, anche perché, a segnalare l’inizio dell’area sacra, presso l’ingresso che si trova vicino la cisterna romana, fu rinvenuto, negli Anni Cinquanta, un cippo con una figura in rilievo che fa ugualmente pensare a Voltumna, per analogia con un famoso

Sabina e Tuscia Nelle foto: vista del Castello di Bolsena, della Villa romana di Poggio Moscini, degli studiosi Angelo Di Mario e Angelo Timperi

specchio rinvenuto a Tuscania. Sul lato meridionale del Foro, nella Zona Poggetto, è testimoniata la presenza di un altro edificio sacro, dedicato a Tinia e a Aplu”. Nonostante tutte queste evidenze archeologiche gli etruscologi hanno deciso però, dagli Anni Settanta in poi, di chiudere la pratica in favore di Orvieto, ed ora la pratica sembra essersi definitivamente chiusa.

“Credo che il territorio di Bolsena invece possa ancora restituire molto, se solo si prendessero in considerazione la grande quantità di dati archeologici e testimonianze epigrafiche, di sculture e resti monumentali etruschi presenti, sparsi nei musei statali e nelle collezioni private di mezzo mondo”, conclude Timperi per il quale l’aver centrato tutto su Orvieto rappresenta un limite alla ricerca scientifica; senza nulla togliere all’importanza di questa cittadina i resti di Velzna andrebbero ancora ricercati al di sotto degli strati romani, a Bolsena.

Va anche detto che la Volsini romana sembrerebbe essere stata meno estesa

di quella etrusca, occupando soprattutto la parte alta, quella intorno agli edifici pubblici di Poggio Moscini e dell’anfiteatro, e con domus non di grande intensità.

Alla testimonianza di Timperi si affianca la ricerca linguistica di Angelo Di Mario (studioso riconosciuto anche dalla Accademia dei Lincei e i cui libri ed archivio sono ospitati dalla Biblioteca Consorziale di Viterbo, con l’obiettivo di promuovere il suo metodo di cinefonesi basato su una grammatica arcaicizzante senza infissi, ma anche di stimolare un dibattito che includa le voci “discordanti”).

Scrive Angelo Di Mario: “Il termine Urbs Vetus sarebbe giustificato solo dalla voglia di appropriarsi, attraverso l’omofonia, della fama di Vel-z-na (Bolsena). AR-wie-t-ta (nome etrusco di Orvieto) vuol dire “città”, mentre è il nome Velzna a contenere il significato sacrale, l’idea di Città del Sole. Il termine VEL indica sempre e soltanto un derivato di SEL/SOLE (sviluppo coerente SEL> FEL> VEL> VOL> BOL >POL) e giustifica i nomi successivi, noti come i toponimi di

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Sabina

A Bolsena ripartono gli scavi è una notizia di questi ultimi giorni che va ad integrare l’articolo “Il Mistero di Velzna”. Dopo molti anni di inattività sono ripartiti, nel mese di aprile, gli scavi a Poggio Moscini – Bolsena. A cura della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per l’area di Roma, la Provincia di Viterbo e l’Etruria Meridionale (responsabile Maria Letizia Arancio) e della Università della Tuscia, sono in corso nella zona delle domus romane, in particolare della Domus delle pitture.

Le domus furono indicate dai francesi come costruite all’esterno del Foro e dal soprintendente in pensione Angelo Timperi invece come facenti parte di un’unica struttura romana realizzata all’interno di un culto di edificio etrusco, dedicato al Dio Fufluns. Gli scavi (che dovrebbero proseguire nel tempo) potrebbero portare a nuove scoperte in grado di individuare il Fanum Voltumnae, ma soprattutto di stabilire con maggiore certezza se l’antica Velzna sia effettivamente Orvieto, o Bolsena stessa. Fondamentale sarà la scoperta, nel sito di Poggio Moscini, di ulteriori resti più antichi rispetto a quelli rinvenuti per la Volsinii romana (di superficie). In particolare proprio in quest’area potrebbe essere presente il tempio etrusco dedicato a Voltumna (secondo Angelo Timperi). La storia che oggi si racconta, sia a Bolsena che ad Orvieto, vuole che quest’ultima sia l’antica Velzna, distrutta e ribattezzata dai romani Volsinii.I romani avrebbero poi permesso (e costretto) i superstiti a rifondare la stessa città con analogo nome nella zona dell’attuale Bolsena, nella quale dunque non esisterebbero rilevanze importanti a testimonianza di una preesistente città, rispetto a quella romana. Versione contraddetta da contributi e studi più recenti di archeologi e linguisti accreditati. Una grande sfida ed opportunità per la nuova Soprintendente.

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Sabina e Attualità Tuscia BOLsena, BOLogna. Nomi che ci riportano in Asia Minore. Con VEL Di Mario individua il gruppo più interessante di derivati legato alle città anatolica di Ilio (derivato di FILios e generatore di VEL). C’è una strada dunque che potrebbe aprire nuovi scenari e che fa di ILIo e Bolsena una madre e un figlia. Ad un certo punto gli abitanti di Ilio, distrutta la loro città, emigrarono e, sbarcando in Italia, se la ricostruirono proprio presso il lago di Velzna. Velzna confusa con Orvieto (per Angelo Di Mario) ha subito la stessa sorte di Ilio, identificata con Troia.

Solo Velzna conteneva i dati culturali, politici e religiosi, per meritare la distruzione totale, e non Orvieto. Della necessità di ulteriori scavi nell’area bolsinese parla ugualmente Di Mario, la ricerca di cocci fonetici potrebbe aiutare a ripercorrere il viaggio delle parole.

D’altra parte anche illustri testimonianze storiche, come quelle di Aristotele e Plinio il Vecchio, ci descrivono Velzna come collocata a ridosso di “un bosco (in alto)”, “con acque al di sotto” e vicino ai Monti chiamati Volsini, come non pensare a Bolsena?

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Sabina Sabina

i Sentieri Nascosti di marco testi di Maria Grazia di mario

P

otrebbe sembrare un libro troppo colto “Sentieri Nascosti”, del docente universitario e critico letterario Marco Testi, edito da Edizioni Fili D’Aquilone, con prefazione del sociologo Franco Ferrarotti.

E colto lo è, per la conoscenza approfondita di grandi scrittori e dei loro testi narrativi e poetici meno noti al grande pubblico, ma anticipatori e controcorrente. Da Xavier de Maistre a Roger Bichelberger, Gilbert Keith Chesterton, Denis de Rougemont, Charles Dickens, Thomas Stearns Eliot, Tommaso Landolfi, Antoine de Saint Exupéry, Luigi

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Pirandello, Joseph Roth, Francesco D’Assisi, Edgar Lee Masters, Giorgio Bassani, Dino Buzzati, Emily Dickinson, Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Antonio Fogazzaro, Pamela Lyndon Travers, Lev Tolstoj, Federico Tozzi, Marilynne Robinson, Wislawa Szymborska, John Maxwell Coetzee, Friedrich Holderlin, sono loro ad educarci attraverso le pagine di questo saggio, colto ed insieme assolutamente necessario, un testo che dovrebbe essere acquistato con finalità didattiche ed utilizzato come vademecum dal mondo docente, soprattutto nelle Scuole Superiori.

In un momento nel quale la società ha

Novità in Libreria

MARCO TESTI è nato a Tivoli nel 1952 e ora vive in Sabina. È critico letterario e docente di letteratura. Tra i suoi volumi: Il romanzo al passato (1992); Altri piani, altre valli, altre montagne - La deformazione dello spazio narrato in «Con gli occhi chiusi» di Federigo Tozzi (2007); Tra speranza e paura: i conti con il 1789 (2009); Il poeta, il suo tempo, la città (2014, su Camillo Sbarbaro). Nei suoi libri su Ettore Roesler Franz e i viaggiatori-artisti del Gran Tour ha approfondito il rapporto tra simbolismo, scrittura e immagine.

Ha pubblicato saggi su Michelstaedter, Pirandello, Croce, Rebora, i rapporti Campana-D’Annunzio, Caproni, il simbolismo del castello medievale nella narrativa contemporanea, Landolfi, Garrone e altre figure della letteratura italiana.

assunto come valore il disvalore dei soldi, Marco Testi ci indica un percorso, un sentiero in grado di accompagnarci in un “viaggio alla ricerca del vero sé e che anche il più povero può fare” (E. Dickinson).

“Sentieri Nascosti”, senza ombra di dubbio, può aiutare le giovani generazioni a comprendere l’urgenza di recuperare un senso nella vita, il proprio senso autentico, che solo in quanto tale può diventare senso comune, unicamente da una verità che sorga dalla fratellanza e dalla saggezza (Edgar Lee Masters), può nascere una nuova bellezza. La scelta degli autori non è casuale, la critica acuta ed intelligente di Testi ha una necessità, quella

la possibilità di un viaggio In un momento diallaindicarci d'Aquilone ricerca Edizioni di segniFilidivini, di segni altri (e non necessariamente cristiani), che nel quale la possiamo cogliere anche partendo dal società ha nostro piccolo microcosmo, solo riuMarco se Testi scissimo a non “ridurre lo spirito umano NASCOSTI assunto come al disonore del prezzo”.SENTIERI Segni che Quando i libripossocelano nuovi modi no “salvarci”. di vedere il mondo valore il Parole attuali (della Dickinson) commendisvalore dei tate da Testi “che contano ancora oggi, l’interesse sembra essere l’unica soldi, questo quando cosa che conta”. gli spilli - 4 si apre con il racconto di Xavier febbraio 2019 libro, edito da Ildelibro Maistre “Nuovi percorsi pagg.d’Occidente”, 141, € 15 nel quale la pietas verso l’altro, il soffeISBN 978-88-97490-36-4 Edizioni Fili rente, l’emarginato, è fortissima. Tra i testi significativi esaminati “Un canto di D’Aquilone, Natale” di Dickens, opera che nasce dalla dovrebbe personale esperienza di lavoro minorile. Qui la proletarizzazione non porta ala Tivoli nel 1952 e ora I libri di cui Marco Testi scrive in Sentieri nascosti MARCO TESTI è nato essere hanno aperto nuove strade, offerto inediti signifiin Sabina. È critico letterario e docente di lett cinismo, ma ad una riappropriazione di cati ad antiche angosce, avviato una ed diversa imtura.svuota Tra i suoi volumi: Il romanzo al pas umanità integrità che il poteacquistato magine del mondo e della vita, un’altra «visione (1992); Altri piani, altre valli, altre montagne dei soldi. del mondo». È un’indaginere/valore che pesca molto più a deformazione dello spazio narrato in «Con gl fondofinalità e rilegge autori, alcuni ormai a giunti alla sta-di Roger chi chiusi» di Federigo Tozzi (2007); Tra s “Notti ritroso” Bichelberger con tura di classici, secondo una prospettiva originale. e paura: i conti narra invece la storiaranza di un uomo checon il 1789 (2009); Il po Da La pietra lunare del criptico scrittore sperimenil suo tempo, la città (2014, su Camillo Sbarba didattiche ed decide ed dialtre lasciare vitalibri disuprima, tale Tommaso Landolfi, a Prufrock osser- la sua Nei suoi Ettore Roesler Franz e i viag il lusso, la noia, il disordine, mascherati vazioni, geniale preparazione alla Terra desolata tori-artisti del Gran Tour ha approfondito il utilizzato come di T. S. Eliot; dai paradossi di Gilbert porto tra simbolismo, daumoristici affermazione sociale e fuggire da una scrittura e immagine.

Keith Chesterton al Deserto dei tartari di spinge Dino pubblicato saggi su Michelstaedter, Pirand società che lo verso l’abbandono vademecum Buzzati, alla quotidianità onirica di Wisława SzymCroce, Rebora, i rapporti Campana-D’Annun di sé e deldi suo spirito, Caproni, che vuole ridurlo del castello medie borska e alle misteriose premonizioni Friedrich il simbolismo allava schiavitù dei sensi,nella per poterlo Hölderlin, il libro di Marco Testi oltre gli steccati narrativa domicontemporanea, Landolfi, G dal mondo consueti e riapre sentieri nare interrotti. avrone e altre figure della e loL’autore sta svuotando della capacità di letteratura italiana. verte nei libri che indaga un anelito che non acdocente, profondità. cetta barriere precostituite,amare esprimeinl’esigenza di Perforse il suo itinerario di purificazione il un piano di vita trascendente, un vago, e tutsoprattutto tavia intenso, bisogno di una deità cui gli esseri protagonista sceglie di tornare alla casa umani, per essere completamente umani, sen-alberi e i sentieri dei trasi gli nelle Scuole chiamati.materna, tono oscuramente monti della sua giovinezza. Un racconto il cui messaggio èdioppositivo (e attuale in Dall'introduzione Superiori FRANCO FERRAROTTI Edizioni Fili d’Aquilone via Attilio Hortis, 65 00177 - Roma www.efilidaquilone.it info@efilidaquilone.it

Nella foto in alto: lo scrittore e critico letterario Marco Testi

quanto tale) alle ideologie produttive dei media.

Testi che rendono necessaria una immersione alla ricerca di se stessi e insieme di una nuova spiritualità, come quella di San Francesco. Nel “Cantico delle Creature” il Santo scopre, nel suo io profondo ed universale, la capacità di godere della bellezza del creato, d’intuire che quello che gli altri cercano nella ricchezza e nel potere è invece a portata di mano. Il Canto di Francesco aiuta tutti, uomini di fede e non, ad aprirsi al mondo.

Un libro utile non solamente alle nuove generazioni e ai docenti, ma agli amanti della buona letteratura, giovani e meno giovani, una risposta non commerciale ad una editoria vuota che non rischia più.

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Sabina

MURALES di Ettore Nuara

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Rieti è stata realizzata la prima opera d’arte urbana in Italia sulle pareti di un Tribunale. Autore del maxi murales ispirato al Giudizio Universale dell’Oratorio di San Pietro Martire e al Ratto delle Sabine, il popolare street art pisano OZMO (Gionata Gesi), nell’ambito del

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progetto ‘Trame - Tracce di memoria’, a cura di Annalisa Ferraro, pensato dall’Agenzia Creativa The Uncommon Factory per il bando Abc sostenuto dalla Regione Lazio e cofinanziato dal Fondo europeo di sviluppo regionale (Fesr). Ozmo è il primo di quattro artisti invitati a lavorare in città nell’ambito di Trame” (Foto ANSA e Maria Grazia Di Mario)

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OZMO