Programme book Filarmonica della Scala

Teatro alla Scala LunedĂŹ 9 gennaio 2017, ore 20

Concerto sinfonico della

Filarmonica della Scala Direttore

AndrĂŠs Orozco-Estrada Violino

Patricia Kopatchinskaja

Main Partner

Zoltán Kodály (1882-1967)

Danze di Galánta

pagina programma

György Ligeti (1923-2006)

Concerto per violino e orchestra Praeludium: Vivacissimo luminoso Aria, Hoquetus, Choral: Andante con moto Intermezzo: Presto Fluido Passacaglia: Lento intenso Appassionato: Agitato Molto

Antonín Dvořák (1841-1904)

Sinfonia n. 9 in mi min. op. 95 “Dal Nuovo Mondo” Adagio. Allegro molto Largo Scherzo. Molto vivace Allegro con fuoco

Siamo lieti di offrire ai nostri abbonati e a tutti gli spettatori del concerto questo programma interamente realizzato dalla Filarmonica della Scala

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FOTO © HANNINEN

Attingere al canto popolare?

Concerto per me significa: uno o più strumenti in rapporto strutturale, in crescita strutturale insieme con altri strumenti oppure con uno sfondo omogeneo come un accompagnamento orchestrale György Ligeti sul concerto per violino, 1992

Se si vuole cercare un filo conduttore nel programma di oggi si può trovarlo nel riferimento a fonti popolari, avvertendo subito, però, che il confronto con queste avviene in modi radicalmente diversi, e non soltanto perché non sono oggetto di citazione diretta né in Dvořák, né in Ligeti. I decenni che separano il 1893 dal 1933 e dal 1989-92 non danno un’idea adeguata di quanto siano lontani i tre pezzi per ragioni storiche, personali (di poetica) e per il loro specifico carattere. L’ultima sinfonia di Dvořák intende assimilare lo spirito di tradizioni americane (spirituals e canti indiani); ma rivendica di appartenere interamente alla tradizione sinfonica europea del secolo XIX, indipendentemente dal fatto che fu composta a New York quando quel secolo stava per finire. Vicina a problematiche oggi attualissime è invece la complessità della concezione del Concerto per violino di Ligeti (uno dei grandi momenti di sintesi della sua ultima fase creativa), che ha ovviamente ambizioni diverse dalla semplice rievocazione compiuta in modo brillantissimo da Kodály (su materiali tzigani) nelle Danze di Galánta. I due compositori ungheresi (nati a 41 anni di distanza, 1882 e 1923) si erano conosciuti personalmente quando Ligeti frequentava l’Accademia di Budapest (cui si iscrisse nel 1945) e si dedicava anche a studi di etnomusicologia. Nel 1950, prima ancora di conseguire il diploma di composizione (ottenuto nel 1951), Ligeti aveva cominciato a insegnare armonia all’Accademia; ma le scelte compositive più importanti maturarono per lui negli anni seguenti e subito dopo la fuga in Occidente (1956). La musica popolare ungherese e romena faceva parte di un patrimonio profondamente assimilato (di cui si possono quindi avvertire echi); ma non poteva avere per Ligeti il significato che aveva avuto per Bartók (che rimase un punto di riferimento) e per Kodály mezzo secolo prima. Proprio il Concerto per violino aveva tuttavia, e ora non ha più, un rapporto diretto con un canto popolare. In quello che alla prima esecuzione del 1990 era il primo tempo del Concerto Ligeti aveva inserito una melodia popolare ungherese che nelle sue intenzioni doveva essere una specie di “spina dorsale” (nascosta) del pezzo: egli giudicò il tentativo non riuscito, lo scartò e scrisse per la versione definitiva del Concerto un primo movimento interamente nuovo.

Testi a cura di Paolo Petazzi 7

Zoltán Kodály Galántai Táncok (Danze di Galánta) Queste danze, che si collocano tra le pagine più brillanti e più fortunate di Kodály, furono composte nel 1933 per l’ottantesimo anniversario della Società Filarmonica di Budapest, e furono dirette in prima esecuzione a Budapest il 23 ottobre 1933 da Ernö Dohnányi. Galánta era un paese collocato lungo il percorso da Budapest a Vienna: là Kodály, figlio di un funzionario delle ferrovie, era vissuto per sette anni durante l’infanzia, e là aveva potuto ascoltare una orchestrina tzigana.

A differenza delle Danze di Marosszék (1927, orchestrate 1930), legate ad antiche tradizioni popolari della Transilvania, le Danze di Galánta rievocano ricordi infantili, l’esperienza di quella che era stata la prima orchestra ascoltata da Kodály bambino (come egli stesso sottolinea nella premessa alla partitura) e si rifanno a musiche tzigane stampate a Vienna intorno al 1800 (ove figuravano pagine attribuite a “zingari di Galánta”), alle tradizioni dunque che nell’Ottocento erano considerate come la musica “ungherese”. Così le vedevano Liszt e Brahms, in una prospettiva di cui proprio Kodály e Bartók, in veste di etnomusicologi, mostrarono i limiti.

Attingendo ai materiali tzigani “ungheresi” ottocenteschi nello stile verbunkos, con le tipiche alternanze di andamenti lenti e veloci nettamente contrastanti, Kodály li ripensa valendosi anche di una orchestrazione sapiente, brillante e coloratissima, e godendo in modo immediato della loro vitalità.

Una introduzione lenta, aperta da una melodia dei violoncelli, precede la prima danza (Andante maestoso), che riappare due volte tra le danze successive come un ritornello di collegamento. Esse presentano un andamento sempre più veloce, da “Allegretto moderato” a “Allegro con moto grazioso” al più ampio e vitalissimo Allegro, la cui concitazione si attenua nell’estroso “Poco meno mosso” per approdare poi al vorticoso “Allegro vivace” conclusivo. Verso la fine riappaiono l’ “Andante maestoso” e altri temi precedenti.

Laszlo Mednyanszky Brookside In Winter, 1880

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Zoltán Kodály Galántai Táncok (Danze di Galánta) Anno di composizione: 1933 Prima esecuzione: Budapest, 23 Ottobre 1933, diretta da Ernö Dohnányi.

Organico: due flauti (secondo anche ottavino), due oboi, due clarinetti, due fagotti, quattro corni, due trombe; timpani; percussioni; archi Durata: 15 minuti circa 9

György Ligeti Concerto per violino e orchestra

István Nagy Landscape In Csik (Transylvania)

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Composto nel 1989-90 per Saschko Gawriloff che lo interpretò in prima esecuzione a Colonia il 3 novembre 1990. Gary Bertini dirigeva l’Orchestra della Radio di Colonia. Il Concerto comprendeva allora soltanto tre tempi, un “Vivace luminoso” poi scartato e sostituito, la Passacaglia (oggi n. 4) e “Presto fluido” (oggi n. 3). La prima esecuzione nella forma definitiva, riveduta e in cinque tempi, fu diretta da Peter Eötvös a Colonia l’8 ottobre 1992, con Gawriloff e l’Ensemble Modern. Nel 1993 la prima registrazione fu diretta da Pierre Boulez con Gawriloff e l’Ensemble InterContemporain.

Nella scarna produzione di Ligeti seguita al Grand Macabre (1974-77, Stoccolma 1978) occupano un posto di grande rilievo tre concerti: quello per pianoforte (1985-88 prima in tre, poi in cinque movimenti), quello per violino e quello per corno e orchestra da camera (1998-99). Si approfondisce in questi lavori la concezione di Ligeti del genere del concerto come campo di ricerca nell’ambito del virtuosismo estremo, adatto però alla coesistenza di situazioni e gesti musicali eterogenei, anche perché il solista non è mai inteso come protagonista assoluto: al contrario l’interesse del compositore per il concerto è legato proprio alla possibilità di creare una molteplicità di rapporti.

Non era mai appartenuta alla poetica di Ligeti l’esigenza di purezza stilistica; ma in modo particolare dalla fine degli anni Settanta diversi incontri e scoperte lo spinsero ad aprirsi a sempre nuovi stimoli ed esperienze, che venivano poi fatti convergere in un processo di rigorosa e personalissima stilizzazione compositiva. In un breve testo del 1985, intitolato “La mia posizione di compositore oggi” (pubblicato in italiano nel volume su Ligeti di autori vari curato da Enzo Restagno e pubblicato da EdT) egli scriveva fra l’altro: «Rifiutando del pari il rétro e la vecchia avanguardia mi dichiaro per un modernismo di oggi.

Per me questo vuol dire in primo luogo una precisa distanza rispetto al cromatismo totale e alle dense tessiture micropolifoniche che caratterizzavano la mia musica tra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio dei Sessanta. Questo significa anche sviluppo di una polifonia fatta di una rete di voci ritmicamente e metricamente complesse e al tempo stesso di un’armonia trasparente e consonante, che non intende tuttavia ristabilire la vecchia tonalità. Per la ritmica e la metrica ci sono stati due influssi determinanti nella mia musica degli anni Ottanta: la complessità polimetrica degli Studies for Player Piano di Conlon Nancarrow e la grande diversità delle culture musicali non europee. Tra queste ultime due in particolare 11

mi hanno interessato: la musica dei Caraibi, alla quale mi ha introdotto nel 1979 un mio ex-allievo, il compositore portoricano Roberto Sierra, e, nel 1982-83, il folclore dei Banda Linda e dei Pigmei della Repubblica Centroafricana. Si tratta di una musica polifonica di ricchezza ritmica incomparabile. [ ] Questo non significa affatto che la mia musica sia folclorica. Solo tracce delle idee di base delle culture etniche agiscono sul mio pensiero musicale; la musica resta autonoma. Il mondo ritmico di Nancarrow, dell’America latina e dell’Africa centrale si amalgamo nella mia immaginazione con elementi del folclore ungherese e rumeno dei quali sono impregnato fin dalla mia gioventù e si trasformano nella mia musica in concezioni che non hanno nulla di folclorico, ma restano individuali e costruite in maniera personale».

Ligeti accenna infine al suo interesse per il mondo della geometria frattale.

Nel passo qui citato Ligeti parla soprattutto degli stimoli ricevuti per la sua straordinaria ricerca ritmica (fra l’altro negli studi pianistici e nel Concerto per pianoforte e orchestra), e definisce una posizione che con formula schematica e approssimativa (usata da Floros nel sottotitolo del suo libro su Ligeti) è stata detta “al di là dell’avanguardia e del post-moderno” (definizione approssimativa e un po’ grossolana, perché sarebbe preferibile limitare il primo termine alle avanguardie storiche del primo Novecento, mentre per “post-moderno” in musica manca una definizione precisa e fondata, anche se si è soliti usare questa etichetta per tendenze retrospettive che con Ligeti davvero non hanno nulla a che fare).

In ogni caso la complessità ritmica, e la creazione di “strati compositivi” diversi sono solo un aspetto della ricerca di Ligeti. Che cosa vuol dire il compositore quando parla di “armonia trasparente che non intende tuttavia ristabilire la vecchia tonalità”? Un aspetto importante di questa ricerca riguarda il superamento del sistema temperato, ottenuto non servendosi di strumenti elettronici (sintetizzatori) dall’intonazione facilmente regolabile, ma con sistemi “naturali”, attraverso l’uso di strumenti popolari, come le ocarine e i flauti di bambù, che non consentono una intonazione “perfetta” (e che ascoltiamo in alcuni episodi del Concerto per violino) e soprattutto attraverso l’uso della “scordatura” di alcuni strumenti della orchestra da camera usata nel Concerto. Basta che un violino e una viola siano accordati in modo diverso dagli altri strumenti (secondo criteri precisi) per produrre microintervalli e spettri armonici inauditi, per dare così l’impressione di colori nuovi e inattesi: come se, attraverso le calcolate “stonature” 12

si schiudessero situazioni, paesaggi sonori imprevedibili, di grande freschezza. Appartengono inoltre al Concerto per violino un carattere lirico e meditativo legato alla natura dello strumento e alla sua storia, e l’assimilazione e il ripensamento della tradizione violinistica, di autori come Paganini, Bach, Ysäye, Wieniawski e Szymanowski, che Ligeti dichiara di aver usato come punti di riferimento.

Esemplare della poetica di Ligeti e del suo modo di concepire il concerto è la varietà e la mobilità dei variegati rapporti che il solista instaura nei cinque tempi con questo gruppo strumentale ridotto, diverso dalla classica orchestra sinfonica, o con i suoi singoli componenti, in una originale dimensione cameristica. La varietà di questi rapporti si lega a giochi di illusionismo sonoro che sono tra le invenzioni più suggestive di Ligeti, soprattutto negli ultimi decenni. La concretezza del rapporto con il suono è uno degli aspetti del suo linguaggio che lo rende affascinante e immediatamente seducente, e che contribuisce a collocarlo nella dimensione particolare di cui si è detto, lontana sia dalla ricerca radicale che dalla ovvietà di discutibili recuperi retrospettivi a senso unico. Ascoltando il Concerto per violino, come altre cose dell’ultimo Ligeti, si può avere talvolta l’impressione di un linguaggio familiare; ma ci si accorge che si tratta di una filtrata rievocazione, così che l’autore, senza rinunciare alla propria coerenza e originalità, può sempre sorprenderci e portarci in regioni nuove, attraverso aperture imprevedibili.

Il disegno complessivo dei cinque tempi del Concerto per violino non è riconducibile a modelli noti. Ha un carattere di preludio il primo tempo, “Praeludium. Vivacissimo luminoso”, con il solista che sembra sempre improvvisare liberamente, all’inizio sulla superficie vitrea e scintillante creata dagli armonici degli archi, che per Ligeti dovrebbe produrre una impressione di “fragilità e pericolo”. Il pezzo prosegue con episodi dai caratteri ritmici più marcati e dai colori nuovi (marimba, poi legni) e prima della conclusione ritorna ad una situazione sonora lieve, aerea e trasparente, simile a quella iniziale.

Nel preludio non c’è nulla di cantabile per il solista; ma il secondo tempo, come annuncia la denominazione “Aria, Hoquetus, Choral. Andante con moto” comincia proprio con un canto del violino, intenso e pacato: la presenza di un’Aria sembra rievocare il passato, l’epoca barocca; ma qui Ligeti riprese e rielaborò la melodia (impregnata di umori popolari) della terza delle Sei Bagatelle per quintetto di fiati del 1953. Il mestissimo, solitario canto del violino appare sospeso in una sfera che sfugge alla possibilità di 13

definizioni tonali o modali. Dopo 27 battute entra la prima viola (per la quale è richiesta la “scordatura”), poi in canone con il violino il flauto, poi intervengono i due corni (che devono suonare come corni naturali). Si comprende perché negli schizzi Ligeti aveva annotato “aria con variazioni”: la melodia iniziale, le sue varianti o le elaborazioni contrappuntistiche percorrono in situazioni sempre nuove l’intero movimento. A queste situazioni si riferiscono, nel titolo del secondo movimento, i termini corale e “hoquetus” (che nel Medio Evo si riferiva ad una scrittura contrappuntistica di frammentata complessità ritmica).

Una variante della melodia iniziale liberamente ricondotta a durate più brevi è introdotta dal “corale” delle quattro ocarine, strumenti popolari dall’intonazione precaria che creano già con il loro suono un effetto lancinante, di forte spaesamento, quasi una ferita nel contesto del secondo tempo. Nel successivo ampio episodio, di grande complessità contrappuntistica, la melodia è affidata alla tromba come cantus firmus su cui si basa la costruzione. Poi la melodia passa ai corni contrappuntati dal violino solista. In un secondo Corale (“Molto solenne”) ritornano le ocarine insieme ai flauti di bambù; ma verso la fine la melodia torna alla voce solitaria del violino (“da lontano: semplice e malinconico”), prima della chiusa del flauto contralto.

Il terzo movimento, “Intermezzo. Presto fluido”, ha la funzione di un breve intermezzo collocato tra due pezzi di ampio respiro e di andamento lento. La linea cantabile del violino solista si profila all’inizio in evidenza sullo sfondo di fitti disegni cromatici discendenti degli archi; ma la parte dell’orchestra diviene sempre più forte fino a coprire e letteralmente fagocitare quella del solista, facendo precipitare il pezzo in una brusca, violenta conclusione: “Precipitoso: come un cataclisma”.

In un clima meditativo inizia la “Passacaglia. Lento intenso”, una forma caratterizzata di solito dalla costante ripetizione di un breve disegno. Ligeti suggerisce la presenza di una figurazione ostinata, in un modo però del tutto particolare: un disegno cromatico ascendente di sei battute viene di volta in volta presentato da strumenti diversi, ma a differenti altezze disposte in modo lineare e continuo. Il disegno base della Passacaglia, cioè, forma una successione ininterrotta di semitoni ascendenti. E Ligeti sottolinea che l’intero tempo va pensato come un continuum, senza cesure. L’inizio in pianissimo, con l’entrata del solista con note lunghe nel registro sovracuto, dà l’impressione di qualcosa di fragile ed etereo, vitreo; 14

ma nello svolgimento della Passacaglia si crea un grande crescendo di tensione, cui corrispondono diversi momenti di aspra aggressività, fino alla violenza delle pagine conclusive, nelle quali la struttura della passacaglia si rompe conducendo a una brusca chiusa.

Aspri contrasti caratterizzano il libero succedersi delle sezioni del quinto tempo, “Appassionato. Agitato”: nella parte del solista troviamo indicazioni come “ferocissimo”, poi “bizzarro con violenza”, ma anche momenti lirici (una lamentosa figura discendente). Alla fine una cadenza virtuosistica è bruscamente interrotta dall’orchestra.

György Ligeti Concerto per violino e orchestra Anno di composizione: 1989 – 1990 (ulteriori modifiche sono state apportate nel 1992) Prima esecuzione: Colonia, 3 novembre 1990, WDR Sinfonieorchester diretta da Gari Bertini; versione definitiva: Colonia, 8 ottobre 1992, Ensemble Modern diretto da Peter Eötvös Organico: due flauti (anche flauto contralto e ottavino), oboe (anche ocarina soprano), due clarinetti (anche ocarina), fagotto (anche ocarina soprano); due corni, tromba, trombone; timpani; percussioni; archi Durata: 30 minuti circa 15

Antonín Dvořák Sinfonia n. 9 in mi minore op. 95 “Dal Nuovo Mondo”

Edward Hopper From Williamsburg Bridge, 1928

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Composta tra gennaio e maggio 1893 (ma il primo schizzo è datato 20 dicembre 1892). Prima esecuzione a New York, Carnegie Hall, con la New York Philharmonic diretta da Anton Seidl. La prima esecuzione in Europa fu diretta al Teatro Nazionale di Praga dall’autore il 13 ottobre 1894.

Nell’autunno 1892 Dvořák era giunto a New York per assumere la direzione del National Conservatory su invito della presidente, Jeannette Thurber, in occasione del quarto centenario della scoperta dell’America. Per questa ricorrenza aveva iniziato a Praga la cantata The American Flag, che portò a termine all’inizio del gennaio 1893. Subito dopo cominciò la Sinfonia in mi minore, l’ultima e la più celebre delle sue, che finita il 24 maggio, alla prima esecuzione a New York (13 ottobre) ebbe un successo trionfale. Seguirono in dicembre altri due trionfi a Boston e poco dopo la pubblicazione della partitura da Simrock, l’editore di Brahms, che volle correggere le bozze (Dvořák commentò: “Non riesco a credere che ci sia al mondo un simile musicista che faccia una cosa del genere”).

Mentre lavorava alla sinfonia il compositore nelle lettere agli amici parlò di una avvertibile influenza dell’America e del proprio interesse per le melodie degli spirituals e degli indiani. In una intervista al “New York Herald” (15 dicembre 1893) dichiarò di aver trovato una notevole somiglianza tra queste due tradizioni, precisando di averne voluto assimilare lo “spirito” senza usare direttamente alcuna melodia. Inflessioni modali o pentatoniche rivelano soprattutto l’attenzione al mondo degli spirituals, sebbene non vi siano citazioni dirette: nella Sinfonia in mi minore, non estranea anche a caratteri cechi, l’elemento americano più evidente è una certa somiglianza tra il tema in sol maggiore che nel primo tempo è presentato per la prima volta dal flauto e parte del profilo melodico dello spiritual “[Swing low, sweet] chariot, coming for to carry me home”. In ogni caso, come l’autore stesso ebbe più volte a dichiarare, la logica della costruzione è quella del sinfonismo europeo, con una attenzione all’idea di forma ciclica, determinata da molteplici ritorni del primo tema del primo tempo e particolarmente evidente nel tempo conclusivo.

Una introduzione lenta dall’avvio cupamente sommesso conduce in crescendo al celebre primo tema (la cui prima parte si basa sull’arpeggio di mi minore), poi il secondo tema in sol minore ha un sapore “americano” e insieme un andamento di polka, e verso la fine dell’esposizione appare il già citato tema 17

in sol maggiore presentato dal flauto, una idea di grande freschezza che diviene il punto di partenza dello sviluppo, dove entrano in gioco anche altri materiali tematici fino alla ripresa.

Sappiamo dallo stesso Dvořák che il “Largo” in re bemolle maggiore è ispirato a The Song of Hiawatha (1855) di Henry Longfellow, che egli aveva letto e ammirato molti anni prima in una traduzione ceca (e da cui Jeannette Thurber avrebbe voluto che traesse un’opera). Le leggende sulla figura di Hiawatha, eroe positivo mandato dalla divinità a portare pace nel mondo, fanno parte del patrimonio dei pellirosse. Si è fatta l’ipotesi che la musica si riferisse alla cerimonia funebre per Minnehaha (Acqua ridente), la moglie amata da Hiawatha. Aperto da una arcana, affascinante successione di accordi, il “Largo” prosegue con una mesta e bellissima melodia, di sapore “americano”, presentata dal corno inglese: la si trova (già in re bemolle maggiore e in forma abbastanza vicina a quella definitiva) nel primo abbozzo per la sinfonia, quello del 20 dicembre 1892. Assai celebre, questa melodia divenne anche una canzone popolare, “Goin’ Home”. Di tono elegiaco anche l’idea predominante nella sezione centrale (“Un poco più mosso”), che però si conclude con un nuovo tema di carattere diverso nella sua leggerezza, quasi a suggerire un contrasto e a introdurre un breve ritorno del primo tema della sinfonia. Segue la ripresa della melodia del corno inglese.

Anche lo Scherzo, secondo il compositore, trae ispirazione da The Song of Hiawatha. Di grande vitalità ritmica, nella sua notevole ampiezza la sezione dello Scherzo vero e proprio include al proprio interno una idea (“Poco sostenuto”) più cantabile e viene ripresa per intero dopo il Trio centrale (che fa pensare a una danza ceca). Nel passaggio tra lo Scherzo e il Trio riappare il tema iniziale della sinfonia, che ritorna con grande evidenza nella Coda, intrecciandosi con il tema dello Scherzo.

Il Finale, “Allegro con fuoco” è in forma sonata, presenta un netto contrasto tra l’austera energia del primo tema e la tenerezza lirica del secondo (presentato la prima volta dai clarinetti) e si pone anche come momento riepilogativo dell’intera sinfonia, al cui interno le citazioni del tema iniziale, ciclico, avevano già suggerito l’impressione della volontà di evocare “una musica che viene da lontano” (Dahlhaus): que18

sta idea giunge a compimento con citazioni dello Scherzo, del tema ciclico e del tema del Largo e con la loro combinazione con il primo tema del Finale.

Paolo Petazzi

Antonín Dvořák Sinfonia n. 9 in mi min. op. 95 Dal Nuovo Mondo Anno di composizione: 1892-1893 Prima esecuzione: New York, Carnegie Hall, 16 Dicembre 1893 Organico: due flauti (secondo anche ottavino), due oboi, corno inglese, due clarinetti, due fagotti; quattro corni, due trombe, tre tromboni, basso tuba; timpani; percussioni; archi Durata: 40 minuti circa 19

Zoltán Kodály 1882

Zoltán Kodály nasce a Kecskemét, cittadina nel cuore dell’Ungheria. Figlio di un ferroviere, si cimenta fin da bambino con la musica e studia pianoforte, violino, viola e violoncello.

1898 Vengono alla luce le sue prime composizioni: l’Ouverture in re minore e, l’anno seguente, il Trio in mi bemolle maggiore per due violini e viola.

1906 Dopo gli studi all’Accademia di Musica di Budapest si laurea con una tesi sul canto popolare ungherese; inizia così lo studio del patrimonio popolare della sua terra. Collabora con Bela Bartók, con il quale pubblica una prima raccolta di Canzoni popolari ungheresi.

1907 Con una borsa di studio per l’estero si sposta a Parigi, poi a Berlino. Al suo ritorno è nominato Professore dell’Accademia di Musica di Budapest e consegue grandi meriti sia come studioso che come organizzatore della vita musicale in Ungheria.

1910 Viene eseguito il suo Primo quartetto a Zurigo. Sposa la compositrice e pianista Emma Sándor.

1919 Lavora come critico musicale per la rivista letteraria “Nyugat” e per il quotidiano “Pesti Naplò”. Diventa vicedirettore dell’Accademia di Musica di Budapest. Aderisce ai programmi rivoluzionari di Béla Kun. 1923 Raggiunge la fama internazionale con la composizione di Psalmus hungaricus, rafforzata dal Singspiel Háry János del 1926.

1932 Compone Filanda magiara, atto unico tratto da una scena composta nel 1924.

1933 Dopo una serie di raccolte di musica popolare per pianoforte, in occasione degli ottant’anni della Filarmonica di Budapest compone le Danze di Galánta, in cui celebra le danze e i canti di quella popolazione, in parte ungherese, in parte tedesca e slovacca, con cui era venuto a contatto durante la sua infanzia nella città slovacca.

1937 Pubblica il saggio Musica popolare ungherese.

1940 Nasce il Concerto per orchestra.

1942 Si ritira dalla vita pubblica ma continua a comporre anche durante la guerra. Nasce la Missa brevis.

1946 Diviene presidente dell’Accademia ungherese delle scienze e riceve riconoscimenti in patria e all’estero. Organizza tournée in Gran Bretagna, Stati Uniti e Unione Sovietica.

1951 Cura la monumentale edizione nazionale del Corpus musicae popularis hungaricae e la pubblicazione di raccolte di canti balcanici. Porta a compimento una radicale riforma dell’insegnamento musicale nel proprio paese.

1961 Compone la Sinfonia in do maggiore dedicata alla memoria di Toscanini.

1965 Nasce Mohács per coro.

1966 Compone Laudes organi per coro e organo.

1967 Si spegne il 6 marzo a Budapest.

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György Ligeti

Antonín Dvořák

1923 GyÖrgy Ligeti nasce a Dicsöszentmárton, Romania, da famiglia ebraica.

1929 La famiglia si trasferisce a Cluj.

1941 Poichè di religione ebraica, a Ligeti vengono vietati gli studi universitari. Si iscrive al Conservatorio, dove studia con Ferenc Farkas, pupillo di Respighi.

1943 La sua educazione musicale viene interrotta quando, in seguito all’occupazione della Transylvania del nord da parte delle truppe ungariche, viene mandato in un campo di concentramento. Entrambi i genitori vengono mandati ad Auschwitz, il fratello sedicenne a Mauthausen.

1945 Finita la guerra Ligeti si trasferisce a Budapest, dove prosegue i suoi studi musicali sotto la guida di Pal Kadosa, Zoltan Kodaly e Sandor Veress..

1949 Si laurea all’Accademia di Musica Franz Liszt di Budapest. Dopo un periodo dedicato allo studio della musica folkloristica rumena, ritorna a Budapest questa volta in qualità di professore. Nella sua vecchia scuola insegna armonia, contrappunto e analisi musicale.

1956 Tagliato fuori dai recenti sviluppi musicali che avvenivano al di la del blocco Sovietico, Ligeti si trasferisce a Vienna, dove ottiene la cittadinanza austriaca. Qui incontra importanti personaggi di avanguardia tra i quali i compositori Karlheinz Stockhausen e Gottfried Michael König, entrambi dediti alla musica elettronica.

1958 Compone Artikulation, uno dei suoi primi lavori elettronici.

1959 Compone Apparitions per orchestra e ottiene una cattedra a Darmstadt.

1961 Compone Atmosphères per grande orchestra che diventerà un brano fondamentale nella produzione del compositore ungherese, anticipando molte delle innovazioni che avrebbe esplorato nel corso degli anni ‘60. Abbandona melodia, armonia e ritmo, per concentrarsi puramente sul timbro del suono prodotto, una tecnica conosciuta come sound mass.

1965 Compone il Requiem per soprano e mezzo soprano solista, due cori misti e orchestra.

1968 Compone Ramifications per orchestra d’archi o 12 archi solisti.

1969 Compone Kammerkonzert per 13 strumentisti, in cui applica il principio della polimetria trattando ogni singolo strumento come solista.

1972 Viene nominato Compositore di Residenza all’Università di Standford.

1973 Ottiene una cattedra all’Accademia di musica di Amburgo.

1975 Inizia la stesura dell’opera Le Grand Macabre.

1982 Perde la madre.

1989 Ligeti lascia la cattedra di Amburgo.

1990 Lavora alla seconda versione de Le Grand Macabre che terminerà solo nel 1997.

1996 Vince il Music Prize of the International Music Council.

2006 Si spegne a Vienna all’età di 83 anni.

1841

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1857 1865 1873

1876 1884 1892

1895 1900

1901 1904

Nasce a Nelahozeves, un villaggio céco, l’8 settembre. Il padre suona il violino e la cetra ed è membro dell’orchestra del villaggio. Da questa il piccolo Antonín riceve le prime impressioni musicali e dal maestro del villaggio J. Spitz i primi rudimenti di violino. Ha quindi l’occasione di ascoltare fin dall’infanzia quei canti popolari boemi e quei rustici cori ai quali si ricondurrà più tardi la sua arte matura di compositore.

Frequenta, con l’aiuto economico dello zio, la scuola d’organo di Praga. In quel periodo si guadagna da vivere come membro dell’orchestra da ballo “Komzak”, per la quale compone anche numerose danze, e suonando l’organo nelle chiese.

Compone la prima sinfonia, Le campane di Zlonice, ritrovata e pubblicata solo nel 1923. Diventa violinista di fila del nuovo teatro nazionale céco, fondato nel 1862 da Bedřich Smetana.

Sposa Anna Čermáková. Il matrimonio coincide con una crisi creativa che lo porta a distruggere quasi tutte le opere composte fino ad allora perché non corrispondono più alle sue ambizioni tecniche ed artistiche. È in questo periodo che si evidenzia nella produzione di Dvořák una sempre maggiore attenzione alla musica popolare céca, che gli procurerà i maggiori riconoscimenti internazionali e una borsa di studio del governo austriaco, grazie all’intervento di Hanslick e Brahms. Inizia in questo periodo la profonda amicizia e venerazione di Dvořák per Brahms e la studiosa applicazione per avvicinarsi alla complessità del suo ideale sinfonico.

Muore la figlia maggiore. Il lutto proietta la sua ombra sulle composizioni del periodo, in particolare sul commovente Stabat Mater.

Primi trionfi personali, proprio con Stabat Mater, in Inghilterra, dove Dvořák tornerà nove volte.

Accetta, dopo molte insistenze, l’incarico di direttore artistico del Conservatorio nazionale di musica di New York, dove rimarrà fino al 1895. Risalgono a questo periodo le sue opere più celebri: la Sinfonia n.9 Dal nuovo mondo, il quartetto in fa maggiore Americano, la Sonatina in sol maggiore per violino e pianoforte, il Concerto in si minore per violoncello e orchestra.

Ritorna in patria e si dedica alla composizione di poemi sinfonici di carattere prevalentemente romantico e nazionalistico.

Termina la composizione della sua più importante opera lirica, Rusalka, tratta dalla leggenda di Undine. Riceve, tra i molti riconoscimenti del governo austriaco, la Medaglia d’oro per l’Arte e la Scienza, che prima di lui solo Brahms aveva ottenuto, ed è nominato senatore a vita, onore che prima di lui non era toccato a nessun musicista.

Viene nominato direttore del Conservatorio di Praga.

Muore il 5 maggio. Viene seppellito nel cimitero degli eroi del Vyserhad, alla presenza di un’immensa folla venuta da tutta la Boemia.

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FOTO © JULIE SOEFER

Andrés Orozco-Estrada

All’età di trentanove anni Andrés Orozco-Estrada è tra i più apprezzati direttori della sua generazione. Dal debutto nel 2004 al Musikverein di Vienna con la Tonkünstler Orchestra, di cui è stato Direttore Musicale dal 2009 al 2015, Orozco-Estrada ha intrapreso una carriera musicale che lo ha portato alla nomina di Direttore Musicale della Houston Symphony e della Frankfurt Radio Symphony Orchestra e di Direttore Principale Ospite della London Philharmonic.

Orozco-Estrada collabora abitualmente con orchestre internazionali quali Wiener Philarmoniker, Münchner Philharmoniker, Gewandhaus di Lipsia, Mahler Chamber Orchestra, Orchestra Nazionale di Santa Cecilia, Orchestra National de France. Con la Filarmonica della Scala ha tenuto una tournée di concerti all’estero nel novembre del 2013. Successi recenti includono le apparizioni con Philadelphia Orchestra, Pittsburgh Symphony, Cleveland Orchestra, Royal Concertgebouw, Rotterdam Philharmonic, Oslo Philharmonic, Israel Philharmonic. Nell’estate del 2014 ha fatto il suo debutto al Glyndebourne Festival Opera nella direzione di Don Giovanni e vi tornerà nell’agosto del 2017 con La traviata. Nell’aprile del 2017 farà il suo debutto con i Berliner Philharmoniker.

Nato nel 1977 a Medellín in Colombia, Orozco-Estrada ha iniziato gli studi di violino e ha preso la sua prima lezione di direzione all’età di quindici anni. Nel 1997 si è trasferito a Vienna per seguire i corsi di direzione di Uroš Lajovic, allievo di Hans Swarowsky, presso la Universität für Musik und darstellende Kunst.

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FOTO © MARCO BORGGREVE

Patricia Kopatchinskaja

La violinista Patricia Kopatchinskaja si distingue per la sua grande capacità di affrontare un repertorio ampio che spazia dal barocco alla musica contemporanea con l’esecuzione di numerose nuove commissioni.

Tra gli impegni più significativi della recente stagione si segnalano i concerti con la Staatskapelle di Berlino, la residenza alla Laeiszhalle di Amburgo e la collaborazione con Teodor Currentzis e Musica Aeterna nelle apparizioni al Bremen Festspiele e in tournée in Europa. Kopatchinskaja ha inoltre tenuto una tournée con la Camerata Salzburg con la direzione di Louis Langrée, con la Chamber Orchestra of Europe e ha collaborato con Vladimir Jurowski e la State Academic Symphony Orchestra a Mosca oltre che con Houston Symphony e Seattle Symphony Orchestra.

A Londra Patricia Kopatchinskaja è apparsa con la London Philharmonic Orchestra diretta da Jurowski e con l’Orchestra of the Age of Enlightment eseguendo Kafka Fragments di Kurtág con il soprano Anu Komsi oltre a brani della compositrice russa Galina Ustvolskaja e al Concerto per violino di Schumann.

Kopatchinskaja ha eseguito un considerevole numero di nuove commissioni: un brano per violino e violoncello di Mark-Anthony con la violoncellista Sol Gabetta, un brano di Mauricio Sotelo per orchestra d’archi, danza flamenco e percussioni con l’Orchestra da Camera di Saint Paul, una nuova composizione di Michael Hersch e la prima francese del Concerto per violino di Michael van der Aa. Tra i principali avvenimenti della passata stagione si annoverano il debutto con i Berliner Philharmoniker in DoReMi di Peter Eötvös, sotto la direzione del compositore stesso. Si è inoltre esibita nel concerto di chiusura del Mostly Mozart Festival al Lincoln Center, ha suonato al fianco della London Philharmonic Orchestra ai Festival di Edimburgo e Santander e ha preso parte a una tournée in Svizzera con l’Orchestra Filarmonica Reale di Stoccolma e Sakari Oramo. In ambito cameristico collabora regolarmente con artisti quali Markus Hinterhäuser, Polina Leschenko e Anthony Romaniuk. Artista prolifica anche in campo discografico ha registrato musiche di Giya Kancheli con Gidon Kremer e la Kremerata Baltica per ECM, ha inciso TAKE TWO, dedicato a sua figlia di dieci anni, per Alpha Classics, e ancora il Concerto per violino e la Fantasia di Schumann con la WDR Sinfonieorchester Köln con Heinz Holliger per Audite e il Concerto per violino di Čajkovskij con Teodor Currentzis e MusicAeterna per Sony.

La sua registrazione dei Concerti di Bartók, Ligeti e Eötvös, per Naïve Classique, ha vinto il ‘Recording of the Year Award’ della rivista Gramophone nel 2013, l’ECHO Klassik e una nomination ai Grammy nel 2014.

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Orchestra

Violini Primi Alessandro Milani (Spalla) Rodolfo Cibin Agnese Ferraro Alois Hubner Fulvio Liviabella Andrea Pecolo Gianluca Scandola Enkeleida Sheshaj Dino Sossai Gianluca Turconi Corinne Van Eikema Lucia Zanoni Elitza Demirova Claudio Mondini Leila Negro Enrico Piccini Violini Secondi Giorgio Di Crosta* Anna Longiave Anna Salvatori Emanuela Abriani Damiano Cottalasso Silvia Guarino Stefano Lo Re Paola Lutzemberger Roberta Miseferi Roberto Nigro Gabriele Porfidio Alexia Tiberghien Simona Cappabianca Marco Norzi

Associazione

Viole Raffaele Mallozzi* Matteo Amadasi Carlo Barato Thomas Cavuoto Olga Cardaba Gonzalez Joel Imperial Francesco Lattuada Luciano Sangalli Federica Mazzanti Filippo Milani Catharina Rauch Marcello Schiavi

Flauti Andrea Manco* Massimiliano Crepaldi

Trombe Francesco Tamiati* Mauro Edantippe

Ottavino Giovanni Paciello

Tromboni Daniele Morandini* Riccardo Bernasconi Renato Filisetti

Violoncelli Massimiliano Martinelli* Jakob Ludwig Simone Groppo Massimiliano Tisserant Gianluca Muzzolon Enrico Di Crosta Adriano Melucci Marco Radaelli Andrea Scacchi Sara Spirito

Clarinetti Fabrizio Meloni* Pierluigi Capezzuto

Contrabbassi Giuseppe Ettorre* Attilio Corradini Omar Lonati Claudio Nicotra Roberto Parretti Emanuele Pedrani Alessandro Serra Gaetano Siragusa Chiara Molent

Oboi Lin Qin* Augusto Mianiti Corno Inglese Renato Duca

Fagotti Gabriele Screpis* Nicola Meneghetti

Tuba Javier Castano Medina Timpani Andrea Bindi* Percussioni Gianni Arfacchia Giuseppe Cacciola

Corni Jorge Monte De Fez* Roberto Miele* Claudio Martini Piero Mangano Stefano Curci

* prima parte

Fondatore Claudio Abbado

Direttore artistico Ernesto Schiavi

Presidente Federico Ghizzoni

Comunicazione e edizioni Marco Ferullo

Presidente onorario Alexander Pereira Sovrintendente del Teatro alla Scala

Segreteria artistica Alessandra Radice

Soci onorari Daniel Barenboim Valery Gergiev Georges PrĂŞtre

Coordinamento generale Hetel Pigozzi Organici e coordinamento della produzione Renato Duca

Consiglio di Amministrazione Matteo Amadasi Carlo Barato Damiano Cottalasso Gianni Dallaturca Renato Duca, Vicepresidente Giuseppe Ettorre Carla Mainoldi Piero Mangano Francesco Micheli Roberto Nigro Arnaldo Pomodoro Cesare Rimini Klaus-Peter RĂśhler Severino Salvemini Luciano Sangalli Ernesto Schiavi Francesco Tagliavini

Collegio dei revisori dei conti Tullio Turri, Presidente Giovanni Cucchiani Paolo Lazzati

Soci Orchestra Filarmonica Emanuela Abriani, Stefano Alessandri, Matteo Amadasi, Gianni Arfacchia, Giorgio Baiocco, Carlo Barato, Duccio Beluffi, Riccardo Bernasconi, Lorenzo Bonoldi, Simonide Braconi, Giuseppe Cacciola, Maddalena Calderoni, Gerardo Capaldo, Alice Cappagli, Stefano Cardo, Javier Castano Medina, Cavuoto Thomas, Christian Chiodi Latini, Rodolfo Cibin, Attilio Corradini, Damiano Cottalasso, Stefano Curci, Gianni Dallaturca, Stefano Dallera, Francesco De Angelis, Giorgio Di Crosta, Renato Duca, Brian Earl, Mauro Edantippe, Torsten Edvar, Giuseppe Ettorre, Mauro Ferrando, Alessandro Ferrari, Agnese Ferraro, Renato Filisetti, Gabriele Garofano, Marco Giubileo, Olga Gonzalez Cardaba, Giuseppe Grandi, Simone Groppo, Silvia Guarino, Alois Hubner, Joel Imperial, Sandro Laffranchini, Francesco Lattuada, Fulvio Liviabella, Stefano Lo Re, Omar Lonati, Anna Longiave, Martina Lopez, Jakob Ludwig, Paola Lutzemberger, Francesco Manara, Andrea Manco, Piero Mangano, Nicola Martelli, Claudio Martini, Laura Marzadori, Antonio Mastalli, Olga Mazzia, Fabrizio Meloni, Nicola Meneghetti, Augusto Mianiti, Roberto Miele, Roberta Miseferi, Jorge Monte De Fez, Daniele Morandini, Francesco Muraca, Pierangelo Negri, Claudio Nicotra, Roberto Nigro, Kaori Ogasawara, Maurizio Orsini, Giovanni Paciello, Roberto Parretti, Daniele Pascoletti, Tatiana Patella, Andrea Pecolo, Emanuele Pedrani, Alfredo Persichilli, Suela Piciri, Claudio Pinferetti, Massimo Polidori, Cosma Beatrice Pomarico, Gabriele Porfidio, Luisa Prandina, Marion Reinhard, Danilo Rossi, Emanuele Rossi, Giuseppe Russo Rossi, Anna Salvatori, Luciano Sangalli, Gianluca Scandola, Gabriele Screpis, Alessandro Serra, Enkeleida Sheshaj, Estela Sheshi, Eugenio Silvestri, Francesco Siragusa, Gaetano Siragusa, Marcello Sirotti, Dino Sossai, Danilo Stagni, Evgenia Staneva, Francesco Tagliavini, Francesco Tamiati, Fabien Thouand, Alexia Tiberghien, Massimiliano Tisserant, Marco Toro, Eriko Tsuchihashi, Gianluca Turconi, Corinne Van Eikema, Gianni Viero, Lucia Zanoni, Marco Zoni, Valentino Zucchiatti

I contrabbassi della Filarmonica montano corde

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Mecenati

Sostenitori

Fondazione Bracco Fratelli Prada S.p.A. Heracles Srl Rosetti Marino S.p.A.

Mario Abate Carlo Luigi Acabbi Camilla Achilli Emilia Acquadro Folci Noris Agosta Emilio Aguzzi de Villeneuve Giuliana Albera Caprotti Adalberto e Anna Alberici Simona Alberizzi Fossati Luigi e Julian Albert Stefano Alberti de Mazzeri Alberto Albinati Alberto Alemagna Ali Spa Alberto Mario Allemandi Guido Carlo Alleva Alvise Alvera Silvia Amati Bassani Ennio Amodio Emilia Amori Mosca Cristina AngeFestorazzi Annas Srl Elisabetta Arrigoni Associazione Amici della Scala Erica Astesani Antonio Attanasio Anna Maria Aureli Gabriella Avonzo Rina Baderna Camilla Bagatti Valsecchi Francesco Baggi Sisini Gian Piero Bandera Paola Banducci Antonio Banfi Gianni Barberis Canonico Antonella Barbier Jenny Barbieri Milena Barbieri Oppizzio Giuseppina Barboni Rocca Ignazio Giorgio Basile Franca Baslini Parisi Andreina Bassetti Rocca

*promotori

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Nicolò e Maria Vittoria Bastianini Rita e Virginio Battanta Claudia Battinelli Matteo Bay Spa Bayer Lucia Beato Borradori Rosa Bedoni Mauro Bellini Antonio Belloni Enrico Belloni Giancarlo Belloni Giulia Barbara Belloni Massimo Belloni Giorgio Giovanni Bellotti Carla Beltrami Zasso Jacob Benatoff Giuseppe Bencini Enrica Bencini Ascari Dina Berardi Terruzzi Paola Berardo Castelli Ernesto Beretta Roberto Beretta Beatrice Bergamasco Camilla Beria di Argentine Paolo Berlanda Lina Bruna Bernardini Fabio Bernasconi Fabrizio Bernasconi Mercedes Bernasconi Mirella Bernasconi Vivante Maria Luisa Bernini Giuseppe Bernoni Maria Luisa Bertacco Umberto e Giovanna Bertelè Marina Bertoli Sirtori Milena Bertuzzi Rustioni Dino Betti Van Der Noot Allegra Betti Van Der Noot Raffaella Bettinelli Curiel Barbara Bianchini Anna Bianchini D Alberigo Luigi Binaghi

Roberta Binda Nicole Blanga Fouques Daniele Blei Giovanna Bologna Marina Bonacina Sciake Bonadeo Cesare Bonadonna Lidia Bonatti Enrico Bonatti Kinina Bonatti Maria Enrica Bonatti Giuseppe Bonfardeci Giancarlo Bongioanni Maria Pia Bonomelli Nicola Bonuomo Ada Borella Federica Borella Emilio Borra Giuliana Bortolazzi Gianfranco Boschetti Andrea Bosetti Luciana Bottoli Stefano Bottoli Amelia Boveri Puni Andrea Bracchetti Marco Bracchetti Roberto Bracchetti Alvise Braga Illa Gerardo Braggiotti Nicoletta Braibanti Valletti Cristina Brambilla Francesca Brambilla Maria Pia Brambilla Sebastiano Brenni Bianca Maria Brenni-Wickie Corinna Brenta del Bono Guido Brignone Ennio Brion Francesco Roberto Riccardo Brioschi Roberta Brivio Sforza Christopher Broadbent Maria Grazia Brunelli Pizzorno

Titta Bruttini Carlo Buora Claudio Emilio Buzzi Cesare Buzzi Ferraris Giovanni Caizzi Gabriella Calabrese Gabriella Calori Vincenzo Caltabiano Enrico Caltagirone Antonietta Calvasina Vittoria Calvi Laura Camagni Claudio Camilli Maria Teresa Camisasca Silvana Cannavale Viola Gregorio Cappa Luisa Cappelli Emilia Capponi Francesco Arnaldo Caridei* Antonella Carnelli de Micheli Camerana Dora Carpaneda Silvia Casalino Rivetti Lucia Cassani Arrigoni Guglielmo Castelbarco Albani Verri Laura Castelli Rebay Gigliola Castellini Curiel Maria Pia Cattaneo Mario Cattaneo Enzo Sergio Antonio Cattaneo Lidia Cavaggioni Gisella Cavaggioni Introini Giovanni Cavalli Tommaso Cavallini Enrica Cebulli Achille Cecchi Adolfo Cefis Luigi Cella e Piera Ferraris Di Gheri Merlonghi Srl Centro del Funerale Carlo Cerami Lionel Ceresi Elisabetta Ceschi Caprotti Matteo Francesco Enrico Chiapasco

Elisabetta Chiesa Enrico e Alessandra Chiodi Daelli Sergio Chiostri Simonetta Ciampi Gianfranco Ciboddo e Annalisa Zanni Maria Enrica Cigna Anna Cima Marina Cimbali Giovanni Ciocca Amulio e Mariangela Cipriani Maria Teresa Clerici Anna Clerici Cmgrp Italia Spa Emilio Cocchi Vittorio Codecasa Giulia Maria Teresa Cogoli Mario Colasurdo Liliana Collavo Valeria Collini Bruno Colombo Laura Franca Colombo Giulio Federico Colombo Colombo E C. Ascensori Srl Renata Colorni Comitalia - Compagnia Fiduciaria Fedele Confalonieri Luigi Consiglio Monica Coretti Elisa Corsi Tettamanti Carlo Corsi Maura Cortese Pacchioni Maurizio Corvi Mora Bianca Maria Cozzi Luzzatto Adolfo Cremonini Giulia Crespi Mozzoni Alfredo e Marialuisa Cristanini Cristina Cristiani Giovanni Cucchiani Luisa Cucchiani Gianfilippo Cuneo Vittore Curti Antonella Dainotto

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Andrea Daninos Giuseppe Daveri Gianfranco De Giusti Elena Maria Giuseppina De Hierschel de Minerbi Vincenzo De Luca Giacomo De Marini Margot De Mazzeri Sergio De Micheli Margherita Del Favero Giannie Rita Ostini Dell’Orto Geri e Silvana Della Rocca de Candal Giovanni Desimoni Marco Di Guida Leda Di Malta Demuru Rosanna Dompieri Donatella Donati Maria Grazia Donelli Elena Du Chène de Vere Maria Caterina Du Chène de Vere Anna Du Chène de Vere Margherita Du Chène de Vere Villa Ebco Fiduciaria Lorenzo Enriques Adriana Ercole Bruno Ermolli Vittoria Fagioli Giuseppe Faina Paola Fandella Marco Fantini e Ermella Zanieri Giorgio Fantoni Rita Farina Enrico Farsura Ariberto Fassati Ralph Fassej Gian Giacomo Faverio Gloria Favretti FBS S.p.A. Grazia Fedi Gariboldi Anna Feltri Marisa Ferrari Ostellino Paolo Ferrario Giuliana Ferrofino *

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Cesarina Ferruzzi Finecobank S.p.A. Anna Maria Fiorelli Mariani Riccardo Fiorina Maria Cristina Fioruzzi Adriana Florit Respublica Fondazione Fiera Internazionale Milano Fondazione E.A. Alberto Fontana Maria Luisa Fontana Giancarlo Fontana Rava Paola Formenti Tavazzani Mirella Formenti Pio Paola Formenti Tavazzani Alberto Fossati Maurizio Foti Cesare Pietro Franzi Laura Frassani Catanese Letizia Frezzotti Maria Frosi Merati Giulia Frosi Venturini Simone Fubini Carla Melissa Gabardi Federico Gabey Irene Gaetani D’Aragona Giorgio Gagliardini Fiorenzo Galli Elvira Gamba Busnelli Antonio Gandolfi Carlo Garbagnati Giovanni Maria Garegnani Carla Gaslini Trotter Marina Gasparotto Curti Romolo Genghini Francesco Gerla Elena e Angela Gerosa Gustavo Ghidini Ambretta Ghio Roberto Giacomelli Paolo Giannini Mochi Fernanda Giulini Vittorio Giulini

Marina Gnecchi Ruscone Agostini Nicoletta Gola e Giulia Larrieu Gaetana Gola Jacono Silvio Golia Marino Golinelli Micaela Goren Monti Tiziana Gosce Luigia Grassi Claudio e Luisa Grego Marva Griffin Wilshire Milvia Groff Stefania Grunzweig Ristoranti Italiani Srl Gruppo Ethos Patrizia Gualtieri Federico Guasti Francesca Maria Guidobono Cavalchini Massimo Guzzoni Enrique e Maria Luisa Hausermann Alessandra Maria Heukensfeldt Slaghek Fabbri Mania Hruska Investitori Sgr SpA Giovanni Iudica e Maria Lorenza Sibilia Giustina Jaeger Maria Luisa Jaeger Zanchi Victoria Josefowitz Giacomo Jucker Annalisa Kahlberg Francesca King Carla Klinghofer Enrico Lainati Paolo Alberto Lamberti Guido Landriani Pier Luigi Lanza Neda Lapertosa Paolo Lazzati Elisabeth Le Van Kim Augusta Lebano Filippo Lebano e Maria Debellich Goldstein Pasquale Lebano e Bianca Maria Ranzi Viviana Lecchi Benjamin Lerner Elisabetta Levoni

Graziella Levoni Libreria Antiquaria Mediolanum Bianca Lisi Lanzoni Franca Lo Bianco Claudio Locatelli Flavio Locatelli Pompeo Locatelli Maria Giovanna Lodigiani Gloria Lolli Cavallini Giampaolo Longhin Marzio Longo Giampaolo Lottaroli Pietro Stefano Lucchini Ester Luciano Codagnoni Giacomo Umberto Lunghini Laura Lungo Riccardo Luzzatto Anna Madonnini Elio Maestri Carla Magnoni Pessina Umberto Maiocchi Guglielmo Maisto Luigi Majnoni D’Intignano Maria Pia Malugani Mara Guandalini e Giovanni Malvezzi Giovanni Mameli Guglielmo Manetti Rocco Mangia Silvana Mangiameli Beatrice Mangiameli Molinari Michele Mantero Roberto Marchesi Josepha Marchetti Piergaetano Marchetti Angelo e Alessandra Marchiò Alessandra Marcora Floriana Maris Gianluca Maris Andrea Attilio Cesare Marzorati Mario Marzorati Paola Marzorati Polar Gianni e Marialuisa Massardo

Antonella Massari Silvana Mattei Maria Pia Matteoni Donatella Maveri Maura Maveri Rota Roberto Mazzotta Nicoletta Meanti Mediaset Spa Maria Pia Medolago Albani della Beffa Jacques Megevand Filippo Menichino e Orietta Tonini Andrea Mennillo e Brunella Argentino Menoni Spa Massimo Menozzi Anna Rosa Meoni Merati Cartiera di Laveno S.p.A. Hillary Mary Merkus Mia Srl Francesco Micheli Paolo Vittorio Michelozzi Francesco Migiarra Mario e Lisetta Miglior Alberto Milla Carl Emil Minder Marco e Letizia Mirabella Roberti Rosita Missoni Jelmini Vittorio Moccagatta Ermete Molinari Rodolfo Molo Alfredo e Isabella Molteni Corbellini Vincenzo Monaci Renata Monico Marina Montel Matilde Monti Michele Monti Fosca Montibelli Noris Morano Orsi Gian Marco Moratti Warly Moreira Tomei Valentina Ippolita Moretti Albino Moretti Giovina Moretti di Noia

Tono Morganti Marzia Mori Ubaldini Alberto Moro Franco Mosca Liliana Moscheri Claudio Murgia Musical Viaggi Sas Massimo Napolitano Delly Napolitano Perenze Di Carlo Giaj Levra Nike Sas Federico Nordio Mario Notari Nucci Notari Lanzi Gian Battista e Chiara Origoni della Croce Francesco Orombelli Roberto Orsi e Bianca Maria Giamboni Giovanni Ortolani Thierry Oungre Gabriella Pagliani Torrani Francesca Paletto e Camilla Rosmarini Roberto Pancirolli e Simona Valsecchi Maria Luisa Paolucci Vittorelli Angelo Pasini Maria Luisa Pasti Michelangelo Pastore Stefania Pattarini Giovanni Pavese Laura Pavese Elena Pavesi Tegami Marco Pecori e Carla Comelli Janine Pederzani Valeria Pella Linda Perini Silvia Peruzzotti Marino Piacitelli Maria Piera Pigorini Carlo Piona Cecilia Pirelli Ferruccia Plaj Caldana Roberto Poli Francesco Pomati Luigi Pomati

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Alessandro Pontiggia Casimiro Porro Janine Simone Potherat Roberto Pratesi Stefano Preda e Elena Gambini Adalberto Predetti e Paola Caprotti Emanuela Predetti Santina Prina Mariani Giorgio e Anita Qualgliolo Riccardo Quarti Anna Querci Liliana Querci Innocenti Marcella Raggi Carla Ratti di Desio Pragliola Dino Rebay Giovanni Rebay Jost Klaus Reinhold Beno Antonio Reverdini Emma Ricci Saraceni Cesare Rimini Luigi e Teresa Rinaldi Fabrizio Rindi Giovana Risso Bianchi Flavio Riva Emma Rivolta Sala Carla Bruna Rizzani Gabriella Annunziata Rizzi Gianni Rizzonie Carla Ghellini Sargenti Luisa Robba Maria Antonia Robbiani Giorgio Rocco Ghilla Roditi Roberta Rodolfi Gabaldo Silvia Maddalena Romagnoli Patrizia Romani Marika Romanini Cesare Romiti Federico Ronzoni Carol e David Ross Maria Angela Rossi Boccalero Mercedes Rossi Sandron Maria Angela Rossini Morini

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Anna Rosso Annamaria Rota Luigi Roth Roberto Ruozi Elisabetta Rusconi Clerici Bassetti Liliana Rusconi Polillo Virginia Russo Renzo Rustici Juanita Sabbadini Emilia Sacchi Spinelli Rossana Sacchi Zei Giovanni Saibene Paolo Saibene Francesco Sala Floreana Saldarini Elsa Saltamerenda Severino Salvemini Stefano Salvetti Claudia Salvi Henry Sama di Antonio Bucciarelli & C. Marialuisa Sangalli Stefano Sangalli Studio Legale Associato Santa Maria Luigi Santa Maria Mario Santa Maria Barbara Santoli Laura Sarassi Carlo Sarasso Enrico Saraval Silvia Sardi Sarge Srl Gabriella Sarogni Gianluca Sarto Laura Sartori di Borgoricco Giuseppe Sbisà e Valentina Favretto Sbisà Iris Scaccabarozzi Tarter Luciana Scaramella Guglielmo Scattaro Manuela Vicky Schapira Carlo Schiavoni Peter Antonio Schilling Giuseppe e Giovanna Scibetta

Mauro e Roberto Scibetta, Luciana Pamara Carlo Luigi Scognamiglio Pasini Daniela Scolari Codecasa Giuliana Seccafieno Dall’Ora Liliana Servi Sandra Severi Sarfatti Anna Sikos Silvio Fossa S.p.A. Paola Siniramed Antonio Somaini Giulia Somaini Massimo Sordi Luisa Sormani Cortesi Giuseppe e Giovanna Spadafora Mirella Sparaci e Lucia Formenti Decio e Stella Spinelli Ressi Monica Cristiana Maria Staffico Stanza del Borgo Srl Lionello Stock Vlasta Strassberger Blei Lorenzo Stucchi Studio Associato Miserocchi Cavallotti Studio Associato Rovella Studio Giovanni Terruzzi Studio Legale Alberto Moro Visconti Studio Legale Discepolo Studio Legale Majorana - Fedi Studio Legale Zambelli - Luzza Studio P.V. Srl Rosalba Tabanelli Mariani Boguslawa Targetti Kinda Giorgio Tarzia Tecnet S.p.A. Anna Laura Tedeschi Somaini Marco Francesco Testa Eugenio Tettamanti Daria Tinelli di Gorla Carlo Tivioli Francesca Torelli Emanuele Torrani Flavio Torrini Albert Totah

Roberto Tramarin Laura Tremelloni Giovanni Trocano Francesca Trucchi Annamaria Turri Tullio Turri Marina Vaglio Alberto Valentini Olivia Valli Collini Ombretta Valli Musiani Maria Luisa Vanin Tarantino Attilio Ventura Isabella Ventura Sarell Franklin Veroner Miriam Vicentini Rusconi Roberto ed Elda Villani Piera Visconti Luchino Visconti di Modrone Antonio Visentini Vitale&Co. S.p.A. Enrico Vitali Franca Vitali Camillo Vitali Mazza Paolo Vitali Mazza Michela Vitali Scarpa Karin Wachtel Ruth Westen Laura Wildermuth Carlo Winchler Gianbruno Zamaretti Adele Giovanna Zamaroni Paolo M. Zambelli e Giulia Cocchetti Zambelli Chiara Zambon Marta Zambon Ghirardi Claudio Zampa Ermella Zanieri Fantini Franco Zanoletti Alberto Ugo Zanolla Annalisa Zanotti Franca Zauli Elisabetta Zevi Franco Zito Cenzi Zorzoli Pigorini

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UniCredit con Filarmonica della Scala festeggia 35 anni di musica d’eccellenza

UniCredit celebrates Filarmonica della Scala’s 35 years of excellence

UniCredit esprime ancora una volta il suo impegno in campo culturale sostenendo la grande musica, che unisce le persone e le anima con emozioni uniche.

UniCredit is strongly committed to supporting culture, particularly exceptional music that brings people together and enriches their lives by distilling unique emotions.

Per questo motivo da oltre 15 anni affianchiamo Filarmonica della Scala in tutte le sue iniziative, dalla Stagione di concerti in Teatro alle tournée in Italia e all’estero, dai progetti di “Open Filarmonica” alla produzione discografica.

For this reason, we have been supporting the Filarmonica della Scala in all of its initiatives for more than 15 years. From its annual concert season at La Scala to tours of Italy and abroad, from its “Open Filarmonica” program to its many recording projects, UniCredit and Filarmonica della Scala have built an enduring partnership together.

Un legame profondo che scaturisce dalla condivisione di valori fondamentali. Ci accomunano infatti l’impegno per la diffusione della cultura come motore di sviluppo sostenibile e in particolare il desiderio di promuovere per tutti l’esperienza della musica.

Filarmonica della Scala, della quale celebriamo con soddisfazione il 35° anniversario dalla fondazione, ci ha accompagnato nel tempo con l’eccellenza delle sue performance e ci permette di generare valore per i nostri clienti e per le comunità attraverso occasioni di cultura davvero speciali.

This strong partnership is based on common core values. Together we share a commitment to advancing culture in ways that stimulate sustainable development; we particularly seek to promote extraordinary music so it can be experienced by everyone.

So it brings us great satisfaction to congratulate the Filarmonica della Scala on celebrating its 35th anniversary. Its continued excellence brings value and delight to our customers and our communities. We look forward to sharing many more special moments together.

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